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Confagricoltura: «Rilanciare il dialogo con Biden per superare dazi e ritorsioni»

Il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, mostra fiducia a proposito dell’insediamento ufficiale di Joe Biden alla Casa Bianca. «C’è la possibilità di rilanciare un dialogo costruttivo sulle relazioni commerciali tra Unione europea e Stati Uniti d’America, superando definitivamente la stagione dei dazi e delle misure di ritorsione».

«Un primo positivo segnale – dichiara Giansanti – potrebbe arrivare, ci auguriamo in tempi brevi, con un accordo sulla vicenda degli aiuti pubblici ai gruppi Airbus e Boeing che ha determinato l’imposizione di dazi doganali anche sul settore agroalimentare assolutamente estraneo alla vicenda».

Al riguardo, Confagricoltura ricorda che dall’ottobre 2019 sono sottoposte a un dazio aggiuntivo del 25% le esportazioni italiane di formaggi, agrumi, salumi e liquori destinate al mercato Usa, per un valore complessivo di circa 500 milioni di euro.

«Dovrebbe anche ripartire la discussione per definire una soluzione condivisa in materia di tassazione sui servizi digitali, per la quale – rileva il presidente di Confagricoltura – l’amministrazione Usa uscente ha minacciato l’imposizione di dazi sulle importazioni da alcuni Stati membri della Ue, Italia compresa».

«In generale – prosegue – le prime dichiarazioni rilasciate dal presidente Biden e dai suoi collaboratori fanno ritenere possibile il rilancio del sistema multilaterale di gestione degli scambi commerciali e una riforma del Wto (Organizzazione mondiale del commercio)».

«I contrasti tra Ue e Stati Uniti – dice ancora il presidente – hanno finora impedito la nomina del nuovo direttore generale del Wto e la mancata designazione dei rappresentanti statunitensi sta bloccando da tempo l’attività dell’organo di appello per la risoluzione delle controversie. L’Organizzazione è di fatto paralizzata. Per il Made in Italy agroalimentare, quello statunitense è il primo mercato di sbocco fuori dalla Ue. Trainate dai vini, le vendite sfiorano nel complesso i 5 miliardi di euro l’anno».

Oltre il 12% dell’export agroalimentare dell’Unione è destinato al mercato Usa, mentre le importazioni di settore incidono per l’8% sul totale dell’export di settore statunitense. Gli ultimi dati della Commissione Ue indicano che l’interscambio commerciale bilaterale è sensibilmente diminuito, circa 1,2 miliardi di euro da gennaio ad agosto dello scorso anno sullo stesso periodo del 2019. «Il rilancio della cooperazione è quindi nell’interesse comune», conclude Giansanti.

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Guerra dei dazi, America “delusa” dall’Ue. L’Ustr: “Speriamo di risolvere controversia”

Si sono materializzati da pochi minuti a Washington i timori dell’Italia per i dazi imposti dall’Ue nei confronti degli Stati Uniti, nell’ambito dell’affaire AirBus. Il rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti (Ustr) Robert E. Lighthizer ha risposto infatti all’annuncio dell’Unione Europea di imporre tariffe aggiuntive su alcuni prodotti americani come ketchup, formaggio Cheddar, noccioline, cotone e patate, oltre a videogiochi e trattori.

Gli Stati Uniti sono delusi dall’azione intrapresa dall’Ue – ha affermato l’ambasciatore Lighthizer – il presunto sussidio alla Boeing è stato abrogato sette mesi fa. L’Unione europea ha da tempo proclamato il suo impegno a seguire le regole del Wto, ma l’annuncio odierno dimostra che lo fa solo quando conviene a Bruxelles“.

“Un membro della World Trade Organization non può imporre unilateralmente tariffe di ritorsione a un partner commerciale. L’Ustr è in trattative con l’Ue con la speranza di risolvere questa controversia di lunga data relativa ai grandi aeromobili civili”.

A lanciare l’allarme per il probabile inasprimento delle tensioni sono state oggi l’Unione Italiana Vini (Uiv) e Coldiretti. Paolo Castelletti, segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), si è detto “contrario ai nuovi dazi Ue su prodotti americani. Riteniamo che la posizione italiana di attesa fosse la più saggia, ma non è prevalsa”.

La Commissione Ue – ha aggiunto Castelletti – anche sostenuta da alcuni importanti Paesi dell’Unione, ha deciso di applicare i dazi contro i prodotti americani, anche in questa delicata fase di transizione, e rischia ora di provocare un’ulteriore escalation della guerra commerciale in atto con il principale buyer al mondo, gli Usa, che lo scorso anno ha importato vino dall’Ue per un controvalore di circa 4,7 miliardi di dollari“.

L’entrata immediata in vigore delle nuove tariffe colpisce prodotti di punta degli Stati Uniti come salmone, noci, pompelmi, vaniglia, frumento, tabacco, cacao, cioccolato, succhi di agrumi, liquori come vodka e rum, accessori di moda come borse e portafogli, ricambi per biciclette e giochi per bambini.

“Occorre fermare subito la guerra dei dazi tra Unione Europea e Stati Uniti d’America che ha già colpito le esportazioni di cibo e bevande Made in Italy per un valore di circa mezzo miliardo di euro su prodotti come Grana Padano, Gorgonzola, Asiago, Fontina, Provolone ma anche salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori come amari e limoncello”, ha dichiarato in giornata il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.

“L’elezione di Joe Biden apre nuove prospettive che l’Unione Europea deve essere in grado di cogliere – aggiunge – per avviare un dialogo costruttivo ed evitare uno scontro dagli scenari inediti e preoccupanti che rischia di determinare un pericoloso effetto valanga sull’economia e sulle relazioni tra Paesi alleati in un momento drammatico per gli effetti della pandemia”.

Gli Stati Uniti sono il primo mercato extraeuropeo del Made in Italy e solo per i prodotti agroalimentari tricolori vale 4,7 miliardi nel 2019, con un ulteriore aumento del 3,8% nei primi otto mesi del 2020.

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Castelletti (Uiv): “Preoccupano i nuovi dazi UE su prodotti USA”

Paolo Castelletti, segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), si dice contrario ai nuovi dazi Ue su prodotti americani. “Riteniamo che la posizione italiana di attesa fosse la più saggia – ha dichiarato Castelletti – ma non è prevalsa”.

“La Commissione Ue, anche sostenuta da alcuni importanti Paesi dell’Unione, ha deciso di applicare i dazi contro i prodotti americani, anche in questa delicata fase di transizione, e rischia ora di provocare un’ulteriore escalation della guerra commerciale in atto con il principale buyer al mondo, gli Usa, che lo scorso anno ha importato vino dall’Ue per un controvalore di circa 4,7 miliardi di dollari“.

“A maggior ragione – ha proseguito il segretario – dopo l’esito del voto presidenziale statunitense, sarebbe stato opportuno attendere l’insediamento ufficiale della nuova amministrazione democratica prima di dare seguito alla vicenda Airbus-Boeing“. Il commento è giunto a seguito della videoconferenza del Consiglio dei ministri degli Affari Esteri (Commercio) dell’Unione con all’ordine del giorno le relazioni commerciali tra Ue e Usa.

Conferenza che ha dato l’ok formale dei ministri del commercio Ue alla decisione comunitaria di imporre dazi sui prodotti importati dagli Usa per un valore di 4 miliardi di dollari come ‘rappresaglia’ alle tariffe punitive da 7,5 miliardi di dollari che Washington impone da circa un anno ai prodotti europei, in conseguenza della disputa Wto Airbus-Boeing. La lista europea comprende, oltre al settore aeronautico, anche prodotti agricoli a stelle e strisce, replicando l’approccio di Washington.

Per Castelletti “è ora possibile un rischio di ‘retaliation’ da parte degli Stati Uniti, che potrebbero così decidere di aumentare le tariffe in vigore o includere altri prodotti come il vino italiano, che sino a oggi è stato escluso dal paniere dei dazi aggiuntivi”.

“Uno scenario – ha aggiunto – che potrebbe arrivare nel momento peggiore colpendo un mercato di sbocco che quest’anno ha contribuito ad alleggerire le perdite nell’export globale del vino made in Italy, proprio ora che è costretto a subire anche pesantissimi lockdown in Italia e all’estero”. Gli Usa nel 2019 hanno importato vino italiano per un valore di 2 miliardi di dollari. Complessivamente gli Stati Uniti ordinano dall’Europa oltre il 75% delle proprie importazioni di vino, che a livello globale valgono 6,2 miliardi di dollari.

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Castelletti (Uiv): “Sentenza Wto-Boing non sia boomerang per il vino italiano”

La sentenza ufficializzata ieri dal Wto che ha autorizzato l’Unione Europea a imporre dazi per 4 miliardi sugli Usa per gli aiuti concessi alla Boeing rischia paradossalmente di rivelarsi un boomerang per il vino italiano se non si dovesse trovare una soluzione negoziata.

Confidiamo – ha dichiarato oggi Paolo Castelletti, segretario generale di Unione italiana vini (Uiv) – nel buon senso dell’Ue e dell’Italia nel ritenere opportuno attendere lo svolgimento delle elezioni americane e soprattutto chiediamo di mantenere agricoltura e vino fuori dalla lista dei prodotti statunitensi da sanzionare. Il pericolo di ritorsione americana su questi comparti, e quindi sui vini italiani, è allo stato dell’arte più che probabile”.

Risoluzione che segue un’analoga decisione a parti invertite relativa ad Airbus, con gli Usa autorizzati lo scorso anno ad applicare sanzioni per un limite massimo di 7,5 miliardi di dollari all’Unione europea.

“I prossimi giorni – ha aggiunto Castelletti – saranno decisivi per capire quale sarà l’orientamento Ue e se prevarrà la scelta di adottare ‘contro-dazi a specchio‘ rispetto a quelle americane, e quindi anche ai vini e all’agroalimentare. Opzione che consideriamo molto pericolosa per il futuro commerciale delle etichette tricolore che attualmente primeggiano nelle vendite verso gli Usa, principale buyer mondiale di vino”.

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Usa, la scure dei dazi di Trump sul vino italiano

Confermati i timori dell’Italia. Il vino è stato incluso nella lista definitiva dei prodotti oggetto dei nuovi dazi del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Interessati i 2/3 del valore dell’export agroalimentare che si estende tra l’altro vino, olio e pasta Made in Italy oltre ad alcuni tipi di biscotti e caffe esportati negli Stati Uniti per un valore complessivo di circa 3 miliardi di euro.

Lo rende noto la Coldiretti nel sottolineare l’avvenuta ufficializzazione sul sito del Dipartimento del Commercio statunitense (USTR) dell’inizio il 26 giugno della procedura pubblica di consultazione per la revisione delle tariffe da applicare e della lista di prodotti europei colpiti da dazi addizionali a seguito della disputa sugli aiuti al settore aereonautico.

Nell’ambito del sostegno Ue ad Airbus gli Usa sono stati autorizzati ad applicare sanzioni all’Unione Europea per un limite massimo di 7,5 miliardi di dollari dal Wto, che dovrebbe però a breve esprimersi sulla disputa parallela per i finanziamenti Usa a Boeing la quale darebbe a Bruxelles margini per proporre contromisure.

“Occorre impiegare tutte le energie diplomatiche per superare inutili conflitti che rischiano di compromettere la ripresa dell’economia mondiale duramente colpita dall’emergenza coronavirus” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolinerare l’importanza della difesa di un settore strategico per l’Ue che sta pagando un conto elevatissimo per dispute commerciali che nulla hanno a che vedere con il comparto agricolo.

Con la nuova consultazione gli Usa minacciano di aumentare i dazi fino al 100% in valore e di estenderli a prodotti simbolo del Made in Italy, dopo l’entrata in vigore il 18 ottobre 2019 delle tariffe aggiuntive del 25% che hanno colpito per un valore di mezzo miliardo di euro specialità italiane come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Gorgonzola, Asiago, Fontina, Provolone ma anche salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori come amari e limoncello.

L’export del Made in Italy agroalimentare in Usa nel 2019 è risultato pari a 4,7 miliardi ma con un aumento del 10% nel primo quadrimestre del 2020 nonostante l’emergenza coronavirus. Il vino con un valore delle esportazioni di oltre 1,5 miliardi di euro, è il prodotto agroalimentare italiano più venduto negli States mentre le esportazioni di olio di oliva sono state pari a 420 milioni ma a rischio è anche la pasta con 349 milioni di valore delle esportazioni. Un settore fino ad ora in crescita nel 2020 nonostante l’emergenza coronavirus con un aumento del 10,3% nel primo quadrimestre dell’anno.

Gli Stati Uniti sono il principale consumatore mondiale di vino e l’Italia è il loro primo fornitore con gli americani che apprezzano tra l’altro il Prosecco, il Pinot grigio, il Lambrusco e il Chianti che a differenza dei vini francesi erano scampati alla prima black list scattata ad ottobre 2019. Se entrassero in vigore dazi del 100% ad valorem sul vino italiano una bottiglia di prosecco venduta in media oggi al dettaglio in Usa a 10 dollari ne verrebbe a costare 15, con una rilevante perdita di competitività rispetto alle produzioni non colpite.

Allo stesso modo si era salvato anche l’olio di oliva Made in Italy anche perché la proposta dei dazi aveva sollevato le critiche della North American Olive Oil Association (NAOOA) che aveva avviato l’iniziativa “Non tassate la nostra salute”. Ora però Trump in piena campagna elettorale sembra ignorare le sollecitazioni dall’interno e dall’esterno degli Usa mettendo a rischio il principale mercato di sbocco dei prodotti agroalimentari Made in Italy fuori dai confini comunitari e sul terzo a livello generale dopo Germania e Francia.

“L’Unione Europea – ha aggiunto Prandini – ha appoggiato gli Stati Uniti per le sanzioni alla Russia che come ritorsione ha posto l’embargo totale su molti prodotti agroalimentari, come i formaggi, che è costato al Made in Italy 1,2 miliardi in quasi sei anni ed è ora paradossale che l’Italia si ritrovi nel mirino proprio dello storico alleato, con pesanti ipoteche sul nostro export negli Usa”.

“Al danno peraltro si aggiunge la beffa poiché il nostro Paese – ha concluso il presidente – si ritrova ad essere punito dai dazi Usa nonostante la disputa tra Boeing e Airbus, causa scatenante della guerra commerciale, sia essenzialmente un progetto francotedesco al quale si sono aggiunti Spagna ed Gran Bretagna”.

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Agroalimentare. Dazi USA: a ciascuno il suo

BOLOGNA – Dopo il verdetto WTO che autorizza gli Stati Uniti ad applicare dazi su un ammontare di circa 7,5 miliardi di dollari sull’import Ue, si tratta di capire nel dettaglio quali paesi e prodotti rischiano maggiormente di essere colpiti.

Attraverso la ricostruzione dei valori di import al 2018 di tutti i singoli prodotti agroalimentari elencati (113) nella lista emanata dall’amministrazione americana (USTR) suddivisi tra Paesi interessati – l’applicazione dei dazi viene infatti determinata sia per tipo di prodotto che per paese importatore – Nomisma Agroalimentare ha individuato per i principali paesi Ue i settori che potrebbero (il condizionale è quantomeno auspicabile, nella speranza che la diplomazia intervenga prima del 18 ottobre) essere maggiormente colpiti da questa nuova imposizione tariffaria.

Innanzitutto va detto che su un totale di import agroalimentare negli USA di origine italiana che nel 2018 è stato di 5,48 miliardi di dollari, l’ammontare che viene interessato dai nuovi dazi è di circa 482 milioni di dollari, vale a dire il 9%.

Se questo può sembrare una buona notizia, il brutto è che la gran parte di tale montante (quasi il 50%) riguarda i formaggi in particolare Dop, come Parmigiano Reggiano, Grana Padano e Pecorino Romano.

Vino, olio d’oliva e pasta non sono stati inseriti nella “black list” mentre il secondo prodotto più colpito sono i liquori, per i quali il dazio del 25% andrebbe ad interessare un valore di quasi 167 milioni di dollari.

I dazi Usa sui nostri formaggi Dop potrebbero avere impatti molto significativi su tutta la filiera lattiero-casearia collegata, alla luce dei forti legami che queste produzioni certificate hanno con il sistema degli allevamenti, sia a livello nazionale che territoriale: basti pensare al Pecorino Romano, prodotto per oltre il 90% in Sardegna che sostanzialmente dipende dal mercato degli Stati Uniti dove esporta oltre il 60% della propria produzione o al Grana Padano e al Parmigiano Reggiano che congiuntamente valorizzano il 40% di tutto il latte vaccino prodotto in Italia” evidenzia Denis Pantini, Direttore dell’Area Agroalimentare di Nomisma.

Nel caso della Francia, il dazio andrebbe a colpire principalmente il settore dei vini fermi su un valore di 1,3 miliardi di dollari (vale a dire il 20% dell’import agroalimentare di origine francese).

In questo caso, Trump ha risparmiato sia lo Champagne che i formaggi transalpini mentre ha “bastonato”, al di fuori dell’agroalimentare, le esportazioni dei grandi aerei commerciali (10% di dazio su 3,5 miliardi di dollari di import), “casus belli” della disputa in corso tra le due sponde dell’Atlantico.

Per la Spagna, il valore dei propri prodotti inseriti nella lista incide per ben il 35% sul totale delle importazioni agroalimentari spagnole negli USA, con olio d’oliva e vino più penalizzati.

In merito al Regno Unito, la quasi totalità dei propri prodotti esportati negli Usa soggetti a nuovi dazi attiene agli spirit e, in particolare al whisky anche se nella lista viene specificato che l’import di questo prodotto sarà “tassato” solo in quota parte e non su tutto l’ammontare.

Va comunque segnalato che, nel 2018, l’import americano di Scotch Whisky è stato di ben 1,6 miliardi di dollari che, unito agli altri prodotti di origine britannica inseriti nella lista, conducono ad una potenziale incidenza delle esportazioni soggette a nuovi dazi di oltre il 60% sul totale degli scambi agroalimentari.

Infine la Germania. Per questo paese, il valore dell’import soggetto a dazio è il più basso dei cinque top exporter considerati, vale a dire 424 milioni di dollari, il 19% del totale degli scambi agroalimentari verso gli Usa. Anche in questo caso, gli spirit rappresentano i prodotti più colpiti.

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Dazi USA. UIV: pericolo per ora scampato m occorre tenere alta l’attenzione

ROMA– “L’esclusione del vino italiano dalla lista dei prodotti che saranno colpiti dai dazi, ci fa tirare un primo sospiro di sollievo e per questo il nostro ringraziamento va al Premier Giuseppe Conte e alla Diplomazia italiana, oltre agli sforzi della Commissione UE. Gli USA sono infatti un mercato fondamentale: si posizionano al primo posto nella graduatoria dei Paesi consumatori di vino con una domanda complessiva che è cresciuta negli ultimi 5 anni in valore di oltre il 30%, così come il quantitativo di vino esportato dal nostro Paese”

“Anche se per ora il pericolo è scampato, è però necessario mantenere alta l’attenzione e continuare un dialogo con gli USA, per evitare che la lista venga rivista e ampliata, considerato che secondo quanto comunicato dall’amministrazione americana, gli USA hanno l’autorità per aumentare le tariffe in qualsiasi momento o modificare i prodotti interessati”.

Con queste parole Ernesto Abbona, Presidente di Unione Italiana Vini, commenta l’esclusione dei vini italiani dalla lista dei prodotti pubblicata dalle autorità americane dopo il via libera del WTO che ha ritenuto l’Europa colpevole di aver concesso aiuti illegali ad Airbus per un importo pari a 7,5 miliardi di dollari consentendo così a Washington di aumentare le tariffe all’importazione del 10% e del 25% su una lista di prodotti indicata dal Dipartimento del Commercio statunitense.

Benché il vino sia stato escluso, i dazi, che dovrebbero scattare dal 18 ottobre, andranno a colpire molti altri prodotti italiani dell’agroalimentare come il pecorino romano, il parmigiano reggiano, il prosciutto e loro derivati.

“Non è mai una buona notizia quando vengono approvate restrizioni al commercio – aggiunge il Presidente di UIV – In questo caso, anche se non toccano direttamente noi, colpiscono il vino di altri Paesi e altri prodotti agricoli, alcuni made in Italy, che nulla hanno a che fare con la causa.”

“Per questo invitiamo UE e USA a continuare a lavorare per una soluzione negoziale sul caso Airbus-Boeing che eviti l’escalation di una guerra commerciale che rischia di impoverire tutti. Unione Italiana Vini – conclude – continuerà a monitorare la situazione e a sensibilizzare le istituzioni, anche perché il mercato USA costituisce uno sbocco strategico irrinunciabile per le nostre produzioni e la salvaguardia delle nostre imprese vinicole”.

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Tuttofood, Coldiretti: vola l’agroalimentare Made in Italy

Record storico nelle esportazioni di prodotti agroalimentari Made in Italy che nel 2017 hanno fatto segnare un balzo del 10%. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti presentata all’apertura di Tuttofood, alla Fiera di Milano, sulla base dei dati Istat sul commercio estero a gennaio 2017 che migliora il dato mensile dello scorso anno dopo che nell’intero 2016 era stato raggiunto il massimo di sempre di 38,4 miliardi di euro.

Il prodotto alimentare italiano piu’ apprezzato all’estero – sottolinea la Coldiretti – è il vino con un valore di 5,6 miliardi nel 2016, seguito dalla frutta fresca e trasformata con 4,6 miliardi, dagli ortaggi freschi e trasformati per 3,7 miliardi, da animali, carni e salumi per 3 miliardi, latte e derivati per 2,7 miliardi, la pasta con 2,3 miliardi e olio di oliva per 1,2 miliardi

Quasi i due terzi delle esportazioni nel 2017 interessano i Paesi dell’Unione Europea con il mercato comunitario che aumenta del 6%, ma il Made in Italy a tavola continua a crescere su tutti i principali mercati, dal Nordamerica all’Asia fino all’Oceania. Un balzo del 59% si registra in Russia dove tuttavia i valore restano contenuti a causa dell’embargo che ha colpito gran parte dei prodotti alimentari ad eccezione del vino e della pasta ma gli Stati Uniti – sottolinea la Coldiretti – sono di gran lunga con una crescita dell’11% il principale mercato fuori dai confini dall’Unione, ed il terzo in termini generali dopo Germania e Francia e prima della Gran Bretagna.

LA POLITICA INTERNAZIONALE
Sul successo del Made in Italy agroalimentare all’estero pesano dunque in misura rilevante i cambiamenti in atto nella politica internazionale che potrebbero tradursi in misure neoprotezionistiche.

Se il risultato delle elezioni francesi – con la vittoria dell’ europeista Emmanuel Macron – dovrebbe scongiurare scossoni, nel rapporto con la Gran Bretagna si attendono gli effetti della Brexit mentre si attendono gli effetti degli annunci del successore di Barack Obama alla guida degli Stati Uniti.

Il neopresidente Donald Trump, sempre secondo quanto sostiene Coldiretti, starebbe infatti per scegliere i prodotti dell’Unione Europea da colpire come risposta alla controversia generata dalla questione della mancata importazione di carne dagli Usa in Europa, per la disputa sugli ormoni iniziata con il ricorso al Wto nel 1996.

Nella black list all’interno della quale scegliere pubblicata dall’United States Trade Representative sul Registro federale ci sono – precisa la Coldiretti – le acque minerali che complessivamente hanno fatto segnare un valore dell’export in Usa di 147 milioni di euro nel 2016 seguite dalle polpe e dai pomodori pelati per 78,9 milioni di euro, i tartufi freschi o refrigerati per 9,7 milioni di euro, le castagne per 5 milioni e le barrette di cioccolata per appena un milione di euro.

“MERCE DI SCAMBIO”
ll settore agroalimentare troppo spesso è considerato merce di scambio nelle trattative internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale.” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “l’andamento sui mercati internazionali potrebbe ulteriormente migliorare da una piu’ efficace tutela nei confronti della ‘agropirateria’ internazionale che fattura oltre 60 miliardi di euro utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale”.

All’estero sono falsi quasi due prodotti alimentari di tipo italiano su tre. In testa alla classifica dei prodotti più taroccati ci sono i formaggi a denominazione di origine Dop a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano, ma anche il Provolone, il Gorgonzola, il Pecorino Romano, l’Asiago o la Fontina. Poi ci sono i salumi più prestigiosi dal Parma al San Daniele che spesso ‘clonati’, ma anche gli extravergini di oliva, le conserve e gli ortofrutticoli come il pomodoro San Marzano. Se gli Stati Uniti sono i ‘leader’ della falsificazione, le imitazioni sono molto diffuse dall’Australia al Sud America, ma anche sul mercato europeo.

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