Anfora, bottiglia simbolo del Verdicchio, disegnata nel 1953 dall’architetto Antonio Maiocchi ed entrata a pieno titolo nelle tipologie di bottiglie utilizzate per questo vino. Denominazione, il Verdicchio, molto apprezzata e diffusa sulle tavole degli italiani, presente sia come Doc, che come Docg nella versione Superiore. Ecco quindi, sotto la nostra lente di ingrandimento oggi il Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico, vendemmia 2014, prodotto da Colonnara a Cupramontana (An). Azienda, Colonnara, della quale abbiamo molto apprezzato il Marche Rosso Igt Tornamagno 2010 disponibile nel canale horeca, ma un po’ meno questo Verdicchio che risulta certamente bevibile, gradevole, con un adeguato rapporto qualità prezzo, ma non degno di nota. Nel calice cristallino e poco denso, ma di un colore giallo paglierino tendente al dorato che fa immaginare un vino di una certa complessità poi disattesa. Al naso, il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico, prodotto da Colonnara è delicatamente profumato e fruttato. In bocca risulta complessivamente rotondo. Abbastanza caldo, secco, fresco e sapido, caratteristica per la quale si distingue in primis. Sufficientemente elegante e persistente, manca però di un po’ di sprint. Un vino da consumare giovane, adatto alla tavola di tutti i giorni anche perché di soli 12,5% di alcol in volume. Si abbina ad antipasti di pesce, crostacei bolliti, primi piatti con sugo bianco di pesce o di crostacei o di vegetali, pesci bolliti delicatamente salsati, pesci cotti in padella con olio di oliva, rosmarino e stesso vino, carni bianche con cotture delicate, prosciutto crudo di tipo dolce, formaggi pecorini giovani. Da servire a 10-12 gradi.
LA VINIFICAZIONE Il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico prodotto da Colonnara è un vino bianco fermo prodotto dal 1964. I vigneti dai quali provengono le uve destinate alla vinificazione si trovano in una zona collinare a 350/550 metri s.l.m, nei comuni di Cupramontana, Monteroberto, Maiolati, Castelbellino, Staffolo e Apiro. I terreni sono di origine marina, di medio impasto, con punte elevate di argilla e sabbia. Le vigne sono allevate secondo il sistema doppio capovolto Sylvoze Guyot. La raccolta delle uve e manuale e la vinificazione è tradizionale in bianco con pressatura soffice, pulizia del mosto e vinificazione in acciaio a temperatura controllata. Colonnara è stata fondata nel 1959, costituita da 110 soci per un totale di 120 ettari produce una vasta gamma di vini bianchi e rossi tipici delle Marche tra cui Verdicchio, Passerina, Pecorino, Bianchello del Metauro ovvero rossi come Montepulciano, Lacrima di Morro d’Alba o Rosso del Conero.
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Parte oggi con due prestigiosi riconoscimenti il Vinitaly del Movimento Turismo del Vino Puglia, che ancora una volta si distingue grazie alle sue cantine socie e ai vignaioli che danno lustro alla Puglia. La cinquantesima edizione del Vinitaly si apre per il MTV Puglia con l’assegnazione a Gianfelice d’Alfonso Del Sordo del Premio Benemerito della Vitivinicoltura, più conosciuto come Premio Cangrande e da quest’anno dedicato al fondatore del Vinitaly Angelo Betti. Gianfelice D’Alfonso del Sordo è consigliere del Movimento Turismo del Vino Puglia per la provincia di Foggia e fondatore della Strada del Vino della Daunia. Dal 1993 conduce con la moglie Celeste l’omonima azienda di famiglia, che vanta una lunga storia nella tradizione vitivinicola sin dall’Ottocento. L’azienda è stata pioniera nel dare impulso al progresso qualitativo e alla modernizzazione della vitivinicoltura di Puglia, completando la filiera con l’imbottigliamento già nel 1957. Così commenta Gianfelice d’Alfonso del Sordo, destinatario del premio: ”è un onore speciale ricevere questo premio, e soprattutto perchè arriva in occasione del cinquantenario del Vinitaly e direttamente dalle mani del Presidente della Repubblica. Il Premio Benemerito della Vitivinicoltura non è solo un riconoscimento per il lavoro costante e pionieristico della nostra azienda in campo viticolo ed enologico, ma anche un riconoscimento che dà lustro a tutto il territorio e ci motiva a continuare a lavorare in sinergia per la nostra crescita”. Prima di lui, numerosi grandi nomi di aziende socie del Movimento sono stati insigniti di questo prestigioso premio, inaugurato nel 1973: nel 2015 Cosimo Varvaglione; nel 2014 Beppe di Maria; nel 2011 Ulrico Priore; nel 2005 e nel 2006 Angelo Maci; nel 2003 Francesco Liantonio; nel 2001 Carlo de Corato; nel 1996 Vittoria Vallone; nel 1992 d’Alfonso Del Sordo Antonio (padre di Gianfelice); nel 1990 Augusto Cantele; nel 1988 Cosimo Taurino; nel 1986 Donato Lazzari (Agricole Vallone); nel 1975 Salvatore Leone de Castris, fino al primo premiato di Puglia della storia di questo riconoscimento, il capostipite delle cantine Rivera Sebastiano de Corato nel 1974. Prestigio anche al femminile per la Puglia, in questa cinquantesima edizione tutta da celebrare con iniziative uniche e memorabili. Così Vinitaly, in collaborazione con l’Associazione Nazionale Le Donne del Vino, ha organizzato una eccezionale degustazione di etichette che, come la fiera, compiono quest’anno cinquant’anni, per raccontare la storia dell’enologia italiana nell’ultimo mezzo secolo. Prestigiosissima la rosa dei dieci premiati, fra cui l’unica a rappresentare il Sud è stata la Rivera con il Rivera Stravecchio, progenitore dell’attuale Il Falcone Castel del Monte Riserva Doc. A ricevere il riconoscimento Marilla Urciuoli, mamma del Presidente del Movimento Turismo del Vino Puglia Sebastiano de Corato:”Sono orgogliosa di essere pugliese e di poter condividere questo riconoscimento con la mia terra e i territori di Castel del Monte” – commenta Marilla Urciuoli. ”Questa etichetta mi è particolarmente cara perchè rappresenta un simbolo della mia famiglia, da mio suocero a mio marito, e oggi ai miei figli, che lo hanno creato e sostenuto negli anni. Sono felice che la nostra etichetta possa rappresentare la storia dei vini di Puglia di qualità che è lunga, onorevole e piena di successi”.La Rivera è l’unica azienda del sud inserita tra i premiati, e rappresenta l’eccellenza pugliese e meridionale accanto a grandissimi nomi della storia del vino italiano: dalla Toscana, Banfi, Fattoria dei Barbi, Tenuta di Capezzana e Castello di Querceto; dalla Lombardia, Fratelli Berlucchi; dal Piemonte, Castello di Gabiano e La Scolca; dal Veneto, Masi; dal’Umbria, Lungarotti. La degustazione è stata condotta da Marco Gatti e Paolo Massobrio e ha visto la partecipazione di giornalisti di tutto il mondo.
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Boom del vino bio in Lombardia. Secondo un’analisi della Coldiretti regionale realizzata in occasione dell’apertura di Vinitaly, le superfici a vigneto per questo tipo di produzione sono aumentate del 150% passando da 870 a oltre 2.200 ettari, dal 2008 a oggi. Si tratta di quasi l’11% dell’intera superficie coltivata a vite in Lombardia che nel 2015 ha superato i 20.500 ettari. ”Il vino – spiega Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti Lombardia – rappresenta non solo una dimensione economica, ma anche culturale dei territori, soprattutto in una regione come la nostra dove quasi il 90% del vino è dedicato a produzioni di alta qualità, per un totale di oltre 150 milioni di bottiglie. Dalla Valtellina a Mantova, dalla Franciacorta alla zona del Lugana nel Bresciano, dall’Oltrepò Pavese alle colline di San Colombano, la Lombardia offre un grande varietà di vigneti e storie”. Come quella di Mimma Vignoli, titolare con la suocera Amedea dell’azienda agricola Corte PagliareVerdieri di Commessaggio. Dal 2000 coltiva 3 ettari di terreno a vigneto (per il 90% l’antica varietà Lambrusco viadanese, la parte restante Ancellotta, Salamino e Sorbara) per la produzione biologica di vino, che vende anche all’estero. Una parte dei 170 ettolitri prodotti, dal 10 al 15%, è destinata, infatti, all’esportazione, soprattutto in Giappone e negli Stati Uniti. ”Proprio nei giorni scorsi – spiega Mimma Vignoli – è partito un carico per New York. Avremmo molte più richieste, ma per ora non intendo aumentare la produzione. I miei clienti stranieri hanno imparato che devono aspettare”. Intanto – spiega la Coldiretti regionale – l’export totale del vino lombardo ha raggiunto i 255 milioni di euro. “La nostra azienda ha puntato sulla qualità come strumento per ottenere risultati sempre più convincenti sia in Italia che all’estero. Il nostro export ha toccato circa il 15% rispetto al totale della vendite e i mercati in cui siamo presenti sono America, Giappone e Nord Europa” spiega Silvano Brescianini dell’azienda biologica Barone Pizzini di Brescia. L’agricoltura italiana – spiega Coldiretti – è diventata la più green d’Europa: il nostro Paese conta 49.070 imprese biologiche, in aumento del 12% rispetto all’anno precedente, con la superficie coltivata superiore al milione di ettari. Le aziende bio italiane – conclude la Coldiretti – sono il 17% di quelle europee, al secondo posto la Spagna (30.462 imprese, 12% dell’Ue) e la Polonia (25.944, 10% di quelle europee). Il 62% degli italiani – conclude Coldiretti – è disposto a pagare di più un alimento bio, il 65% per uno che garantisce l’assenza di Ogm. Intanto i cambiamenti dell’ultimo mezzo secolo nei consumi e nella produzione, le innovazioni dalla vigna al bicchiere, la tutela della qualità ed i controlli, l’impetuosa crescita all’estero e la storica sfida con i cugini francesi, hanno segnato le tappe del successo italiano al centro del dossier di Coldiretti, presente al Vinitaly al Centro Servizi Arena – stand A, tra il padiglione 6 e 7, dove in esclusiva, per la sola giornata inaugurale, sono state esposte le innovazioni più significative dell’ultimo cinquantennio. Oggi 11 aprile uno spazio dedicato a frodi e inganni con la ”Cantina degli orrori” mentre martedì 12 aprile sarà in mostra la prima ”Top ten dei vini più venduti in Italia”.
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E’ il Verdicchio il vitigno bianco autoctono più conosciuto dagli italiani. Lo rivela un estratto dell’indagine sulla brand awareness dei vini del Belpaese realizzata da Nomisma-Wine Monitor su un campione rappresentativo della popolazione italiana. Un testa a testa col Vermentino che con il 76% delle risposte si posiziona al secondo posto solo per un punto percentuale. Seguono Vernaccia (67%), il Tocai Friulano (66%) e la Falanghina (62%). Leggermente sotto il Fiano (46%), il Traminer dell’Alto Adige (43%), l’emiliano Pignoletto (38%) e un altro marchigiano in grande crescita nella Gdo: il Pecorino (37%). L’indagine rivela poi nomi più inediti come Albana, Inzolia e Nosiola. Le Doc Verdicchio dei Castelli di Jesi e di Matelica si aggiudicano quindi lo scettro dell’autoctono più conosciuto dopo il riconoscimento, per il terzo anno consecutivo, del bianco fermo più premiato dalle 8 principali guide enologiche 2016. La survey di Nomisma-Wine Monitor era a risposta parzialmente guidata. Si richiedeva al campione del sondaggio di scegliere attraverso una preselezione di 12 vitigni considerati tra i più popolari del Paese . L’indagine completa sarà presentata dall’Istituto Marchigiano di Tutela Vini al prossimo Vinitaly, nello stand della Regione Marche (Pad. 7, stand C6/7/8/9). Il Verdicchio di Jesi è un vino che è stato reso celebre al mondo soprattutto grazie all’originale bottiglia ad anfora brevettata nel 1953 che lo ha portato ad essere icona del vino italiano nel mondo. Un vino dalla ricca personalità e soprattutto versatile. Il Verdicchio di Matelica, si differenzia da quello di Jesi principalmente per la ridotta superficie vitata, solo 300 ha, contro i 2762 di quello di Jesi e per le condizioni pedoclimatiche visto che il comprensorio di Matelica è parallelo alla costa con clima di tipo continentale. Clima che ha favorito anche una particolare selezione del vitigno.
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Il mondo del vino si arricchisce di una nuova firma. È Gianni Tessari, per anni protagonista dell’enologia veneta con l’azienda di famiglia, che oggi lancia un nuovo brand che porta il suo nome e cognome. Presentate ieri alla stampa specializzata, le nuove etichette debutteranno a Vinitaly, dal 10 al 13 aprile, al Padiglione 6 – Stand F3. Gianni Tessari è nato a Monteforte d’Alpone (Verona) nel 1963. A partire dalla metà degli anni Ottanta ha firmato alcuni tra i più grandi Soave, producendo anche vini della Valpolicella. Nel 2013 ha acquisito la gestione dell’azienda agricola Marcato, nome di riferimento per il Lessini Durello, con vigneti anche nell’area di Soave e sui Colli Berici, rilanciandola sui mercati italiano e internazionali.Oggi il lancio del nuovo marchio su cui si concentrerà la produzione di Soave e vini rossi dei Colli Berici, mentre il marchio Marcato continuerà ad essere dedicato ai vini spumanti.Otto le referenze in tutto, equamente ripartite tra vini bianchi e rossi. Tre sono Soave, tra cui i cru Soave Classico Monte Tenda e Soave Classico Pigno (già Tre bicchieri Gambero Rosso nella guida 2016), a cui si aggiunge uno Chardonnay prodotto con uve coltivate in Lessinia. Dai terreni vulcanici dei Lessini anche un elegante Pinot Nero, mentre gli altri rossi provengono dai Colli Berici: l’autoctono Tai Rosso, il Pian Alto (Cabernet Franc e Sauvignon da uve passite) e il Due (Merlot e Cabernet con una rifermentazione sulle bucce del Pian Alto, con una tecnica simile a quella usata per un Ripasso). ”Mi piace immaginare che il lavoro di un vignaiolo sia come quello di uno sculture. L’opera d’arte è già dentro il blocco di marmo e l’artista deve solo liberarla. Ugualmente il destino dei vini è già scritto nella terra da cui provengono, il vignaiolo deve solo saper riconoscerlo e darne vita” le parole di Tessari.
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La Fondazione Edmund Mach, di San Michele all’Adige, attraverso il Dipartimento post-secondario e universitario del Centro Istruzione e Formazione, organizza una serie di appuntamenti e incontri con illustri rappresentanti del mondo del vino. L’iniziativa si inserisce all’interno dell’Executive Master in Wine Export Management, ma si apre a un pubblico più numeroso dei soli corsisti: si tratta degli ”extra program” che consistono in attività, seminari, corsi, presentazioni di libri. Il primo è in programma venerdì 8 aprile, alle ore 16.30, presso il Palazzo della Ricerca e della Conoscenza. Si tratta dell’incontro con il sociologo Gianmarco Navarini autore per Il Mulino del libro ”I mondi del vino” e docente di Sociologia della cultura ed Etnografia alla Bicocca di Milano. Il seminario, ad entrata libera ma con registrazione obbligatoria, avrà come focus principale gli elementi che compongono la fenomenologia sociale del mercato, quali ad esempio: i processi culturali di differenziazione dei mondi del consumo e della produzione; lo sviluppo dei legami tra i sistemi di classificazione del vino come prodotto e le classificazioni sociali dei consumatori (dai consumatori agli appassionati ai wine snob); i discorsi differenziali sulla definizione della qualità nel mercato; il linguaggio dei sensi e la comunicazione del gusto. Giovedì 14 aprile, incontro con il guru Robert Joseph, autore di ”Marketing Wine Toolkit”, master of Wine, sul tema ”Brand vs Territorio o Brand e Territorio?’Metodi efficaci per commercializzare vino e territorio”, mentre venerdì 15 aprile incontro con l’importatore USA, Jim Lo Duca (Lo Duca Wines – USA: Il punto di vista dell’importatore USA: esigenze, problemi e soluzioni (seminario in inglese con traduzione consecutiva). La Fondazione Edmund Mach (FEM) è un organismo privato di diritto pubblico strumentale alla Provincia Autonoma di Trento, attiva nel campo della formazione, ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico nei settori agricolo, alimentare e ambientale. Ne fanno parte il Centro Ricerca e Innovazione (CRI), il Centro Istruzione e Formazione (CIF) e il Centro per il Trasferimento Tecnologico (CTT).
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(3 / 5) Se non conoscete o non avete mai provato un Nerello Mascalese, il prodotto di cui stiamo per parlarvi potrebbe fare al caso vostro. Un vino a denominazione Terre Siciliane Igt Nerello Mascalese linea Nuttata, prodotto dalle Cantine Madaudo di Villafranca Tirrena in provincia di Messina, è finito sotto la nostra lente di ingrandimento. Come il nome di fantasia del prodotto ”Nuttata” in un certo senso, per dirla alla Eduardo, ”adda passà a nuttata” dal punto di vista olfattivo: il prodotto è un po’ timido ad aprirsi tra note di frutti rossi e spezie dolci vanigliate tipiche di vini che hanno fatto un passaggio in legno. Il colore un bel rosso rubino con unghia granata, limpido e poco trasparente. Decisamente più accattivante in bocca che al naso, con la frutta dominante in un gusto rotondo ed equilibrato. Un vino semplice, di media struttura, con una buona freschezza ed un tannino vitale. Il sapore è asciutto ed austero ed il retrogusto amarognolo di discreta persistenza. Un vino di pronta beva, da consumare al massimo nel giro di due anni. La classica bottiglia acquistata con un scetticismo dato il posizionamento prezzo che però conferma, che tra i prodotti Igt, dimenticati anche nei corsi per sommelier, dove a stento vengono citati (Supertuscan a parte) ci possono essere vini e vitigni di un certo interesse. Anche questa è la gdo, la possibilità di provare a prezzi contenuti dei prodotti ed eventualmente alzare il tiro se il prodotto incontra il proprio gusto. Un vino con un ottimo rapporto qualità prezzo, che va servito a 18-20 gradi e si abbina ottimamente a piatti con carni rosse e formaggi maturi.
LA VINIFICAZIONE Prodotto con uve 100% Nerello Mascalese, vitigno principe della provincia di Catania che si trova comunque diffuso su tutta l’isola anche a piede franco. Si può trovare vinificato in purezza o in blend con altre uve. Se vinificato in assenza di vinacce dà anche origine alla ”pesta di botte ” tipica della zona dell’Etna. Le uve, che provengono da vigneti di Sambuca in provincia di Agrigento, dopo la diraspatura vengono messe a macerare e fermentare per 8-10 gg a temperatura controllata. La fermentazione malolattica viene svolta in vasche d’acciao, dove si svolge una parte della maturazione. Il Terre Siciliane Igt Nerello Mascalese Nuttata viene affinato per circa 6 mesi in barrique ed ulteriori 3/4 mesi in bottiglia prima della messa in vendita. Le Cantine Madaudo nascono nel 1945 e da 70 anni si pongono l’obiettivo di estrarre il massimo della qualità dalle fertili terre di Sicilia. Obiettivo che perseguono con una cantina altamente tecnologica, fiore all’occhiello dell’enologia Siciliana ed anche con testimonial di eccezione come Mariagrazia Cucinotta, madrina della raffinata linea Manta d’Oro.
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Si è svolta a Chengdu, in Cina, l’International Wine and Spirit Show, il ”Fuorisalone” del ”China Food and Drinks Fair for Wine and Spirit”, uno degli eventi più rilevanti del comparto vitivinicolo cinese che ogni anno attrae circa 4mila espositori e oltre 400mila visitatori. Tra le aziende italiane partecipanti, le Cantine di Vicobarone, rappresentate da Fabrizio Malvicini, che da 5 anni sono protagoniste delle esportazioni verso la Cina. Nel 2015 hanno registrato 1,2 milioni di euro di fatturato che hanno spinto le Cantine Vicobarone a siglare una partnership con Long Vision, il più grande importatore di vino italiano in Cina. ”Le Cantine di Vicobarone hanno inteso un messaggio decisivo quello dell’importanza di esportare per dare valore alle cooperative stesse. Le cooperative devono unire le forze per esportare il prodotto e dare valore ai soci” ha affermato Malvicini. La fiera è stata anche occasione di dialogo con Carlo Piccinini, neo presidente eletto a gennaio 2016 di Fedagri Emilia Romagna e Confcooperative Modena nonché imprenditore agricolo e vicepresidente della Cantina Carpi Sorbara. Un confronto proficuo tra due realtà cooperative importanti secondo Malvicini che ritiene importante la collaborazione tra cantine, anche di province limitrofe, al fine di sviluppare sinergie di crescita.
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Dall’8 al 10 Aprile a Cerea, nei pressi di Verona, si svolgerà la tredicesima edizione della manifestazione ”ViniVeri 2016”. Quest’anno l’evento partirà anticipatamente rispetto al solito calendario per non sovrapporsi ad altre manifestazioni vinicole organizzate in zona nelle stesse giornate come il Vinitaly. Tutte le aziende che prenderanno parte a ViniVeri 2016 seguono la ”regola” del Consorzio ViniVeri, che non prevede metodi ”bio” o ”non bio”, ma che indica semplicemente le azioni che permettono a una produzione di esprimersi pienamente e raggiungere l’obiettivo di ottenere un vino in assenza di accelerazioni e stabilizzazioni, recuperando il miglior equilibrio tra l’azione dell’uomo ed i cicli della natura. Fanno parte del Consorzio ViniVeri quindi, coltivatori che applicano una filosofia produttiva rispettosa dell’ambiente e delle biodiversità, agricoltura sostenibile che va oltre la certificazione europea. Un modello che non vuole imporsi a nessuno, ma che chiede libertà di esistere svincolato dai numerosi cavilli burocratici previsti dalla legge. I vignaioli ”veri” portano anche avanti da anni la battaglia dell’etichetta trasparente, carta d’identità del prodotto che dovrebbe indicare tutti gli ingredienti contenuti, al pari di un qualsiasi prodotto alimentare. Oltre ai soci del consorzio Cappellano, Giuseppe Rinaldi, Ezio Cerruti, Ezio Giacomo Trinchero, Serafino Rivella, Eugenio Rosi, Casa Coste Piane, Castello di Lispida, La Castellada, Dario Princic, Zidarich, Vodopivec, Ronco Severo, Mlečnik, Slavček, Massa Vecchia, Podere Luisa, Carla Simonetti, Walter Mattoni, Oasi degli Angeli, Paolo Bea, Praesidium, PaneVino, Salvatore Ferrandes, Cantina Ninnì saranno presenti anche un centinaio di ”artigiani del vino” indipendenti tra cui alcuni internazionali che presenteranno le ultime produzioni imbottigliate, anteprime e vecchie annate.
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Si è tenuto nella sede della presidenza della Regione Toscana il primo Cda di Avito, associazione che riunisce i consorzi vinicoli della Toscana costituita lo scorso 9 marzo per presentare gli obiettivi di questa innovativa realtà toscana. All’incontro era presente anche il Presidente della Regione EnricoRossi che non si è risparmiato in lodi per quella che ritiene una mossa vincente. ”In un momento in cui i vini toscani piacciono alle classi medio alte che ne consumano in estremo oriente, ma non solo bisogna trovare il modo di essere presenti su questi mercati. I piccoli imprenditori da soli non ce la fanno, i grandi hanno spesso difficoltà, l’unione è la strada giusta. Bisogna considerare che l’export toscano arriva secondo dopo il Veneto ma con un indice di crescita superiore” ha dichiarato Rossi durante la conferenza stampa. Per agevolare le aziende, la Regione Toscana metterà a disposizione alcuni servizi attraverso l’Ente di promozione, facilitando l’accesso ai finanziamenti europei per l’internazionalizzazione di prodotti, attività molto più semplici con Avito come interlocutore unico. Durante il Cda è stata presentata anche un’ nteprima di una ricerca dell’opinionista Klaus Davi sulla percezione del vino e del brand toscano sui quotidiani all’estero. L’Italia, grazie alle crescenti esportazioni, ma anche al ritorno di immagine di personaggi del mondo dello spettacolo e del cinema come Sting, George Clooney, Brad Pitt, fan e consumatori del vino toscano, risulta essere un paese che emerge anche più della Francia. Vini come Chianti, Brunello e i Supertuscan sono tra i più citati. La Toscana all’estero è un vero e proprio brand riconoscibile senza rivali in Italia. Un marchio costruito anche grazie al vino, da sempre prodotto traino del comparto agroalimentare italiano, uno tra i prodotti che meglio rappresenta l’unicità della Toscana. Anticipazioni sull’ordine del giorno del prossimo consiglio che vedrà la questione prezzi sul tavolo della discussione come ha annunciato Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio secondo il quale la Toscana produce buoni vini, ma è timida nel posizionamento prezzi. Una politica di prezzo minimo non può essere imposta per legge o dal Consorzio, ma sicuramente Avito potrà stimolare e farsi portavoce di una strategia comune. ”E’ giusto che i produttori abbiano una fonte di reddito importante a fronte del grande impegno e del duro lavoro svolto. In questo momento è più importante lavorare sull’aumento del prezzo, che non sull’aumento del numero di bottiglie prodotte” ha affermato Bindocci.
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Le Cantine del Marchese Frescobaldi svilupperanno un progetto enologico di utilità sociale sull’isola di Pianosa. Il progetto prevede il nuovo impianto di un vigneto di circa 50 ettari di cui una parte coltivata in via sperimentale, in collaborazione con l’Università di Pisa, per la conservazione e la valutazione di vitigni autoctoni. Circa 15 ettari saranno invece impiantati ad uve Ansonica, Vermentino, Trebbiano, Moscato, Sangiovese ed Aleatico, che, considerati i tempi di messa in resa delle vigne, vinificazione ed affinamento potranno sviluppare le prime bottiglie fra circa 5 anni. Saranno i detenuti del carcere di Porto Azzurro, attualmente in regime di semilibertà e sotto l’occhio vigile di quattro guardie carcerarie ad occuparsi dei vigneti. I 17 detenuti sono già attualmente responsabili delle gestione dell’albergo e del ristorante presente sull’isola ricavato tra le mure dell’ex carcere oltre ad occuparsi di servizi di manutenzione ambientale coordinati dalla cooperativa San Giacomo. L’isola di Pianosa ha una superficie di circa 10 km quadrati e da anni si valutano progetti di riconversione di quella che fu colonia penale dal 1856 e che durante l’epoca fascista fu prigione di Sandro Pertini, incarcerato per motivi politici. Dal 1968 carcere di massima sicurezza destinato a esponenti mafiosi e di organizzazioni terroristiche ha cessato definitivamente l’attività nel 2011. Nel 2008 l’Associazione Isola di Pianosa ha ottenuto l’approvazione di un progetto per un milione di euro destinato alla realizzazione di 14 ettari di vitigni, alla ristrutturazione delle cantine di Pianosa, con l’affinamento e l’imbottigliamento sull’isola, oltre all’acquisto di un parco macchine e di attrezzature enologiche per la vinificazione. Le Cantine Frescobaldi non sono nuove a queste iniziative, già sull’isola di Gorgona, in collaborazione con l’Istituto penale dell’isola più piccola dell’arcipelago toscano hanno dato vita, ad un piccolo vigneto di un ettaro, dal quale si produce il vino ”Gorgona”, pregiatissimo vino bianco da uve di Vermentino e Ansonica.
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Ha attirato oltre 2200 persone la manifestazione ”Roero Days” svoltasi il 20 e il 21 marzo alla Reggia di Venaria e organizzata dal Consorzio di Tutela del Roero. Due giornate nelle quali i visitatori hanno potuto degustare oltre 300 vini provenienti da 60 cantine della zona patrimonio dell’Unesco dal 2014 insieme a Langhe e Monferrato. 500 professionisti di settore ed eno appassionati hanno potuto partecipare a vari laboratori di degustazione previsti nel programma tra anteprime e verticali di riserve guidate da esperti del mondo del vino come Daniele Cernilli autore della Guida essenziale ai vini d’Italia Doctor Wine, Gianni Fabrizio dei Vini d’Italia del Gambero Rosso, Fabio Gallo dell’Ais (Associazione Italiana Sommelier), Giancarlo Gariglio di Slow Wine, Vittorio Manganelli noto critico enogastronomico il giornalista Paolo Zaccaria. Durante l’evento è stato presentato anche l’e-book scritto in inglese ”Wines of Roero” curato proprio da Paolo Zaccaria, su terroir e produttori, che ha lo scopo di far conoscere nel dettaglio un territorio da sempre vocato alla viticultura. Interessante anche la tavola rotonda ”L’identità del Roero Docg e le prospettive di mercato” svoltasi il 21 Marzo che ha visto tra i relatori anche Oscar Farinetti. Gli ettari vitati della denominazione Roero sono più di 1000, per un totale di circa 6 milioni di bottiglie prodotte. Nell’ultimo triennio la denominazione ha registrato incrementi del fatturato pari al 14% per un giro d’affari di 27 milioni di euro di cui il 55% sviluppati nell’export . Francesco Monchiero, Presidente del Consorzio di Tutela del Roero ha annunciato che la prossima edizione sarà itinerante per raggiungere un numero più elevato di persone e ha anticipato le modifiche che saranno applicate al disciplinare che vedrà l’aggiunta di menzioni geografiche per la valorizzazione delle sottozone e l’inserimento della Riserva per l’Arneis Roero, vino in grado di esprimere elevate potenzialità di invecchiamento, come emerso dalla verticale decennale organizzata durante i due giorni.
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Domenica i cristiani di tutto il mondo celebreranno la Pasqua. Il nuovo testamento racconta dell’ultima cena che Gesù ebbe con gli apostoli la notte prima della sua crocifissione. L’ultima cena è anche raffigurata in molti dipinti, il più celebre sicuramente il capolavoro rinascimentale di Leonardo da Vinci nel quale Gesù tiene un pezzo di pane vicino alla mano sinistra e il vino vicino alla mano destra. I due elementi rappresentano il sacrificio di Cristo, ma sarebbero stati naturalmente presenti in una cena pasquale dell’epoca. Il pane sarebbe stato certamente azzimo, ma il vino? Quale vino avrebbe consumato Gesù? Se lo sono chiesti anche i creatori di una nota app che per trovare una risposta si sono recati da padre Daniel Kendall dell’Università di San Francisco e da Patrick McGovern, direttore scientifico del progetto di archeologia biomolecolare per la cucina, le bevande fermentate e la salute presso l’Università della Pennsylvania. Ebbene, secondo i due esperti, Gesù avrebbe pasteggiato con un vino simile all’ Amarone della Valpolicella, vino prodotto da uve appassite aggiungendo anche altri dettagli a completamento della loro teoria. La vinificazione era conosciuta almeno dal 4000 a.c, i vignaioli dell’epoca usavano piantare viti lungo i pendii rocciosi utilizzando vasche naturali nella roccia come presse. Gli abitanti di Gerusalemme amavano vini ricchi e concentrati e criticavano la pratica di annacquare il vino tipica di quel tempo. Il vino era molto alcolico, spesso mescolato a spezie, frutta, resina degli alberi come mirra e trementina considerati conservanti naturali. L’Amarone della Valpolicella infine sarebbe stato un vino perfetto da abbinare alle pietanze di un banchetto seder. Per creare una versione homemade del vino dell’ultima cena, l’app suggerisce di aggiungere qualche goccia di olio di resina ad una bottiglia di Amarone, oppure zafferano e cannella per riprodurre quanto più possibile il vino di Cristo. L’idea dell’Amarone ci piace molto, in primis perché è un grande vino, poi si abbina a molte delle pietanze grasse e saporite che verranno servite sulle nostre tavole pasquali. Un vino ottimo anche da meditazione. Il suggerimento della app però lo troviamo molto pittoresco, al limite dell’eresia. L’Amarone lasciamolo in purezza: se siete indecisi su quale acquistare vi riproponiamo anche una delle nostre recensioni.
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(4 / 5) E’ il primo vino venduto nei supermercati italiani, un vino che incontra da sempre il gusto di molti con il suo essere semplice, schietto e sincero. Stiamo parlando del Lambrusco e, noi di vinialsupermercato, non potevamo lasciare sullo scaffale questa nuova etichetta che ci è balzata agli occhi. FieroNero Lambrusco di Modena Doc prodotto da Umberto Cavicchioli e figli, Lambrusco scuro. Scopriamo che fa parte della linea ”piacere quotidiano”, ma anche nella linea ”piaceri della festa”, se pur dedicata a malvasie e spumanti non avrebbe stonato, perché ci ha regalato davvero una gioia festosa il degustarlo. Lambrusco Scuro a pieno titolo, dato il colore violaceo cupo con il quale si è presentato una volta che la sua schiuma effervescente e scintillante come le stelline di natale si è esaurita. Al naso un’esplosione intensa di frutti a bacca rossa: fragola, ciliegia, lampone, ribes, amarena, more, ma anche sentori floreali di rosa, praticamente come scartare una big babol. Al gusto succoso e fruttato con una vena acida dinamica e scattante che invoglia continuamente il sorso. Solo 11% di alcol in volume per un vino a tutto pasto. Ideale con la pizza, si accosta anche a primi con ragù di carne, salumi, bolliti, servito freddo è perfetto con tutta la cucina del barbecue, eccellente con formaggi stagionati come parmigiano reggiano o grana padano.
LA VINIFICAZIONE
Prodotto con uve Lambrusco Salamino provenienti da vigne selezionate del modenese allevate a doppia cortina, a spalliera con potatura a cordone speronato su terreni fertili di medio impasto. Il Lambrusco Salamino è una varietà tipica dell’ Emilia Romagna. Deriva probabilmente da viti selvatiche che crescevano abbondanti sull’Appennino e che erano chiamate dai latini ”lambrusca vitis” o ”oseline” visto che gli uccelli se ne cibavano golosi. La vendemmia viene effettuata intorno alla seconda metà di settembre. Le uve vengono diraspate e vinificate in rosso con le vinacce. A metà della fermentazione alcolica il mosto fiore viene travasato in autoclave, dove prosegue la fermentazione di tipo charmat per circa 3 settimane a temperatura controllata di 15-18°C. Umberto Cavicchioli e figli nasce a San Prospero, un paesino vicino a Modena nel 1928, fondata proprio da Umberto Cavicchioli. Un uomo con la passione per la sua terra che ha trasformato il laboratorio dietro casa in una cantina di successo che oggi fa parte a pieno titolo della cultura italiana. Pioniere del lambrusco e dell’imbottigliamento quando la luna ”era buona”, la stessa luna che è rimasta propizia per l’azienda in tutti questi anni, attraverso le nuove generazioni che hanno saputo rivestire di tecnica raffinata un modo antico di fare vino.
Prezzo pieno: 4,98 euro
Acquistato presso : Unes / U2
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Novantasette anni di vinificazione per La Scolca, che sarà naturalmente presente nel padiglione Piemonte alla 50ma edizione del Vinitaly. L’Associazione Le Donne del Vino aprirà gli assaggi del 2016 proprio in onore di Chiara Soldati, titolare dell’azienda insieme al padre, che per l’occasione sarà fra le 10 donne del vino ad offrire le proprie bottiglie dal 1967 ad oggi, presentando il suo Gavi Etichetta Bianca 1967. Una storia lunga quasi un secolo, ma proiettata al futuro. ”La filosofia di produzione che rispetta il prodotto di origine, il territorio e la cultura di anni di esperienza e tradizione permettono alla nostra famiglia di guardare modernamente al futuro con spirito di innovazione, rimanendo però sempre legati al fil rouge che accompagna l’azienda di Gavi da quasi 100 anni: il vino interpretato come poesia della terra. È molto importante prendersi cura della nostra produzione in ogni minimo dettaglio” ha affermato Chiara Soldati. Recentemente noi di vinialsupermercato abbiamo visitato proprio La Scolca e Corrado Cavallo, il direttore generale, ci ha rilasciato un’interessante intervista con focus sulla Gdo.
Ma non solo, abbiamo avuto anche il lusso di degustare, tra una chiacchiera e l’altra, un La Scolca D’Antan che è stato forgiato, per l’annata 2004, dei 90 punti sull’importante rivista Wine Spectator. ”La Scolca D’Antan ha maturato bene con note di vaniglia fuse insieme a sentori di pesca e sapore di mela, ma anche pino e cera d’api. Fresco, lungo si presenta armonioso ed intenso” si legge tra le note di degustazione di Bruce Sanderson e noi non possiamo che confermare la sontuosità olfattiva e retrogustastiva di questa chicca di cui abbiamo provato il 2003 che riposa solo 10 anni in acciaio. Molto orgoglio, di Chiara Soldati, nell’annunciare questo nuovo successo. ”La Scolca ha sempre creduto in un grande futuro per il Gavi e da anni sperimenta l’arte vinicola in questa piccola porzione di mondo, utilizzando le migliori uve che la zona ha da offrire. Dietro ogni vino è nascosta una straordinaria intelligenza umana che ha creato qualcosa di unico. Senza una piccola quantità di latino ”furor” e la passione e senza coraggio è molto difficile raggiungere questi ambiziosi obiettivi ed immaginarne altri sempre più audaci. Dopo 97 anni, La Scolca continua a guardare al futuro e a nuovi progetti” parola di Chiara Soldati.
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E’ 100% made in Germany l’ennesimo sfruttamento illecito della parola ”prosecco”. Sexy product di Joydivision, azienda leader nella produzione e commercializzazione di articoli erotici che aumentano il desiderio, sono innocui per la salute e addirittura eco-friendly. Tra gli obiettivi aziendali, leggiamo da mission sul loro sito, proprio la realizzazione di prodotti che offrano vantaggi mai conosciuti prima. Per onestà intellettuale bisogna dire in questo caso non si sono inventati nulla visto che il connubio ”fragole e champagne” è da sempre evocativo, ma sicuramente il ”Prosecco” tira di più, basta vedere anche il recente scandalo delle caramelle al prosecco di cui vi abbiamo parlato.
Il miracoloso gel che farà ”spritzare” dal desiderio è stato notato in vendita sulla nota piattaforma Ebay. Come da recenti accordi presi tra l’Istituto per la Repressione Frodi del Ministero delle Politiche Agricole e le più grandi piattaforme di e-commerce, al venditore, che rischia solo una multa, è stata intimata la rimozione dell’annuncio effettivamente al momento scaduto.
“‘Stiamo facendo le opportune verifiche” ha spiegato Gianluca Fregolent, referente locale della Repressione Frodi. ”Se il Consorzio del Prosecco Doc non ha dato l’autorizzazione, il nome commerciale non può utilizzare quella dicitura. Tecnicamente il Prosecco potrebbe figurare tra gli ingredienti, ma non nell’etichetta”.
”Stavolta non siamo nell’ambito della frode alimentare, ma in quella della presentazione di un prodotto con utilizzo improprio del termine” ha specificato Gianluca Fregolent. Ma il lubrificante al Prosecco, non è già un ricordo come auspicato dal giornale, basta fare una banalissima ricerca su google per trovare altri siti sul quale il gel è disponibile.
Senza scomodare gli ispettori dell’Istituto Repressioni Frodi per noi trovare il produttore del ”Fun Glide” tradotto ”scorrimento divertente” è stato velocissimo. E’ bastato ”scorrere” il mouse e trovare il prodotto alla pagina 25 del catalogo della Joydivision. Che poi, per dirla tutta, a livello etimologico sembra una barzelletta: ”pro-secco” che diventa improvvisamente ”pro-lubrificazione”, ma non sarebbe stato più logico chiamarlo ”pre-secco”?
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Il treno del vino è in partenza sul binario 1. Tutti in carrozza il 15 Maggio 2016 per una degustazione su rotaia a bordo di un treno storico che condurrà da Sulmona fino a Roccaraso lungo i binari della Transiberiana d’Italia, andata e ritorno. A partecipare all’evento, promosso da Movimento Turismo del Vino Abruzzo, Ferrovie dello Stato Italiane e dall’associazione Le Rotaie ci saranno 20 aziende vitivinicole abruzzesi. Un viaggio attraverso il Parco Nazionale della Majella con due soste, a Cansano e Palena durante l’andata e a Campo di Giove e Pettorano sul Gizio al ritorno per assaggiare i vini delle aziende partecipanti. Non sarà necessario portare alcun bagaglio, solo munirsi di calice e borsina alla partenza e, per chi lo desidera, acquistare il pranzo al sacco organizzato presso il Pratone di Roccaraso. La manifestazione, nasce come anteprima dell’ormai storico appuntamento ”Cantine Aperte” in programma sabato 28 e domenica 29 maggio. Dal 1993, l’ultima domenica di Maggio, le cantine socie del Movimento Turismo del vino, da Nord a Sud, aprono le porte agli enoturisti dando la possibilità non solo di degustare ed acquistare il vino, ma anche di visitare le vigne, le cantine e di scoprire cosa c’è dietro questo mondo. Sullo stesso binario, si fa per dire, anche la Sicilia che dal 30 Aprile lancia il suo primo ”treno del vino” che permetterà ai visitatori e ai turisti di percorrere le pendici dell’Etna a bordo dell’automotrice a scartamento ridotto della Ferrovia Circumetnea, per inoltrarsi poi, con il Wine Bus, nelle strade del vino a scoprire le più belle cantine dell’Etna e i migliori vini locali attraverso degustazioni guidate.
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C’era anche Bruno Vespa , ospite ed interlocutore al convegno sul vino di venerdì alla ”Fiera pessima” 2016 di Manduria. Dal 2014 infatti il noto giornalista è entrato a far parte della categoria dei vignaioli con la sua azienda Futura 14 e il suo marchio ”Vespa Vignaioli per passione”. Nel luglio del 2015 ha acquistato la masseria Li Reni a Manduria, tenuta nella quale saranno impiantati 12 ettari di Primitivo. Nonostante le origini abruzzesi e le pressioni del governatore della Regione Abruzzo, Bruno Vespa ha scelto per la seconda volta la Puglia. Un amore nato già tempo fa: il giornalista era infatti socio, con altre tre persone della masseria Cuturi, società che ha abbandonato in seguito a scontri di visione sulle strategie. La migliore società è fatta da un numero di soci dispari e il numero deve essere minore di tre si usa dire: questa volta il giornalista ha scelto di correre quasi in solitaria, condividendo solo con i due figli l’enoica impresa. ”Coltiverò solo vitigni autoctoni” ha dichiarato il giornalista che ha anche annunciato il lancio di un vino rosato che denominerà ”FlaRo”, in onore delle due tenniste pugliesi Flavia Pennetta e Roberta Vinci.
Non c’è tempo da perdere per Bruno Vespa: ”Girando fra gli stand della Fiera, ho appreso che a Manduria si è iniziato ad imbottigliare il vino nel 1970. Nel 1975 è stata creata la denominazione ad origine controllata. Poi tutto è caduto nel dimenticatoio sino al 1998. Pensate a quanto tempo si è perso. Ma gli errori del passato ora diventano opportunità del futuro”. Negli anni 80 infatti anche un’azienda di Manduria era stata coinvolta nello scandalo del metanolo, ma è proprio dalla presa di coscienza che ne è seguita che è nato un grande vino, il Primitivo di Manduria e in generale il vino italiano ha raggiunto livelli di eccellenza. ”Avrei potuto fare il commerciante dei vini: li avrei acquistati, avrei apposto il mio nome e li avrei immessi nel circuito commerciale, invece ho scelto di produrli, con la speranza di raccontare il mio vino nel mondo” ha affermato Vespa. A Fiera Pessima 2016 nessun plastico, fortunatamente, della tenuta che diventerà anche relais vista vigne, solo tanta gioia da parte del giornalista per l’ottenimento dei permessi edilizi e per la promessa della cittadinanza onoraria.
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(5 / 5) ”Le cose migliori arrivano quando meno te lo aspetti”. Nel caso specifico la cosa inaspettata è la finezza dello spumante metodo classico Trento Doc Brut prodotto dalle Cantine Atesine di Trento. Nulla da invidiare a nomi altisonanti, cosiddetti leader di prodotto, che si possono trovare in gdo e non solo. Uno spumante classico, il Trento Doc delle Cantine Atesine che, visto così con un’etichetta di poco appeal, passa un po’ inosservato. L’apparenza però spesso inganna, infatti una volta stappato si è rivelato uno spumante di grande personalità. Va detto che le produzioni del Trentino, anche per la gdo, si distinguono sempre. Con le cantine trentine si casca sempre bene.
LA DEGUSTAZIONE Per quanto riguarda l’analisi organolettica, il Trento Doc Brut Cantine Atesine, nel calice si presenta di un bel giallo paglierino dorato con un perlage mediamente fine ed estremamente persistente, anche se diffuso su più di una catenella. Un naso di grande freschezza, elegante, con dolci note fruttate di mela e agrumi, fiori delicati, accenni di lieviti e crosta di pane a completare un quadro invitante. Al palato una bollicina incisiva al punto giusto, un buon corpo accompagnato da una vivace vena acidità, sapidità e mineralità per un sorso armonioso. Un finale persistente e retrogusto con sfumature agrumate. Una di quelle bottiglie che con i suoi 12,5% di gradazione, alla giusta temperatura di servizio, si svuota rapidamente. Ma noi di vinialsupermercato, anche se farà inorridire qualcuno, abbiamo conservato (bene) un bicchiere per il giorno successivo, proprio per testarne la tenuta. Ebbene, al secondo giorno sembrava appena stappato e altrettanto gradevole. Lo spumante Trento Doc Brut, ha un residuo zuccherino di 4 g/l. E’ ideale come aperitivo, con pietanze a base di pesce, ma anche a tutto pasto, addirittura con la pizza e la piadina, come viene proposto nei brunch after ski.
LA VINIFICAZIONE
Prodotto con uve 100% Chardonnay da vigneti di accertata vocazionalità situati a nord est di Trento che godono di ottima esposizione. La denominazione di origine controllata ”Trento” identifica il Trentino vitivinicolo ed impone la spumantizzazione secondo il metodo classico di rifermentazione in bottiglia. Le uve sono raccolte a mano. Dopo la diraspatura segue una macerazione sulle bucce di 10/12 ore, illimpidimento naturale del mosto, aggiunta di lieviti selezionati, fermentazione e sosta di 3/4 mesi sui lieviti prima del tiraggio. In primavera viene fatta la cuvée e preparato il vino base che viene posto a rifermentare in bottiglia. per un periodo di sosta minimo sui lieviti di 15 mesi. Lo spumante Trento Doc prodotto da Cantine Atesine riporta in contro etichetta la data di sboccatura 2014, come previsto dal disciplinare. Le produzioni che hanno una sosta sui lieviti inferiore a 24 mesi non possono indicare l’annata, ma devono indicare la sboccatura appunto. Le Cantine Atesine, si trovano a Casteller in provincia di Trento e sono specializzate nella produzione e ingrosso di vini e spumanti.
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La tutela del giudizio ed il rispetto per i consumatori americani sopra ogni cosa. Questa la ragione che ha spinto Monica Larner, ad escludere i produttori di Sauvignon friulano dalle recensioni 2016 della nota rivista americana The Wine Advocate. Nel corso del mese di settembre 2015, tra Udine e Gorizia erano stati sequestrati in 17 cantine, una serie di campioni di mosto, contenenti un preparato innocuo dal punto di vista della salute, ma non previsto dal disciplinare di produzione. Il preparato, riconducibile al consulente Ramon Persello, collaboratore di numerose cantine friulane e non solo, indicato come ”genio della chimica” sarebbe stato in grado di esaltare i profumi del vino rendendoli concorrenziali anche nelle annate peggiori. Le lunghe tempistiche della nostra giustizia ,che non si sono smentite nemmeno per la Sauvignon Connection, non hanno aiutato la responsabile italiana della rivista, che ha atteso fino all’ultimo notizie certe dalla magistratura. ”Proprio per riuscire ad avere più certezze sulla vicenda ho fatto slittare il capitolo della rivista dedicato ai vini friulani ad aprile, quando tradizionalmente esce quattro mesi prima, tra novembre e dicembre. Ma ormai non possiamo più aspettare, perchè la vendemmia 2015 è praticamente già in commercio”. La rivista non è nuova a queste decisioni, aveva destinato la stessa sorte nel 2008 al Brunello di Montalcino, per lo scandalo Brunellopoli. Uno stop cautelativo dunque, per queste etichette che sono molto apprezzate dai consumatori americani e che hanno un grosso riscontro in termini economici per i produttori, considerato che il prezzo al dettaglio negli States si aggira intorno alla media dei 100 dollari. In attesa dei risultati delle analisi della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (Trento), guidate dal dottor Mario Malacarne e di ulteriori sviluppi sull’inchiesta, Monica Larner parlerà comunque dell’accaduto durante la presentazione dell’annata vinicola friulana, senza entrare però nei particolari di quello che è uno scenario davvero dalle tinte fosche.”Può darsi che sia scaturito tutto da qualche invidia tra vignaioli, non mi stupirei e non sarebbe una caratteristica solo dei friulani, funziona così un po’ in tutta Italia, basti pensare che a Montalcino, dove si produce il Brunello, arrivano persino a rigare le auto dei concorrenti” ha osservato la curatrice.
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(4 / 5) Una fila di etichette colorate, grintose ed accattivanti. Ogni colore un vino diverso, ogni etichetta l’iniziale di una parola identificativa. Fino a comporre la scritta “Tacco”, che identifica la forma della Puglia. Ovvero l’acronimo di Terra, Amore, Coraggio, Creatività, Orgoglio. Facile essere audaci, perché la catena di “discount di qualità” Penny Market, ci ha spesso sorpreso, in positivo. E lo fa anche stavolta, con una linea di prodotti delle Cantine Teanum di San Severo (Foggia), mai recensite prima su vinialsupermercato.it, ma a noi ben note. In una sorta di degustazione “verticale”, anzi “alfabetica”, partiamo dalla lettera “T”: ovvero dal blend tra uve Bombino e Fiano. Un mix ben riuscito, con percentuali che si assestano al 70% per il primo uvaggio autoctono dell’Alto Tavoliere delle Puglie, e 30% per il secondo. Un vino che si presenta denso nel calice, dove scorre mostrando un giallo paglierino carico. Al naso evidenti richiami di frutta a polpa gialla matura, sciroppata: pera, albicocca, amarena. E una speziatura che ricorda vagamente la noce moscata. Ottime premesse.
TERRA
Al palato, “Terra” Bombino – Fiano 2014 richiama nuovamente tinte fruttate, ben calibrate con toni più austeri, erbacei, tendenti all’amarognolo. E’ così che si evidenzia la buona alcolicità del prodotto (13%) che non infastidisce: dona bensì piacevolezza alla beva, fresca e sapida. Un vino equilibrato e sufficientemente persistente, da abbinare ad antipasti leggeri, risotti e primi a base di pesce. Le uve Bombino e Fiano crescono a un’altitudine di 150-200 metri sul livello del mare e vengono allevate a spalliera, con un resa di 100 quintali per ettaro. La raccolta avviene in maniera manuale, con successiva spremitura soffice e fermentazione in acciaio, a una temperatura controllata di 14 gradi. Sempre in acciaio avviene la maturazione, mentre l’affinamento è affidato alla bottiglia, prima della commercializzazione.
CORAGGIO
Passiamo poi al Nero di Troia-Negroamaro Igt “Coraggio” 2014. Il calice si tinge di un profondo colore rosso scuro. Al naso sprigiona un intenso spettro di sentori: il vinoso iniziale lascia spazio alla frutta, ciliegia, ribers nero, ma anche prugna secca. Effluvi di pepe e anche una piccola percezione di vaniglia. Una complessità olfattiva sorprendente. Al palato è molto caldo, il gusto pieno e rotondo. Sul fronte delle componenti dure è accompagnato da un’acidità fresco viva, sapidità, un tannino equilibrato. Chiude fruttato e persistente, lasciando anche un leggero retrogusto amarognolo a completare una buona beva. La gradazione alcolica, con i suoi 13%, è assolutamente tollerabile. Si abbina a carni arrosto, selvaggina e tagliate di manzo. Prodotto con uve 70% Nero di Troia e 30% Negroamaro. I vigneti, allevati a spalliera ed alberello si trovano a 200 mt sul livello del mare. Le bucce vengono lasciate a macerare per 22 giorni in acciaio. Successivamente il vino viene affinato in botti di legno francese ed americano e in bottiglia. L’uva Nero di Troia è la bacca di un vitigno autoctono pugliese, il nome deriva proprio dalla carica polifenolica che tende a dare al vino una colorazione molto scura che ricorda il nero. Il vitigno è stato per lungo tempo destinato a rafforzare vini deboli di corpo attualmente viene vinificato anche in purezza.
CREATIVITA’
Ecco dunque l’ultimo dei nostri prodotti della linea Cool Wine degustati: ovvero la seconda “C” di “Tacco”, “Creatività”. Si tratta anche in questo caso di un blend tra gli uvaggi Nero di Troia (70%) e Aglianico (30%) salentino. Ritroviamo il rosso impenetrabile, con unghia tendente al granato, del precedente vino degustato. Al naso è profondo, con intense percezioni di confettura di frutti rossa e spezie come la liquirizia, nonché sentori di cuoio. Un vino che pare già caldo al naso, con i suoi 13,5 gradi di alcol in volume. E si riconferma tale al palato, dove rispecchia l’analisi olfattiva: ecco nuovamente la frutta, ben sostenuta da una freschezza e da una sapidità viva, in un finale persistente che tende al rabarbaro. Le vigne che danno vita a questo blend crescono a un’altitudine di 150 metri sul livello del mare, allevate a spalliera. La produzione per ettaro si assesta sui 90 quintali. Anche in questo caso la raccolta delle uve avviene manualmente. La vinificazione prevede 24 giorni di macerazione in contenitori d’acciaio. Segue poi la maturazione in botti di legno francese e in vasche di acciaio, prima dell’ulteriore affinamento in bottiglia.
LA CANTINA TEANUM
Il vini “Tacco” fanno parte della linea Cool Wine, per la quale la cantina Teanum ha creato un sito Internet dedicato. La sintesi di questi prodotti è “emozioni per tutte le occasioni” e la riprova è proprio la qualità di questo vino quotidiano, che con una trama semplice riesce a regalare un’emozione a tavola. Le Cantine Teanum sono un’azienda giovane, innovativa, ma con una pluriennale esperienza enologica. La mission prevede la produzione di vini di alto profilo qualitativo ad un prezzo competitivo. Obiettivo raggiunto, vista la serie di riconoscimenti sin ora collezionati. Alcuni vini sono menzionati sulla guida de L’Espresso. “Con la linea Tacco – evidenzia Elisabetta Capobianco dell’Ufficio Commerciale Italia Cantine Teanum – siamo presenti presso Coop e Penny Market, oltre che in piccoli supermercati indipendenti, ormai da circa 3 anni. I risultati sono buoni. Il mercato, del resto, apprezza la qualità di tali prodotti e il packaging accattivante”. (di Viviana Borriello e Davide Bortone)
Prezzo pieno: 2,99 euro
Acquistato presso : Penny Market – Coop
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