La Japan Spirits & Liqueurs Makers Association, l’associazione dei distillatori giapponesi, ha annunciato nuove regole più severe sul whisky giapponese (Japanese Whisky). Come gli amanti del whisky sanno non esiste in Giappone un disciplinare di produzione e non è raro che bottiglie etichettate come “Japanese Whisky” contengano in realtà spirit distillato altrove, soprattutto Scozia, Irlanda e Canada.
È infatti sufficiente che un whisky sia miscelato, abbassato di grado o anche semplicemente imbottigliato nel paese del sol levante perché possa essere commercializzato come “Whisky giapponese”. Non a caso, in seguito alla loro recente esplosione commerciale, le esportazioni di whisky dalla Scozia verso il Giappone sono quadruplicate fra il 2013 ed il 2018 secondo i dati della Scotch Whisky Association.
IL NUOVO REGOLAMENTO
Le regole, introdotte dal 1 aprile 2021 su base volontaria e che diventeranno obbligatorie dal 31 marzo 2024, non hanno poteri legali, ma si applicheranno a tutti i membri della Japan Spirits & Liqueurs Makers Association che include i principali produttori del paese.
Cuore del nuovo regolamento per la produzione di un “Japanese Whisky” è che «la saccarificazione, la fermentazione e la distillazione devono essere effettuate in una distilleria in Giappone». Inoltre, il prodotto della distillazione non deve essere superiore 95% Abv, deve essere invecchiato per un minimo di tre anni in botti di legno non superiori a 700 litri e imbottigliato con un Abv minimo del 40%.
Le nuove disposizioni hanno lo scopo di mettere ordine e chiarezza nel settore anche se lasciano margini di manovra ai produttori, ad esempio gli “Standards for Labeling Japanese Whisky” non vietano di mettere in etichetta caratteri kanji anche là dove il prodotto non è “made il Japan”, il che potrebbe essere fuorviante per il consumatore.
LA REAZIONE DEI PRODUTTORI
Soddisfazione da parte dei membri della SLMA. Suntory, colosso del settore coi marchi Yamazaki, Hakushu, Hibiki e Chita, ha dichiarato: «Riteniamo che questi standard aiuteranno a caratterizzare il whisky giapponese. In qualità di pioniere della categoria e più grande produttore di whisky giapponese, siamo orgogliosi che ogni prodotto che esportiamo dal Giappone soddisfi già i nuovi standard».
Allo stesso modo Nikka ha aggiornato il suo sito internet per chiarire quali whisky sono ora tecnicamente “giapponesi”. Si scopre così che i single malt Yoichi e Miyagikyo o il Taketsuru Pure Malt rispettano i nuovi standard mentre il popolare Nikka from the Barrel no e pertanto cambierà la propria etichetta.
«Abbiamo deciso – si legge su un comunicato di Nikka – di fornire ulteriori informazioni sui nostri prodotti per distinguere chiaramente quelli che sono “Japanese Whisky” secondo il nuovi requisiti da quelli che non soddisfano tutti i criteri. Riteniamo che questo sia un passo importante per garantire chiarezza ai clienti in modo che possano consapevolmente decidere quali prodotti acquistare».
IL PROBLEMA DEL WHISKY DI RISO
Poiché le nuove regole impongono l’utilizzo di cereali maltati («Malted grains must always be used») i produttori di whisky di riso risultano automaticamente esclusi ed occorrerà trovare un nuovo modo per etichettare questi prodotti.
Si tratta di spirit ottenuti dalla distillazione di riso fermentato, similmente al tradizionale Shochu, invecchiati in legno. Prodotti che hanno una tradizione di oltre 500 anni e che ora vanno a trovarsi in un’area grigia della nuova regolamentazione.
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