EDITORIALE – Seguo l’evolversi della viticoltura e dei vini di Cipro ormai da diversi anni. Una terra lontana dalle rotte più battute dai winelovers e dai professionisti internazionali del settore. Quando si pensa al vino del Mediterraneo e si guarda a est, il primo (per alcuni unico) pensiero è la Grecia. I suoi splendidi Assyrtiko sono ormai noti in tutto il mondo, così come gli aromatizzati Retsina, souvenir immancabile per i turisti.
Ancora più a oriente, prima di incrociare altre due terre del vino sempre più alla ribalta, Libano e Israele, si trova Cipro con i suoi attuali 7.641 ettari vitati. Un’isola in cui si produce vino dalla notte dei tempi. Lo dimostra l’antica tradizione del Commandaria, vino ambrato dolce le cui tracce risalgono all’800 a.C.
Oggi, se c’è una cantina in grado di raccontare da sola le punte di qualità ormai raggiunte dai vini ciprioti, quella è Vouni Panayia. Una realtà famigliare che ha trovato casa nel villaggio montano di Panayia, nella regione di Pafos. Il primo areale vinicolo di Cipro che si incontra solcando il mare Mediterraneo, da ovest verso est.
Dopo gli studi in Viticoltura ed Enologia all’Università di Firenze, Yiannis Kyriakidis e i fratelli Peter e Pavlos sono riusciti a lanciare definitivamente l’azienda di famiglia, fondata nel 1987 dal visionario Andreas Kyriakidis. Oggi la cantina produce circa 200 mila bottiglie e sembra aver raggiunto l’equilibrio perfetto tra quantità e qualità.
Venticinque gli ettari a disposizione di Vouni Panayia, circondati da una pineta, a mille metri d’altitudine. «Un terroir unico», come piace definirlo alla famiglia Kyriakidis. Siamo ai piedi della catena montuosa del Troodos, dominata dalla vetta del Monte Olimpo (1.952 metri). Tra un’increspatura e l’altra s’incontrano vigne vecchie e nuovi impianti, su cui sembrano vegliare i monasteri bizantini e le famose “chiese dipinte”, patrimonio Unesco.
I vigneti piantati da Andreas Kyriakides con le varietà bianche autoctone a bacca bianca Xynisteri, Promara, Spourtiko e Morokanela e a bacca rossa Maratheftiko, Yiannoudi e Ntopio Mavro, sono il tesoro nelle mani della terza generazione. Le radici, rimaste indenni alla fillossera, sono custodite dal presente e dal futuro dell’azienda, che può contare anche su piccoli appezzamenti di altre rare varietà autoctone come Morokanella, Aspri Fraoula (Vasilissa), Michailias, Maroucho, Bastartiko e Ofthalmo.
Dalla conservazione e valorizzazione del patrimonio di vecchie vigne, il passo è breve verso lavorazioni meticolose in cantina. Tra le mura di Vouni Panayia, la parola d’ordine è una sola: microvinificazione. «L’obiettivo – spiega Yiannis Kyriakidis – è comprendere a fondo il carattere e il potenziale qualitativo delle uve autoctone di Cipro, attraverso l’osservazione delle loro prestazioni in diverse pratiche viticolo-enologiche».
Un approccio che ha dato vita a 7 vini in tiratura limitata, applicato anche al resto della produzione, secondo canoni di “precisione enologica” assimilabili a quelli delle migliori cooperative altoatesine. Il tutto anche grazie a straordinari investimenti tecnologici in macchinari – tutti di fabbricazione italiana – nonché in legni francesi di prima qualità.
I VINI DI CIPRO CON GLI OCCHI DI VOUNI PANAYIA
Pafos Pgi Alina Xynisteri 2020 Franc de Pied (12,5% – Medium dry)
Alla vista si presenta di un giallo paglierino intenso. Ampio e intenso anche il naso, che alterna note floreali, agrumate e fruttate a polpa gialla matura. Sfiora l’aromaticità al palato, ben riequilibrata da una mineralità pietrosa, gessosa, calcarea, che tende il sorso e rimanda alla matrice del terreno a disposizione di Vouni Panayia.
Anche il finale, di un asciutto stuzzicato da morbide tinte esotiche e mielate, rimarca il minerale. E sorprende, con note di salvia e rosmarino, tipicamente mediterranee. Vino godurioso, di estrema beva. Alina “Franc de Pied”, ovvero “A piede franco”, è prodotto da piante di 70 anni di Xynisteri, il vitigno a bacca bianca più piantato dell’isola di Cipro.
Ha grappoli di medie dimensioni, poco compatti e acini di medie dimensioni. Si è adattato molto bene ai terreni ricchi di calcare e alle condizioni climatiche mediterranee. Una varietà con grande capacità di resistenza all’oidio, usata nella produzione del Commandaria e del tradizionale distillato Zivania.
Pafos Pgi Spourtiko 2020 Franc de Pied (12%)
Si presenta alla vista di un giallo paglierino. Il naso è ampio, floreale e agrumato. Nette le note di frutta tropicale matura, su sfondo minerale e di erbe della macchia mediterranea. In bocca la vena minerale è ancora più marcata. Fa da rigida spina dorsale al vino, su cui prova a distendersi della morbida frutta matura.
Ricordi di cera d’api in centro bocca, prima di una chiusura ammandorlata. Beva agile per un vino tipico, semplice ma di un certo carattere. Uno specchio sincero dalla varietà Spourtiko, che significa ”scoppio” in riferimento alle sue bacche, la cui fragile buccia si spacca facilmente.
Si tratta di una varietà con un breve ciclo vegetativo. Il grappolo è di medie dimensioni, poco compatto. Gli acini piuttosto grossi, che a piena maturazione si colorano d’un giallo dorato. Lo Spourtiko gioca un ruolo chiave nel vigneto di Vouni Panayia, in quanto consente l’impollinazione del Maratheftiko.
Alla vista si rivela d’un rosso rubino. Altro naso ampio, generoso, questa volta succoso. Note di fragola e di lampone, di ribes e di ciliegia matura, scivolano precisi su ricordi di macchia mediterranea. In bocca si conferma un vino giocato principalmente sulla generosità delle note fruttate, a polpa rossa. Tannini molto setosi in ingresso e poco più ruggenti in chiusura, contribuendo così a riequilibrare un sorso materico, chiamando quello successivo. Buona persistenza, su note che virano sulla ciliegia amara.
Altro vino ottenuto da vigne a piede franco, che affondano le radici in terreni di matrice calcarea. Mavro e Maratheftiko sono le due varietà utilizzate da Vouni Panayia per questa etichetta. Il Mavro è la varietà di uva rossa più piantata a Cipro. Ha grappoli molto grandi e compatti. L’acino stesso è di dimensioni notevoli, con una buccia spessa.
Un vitigno che, secondo le sperimentazioni della famiglia Kyriakides, sembra preferire terreni freschi e profondi. È una delle varietà utilizzate per la produzione del vino dolce Commandaria, nonché del distillato Zivania. L’altra varietà a bacca rossa con cui si ottiene Plakota è il Maratheftiko. Ha grappoli compatti, di medie dimensioni, con bacche di piccole-medie dimensioni. Nonostante i problemi di impollinazione, è considerato la migliore varietà rossa cipriota. I vini prodotti in purezza con questa varietà possono risultare molto longevi.
Barba Yiannis Maratheftiko 2017 (13,5%)
Barba Yiannis è uno dei capolavori di Vouni Panayia. Uno di quei vini che, da soli, valgono la visita. Rosso rubino profondo, dall’unghia violacea. Primo naso che conferma le aspettative create dalla vista. Quelle, cioè, di un vino giovane e di prospettiva, all’inizio della curva evolutiva. Alle note tipiche del vitigno – frutta rossa e macchia mediterranea – rispondono terziari che chiariscono la tecnica di vinificazione.
Il sorso si snoda sul medesimo fil-rouge. Ingresso fruttato, preciso, succoso; centro bocca in cui fanno capolino le note conferite dall’affinamento in legno, oltre a un tannino elegantissimo; gustativa complessa, fruttata e fresca, con chiusura su note speziate, una suadente di vaniglia, cioccolato amaro, tabacco e venature saline.
L’evoluzione nel calice, data l’ossigenazione, è continua e disegna sempre più i contorni di un nettare che va atteso, per essere goduto appieno. Vino con la strada spianata davanti, verso il futuro. Già godibilissimo e gastronomico. Non a caso Barba Yiannis è prodotto con le nobili uve Maratheftiko e può essere conservato senza timore per anni in cantina.
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Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.