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Glenmorangie: nuovo nome e nuovo look per il 18 anni

Glenmorangie nuovo nome e nuovo look per il 18 anni

Glenmorangie celebra il suo single malt invecchiato 18 anni con un look audace e un nome evocativo, che ne sottolinea il profilo aromatico. Nato sotto la guida del carismatico direttore della creazione Bill Lumsden, Glenmorangie Infinita 18 Years Old è considerato il più complesso ed equilibrato tra i whisky della Distilleria.

GLENMORANGIE INFINITA 18 YEARS OLD

Questa nuova versione del whisky si fonda sullo storico single malt Glenmorangie 18 Years Old, creato per la prima volta più di 30 anni fa. Bill Lumsden ha trasformato quel single malt profondamente aromatico dopo il suo ingresso nella Distilleria nel 1995. Questo single malt è creato utilizzando l’acqua della sorgente minerale di Tarlogie e distillato negli alambicchi più alti di Scozia. Alambicchi che permettono, proprio grazie alla loro altezza, di avere un maggiore spazio per sviluppare sapori e aromi unici. Infinita riposa per 15 anni il in botti di rovere americano ex-bourbon selezionate a mano. Poi, una parte viene trasferita in botti di sherry Oloroso per altri tre anni, prima di assemblare il tutto.

«Per me – – dichiara Bill Lumsden – Glenmorangie Infinita incarna ogni elemento dello stile distintivo della nostra distilleria. Un whisky che unisce senza sforzo i sottili sentori di botte di sherry e le note legnose dovute alla prolungata maturazione, con il carattere morbido e fruttato tipico della nostra Distilleria. Il risultato – continua – è un single malt così equilibrato e stratificato. Ogni volta un whisky diverso. Ci sono note di miele, vaniglia, narciso e gelsomino, aromi di fichi, datteri, noci e spezie delicate. La vecchia guardia di appassionati di Glenmorangie 18 Years Old può stare tranquilla: il nostro meraviglioso whisky è rimasto invariato».

LA NUOVA CONVEZIONE

La confezione esprime la nuova luce di Infinita con un’audace tonalità di blu e una grafica che raffigura il simbolo dell’infinito con un’allusione al nome del whisky. Quando il coffret viene aperto, l’interno è di uno stuzzicante arancione, omaggio al colore tipico di Glenmorangie. La chiusura in rame della bottiglia richiama gli imponenti alambicchi in rame della Distilleria, mentre il vortice alla base si ispira alle sorgenti d’acqua Tarlogie Spring. Per aumentare la sostenibilità e ridurre ulteriormente le emissioni di carbonio, Glenmorangie ha progettato la confezione in un unico materiale che ne facilita il riciclo e ha ridotto il peso della bottiglia del 12%.

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Bon Wei compie 10 anni (+2) a Milano: menu speciale con birra cinese e whisky

Il prossimo 17 novembre Bon Wei compie 12 anni. O, meglio, 10 (+2). Causa pandemia, i festeggiamenti per il primo decennio di Bon Wei in via Castelvetro 16/18, a Milano, erano stati rimandati. Un appuntamento mancato a cui il primo ristorante in Italia di alta cucina regionale cinese ha deciso di rimediare. Con gli interessi. Per rendere indimenticabile l’anniversario, lo chef Zhang Guoqing e il figlio Zhang Le, oggi patron del locale, hanno studiato un menu celebrativo di 9 portate abbinate a 3 birre artigianali del nuovo brand italo-cinese Postwave Brewing. Completate da un dessert della pastry-chef Sonia Latorre Ruiz.

Tra i piatti proposti dallo chef Zhang – sempre nell’ottica di una esecuzione filologica di ricette cinesi, provenienti da differenti regioni della Cina – si assaggerà ad esempio una tradizionale Zuppa di trippa di pesce con erbette cinesi tipica del Guandong. A seguire un sontuoso Riso con costine stufate condite nel loro fondo dallo Zhejiang, regione natale dello chef.

 

Poi saporiti Gamberi dorati con capasanta dal Sichuan, con accompagnamento di Kongxincai, verdure cantonesi “senza cuore”, saltate con salsa di tofu macerato. Simbolo dell’unione tra tradizione cinese e stile italiano, verranno abbinate le nuove birre italo-cinesi Postwave, da poco in Italia, nelle versioni bionda Kolsch, blanche Wheat ale e rossa Amber ale.

Momento clou del menu, a chiusura del pasto, secondo un’usanza sempre più in voga nella Cina contemporanea, la degustazione del whisky Filey Bay – Yorkshire Single Malt Whisky “Bon Wei Selection” con 3 cioccolatini fondente, piccante e affumicato.

Zhang Le, appassionato collezionista e bevitore di whisky nel selezionare la propria botte nello Yorkshire, nel lontano 2016, aveva già in mente che l’avrebbe inaugurata per un’occasione speciale: il 12° compleanno di Bon Wei sarebbe stato perfetto.


BON WEY – CHINESE RESTAURANT MILANO

Indirizzo: via Castelvetro 16/18 a Milano
Tel. 02-341308
Aperto a pranzo e cena (giorno di chiusura: lunedì)
Prezzo medio senza bevande 65 euro

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Waterford Peated Whisky: «Così il terroir batte la torba alle olimpiadi del gusto»

Waterford Distillery ha annunciato l’immissione sul mercato di due nuovi Peated Whisky. Un ritorno alle origini, come fa notare la stessa distilleria irlandese. I due single malt sono ottenuti utilizzando sia torba che orzo coltivato in Irlanda. «Siamo i primi in una generazione a farlo – ricorda Waterford – celebrando un “ritorno ai modi e ai sapori tradizionali” della produzione di whisky irlandese».

I Peated Whisky di Waterford sono disponibili in quantità limitata. Circa 11.500 bottiglie per ciascuna etichetta, con un prezzo di vendita al pubblico che si aggira attorno ai 90 euro. I due nuovi torbati saranno distribuiti in piccole quantità, in assegnazione ai distributori, in tutto il mondo.

I DUE NUOVI PEATED WHISKY DI WATERFORD DISTILLERY

Per necessità, fin dall’alba dei tempi, la torba è stata la fonte primaria di combustibile nell’Irlanda rurale. Il suo dolce profumo è familiare a generazioni di irlandesi, riuniti intorno ai focolari degli antichi cottage con il tetto di paglia. «Questo stesso aroma – ricorda Waterford – avvolgeva l’orzo essiccato dai distillatori clandestini sul fumo di torba. Un’usanza che iniziò a scomparire negli anni Cinquanta del XIX secolo».

Nell’ambito della ricerca pionieristica volta a riscoprire gli aromi più naturali del whisky, Waterford Distillery ha essiccato l’orzo coltivato nelle due Single Farm Origins di Ballybannon e Fenniscourt, Co. Carlow, utilizzando torba tagliata da Ballyteige in Co. Kildare. Il raccolto di ciascuna fattoria è stato sottoposto a diversi livelli di torbatura: l’orzo di Fenniscourt a 38 ppm e quello di Ballybannon a 47 ppm.

WHISKY IRLANDESE, LA SFIDA: IL TERROIR BATTE LA TORBA?

Non è nuovo a questo metodo di produzione l’amministratore delegato Mark Reynier (nella foto, sopra) che ha fatto risorgere la distilleria Bruichladdich su Islay e ha creato gli ormai iconici whisky scozzesi Peated “Port Charlotte” e “Octomore”.

Ottenere questo risultato in Irlanda con la stessa autenticità sarebbe stata una sfida molto più grande – commenta – che i nostri produttori di malto, Minch Malt, hanno prontamente accettato.

A Waterford siamo affascinati dai sapori naturali del whisky, quindi ero curioso di vedere che cosa porta nel bicchiere la vera torba irlandese. Sapori che sono andati perduti da tempo. L’altra curiosità è se il terroir batte la torba nelle olimpiadi del gusto».

Waterford ha dunque selezionato due varietà Single Farm Origin, con terroir distinti, per vedere se questi aromi naturali emergessero o fossero invece dominati dalla torba. «Trovare la torba irlandese della giusta qualità è stata una sfida – ammette Reynier – ma il problema più grande di tutti è stato che in Irlanda non c’erano più forni funzionanti. La conoscenza era ormai perduta. Abbiamo dunque bisogno dell’aiuto della Scozia».

PEATED WHISKY WATERFORD: COSA ASPETTARSI

Sebbene i livelli di torbatura siano simili a quelli di famosi whisky di Islay come Port Charlotte e Ardbeg e superiori a quelli di Bowmore o Lagavulin, «lo straordinario risultato è nettamente diverso – assicura l’ad di Waterford – con l’intensità dell’orzo irlandese che traspare dall’avvolgente involucro di torba raffinata».

Offre ai degustatori curiosi e ai fanatici della torba, che chiameremo tutti affettuosamente Peat Freaks, un’esperienza completamente nuova da confrontare e contrastare. O forse è semplicemente una vecchia esperienza di un’epoca passata, risvegliata? Chi degusta potrà poi dire se poi il terroir vince sulla torba».

I due whisky Waterford con torba saranno distribuiti in piccole quantità in tutto il mondo. Rivolgetevi oggi stesso al vostro rivenditore di alcolici per sapere se ne riceveranno in stock.

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Whisky vs Bourbon: qual è la differenza?

Conosciuto come “acqua della vita” fin dai tempi antichi, sembra che il Whisky sia oggetto di una storica contesa tra Inghilterra, Scozia e Irlanda. Anche se è quasi impossibile decretarne con certezza l’origine, magari ti interesserà conoscere alcune leggende su questo nettare prezioso!

Alcune credenze fanno risalire la scoperta di questo distillato agli agricoltori, che distillavano il Whisky dal loro orzo in eccesso. Altre leggende collegano invece questa pratica ai viaggi dei monaci missionari, che si muovevano tra l’Irlanda, la Scozia e l’Europa continentale.

Ciò che è certo è che, se nell’Irlanda del 1405 venne documentata la caduta di un capo clan per “eccesso di acquavite”, nel 1494 alcune prove documentano in Scozia la prima distillazione del Whisky! Sembra che sia stato proprio il re Giacomo IV di Scozia a concedere a frate John Corr “8 capsule di grano per produrre acquavite”.

Ma com’è fatto il Whisky?

Il Whisky è uno spirito distillato da mosto di cereali maltati come grano, mais, orzo e/o segale in percentuali variabili, a seconda della zona o della creatività del produttore. Questo distillato viene fatto invecchiare in botti di legno rovere. Si tratta di un prodotto famoso in tutto il mondo e di cui sono molto note alcune varietà come l’American Whiskey, il Bourbon Whiskey, lo Scotch Whisky e l’Irish Whiskey.

È bene sapere che l’etichetta “Whisky” comprende una grande categoria di distillati, che si differenziano in primis per la materia prima usata. Ad esempio, il Bourbon è uno specifico tipo di Whisky americano che si connota per alcune specifiche regole da seguire in fase di produzione! Per dirlo in altre parole e usando un classico detto degli esperti del settore, “tutto il Bourbon è Whisky, ma non tutto il Whisky è Bourbon”!

Cosa rende un Whisky, Bourbon?

Il Whiskey Bourbon è composto da grano, lievito e acqua e il suo nome deriva proprio dal luogo in cui è prodotto, la contea di Bourbon, nel Kentucky. La tradizione vuole che, dopo aver viaggiato lungo il fiume Mississippi in Louisiana, il Bourbon sia arrivato tra le distillerie della Old Bourbon County nel 1700: ancora oggi, tante distillerie non usano il termine “Bourbon” per classificare i loro spiriti, così da rendere onore alla sua storica origine!

In particolare, un Whisky può essere classificato come un Bourbon quando:

  • È prodotto negli Stati Uniti! Oggi, ben il 95% del bourbon viene ancora prodotto in Kentucky, il cui clima e l’acqua calcarea donano a questo distillato i suoi classici aromi.
  • La miscela iniziale deve contenere almeno il 51% di mais. Ad ogni modo, la maggior parte di questi distillati supera questa percentuale, arrivando fino al 70%.
  • La miscela deve essere al 100% naturale! È possibile unire al composto solamente dell’acqua e nessun altro tipo di additivo.
  • Mentre il Whisky può invecchiare su botti già usate, il Bourbon deve invecchiare per almeno due anni in una botte di rovere nuova e interamente tostata.
  • Alla distillazione, non deve superare l’80% di alcol in volume.

In ogni caso, che sia un classico Whisky o che sia un Bourbon, entrambi si classificano come una valida cura per rimediare ai raffreddori invernali!

Come sentire la differenza tra Whisky e Bourbon?

La materia prima utilizzata rende possibile classificare il Whisky a seconda di note di degustazione precise. Le sfumature del Whisky variano a seconda della tipologia. Spesso in ogni zona si usano materie prime differenti. Così un Whisky irlandese avrà note diverse da un whisky giapponese, quello giapponese da quello americano e così via.

Il Bourbon invece, che ha il colore giallo ambrato intenso tipico del Whisky, si distingue per le note più dolci ma allo stesso tempo morbide e decise di vaniglia, frutta gialla, caramello e rovere. Non risulta stucchevole, ma diverso dal classico gusto affumicato del Whisky scozzese.

Sei incuriosito dal vastissimo mondo del Whisky? Enoteche Piave è il luogo giusto per chi è alla prime armi, ma anche per gli intenditori più esperti! Sfogliando lo store online potrai scoprire e confrontare diverse varietà di Whisky e Bourbon e visitando i punti vendita potrai essere assistito nella scelta da sommelier professionisti. Dal 1997 la missione è solo una: essere un riferimento per il vino di qualità, in cui la passione viene prima di tutto!

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Proposta Spirits: la “tavolozza dei colori” del bartending

Proposta Spirits, il catalogo di Proposta Vini dedicato a distillati e liquori, continua a crescere. Presentato lo scorso 23 e 24 gennaio contemporaneamente al Catalogo 2022 di Proposta Vini, Proposta Spirits 2022 ha visto l’introduzione di oltre 70 nuove referenze. Quasi il 30% in più per un catalogo che esiste da soli due anni e mezzo.

La filosofia di Proposta Spirits si avvicina molto a quella di Proposta Vini. Andiamo a ricercare realtà piccole che altrimenti non avrebbero la possibilità di farsi conoscere. Andiamo a cercare cose molto particolari, artigianalità vera, prodotti naturali, liquoristica ed amari naturali senza nessun tipo di aroma», spiega Gian Nicola Libardi, selezionatore di Proposta Spirits.

GLI SPIRITS, LA “TAVOLOZZA DEI COLORI” DEI BARTENDER

Forte la presenza italiana fra i banchetti del padiglione 4 di Fiere di Parma, scelta dovuta all’emergenza sanitaria che ha reso difficile l’arrivo di molti produttori stranieri. Una presenza, proprio per questo motivo, un poco sbilanciata verso la liquoristica a discapito dei distillati.

«In realtà il catalogo è molto bilanciato – sottolinea Libardi – e comincia ad essere molto completo. Ci dispiace non averlo potuto presentare completamente». Una selezione che, proprio per la sua attenzione alla territorialità, si compone di prodotti fra loro differenti ed estremamente ricercati.

«Ci sono un mucchio di chicche, prodotti molto molto particolari con ingredienti che io chiamo “colori“. Mi piace definire chi lavora nel mondo del bar come dei pittori ed è bello fornire loro dei pigmenti nuovi. Dei sapori che normalmente negli spirits non ci sono».

«Fico d’india, un liquore alla carruba, un gin umami che gioca sul “quinto gusto” grazie a parmigiano e capperi. Liquori al passion fruit, non dolci ma ricchi di acidità. Dall’altro lato la ricerca di distillati internazionali. Importiamo del tequila direttamente dal Messico, così come altri distillati sudamericani e whisky di imbottigliatori indipendenti», racconta Libardi.

NON SOLO MIXOLOGY

Un catalogo che non è pensato solo per bartender/pittori. Buona parte della clientela è infatti costituita da ristoratori ed è anche a loro che si rivolge la selezione. Prodotti pensati per accompagnare il piatto o per il fine pasto.

«Ad esempio, se mangio una frittura o qualcosa che ha una certa grassezza, posso bermi un liquore con una bella acidità che lava la bocca». Una “coccola“, come la definisce Libardi. Il piacere di concedersi, alla fine del menù, un momento di piacere personale.

GRADO PIENO VS APPROCCIO SALUTISTICO

La selezione di Proposta Spirits strizza l’occhio a due tipologie di prodotto apparentemente in contraddizione. Da un lato la riscoperta, soprattutto nei whisky, del “grado pieno“. Dall’altro, nella liquoristica, la ricerca di ingredienti naturali e “salutari“.

«Al contrario di quanto accade in una certa parte del mondo, con la ricerca dei prodotti “Low & No”, noi assistiamo alla riscoperta del grado pieno – sottolinea il selezionatore di Proposta Spirits -. La nostra linea di whisky Blackadder è composta quasi tutta da single barrel».

«Circa 300 bottiglie edizione limitata per ogni etichetta. Il lavoro dell’imbottigliatore indipendente è questo: scegliere un prodotto, lavorarlo nei legni che seleziona e portarlo al consumatore così com’è. E tu che sei un cultore senti tutto il lavoro che è stato fatto».

Potenza alcolica che solo in apparenza contrasta con la moderna ricerca di prodotti attenti alla salute. Il focus, il punto di contatto, è l’attenzione alle lavorazioni di qualità. «C’è un’attenzione generale al mangiare bene, al tenersi in forma. Siamo abituati a sentire parlate di certi ingredienti come “salutari”. Questi ingredienti stanno cominciando ad arrivare anche nei nostri bicchieri, per una nuova concezione di cocktail».

«Chiudiamo così il cerchio. Ecco che questa ricerca di bere bene e “più salutare” – conclude Libardi – torna al nostro punto di partenza: scegliere prodotti naturali. Prodotti buoni, realizzati senza l’ausilio di aromi. Ricordiamoci che l’alcol, i distillati e gli amari sono nati come elisir di lunga vita. Era la farmacopea delle epoche passate».

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Italiani pazzi per le aste di vino e Champagne. E si guadagna fino a 60 mila euro l’anno

La bottiglia di whisky Macallan del 1949 battuta per 71 mila euro è seconda solo una rara collana colombiana, con smeraldo e diamanti, finita nelle mani di nuovi proprietari per 100 mila euro. Il podio degli oggetti più esclusivi venduti su Catawiki nel 2021 racconta bene, del resto, la passione degli italiani per le aste di vino e Champagne. Categorie cresciute del 45% e del 60% rispetto al 2020.

Il secondo anno di pandemia fa segnare tre nuovi record per l’industria delle aste online. Nel 2021 sono stati spesi più di 500 milioni di euro. Oltre un milione di persone ha fatto un’offerta per gli oltre 3,5 milioni di oggetti andati all’asta su Catawiki.

Sono questi alcuni dati che emergono dal Catawiki Report 2021, analisi realizzata dalla piattaforma di aste online leader in Europa. Un successo testimoniato anche dall’apprezzamento dei consumatori appartenenti alla “Generazione Z”. Giovani che, da nativi digitali e appassionati di tecnologia, si sono avvicinati al mondo delle aste online. Con un tasso di crescita del 21% rispetto allo scorso anno.

GLI ITALIANI E LE ASTE: BOOM DELLO CHAMPAGNE

Il volume degli acquisti dei consumatori italiani nel 2021 ha superato i 100 milioni di euro, con una spesa media di circa 1.000 euro, facendo dell’Italia il mercato principale di Catawiki.

Con oltre 50mila bottiglie vendute e una crescita del settore di quasi il 45% rispetto all’anno precedente, il vino si posiziona in pole position tra le categorie più amate dagli italiani.

Basti pensare che proprio in Italia è stata venduta la bottiglia più costosa messa all’asta a livello globale. Si tratta di una Domaine de la Romanée-Conti Romanée Conti Grand Cru del 2006 battuta per 15.500 euro. Ma è la categoria dello Champagne quella che ha fatto registrare una vera e propria impennata, in termini di oggetti venduti: il 60% rispetto all’anno precedente.

QUANTO SI GUADAGNA VENDENDO ALL’ASTA?

I venditori italiani nel 2021 hanno messo all’asta oltre 600 mila oggetti, per un valore complessivo di quasi 102 milioni di euro. Sono stati acquistati in gran parte da acquirenti italiani (34%) seguiti da francesi (oltre 14%) e olandesi (quasi 12%).

La platea dei venditori tricolore è composta essenzialmente da “amatori”, che rappresentano la grande maggioranza del totale e riescono a guadagnare oltre 3 mila euro l’anno con oggetti da collezione o preziose rarità trovate in cantina o in soffitta.

La rimanente minoranza è composta da professionisti che vendono circa un terzo degli oggetti totali (oltre 223 mila). E, grazie alla possibilità di approcciare in sicurezza un numero sempre più ampio di compratori internazionali, riescono a guadagnare una media di circa 60 mila euro l’anno.

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Sostenibilità: arrivano i camion ecologici che vanno a whisky

La famosa distilleria scozzese Glenfiddich sta lanciando una flotta di camion appositamente convertiti per essere alimentati con biogas verde prodotto dagli scarti di lavorazione del proprio whisky. La nuova tecnologia è stata sviluppata internamente da William Grant & Sons, la società proprietaria di Glenfiddich.

LA NUOVA TECONOLOGIA DI GLENFIDDICH

Il biogas prodotto dalla distilleria e usato come carburante riduce le emissioni di C02 di oltre il 95% rispetto a diesel e Gpl e deriva dai resti dei chicchi di malto. Chicchi esausti che normalmente vengono smaltiti e solo in parte riciclati come alimentazione per il bestiame.

L’innovativo sistema abbatterà la produzione di gas serra e particelle nocive fino al 99% rispetto agli altri combustibili fossili. Secondo Glenfiddich, ogni camion contribuirà a risparmiare fino a 250 tonnellate di Co2e all’anno, lo stesso vantaggio ambientale che si avrebbe piantando 4.000 alberi ogni anno.

LA FLOTTA DI GLENFIDDICH

L’iniziativa “Fuelled by Glenfiddich” fa parte degli sforzi del marchio per ridurre l’impatto ambientale del processo di produzione di Single Malt con l’obiettivo di raggiungere lo zero termico entro il 2040. La distilleria ha una flotta di 20 camion, tre dei quali sono già operativi con la nuova tecnologia. Gli altri verranno convertiti a breve.

I nuovi veicoli sono progettati per gestire il trasporto in ogni fase del processo produttivo, dell’imbottigliamento, del confezionamento e della spedizione. L’azienda ha costruito speciali stazioni di rifornimento presso la distilleria, a Dufftown, nel nord della Scozia.

«La nostra flotta di trasporto a biogas verde è assolutamente in linea con la nostra etica “Where Next“. Vogliamo sfidarci a cercare sempre “ciò che verrà”, senza riposare sui nostri risultati passati», dichiara Claudia Falcone, Global Brand Director di Glenfiddich.

IL WHISKY: UN’ECONOMIA CIRCOLARE

Glenfiddich, inoltre, punta a rendere disponibile il nuovo carburante e la sua tecnologia anche alla concorrenza nei prossimi mesi. Se il “whiskygas” diverrà lo standard per tutte le distillerie, non solo si avrà un grande beneficio per l’ambiente, ma si abbatteranno anche i costi di smaltimento degli scarti di lavorazione. Un esempio virtuoso di “economia circolare“.

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Terroir nel whisky: ecco la prova

Sono stati resi noti i risultati dello studio “The Impact of Terroir on the Flavour of Single Malt Whisk(e)y New Make Spirit” (L’impatto del terroir sul sapore del distillato bianco dei Single Malt Whisk(e)y). La ricerca, fortemente voluta e guidata dall’irlandese Waterford Distillery, pioniera della discussione sul whisky-terroir, è stata pubblicata lo scorso 18 febbraio 2021 su “Foods – international, scientific, peer-reviewed, open access journal of food science”.

Autori della pubblicazione sono: Maria Kyraleou e Kieran N. Kilcawley, Food Quality & Sensory Science Department del Teagasc Food Research Centre di Moorepark (Irlanda); Dustin Herb, Crop and Soil Science Department della Oregon State University (Usa); Grace O’Reilly e Neil Conway, Waterford Distillery (Irlanda); Tom Bryan, Boortmalt, Athy (Irlanda).

LA RICERCA
La ricerca ha analizzato due varietà di orzo, Olympus (LGB 11-8339) e Laureate (SY 412-328), coltivate in due diverse aziende agricole d’Irlanda in due anni diversi, il 2017 e il 2018, ottenendo 32 diversi campioni di micro-malto e micro-distillazione.

Questi campioni di distillato sono stati quindi analizzati utilizzando i più recenti metodi di gascromatografia olfattometrica a spettrometria di massa (GC/MS-O), nonché testati da un gruppo di esperti di analisi sensoriale altamente qualificati.

L’analisi ha identificato oltre 42 diversi composti aromatici, metà dei quali «sono stati direttamente influenzati dal terroir dell’orzo» dimostrando, al di là del rifiuto o dell’intuizione, l’incidenza del terroir nel whisky.

Questo studio interdisciplinare – dice il professor Dustin Herb – ha indagato le basi del terroir esaminando i meccanismi genetici, fisiologici e metabolici dell’orzo che contribuiscono al sapore del whisky. Utilizzando protocolli standardizzati di maltaggio, fermentazione e distillazione, abbiamo osservato sapori distinti associati agli ambienti di prova e anche variazioni di anno in anno, indicando che il terroir contribuisce in modo significativo al sapore del whisky».

LA SODDISFAZIONE DI WATERFORD DISTILLERY
Mark Reynier, Ceo di Waterford Distillery, si dichiara molto soddisfatto dei risultati, «L’orzo – dice – rende il whisky di malto lo spirit più ricco di sapore al mondo e a Waterford stiamo cercando di creare il più ricco di tutti. Per farlo abbiamo rifiutato l’omogeneità ed esaltato l’individualità. Identificare, proteggere e mostrare gli straordinari sapori naturali dell’orzo significa esplorare i terroir dell’Irlanda meridionale, fattoria per fattoria».

Alcuni nel settore, per ragioni oscure e nonostante le prove crescenti, negano l’esistenza del terroir nell’orzo e nel distillato che ne deriva – prosegue Reyner – eppure questo studio dimostra una volta per tutte quello che sapevamo da sempre: non solo il terroir influenza i composti aromatici nell’orzo, ma il suo effetto permane anche lungo il processo di produzione influenzando il sapore del whisky single malt».

«La nostra ricerca – conclude – è una piattaforma per diffondere, per la prima volta in 50 anni, nuove varietà (di orzo) basate sul sapore piuttosto che sulla resa, abbinando idealmente sapori e profumo al suolo e ai microclimi».

Questo primo articolo esplora l’impatto del terroir attraverso un whisky prodotto in modo neutro, maltato in laboratorio e distillato in modo uniforme per rimuovere eventuali variabili di produzione. Waterford ha già annunciato una nuova ricerca, che sarà pubblicata nel 2022, che esplorerà il ruolo del terroir all’interno dei prodotti commerciali della distilleria.

LE CONCLUSIONI DELLA RICERCA
«Questo studio – si legge nelle conclusioni della ricerca – ha tentato di determinare l’influenza del terroir sul sapore dei distillati di nuova fabbricazione valutando il contributo della varietà di orzo e del suo ambiente di crescita nell’arco di due stagioni attraverso analisi sensoriali e olfattometriche».

«È stato notato che la varietà, l’ambiente e l’interazione di varietà per ambiente hanno influenzato il carattere sensoriale dei nuovi distillati, con attributi sensoriali di frutta fresca e pungenti influenzati da tutti i fattori (varietà, ambiente e stagione). Tuttavia l’impatto dell’ambiente e l’interazione di varietà per ambiente risultano più pronunciati rispetto alla sola varietà sugli attributi sensoriali in entrambe le stagioni».

«Quarantadue composti volatili sono stati rilevati come potenziali odoranti che contribuiscono al sapore degli alcolici di nuova fabbricazione; tuttavia, otto sono stati considerati i più influenti: (E)-2-nonenale, β-damascenone, 3-metil-1-butanolo, furfurolo, etil-esanoato e un composto non identificato (sconosciuto 10 con un carattere erbaceo / erboso)».

«Anche altri quindici hanno avuto un impatto sull’aroma, ma in misura minore, e questi sono costituiti principalmente da esteri, sebbene non sia stato possibile identificare sei composti a causa della co-eluizione, della bassa abbondanza o del fatto che erano al di sotto dei limiti di rilevamento mediante spettrometria di massa. L’analisi chemiometrica dei dati volatili e sensoriali ha inoltre concluso che sia l’ambiente che la stagione hanno avuto un impatto maggiore sul carattere sensoriale aromatico dei nuovi distillati rispetto alla sola varietà».

«Gli ambienti sono stati scelti per questo studio in base a diverse condizioni pedoclimatiche, mentre le varietà di orzo sono state scelte in base a varietà commerciali comunemente in uso in Irlanda al momento dello studio, queste varietà condividono un patrimonio genetico simile che potrebbe averne limitato l’impatto sulla diversità dei sapori nel nuovo spirito di fabbricazione».

«Questo studio ha chiaramente dimostrato le variazioni nel contributo dei volatili aromatici attivi e degli attributi sensoriali in questi nuovi alcolici, che riflettono i cambiamenti nella crescita dell’orzo in relazione agli elementi ambientali, inclusi i nutrienti del suolo e le condizioni meteorologiche stagionali prevalenti; rivela quindi un effetto “terroir”».

«Ciò non è stato determinato in precedenza e crea la possibilità di produrre whisk(e) di diverse “vendemmie” con spirit di nuova fabbricazione che racchiudano i fattori che incidono sulla crescita della varietà d’orzo tanto quanto i parametri di lavorazione successivi».

«Sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere meglio l’impatto ambientale specifico sulla crescita dell’orzo e sulla sua gestione e lavorazione rispetto ai meccanismi genetici, fisiologici e metabolici che contribuiscono all’espressione del terroir non solo nel distillato nuovo, ma anche nel whisk(e)y per determinare l’importanza del terroir a valle del processo di maturazione».

L’intera ricerca è consultabile sulla pagina di Foods.

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Whisky, sempre più distillerie puntano su terroir e biologico

Sono sempre più numerosi i Whisky che puntano sulla territorialità, sul biologico e sulla sostenibilità ambientale della distilleria stessa. Dopo il “sasso” lanciato nello stagno del Whisky dall’irlandese Waterford sono molte le piccole realtà nate con una mission chiara: dare al distillato di cereale un’identità “Local & Organic“. Nelle ultime settimane sono ben tre le First Release di altrettante neonate distillerie.

NC’NEAN DISTILLERY: ORGANIC SINGLE MALT WHISKY

Operativa dal 2017 a Drimnin, sulla costa occidentale delle Highlands scozzesi lungo lo stretto che le separa dall’isola di Mull, Nc’nean Distillery ha lanciato il suo primo prodotto, Organic Single Malt Whisky, creato da orzo scozzese biologico e maturato per tre anni in botti di vino ex-Bourbon ed ex-vino rosso.

Organic Single Malt Whisky è certificato biologico, prodotto utilizzando il 100% di energia rinnovabile ed il packging stesso è ecosostenibile con una bottiglia di vetro trasparente riciclato al 100%. Nc’nean lo descrive come “Morbido ed elegante, disinvolto e delizioso comunque lo si beva, con sapori di agrumi, pesca, albicocca e spezie”.

“Quando ho lasciato il mio lavoro a Londra per fondare Nc’nean – spiega Annabel Thomas, fondatrice della distilleria – volevo creare una distilleria che fosse nota per la creatività e aprisse la strada alla sostenibilità. All’epoca, il 2020 sembrava incredibilmente lontano e abbiamo dovuto superare parecchi ostacoli durante il viaggio, ma sono incredibilmente entusiasta di essere arrivata a questo punto”.

Ma più di questo – prosegue – sento che la qualità e il gusto del nostro primo whisky dimostra come la ricerca dell’eccellenza attraverso un’attenta selezione dell’orzo e del lievito ed una fermentazione e distillazione lente e delicate, crei un whisky che è allo stesso tempo delizioso e sostenibile“.

Imbottigliato a 46% Abv, senza filtrazione a freddo e a colore naturale, Organic Single Malt Whisky è andato sold-out nelle prime 24 ore dal rilascio ma la distilleria prevede di mettere sul mercato nuovi batch in breve tempo.

ISLE OF RAASAY DISTILLERY: ISLE OF RAASAY SINGLE MALT – INAUGURAL RELEASE 2020

Prima release anche per la giovane Isle of Raasay Distillery, la prima distilleria legale dell’omonima isola delle Ebridi dal 1850. Isle of Raasay Single Malt – Inaugural Release 2020 è stato prodotto con l’orzo, annata 2017, coltivato da Andrew Gillies, agricoltore dell’isola con la quale la distilleria ha stretto una partnership.

Solo 7.500 bottiglie per questo Whisky maturato in botti ex-Tennessee “first fill” (di primo riempimento) e con un finishing in botti ex-Bordeaux anch’esse di primo riempimento. Imbottigliato a 52% Abv, a colore naturale e senza filtrazione a freddo Inaugural Release “ha sapori di mandorla, nocciola e spezie dolci. Le botti di vino rosso aggiungono sapori speziati ed una maggiore complessità”.

Questo è un momento davvero storico poiché il primo single malt legale dell’isola di Raasay lascia l’isola per la prima volta – dice Alasdair Day, cofondatore di Raasay – Siamo molto orgogliosi del nostro single malt, leggermente torbato, e della nostra bellissima bottiglia realizzata con stampi di argilla delle rocce e dei fossili di Raasay. È come un pezzo di isola nelle tue mani”.

COPPER RIVET DISTILLERY: THE MASTHOUSE SINGLE MALT WHISKY

Primo rilascio per Copper Rivet Distillery con sede nella storica Pump House n°5 del molo di Chatham, Kent. The Masthouse Single Malt Whisky è realizzto con orzo maltato Belgravia coltivato sulla vicina isola di Sheppey, al largo della costa settentrionale del Kent, ed invecchiato in botti ex-Bourbon e botti vergini di rovere bianco americano.

“Ogni bottiglia riporta chiaramente la varietà di orzo che utilizziamo, il nome del campo in cui è stato coltivato e il numero di barili in cui lo spirito è stato invecchiato”, dice Stephen Russell, co-fondatore della distilleria, nel descrivere la volontà di Copper Rivet di creare Whisky “Grain to Glass” (dal grano al bicchiere).

Non siamo in Scozia – prosegue Russel – quindi abbiamo una certa flessibilità nel processo. Una delle differenze più significative tra il whisky scozzese e quello inglese è che i distillatori di whisky inglesi non sono tenuti a utilizzare solo alcuni tipi di botti e alambicchi.  Inoltre, non dimentichiamo che le condizioni meteorologiche nel Kent e in Scozia differiscono in modo significativo, il clima del Kent è molto più caldo e secco”.

Da qui la scelta di utilizzare anche botti nuove per creare un whisky che il Master Distiller Abhi Banik descrive come “ricco di note di mela verde, biscotto allo zenzero e frutti tropicali. Al palato offre cioccolato all’arancia con un finale di malto e pepe bianco”.

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Terroir nel Whisky come nel vino? Uno studio inchioda l’industria dei distillati

Il terroir, concetto tanto caro ad enologi e sommelier nel mondo del vino, può essere applicato al Whisky? Quell’insieme tridimensionale di suolo, clima e topografia che influenza la crescita della vite ha lo stesso effetto sull’orzo? Secondo Mark Reynier, Ceo di Waterford Distillery in Irlanda, la risposta è affermativa.

Ci sono solo tre materie prime ammessi per la produzione del Whisky Single Malt: lievito, acqua e orzo – spiega Reynier – Si dice che il Whisky dipenda dalla giusta acqua o dalla botte usata in invecchiamento, ma non si parla mai dell’orzo. Perché questo punto cieco?”.

Waterford va ad aggiungersi ad un esiguo ma crescente numero di distillatori che stanno lavorando per dimostrare l’esistenza del terroir nel whisky, quali Rob Arnold, accademico e Master Distiller presso Firestone & Robertson Distilling Co., in Texas, e la giovane Isle of Raasay Distillery in Scozia (la prima release di Whisky è prevista per Natale 2020) che sta sperimentando nuove varietà di orzo da maltaggio coltivate localmente.

Nell’industria del whisky, l’esistenza del terroir è sempre stata negata per varie ragioni. Fra esse, le più comuni riguardano il fatto che l’orzo è solo un chicco e non può esprimere il senso del luogo in cui nasce, a differenza dell’uva che è un frutto.

Inoltre si sostiene che il processo di distillazione, per certi versi, “rimuova” le tracce del terroir. Infine, l’invecchiamento in botte maschererebbe e “coprirebbe” ogni possibile influenza del territorio.

Seguendo questa logica, l’industria ha sempre trattato l’orzo come una commodity. Una merce “base”, scelta e coltivata solo per la resa produttiva in un’ottica di efficienza. Suggerire o dimostrare che il sapore di uno Spirit differisca a seconda di dove cresce l’orzo, fattoria per fattoria, è quindi una verità molto scomoda.

IL PROGETTO DI MARK REYNER

Reyner ha maturato la convinzione che esista un concetto di terroir nel Whisky sull’isola scozzese di Islay, dove per 11 anni è stato a capo della Bruichladdich Distillery. Quello che Reynier ha appreso su Islay lo ha convinto che c’era altro da esplorare, creando così nel 2015 la Waterford Distillery, nel sud-est dell’Irlanda, per poter lavorare sul suo progetto di terroir nel Whisky.

Per lo studio, a partire dal 2017 sono state seminate e raccolte due varietà di orzo, Olympus e Laureate, in due siti distinti nel sud-est dell’Irlanda. Per l’esattezza, nelle città di Athy e Bunclody. Ad Athy, il suolo è “nutrizionalmente più ricco” di calcio, fosforo, magnesio e zinco, rispetto al suolo di Bunclody.

I protocolli di maltazione, fermentazione e distillazione sono rimasti invariati per tutti in campioni al fine di cogliere solo le differenze date dal territorio. Nel progetto è stato coinvolto Dustin Herb, Ph.D., ricercatore ed esperto di orzo presso la Oregon State University che nel 2016 presentò una ricerca rivoluzionaria sul sapore dell’orzo al World Brewing Congress di Denver.

Siamo stati in grado di studiare i meccanismi genetici che regolano i contributi dell’orzo al sapore del whisky – afferma Herb – e di determinare gli elementi ambientali chiave del terroir del whisky, di identificare le variabili organolettiche sia nella produzione che nella lavorazione del malto e di tracciare le influenze del terroir attraverso la maturazione dell’orzo”.

I risultati completi saranno pubblicati alla fine dell’anno e all’inizio del 2021, ma a quanto è dato sapere sembra essere dimostrato il terroir nel Whisky. L’analisi sensoriale avrebbe indicato che il sito di Athy fornisce aromi di frutta e malto più elevati rispetto a Bunclody, più ricco di note erbacee e minerali.

IL WHISKY “SINGLE FARM”

Il desiderio di Waterford Distillery è quello di portare sul mercato, qualora gli studi fossero definitivamente confermati, il Whisky “Single Farm”. Whisky provenienti da una sola “farm”, con un approccio in qualche modo simile a quello dei vini “singolo vigneto”, un lavoro molto complesso che necessita di un’infrastruttura notevole.

Si consideri ad esempio il lavoro che Waterford sta portando avanti con 97 agricoltori, compresi alcuni che coltivano in modo biologico o biodinamico. Ogni raccolto viene immagazzinato separatamente e ogni singolo whisky di origine agricola (circa 120 tonnellate per raccolto) impiega una settimana per fermentare e un’altra per eseguire una distillazione volutamente bassa e lenta.

Non solo. Dallo studio sembrerebbe emergere anche un impatto legato all’annata. “Questi sentori – afferma Herb – che spaziano dal fruttato, al floreale, al maltato, al terroso ed all’erbaceo, variavano negli anni per ogni tipologia di suolo. Questo indica un effetto ‘vintage’ in relazione ai cambiamenti metereologici e dei nutrienti del terreno di anno in anno”.

NUOVE PROSPETTIVE PER IL WHISKY?
Tipologia di Orzo utilizzata, zona di produzione e annata di raccolta. Nuove variabili che, se confermate, potrebbero cambiare lo scenario mondiale, già di per sé complesso, della produzione e consumo di Whisky. Storicamente l’orzo è sempre stato selezionato solo in base al rendimento e alla neutralità del sapore.

La produzione commerciale è tipicamente realizzata su larga scala e su un’ampia gamma di ambienti, per cui le varietà contemporanee devono avere prestazioni costanti e accomunabili per garantire costanza qualitativa. L’idea del terroir va a colpire il sistema industriale alla base.

Stiamo semplicemente grattando la superficie – conclude Herb – ma questo studio evidenzia l’importanza del terroir, se scegli di cercarlo. C’è molto da scoprire sfruttando la variabilità di sapore nel terroir, non ultima la diversificazione dei prodotti che apre opportunità alle micro distillerie per sviluppare mercati di nicchia“.

“Inoltre, ricalibrando la discussione sul whisky in linea con il vino e molti cibi raffinati, l’industria può attrarre una nuova generazione di consumatori”, conclude il motivatissimo Herb. La partita è solo al calcio d’inizio.

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Whisky Bible 2021 sotto attacco: recensioni sessiste o libertà di espressione?

Whisky Bible 2021 è stata criticata dall’esperta di Whisky Becky Paskin per le sue recensioni giudicate “sessiste e volgari“, tanto da indurre “a considerare le donne come oggetti”. Pubblicata annualmente da Jim Murray dal 2003, Whisky Bible raccoglie le note di degustazione del celebre esperto su circa 4.500 etichette.

Un volume divenuto, negli anni, uno dei testi di riferimento del settore. Non senza polemiche, come dimostrano le bordate arrivate a pochi giorni dall’immissione in commercio della guida, sugli scaffali delle migliori librerie.

La Paskin, fondatrice con Georgie Bell di Our Whisky nel 2018, ha apertamente attaccato la “Bibbia del Whisky” in una serie di post sui social network, sostenendo che “le aziende dovrebbero smettere di festeggiare per esser state premiate fra i 50 migliori Whisky “da Murray.

Perché l’industria del Whisky tiene ancora così in grande considerazione la Whisky Bible di Jim Murray quando le sue recensioni sono così sessiste e volgari?”, chiede la Paskin, sottolineando come nella guida “ci sono 34 riferimenti al whisky come ‘sexy’ e molti altri paragoni spinti fra il bere whisky ed i rapporti sessuali con donne”.

Fra le recensioni sotto accusa, quelle di due prodotti della distilleria Penderyn, realtà Gallese guidata da un team tutto al femminile. Murray scrive di Penderyn Celt: “Se fosse una donna, vorrei fare l’amore con lei ogni notte. E la mattina. E al pomeriggio, se potessi trovare il tempo… e l’energia…”, mentre sulla descrizione di Penderyn Single Cask si legge “questo whisky esalta le note maltate come un sessuomane che si diverte in un trio”.

O ancora la recensione di Canadian Club Chronicles, Water of Windsor, che recita: “Mi sono già divertito così tanto con una sexy canadese di 41 anni? Ebbene sì, l’ho fatto. Ma son passati alcuni anni e non era un whisky. Fu migliore quel divertimento? Probabilmente no”.

Si è lavorato duramente – conclude Becky Paskin – per cambiare la reputazione del Whisky come ‘bevanda da uomo’, ma condonare, persino celebrare, un libro che contiene un linguaggio simile cancella gran parte di quel progresso.

Alle donne che lavorano nel settore viene ancora chiesto se gradiscono anche il whisky. Ambasciatrici e produttrici, spesso devono sopportare commenti maliziosi durante le degustazioni e i festival di whisky. Questo. Deve. Finire”.

I post hanno avuto per lo più riscontri positivi, in particolare da parte di Felipe Schrieberg, collaboratore di Forbes, che ha esortato i lettori a boicottare la Whisky Bible 2021.

LA REPLICA DI JIM MURRAY
Murray ha rapidamente risposto alle accuse sostenendo che si tratta di un “attacco alla libertà di pensiero“.

Non è una questione di presunto sessismo – si legge nella dichiarazione – relativamente alle accuse palesemente inventate contro di me per scopi molto chiari. Questo è un attacco all’essenza stessa di ciò che significa essere un critico in qualsiasi ambito, sia esso musica, arte, sport, vino o whisky. In altre parole: un attacco alla libertà di pensiero e di parola“.

Murray difende il proprio operato sostenendo di “non essere sessista” né di aver “mai scritto in modo sessista sulla sua guida”. Si definisce “spaventato da come il dibattito si sia convertito in una battaglia fra la libertà di parola ed il puritanesimo privo di ironia” e da come “venga interpretato come ‘sessista’ il paragone fra un Whisky ed un orgasmo”.

Che io sappia – prosegue Murray – maschi, femmine e persone transgender, tutti provano un orgasmo. Sono uno scrittore professionista e utilizzo un linguaggio a cui possono relazionarsi gli adulti, poiché la Whisky Bible è scritta per gli adulti. Dipingo immagini di un whisky e se un orgasmo è l’immagine o la sensazione che si forma nella mia mente, allora lo dico. Ed ho tutto il diritto di farlo“.

Murray non si risparmia e accusa i suoi detrattori, colpevoli di non pubblicare contenuti interessanti e costruttivi che possano contribuire a diffondere la cultura del Whisky nel mondo. Puntando invece alle “facili critiche”, al solo scopo di screditarlo.

“Piuttosto che scrivere articoli interessanti, ingegnosi ed avvincenti sul whisky, altri scrittori preferiscono impegnarsi nella ‘cultura dell’annullamento‘, per denigrare l’autore di maggior successo al mondo sull’argomento”, conclude Murray.

Aggiungendo che “queste accuse oltraggiose e inventate” non lo faranno “deragliare dal percorso intrapreso”: “La mia difesa del grande whisky continuerà. La mia libertà di parola continuerà”, assicura Murray. Insomma, l’orgasmo è appena iniziato.

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Stock Spirits è il nuovo distributore per Beam Suntory in Italia

Ha preso vita l’accordo di distribuzione fra la storica azienda italiana di liquori Stock Spirits Italia e Beam Suntory, una delle aziende leader nel mondo per la produzione di premium spirits.

Il portfolio di Beam Suntory, che annovera brands di statura globale, va così ad arricchire l’offerta di Stock srl nelle categorie whisky, gin e cognac.

Stiamo lavorando per costruire una portfolio company orgogliosamente italiana per stile, qualità e tradizione, ma con una forte vocazione nel mondo degli international spirits – afferma Marco Alberizzi, Amministratore Delegato di Stock Italia – Le marche affermate di Beam Suntory ci permettono di giocare un ruolo di primo piano e completare il nostro assortimento di spirits per il mondo dei cocktail bar e della notte, dove oggi siamo presenti soprattutto con la vodka Keglevich”.

“Dopo l’acquisizione di Distillerie Franciacorta, che ci proietta fra i top players nella grappa, la partnership distributiva con Beam Suntory testimonia la forte volontà della nostra azienda di investire sul mercato italiano. Stiamo allargando il nostro presidio a tutte le occasioni, dall’aperitivo, al classico dopo cena, dove già oggi giochiamo un ruolo da leader, e la notte, dal consumo liscio alla miscelazione”.

Stock Spirits Italia fa parte di Stock Spirits Group, leader nel settore dei liquori nell’Europa Centro-Orientale. Questa partnership italiana va a completare la collaborazione già in essere fra Stock e Beam Suntory in altri Paesi europei quali Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Croazia.

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Marzadro: identità territoriale e futuro della Grappa Trentina

Trento Doc, Vermut Altolago, Amaro Marzadro. Si apre così la nostra visita alla Distilleria Marzadro, a Nogaredo (TN). Un twist sullo “Sbagliato” a base di prodotti del territorio. A proporlo è il bartender Leonardo Veronesi (del Rivabar di Riva del Garda) che collabora con Marzadro proprio per sdoganare la Grappa, prodotto regina della distilleria, in mixology.

L’approccio è chiaro: proporre la grappa in miscelazione per introdurla al consumo in purezza. Strizzare l’occhio al bere mescolato sia per volumi sia come veicolo per rendere il brand riconoscibile ed evolvere il consumatore verso il consumo in purezza.

Questo perché il competitor non è più il vicino di casa, grappaiolo pure lui. La concorrenza oggi sono gli altri grandi distillati, come Whisky, Cognac e Rum, tanto quanto i sempre più presenti Gin e Botanical Spirit.

Lavorare quindi sulle potenzialità della grappa come ingrediente, senza quindi sviluppare un prodotto apposito come invece hanno fatto altre aziende. Drink a base grappa che divengono accompagnamento a piatti gourmet. Abbinamento cibo-cocktail che trova qui un’ulteriore sdoganamento.

Ma questa è solo la punta dell’iceberg. Alle spalle c’è la storia e la tradizione di un’azienda nata sul finire degli anni ’40 per volere dei fratelli Sabina ed Attilio Marzadro e cresciuta nel tempo fino all’avvio dell’attuale stabilimento nel 2004. Sempre sotto il segno della qualità.

Otto alambicchi a bagnomaria . Gestione separata delle vinacce e degli sgrondi. Circa 50.000 quintali di vinacce lavorate ogni anno, tutte da viticoltura trentina. Periodo di distillazione di circa 100 giorni all’anno per poter lavorare la materia prima a breve distanza di tempo da vendemmie e vinificazioni. 27 milioni di bottiglie/anno suddivise in oltre 70 etichette differenti.

Numeri di quella che è, ad oggi, “un’azienda grande fra le piccole” come sottolineano gli eredi di casa Marzadro Alessandro e Stefano.

LA DISTILLERIA
Entrare nella distilleria significa entrare in un edificio appositamente pensato e realizzato per fare la grappa e comunicarla al consumatore. Un edifico che punta all’ecosostenibilità ed all’integrazione col territorio finanche al tetto, ricoperto da un manto vegetale.

Già dall’esterno si ha un immediato senso di accoglienza dato dall’assenza di una recinzione che divida dalla strada antistante. Colori tenui e le grandi vetrate del punto vendita che invitano a fermarsi anche solo per curiosare.

All’interno risulta chiaro come la parte operativa-produttiva e la parte da “enoturismo” condividano gli spazi senza intralciarsi vicendevolmente.

La sala di distillazione, il sancta sanctorum dell’impianto, è attorniata da un corridoio che permette ad eventuali visitatori di osservare le varie fasi senza disturbare.

Ma dietro a questo studio estetico-funzionale c’è tutta l’esperienza e la ricerca della qualità delle generazioni della famiglia Marzadro. Alambicchi in rame “a bagnomaria” per ottenere distillazioni più pulite rispetto ai tradizionali “cestelli”. Due batterie di sistema alambicco-colonna che convergono su due contatori piombati per ragioni fiscali (l’equivalente dei “spirit safe” scozzesi). Oltre 2400 sigilli daziali a garantire l’incolumità della produzione.

Ma nonostante la tecnologia e gli automatismi la distillazione è ancora, in parte, un gioco di sensibilità. Il sapere si tramanda ancora oggi con la nuova generazione che lavora a fianco della precedente.

LA BOTTAIA
1000 Kg di vinaccia, lavorati per circa 4 ore, danno origine a circa 60 litri di grappa. Grappa bianca che in alcuni casi verrà invecchiata. La bottaia trasmette lo stesso “concept” architettonico della produzione: convivenza fra lavoro e visita, fra esigenze tecniche e turismo.

Se le botti sono custodite in depositi sotto sigillo della Guardia di Finanza per ragioni fiscali per il visitatore è comunque possibile osservarle grazie ad un camminamento sopraelevato.

Oltre 3000 botti fra Ciliegio, Acacia, Frassino. Legni di diversa grana e diversa tostatura. Botti ex Porto. Anfore di terracotta. Tutti ingredienti della formula alchemica dell’invecchiamento. Elementi dello stile della Casa.

Materiale e tempo che creano la gamma dei prodotti invecchiati Marzadro, dall’iconica “18 Lune” alla linea “Giare“, finanche alla grappa affinata in anfora.

MADONNA DELLE VITTORIE
Marzadro però non è solo grappa. Da tre anni è stata infatti acquisita Madonna delle Vittorie, una realtà fatta di una cantina ed un frantoio. Siamo ad Arco (TN), punta nord del Lago di Garda.

Lavorazione artigianale delle olive (anche conto terzi, vista la scarsità di frantoi nell’areale), 50% varietà nere 50% varietà verdi, per produrre un olio Garda Dop fragrante, dal colore brillante che alterna dolcezze a note amaricanti e ad una leggere piccantezza.

Teroldego, Rebo, Nosiola, Gewurtraminer, Pinot Bianco, Chardonnay. Filari stretti per creare competizione fra le viti. Circa 40 ettari in conduzione di cui 8 di proprietà. Produzione annua di 150.000 bottiglie. Un Trento Doc fragrante e fruttato ed una linea di vini fermi che, così come l’olio, sembrano cercare una proprio specifica identità.

L’areale del nord Garda è una sottozona molto particolare. Una zona che attutisce le annate molto umide anche grazie ai due venti che soffiano regolari, il Pelér al mattino e l’Ora al pomeriggio. Zona di sbalzi termici. Quasi una goccia di mediterraneo nel nord Italia.

Ma se questa parte di mondo da vita ad un olio la cui qualità è conosciuta e rinomata per i vini l’identità è ancora tutta da scoprire. La Nosiola, unico vitigno autoctono trentino a bacca bianca, da vini ancora sconosciuti ai più così come il Gewurztraminer che qui ha una declinazione differente, meno aromatica e più elegante, rispetto all’areale altoatesino.

Un angolo di Trentino ad oggi forse più noto come località da turismo sportivo (vela, arrampicata e bici le attività principali) che però nasconde in se un piccolo cuore enogastronomico da scoprire.

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Io bevo così 2020: vino naturale, Spirits e Cena di Gala all’Excelsior Gallia di Milano

MILANO – Torna all’Excelsior Hotel Gallia di MilanoIo bevo così“, edizione 2020 (la VII) di uno degli appuntamenti più esclusivi dedicati al vino naturale in Italia. L’evento è in programma lunedì 27 gennaio presso il prestigioso 5 stelle di piazza Duca d’Aosta 9 ed è riservato a professionisti e alla stampa del settore Horeca. I migliori assaggi dell’edizione 2019 e l’intervista esclusiva rilasciata a WineMag.it dagli organizzatori.

Visto il successo crescente registrato nella storia della manifestazione, Andrea Sala e Andrea Pesce, ideatori del format, hanno riservato agli ospiti di Io Bevo Così 2020 un nuovo spazio dedicato al mondo degli Spirits: Gin, grappe, rum, whisky, liquori e amari di grandi maestri, che indicheranno la strada verso le nuove tendenze della ristorazione. Per partecipare occorre registrarsi a questo link.

“L’obiettivo della manifestazione – spiegano Sala e Pesce – è sempre stato quello di far conoscere e apprezzare i vini naturali a un pubblico sempre più ampio e alla ristorazione italiana. Dal 2014, Io Bevo Così è cresciuta anno dopo anno, grazie anche alle numerose aziende che hanno seguito e sostenuto il percorso intrapreso dagli organizzatori condividendo con loro questa visione”.

Sono stati 1840 i ristoratori accreditati nell’edizione 2019, accanto a 370 giornalisti: 130 i produttori, con 820 vini in degustazione. L’altra novità riguarda i cultori della buona cucina.

Domenica 26 gennaio, sempre all’Excelsior Hotel Gallia, è in programma la Cena di Gala. Un appuntamento ormai consolidato per rimarcare il fil rouge che lega Io Bevo Così al mondo dell’alta ristorazione.

Il servizio sarà curato dallo staff della prestigiosa struttura, che può vantare da diversi anni la consulenza dei Fratelli Cerea del Ristorante Da Vittorio di Brusaporto (BG), 3 stelle Michelin.

Altri rinomati chef si alterneranno in cucina, per proporre un menu di sei portate. I vini verranno selezionati dagli organizzatori tra le aziende partecipanti alle degustazione del giorno successivo.

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Non solo vino a Vinitaly 2019: cronaca dei migliori distillati, dal Gin al brandy italiano

VERONAVinitaly 2019 si conferma non solo la più importante fiera italiana dedicata al vino, ma anche una grande finestra per produttori, distributori e professionisti degli Spirit.

Notevole infatti la presenza di stand dedicati ai distillati, tanto da rendere pressoché impossibile visitarli tutti.

GLI ASSAGGI DI WINEMAG
Sull’onda della moda del Gin, Rinaldi presenta Yu Gin. Gin francese che conta nelle proprie botaniche anche Yuzu, agrume giapponese, e pepe di Sichuan.

E proprio da questi trae la sua grande freschezza tanto al naso quanto al palato, morbido e vivace.

Sempre da Rinaldi due Mezcal e due Tequila. I Mezcal di Tier si distinguono per il piacevole ed armonico profumo di brace. Più erbaceo Ensamble I, più tipicamente fruttato Espadin.

I Tequila Viviana, tanto il Blanco quanto il Reposado, si caratterizzano per la grande pulizia, il sorso asciutto e la piacevole persistenza fruttata.

Notevole il Whisky giapponese Kamiki. Blended Malt di whisky giapponesi è l’unico al mondo a riposare in botti di cedro giapponese, il legno tipicamente usato per costruzione dei templi. Equilibrato, regala sentori di frutti rossi maturi, miele ed una piacevolmente marcata nota di tè verde.

Sorprende St. George Spirits da Alameda, California. Una linea di Gin e Vodka artigianali di ottima fattezza. Terroir Gin vuole, nelle intenzioni, raccontare il territorio e ci riesce portando al naso del consumatore i profumi della foresta californiana: abete, alloro, salvia, e freschezza agrumata.

Botanivore raccoglie in se 19 differenti botaniche bilanciando molto bene note di agrume, di spezie come pepe, cannella, aneto e coriandolo, ed una piacevole nota erbacea. Dry Rye è il più secco e speziato, un gin che non nasconde l’uso di alcool di segale (Rye, appunto). Un gin per gli amanti dei whiskey americani.

Chiude Green Chile, vodka ai peperoncini dolci californiani. Piccante quel tanto da non disturbare è un prodotto originale che può dare spinta in mixolgy. Da Pojer e Sandri è piacevole l’assaggio di Sorbo dell’Uccellatore, acquavite di Sorbus Aucuparia. Profumo dolce che ricorda il marzapane e corpo morbido con sentori fruttati.

Roner, distilleria altoatesina di Termeno, presenta qui un nuovo amaro di erbe. Non ancora etichettato andrà in commercio a giugno 2019. 32% ben integrati nel prodotto, tendenza dolce ed piacevolissimo aroma di erbe aromatiche e bergamotto. I vicini di casa di Psenner oltre alla linea di grappe e distillati di frutta, affiancano un vero e proprio cocktail bar in cui i prodotti di casa diventano ingredienti.

LA CULTURA ITALIANA
Di tutt’altro avviso Bruno Pilzer, della Distilleria Pilzer in Val di Cembra. “Bisogna riuscire a riportare al centro il prodotto italiano principale, cioè la Grappa”. E’ con queste parole che Bruno esordisce sintetizzando in un secondo un pensiero profondo. Pensiero che sfida le mode in nome della tradizione e della cultura italiana.

“Se non sei italiano non capisci l’Italia” e quindi la grappa diviene sia identità nazionale che strumento per spiegare il nostro paese all’estero. Prodotti di altissimo livello qualitativo. Tanto le grappe da vitigno quanto la grappa blend Delmè ed i distillati di frutta (albicocca e pera che abbiamo avuto la fortuna di assaggiare).

Non si può parlare di qualità italiana della distillazione senza fare tappa allo stand di Villa Zarri, dove Guido Fini ci guida nell’assaggio della sua linea di Brandy. Nel 16 anni Assemblaggio Tradizionale ritroviamo tutte le note già incontrate nel 10 anni impreziosite da una maggiore balsamicità e da una più marcata tostatura del legno.

Il 23 anni Millesimo 1994 regala note complesse di cera d’api, crema pasticcera ed agrumi canditi. Particolari il 14 anni Millesimo 2002 affinato in botti ex Marsala Florio, che risulta facile e morbido, ed il 18 anni Selezione Tabacco che risulta molto più erbaceo “verde”.

Chiude il 28 anni millesimo 1998, ricco di terziari ma anche di una nota fruttata di fondo che sa di pesca e rimanda, mentalmente, ad alcuni Single Malt nord irlandesi. Impressiona, davanti a brandy tanto ben fatti, la frase di Guido: “Io sono un bambino. Distillo ormai da decenni ma per i tempi di questi prodotti io non ho certo l’esperienza di certe Maison”.

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Single Malt Scotch Whisky Glenfiddich 12 y.o.

(3 / 5)  Uno dei Single Malt Scotch Whisky più famosi al mondo. Di corpo leggero e facile beva è un vero e proprio “entry level” per chiunque decida di avvicinarsi al mondo dei malti non torbati. Glenfiddich 12 y.o. è proprio questo, una di quelle bottiglie che non mancano mai in casa ne sullo scaffale dei supermercati.

LA DEGUSTAZIONE
Dorato scarico, tipico, quasi didattico. Da subito sentori floreali freschi ed erbacei, poi frutta. Una nota netta di mela stark e pera cui segue un leggero miele millefiori.

In bocca è cremoso e piacevolmente scorrevole. liscio, senza sbavature, pulito, nel retro olfattivo si arricchisce di una leggere speziatura. Nessuna traccia di torba.

Mediamente persistente, dolce ed asciutto, chiude con un leggero sentore legnoso. Whisky per tutti i palati e tutte le tasche è il compagno ideale per l’aperitivo o un amico fidato se accompagnato a primi piatti non troppo strutturati.

GLENFIDDICH
Nata nel 1887, la prima distillazione avvenne il giorno di Natale del 1887, Glenfiddich è una di quelle distillerie ad aver segnato la storia del whisky scozzese. Da prima rifornendo i più grandi ed importanti grandi blender di Aberdeen, e poi letteralmente “inventando” il Single Malt. È infatti del 1963, proprio ad opera di Glenfiddich, il primo imbottigliamento “in purezza”.

Glenfiddich 12 y.o. è prodotto secondo tradizione scozzese e maturato per di 12 anni in botti ex bourbon americano ed in minima parte in ex sherry. Un prodotto pluripremiato a livello internazionale al punto da essere diventato un classico.

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Scotch Whisky Hazelburn 10 y.o.

(4,5 / 5) Se state cercando uno Scotch Whisky diverso dal solito per brindare al nuovo anno Hazelburn 10 y.o. potrebbe fare al caso vostro.

LA DEGUSTAZIONE
Color oro antico, trasparente ma non luminoso. Intenso e coinvolgente al naso apre su note fruttate di pera e mela.

Seguono note dolci di miele, burro e caramello. Solo in ultimo appare un sentore tostato che ci riporta al malto ed hai biscotti.

In bocca è scorrevole, di buon corpo, con alcolicità (46%) molto ben vestita. Nel retro olfattivo si avvertono tutti i sentori percepiti al naso con l’aggiunta di un tocco speziato tanto di spezia dolce come liquirizia e cannella, quanto di spezia aromatica come il pepe nero.

Sul principio un po’ oleoso dopo il sorso, quasi non volesse lasciar sola la nostra bocca, ha una buona persistenza giocata sui profumi del cioccolato al latte e del malto.

HAZELBURN e SPRINGBANK
Diverso dal solito perché diverso da quello che, spesso, molti si aspettano da un whisky scozzese. Nessuna traccia di torba nel bicchiere. Non tutto lo scotch infatti e torbato e questo ne è un bellissimo esempio.

Diverso dal solito perché diverso è il metodo produttivo. Non tutto il whisky scozzese è infatti prodotto con doppia distillazione. Due sono le eccezioni ed una è quella che vi abbiamo appena raccontato. Hazelburn è infatti prodotto con tre cicli di distillazione ad alambicco alla ricerca di una maggiore purezza e pulizia dei sentori.

Diverso dal solito perché prodotto in una regione marginale. Non siamo su Islay ne nello Spayside. Siamo a Campbeltown, nella penisola di Kintyre. Regione di grande importanza storica per il whisky ma nella quale sopravvivono solo due distillerie.

Springbank ne è la portabandiera e produce tre malti diversi: Springbank, marchio storico leggermente torbato, Longrow, molto torbato e per l’appunto Hazelburn, non torbato.

Hazelburn 10 y.o. è invecchiato 10 anni in botti ex bourbon americano di secondo passaggio. Imbottigliato a 46% senza filtraggio a freddo. Solo 9 mila bottiglie per questo prodotto la cui dolcezza sembra quasi contrastare con l’aspro clima del territorio in cui nasce.

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Spirit Experience: al Merano Wine Festival sbarcano i distillati

Il Merano Wine Festival 2018 è stato anche Spirit Experience. Per la prima volta all’interno della Gourmet Arena ha fatto mostra di se una selezione di distillati, masterclass dedicate e preparazioni dei bartender presenti.

Il mondo del vino, in uno dei suoi appuntamenti più prestigiosi, ha aperto le porte al mondo degli spirits. Per la prima volta, i “distillati” hanno messo la punta del piede all’interno del mondo del vino.

Un binomio, quello fra vino e spirits, che in realtà è da sempre ben presente nella testa dei consumatori, ma che ha sempre visto contrapposti i due mondi. Quasi non ci fosse interesse reciproco. Quasi che un bevitore di spirits o di mixology non sia intenditore di vino e viceversa.

E così, mentre a Milano si teneva il Milano Whisky Festival (di cui vi abbiamo raccontato la scorsa edizione), ecco spuntare nella Passerpromenade di Merano bottiglie di superalcolici, amari e vermouth.

Non moltissime, per la verità, e con un forte sbilanciamento al “bere mescolato” piuttosto che al consumo “in purezza”. Ma per essere la prima occasione decisamente un grande successo.

LE TIPOLOGIE, GLI ASSAGGI, LA COCKTAIL COMPETITION

Qualche “incursione” dall’estero, ma sono prodotti e produttori italiani a guidare il gioco alla Spirit Experience. Primo fra tutti il più italico degli spiriti: la Grappa. Protagonista non solo dei banchi d’assaggio ma anche di una masterclass a lei dedicata.

Dalla bianca di Nardini, che propone Extrafina per i 240 della distilleria, alla bianca aromatica di Roner, monovitigno di Gewurztraminer ricca del suo varietale. Sempre Roner propone la ottima Weissburgunder (da noi già degustata a al Milano Rum Day), mentre interessanti sono le due ambrate: Selezioni, edizione limitata di Marzadro ricca di terziari legnosi e Fuoriclasse, riserva 7 anni di Castagner, che non snatura i profumi primari.

Italia che tiene banco anche sul fronte del Gin. Seven Hills stupisce per la freschezza erbacea del suo Dry mentre Greedy Gin, dal veneto, è più profondo e balsamico con note di lavanda e thè verde. Dalla Calabria è Vecchio Magazzino Doganale a sorprendere con un Gin dai sentori affumicati, mentre Gin del Professore gioca su note agrumate e Roner mette i boschi dell’Alto Adige in un Gin che profuma di pino cirmolo.

Italia che si confronta anche sugli altri spirts internazionali. Stock presenta qui il suo Brandy Riserva 20 anni per i 130 di attività, saranno 5000 bottiglie non ancora confezionate (ma abbiamo la possibilità di assaggiare una campionatura): uno spirito di gran corpo ricco di note erbacee e con un leggero tannino probabilmente dovuto ai legni dell’invecchiamento, sapido e persistente chiude in modo leggermente amaricante.


Puni
porta l’intera gamma dei suoi Whisky fra cui spicca Vina, 5 anni di invecchiamento in botte ex Marsala vergine: secco e verticale ricco di note vinose e di frutta secca. Roner tiene alta bandiera del Rum col suo R74: morbido e dolce dai sentori fruttati.

Grande carrellata di liquori della tradizione come Limoncello, Nocino, Cedro, Rabarbaro, Anice e liquori a base di frutta ma è la grande qualità dei Vermouth a cogliere l’attenzione. Martini Riserva Ambrato gioca sul dolce-amaro di miele e rabarbaro.

Roner con GW utilizza il Gewurztraminer come vino base arricchendolo con le botaniche ma senza perderne la caratteristica nota fruttata.

Gamondi (Toso) col suo Vermouth di Torino Superiore Rosso si rifà alla tradizione piemontese dove arancia amara e china donano intensità e freschezza.

Originali le due proposte di Tomaso Agnini. Vermouth al mallo di noce, più morbido e dolce, e Vermouth all’aceto balsamico, più fresco. Ottima l’intera linea di Del Professore: Bitter, Aperitivo ed i Vermouth Classico, Chinato, di Torino e di Torino Superiore.

Aziende italiane che si distinguono per la loro produzione e costante presenza nelle ricette dei bartender di tutto il mondo, come Luxardo, che oltre al famoso Maraschino qui porta anche Bitter, Sangue Morlacco ed il proprio Triple Sec, o come Varnelli coi proprio liquori, amari e distillati.

E proprio Varnelli, per la celebrazione dei 150 anni di attività, è stata la protagonista della Cocktail Competition tenutasi il 12 novembre alla Spirit Experience.

Nove giovani emergenti Bartender italiani si sono sfidati nella preparazione e presentazione di cocktail da loro ideati a base “Varnelli”. Una gara che ha visto vincitore il giovanissimo Alessandro Governatori del Bar Torino di Ancona con la sua ricetta “La merenda di nonno Italo“:

La merenda di nonno Italo
30 ml di Varnelli Anice Secco Speciale
30 ml di Vermouth uvaggio rosso
30 ml di Amaro dell’Erborista
Top Cedrata
5 ml Caffè Moka Varnelli

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Whisky & Rum Day 2018: Milano capitale dei distillati

Si è tenuto lo scorso 28 e 29 ottobre a Milano presso il Megawatt Court The Whisky Day e The Rum Day 2018. Evento aperto ad appassionati e professionisti del settore che hanno potuto scoprire, confrontarsi e degustare tanto le novità del mercato quanto le grandi conferme. Proprio la trasversalità degli avventori è la chiave di lettura dell’evento.

Ecco quindi che fra i banchi d’assaggio non troviamo eccellenze assolute o rare bottiglie da collezione, ma prodotti di ottima fattura nati per soddisfare il consumatore, tanto l’esperto quanto il neofita, siano esse consumate “streight” o attraverso le sapienti mani di un “mixologist”. Ecco quindi far capolino fra whisky e rum anche altri distillati.

I MIGLIORI ASSAGGI
Al solito è impossibile raccontare l’intera manifestazione in poche righe, ci limitiamo quindi a raccontarvi gli assaggi che più hanno colpito la nostra attenzione.

Michter’s, dal Kentucky, porta una interessantissima selezione di Bourbon e Rye. Sette prodotti diversi per tipologia di legno utilizzata e durata di invecchiamento.

Fra tutti svettano il Bourbon 10yo ed il Rye 10yo, pieni morbidi e strutturati, con menzione d’onore al Streight Rye Toasted Barrel Finish che alterna all’acidità del Rye una spiccata nota di frutta secca netta e pulita anche nella breve persistenza.

Sempre dagli Stati Uniti Jack Daniel’s presenta Single Barrel Rye. Un Rye da singolo barile prodotto col tipico processo di mellowing. Un Rye dolce e vanigliato, perfetta declinazione della segale secondo lo stile JD.

Dall’Irlanda si fanno notare Redbreast 12yo, un pot still ben equilibrato pulito fresco e consistente, ed le due release di Mitchell & Son Green Spot, fresco e speziato, e Yellow Spot 12yo, più dolce e morbido.

Ancora l’Irlanda protagonista con Teeling che a fianco degli ormai noti imbottigliamenti (veri punti di riferimento per gli appassionati) presenta Brabazon, finissato in botti di Porto rotondo e vinoso, e Trois Rivières Small Batch.

Quest’ultimo attore di un gioco curioso: se Teeling ha usato botti ex rum agricole della distilleria Trois Rivières per il suo whisky al capo opposto della sala troviamo al bachetto di Trois Rivières un rum finito in botti ex Teeling. Un Whisky che profuma di Rum ed un Rum che profuma di Whisky che valgono la degustazione incrociata.

Fra i rum oltre alle grandi conferme di Damoiseau si distinguono le due release di Hampden, rum dalle forti note secondarie prima ancora che terziarie, e la bella verticale 12yo, 18yo e 25yo di Flor de Cana in un crescendo di rotondità e dolcezza.

Spicca l’idea di Roner, distilleria di Termeno in Alto Adige, di produrre due rum, uno bianco ed uno scuro. Quest’ultimo in particolare invecchiato nelle botti che hanno contenuto Caldiff il famoso distillato di mele di Roner.

Un rum dallo stile Alto Atesino. Ma ancor più Alto Atesino sono il gin, ottenuto con botaniche locali che profuma di bosco, e la grappa da Weissburgunder (pinot bianco) unica nel suo genere.

Sempre piacevoli e ben fatti Nikka Coffey Gin e Nikka Coffey Vodka della giapponese Nikka. Menzione d’onore per l’imbottigliamento 18yo di Longmorn dell’imbottigliatore indipendente Duglas Laing.

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A tutta torba! A Roma la terza edizione del festival dedicato ai Whisky torbati

Si tiene a Roma domenica 2 dicembre 2018, presso il Chorus Cafè (via della Conciliazione, 4) la terza edizione di “A Tutta Torba!”, evento dedicato interamente ai whisky torbati, con centinaia di etichette ed espressioni per tutti i palati, bottiglie vintage e rare da assaggiare al collector’s corner, un’area cibo affidata allo street food romano del Maritozzo Rosso. L’evento è organizzato dalla direzione artistica di Roma Whisky Festival.

Appuntamento da non perdere sarà quello con la miscelazione e in particolare al Bowmore Cocktail Bar, partner esclusivo della manifestazione, con i cocktail inediti preparati a base Bowmore Nr1 e 12yo da quattro note barladies romane: Solomiya Grystychyn del Chorus Cafè, Giulia Castellucci di Co.So. Cocktail & Social, Michela Scalzo di Freni e Frizioni e Roberta Martino del Palazzaccio.

Spazio anche al food, con le eccellenze del Maritozzo Rosso, tipico maritozzo dolce romano farcito con le eccellenze della gastronomia romana e non solo e da abbinare ai propri torbati preferiti. Non mancherà poi come tutti gli anni, in collaborazione con lo shop Whisky & Co, la possibilità di acquistare numerose bottiglie presenti.

Anche in questa edizione ci sarà il collector’s corner con una trentina di bottiglie rare di whisky (tra cui spiccano un Ardbeg 1974 Spirit of Scotland – 500 Years of Scotch Whisky, Limited Edition; un Bowmore 1980 – 21YO Dun Bheagan Collection; un Talisker 25YO imbottigliato nel 2007 e uno Springbank 15YO Sherrywood – Tim Nichools & Markku Sauvala selection). Bowmore sarà inoltre presente con una release 19yo invecchiata in botti di quercia francese ex-Chateau Lagrange, in vendita unicamente per il mercato di Amazon, oltre alle release Small batch, 12yo, 15yo, 25yo e 19yo.

“A Tutta Torba – sottolineano i direttori artistici di Roma Whisky Festival – giunto ormai alla sua terza edizione si conferma sempre più un momento di incontro per i whisky lovers italiani amanti dei torbati. Anche per questa edizione intendiamo offrire al nostro pubblico l’opportunità di assaggiare centinaia di etichette in uno dei salotti più belli della Capitale, una giornata all’insegna del buon bere fumoso. Assoluta novità per questa edizione sarà però la Bowmore Room Experience, uno spazio sensoriale dove il visitatore verrà catapultato all’interno della distilleria tra immagini, suoni, profumi e tasting”.

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birra

Fizzz Lounge: craft Spirits, craft Beer & Cider al ProWein 2018

DUSSELDORF – Oltre 70 espositori provenienti da 15 Paesi presenteranno, in un proprio padiglione (il 7.0) birre, sidri e altre bevande alcoliche.

Per la prima volta, nel contesto della mostra speciale “Same but different”, la gamma dei temi Craft Spirits, Craft Beer & Cider (Bevande alcoliche artigianali, birre artigianali e sidri) si troverà al centro della particolare attenzione della ProWein.

“Queste bevande creative svolgono un ruolo sempre più importante negli ambienti dei bar urbani, nella gastronomia di tendenza e nel commercio specializzato, includendo sempre più nuovi gruppi di acquirenti – non solamente in Germania ma anche in campo internazionale”, dichiara Marius Berlemann, Global Head Wine & Spirits e Direttore della ProWein.

“Era ovvio quindi riprendere questo argomento alla ProWein e prepararle un grande palcoscenico. Non ci saremmo mai aspettati una risonanza così positiva”, afferma Marius Berlemann. I fornitori di Craft Spirits, Beer und Cider provengono dal Belgio, Germania, Francia, Italia, – ma anche da paesi d’oltremare come Australia, Cile, Perù o Sud Africa.

IL MONDO NEL BICCHIERE
Il tema principale, con 40 espositori, risulta essere quello dei Craft Spirits. Tra questi si troveranno alcuni protagonisti del ramo tra cui “Revolte Rum” del Maestro Distillatore Felix Georg Kaltenthaler o la “Siegfried Rheinland Dry Gin” con la sua gamma di gin artigianali.

Anche il Perù è rappresentato, con la sua bevanda nazionale peruviana Pisco. Non solamente dalla Scozia o dall’Irlanda arriveranno whisky selezionati a mano: anche la Svezia – finora non presente nel campo dei whisky – sta facendo sempre più un nome in questo mercato e questo già dal 1999.

Nella città svedese di Gävle si trova la Destillerie Mackmyra, che per esempio in occasione del 40° anniversario del gruppo britannico Rockband ha portato sul mercato con “Motörhead Whisky” in una edizione limitata, uno speciale Single Malt.

Inoltre nel padiglione 7.0 i visitatori della ProWein troveranno una raffinata selezione di circa 10 espositori di Sidro. In questo campo è la Francia a dare il tono con le sue composizioni perlate e secche, seguita dall’Irlanda, dall’Australia e dalla Germania.

BIRRA ARTIGIANALE
Per gli specialisti che vorranno informarsi sulla birra artigianale saranno a disposizione informazioni alla mostra speciale “Same but different”. Circa 20 espositori provenienti da sette paesi presenteranno le loro creazioni di luppolo.

Una nuova generazione di birrai tratta in modo nuovo la lavorazione con lieviti, malto e luppolo; gli archivi vengono rovistati, vengono riscoperti usi storici e regionali di birre che, sul bollitore, vengono interpretati in chiave moderna.

Ottimi indirizzi alla ProWein sono per esempio “Craftwerk” (Padiglione 7.0, Stand D 35), una divisione della Bitburger Brauerei oppure la Birreria Artigianale di Amburgo con “von Freude” (Padiglione 7.0, Stand D 19).

Anche nelle nazioni prettamente a storia vinicola come l’Italia e la Francia, i fabbricanti di birra, si son fatti già un nome con le loro birre da buongustai, come ad esempio la “Birra Antoniada“ (Interbrau; Padiglione 7.0, Stand D 24), “Meteor” (Brasserie Meteor; Padiglione 7.0, Stand D 28) e la  “Brasserie Alaryk” (Padiglione 7.0, Stand D 39).

Tra tutta questa diversità, ecco che la Fizzz-Lounge della Meininger Verlag (Padiglione 7.0, Stand C 43) è quello che ci vuole: i sommelier di birra Dirk Omlor e Benjamin Brouër presentano in degustazioni guidate, il mondo emozionante delle birre artigianali – dalle birre aperitivo, alle birre alla spina per arrivare poi alle marche Porter, Stout, Ale ed alle birre belghe.

BARISTI E HYGGE
Per i fan del bar, la Fizzz Lounge ha pronta un’attrazione: chi non conosce l’atmosfera Hygge? Una casa a mare, un picnic sul prato, una serata davanti al caminetto – o detto brevemente: l’atteggiamento scandinavo rivolto al calore, al benessere ed al valore della vita.

Quattro ben noti trendsetter di bevande ad alta percentuale alcolica presenteranno le loro esclusive creazioni Hygge. Arnd Henning Heißen, il maestro degli aromi, è uno dei più esperti baristi della gastronomia tedesca e dirige al Ritz-Carlton di Berlino i due Bar-Istituzioni “The Fragrances” e “The Curtain Club”.

Stephan Hinz è considerato come visionario della cultura tedesca del bar, ed è proprietaro del bar di Colonia ”Little Link” ed ha già pubblicato numerosi libri premiati. Marian Krause appartiene ai più rinomati baristi del paese, e già all’inizio della sua carriera ha dimostrato le sue capacità nei maggiori concorsi di cocktails ed è stato anche uno dei migliori baristi del paese.

Una delle migliori Barmaid in Germania è Marie Rausch. L’autoproclamata cuoca delle bevande gestisce a Münster il ristorante bar “Rotkehlchen” ed è diventata nota come pioniera del trend dell’abbinamento degli alimenti (Foodpairing-Trends) ed anche maestra dei drink personalizzati. Anche nelle competizioni internazionali si è già fatta un nome.

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Roma Whisky Festival: il mondo degli Spirits in mostra nella capitale

Si tiene a Roma, sabato 3 e domenica 4 marzo 2018, presso il Salone delle Fontane all’Eur (via Ciro il Grande, 10) la settima edizione di Roma Whisky Festival by Spirit of Scotland, il più importante festival di settore italiano. Programma completo al link www.romawhiskyfestival.it

Imperdibile appuntamento per tutti coloro che vivono il mondo del whisky, Roma Whisky Festival è un evento ricco di degustazioni, masterclass, seminari sulla mixology, incontri affidati a esperti del settore con l’obiettivo di creare appuntamenti ad alto contenuto di “single malt”. Il tutto con la direzione artistica di Andrea Fofi, affiancato dai due whisky consultant, Pino Perrone e la scozzese Rachel Rennie.

La settima edizione presenterà masterclass di noti brand e ospiti internazionali del mondo della miscelazione, che terranno seminari e talk. Tra le masterclass confermate, quella di Ken Lindsay, International Brand Ambassador di Chivas Brothers, che tratterà delle nuove referenze legate a Ballantine’s e la Masterclass Glenfarclas con 2 single cask family reserve e 2 original bottling non ancora svelati dall’azienda.

Inoltre, i mini-corsi da 25 minuti sull’ABC del whisky per i neofiti, ma anche spazio ai libri con la presentazione della nuova edizione di “Iconic whisky. Single malts & more. La guida degli esperti alla degustazione”, di Cyrille Mald e Alexandre Vingtier.

Inoltre, il premio “Whisky & Lode”, che eleggerà i migliori whisky del festival, valutati, come di consueto, da una giuria di esperti secondo la regola del blind tasting. Tre le categorie per questa edizione: Best Scottish Malt, Best Rest of the World Malt e Best World Single Cask, con il premio speciale “Whisky & Smile”, che sarà assegnato alla migliore bottiglia in assoluto.

Al festival si potranno degustare whisky provenienti da Scozia, Irlanda, Stati Uniti, Giappone e anche l’unico whisky – ad ora – prodotto in Italia, ma come novità in termini di offerta al pubblico, la nuova area dedicata ai Cognac e Armagnac. Sei i cocktail bar dell’area mixology che misceleranno per il pubblico: tre da Roma, il The Jerry Thomas Project, l’Argot e il Freni e Frizioni e altri tre bar provenienti dal resto d’Italia.

All’interno del salone sarà allestito uno spazio dedicato alle bottiglie vintage e rare portate da un collezionista e amatore del settore. In occasione del Festival verrà presentato come ogni anno il nuovo imbottigliamento ufficiale in serie limitata di Roma Whisky Festival, che sarà naturalmente in vendita presso lo shop.

Non solo drink al festival: è prevista anche un’area gourmet e degli abbinamenti con il whisky, dalle ostriche bretoni al salmone scozzese, dal cioccolato all’haggis. Roma Whisky Festival by Spirit of Scotland nasce nel 2012 grazie alla passione per gli eventi di uno dei due fondatori, Andrea Fofi e per quella del whisky da parte di Rachel Rennie, ma soprattutto per la mancanza a Roma di un evento sul mondo del distillato. La compagine si è allargata con l’arrivo di Pino Perrone, Emiliano Capobianco e Andrea Franco e la manifestazione è cresciuta in modo esponenziale, al punto tale da poter essere annoverata tra i Festival internazionali di maggior rilievo.

“In questi sette anni – sottolinea Andrea Fofi – sono stati tanti i cambiamenti e di pari passo la crescita della manifestazione, che ad oggi è considerata tra le più importanti a livello internazionale, con oltre 50 aziende partecipanti, oltre 1500 etichette in degustazione, brand provenienti da tutto il mondo e guest di livello internazionale che animano la due giorni con masterclass, seminari mixology, talk tutti ad alto contenuto alcolico (responsabile). In considerazione di questa importante crescita si è reso necessario, a causa del numero sempre più crescente di brand, aziende e distillerie non scozzesi che prendono parte al Festival, il cambiamento di denominazione della manifestazione in Roma Whisky Festival”.

Orari
Sabato 3 marzo, dalle ore 14:00 alle 23:00
Domenica 4 marzo dalle ore 14:00 alle ore 21:30

Biglietto:
Intero: 10 euro – da diritto al bicchiere serigrafato del Festival, alla racchetta porta bicchiere e alla Guida
Ridotto: 7 euro – per accompagnatori che non bevono e non prevede le upgrades del biglietto intero.
Le degustazioni saranno a pagamento e il sistema sarà quello dei gettoni del valore di 1 euro ciascuno. Il prezzo di ciascuna degustazione sarà a discrezione di ciascun espositore.

Per informazioni:
www.romawhiskyfestival.it
info@romawhiskyfestival.it
tel. 06 32650514
Facebook: www.facebook.com/Spirit-of-Scotland-236773793049002/

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Milano Whisky Festival 2017: sempre più (in) grande

Il Milano Whisky Festival (lo scorso 11 e 12 novembre, presso l’Hotel Marriott di via Washington) si conferma essere il vero punto di riferimento per operatori ed appassionati del settore. Cresciuto negli anni, l’evento ha raggiunto nell’edizione 2017 la sua massima estensione tanto per “superficie” quanto per numero e tipologia di etichette rappresentate. Da quest’anno, infatti, l’evento non è più solo dedicato ai whisky (con una comparsata dei Rum, nelle ultime due edizioni) ma anche a molti altri Spirits: Cognac, Armagnac, Calvados, Applejack, Brandy etc.

La disposizione della sala, la presenza di produttori distributori e imbottigliatori indipendenti e la grande offerta di assaggi disponibili ha permesso a chiunque di organizzarsi il proprio percorso tematico per esplorare il mondo dei distillati secondo il proprio gusto, le proprie esigenze, desideri e curiosità. Tanti spunti di riflessione, dunque. Tra conferme e novità.

IL TOUR
Partiamo quindi dal classico dei classici, Macallan, che a fianco dei “soliti” Amber e Sienna ripropone qui la versione Fine Oak, linea di single malt (lanciata nel 2004) invecchiati in tre tipi di legno diversi (ex-sharry di rovere europeo, ex-sharry di rovere americano ed ex-bourbon). 12yo e 15yo in un crescendo di sensazioni fino al 18yo che col suo colore ambrato, i suoi profumi dolci di frutta (mela ed ananas), d’agrume e di spezie, il suo ingresso in bocca morbido ed il suo corpo con note di cioccolato e vaniglia ci ricorda perché Macallan, è Macallan.

Glenfiddich propone la verticale del proprio single malt (da 12yo a 26yo, tutti puliti e distintivi della distilleria), ma a cogliere la nostra attenzione è IPA Experiment.

Si tratta di un single malt no age che ha trascorso gli ultimi 3 mesi in affinamento in botti che hanno contenuto una birra IPA (Indian Pale Ale). Al naso dolcezza di malto, mela verde e pera con una nota erbacea di erba tagliata.

In bocca è vivace, con note di agrumi e vaniglia ed una nota verde forse dovuta ai luppoli della birra. Buona la persistenza.

Dalmore si conferma un riferimento per le Highlands centrali; tutti e tre i drum presentati (12yo, 15yo, 18yo) mostrano grande equilibrio olfattivo e gustativo. Stessa conferma per i 5 drum di Glenrothes.

Jura, a fianco del delicato Orign, dei torbati Superstition e Prophecy e del fruttato Elixir, presenta Diurach Own un 16yo che fra 14 anni dotti ex bourbon e 2 in botti ex sharry oloroso. Il risultato è un bicchiere dal profumo di agrumi, di mela e di cioccolato, un corpo dolce e resinoso con note speziate di chiodo di garofano ed un finale secco.

Presenti all’evento tutte e tre le distillerie di Campbeltown: Springbank, Kilkerran e Hazelburn. Tre distillerie vicine di casa, in un territorio difficile e dalle vicende alterne, con tre diverse filosofie produttive.

Se Springbank fa della torba “dolce” il suo marchio di fabbrica, Kilkerran alleggerisce le note di torba aprendo su sentori di frutta secca e caramello, mentre Hazelburn non fa uso di torba ed è una delle rare realtà scozzesi ad usare la tripla distillazione. Il risultato è uno scotch molto fruttato con una punta di spezie.

Conferme e certezze anche Balvenie e Tomatin, che presenta qui sia i classici spayside che il lievemente torbato Cù Bòcan. Ma lo scettro di Re della torba spetta anche quest’anno alla distilleria Bruichladdich col suo Octomore: 5 anni di invecchiamento e 208ppm di torba, è come mettere un caminetto che brucia legni aromatici dentro un bicchiere.

Buona anche la prova di Glenfarclas, verticale dai 10yo ai 25yo. Il 23yo ed il 25yo risultano rotondi e strutturati ma è il 15yo a sorprendere. Forse più “piacione”, più immediato e facile, dei fratelli maggiori ma dotato di grande equilibrio e di una nota cioccolatosa tanto al naso quanto in bocca che piacerà a buona parte dei consumatori, siano essi neofiti o esperti.

Sul fronte dei blended spicca Johnnie Walker che qui presenta i due nuovi Blenders Batch, Espresso Roast e Rum Cask Finish: note più tostate per il primo, maggiore dolcezza per il secondo.

Interessante anche la limited editon di Douglas Laing’s “Big Peat”, un blended Islay Malt ricco di note aromatiche.

L’Irish Whiskey si conferma un prodotto in crescita. Immancabile la presenza di Connemara, l’unico peated a doppia distillazione dell’isola, diventato ormai un’icona. Bushmills da un panorama completo dell’Irlanda del nord coi due blended, 1608 e Black Bush, e coi Single Malt da 10yo a 16yo.

Ma è Teeling a segnare il passo dell’Irish Whiskey. Single Malt (ormai un riferimento), Single Grain, Small Batch, Single Cask ed un interessantissimo Single Malt maturato in Stout Cask, botti che hanno contenuto la famosa birra scura irlandese. Se in bocca è pulito e non tradisce il suo essere un whiskey morbido, al naso e nel retronasale rivela tutte le note di tostatura tipiche della birra. Una pinta fatta whiskey.

A tenere alta la bandiera dei whiskey d’oltre oceano ci pensano la distilleria Harven Hill, con il suo Rittehouse, e la distilleria Elijah Craig. Rittenhouse è un Rye Bottled in Bond dal naso fresco, fruttato e poco speziato, scorrevole e leggero in bocca con un finale abbastanza persistente di pepe bianco.

Elijah Craig (nella foto, sotto) affianca al famoso 12yo, un Bourbon barrel proof da 68% (136 proof) che a dispetto della gradazione non è esageratamente forte al naso e quindi perfettamente godibile. Sentori di sciroppo d’acero e note legnose di vaniglia presenti tanato al naso quanto in bocca. Al palato rivela inoltre una piacevole nota di frutta secca ed un corpo pieno e vellutato. Lunga la persistenza.

Fra i paesi che solo recentemente si sono affacciati alla produzione di whisky restano in prima fila Taiwan ed India. La prima con la distilleria Kavalan che conferma la grande pulizia ed eleganza dei suoi prodotti, differenti per invecchiamento ma accomunati da piacevoli sentori floreali.

Dall’India ecco invece la distilleria Paul John, con tre prodotti fra cui spicca Edited un single malt figlio dell’elevato angle share della regione che presenta colore ambrato, naso di cereali, agrumi e spezie, palato caldo altrettanto agrumato ed una speziatura quasi piccante.

L’Italia è ben rappresentata da Puni, l’unica distilleria di whisky del bel paese. Quattro le proposte fra cui poniamo l’accento su Nero, un 3yo limited edition invecchiato esclusivamente in botti ex Pinot Nero dell’Alto Adige. Ambra chiaro con profumi di frutti rossi, sottobosco ed una nota di rovere. Palato caldo e giovane con note leggermente agrumate. Finale mediamente persistente con richiamo alla mora ed all’uva passa.

Si potrebbe continuare a lungo a parlare di tutti i prodotti presenti alla manifestazione, ma il modo migliore di esplorare il mondo degli spirits resta quello di munirsi di un bicchiere e trovare la propria strada, ricordando lo slogan che Dalmore ha scelto per l’evento: “Sometimes just raising a glass is a priviledge”. “A volte anche solo alzare un bicchiere è un privilegio”.

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Torna a Roma “A Tutta Torba”: il festival dei whisky torbati

A Roma domenica 3 dicembre 2017, presso il Chorus Cafè (via della Conciliazione, 4), si terrà la seconda edizione di “A Tutta Torba!”. Una giornata dedicata interamente ai whisky torbati; centinaia di etichette per tutti i palati. L’evento è organizzato dalla direzione artistica di Spirit of Scotland – Rome Whisky Festival. L’ingresso è gratuito con gettoni a consumazione.

All’interno dell’evento grande risalto sarà dato al Laphroaig Cocktail Bar, partner esclusivo della manifestazione, con cocktail inediti preparati a base Laphroaig da 4 bartender d’eccezione: Federico Tomasselli del Porto Fluviale, Ercoli e Sant’Alberto al Pigneto, Gianluca Melfa dell’Argot, Solomya Grystychyn del Chorus Cafè e Camilla Di Felice del Jerry Thomas Speakeasy.

Spazio anche al cibo, con le eccellenze de Il Trapizzino, street food romano per eccellenza, da abbinare ai propri torbati preferiti. Sarà inoltre possibile, grazie alla collaborazione con lo shop Whisky & Co, acquistare numerose bottiglie presenti e, novità di questa edizione, vi sarà il collector’s corner con una trentina di bottiglie rare di whisky tra cui spiccano un Bowmore Delux Bot. 1970s 43%, un Port Ellen del 1978 6th Release 54.3% e un Ardbeg del 1974 26yo Silver Seal 40%. Non mancherà l’area dedicata ai viaggi in Scozia per distillerie grazie alla presenza di Tiuk Travel.

“A Tutta Torba – sottolineano i direttori artistici di Spirit of Scotland – alla sua seconda edizione dopo il successo del 2016 evidenzia quanto siano sempre più apprezzati, in Italia, i whiskies torbati. Quali promotori del bere di qualità vogliamo offrire al pubblico romano un’altra giornata dove poter assaporare centinaia di etichette e avere la possibilità di sentirsi raccontare aneddoti e curiosità su questo particolare prodotto caratteristico di Islay, isola della Scozia larga poco più di 40Km e lunga appena 25 e con 8 distillerie…una vera e propria distilleria galleggiante! Qui tutti affumicano, chi più chi meno, chicchi di malto d’orzo bruciando la torba di cui l’isola ne è molto ricca…insomma tanto da scoprire con un bel dram in mano!”.

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Roma Cocktail Week 2017: l’arte della miscelazione alle Officine Farneto

Si tiene a Roma, presso le Officine Farneto di via dei Monti della Farnesina 77, il 17, 18 e 19 giugno 2017 la terza edizione della Roma Cocktail Week, progetto nato dal formatSpirits, ideato e curato da Nufactory in collaborazione con Smash e Woow e con la direzione artistica di Massimo D’Addezio, uno dei più grandi barman italiani. Il programma completo del festival al sito ufficiale www.spiritsevent.com

Un grande evento – il primo grande festival a Roma dedicato alla cultura del bere bene e all’arte della miscelazione – che prevede un’offerta vasta ed eterogenea: sei top cocktail bar, 5 scuole di bartending, oltre 50 drink creati per l’occasione, masterclass e degustazioni, abbinamenti drink-food, sfida tra scuole di bartending, il ‘barman per un giorno’, concerti e dj set fino a notte inoltrata.

LE NOVITA’
Novità di quest’edizione della Roma Cocktail Week sarà la mostra mercato, uno spazio dedicato all’esposizione e vendita al pubblico. Grande attenzione verrà rivolta al ‘bere responsabile’: far crescere la cultura e la conoscenza del ‘saper bere bene’ è infatti uno degli obiettivi della Roma Cocktail Week, evento dedicato al consumatore e rivolto a un pubblico eterogeneo, dai semplici curiosi agli amanti dell’arte della miscelazione di qualità.

Sei tra i migliori cocktail bar e speakeasy di Roma saranno ospitati per la produzione di loro cocktail e creazioni. I relativi Bartender leader, rappresentanti del top della mixology romana, creeranno drink list specifiche per la Roma Cocktail Week e ogni bar sarà specializzato in una linea di prodotto, nell’ottica del ‘tailor made’ e della sperimentazione, dalla vodka al gin, passando per vermouth, tequila e whisky & rum. Ospiti della manifestazione saranno quindi le migliori scuole di Roma per barman professionisti.

NON SOLO COCKTAIL
Ad accompagnare la ricca offerta dedicata al beverage, la Roma Cocktail Week presenterà anche un’area food con proposte culinarie studiate per soddisfare per tutti i gusti. La domenica invece è prevista una cena gourmet con una special guest chef di uno dei ristoranti più interessanti di Roma che preparerà in esclusiva per il festival il menù abbinato a una drink list speciale (l’accesso avverrà solo tramite prenotazione).

La gara tra scuole di bartender si svolgerà nel bar centrale della location e sarà una sfidabasata sulla valutazione del comportamento e del modus operandi dei bartenders durante i due giorni. I criteri che guideranno i giudici nelle valutazioni saranno dettati dal rispetto della filosofia di un bar e dei propri barman: il riguardo nei confronti del cliente è al primo posto e il bere responsabile deve guidare gli intenti professionali.

In un’area dedicata sarà possibile, previa prenotazione, diventare ‘Barman per un giorno’, l’occasione per apprendere i segreti del mestiere del bartender in una mezzora di lezione individuale. Sabato 17 e domenica 18 giugno, i professionisti del settore terranno lezioni dedicate alla presentazione di un prodotto scelto e proposto attraverso la preparazione di diversi cocktail.

A differenza di altre masterclass, queste non saranno rivolte unicamente a esperti del settore, ma anche al pubblico meno esperto che potrà degustare i prodotti oggetto della masterclass. La giornata di lunedì 19 giugno, invece, sarà interamente dedicata al trade, realizzata in collaborazione con BlueBlazer, con grandi ospiti internazionali, rivolta solo agli addetti ai lavori, con master al mattino e al pomeriggio forum di approfondimento e una tavola rotonda con tutti gli operatori delle aziende coinvolte.

IL DIRETTORE ARTISTICO
Massimo D’Addezio nasce in una famiglia di ristoratori e prosegue sulle stesse orme specializzandosi nell’arte della miscelazione arrivando a gestire un suo locale fino al 2000, quando decide di intraprendere l’avventura dell’apertura dell’Hotel de Russie.

“Un’esperienza di tre anni al massimo”, nei piani originari. Ma il divertimento è stato tanto e tale da farlo rimanere al timone dello Stravinskij Bar per più di tredici anni. Creando un’ambiente cosmopolita e totalmente indirizzato all’internazionalità.

Nel 2006 viene premiato con lo Stravinskij Bar come miglior Hotel Bar d’Europa.Nel 2008 è stato premiato da Havana Club come miglior Bar Manager d’Italia per la guida dei ristoranti dell’Espresso. Nel 2009 riceve a Las Vegas il premio di Virtuoso Travel come Best Hotel Bar in the World. Dal 2005 ad oggi  è presente sulla guida dei bar del Gambero Rosso come uno dei migliori barman in Italia. Nel 2014 apre uno nuovo concept bar “Co.So. Cocktail & Social” cocktail bar basato sulla cura della qualità del servizio e sulla scoperta da parte del cliente, di un modo di bere moderno e fuori dagli schemi.

 Nel 2016, il suo progetto “Chorus Café” di Roma, partito a gennaio del 2015, entra nella classifica di Condé Nast come uno dei nove migliori bar del mondo. Massimo negli anni si rende protagonista all’interno di Gambero Rosso Channel, della creazione di contenuti televisivi sul mondo degli spirits e della miscelazione, tra questi il programma Spirits – I Maestri del Cocktail.

Partner di promozione del festival sono SMASH e Woow, giovani realtà che in poco tempo sono riuscite ad affermarsi nel panorama musicale e della nightlife romani, godendo di un notevole seguito.


ORARI
Sabato 17 giugno – dalle 16.00 alle 04.00
Domenica 18 giugno – dalle 16.00 alle 23.00
Lunedì 19 giugno (brand day – giornata dedicata alle aziende) – dalle 14.00 alle 18.00

PREZZI
Biglietto singolo: 6 euro
Abbonamento per due giorni: 25 euro (comprende anche: 2 cocktail e una consumazione food, non comprende la serata di domenica con djset)

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Red Rye Finish Blenders’ Batch, Johnnie Walker

Fa capolino già dalla bottiglia di vetro trasparente. Giallo ambrato, pieno, luminoso. L’etichetta bianca con la scritta rossa, come il tappo, sottolinea ed evidenzia il colore. Lo versiamo nel bicchiere.

LA DEGUSTAZIONE
Sì, il colore è un bel giallo ambrato carico, più scuro del suo compagno di scaffale, il famoso Red Label. Al naso è dolce e speziato. Dolce come il miele e la banana, speziato di pepe nero. Netta la nota di legno e vaniglia.

In bocca è di medio corpo, tendente al leggero. Emergono subito il miele e la vaniglia seguiti dai sentori di cereali ed ancora note speziate e leggere d’agrumi. Il finale è breve: persistono in bocca i sentori di legno ed un po’ di dolcezza fruttata.

IL BLENDING
Chiunque vi dirà che mettere insieme Whisky e Whiskey è quanto meno sconveniente. Peggio che peggio coniugare Scotch e Rye. Non nè era per nulla convinto Jim Beverage, Master Blender di Johnnie Walker. E così, dopo svariati tentativi, ecco nascere il Red Rye Finish, primo di una nuova gamma di “Blender’s Batch”, serie di prodotti “nuovi, innovativi e sperimentali che spingano in là i confini del sapore dei nostri whisky” (dal sito di Johnnie Walker).

Per il Red Rye è stato creato un apposito blend di whisky di grano e di malto maturato in botti ex-Bourbon First Fill e poi affinato in botti ex- Rye Whiskey per ottenere quel gusto dolce speziato e legnoso che abbiamo nel bicchiere.

Il Brand
Vi raccontiamo una storia. La storia di John Walker. Siamo in Scozia agli inizi del XIX secolo. È il 1819 quando John, a soli 14 anni, si ritrova orfano di padre e per sbancare il lunario lavora come garzone in una drogheria. Passano pochi anni e John “Johnnie” Walker vende la piccola fattoria eredita per poter aprire un proprio negozio a Kilmarnock. Nel 1823 il whisky scozzese viene reso legale (Dio salvi il periodo dei Moonshiners, a loro dobbiamo molto di ciò che è lo Scotch oggi…ma questa è un’altra storia) e tutti i droghieri acquistano botti di whisky che imbottigliano e rivendono ai loro clienti.

Ma questi whisky non sono mai costanti in qualità e può capitare di averne uno buono così come di averne uno piatto. L’idea di John è semplice: tagliare le varie partite di whisky le une con le altre in modo da mantenere costante la qualità. Nasce così il Blended Whisky. L’idea è vincente e profittevole. Il business cresce, passando da Johnnie al figlio Alexander e poi ai nipoti. E poi via via fino ai giorni nostri. Oggi Johnnie Walker è il più grande whisky brand mondiale. Un colosso facente parte del gruppo Diageo, la più grande multinazionale del beverage.

Per darvi un’idea si stima che al mondo ogni 4 secondi si aprano 1.5 bottiglie di Johnnie Walker (mentre scriviamo e Voi leggete ne avranno aperte tre, forse quattro). Presente in ogni mercato Johnnie Walker ha costantemente a catalogo ben 6 prodotti diversi (Red Label, Black Label, Double Black Label, Gold Label, Platinum Label e Blue Label) cui si affiancano Batch particolari, come il Red Rye, o special editions, come un paio d’anni fa la Explorers’ Club Collection commercializzata solo nei Duty Free.

Nel 2016 inoltre, con grande gioia di molti Whisky Lovers, è stato rieditato il Green Label.  Dopo quasi due secoli Johnnie sta ancora “camminando” e non sembra avere la minima intenzione di fermarsi.

Prezzo: 13.70 euro
Acquistato presso: Auchan

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Black Label 12 y.o., Johnnie Walker

Una certezza. In qualsiasi bar tu entri in qualsiasi città del mondo, lui lo trovi. E se proprio non lo trovi lì, lo trovi nel bar dopo pochi metri più avanti. Color ambra, scorrevole nel bicchiere non sembra nemmeno avere i suoi 40 gradi. Al naso la dolcezza è molto contenuta: agrumi, un pizzico di vaniglia e di pepe si mescolano a sentori di frutta secca (noci e mandorle). Sul fondo fa capolino un leggero sentore torbato, elegante. Non complesso a livello olfattivo, ma neppure banale. Fedele a se stesso.

Di corpo fra il medio ed il leggero in bocca emerge da subito la torba, non forte, ma in netta evidenza rispetto al naso. Piacevole la parte agrumata e anche la speziatura. Si sente ancora il pepe mentre è sparita la vaniglia. Buona acidità e finale breve nel quale si avverte un po’ di dolcezza e di torba.

Un buon prodotto, certo non un capolavoro scozzese, ma facile e beverino con una sua struttura ed una sua precisa personalità. Non è un caso sia diventato un riferimento nel mondo dei Premium.

IL BLENDING
Johnnie Walker Black Label è un Blended Scotch Whisky, cioè un whisky composto da una miscela di whisky di grano (Gain Whisky) e whisky di malto (Malt Whisky). I whisky che lo compongono provengono da oltre 40 distillerie diverse, fra cui Cardhu, Caol Ila, Clynelish e, si vocifera, anche una piccola presenza di Lagavulin, mentre da sempre Talisker è uno dei componenti portanti del blend.  Black Label dichiara in etichetta “aged 12 years”, che significa che la parte di malt whisky è composta da whisky invecchiati almeno 12 anni.

IL BRAND
Nel 1867, il figlio di John Walker, Alexander, inizia a commercializzare un blend di qualità che chiama “Old Highland Whisky” ed ha la brillante idea di arruolare i capitani delle navi mercantili che salpano dalla Scozia come agenti per commercializzare il suo whisky ovunque una nave possa attraccare. Nello stesso periodo Alexander inizia ad utilizzare le oggi famose bottiglie quadrate e l’etichetta inclinata di 24 gradi. Idea semplice ma non banale! La forma quadra significa più bottiglie per spedizione e meno rotture nel trasporto.

L’etichetta inclinata permette inoltre di usare un carattere più grande. Bottiglia ed etichetta, diventano inconfondibili su qualunque scaffale nel mondo. Nel 1909 i figli di Alexander, George ed Alexander II, durante un pranzo convincono il più famoso illustratore dell’epoca, Tom Borwne, a realizzare un logo. Tom sul retro del menù abbozza un disegno: nasce così lo “Striding Man”, l’uomo che cammina sicuro verso il futuro. Con un colpo di matita John Walker, il droghiere Vittoriano, diventa Johnnie Walker, il dandy Edoardiano.

Col nuovo logo i fratelli Walker rinominano la gamma dei loro Whisky introducendo i colori. L’Old Highland Whisky diventa Black Label. Nasce così un mito, icona nel mondo del bere. Riconoscibile ovunque, noto ovunque. Chiaramente visibile anche in innumerevoli pellicole cinematografiche: qualche esempio? È Black Label quella che il maggiore Reisman offre alla Sporca Dozzina nel film del 1967.

E’ Black Label la bottiglia che Indiana Jones spacca sulla testa del cattivo di turno in un bar himalayano ne “I Predatori dell’Arca Perduta”. Ma la lista potrebbe durare pagine e pagine. Altra curiosità?Si dice che Sir Winston Churchill amasse due cose: i sigari di Romeo y Julieta ed il Black Label di Johnnie Walker.

Prezzo: 21.89 euro
Acquistato presso: Auchan

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Food Lifestyle & Travel

Abbinamento cibo whisky: le regole del Gourmet Tour

Nata l’anno scorso all’interno del Whisky Club Italia, l’idea del Whisky Gourmet Tour è molto più della solita “cena con degustazione”. L’obiettivo è quello di andare oltre il solito binomio Cibo-Vino (o Cibo-Birra) ed esplorare il mondo ancora sconosciuto dell’abbinamento Cibo-Whisky. “Hic Sunt Leones” penseranno molti alla sola idea di abbinare un distillato ad un piatto. Ma la verità è che muovendosi su questo territorio impervio si possono fare incontri che tolgono il fiato. Scoperte affascinanti che ci aprono a nuove sensazioni. Sensazioni da vivere e condividere.

La ricerca dell’abbinamento che possa esaltare le tipicità del territorio, le caratteristiche dei Whisky e le abilità e personalità di cuochi e ristoratori ha portato il W.G.T. 2017 a fare tappa presso il Ristorante Otto di via Luigi Ponti 14 a Vimercate, in provincia di Monza e Brianza.

IL MENU
Dalla creatività del Ristorante Otto è nata l’idea del menù della serata battezzato “Funky Gallo”, ovvio quale sia l’ingrediente che lega i 4 piatti presentati ma per nulla scontata la realizzazione degli stessi. A partire dal “Royal di Gallo” in antipasto fino ad “A Pelle figlio di A Pollo” (impossibile descrivervi la ricetta) passando per il risotto “Abbassa la cresta” (molto più che un semplice riso con creste di gallo) la cucina ha saputo coniugare sapori, profumi, consistenze ed emozioni in modo impeccabile.

Ma l’esperienza gourmet non si è limitata ai piatti. Ad ognuno di essi è stato infatti abbinato un Whisky. Quattro diversi Whisky (tre dei quali non reperibili in Italia) per quattro piatti.

GLI ABBINAMENTI
Un American Whiskey, il Michter’s US*1 Unblended 41.7%, per l’antipasto. Non un Bourbon come si potrebbe erroneamente pensare ma un “American”, vale a dire un Whiskey invecchiato in botti non nuove che hanno precedentemente contenuto Bourbon. Troviamo la naso ed al palato note fresche di zenzero, pepe bianco e rosa e la dolcezza della vaniglia. Tutte note che abbiamo nel Royal di Gallo, binomio perfetto.

Un nome che da solo è sinonimo di Single Malt: è il Macallan 10 y.o. Sherry Oak 40% il Whisky scelto per accompagnare il Risotto. Ci arriva subito il sentore di cuoio bagnato, profumo tipico degli invecchiamenti 100% botti ex sherry oloroso, ma appena il bicchiere si apre un poco ed il nostro naso si abitua ecco emergere note di frutta, note speziate e sul fondo anche note di fava di cacao.

Il risotto è cremoso e lega bene con l’alcolicità morbida del Macallan, l’acidita data dalla mele sapientemente dosate nel piatto ben si combina con le note fruttate del bicchiere così come la nota speziata del piatto (timo?) con quella del whisky.

Isle of Jura 1997 Tastival Whisky Festival 2015 52% per il secondo piatto. Distillato nel 1997 ed imbottigliato Cask Sterngth nel 2015 ha bisogno di “stiracchiarsi” un po’ nel bicchiere per poterci donare tutta la sua complessità. Un Whisky che apre con un ricco sentore erbaceo, erba tagliata ed erbe aromatiche che sposano la nota vegetale del piatto. Seguono i sentori caldi e torbati che reggono bene la carne saporita.

Il finale e lungo, lunghissimo, ed in continua evoluzione. Una curiosità: questo whisky è stato affinato per qualche mese in botti che hanno contenuto bollicine francesi della Loira, una scelta originale da parte della distilleria.

Ed il dolce? Avranno mica messo il gallo anche nel dolce? No, tranquilli, il dolce è un tripudio di cioccolato in tre diverse consistenze intensità e dolcezze. Qui il Gallo lo troviamo nel Whisky, The Famous Grouse Vic Lee 16 Year Old 40%. Il nostro amico pennuto è il simbolo della distilleria riportato in etichetta. Edizione limitata che ci accoglie con profumi fruttati e sentori di caramella mou e chiudere con la tipica nota di torba “Highland Park” marchio di fabbrica del blend.

DAL CAFFE’ AL WHISKY
Una realtà originale quella di questo locale: di giorno è il “TiAmo Caffè”, caffè e pasticceria con una propria gestione, mentre la sera diviene il “Ristorante Otto”. Delle ore 20.00 (le “Otto”, per l’appunto!) cambia la gestione e nei medesimi spazi e coi medesimi arredi del Caffè si apre il Ristorante. Una realtà tutta femminile guidata da Irene, abile patrona di casa motore inarrestabile dell’organizzazione, e Beatrice, giovane chef carica di idee, fantasia e voglia di sperimentare.

L’atmosfera calda e rilassata, il sorriso ed il lavoro delle padrone di casa, la voglia di scoprire nuovi percorsi del gusto, le ottime materie prime e la loro sapiente lavorazione, i fantastici whisk(e)y, l’entusiasmo dei partecipanti, finanche al rito “battesimale” di “purificazione” delle mani nel whisky prima di cena. Tutti ingredienti di una serata riuscita, di un nuovo tassello nel mosaico delle esperienze gourmet. Alla prossima tappa del Whisky Gourmet Tour, Slainte!

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Oltre 2000 etichette per l’edizione 2016 del “Milano Whisky Festival”

Dal 5 al 6 novembre nel capoluogo lombardo presso il Marriott Hotel l’undicesima edizione del Festival per la diffusione in Italia della cultura del whisky di malto scozzese.

Ideato da Giuseppe Gervasio Dolci e da Andrea Giannone, e giunto quest’anno alla sua undicesima edizione, il Milano Whisky Festival” si propone come l’unico evento in Italia in grado di riunire i più importanti distributori, le più rinomate distillerie e i principali collezionisti di Scotch Whisky.

L’edizione 2016 del “Milano Whisky Festival” annovera la presenza di oltre 2.000 etichette di Whisky, cui si aggiungono 500 etichette di Rum. Importante è il programma dei masterclass, che consentono ai visitatori di approfondire la conoscenza delle singole distillerie. La location del “Milano Whisky Festival 2016” è ancora una volta il Marriott Hotel (Via Washington 66, Milano).

Fra i partecipanti, la Fratelli Rinaldi Importatori che esporrà la sua gamma di Whisky. Rinaldi vanta uno dei più qualificati assortimenti italiani di Scotch Whisky di qualità (Glenfarclas, Douglas Laing linea Old Particular, Douglas Laing linea XOP, DL Regional Malts, DL Provenance, The Double), ai quali si aggiungono i Whiskey irlandesi artigianali di Teeling.

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Eataly Lingotto, nuova cantina da 5 mila etichette

Il 27 gennaio 2007 il primo Eataly, a Torino Lingotto nell’ex opificio Carpano, apre al pubblico. Sono ormai passati quasi dieci anni ma la sede di Torino mantiene ancora oggi un ruolo centrale. Per festeggiare al massimo dello splendore “dieci anni di maturità”, Eataly Lingotto punta su una nuova cantina. Più di 5 mila etichette a scaffale, che faranno bella mostra assieme al Wine Bar Pane & Vino, alla Birreria e al ristorante stellato Casa Vicina. La casa del vino di Eataly Lingotto si estende su più di 2 mila metri quadrati, “dedicati al bere bene mangiando bene, seguendo i 3 pilastri di Eataly: comprare, mangiare e imparare”. La Cantina di Eataly Lingotto è aperta tutti i giorni dalle ore 10 alle ore 22.30. Il venerdì e il sabato sera è eccezionalmente aperta fino alle ore 00.30.

“Bisogna avere il coraggio per cambiare e sono orgoglioso che Eataly Lingotto l’abbia avuto – afferma il patron Oscar Farinetti -. Arrivati al traguardo dei 10 anni, è stato dato nuovo lustro alla mamma di tutti gli Eataly e questo tenendo fede ai valori che da sempre ci contraddistinguono: l’impegno ma anche la leggerezza e naturalmente l’armonia, il valore al quale Eataly Lingotto è dedicato”. “La nuova Cantina di Eataly Lingotto sarà da esempio per gli altri punti vendita”, conferma Andrea Guerra, presidente esecutivo di Eataly. “È un negozio nel negozio – continua – che celebra le più grandi produzioni italiane raccontandone la ricchezza, la bontà e la bellezza. La varietà di proposte di alta qualità in un solo luogo è ciò che rende unica Eataly e anche la Cantina prosegue in questa direzione”.

LA NUOVA CANTINA
Le oltre 5 mila etichette provenienti da più di 30 stati rappresentano al meglio la produzione nazionale e internazionale. Si va dallo Spazio Bollicine, dedicato ai migliori marchi del Metodo Classico, ai rinomati Champagne, ma anche agli ad eccellenti Prosecco e spumanti italiani, per passare poi agli scaffali che ospitano 30 mila bottiglie di vini di 40 regioni del mondo, con una particolare attenzione alle grandi eccellenze piemontesi, Barolo e Barbaresco. La Zona Cult custodisce le bottiglie più preziose, tra le quali più di dieci annate storiche di Barolo del secolo scorso. Per gli amanti della birra non manca naturalmente un’ampia selezione delle produzioni italiane e internazionali di alta qualità: più di 11 mila bottiglie, di cui 6 mila artigianali italiane. Infine, la Cantina di Eataly propone anche oltre 500 etichette di spirits: dal torinese Vermouth alle grappe, rum, whisky e molto altro.

La Cantina non è però solamente degli alcolici ma è anche quella di stagionatura dei salumi e dei formaggi: il Culatello di Zibello, il prosciutto di Parma, Il Castelmagno e le altre eccellenze norcine e casare, in vendita al banco e in degustazione presso i Ristorantini al piano superiore, sono conservate ed esposte in un angolo aperto al pubblico e ricco di fascino, dove immergersi negli odori e nei profumi tipici dei territori e dei luoghi in cui si affinano queste bontà tutte italiane. I clienti possono inoltre scegliere il formaggio o il salume che preferiscono, acquistarlo e far concludere la stagionatura nelle Cantine di Eataly: un’opportunità unica!

PANE&VINO: IL NUOVO WINE BAR DI EATALY
L’offerta della Cantina di Eataly si amplia con una nuova proposta di ristorazione. Pane&Vino è il luogo ideale per degustare un ottimo calice di vino e, se lo si desidera, in accompagnamento un gustoso tagliere, un veloce antipasto o un piatto gourmet. Nel Wine Bar di Eataly Lingotto i clienti possono scegliere tra le più di 100 etichette presenti in Carta, 8 grandi vini al calice e, se preferiscono la bottiglia, tutta la Cantina sarà a loro disposizione. Per non rimanere a stomaco vuoto, Pane e Vino propone le Tapas del Mercato, stuzzicherie preparate con gli Alti Cibi in vendita nel Mercato di Eataly, gli Specialmente, una selezione dei migliori formaggi e salumi e i Vicini, i piatti stellati di Claudio e Anna del ristorante Casa Vicina.

LA BIRRERIA DI EATALY
Dopo New York e Roma, arriva anche a Torino la Birreria di Eataly. Ogni giorno viene proposta una selezione delle migliori produzioni brassicole italiane e internazionali:16 birre alla spina che ruotano ogni mese, 40 in bottiglia nella Carta dedicata e persino la possibilità di scegliere a scaffale l’etichetta preferita. In accompagnamento gli ottimi hamburger nel panino nelle versioni di carne – naturalmente de La Granda – pesce o verdure. E poi gli sfizi, croccanti crostini del pane appena sfornato dal forno a legna di Eataly e farciti con una selezione degli Alti Cibi, e naturalmente i fritti, perfetti con una fresca birra.

LA FAMIGLIA VICINA
Fiore all’occhiello della Cantina di Eataly è il ristorante Casa Vicina. Ristoratori da sempre, la famiglia Vicina guida il ristorante stellato di Eataly Lingotto, tenendo alti i valori che la contraddistinguono sin dal 1902: eccellente qualità delle materie prime, unione tra tradizione e territorio ma anche attenzione all’innovazione e alla soddisfazione del cliente. Claudio Vicina, quarta generazione in cucina, porta avanti il nome di famiglia con Anna e con la preziosa figura del fratello Stefano, responsabile di sala: un’unione premiata con una Stella Michelin, che brilla in tutti i loro piatti. Infine, la nuova Cantina di Eataly Lingotto sarà il palcoscenico di numerose attività didattiche per imparare qualcosa di più sul mondo del bere: cene con i produttori vitivinicoli, lezioni e incontri di degustazione. Il programma sarà presto disponibile su www.torino.eataly.it.

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