Vini dealcolati al centro del XI Forum Wine Monitor, tra i più fulgidi segnali della trasformazione in corso nel settore del vino. Ad affrontare il tema è stato Massimo Romani, amministratore delegato di Argea, gruppo vinicolo nato nel 2022 dall’unione di due storici marchi del vino italiano, Botter e Mondodelvino, con la partecipazione del fondo Clessidra. Parliamo dunque di uno dei principali attori nel settore vitivinicolo nazionale, con un giro d’affari di 450 milioni di euro nel 2024, in leggera crescita rispetto all’anno precedente (438 milioni), grazie alla vendita di 180 milioni di bottiglie in 85 Paesi e un team di 500 collaboratori. A stuzzicare Romani sull’argomento, un mai così pimpante Denis Pantini, responsabile Agroalimentare e Wine Monitor Nomisma, nelle vesti di moderatore.
«Sui vini dealcolati – ha dichiarato l’ad di Argea – abbiamo fatto molta strada rispetto a un anno fa. Il mercato ha accolto con interesse queste nuove proposte. Tuttavia, il vero banco di prova rimane la qualità del prodotto, ancora percepita come un fattore critico sia dai consumatori che dagli operatori del settore. I primi tentativi di dealcolazione hanno prodotto risultati poco soddisfacenti, con vini difficili da apprezzare. Ma negli ultimi due anni i progressi sono stati significativi e i prodotti oggi sul mercato sono decisamente migliori».
I (PRIMI) OTTO VINI DEALCOLATI DI ARGEA
La normativa italiana, che consente la dealcolazione solo da gennaio 2024, ha creato alcune difficoltà iniziali ai produttori. Molti, per ovviare a questo ostacolo, si sono rivolti all’estero, affrontando una serie di complicazioni legate a logistica e costi. Argea ha deciso di investire nel segmento dei vini dealcolati con il lancio di una gamma di otto referenze, coprendo tutte le tipologie principali, dai rossi ai bianchi fino agli sparkling. Prodotti che sono stati lanciati a Vinitaly 2024, frutto di otto terroir, da nord a sud d’Italia, i brand Asio Otus, Gran Passione, Zaccagnini Tralcetto (Abruzzo) e Barone Montalto (Sicilia). I primi riscontri commerciali? «Incoraggianti». Sspecialmente nei mercati internazionali.
«Negli Stati Uniti – ha evienziato Massimo Romani – siamo stati listati in tutti gli Stati, tranne il Texas. Questo dimostra che la domanda esiste ed è concreta. L’inserimento nei retailer e nei canali Horeca conferma la volontà dei consumatori di esplorare questa categoria, anche se l’approccio al prodotto varia. Molto spesso il vino dealcolato viene servito by the glass piuttosto che venduto in bottiglia intera. Stiamo già ricevendo richieste per formati più pratici come il 375 ml».
«CHI ACQUISTA VINO DEALCOLATO LO RICOMPRA»
Più difficile prevedere se si tratti di una moda passeggera o di una risposta a esigenze reali dei consumatori, che sempre più spesso optano per prodotti con minore contenuto alcolico per ragioni di salute, regolamentazione o semplice preferenza personale. «Ci sono persone a dieta, chi sceglie di ridurre il consumo di alcol, chi deve guidare e non vuole rinunciare a brindare con gli amici. La domanda c’è, e continuerà a crescere. Il nostro compito è rispondere con prodotti sempre più validi. Non sappiamo ancora quanto grande diventerà questo segmento. Ma un primo segnale incoraggiante è il riacquisto da parte dei consumatori. Se tornano a comprare, significa che stiamo andando nella direzione giusta. Il focus, dunque, deve rimanere sulla qualità. Migliorarla è fondamentale. Avere il controllo diretto della lavorazione ci consentirà di perfezionare il prodotto e renderlo più competitivo».
Oltre alla qualità, un altro tema chiave è il coinvolgimento delle nuove generazioni nel mondo del vino. «Non possiamo aspettare passivamente che i giovani crescano e diventino consumatori abituali di vino. Bisogna parlare la loro lingua e offrire prodotti adatti alle loro abitudini di consumo», ha sottolineato Romani. In questo senso, come evidenziato da Denis Pantini, il vino dealcolato potrebbe essere un’opzione interessante per avvicinare un pubblico più giovane, insieme agli sparkling e ai cocktail a base di vino, che stanno guadagnando popolarità. «Abbiamo un vantaggio competitivo importante: il brand Italia è ancora percepito come sinonimo di qualità e innovazione – ha sottolineato Romano -. Dobbiamo sfruttarlo al meglio».
IL RISCHIO DAZI USA AL XI FORUM WINE MONITOR
Un’attenzione particolare, sempre in occasione del XI Forum Wine Monitor tenutosi in mattinata, è stata dedicata al rischio dei dazi negli Stati Uniti. Un tema di grande preoccupazione per l’export italiano che, come svelato da Winemag, preoccupa non poco gli stessi distributori americani di vino importato, che si stanno mobilitando per fare pressione sul governo Trump. «Se verranno introdotti – ha commentato l’ad di Argea Massimo Romani – alcune fasce di prezzo saranno più colpite di altre. Tuttavia, un dazio del 10% potrebbe essere gestibile, se spalmato lungo tutta la filiera distributiva. L’attenzione resta alta, anche perché il mercato americano rappresenta una fetta significativa dell’export vinicolo italiano». https://argea.com/
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Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.