Il settore della birra artigianale italiana sta attraversando una profonda crisi. A confermarlo è il monitoraggio sull’andamento delle attività avviato da Unionbirrai, associazione di categoria dei piccoli birrifici indipendenti, con la collaborazione dei suoi associati, che ha rilevato come, fin dalla prima settimana di restrizioni, molti microbirrifici avrebbero subito un pesante crollo del fatturato, con contrazioni anche del 90% ed evidenti ripercussioni su tutta la filiera.
Con questi dati di riferimento Unionbirrai continua a sostenere la necessità di inserire fra le categorie a cui destinare ristori anche i produttori indipendenti di birra artigianale. Manca, infatti, nei Decreti Ristori e Ristori bis il codice Ateco dei microbirrifici che, essendo lo stesso delle multinazionali, accosta però due categorie per vocazione molto diverse.
A differenza dell’industria, la birra artigianale ha solo in maniera minima sbocco commerciale nella grande distribuzione, mentre il mercato di vendita di questo prodotto è quasi esclusivamente connotato nei pub e ristoranti. Di conseguenza, le restrizioni a cui sono attualmente sottoposte le attività di somministrazione, si ripercuotono inevitabilmente e negativamente sul settore della produzione artigianale di birra.
A questo si aggiunge che la birra artigianale, prodotto fresco e caratterizzato da elevata deperibilità, ha nella maggior parte dei casi una shelf life estremamente ridotta, a differenza della maggior parte dei prodotti industriali.
“Da quando è iniziata la pandemia, Unionbirrai ha cercato di collaborare con tutte le istituzioni e con varie associazioni di categoria rappresentative di settori collaterali al nostro – comunica in una nota il consiglio direttivo Unionbirrai – per portare all’attenzione dei Ministeri competenti le specificità del comparto della birra artigianale italiana. All’interno di questa cooperazione, tra l’altro, ci sono stati numerosi contatti con Assobirra, l’associazione dei produttori industriali di birra, al fine di trovare sinergie operative e punti di interesse comune”.
All’interno di questo contesto – prosegue Unionbirrai – troviamo che il recente studio patrocinato da Assobirra, dal titolo ‘Italiani a tutta birra: 9 su 10 hanno acquistato la bionda più amata‘, racconti una realtà del mercato birra in Italia ai tempi del Covid assolutamente di parte e nel solo ed esclusivo interesse dei grandi produttori, che hanno sicuramente mantenuto elevati livelli di vendite grazie alla massiccia presenza in Gdo”.
“Questo quadro idilliaco – conclude – che viene proposto è però uno schiaffo in faccia a centinaia di birrifici artigianali che sono completamente fermi o hanno visto il proprio fatturato crollare a seguito delle restrizioni e delle chiusure dei propri canali di vendita. Risulta difficile non notare che il comparto della birra artigianale, per il quale non esiste uno specifico codice Ateco, sia stato completamente tagliato fuori da ogni forma di ristoro nei decreti recentemente approvati”.
Sostenendo fortemente la necessità di un intervento mirato a supportare il settore, Unionbirrai si auspica che ciò avvenga e che, durante l’iter legislativo per la stesura della nuova legge di bilancio, le varie forze politiche si adoperino per porre rimedio alla situazione critica attuale.
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