Per gli appassionati di uno dei vitigni principe della Puglia, ”AspettandoRadici del Sud” riserva un’appassionante approfondimento del Negroamaro attraverso la degustazione di sette diverse etichette prodotte dalla storica azienda salentina Apollonio. Martedì 10 maggio, presso il ristorante Aqua del Dune Resort affacciato sul mare di Porto Cesareo il noto vitigno a bacca rossa mostrerà la sua versatilità e piacevolezza apprezzabili anche nella calda stagione di maggio. Il programma della serata, organizzata in collaborazione con Slow Wine Puglia, prevede di iniziare da due tipologie di rosato, il primo affinato e invecchiato in legno e l’altro in acciaio. Si prosegue poi con quattro rossi da Negroamaro fino a arrivare all’annata del 1978. La conclusione della degustazione è affidata infine a un passito da Negroamaro. A partire dalle ore 20 i vini protagonisti della serata saranno introdotti e raccontati daMassimiliano Apolloniocon il prezioso contributo diFrancesco Muci, responsabile Slow wine della Puglia. Dalle ore 21 saranno servite alcune pietanze preparate dallo chefCosimo Russoper completare il profilo espressivo dei vini nell’abbinamento coi cibi e meglio comprenderne l’evoluzione negli anni.
Menù Flan di pecorino, con asparagi verdi, tuorlo marinato e vincotto – Risotto mantecato alle erbe con funghi cardoncelli, animelle croccanti e riduzione di negramaro – Carrè di agnello in crosta di pane e olive con melanzana alla parmigiana – Zuppa di ciliegie al kirsch con gelato allo yogurt di capra e salvia
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Dal vino con il tappo a vite, al vino in bag, al vino in lattina che non è una novità. Già sdoganato in tanti paesi, come la Francia o la Germania e addirittura in Italia, facendo rivoltare lo stomaco dei winelovers più tradizionali. A cavalcare l’onda del crescente approccio di consumo al vino in alluminio è un’altra azienda americana, E’ la volta di Precept Wines di Seattle che ha cominciato a distribuire le prime sue prime lattine di Chardonnay Cabernet Sauvignon anche negli aeroporti. Vini prodotti dai migliori vigneti della California, che danno vita ad alcuni dei vini più apprezzati al mondo, per i quali anche Precept Wines ha deciso di uscire dalle convenzioni, imbottigliando del buon vino in un”not-so-serious”contenitore, per semplificare, a suo avviso, la vita aiwinelovers: ”Stappa la lattina, dai un sorso e goditi le meraviglie del West Side” incoraggiano dall’azienda. Vini”lifestyle oriented”, facili da trasportare durante qualsiasi attività quotidiana, un vino chiavi in mano, che non necessita di cavatappi e bicchiere. Il vino in lattina èeco-friendly: meno energia per produrlo e trasportarlo, meno impatto in carbonio e infine l’alluminio è riciclabile. Il vino ”PPR”, portable, packable, recyclable: portatile, compattabile e riciclabile. Molto ”American Style’, presentati in maniera invitante sul sito dell’azienda. Si tratta naturalmente di vini di pronto consumo che sicuramente non ”minano” le vendite di altre tipologie. Per coloro che abitualmente consumano vino in bag o in tetra-pack, poco cambia, ma anche per chi è fedele ad altri rituali. Forse, per un consumo pronto, meglio una lattina di vino, di quello che combinano in Australia i giovani con le bag, a patto che la lattina sia una sola.
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E’ il vino questa volta ad essere vittima di una ”truffa” online, scoperta per caso in rete. Il web, è modalità sempre più diffusa ed in crescita per acquistare il vino, ma offre, per fortuna, anche la possibilità di entrare in contatto con i produttori che nella quasi totalità dei casi dispongono di un sito internet. Una matassa, che ha richiesto diverso tempo per essere dipanata, quella di questa vicenda. Tutto nasce da un sito tedesco, che alla voce ”Apulien” vende un prodotto di nome ”Il Tauro”, imbottigliato, come indicato nelle specifiche del prodotto on line dall’azienda Taurino di Guagnano in provincia di Lecce. Fin qui, tutto bene, se non che a fare quel ”Taurino” è invece un’azienda del nord italia, di Fossalta di Piave, che lo produce sotto falsa identità e lo distribuisce in Germania tramite un ex importatore tedesco che per anni aveva distribuito anche i prodotti della Cantina Taurino. La truffa è scoperta casualmente via mail. La Cantina Taurino riceve una prima segnalazione di un cliente che, trovando evidentemente il prodotto di suo gradimento scrive direttamente a loro per chiedere altri siti o luoghi in cui poterlo reperire. L’etichetta il ”Tauro” non è una loro produzione, la Cantina pensa ad un errore e non dà peso alla vicenda. Arriva una seconda mail. Questa volta a scrivere è un cliente deluso che lamenta di aver bevuto una bottiglia del 2010 che sapeva di tappo. Alle Cantine Taurino, salta la mosca al naso, come si suol dire. Non producono quel vino e tantomeno lo distribuiscono su quella piattaforma. Vogliono vedere con i loro occhi di cosa si parla, mettono nel carrello tre bottiglie dallo shop, destinazione Italia e scoprono il falso dando il via alla denuncia e quindi all’indagine che vede gli imputati indagati per reato di fabbricazione e commercio di beni utilizzando i titoli di proprietà industriale, pubblicità ingannevole su internet e falso. Il sito www.belvin.de è ancora aperto, nonostante la denuncia. Ottime recensioni per il servizio, numerosi i vini in catalogo da tutto il mondo e da tantissime regioni italiane che sono ”sofort lieferbar” pronti alla consegna. Le Cantine Taurino non ci sono più, ce ne sono altre, molte le conosciamo sono anche in gdo e i prezzi sono molto competitivi. Chissà se altre truffe si celano tra le referenze in catalogo. L’azienda di Fossalta di Piave sicuramente non immaginava di essere scoperta, nella moltitudine di prodotti in vendita online, un rischio mal calcolato: come si dice a Napoli, ”Chello ca nun se fa nun se sape”.
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Nel 2015, in Svizzera sono stati bevuti 3 milioni di litri di vino in meno (a 263 milioni) rispetto all’anno precedente. Tale flessione è in atto da alcuni anni, indica oggi l’Ufficio federale dell’agricoltura (UFAG), che sottolinea tuttavia il rinnovato interesse per i prodotti elvetici – specie i rossi – a scapito di quelli importati. Il consumo di vini svizzeri è infatti cresciuto di 549.500 litri, raggiungendo quasi 99 milioni. Gli esteri, invece, hanno registrato una flessione di 165 milioni di litri (-3,6 milioni). La quota dei prodotti elvetici è quindi salita nell’anno in rassegna di ben il 37,5%. All’origine di questa tendenza generale del consumo di vino vi è soprattutto il vino rosso, spiega l’UFAG. L’anno scorso, il consumo di vino rosso svizzero è aumentato di quasi 50 milioni di litri, mentre quello di vino rosso estero è sceso di circa 3,7 milioni di litri, fissandosi a poco meno di 126 milioni di litri. Per il vino bianco, l’andamento è inverso: sono stati bevuti poco meno di 49 milioni di litri di vino bianco svizzero, vale a dire 337.800 litri in meno rispetto all’anno precedente. In progressione, invece, il consumo di vino bianco estero che ha toccato quota 39 milioni di litri (+160.800 litri). È nuovamente in espansione il consumo di spumante (571.300 litri, a circa 18 milioni di litri), con l’Italia a farla da padrona per quanto attiene alle importazioni (55%), seguita dalla Francia (28%) e dalla Spagna (11%). Si conferma così la tendenza al rialzo, nonostante il lieve calo delle importazioni rispetto all’anno precedente. In generale, i vini importati provengono dall’Italia (71 milioni di litri), seguita dalla Francia (circa 40 milioni di litri) e dalla Spagna (circa 37 milioni di litri). Dal Portogallo sono stati importati circa 11 milioni di litri di vino. Se paragonate alle importazioni, le esportazioni risultano modeste: -227.500 litri rispetto all’anno precedente. Complessivamente, nel 2015 il volume d’esportazione è stato a 1,3 milioni di litri. Tale cifra comprende anche i vini esteri importati e riesportati, specifica l’UFAG. Con 85 milioni di litri, la vendemmia 2015 è risultata decisamente meno abbondante rispetto a quella dell’anno precedente a causa dell’estate torrida e delle rare precipitazioni. Le condizioni meteo rilevate dopo la fioritura hanno invece permesso di limitare la presenza di parassiti. La famigerata drosofila del ciliegio (Drosophila suzuki), scrive l’UAFG, ha causato meno danni di quanto si temeva un anno fa. I viticoltori hanno invece dovuto far fronte a cali puntuali delle rese dovuti all’utilizzo del prodotto fitosanitario “Moon Privilege” e ai danni da esso provocati. Complessivamente, a livello nazionale la produzione di vino rosso, che comprende anche quella di vino rosé, è stata soltanto lievemente superiore a quella di vino bianco. La differenza rispetto alla superficie vitata è dovuta, da un lato, alle rese per superficie maggiori per i vitigni bianchi e, dall’altro, al fatto che in Ticino le uve rosse vengono utilizzate anche per la produzione di vini bianchi. Il buon soleggiamento ha consentito di raggiungere un elevato tenore di zucchero.
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Tttip, il trattato transatlantico deve assicurare la tutela dei vini italiani rispetto a un fenomeno, quello del falso Made in Italy a tavola, assai diffuso sul mercato Usa dove ha superato il valore di 20 miliardi di euro. A sottolinearlo è la Coldiretti nell’esprimere preoccupazione per le notizie sull’andamento delle trattative tra Usa e Ue secondo le quali gli americani hanno ribadito la loro intenzione di continuare ad usare le denominazioni “semigeneriche” dei vini europei, come gli italiani Chianti, Marsala, il greco Retzina, il portoghese Madeira e i francesi Chablis e Champagne. Il risultato – denuncia la Coldiretti – è che oggi il Chianti si produce in California, mentre sempre negli States è possibile acquistare del Marsala Wine. Ma il fenomeno del falso vino ”Made in Italy” trova un forte impulso anche dalle opportunità di vendita attraverso la rete dove è possibile acquistare pseudo vino ottenuto da polveri miracolose contenute in wine-kit che promettono in pochi giorni di ottenere le etichette piu’ prestigiose come Chianti, Valpolicella, Frascati, Primitivo, Gewurztraminer, Barolo, Verdicchio, Lambrusco o Montepulciano. Il Made in Italy tarocco a stelle e strisce non riguarda però – ricorda la Coldiretti – il solo vino ma colpisce tutti i comparti dell’export tricolore, dai pomodori san Marzano all’olio d’oliva fino ai salumi, mentre addirittura il 99 per cento dei formaggi di tipo italiano negli States è fasullo nonostante il nome richiami esplicitamente le specialità casearie piu’ note del Belpaese, dalla Mozzarella alla Ricotta, dal Provolone all’Asiago, dal Pecorino Romano al Grana Padano, fino al Gorgonzola. La presunzione statunitense di continuare a chiamare con lo stesso nome alimenti del tutto diversi è inaccettabile – sostiene la Coldiretti – perché si tratta di una concorrenza sleale che danneggia i produttori e inganna i consumatori e l’Unione Europea ha il dovere di difendere prodotti che sono l’espressione di una identità territoriale non riproducibile altrove realizzati sulla base di specifici disciplinari di produzione sotto un rigido sistema di controllo. ”La trattativa sull’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti, Tansatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip) deve rappresentare un appuntamento determinante per tutelare le produzioni agroalimentari italiane dalla contraffazione alimentare e del cosiddetto fenomeno dell’Italian sounding” spiega il presidente della Coldiretti,Roberto Moncalvonel ricordare che “in gioco c’è un consistente interscambio economico visto che per la prima volta le esportazioni agroalimentari Made in Italy in Usa hanno superato nel 2015 i 3,6 miliardi di euro con un aumento del 20 per cento. E proprio il vino è il prodotto italiano piu’ apprezzato dagli americani con 1,3 miliardi”. Ma sul tavolo del Ttip ci sono anche altri argomenti ”scottanti” su cui l’Europa non deve abbassare la guardia – conclude la Coldiretti – dalla carne agli ormoni al pollo alla varechina che rischiano di finire nel piatto dei cittadini italiani ed europei, fino alla questione degli Ogm.
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A dare lustro alle cantine meglio “attrezzate” della Gdo italiana ci pensa ancora una volta Argiolas. La casa vinicola sarda distribuisce Korem, Indicazione Geografica Tipica Isola dei Nuragh, nei supermercati Iper la Grande I (Finiper) dotati di enoteca e spazio degustazioni. Sotto la lente di vinialsupermercato.it, finisce così la vendemmia 2011. Stappiamo questa bottiglia consapevoli che un simile vino possa dare il meglio di sé ancora per molti anni. Nel calice, Korem Igt Nuraghi 2011 Argiolas si presenta di un rosso rubino carico, intenso, che scorre denso, mostrando già nella fluidità un’ottima consistenza. Al naso risulta spiccante: a farla da padrone sono le note di confettura di frutti rossi e frutta matura come amarena, more e marasche, che ben si amalgamano ai profumi conferiti dalla botte. Una speziatura presente ma delicata, così come in bocca risulta Korem. Vino rotondo, morbido, in grado tuttavia di mostrare le unghie e i denti come solo i migliori rossi di Sardegna sanno fare. Korem è un vino dal carattere estroverso, capace di regalare – nello stesso sorso – la classe del gentiluomo e la tenacia dell’instancabile marinaio. Splendidi i tannini, che lasciano presagire un futuro luminoso senza disturbare la beva, per nulla affaticandola ad appena 5 anni di maturazione in bottiglia. Un’eleganza che si ripresenta puntuale anche in un retro olfattivo in cui si rincorrono note di cioccolato, cuoio e liquirizia: una volta deglutito, Korem 2011 si concede ancora a lungo al palato. Intenso, fine, persistente. Inutile dichiarare “pronta” la vendemmia degustata. Se ben conservato, questo vino sardo può regalare soddisfazioni ancora per moltissimi anni. Per chi, come noi, decidesse di servirlo, la temperatura non dovrebbe superare i 18 gradi. L’abbinamento migliore? Se degustato in solitudine, come vino da meditazione, quella di un buon libro o della buona musica. Altrimenti, le portate di selvaggina (come l’agnello) costituiscono l’ideale piatto con cui godere appieno degli aromi offerti da Korem Argiolas. Un rosso che risulta ottimo anche con lo spiedo di maialino da latte.
LA VINIFICAZIONE
Come detto, Korem è un vino rosso a Indicazione Geografica Tipica Isola dei Nuraghi. Le uve che concorrono al blend sono Bovale Sardo, Carignano e Cannonau, coltivate nella Tenuta Sa Tanca, a un’altezza variabile fra i 250 e i 300 metri circa sul livello del mare. Il suolo, a medio impasto tendente allo sciolto, registra la presenza di materiale calcareo argilloso. La vendemmia avviene in maniera manuale, nel corso delle prime ore del mattino. La vinificazione prevede una macerazione di media durata, attestabile tra i 10 e i 12 giorni, con svolgimento della fermentazione malolattica in vasi vinari di cemento vetrificato. Il vino subisce quindi un passaggio in barriques della durata di 10-12 mesi e un ulteriore periodo di affinamento in bottiglia per circa 6 mesi. Korem è uno dei prodotti di punta di Argiolas, inserito nella “Linea Prestigio” della casa vinicola che ha base a Serdiana, in provincia di Cagliari. Qui, nel 1906, nasce il patriarca Antonio. I suoi due figli, Franco e Giuseppe, condividono la sua passione e la trasmettono prima alle mogli Pina e Marianna e, poi, ai figli. Oggi nella cantina di Serdiana lavora la terza generazione Argiolas. Una realtà che, con i suoi prodotti di altissimo livello, contribuisce a sdoganare grandi vini nel mondo della Gdo italiana.
Prezzo pieno: 34 euro
Acquistato presso: Iper la Grande I (Finiper)
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Marco Giannoniè stato confermato alla presidenza del Consorzio Vini Cortona. Per i prossimi tre anni sarà ancora l’imprenditore vitivinicolo cortonese a guidare la denominazione Cortona Doc. Marco Giannoni, classe 1965, vive a Cortona ed è sposato con quattro figli. E’ titolare dell’azienda di famiglia Giannoni Fabbri e di Cortona da sempre ama il territorio, il paesaggio e il vino che produce. ”Accolgo con molto piacere questa conferma alla presidenza e sono onorato per la fiducia datami dai miei colleghi – spiega il rieletto presidente Giannoni – con l’obiettivo di dare continuità al lavoro svolto nel passato dai miei predecessori e puntando allo sviluppo del Consorzio, del territorio, per la soddisfazione dei produttori tutti e della città di Cortona e a questo proposito continueremo a collaborare fattivamente e significativamente con l’Amministrazione Comunale”. Eletto anche il Consiglio di Amministrazione del Consorzio composto, oltre che dal presidente, dal Vicepresidente,Chiara Vinciarelli(anche in questo caso si tratta di una conferma) e dagli altri consiglieri:Adriano Giuliarini(La Braccesca),Hans Ensing(Villa Loggio),Fabrizio Sallusti(Vecchia Cantina di Montepulciano),Edda Billi(Azienda Agricola Edda Billi) eFernando Cattani(La Calonica). Una conferma nel segno, dunque, della continuità visto che nel programma indicato da Giannoni ai primi posti la promozione in Italia, ma anche e soprattutto all’estero. ”La prima cosa che eredito dal precedente mandato e di cui possiamo dirci orgogliosi è un Progetto integrato di filiera (Pif) nel quale il Consorzio è entrato per investimenti in promozione pari a circa 100 mila euro in 18 mesi – continua Giannoni – e questo è solo l’inizio di un nuovo triennio in cui auspico ancora una maggiore collaborazione con il Consorzio da parte degli associati, perché unire le forze può senza dubbio aiutare a crescere l’immagine e, alla luce degli ultimi tender di mercato, del valore dei nostri vini”. Confermata come detto anche la Vicepresidente, Chiara Vinciarelli, titolare dell’azienda omonima. ”Sono contenta di questa conferma che garantirà una continuità a un lavoro che abbiamo intrapreso con il Consorzio già nel triennio precedente – commenta la Vicepresidente Vinciarelli – e il nostro impegno sarà quello di promuovere il territorio, la nostra città, il tutto grazie a un prodotto, la Cortona Doc, che sta riscotendo sempre più successo”. Nel 2015 sono state vendute circa un milione di bottiglie a marchio Doc. Le vendite sono concentrate per il 70 per cento all’estero, mentre la quota restante è diretta verso l’Italia. Costituito nella primavera del 2000, è il Consorzio che svolge la funzione di controllo e tutela dei vini a D.O.C. Cortona e ne diffonde la conoscenza con un’efficace attività culturale, divulgativa e promozionale. Protegge l’immagine ed il prestigio della denominazione con continui controlli di qualità e intraprende iniziative di carattere culturale tendenti a far conoscere nel mondo Cortona, il suo territorio ed i suoi vini. Attualmente le aziende consociate sono 30 e rappresentano la quasi totalità dei produttori. Tra di esse si annoverano marchi nati e radicati nella regione, altri di tradizione più recente ed altri ancora di importanza internazionale. E’ lusinghiero il fatto che questi ultimi abbiano dato tanto credito al territorio di Cortona da farne la sede di consistenti investimenti.
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Bilancio positivo per l’Orcia Wine Festival. 1500 calici di degustazione distribuiti, 50 partecipanti alle ”Cantine con vista”, bike e walking, 35 ristoratori che hanno incontrato direttamente i produttori, 200 commmensali alla cena di gala organizzata sabato sera e 150 partecipanti alle degustazioni guidate da Onav. Il maltempo, che ha caratterizzato il weekend della Val d’Orcia, non ha intimido i winelovers che non hanno voluto mancare questo appuntamento. Grande soddisfazione da parte dell’organizzazione che già pensa all’edizione 2017. ”Un’edizione molto bella con tante novità, molto pubblico, passeggiate ed escursioni, degustazioni guidate e produzioni di eccellenza del nostro territorio. Sono stati giorni intensi ed entusiasmanti, che ci spingono a continuare in questa strada con decisione e determinazione. Voglio ringraziare il Consorzio del vino Orcia, l’Onav Siena, i nostri Quartieri della Festa del Barbarossa, l’Area 51, Paesaggi Musicali Toscani, le aziende, i ristoranti, insomma tutti coloro che hanno creduto in questo progetto. E da oggi ci mettiamo a lavoro per programmare l’Orcia Wine Festival del 2017 e per migliorarsi ancora” ha dichiarato il sindaco di San Quirico Valeria Agnelli.
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(3 / 5) Un vino davvero versatile il Rosso di Montepulciano, da tutto pasto: particolarmente adatto per i primi piatti con sughi di carne, salumi, formaggi di media stagionatura, ma anche da osare con piatti di pesce dal sapore deciso.
Sotto la nostra lente di ingrandimento, questa volta, il Rosso di Montepulciano Doc, annata 2014, prodotto dalla Tenuta di Gracciano della Seta a Montepulciano.
LA DEGUSTAZIONE
Un vino dal colore rosso rubino brillante, luminoso, poco trasparente. Al naso è intenso con aromi di ciliegia e lampone corredate da note erbacee e ferrose. Più accattivante al naso che al palato, nel complesso offre una discreta beva ad un prezzo commisurato. In bocca il sapore è delicatamente fruttato, ma si rivela poco corposo e anche poco persistente una volta deglutito. Con un titolo alcolometrico di 13% risulta in ogni caso non pesante e godibile. Un ossimoro d’obbligo per il suo retrogusto che è dolcemente amarognolo.
LA VINIFICAZIONE Il Rosso di Montepulciano Doc 2014 Ferrari Corbelli della Tenuta di Gracciano della Seta è prodotto con un blend composto dal 90% di Prugnolo gentile e dal 10% di uve Merlot. Le vigne del cru Casale, Maramai, sono esposte a sud/sud-est e sud-ovest ad un altitudine di 300-350 metri s.l.m. Il terreno è di tipo limoso argilloso e i vigneti sono allevati a Guyot e a cordone speronato. La fermentazione e la macerazione sulle bucce avvengono in acciaio a temperatura controllata con lieviti indigeni per una quindicina di giorni, con rimontaggi giornalieri. La produzione media del Rosso di Montepulciano Doc è di 30.000 bottiglie annue, quella complessiva di 100.000 con Nobile di Montepulciano, Nobile Riserva e Rosato di Toscana.
La Tenuta di Gracciano, della famiglia della Seta Ferrari Corbelli Greco, si estende su circa 20 ettari vitati. I vigneti sono dislocati in 4 crus: Casale, Toraia, Maramai e Podere Rovisci, ognuno dei quali ha caratteristiche che si differenziano soprattutto per il suolo. Casale è il cru con il terreno più sciolto e produce vini armonici, eleganti e profumati. Il vigneto è stato reimpiantato nel 2008, quindi le uve sono utilizzate per la produzione del Rosso di Montepulciano. Gli altri tre crus hanno una frazione argillosa più importante soprattutto il Podere Rovisci le cui uve sono destinate alla produzione del Vino Nobile Riserva. L’età media delle viti è di 15 anni. Una parte del vigneto Maramai ha più di quaranta anni. La filosofia della Tenuta di Gracciano della Seta è da sempre improntata al rispetto della tradizione e dell’ambiente: non sono utilizzati né concimi chimici né diserbi e i vini cercano di rispettare il più possibile l’espressione del territorio con interventi tecnologici su uve e vini alquanto rispettosi della materia prima.Dal 2015 si sono convertiti all’agricoltura Biologica. Numerosi i riconoscimenti per i loro vini da parte di Gambero Rosso, Slow Wine, Vini di Veronelli.
Prezzo pieno: 5,99 euro Acquistato presso: Carrefour
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Il 7 e 8 maggio protagonisti i vini della Costa Toscana, con una speciale anteprima. Ospite d’onore la regione francese di Champagne. 80 vignerons porteranno in degustazione al Real Collegio di Lucca oltre 500 etichette: l’occasione è l’Anteprima Vini della Costa, l’annuale rassegna dei viticoltori delle province bagnate dal mare ideata dall’Associazione Grandi Cru della Costa Toscana, pronta a conquistare i visitatori con le storie di chi produce il nettare di Bacco. In programma prestigiosi laboratori, dedicati ai raffinati degustatori che saranno affiancati da educational per chi è alla ricerca di una maggior comprensione del vino: Anteprima Ais Wine School è infatti il progetto dell’edizione 2016 della rassegna pensato per chi vorrà conoscere in pillole i principi della degustazione. A questo sarà affiancata l’iniziativa Anteprima Ais Tutorial, le degustazione guidate per piccoli gruppi attraverso i banchi di assaggio. Le degustazioni si terranno al piano nobile del Real Collegio mentre il salone delle feste accoglierà i produttori della costa. Ampio spazio sarà dato anche alle bollicine, con un itinerario di sapori che dal Lambrusco di Sorbara arriverà fino al Prosecco della Valdobbiadene, con una particolare attenzione alla sempre più ricca e promettente produzione della Costa Toscana. Tra gli ospiti della manifestazione ci saranno i vignerons della regione francese Champagne. La manifestazione sarà poi arricchita – spiegano gli organizzatori – anche da eventi collaterali, come le installazioni e le performance a cura dell’artistaAndrea Salvettiche – accompagnato da sapienti artigiani del gusto – presenterà un’inedita officina gastronomica. Infine – grazie alla partnership con il Festival musicale Lucca Classica – non mancheranno “incontri” speciali e incursioni creative tra vino e musica, con passaggi della Street band che animeranno la due giorni al Real Collegio.
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Svelato il programma completo di Terroir Marche – Vini e vignaioli bio in fiera 2016, in programma ad Ascoli Piceno sabato 21 e domenica 22 maggio. A Palazzo dei Capitani (Piazza del Popolo) per due giorni torneranno protagonisti il Verdicchio, il Pecorino, il Montepulciano e gli altri vini autoctoni delle Marche derivanti da agricoltura biologica, che potranno essere scoperti e gustati attraverso incontri, laboratori e degustazioni libere, con la possibilità di abbinarli a golosità tipiche del territorio. La prima novità della seconda edizione della manifestazione, annunciata nei giorni scorsi, è il gemellaggio internazionale con l’associazione Ecovin Mosel, grazie al quale saranno presenti ad Ascoli alcuni vignaioli del territorio della Mosella, la patria del Riesling, con le loro produzioni biologiche. Durante il week-end si terranno cinque laboratori di degustazione guidati da importanti giornalisti enogastronomici italiani e stranieri che, calice in mano, racconteranno le caratteristiche dell’enologia marchigiana spaziando tra grandi annate, proporranno una lettura originale della viticoltura della Mosella e apriranno una riflessione a 360 gradi sui tanti modi per giudicare un buon vino. Sabato 21 maggio, alle ore 11, l’ambasciatrice della MosellaSonja Christ-Brendemühle il giornalista degustatorePierpaolo Rastelliguideranno i partecipanti alla scoperta del metodo biologico in una regione dove il clima può essere davvero estremo ma dove la luce e l’ardesia sono ingredienti fondamentali di un terroir eccezionale, in grado di regalare alcuni dei vini bianchi più longevi del mondo. Mentre alle ore 15 la giornalista australianaJane Faulknerfocalizzerà proporrà una ”polaroid” dei due autoctoni rossi marchigiani, il Sangiovese e il Montepulciano, in un’annata classica nel laboratorio ”2010 sfumature di rosso”. Alle ore 17 il professore di EsteticaNicola Perullo(Università Scienze Gastronomiche di Pollenzo) e il wine bloggerAlessandro Morichettispazieranno tra assolutismo enoico e immaginazione per capire come si riconosce e valuta un buon vino nel laboratorio ”Epistenologia. Il mondo del vino tra i 100/100 di Robert Parker e la tovaglia a quadretti della nonna”. Domenica 22 maggio, alle ore 11, il focus andrà su uno dei vini rossi che hanno fatto la storia dell’enologia Marchigiana, letto e interpretato da giornalista e degustatoreFrancesco Falconenelle sue diverse evoluzioni tra annate vicine e lontane all’interno del laboratorio ”Barricadieri”. Alle 15, infine, il giornalista e degustatore Antonio Boco proporrà le sue ”2010 sfumature di bianco”, viaggio tra i grandi vini bianchi delle Marche in un’annata caratterizzata da un’ottima freschezza aromatica. Per l’intera durata del week-end, da mattina a sera, saranno allestiti banchi d’assaggio ad accesso diretto con oltre 120 vini biologici delle Marche e della Mosella e prodotti tipici del territorio. Il ticket d’ingresso giornaliero (12 euro; 10 euro per soci Ais, Fis, Slow Food, Onav, Fisar, Aies) comprende accesso ai banchi di degustazione, calice, visita guidata al centro storico di Ascoli, partecipazione a eventi collaterali ad eccezione dei laboratori guidati. Il programma completo della manifestazione è sul sito www.terroirmarche.com. Nei giorni della fiera a Palazzo dei Capitani sarà inaugurata la mostra fotografica”Le Marche di Mario Dondero”, prima esposizione realizzata in Italia per raccontare la preziosa opera di uno dei fotografi e fotoreporter più importanti del Novecento italiano e, in particolare, il suo rapporto con le Marche, scelte come terra da vivere ed esplorare a partire dagli anni Novanta. Attraverso 40 scatti, i visitatori saranno accompagnati tra volti, scorci e paesaggi alla scoperta di uno spaccato unico del territorio regionale, visto, ripreso e raccontato ad altezza d’uomo. L’inaugurazione della mostra, prodotta dal consorzio Terroir Marche e realizzata in collaborazione con la Fototeca Provinciale di Fermo – cui è stato affidato il compito di salvaguardare lo sconfinato archivio fotografico di Dondero – sarà inaugurata venerdì 20 maggio, alle ore 18, a Palazzo dei Capitani, dove rimarrà allestita nei due giorni successivi dalle ore 9 alle 18, prima di essere riproposta al Forte dei Malatesta nel mese di giugno. Acquistando il biglietto per la seconda edizione della fiera “Terroir Marche” (12 euro) i partecipanti alla manifestazione avranno così la possibilità di visitare la mostra, ritrovando nel calice e nelle fotografie esposte quello stesso “terroir spirituale” di chi sa cogliere nei piccoli dettagli l’anima profonda delle cose e delle persone.
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Sarà aperta anche a contributi esterni e finanzierà progetti di crescita e sviluppo territoriale e di interesse sociale. La gestione sarà autonoma rispetto al Consorzio e verrà sostenuta grazie a contributi volontari da parte dei produttori. Previsto un budget iniziale tra i 150 ed i 200mila euro. Il ”sistema Montalcino” da oggi è più forte. E stata infatti approvata dall’assemblea del Consorzio del Brunello la creazione della ”Fondazione Territoriale Brunello di Montalcino”. Sul modello di quelle bancarie, la Fondazione è nata per sostenere finanziariamente progetti di sviluppo del territorio su diversi fronti: dal turismo al recupero e restauro di beni artistici e culturali ma anche nel campo del sociale e dell’integrazione. La Fondazione, pur essendo espressione del Consorzio, avrà una gestione autonoma e non sarà comunque chiusa a partecipazioni e contributi esterni. Il cda, che eleggerà il Presidente entro il mese di maggio, sarà composto da sette consiglieri di cui 5 indicati dal Consorzio ed uno dal il Sindaco di Montalcino, egli stesso membro del cda, scelto tra le realtà rappresentative del mondo imprenditoriale. La scelta di inserire il Sindaco di Montalcino nel board – in veste istituzionale e senza alcun ruolo politico – vuole essere un contributo alla migliore comprensione di quali siano ambiti e progetti che necessitano di maggiore intervento. Le risorse da destinare al territorio verranno dal contributo volontario dei produttori, quantificabile in 1-2 centesimi a bottiglia, o meglio a ”fascetta” che, secondo le prime stime, consentirebbe di ottenere un budget iniziale di 150-200.000 euro all’anno. I contributi non saranno distribuiti a pioggia ma, di anno in anno, puntando su progetti e idee concrete e ben delineate. Obiettivo è sostenere la crescita del sistema economico e sociale di Montalcino. Come sottolinea il PresidenteFabrizio Bindocci ”questa iniziative evidenzia il nuovo ruolo dei consorzi che da ente di tutela stanno diventando attori insostituibili della crescita e promozione dei territori. Un’esperienza, quella di una Fondazione di un Consorzio del Vino, già sperimentata in passato (dal Consorzio del Chianti Classico che, nel 1991, ha lanciato una sua Fondazione, per la tutela del territorio e valorizzazione dei suoi beni artistici, culturali e ambientali). Ma – prosegue Bindocci – che con alcune peculiarità, e con il valore del brand del Brunello di Montalcino, tra i più forti a livello mondiale, potrebbe aprire una strada virtuosa che altre importanti denominazioni del vino italiano che, in qualche modo, diventano ”banche” per i loro territori. E’ un modello innovativo perché il valore aggiunto creato da Brunello rimane sul territorio e lo fa crescere.” Per il VicepresidenteBernardo Losappio– che ha curato tutto l’iter che ha portato alla creazione della Fondazione – ”è uno strumento importante ed interessante per il territorio, uno strumento innovativo che vorremmo lasciare come ultimo segno di questo Consiglio che concluderà il proprio mandato a maggio 2016. Noi crediamo nel ruolo del Consorzio come forza economica che deve essere parte attiva dello sviluppo del territorio, territorio che nel suo complesso è uno dei grandi elementi che danno valore al Brunello di Montalcino e lo rendono unico, così come il Brunello continua a rendere importante Montalcino nel mondo”.
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Sabato 30 aprile, dalle 15 alle 19, tutti invitati all’Enoteca Domìni Veneti di via Cà Salgari 2 , a Negrar in Valpolicella per il battesimo ufficiale diFlaming Lips, l’aperitivo a base di Recioto spumante proposto in edizione limitata a Vinitaly 2016. “Passeremo qualche ora in compagnia, con assaggi del nostro aperitivo, di cui sveleremo nell’occasione le dosi della ricetta, ideata da due nasi d’eccezione, i veronesiEnrico FiorinieGianluca Boninsegna, rispettivamente migliori sommelier Ais Veneto 2014 e 2015″, spiegaNatascia Lorenzi,responsabile marketing della Cantina. A lei si deve l’idea di gustare in modo nuovo e originale il Recioto della Valpolicella Docg Spumante Domìni Veneti ed anche il nome Flaming Lips, ossia labbra fiammeggianti, dal gioco di riflessi rubino violacei creati nel bicchiere dal rinfrescante aperitivo, composto da Recioto spumante, acqua tonica dry, cointreau, lime e zucchero di mirtillo. Flaming Lips è l’ultima iniziativa, in ordine di tempo, proposta dalla cantina cooperativa negrarese per il rilancio del Recioto della Valpolicella, che passa attraverso un progetto di ricerca di nuovi abbinamenti gustativi, anche a tutto pasto, e quindi a proposte di consumo più attuali per questo vino passito rosso dolce che rappresenta la storia e la tradizione della Valpolicella, a tutt’oggi prodotto in numeri molto limitati (CVN conta 60 mila bottiglie all’anno nelle varie tipologie, pari al 17% dell’intera produzione della Denominazione), e consumato per la maggior parte in provincia di Verona. “A crederci poco sono prima di tutto le aziende vitivinicole del territorio, forse perché lo danno perdente in partenza, in quanto il gusto per i vini secchi oggi è predominante, ma il nostro Recioto è un passito rosso dagli aromi unici che può conquistarsi una ribalta internazionale di tutto pregio. Dobbiamo però tornare a prestargli attenzione e non trattarlo come un vino di risulta dopo la cernita di Amarone e Ripasso, dedicandogli le migliori risorse, dalla scelta delle uve nelle zone più adatte alla scelta dei migliori legni fino ad un adeguato affinamento in bottiglia per essere certi della qualità”, affermaDaniele Accordini, enologo e direttore della Cantina. CVN ruolo da apripista, ma per vincere è necessario non essere soli. Il rischio per il Recioto della Valpolicella, altrimenti, è quello discomparire lentamente, come è successo con alcune tipologie non più prodotte nel tempo, come quella liquorosa, oppure molto rare, come le versioni ammandorlata e spumante, quest’ultima prodotta con il metodo Martinotti fin dagli anni Trenta del secolo scorso ininterrottamente solo dalla Cantina. “GiàLuigi Messedaglia, medico, storico e letterato veronese noto anche per i suoi studi di agronomia, nel suo ”Arbizzano e Novare – Storia di una terra, della Valpolicella” descriveva nel 1944 la champagnizzazione del Recioto operata dalla nostra cantina”, ricorda a questo propositoRenzo Bighignoli, presidente di Cantina Valpolicella Negrar. “La nostra produzione di Recioto spumante è ancora di nicchia – 4 mila bottiglie vendute soprattutto nel periodo natalizio in abbinamento al pandoro -, ma con il Flaming Lips siamo pronti a produrne di più. Soprattutto, confidiamo siano pronti a produrlo anche altri viticoltori della Valpolicella, perché ci prendiamo volentieri il ruolo di apripista, vista anche la nostra natura sociale, ma per riaffermare il Recioto della Valpolicella sul mercato non dobbiamo essere soli, a vincere, specie in un mercato globalizzato come il nostro, sono sempre le azioni di squadra”, chiosa Accordini.
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Itinerari golosi tra vini e piatti tipici, domenica 15 maggio 016 per scoprire e gustare il territorio del Bardolino e del Chiaretto. Un invito, fatto dalla Strada del Vino Bardolino, a scoprire le aziende lungo la sponda veneta del lago di Garda e del suo entroterra con tre percorsi, per un totale di 15 aziende, pronte a far scoprire ad appassionati e winelover i propri vini, abbinati a specialità gastronomiche del territorio veronese. In tutta la giornata di domenica, dalle 11 alle 19, si potranno assaggiare in abbinamento al Chiaretto – classico vino rosé leader nazionale nell’ambito dei rosati a menzione geografica – e Bardolino – il vino rosso delle colline gardesane – proposte quali le tre stagionature del formaggio Monte Veronese, o la porchetta al Chiaretto, o ancora le sarde in saor con la polenta, i crostini al pesce di lago, la carne di manzo al ristretto di Bardolino, il gelato al Chiaretto e all’olio extravergine del Garda, e la pizza contemporanea in accostamento al Chiaretto, che tanto successo ha avuto al recente Vinitaly. Tre quindi i percorsi, ognuno comprensivo di visita e degustazione in cinque cantine specifiche di quel tracciato, più due altre visite libere a cantine localizzate sugli altri itinerari. Un totale di sette diverse tappe, al prezzo complessivo di 23 euro a persona. I tickets per le degustazioni si potranno acquistare domenica 15 maggio direttamente in una qualunque delle cantine aderenti. E per chi volesse muoversi in sicurezza, è previsto un servizio navetta tra le cantine, prenotabile, al costo di 16 euro a persona. ”I visitatori – diceClaudia Benazzoli, presidente della Strada del Bardolino -, oltre a gustare i vini del territorio, avranno la possibilità di confrontarsi direttamente con i produttori per approfondire il loro lavoro, dalla vigna alla cantina. Per i vignaioli, invece, è l’occasione per fare squadra, con lo scopo di promuovere il territorio”.Ma quali sono i tre percorsi previsti? Il percorso A si sviluppa ai piedi del monte Baldo con soste presso Garda Natura di Marciaga, alla Tenuta la Presa di Caprino Veronese, da Gentili a Pesina e poi da Cà Bottura sulla Rocca di Bardolino e Le Fraghe a Cavaion Veronese, con l’aggiunta di degustazioni jolly in due delle cantine degli itinerari B e C. Il percorso B è tutto sulle colline alle spalle del paese di Bardolino, con soste da Zeni 1870, Costadoro, Valetti, Casaretti e poi Benazzoli a Pastrengo, ovviamente con l’aggiunta delle due tappe jolly scelte liberamente negli altri itinerari. Il percorso C si sviluppa soprattutto sulle colline di Lazise, con fermate da Bergamini, Le Tende, Roccolo del Lago, Le Ginestre e poi Il Pignetto a Bussolengo, più le due tappe jolly. Due sono le proposte week end per chi volesse godere in pieno di questa iniziativa: ”Weekend diVino sul Lago di Garda” con la possibilità di dormire in hotel o bed and breakfast, partecipare a ”Di Cantina in Cantina” e cenare al ristorante; il secondo che ha per titolo ”Soggiorno di Benessere sul lago di Garda”, oltre al carnet di ”Di Cantina in Cantina” prevede una stanza presso una struttura termale e una cena in un ristorante. Un week end per tutti i gusti e per tutte le tasche per godere in pieno delle meraviglie del Lago di Garda.
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La Cantina Serradenari di La Morra, di proprietà della famiglia Diatto-Negri, da sempre considerata cantina di eccellenza artigianale, la vetta del Barolo nel quale si produce ”il barolo più alto del mondo”, da oggi può raccontare una storia in più. Giovanni Negri,spinto da un’accesa passione calcistica bianconera ha pensato di disegnare e dedicare alla sua squadra del cuore una nuova etichetta di Barolo ”La classe non è acqua”, etichetta a tre colori, bianco, nero e giallo, come il logo della squadra. ‘È un gioco, un omaggio alla fede calcistica che accomuna tutto in nostro gruppo, dal cantiniere al grafico, passando per il sottoscritto” ha dichiarato alla Stampa Giovanni Negri. ”Quando avevo otto anni giravo con la figurina sbiadita diGianpiero Combiin mano e con i racconti di mio padre e mio zio nelle orecchie sulla mitica cinquina realizzata dalla Juventus tra il 1931 e il 1935. Dicevano che era stata un’impresa irripetibile, così qualche tempo fa mi è venuta l’idea di rendere omaggio a quel ricordo, se davvero la Juve fosse riuscita a ripetere il record” ha continuato. Pronti via, in men che non si dica è arrivato il barolo versione limited edition per festeggiare il fortunato ciclo di successi juventini. Cinque anni di vittorie, lunghi come l’affinamento del barolo targato ”La classe non è acqua”, vendemmia 2011. Un exploit che resterà isolato secondo Negri, salvo che la Juve riuscisse a vincere per tre anni consecutivi la Champions League, in tal caso ”non basterebbero i magnum di Barolo per festeggiare”, parola di Giovanni Negri.
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Il via libera della Regione Toscana era atteso per dicembre 2015. Ma è arrivato solo all’inizio di aprile 2016. Sono mesi di trepidazione, a Scansano, quelli che attendono la squadra capitanata da Sergio Bucci. Il direttore generale della Cantina Vignaioli del Morellino di Scansano non sta più nella pelle.
Anche perché, oltre all’inaugurazione della nuova struttura – che regalerà, entro novembre, una veste più moderna e funzionale alla cooperativa, soprattutto in termini di ricettività del pubblico – ci sono altri progetti che “bollono in pentola”. In un’intervista esclusiva rilasciata a vinialsupermercato.it, Bucci (nella foto, sotto) li elenca tutti.
IL PROGETTO
“A livello territoriale – dichiara il general manager toscano – stiamo puntando all’apertura di alcuni punti vendita in cui proporre i nostri prodotti. Delle sorta di wine bar, non solo in zona Grosseto, che non dovranno andare a fare concorrenza a chi già c’è, ma piuttosto per rafforzare il marchio dei Vignaioli del Morellino in città come Roma, Firenze o Milano”.
Si parla di zone centrali delle principali città italiane, dove “al costo di rimetterci soldi”, Bucci punta a proporre il proprio brand. Non a caso, lo scorso weekend, Bucci ha visitato un locale a Roma, in zona Campo dei Fiori. “Nell’ottica di valorizzare il territorio, il vino e il marchio – prosegue il direttore – stiamo cercando, questa volta a livello consortile, di creare dei corner promozionali e di vendita del Morellino all’interno degli aeroporti europei. Investendo, dunque, dove circola gente: turisti o persone che si trovano in giro per lavoro. Intercettandoli con assaggi e proponendo la vendita di qualche bottiglia”.
Sognano (e progettano) in grande Bucci e i suoi. Che, tuttavia, non perdono di vista la dimensione locale. Il progetto più vicino a concretizzarsi dal punto di vista temporale è infatti la realizzazione di una sorta di “area picnic attrezzata” a Saturnia. La Cantina Vignaioli del Morellino ha firmato il compromesso per un terreno con vista sulle famose cascate termali, dove sarà possibile, grazie ad alcuni partner locali, “consumare un menu a base di salumi, formaggi, sottoli, conserve e vino dei Vignaioli del Morellino”.
“Il tutto – precisa Bucci – consegnato in un cestino all’inglese e consumabile su tavoli dislocati all’aria aperta”. Ma non finisce qui. Tra le idee per il futuro, la Cantina di Scansano ha in mente l’acquisto di un nuovo magazzino di stoccaggio. Un vere e proprio centro di distribuzione per l’Italia, da individuare sul territorio di Grosseto o, addirittura, su quello di Firenze.
LA NUOVA CANTINA Quello della nuova cantina resta comunque il progetto ormai in fase di realizzazione. Sorta nel 1972, la Cantina Vignaioli del Morellino di Scansano si prepara così, entro fine anno, a rifarsi il trucco.
La superficie coperta risulterà pressoché identica: 9.270 metri quadrati. Ma l’ala oggi destinata agli uffici sarà abbattuta. E al suo posto sorgerà un edificio (in parte prefabbricato) dislocato su due piani. Saranno presenti una sala degustazione e le visite in azienda saranno rese più agevoli, grazie a percorsi ben studiati.
“Abbiamo ritenuto che per il territorio fosse importante avere una cantina che potesse dare maggiore ospitalità – evidenzia il direttore Sergio Bucci – ricevere le persone e far toccare con mano cosa vuol dire lavorare il Morellino di Scansano. Sino ad oggi abbiamo lavorato molto sulla sostenibilità della produzione, investendo per sprecare meno e arrivando a proporre sul mercato dei vini di alta qualità e salubrità. Abbiamo sempre badato più al concreto che ad altro. Ma l’immagine, ai giorni nostri, ha sempre più peso”.
“Quindi – continua Bucci – negli ultimi anni si è deciso di cercare di migliorare anche questo aspetto, dato che dal punto di vista qualitativo riteniamo di aver ottenuto dal mercato le risposte che ci aspettavamo. Una cantina cooperativa che imbottiglia quasi il 90% di quello che produce e lo commercializza in bottiglia, dimostra che non solo sappiamo fare bene i vini, ma li sappiamo anche proporre bene al mercato”. L’immagine dopo la sostanza: ecco dunque in che solco si inserisce il progetto di realizzazione della nuova cantina.
Il nuovo edificio presenterà ampie vetrate, oltre a sistemi di riscaldamento e condizionamento “intelligenti e modulabili”. Non si investirà nel geotermico, ritenendo che i 150 Kw di fotovoltaico già presenti sui tetti della cantina bastino a garantire l’autonomia energetica della struttura. Un dato che si conferma con l’eccezione dei mesi più “caldi”, quelli che interessano la vendemmia.
“I lavori – precisa Bucci – sono finanziati da un Pif della Regione Toscana in cui siamo arrivati secondi in graduatoria su 50. Merito del piano di valorizzazione che abbiamo messo in atto, che riguarda anche sistemi di innovazione nelle pratiche di cantina e in vigna. Al centro di questi progetti c’è l’utilizzo dell’ozono per disinfettare l’uva. In cantina sarà realizzata una speciale cella, che ci consentirà di produrre vini a solfiti zero, o per lo meno senza solfiti aggiunti”.
“Il secondo sistema – evidenzia Bucci – prevede l’utilizzo dell’ozono in vigna, dove già operiamo secondo i criteri della viticoltura biologica. Grazie a un prototipo che stiamo sperimentando, in grado di ozonizzare l’acqua del trattamento, andremmo a limitare in maniera drastica l’utilizzo dei fitofarmaci. Questo però è un progetto di difficile realizzazione: innanzitutto perché sarebbe in contrasto con le lobby di produttori e distributori di prodotti chimici; e, in secondo luogo, perché è un progetto ‘oltre il bio’, che sarà difficile portare avanti. Ma ci vogliamo provare”.
La nuova cantina sarà in grado di creare nuovi posti di lavoro, che si andranno ad aggiungere ai cinque già concretizzati negli ultimi tre anni. E dalla vendemmia 2016 faranno parte della Cantina Vignaioli del Morellino nuovi soci per circa 100 ettari, grazie al progetto di ampliamento dell’attuale struttura di accoglienza e lavorazione delle uve.
QUARANT’ANNI DI STORIA
La chiave di volta della cantina che da sola lavora oggi il 23% del Morellino di Scansano è da ricercare negli anni Ottanta, quando i soci passano nel giro di una riunione del Cda da 390 a 180. “Questi coraggiosi, decisi a puntare tutto sulla qualità piuttosto che sulla quantità – ricorda Bucci – investirono nella cantina visibile oggi, dove si iniziò a vinificare separatamente le varie zone e varietà.
Si susseguono poi migliorie che, per tutti gli anni Novanta, accelerano la volontà di sviluppo di questa realtà. La parte destinata alla ricezione dell’uva è stata invece ristrutturata nel 2012, con l’introduzione, tra le altre macchine, di una pressa per le uve bianche a saturazione di anidride carbonica, che garantisce un ambiente inerte alle uve in lavorazione”. La Cantina dei Vignaioli del Morellino di Scansano registra nell’ultimo bilancio un fatturato di 9,5 milioni di euro, di cui circa 4 milioni di utili, liquidati ai soci.
“Stiamo parlando dunque di 150 famiglie – evidenzia Bucci – che hanno potuto godere di una cifra come questa, ovviamente considerati i dividendo, in un territorio povero come quello di Scansano. E’ recente la classifica dei Comuni toscani che ci vede quintultimi in regione in quanto a ricchezza. E negli ultimi 10 posti, sono ben 7 i Comuni della provincia di Grosseto. Di conseguenza, una realtà come la nostra sente anche il dovere di fare qualcosa per il territorio e per far sì che non venga abbandonato e lasciato a se stesso. Un obiettivo che perseguiamo tenendo d’occhio la qualità del prodotto finale. Lo scorso anno, per esempio, questa cantina ha declassato circa 5 mila ettolitri di Morellino di Scansano a vini inferiori, pur di mantenere elevato lo standard offerto al pubblico”.
E quando Bucci parla di “pubblico” si riferisce soprattutto a quello della grande distribuzione organizzata, ovvero i supermercati italiani. Già, perché la cantina che dirige deve alla Gdo 6,5 milioni di euro di fatturato. Che, tradotti in bottiglie, significa un giro d’affari di 2,5 milioni di pezzi finiti sugli scaffali dei supermercati italiani.
“Non risultiamo leader del Morellino solo perché negli anni la produzione si è differenziata – tiene a precisare Bucci – con Ean differenti in base ai clienti. Lo saremmo se sommassimo tutte le referenze presenti nelle varie catene”. I rapporti con la Gdo, dunque, sono buoni.
“Lavoriamo direttamente con le catene a noi più vicine in Toscana, Umbria e Lazio – commenta il direttore – e indirettamente tramite un grossista distributore nel resto dell’Italia. Siamo presenti in Coop Italia, Conad del Tirreno e alcuni punti vendita Conad in Italia, oltre che in Sma, Auchan, Carrefour, Finiper, Pam Panorama e altre insegne regionali e locali. Siamo sicuramente un’azienda sbilanciata su Coop e Conad Tirreno. Coop è stata il primo cliente storico di questa cantina, quando ancora l’attuale Coop Tirreno si chiamava ‘La Proletaria’. E, fino a 10 anni fa, il nostro Morellino di Scansano era uno dei pochi presenti in grande distribuzione”.
La cantina fattura il 75% del totale in grande distribuzione in Italia. Il 25% circa in ristorazione in Italia. E il resto all’estero, “nota dolente” dei Vignaioli di Scansano. “I motivi – spiega Sergio Bucci – sono tanti. Il Morellino di Scansano ha un mercato limitato a Paesi del centro Europa, nonostante risulti una delle Docg più vendute in Italia, in Gdo e in ristorazione. Questo effetto decade fuori dai confini nazionali anche per via della direzione di questa cantina, nei mandati precedenti al mio. Il direttore che mi ha preceduto era ormai prossimo alla pensione e poco avvezzo ai mercati esteri”.
Bucci, in carica dal 2010, ha subito preso le contromisure. “A partire dalla vendemmia 2011 – evidenzia – abbiamo quindi cercato di lavorare anche sulle etichette dei singoli prodotti, valorizzando i nomi varietali e dando risalto alla provenienza Toscana, vera garanzia di qualità in tutto il mondo. Abbiamo poi valorizzato il Bianco di Pitigliano, ai minimi termini al mio arrivo. Oggi ci assestiamo sulle 30 mila bottiglie in ristorazione e quasi 90 mila in grande distribuzione in Italia, avendo risalito la china dal 10 al 20% di vini bianchi sul totale della produzione”.
“Inoltre – evidenzia direttore generale della Cantina Vignaioli del Morellino di Scansano – abbiamo presentato lo scorso anno a Vinitaly una riscoperta del Governo all’Uso Toscano, ottenendo un buonissimo impatto e vendendo in quattro mesi tutta la produzione, che abbiamo intenzione di incrementare. Abbiamo ricreato in Italia una rete vendita importante nella ristorazione, con 50 agenti che propongono i nostri vini nei ristoranti di tutta Italia. Questo perché riteniamo che, mentre la Gdo sia il veicolo di accesso ai nostri vini per la maggior parte dei nostri clienti, è invece alla ristorazione e ai wine bar che dobbiamo rivolgerci per far crescere il nostro brand, anche a livello di immagine del prodotto”.
IL RAPPORTO TRA GDO E HORECA “Non abbiamo fatto solo linee diverse – commenta Bucci – bensì vini diversi. Ma non destiniamo un vino a un determinato canale piuttosto che a un altro, in base alla qualità. Abbiamo piuttosto cercato di modulare i prodotti in base all’uso che se ne fa. Per esempio: compro un Morellino di Scansano al ristorante e, probabilmente, lo abbino a una pasta al ragù, a una bistecca, a un salume importante, stagionato. Quando lo porto a casa dal supermercato, invece, il Morellino di Scansano deve andare bene con una pasta al pomodoro, con un salume, con una fiorentina, ma anche con un petto di tacchino o una frittata. Vista la varietà dei terroir di cui disponiamo, nei 500 ettari dei nostri soci, il nostro lavoro è quello di costruire dei tagli, dei blend, che facilitino e valorizzino il consumo dell’uno o dell’altro tipo. Ovviamente se parliamo di Riserva, il prodotto è lo stesso. Dunque una differenziazione per utilizzo, quella tra Gdo e Horeca”.
Secondo Bucci, “la Gdo è un veicolo estremamente importante per i vini, che dovrebbe essere supportata dalla ristorazione”. In che modo? “Non è una bestemmia – risponde il direttore – perché la Gdo non fa il mercato, lo segue. Offre al cliente quello che vuole comprare, reagendo in maniera più o meno reattiva ai trend di mercato. La richiesta, dunque, si crea fuori dagli scaffali dei supermercati. In questo senso, il lavoro che stiamo facendo sul Morellino di Scansano ricade su tutto il mondo del Morellino. E, parte delle energie che noi spendiamo per promuovere il nostro marchio, vengono diluite su tutto il territorio, compresa la ristorazione”.
Certo avere a che fare con la Gdo non è semplice neppure per un colosso come questo. “In una logica di mercato dove i buyer, in particolare quelli della Gdo, parlano di prezzi al ribasso e scontistiche al rialzo, e non del contrario – rileva Bucci – diventa fondamentale riuscire a economizzare il più possibile il modus operandi ed evitare gli sprechi. La nostra coop è fatta da 150 famiglie, più quelle dei soci e dell’indotto, che vivono e spendono nel territorio: una produzione rispettosa è dunque dovuta a loro e a noi stessi. E in quest’ottica, tre anni fa abbiamo ottenuto la certificazione Carbon Footprint. Lo scorso anno, poi, siamo arrivati a ottenere la certificazione Viva Sustainable Wine del Ministero dell’Ambiente, che possono vantare solo dieci cantine italiane”.
Per assurdo, solo Coop tra le catene della Gdo ha mostrato interesse per l’etichetta Viva. “In Italia si bada soprattutto alla leva prezzo e alla marginalità – commenta Bucci – mentre all’estero non è così: gli investimenti in tracciabilità e qualità vengono maggiormente premiati. Noi non abbiamo intenzione di cambiare strategia e cercheremo sempre di mantenerci saldi nelle nostre posizioni e nella nostra filosofia di produzione, che prevede il rispetto della Denominazione, del territorio e del consumatore. Potremmo farlo finché riusciremo a sostenere economicamente questa strategia, sperando di non dover essere costretti un giorno a percorrere la strada al contrario. Per ora teniamo botta”.
GLI IMBOTTIGLIATORI Il fenomeno degli imbottigliatori, che si è accentuato negli ultimi anni, sta creando qualche difficoltà ai Vignaioli del Morellino. “Il frazionamento del Morellino – spiega Bucci – oltre alla presenza di numerose etichette, ha fatto sì che, negli anni, sempre in meno fossero in grado di proporre autonomamente il loro prodotto, optando poi per la vendita di vino sfuso. Inoltre, il fenomeno Morellino ha attirato imbottigliatori che hanno cercato di accaparrarsi i prodotti in zona per proporli alla propria variegata clientela. Via via, e questo è stato uno degli errori del Consorzio del Morellino di Scansano, abbiamo assistito alla decrescita delle percentuali dei produttori che imbottigliano direttamente, passando da circa il 55% del 2005 al 45% del 2010. Imbottigliatori che, spesso, utilizzano il Morellino come una sorta di merce di scambio. E’ un prodotto che viene richiesto e che può essere fornito, pur con margini risicati, dagli imbottigliatori ai clienti della Gdo, gettato nel calderone del resto dell’offerta di vini trattati. Noi, invece, viviamo di Morellino di Scansano. Il nostro, in Gdo, costituisce il 70% del fatturato. Il che ci costringe spesso a usare una leva promozionale più alta di altri, per tenerci aggrappati agli stessi prezzi”.
Da manager di grande abilità, Bucci è riuscito comunque a risollevare le sorti della Cantina. Come? Proponendo varie contromisure. “Nel 2012 abbiamo iniziato una campagna di acquisto di uve – spiega – garantendo al consumatore un prezzo di 100 euro al quintale. E, al tempo stesso, siccome anche noi vendiamo una piccola parte di Morellino sfuso, abbiamo alzato il prezzo a 200 euro a ettolitro. I vari produttori che si approfittavano della situazione esistente, pagando prezzi bassi per le uve ai piccoli produttori, si sono dovuti adeguare garantendo le stesse cifre. Abbiamo ottenuto questo risultando acquistando circa 2 mila quintali di uva: un quantitativo non eccessivo, ma l’effetto sul mercato è stato positivo, riallineando prezzi che erano diventati molto variabili. Inoltre, abbiamo cercato di valorizzare ulteriormente la qualità del prodotto, puntando sul packaging, sulle certificazioni e sull’innovazione, dando valore aggiunto. Quello che cerchiamo di offrire, rispetto ad altri, è un prodotto integralmente prodotto da noi, con la garanzia della qualità”.
Non a caso, i 5 mila ettolitri di Morellino declassati nel 2015 a causa della poco proficua vendemmia 2014, sono stati venduti a un imbottigliatore. “Si trattava di un Morellino piuttosto leggerino, pur pulito e salubre – evidenzia Bucci – che sul mercato ha segnato in maniera netta lo stacco tra noi e chi l’ha acquistato. Un modo, dunque, per evidenziare che non tutti i Morellini sono uguali e che, anche in annate difficili, se ti rivolgi a noi ottieni un buon prodotto. Se ti rivolgi ad altri, la qualità dipende da cosa trovano sul mercato”.
IL RAPPORTO CON IL CONSORZIO Tra le mille battaglie della Cantina Vignaioli del Morellino, una può dirsi (per ora) conclusa nel migliore dei modi. “Siamo stati fuori dal Consorzio del Morellino di Scansano fino allo scorso anno – dichiara Bucci -. L’ultimo Cda che si è costituito e il direttore appena entrato in carica denotano voglia e impegno nel cambiare strada e strategia. E’ stato assunto un consulente che ha sempre lavorato nel marketing del vino e nella sua promozione, quindi non un burocrate che si occupa di quote e assegnazioni. Per quanto bravo e tecnico possa essere un burocrate del genere, i Consorzi sono l’unica istituzione riconosciuta per poter promuovere le Denominazioni nel territorio. Quindi riteniamo che a questo punto si debbano far funzionare bene questi Consorzi. E le cose funzionano in base alle persone che le gestiscono. Quello che si dovrebbe fare, oggi, è parlare di Maremma in maniera più unitaria, per evitare di perdere sempre più terreno nei confronti della concorrenza”.
E’ in atto, dunque, una vera e propria rivoluzione in questo angolo di profonda Toscana. Un movimento che Bucci spiega col “ricambio generazionale”. “In un momento in cui, purtroppo, aziende storiche della zona che hanno fatto il nome del Morellino si sono trovate in crisi per un’organizzazione approssimativa che ha messo in luce una struttura poco concreta, oltre a evidenziare la poca lungimiranza di certi investimenti bancari – commenta il direttore – il territorio di Scansano ha perso la guida. Dieci anni fa questa cantina, come altre, vivevano di rendita. La rivoluzione in corso negli ultimi anni, dunque, è più legata ai singoli che alla politica. Sono state fatte scelte completamente sbagliate in passato, ma oggi lavoriamo tutti assieme per la valorizzazione della nostra zona. Non abbiamo niente, oltre al vino. Il mio invito, che rivolgo a tutti gli attori del territorio, è quello di cercare di vendere al meglio questo nostro niente”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Dall’Etna alle Alpi, dalle vigne sul mare a quelle nell’entroterra. Quest’anno Cantine Aperte scende in campo in tutta Italia al fianco di Airc con “Un bicchiere per la ricerca”, grazie alla partnership tra ilMovimento Turismo Vino e l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro. Ad annunciarlo la scorsa settimana a Vinitaly nello stand del Movimento Turismo Vino, il presidente Carlo Pietrasanta, assieme al direttore generale di Airc, Niccolò Contucci, in presenza di Giorgio Barchesi, il “Giorgione” di Gambero Rosso Channel, testimonial di Airc. Sarà “Un bicchiere per la ricerca” il claim scelto per l’edizione numero 24 di Cantine Aperte, che anche per il 2016 apre i battenti con un doppio appuntamento all’insegna della cultura del vino: sabato 28 e domenica 29 maggio, acquistando un calice per le degustazioni nelle cantine Mtv dello Stivale, gli enoappassionati potranno contribuire alla lotta contro i tumori e sostenere così la raccolta fondi a favore della ricerca oncologica. E come da tradizione, non mancheranno le enoiniziative aperte a tutti, che spazieranno dai tasting ai banchi d’assaggio, dai trekking tra i filari alle visite guidate in cantina, dai pranzi alle cene con il vignaiolo, fino alle proposte all’insegna della musica e dell’arte.
“Abbiamo voluto fortemente questa nuova collaborazione con Airc – ha evidenziato Carlo Pietrasanta – perché siamo convinti che il vino, grazie al suo potenziale attrattivo, possa dare un contributo importante anche sul piano sociale. Cantine Aperte, che da oltre vent’anni richiama migliaia di enoappassionati da tutta Italia, sarà una buona occasione per sostenere la ricerca sul cancro e per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo tema”. Per Niccolò Contucci “ogni giorno grazie agli oltre 4 milioni e mezzo di sostenitori che hanno scelto di essere al nostro fianco possiamo garantire a circa 5 mila ricercatori di proseguire senza sosta nel loro lavoro, per rendere il cancro sempre più curabile”. “Insieme ai nostri tradizionali appuntamenti di piazza – ha proseguito il direttore generale Airc – per noi sono fondamentali anche le tante iniziative che si svolgono sul territorio e che ci consentono di promuovere la nostra missione presso un pubblico sempre più ampio. Per questo siamo grati al Movimento Turismo del Vino per la collaborazione che ci hanno offerto nell’ambito della manifestazione Cantine aperte”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Più che una recensione, stavolta, ecco uno spunto di riflessione. Chi ci segue lo sa, la nostra mission è cercare di consigliare i nostri lettori allo scopo di bere bene al supermercato. Canale nel quale crediamo e che ci ha dato grosse soddisfazioni. Nella continua ricerca del prodotto da recensire, o della novità, qualche tempo fa ci siamo imbattuti in una bottiglia di vino, ultimo pezzo, messa in vendita nella corsia destinata alla merce in promozione. Siamo in un punto vendita della catena Penny Market. “Bollone” giallo a evidenziare il prezzo a penna: appena 1,99 euro, per un vino che prometteva d’essere ”elegantemente francese”. Cuvèe de la Motte du Bois, imbottigliato da Vins Duvernay distributore dell’Alta Savoia Francese. Dire che non ci aspettavamo grosse emozioni da quella bottiglia sarebbe banale. Ma spesso, approcciarsi alla degustazione senza nessun pre concetto – soprattutto quello del prezzo – e con il consueto spirito critico, ci aiuta a risultare sempre obiettivi. Ecco dunque l’esito della degustazione. Un vino che nel calice si è mostrato giovanissimo, violaceo, pur non essendo un novello né aveva tutte le caratteristiche in termini di colori e profumi, presentandosi anche invitante da un certo punto di vista. Al gusto però, dire deludente è poco, la sensazione di bere un sorso di alcol purissimo, disinfettante. Anche lasciato ossigenare nulla, ancora alcol purissimo. Di quelli che hai paura anche ad usare in cucina col timore che prenda fuoco tutto.
CUI PRODEST? Trattandosi di un vino francese davvero poche indicazioni in etichetta. Contattiamo il produttore, un grandissimo distributore francese che non risponde a nessuno dei nostri appelli. Contattiamo la catena, molto seria da questo punto di vista che ci risponde prontamente dispiaciuta di non poterci inviare la scheda in quanto il prodotto non è più in assortimento, ma che si trattava di un blend di vini francesi. ”E menomale”, abbiamo risposto alla direzione acquisti, perché quando ci si trova di fronte a un prodotto del genere la domanda ”ironica” nasce spontanea, alla Gigi Marzullo. Ma con tutti i vini ”deludenti” che si producono anche in Italia, dobbiamo pure andare a prenderli in Francia? Perché, a parte la diatriba renziana sui vini italiani migliori di quelli francesi, è sicuramente vero che anche in Francia ci sono prodotti eccellenti. Ma anche prodotti scarsi. I vignaioli francesi hanno recentemente protestato contro la Spagna, sequestrando cisterne e sversandone i contenuti in strada. La nostra protesta è stata ”domestica”: con il vino Cuvèè de la Motte de Bois sversato nel lavandino. Con buona pace del vino, elegantemente francese.
Prezzo piene: 1,99 euro Acquistato presso: Penny Market
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Divisi da un oceano, da culture differenti e da un diverso approccio al vino. Sono i Millennials cinesi e americani, la “Generazione Y” più osservata dal mondo del marketing sotto la lente di una nuova survey comparativa, realizzata in occasione di Vinitaly dall’Osservatorio Paesi Terzi Business Strategies in collaborazione con Nomisma-Wine Monitor, che ha indagato stili e modalità di consumo del vino dai giovani nei due Paesi. Tante le differenze ma ancor di più i punti in comune, a partire dalla curiosità verso un prodotto ormai sempre più globale. L’indagine riguarda un campione di 2.300 Millennials in Usa e 1.200 Millennials in Cina.
L’età di riferimento varia a seconda della legal drinking age: 18 anni in Cina e 21 anni negli Usa. Si parte dai consumi, che rappresentano la differenza principale: solo il 12% dei Millennials cinesi ha bevuto vino negli ultimi 12 mesi, contro il 62% dei coetanei americani.
Sul fronte delle preferenze il vino italiano si posiziona ai primi posti, sono il 22% infatti i giovani consumatori cinesi che ritengono che il vino italiano abbia qualità superiore a quello francese, e sale al 35% la percentuale dei sostenitori del vino italiano tra i 21 e 35 anni negli Stati Uniti.
Solo il 10% in Cina e il 4% negli Usa pensa che il vino italiano sia mediamente di qualità inferiore a quello francese. Per il 32% dei Millennials cinesi è il vino il prodotto bandiera del made in Italy, scelto dal 32% degli intervistati e seguito da moda (28%), arredamento e design (12%) e prodotti alimentari (9%). Eleganza (29%), qualità (24%) e tradizione (16%) sono le prime associazioni di idee che il vino suscita.
Una brand reputation che fa ben sperare per il futuro ma a cui non corrisponde un adeguato valore delle vendite del nostro vino nel Paese del Dragone. Degli oltre 1,8mld di vino importato dalla Cina quello made in Italy rappresenta solo una piccola fetta (4,9%), con un valore di poco superiore ai 90mln di euro.
Per Silvana Ballotta, ceo di Business Strategies: “L’indagine dimostra come sia differente l’approccio al vino tra i giovani americani e quelli cinesi, ma più sul fronte dei volumi consumati che sugli atteggiamenti e sulle leve di acquisto del prodotto. In questi casi anche i Millennials cinesi che bevono vino sembrano avere le idee chiare e dimostrano di poter spendere più dei loro pari età americani.
Un dettaglio da non trascurare, visto che, secondo il nostro Osservatorio Paesi terzi il prezzo medio del nostro vino in Cina continua a essere troppo basso (3,1 euro al litro), contro quello francese, che vale circa il 50% in più del nostro prodotto ed ha segnato una crescita del 23% nell’ultimo anno”.
I PAESI DI ORIGINE DEL VINO
Nella classifica cinese per provenienza dei vini, l’Italia si classifica al secondo posto con il 14% delle preferenze, staccata dalla Francia che raccoglie invece il consenso del 30% del campione. Il 37% delle preferenze dei giovani americani valgono invece ai vini italiani il primo posto (37%), subito dopo quelli californiani (49%) e un passo avanti a quelli francesi (32%).
Sul fronte regionale, entrano nella top15 cinese anche Sicilia e Piemonte, rispettivamente al 12° e 13° posto nel Paese del Dragone e al 12° e 15° posto negli Usa, dove la Toscana è la prima regione estera di provenienza, scelta dal 15%.
Nella scelta del vino i più inediti giovani consumatori cinesi non si fanno influenzare dal prezzo e dalle promozioni: solo il 6% ha dichiarato di scegliere il vino in base alle promozioni o a considerazioni di portafoglio, in netta controtendenza rispetto agli orientamenti dei Millennials americani che indicano il prezzo e le promozioni come il primo criterio di scelta (22%).
I Millennials che bevono vino in Cina sono infatti mediamente più ricchi rispetto ai coetanei americani, e con potere di acquisto superiore alla media. Circa 1 su 3 dei wine consumers nel Paese del Dragone appartiene alle due fasce di reddito più elevate, mentre questo è vero solo per il 15% degli americani.
In entrambi i Paesi si dà molta rilevanza all’importanza del brand dell’azienda produttrice, che rappresenta il primo criterio di scelta per i cinesi (indicato dal 22%) e il terzo per gli americani (16%). Si allineano anche sull’importanza del consiglio di amici/negozianti, che è ritenuto rilevante dal 16% dei cinesi e dal 17% degli americani (rispettivamente al terzo e secondo posto).
Mentre il Paese di origine del vino è molto importante per i Millennials cinesi (sono il 17% quelli che lo utilizzano come criterio di scelta), è solo al 5 posto nella lista delle considerazioni dei giovani americani (6%). Scende il livello di attenzione in entrambi i Paesi rispetto ad indicazioni più specifiche sull’origine geografica del prodotto (come la regione di provenienza e il vitigno) e alla pubblicità, sia in tv, riviste ma anche su internet e i social network.
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(3 / 5) Un po’ di confusione in ”etichetta” per questo Morellino di Scansano, che frontalmente si dichiara Doc e sul retro Docg.
Ma il Morellino di Scansano è stato riconosciuto come Docg a partire dalla vendemmia 2007, quindi è corretta la dicitura posteriore ed è probabilmente un refuso di magazzino l’etichetta anteriore.
Problemi di “forma” a parte, andiamo a valutare la sostanza del Morellino di Scansano Docg Riserva 2010 imbottigliato per San Pancrazio Masti da ICQ-GR 3127. L’acronimo ICQ sta ad indicare ”Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari” e dal punto di vista del consumatore rappresenta l’ultimo anello della catena, quello che ha la responsabilità legale del prodotto. Si tratta di una versione Riserva il che prevede, da disciplinare un invecchiamento non inferiore a due anni, di cui almeno uno in botti di legno. Un vino sugli scaffali da un po’ di tempo, ma si tratta di un prodotto che ha una longevità di 10-12 anni.
LA DEGUSTAZIONE Nel calice, il Morellino di Scansano Docg Riserva 2010 Mezzalama si presenta di un rosso rubino brillante con un unghia leggermente tendente al granato. Un profumo intenso, che ha bisogno di un po’ di tempo per ”rilassarsi”.
L’alcolicità è davvero prevalente e solo dopo una buona ossigenazione si apre su sentori di marasca e di ciliegia tipici del sangiovese che si impreziosiscono di speziature e note balsamiche.
All’assaggio rivela un buon corpo, caldo e secco. Una acidità fresca naturale bilanciata da un trama tannica rotonda. Equilibrato ed elegante chiude con una discreta persistenza anche se la gradazione di 13,5% frena il sorso. Non sappiamo quale sia il significato del nome Mezzalama, noi ironicamente lo abbiamo interpretato come una lama che ”taglia un po’ le gambe”, se si eccede nella bevuta. Servito a 16-18 gradi il Morellino di Scansano Docg Riserva 2010 Mezzalama si abbina a tutto pasto, a piatti di carne, arrosti e formaggi stagionati.
LA VINIFICAZIONE Prodotto con uve Sangiovese in purezza allevate nel comune di Scansano. Le vigne si trovano a 200-250 mt s.l.m, sono esposte a sud est ed hanno un’età media di vent’anni. La vendemmia viene effettuata la prima decade d’ottobre. La vinificazione avviene in acciaio, in vasche da 100hl con una macerazione sulle bucce di 18-20gg a temperatura controllata di 30 gradi. Il vino viene affinato in barrique per 16 mesi, ai quali seguono ulteriori 6 mesi di affinamento riduttivo in bottiglia. L’azienda Agricola Fattoria di San Pancrazio si trova sulle colline Chiantigiane nel Comune di San Casciano in Val di Pesa. La proprietà è appartenuta alla facoltosa e splendida famiglia fiorentina dei Gianfigliazzi fino alla loro estinzione. Rilevata nel 1978 dalla famiglia Nannoni – Masti, inizialmente come investimento immobiliare, si trasforma nel 2000, quando Valentina Masti Priami, unica erede di famiglia, con l’aiuto del marito Simone Priami decide di trasferirsi a vivere a San Pancrazio e di occuparsi personalmente della fattoria. Insieme hanno dato vita ad un importante progetto di rivalutazione scegliendo di diventare vignaioli e di abbandonare le loro professioni. Oggi l’azienda vanta circa 23 ettari di vigneto produttivo Chianti e ulteriori 3 ettari in locazione sempre dediti al Chianti, un vino che li rappresenta dal 2006.
Prezzo pieno: 6,99 euro
Acquistato presso: Simply Market
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Hiso Telaray, Libera Terra Puglia è il nome della cantina gestita dalla cooperativa sociale Terre di Puglia. Libera Terra opera sui terreni confiscati alla criminalità organizzata pugliese con l’obiettivo di creare opportunità occupazionali ispirandosi ai principi della solidarietà e legalità e aderisce a Libera, associazione contro le mafie. 35 ettari di vecchi filari di Negroamaro e Primitivo allevati con metodo biologico, sono la materia prima con cui vinificano i loro prodotti. Un’azienda nata nel 2009 che ha scelto di chiamarsi come il ragazzo albanese, ucciso nel 1999 dai caporali a Cerignola per essersi ribellato e che oggi vanta una serie di etichette tutte dedicate a vittime della mafia come Renata Fonte Negroamaro Salento Rosso Igt dedicata all’assessore di Nardò uccisa dalla mafia, Antò Primitivo Puglia Rosso Igt, intitolato a Antonio Montinaro, caposcorta di Falcone. La cantina è stata presente al Vinitaly, nel padiglione della Puglia con un proprio stand per presentare le nuove annate dei suoi vini. Vini che hanno già ricevuto premiazioni e che sono distribuiti in vari paesi, Stati Uniti, Inghilterra, Germania, Cina e Giappone, Un successo nato dalla passione di una ventina di lavoratori e da una terra generosa come la Puglia che sta vivendo un vero e proprio rinascimento del vino, anche grazie a realtà come Hiso Telaray che, al di là della testimonianza di riscatto, si distingue per la qualità dei prodotti che si sono aggiudicati anche una nicchia di mercato cinese, che fa tanto gola, con delle prime esportazioni su Ningbo.
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E’ il prodotto di un vitigno autoctono oggi presente soprattutto nella zona delle Marche, in provincia di Ancona. Un nome particolare, Lacrima, perché, a maturazione, spesso la buccia si rompe lasciando fuoriuscire gocce di succo simili ad una lacrima. Non fatevi ingannare dal nome al cui interno c’è la parola Alba, perchè non siamo in Piemonte, a Cuneo, ma proprio nelle Marche, con un vino che si preannuncia particolare già dal nome. Lacrima di Morro d’Alba Superiore Doc Arciere, vendemmia 2013, finito oggi nel nostro calice. Di colore rosso rubino carico, tendente al violaceo e poco trasparente sul bicchiere rilascia tanti archetti stretti che colano densi. Dal punto di vista dell’olfatto è molto profumato. Inizialmente è l’alcolicità a prevalere, sono 13% i gradi di questa versione superiore. Le note vinose poi, lasciano spazio a piccoli frutti a bacca rossa, che si arricchiscono di un mazzolino di rose e di violette. Lo spettro olfattivo viene completato anche da una leggera speziatura e da note balsamiche. Di corpo medio, è un vino caldo e fermo che si fa apprezzare per il gusto rotondo e fruttato, ma soprattutto per il retrogusto quasi ”liquoroso”.Chiude infatti su note di ginepro in un finale elegante e persistente. Non è il classico vino ”piacione’ alla toscana, ma ha un sapore asciutto e gradevole e per la sua particolare aromaticità viene considerato anche un vino da meditazione. Oppure, a tavola, la Lacrima di Morro d’Alba Superiore Doc Arciere è un vino che si abbina a primi piatti saporiti, pietanze tartufate o a base di carne rossa. Si accosta molto bene al filetto di manzo accompagnato con crema di funghi e condito con olio al tartufo, ma anche a prodotti tipici della cucina marchigiana come il salame lardellato di Fabriano o il ciauscolo. Va servito a 18-20 gradi.
LA VINIFICAZIONE
Sappiamo dal sito internet della Cantina Marconi che il Lacrima di Morro d’Alba Superiore è prodotto con uve Lacrima 100% da vigneti che si trovano nella zona di produzione di S.Marcello in provincia di Ancona vendemmiate al massimo della maturazione zuccherina per dare colore e aromaticità al prodotto. La resa è di 1,5 kg per pianta. La Denominazione di origine controllata del vino Lacrima di Morro d’Alba, per essere tale, deve essere composta dal vitigno Lacrima per almeno l’85% con l’aggiunta di Montepulciano e/o Verdicchio nella misura del 15% massimo. Della Lacrima di Morro d’Alba esiste anche una particolare versione passita. Non abbiamo ulteriori informazioni riguardo la vinificazione, le nostre richieste sono state disattese, anche se ci sarebbe piaciuto scoprire qualcosa di più sul nome di fantasia Arciere e sulla particolare etichetta ”vini d’arte”. La Cantina Marconi si trova a S. Marcello in provincia di Ancona, ha un’estensione di 42 ettari nelle colline marchigiane vocate alla coltivazione del Verdicchio e della Lacrima. Da tre generazioni produce vino con la filosofia di fare bene per il piacere di tutti come se si facesse per se stessi cercando di portare nella bottiglia la massima espressione del territorio. Per il loro Verdicchio di Jesi hanno ricevuto una serie di riconoscimenti e menzioni.
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Nell’anno della sua cinquantesima edizione, Vinitaly celebra questo importante traguardo intitolando al suo ideatore, Angelo Betti, il Premio ”Benemeriti della Vitivinicoltura Italiana”. Già Premio Cangrande, il riconoscimento, anch’esso ideato da Betti, viene assegnato fin dal 1973 ai grandi interpreti del mondo enologico italiano. Nella seconda metà degli anni ’60, quando prese vita l’idea di realizzare una fiera esclusivamente dedicata al vino, Angelo Betti era capo ufficio stampa e responsabile nuovi progetti di Veronafiere, successivamente ne divenne anche segretario generale. ”Quella di Angelo Betti fu una vera e propria intuizione che anticipava i tempi – dichiara Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere –. Non tutti in quel momento storico capirono l’importanza del progetto e del nome scelto, ma Betti fu perseverante nella sua visione, tanto che Vinitaly diventò subito un punto di riferimento internazionale, che si è consolidato nel corso di cinquanta edizioni”.Il Premio ”Benemeriti della Vitivinicoltura” è un prestigioso riconoscimento che viene assegnato seguendo le indicazioni degli Assessorati regionali all’agricoltura; a loro il compito di segnalare coloro che, con la propria attività professionale o imprenditoriale, abbiano contribuito e sostenuto il progresso qualitativo della produzione viticola ed enologica della propria regione e del proprio Paese. Consegnato tradizionalmente durante l’inaugurazione di Vinitaly, nel 1990 venne assegnato per la Regione Veneto anche allo stesso Angelo Betti.
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Prodotto in prevalenza con uve Sangiovese, il Brusco dei Barbi Toscana Igt è un vino prodotto dalla Fattoria dei Barbi di Montalcino, Siena. Frutto di lunghi studi effettuati negli anni ’60 e ’70 da Giovanni Colombini sulla fermentazione delle uve di Montalcino, si prefigge l’obiettivo di “mettere in evidenza con grande semplicità e schiettezza, le tipiche note fruttate di questo vitigno”. Una missione più che compiuta, che si conferma anche a distanza di anni di evoluzione in bottiglia. Sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it finisce infatti la vendemmia 2013, che a tre anni di distanza si rivela ancora capace di dare centralità al frutto, incastonato – per quanto riguarda la parte olfattiva – in una speziatura sostenuta, eppure mai invasiva. Nel calice, il vino comincia a tendere al granato, pur mostrandosi sostanzialmente del colore originario: il rubino intenso. Scorre poco denso e trasparente, emanando un bouquet fine, assieme fruttato, floreale e vegetale. Ai frutti rossi (lampone, fragoline di bosco) si accostano note delicate di viola. Con l’ossigenazione, il Brusco dei Barbi mostra le unghie con il carattere delle note vegetali (rosmarino e salvia), sostenute da spezie come lo zafferano e dalla percezione di tostatura e cuoio. Un quadro che sembrerebbe anticipare un palato robusto: tutt’altro. In bocca, il Brusco della Fattoria dei Barbi sembra aver già esaurito tutte le sue cartucce, a tre anni dalla vendemmia. Eppure, il contrasto tra un olfatto dirompente e un gusto soffuso e snello, è forse ciò che di meglio ha da offrire questo vino toscano. Grande facilità e piacevolezza nella beva, dunque, nonostante il Brusco si mostri ancora di alcolicità calda. Il segreto? La freschezza e il finale che tende al sapido, invitando al sorso successivo. Un vino curioso e tutt’altro che banale, insomma, inserito nella corretta fascia prezzo nei supermercati italiani. Il Brusco dei Barbi Toscana Igt è abbinabile a tutto pasto. Servito a una temperatura di 18 gradi, si accompagna bene a carni bianche, affettati, sughi speziati, formaggi non troppo stagionati e pizza tradizionale.
LA VINIFICAZIONE
Le uve pigio-diraspate subiscono un abbattimento di temperatura fino a 16 gradi. Questo processo di raffreddamento della buccia dell’uva permette di ottenere una maggiore estrazione del contenuto in antociani e polifenoli. La fermentazione alcolica si protrae per 10-12 giorni a temperatura controllata, tra i 17 e i 18 gradi. Il vino permane in vasche d’acciaio fino all’imbottigliamento, che precede la commercializzazione. L’apertura al pubblico della Cantina dei Barbi, negli anni ’50’ è uno degli atti di nascita del turismo del vino, in Toscana e non solo. Dopo la morte di Giovanni Colombini nel 1976, la fattoria dei Barbi è stata guidata dalla figlia Francesca e poi dal nipote Stefano, che a loro volta hanno sviluppato ed esteso le proprietà di famiglia a Montalcino, dando così seguito ad una grande tradizione che risale all’Ottocento.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Debutta ad Orvieto la prima manifestazione incentrata sul vino. Organizzata per il weekend del 16/17 Aprile, al Palazzo del Gusto di Orvieto, l’iniziativa è stata promossa da Ciesse Distribuzione Vini e patrocinata dall’amministrazione comunale, dall’associazione La castellana, di Orvieto dalla Provincia di Terni, Confartigianato e Fisar Orvieto. Due giornate intense in cui, dalle 12 fino alle 24, sarà possibile degustare oltre 700 etichette di grandi vini italiani, locali e nazionali abbinati a prodotti tipici del territorio. ”Wine show
vuole rappresentare una nuova porta d’accesso alla città. È un progetto di grande respiro per il quale, infatti, abbiamo coinvolto tanti soggetti del territorio. La lanciamo come una vera e propria start up che speriamo possa svilupparsi e diventare un appuntamento fisso per l’orvietano” ha dichiarato durante la conferenza stampa Alberto Crispo, organizzatore dell’evento e rappresentante di Ciesse Distribuzione Vini. In programma, per la giornata di domenica, anche un interessante incontro ad accesso libero a tema ”L’Umbria e i suoi vini, diamogli un futuro”. Interverrano, Fernanda Cecchini, assessore regionale umbro all’agricoltura, il giornalista rai orvietano di Uno Mattina Guido Barlozzetti, gli enologi Riccardo Cotarella e Maurilio Chioccia ed il sindaco Giuseppe Germani. ”Questa manifestazione va nella direzione della strategia che l’amministrazione comunale ha pensato per il Palazzo del gusto che deve diventare il ”palazzo del vino” tutto l’anno. Questo è uno dei cinque progetti a cui stiamo lavorando nell’ambito dello sviluppo dell’area interna perché quello enologico e vitivinicolo è uno dei settori che fa Pil e dà lavoro, oltre che esser un grande amplificatore del nome di Orvieto in Italia e nel mondo” ha commentato il primo cittadino. L’offerta culturale di Wine show sarà anche arricchita da una mostra di pittura del maestro Umberto Verdirosi che esporrà 100 opere, olio su tela, raccolte in ”L’arte intesa come messaggio”.
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Medaglia di bronzo al Centro Istruzione e Formazione della Fondazione Edmund Mach nell’ambito dell’11esima edizione della ”European Wine Championship”, la rassegna dedicata alla vite e al vino che per tutta la settimana scorsa ha visto sfidarsi, in Svizzera, 72 studenti provenienti da 12 nazioni.
Ada Fellin, studentessa del corso per enotecnici del Centro Istruzione e Formazione si è classificata al terzo posto nella classifica generale. La competizione si è svolta negli istituti agrari di Morges e Changins, e ha coinvolto le seguenti nazioni: Italia, Austria, Belgio, Francia, Germania, Inghilterra, Ungheria, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svizzera.
In totale hanno partecipato 36 scuole enologiche, ognuna delle quali con due studenti dell’età compresa tra i 17 e i 25 anni. L’Italia era rappresentata da cinque scuole: Ascoli Piceno, Conegliano, Laimburg, Ora e San Michele all’Adige; quest’ultima con i due studenti Ada Fellin e Lorenzo Dallagiacoma, accompagnati dal docente Luca Russo.
I giovani si sono sfidati, in lingua inglese, sulle conoscenze tecniche, dall’enologia alla viticoltura, dalla potatura alle malattie della vite, dalla microbiologia alla degustazione. In particolare, Lorenzo Dallagiacoma si è aggiudicato il quarto posto nelle prove generali di degustazione di vini internazionali e Ada Fellin il terzo posto nelle prove di viticoltura.
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Doppio primato questo vino: primo Ruchè di Castagnole Monferrato Docg che recensiamo e primo prodotto dell’azienda Bersano di Nizza Monferrato (At). La vendemmia finita sotto la nostra lente di ingrandimento è la 2014. Un vino distribuito soprattutto in Nord Italia (Piemonte, Valle D’Aosta, Lombardia, Liguria, Veneto, ma anche in qualche supermercato di Toscana, Lazio ed Emilia). Il Ruchè di Castagnole Monferrato Docg, prodotto da Bersano di Nizza Monferrato nel calice si presenta di colore rosso rubino scuro, limpido poco trasparente e di fluidità densa. Dal punto di vista olfattivo è intenso, attacca molto vinoso e con il classico sentore di ciliegia sotto spirito, ma quando l’alcolicità si mitiga si percepiscono, oltre ai frutti rossi, violette e speziature intriganti. Un vino non particolarmente strutturato, anzi di medio corpo, caldo, rotondo e vellutato, giustamente tannico con gli aromi ben armonizzati al palato. Un perfetto equilibrio completato da un gradevole retrogusto amarognolo molto persistente. Interessante prodotto, con un ottimo rapporto qualità prezzo. Si presta ad essere servito come aperitivo, in abbinamento a antipasti, carni bianche e alla tipica bagnacauda piemontese, ma anche a tutto pasto.
LA VINIFICAZIONE
Prodotto con uve Ruchè coltivate su terreni argillosi con presenza di limo. Le vendemmia viene effettuata a metà ottobre, la vinificazione è fatta in acciaio con affinamento di due mesi in bottiglia. Il vitigno Ruchè è un vitigno autoctono raro che viene coltivato in una piccola area in provincia di Asti. La leggenda narra che sia arrivato dalla Borgogna portato dai monaci. Grazie alla sua tipica nota aromatica è un vino che viene considerato da sempre adatto ad occasioni particolari. Sino a pochi anni fa era conosciuto solo a livello locale, ma negli ultimi anni sta riscuotendo successo grazie alla sua grande piacevolezza e ai profumi caratteristici. Un vitigno considerato anche difficile da coltivare e capriccioso i cui vini hanno ottenuto la doc nel 1987 e la Docg solo nel 2010. La storia di Bersano inzia ai primi del 900 a Nizza Monferrato. Nel 1935 Arturo Bersano, passa alla guida della cantina fino ad allora a conduzione familiare, uomo di grande cultura e pioniere di una viticultura di qualità che diventa tratto distintivo della casa con il motto ”se vuoi bere bene comprati un vigneto”. Seguendo il suo esempio, le famiglie Massimelli e Soave, da quasi trent’anni titolari dell’azienda, hanno consolidato una imponente realtà di cascine dove, senza dimenticare la forza delle tradizioni, si producono uve di qualità facendo di Bersano una delle più importanti realtà vitivinicole del Piemonte. 230 ettari di vigneti nei migliori crus di Langhe e Monferrato, tra cui tra le ultime acquisizioni di Ruchè e Grignolino nella Cascina S.Pietro.
Prezzo pieno: 6,65 euro
Acquistato presso: U2/Unes
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Diffusi i dati di un’indagine Mediobanca fatta su 136 principali società di capitali italiane operanti nel settore vinicolo che nel 2014 hanno fatturato più di 25 milioni di euro e i cui bilanci sono stati aggregati per il periodo 2010-2014. Si tratta di 42 cooperative (incluse sette S.p.A. e s.r.l. controllate da una o più cooperative), 87 S.p.A. e s.r.l. a controllo italiano e sette società a controllo estero che hanno segnato nel 2014 un fatturato pari a 6,2 miliardi di euro e un tasso di rappresentatività del 59,4% in termini di produzione (circa 10,5 miliardi di euro nel 2014) e del 61,6% in termini di export (5,1 miliardi di euro). Dall’indagine emerge un aumento di fatturato del settore vinicolo 2015 su 2014 del 4,8%, anche grazie alla crescita delle vendite estere +6,5%, ma anche al buon contributo di quelle interne +3,1%. Un risultato, quello del comparto, decisamente migliore di quelli negativi dell’intera manifattura (-2,6%) e dell’industria alimentare (-0,8%). Anche se il 2015 si prospetta uno degli anni a crescita più modesta dal 2010, esso consente alle vendite del settore di superare del 31,6% i livelli del 2010, all’export del 46,6% e al fatturato domestico del 18,7%, lungo un trend di crescita ininterrotta anche se discontinua. Il maggiore sviluppo è stato realizzato dagli spumanti +10%, mentre i vini non spumanti si fermano a +3,7%. Per i mercati esteri nel 2015 l’area più dinamica è il Sud America (+18,3% le vendite sul 2014), pur rappresentando una minima quota del fatturato estero (1,5%). Vivace anche la crescita del Nord America (+13,3%), dove si realizza ben il 34% dell’export. Il dato complessivo del +6,5 % delle esportazioni italiane di vino deriva da queste due regioni, poiché i Paesi UE sono cresciuti solo 3,7% e il resto del mondo (Africa, Medio Oriente e Paesi Europei non UE) del 3,2% e c’è stata una flessione del 10% sull’area asiatica. Per quanto riguarda le aziende, nel 2015, Cantine Riunite-GIV si conferma prima per fatturato (547 milioni, +2,7% sul 2014), seguita da Caviro in flessione del 4,4% a 300 milioni e da Antinori, primo gruppo non cooperativo che guadagna l’8,7% con 202 milioni di fatturato. In forte crescita Zonin (+14,3%) che con 183 milioni si porta dalla settima alla quarta posizione. Mezzacorona con 175 milioni (+2,1%) si conferma in quinta posizione. La divisione vini della Campari è sesta con 171 milioni, ma paga la crisi russa e perde il 18,2% di fatturato. Seguono nell’ordine: 7° posizione, cooperativa Cavit a 167 milioni (+1,9%); 8° posizione, Fratelli Martini a 162 milioni (+1,2%); 9° posizione, Botter a 154 milioni (+12,5%); 10° posizione, IWB a 145 milioni (+4%). Ma il record di crescita nel 2015 spetta alla cooperativa La Marca che passa da 60 a 76 milioni (+25,1%), scalando dalla 25esima alla 22esima posizione, seguita dalla Ruffino che sale del 17% da 81 a 94 milioni, portandosi dalla 21esima alla 18esima posizione. La più rilevante presenza sui mercati esteri è della Botter che vi realizza il 94,5% del proprio fatturato, seguita dalla Ruffino (93,1%), dalla Fratelli Martini (88,8%) e dalla Masi Agricola (88,4%); altre 15 società realizzano all’estero oltre il 50% delle vendite. Quanto alle prospettive per il 2016, tra le aziende coinvolte c’è molta positività, ma improntata a grande prudenza. Circa la metà ritiene di non andare oltre il 5% di crescita dei ricavi nel 2016. Le attese per l’export ricalcano la stessa tendenza, ma hanno un’intonazione un po’ migliore: il 94,5% degli intervistati prevede un fatturato in crescita o al più stabile nel 2016 (era l’89,5% nel 2015). ma solo 1 su 4 ha attese di crescita superiori al 10%. Solo il 5% degli intervistati invece teme in una riduzione dei volumi . I più frizzanti sulle previsioni sono, manco a dirlo, i produttori degli spumanti di cui un 15% si aspetta nel 2016 di aumentare il fatturato totale di oltre il 10%, percentuale che sale al 35% guardando i mercati esteri.
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Aspra protesta di un gruppo di produttori di vino della zona Languedoc-Roussillon nel Sud della Francia, appartenenti al cartello CRAV (Comité Régional d’Action Viticole), che da anni si batte per proteggere la produzione vinicola interna. Dopo aver dirottato cinque autocisterne di vino spagnolo, al confine tra i due stati, hanno ricoperto le autocisterne di scritte ”vin non conforme” e quindi sversato l’equivalente di 90.000 bottiglie di vino rosso e bianco in strada. La protesta è indirizzata sia verso il governo francese accusato di non favorire l’economia locale agevolando l’ingresso di vini spagnoli che hanno meno oneri burocratici da rispettare sia verso i produttori spagnoli che commercializzano vini prodotti in Spagna con la menzione Made in France. La Francia è il maggior acquirente di vino spagnolo: le importazioni di vino dalla vicina Spagna sono facilitate anche da una forbice di prezzo notevole visto che un litro di vino spagnolo costa solo 1,15 euro contro i 4,80 euro di quello francese.(foto le telegraph)
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Negli ultimi 50 anni, i vigneti dai quali arriva il Brunello di Montalcino, uno dei vini più conosciuti ed apprezzati al mondo hanno avuto un incremento di valore commerciale pari al +2474%. Una gallina che si è rivelata davvero dalle uova d’oro, per i proprietari dei vigneti, che hanno visto volare le quotazioni dei loro ettari vitati come in nessun’altra zona d’Italia. Per quanto riguarda gli altri vini noti, si parla di incrementi di valore del + 1.357% per Amarone, +257% per Barbaresco, +206 % per Barolo e solo un misero incremento, a confronto, del 129% per il Chianti Classico. I dati sono stati diffusi da winenews, sito di riferimento di settore a seguito di una ricerca fatta in occasione del Vinitaly 2016. Secondo la ricerca, nel 1966 un ettaro di terreno vitato e/o vitabile (fabbricati annessi) di Brunello di Montalcino valeva 1,8 milioni di vecchie lire, pari a 15.537,15 euro attuali (cifra ottenuta con il calcolo dei coefficienti Istat per l’attualizzazione dei valori), oggi vale ben 400.000 euro. Una zona che negli anni settanta era considerata depressa e che necessitava di aiuti statali a sostegno dell’economia. Dalla ricerca, al di là dei numeri puri emerge chiaramente che alcune denominazioni hanno saputo valorizzare il loro patrimonio meglio di altre. Valorizzazione andata di pari passo con il territorio, che ha portato il numero di bottiglie dalle 200 mila di Brunello e 120 mila di Rosso di Montalcino degli anni settanta alle 8.400.000 di Brunello, 4.500.000 di Rosso, 260.000 di Sant’Antimo e 33.000 di Moscadel secondo i dati del 2014.
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