Categorie
news news ed eventi

Rinviati i dazi di Trump sui vini europei. Il Tycoon non si fida dell’Ue e prende tempo

rinvio dazi trump vini europei Trump ue Europa rinvia i dazi sul bourbon. Il Tycoon non si fida e prende tempo tariffs dazi trump vini europei
rinvio dazi trump vini europei. Rinviati i dazi dell’Ue sul bourbon americano. Ma il Tycoon non si fida e prende tempo. Ieri
mattina, l’Unione Europea ha annunciato un rinvio dei dazi punitivi su bourbon, whiskey e altri prodotti degli Stati Uniti dall’1 al 13 aprile. Una notizia colta con sospetto da Trump. Gli Stati Uniti hanno infatti posticipato a loro volta i dazi sui vini ed altri alcolici europei, al giorno successivo: il 14 aprile. «Questo è un buon primo passo per abbassare la tensione», commenta Ben Aneff, presidente della US Wine Trade Alliance, l’associazione che riunisce gli importatori di vino americani.

Si spera che la decisione dia tempo agli Stati Uniti e all’Ue di arrivare a un accordo negoziato sulla questione alla base dei dazi. Anche se accogliamo con favore la notizia, l’attuale stato di purgatorio del settore è comunque estremamente dannoso per le imprese in tutto il territorio degli Stati Uniti». L’invito dell’associazione, come riferito ieri da Winemag, è stato quello di interrompere tutti gli ordini di vini europei, in attesa di maggiori certezze. https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/qanda_25_750

USWTA: L’EUROPA STA SOTTOVALUTANDO TRUMP

Secondo la USWTA, l’Ue starebbe sottovalutando la volontà degli Stati Uniti di rispondere in modo deciso ai dazi su acciaio e alluminio. Ci aspettiamo pienamente che gli Stati Uniti impongano dazi all’Ue per il doppio del valore di qualsiasi ritorsione sui dazi sull’acciaio. Ma stiamo naturalmente esortando l’amministrazione a garantire che tali dazi siano determinati con attenzione, per evitare di danneggiare le imprese americane e limitare il danno alla sola Ue. Come sappiamo, i dazi sul vino arrecano un danno significativamente maggiore alle imprese americane. Sono inutilmente nocivi per gli interessi americani. Una cattiva leva per influenzare il cambiamento politico». rinvio dazi trump vini europei.

«I DAZI SUL VINO? SONO DANNOSI PER L’AMERICA»

L’industria del vino, secondo Ben Aneff, può essere «un modello per il commercio equo che gli Stati Uniti desiderano, a beneficio delle imprese su entrambi i lati dell’Atlantico». Un settore che può sostenere centinaia di migliaia di posti di lavoro americani. «Anche se speriamo che gli Stati Uniti e l’Ue possano risolvere le questioni sottostanti, in caso di controversia, i dazi punitivi dovrebbero essere limitati a prodotti che beneficiano principalmente le aziende dell’Ue. I dazi sul vino sono dannosi per l’America». L’USWTA definisce la settimana di tensione «molto stressante per tutti». «Speriamo di avere presto ulteriori notizie», è l’auspicio di Aneff. Poi, un’esortazione ai colleghi importatori di vino: «Continuiamo a lavorare ogni giorno per raccontare la storia della nostra straordinaria industria ai decisori politici di Washington». https://winetradealliance.org/

Categorie
a tutto volume

Terroir nel whisky: ecco la prova

Sono stati resi noti i risultati dello studio “The Impact of Terroir on the Flavour of Single Malt Whisk(e)y New Make Spirit” (L’impatto del terroir sul sapore del distillato bianco dei Single Malt Whisk(e)y). La ricerca, fortemente voluta e guidata dall’irlandese Waterford Distillery, pioniera della discussione sul whisky-terroir, è stata pubblicata lo scorso 18 febbraio 2021 su “Foods – international, scientific, peer-reviewed, open access journal of food science”.

Autori della pubblicazione sono: Maria Kyraleou e Kieran N. Kilcawley, Food Quality & Sensory Science Department del Teagasc Food Research Centre di Moorepark (Irlanda); Dustin Herb, Crop and Soil Science Department della Oregon State University (Usa); Grace O’Reilly e Neil Conway, Waterford Distillery (Irlanda); Tom Bryan, Boortmalt, Athy (Irlanda).

LA RICERCA
La ricerca ha analizzato due varietà di orzo, Olympus (LGB 11-8339) e Laureate (SY 412-328), coltivate in due diverse aziende agricole d’Irlanda in due anni diversi, il 2017 e il 2018, ottenendo 32 diversi campioni di micro-malto e micro-distillazione.

Questi campioni di distillato sono stati quindi analizzati utilizzando i più recenti metodi di gascromatografia olfattometrica a spettrometria di massa (GC/MS-O), nonché testati da un gruppo di esperti di analisi sensoriale altamente qualificati.

L’analisi ha identificato oltre 42 diversi composti aromatici, metà dei quali «sono stati direttamente influenzati dal terroir dell’orzo» dimostrando, al di là del rifiuto o dell’intuizione, l’incidenza del terroir nel whisky.

Questo studio interdisciplinare – dice il professor Dustin Herb – ha indagato le basi del terroir esaminando i meccanismi genetici, fisiologici e metabolici dell’orzo che contribuiscono al sapore del whisky. Utilizzando protocolli standardizzati di maltaggio, fermentazione e distillazione, abbiamo osservato sapori distinti associati agli ambienti di prova e anche variazioni di anno in anno, indicando che il terroir contribuisce in modo significativo al sapore del whisky».

LA SODDISFAZIONE DI WATERFORD DISTILLERY
Mark Reynier, Ceo di Waterford Distillery, si dichiara molto soddisfatto dei risultati, «L’orzo – dice – rende il whisky di malto lo spirit più ricco di sapore al mondo e a Waterford stiamo cercando di creare il più ricco di tutti. Per farlo abbiamo rifiutato l’omogeneità ed esaltato l’individualità. Identificare, proteggere e mostrare gli straordinari sapori naturali dell’orzo significa esplorare i terroir dell’Irlanda meridionale, fattoria per fattoria».

Alcuni nel settore, per ragioni oscure e nonostante le prove crescenti, negano l’esistenza del terroir nell’orzo e nel distillato che ne deriva – prosegue Reyner – eppure questo studio dimostra una volta per tutte quello che sapevamo da sempre: non solo il terroir influenza i composti aromatici nell’orzo, ma il suo effetto permane anche lungo il processo di produzione influenzando il sapore del whisky single malt».

«La nostra ricerca – conclude – è una piattaforma per diffondere, per la prima volta in 50 anni, nuove varietà (di orzo) basate sul sapore piuttosto che sulla resa, abbinando idealmente sapori e profumo al suolo e ai microclimi».

Questo primo articolo esplora l’impatto del terroir attraverso un whisky prodotto in modo neutro, maltato in laboratorio e distillato in modo uniforme per rimuovere eventuali variabili di produzione. Waterford ha già annunciato una nuova ricerca, che sarà pubblicata nel 2022, che esplorerà il ruolo del terroir all’interno dei prodotti commerciali della distilleria.

LE CONCLUSIONI DELLA RICERCA
«Questo studio – si legge nelle conclusioni della ricerca – ha tentato di determinare l’influenza del terroir sul sapore dei distillati di nuova fabbricazione valutando il contributo della varietà di orzo e del suo ambiente di crescita nell’arco di due stagioni attraverso analisi sensoriali e olfattometriche».

«È stato notato che la varietà, l’ambiente e l’interazione di varietà per ambiente hanno influenzato il carattere sensoriale dei nuovi distillati, con attributi sensoriali di frutta fresca e pungenti influenzati da tutti i fattori (varietà, ambiente e stagione). Tuttavia l’impatto dell’ambiente e l’interazione di varietà per ambiente risultano più pronunciati rispetto alla sola varietà sugli attributi sensoriali in entrambe le stagioni».

«Quarantadue composti volatili sono stati rilevati come potenziali odoranti che contribuiscono al sapore degli alcolici di nuova fabbricazione; tuttavia, otto sono stati considerati i più influenti: (E)-2-nonenale, β-damascenone, 3-metil-1-butanolo, furfurolo, etil-esanoato e un composto non identificato (sconosciuto 10 con un carattere erbaceo / erboso)».

«Anche altri quindici hanno avuto un impatto sull’aroma, ma in misura minore, e questi sono costituiti principalmente da esteri, sebbene non sia stato possibile identificare sei composti a causa della co-eluizione, della bassa abbondanza o del fatto che erano al di sotto dei limiti di rilevamento mediante spettrometria di massa. L’analisi chemiometrica dei dati volatili e sensoriali ha inoltre concluso che sia l’ambiente che la stagione hanno avuto un impatto maggiore sul carattere sensoriale aromatico dei nuovi distillati rispetto alla sola varietà».

«Gli ambienti sono stati scelti per questo studio in base a diverse condizioni pedoclimatiche, mentre le varietà di orzo sono state scelte in base a varietà commerciali comunemente in uso in Irlanda al momento dello studio, queste varietà condividono un patrimonio genetico simile che potrebbe averne limitato l’impatto sulla diversità dei sapori nel nuovo spirito di fabbricazione».

«Questo studio ha chiaramente dimostrato le variazioni nel contributo dei volatili aromatici attivi e degli attributi sensoriali in questi nuovi alcolici, che riflettono i cambiamenti nella crescita dell’orzo in relazione agli elementi ambientali, inclusi i nutrienti del suolo e le condizioni meteorologiche stagionali prevalenti; rivela quindi un effetto “terroir”».

«Ciò non è stato determinato in precedenza e crea la possibilità di produrre whisk(e) di diverse “vendemmie” con spirit di nuova fabbricazione che racchiudano i fattori che incidono sulla crescita della varietà d’orzo tanto quanto i parametri di lavorazione successivi».

«Sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere meglio l’impatto ambientale specifico sulla crescita dell’orzo e sulla sua gestione e lavorazione rispetto ai meccanismi genetici, fisiologici e metabolici che contribuiscono all’espressione del terroir non solo nel distillato nuovo, ma anche nel whisk(e)y per determinare l’importanza del terroir a valle del processo di maturazione».

L’intera ricerca è consultabile sulla pagina di Foods.

Categorie
a tutto volume news news ed eventi

Terroir nel Whisky come nel vino? Uno studio inchioda l’industria dei distillati

Il terroir, concetto tanto caro ad enologi e sommelier nel mondo del vino, può essere applicato al Whisky? Quell’insieme tridimensionale di suolo, clima e topografia che influenza la crescita della vite ha lo stesso effetto sull’orzo? Secondo Mark Reynier, Ceo di Waterford Distillery in Irlanda, la risposta è affermativa.

Ci sono solo tre materie prime ammessi per la produzione del Whisky Single Malt: lievito, acqua e orzo – spiega Reynier – Si dice che il Whisky dipenda dalla giusta acqua o dalla botte usata in invecchiamento, ma non si parla mai dell’orzo. Perché questo punto cieco?”.

Waterford va ad aggiungersi ad un esiguo ma crescente numero di distillatori che stanno lavorando per dimostrare l’esistenza del terroir nel whisky, quali Rob Arnold, accademico e Master Distiller presso Firestone & Robertson Distilling Co., in Texas, e la giovane Isle of Raasay Distillery in Scozia (la prima release di Whisky è prevista per Natale 2020) che sta sperimentando nuove varietà di orzo da maltaggio coltivate localmente.

Nell’industria del whisky, l’esistenza del terroir è sempre stata negata per varie ragioni. Fra esse, le più comuni riguardano il fatto che l’orzo è solo un chicco e non può esprimere il senso del luogo in cui nasce, a differenza dell’uva che è un frutto.

Inoltre si sostiene che il processo di distillazione, per certi versi, “rimuova” le tracce del terroir. Infine, l’invecchiamento in botte maschererebbe e “coprirebbe” ogni possibile influenza del territorio.

Seguendo questa logica, l’industria ha sempre trattato l’orzo come una commodity. Una merce “base”, scelta e coltivata solo per la resa produttiva in un’ottica di efficienza. Suggerire o dimostrare che il sapore di uno Spirit differisca a seconda di dove cresce l’orzo, fattoria per fattoria, è quindi una verità molto scomoda.

IL PROGETTO DI MARK REYNER

Reyner ha maturato la convinzione che esista un concetto di terroir nel Whisky sull’isola scozzese di Islay, dove per 11 anni è stato a capo della Bruichladdich Distillery. Quello che Reynier ha appreso su Islay lo ha convinto che c’era altro da esplorare, creando così nel 2015 la Waterford Distillery, nel sud-est dell’Irlanda, per poter lavorare sul suo progetto di terroir nel Whisky.

Per lo studio, a partire dal 2017 sono state seminate e raccolte due varietà di orzo, Olympus e Laureate, in due siti distinti nel sud-est dell’Irlanda. Per l’esattezza, nelle città di Athy e Bunclody. Ad Athy, il suolo è “nutrizionalmente più ricco” di calcio, fosforo, magnesio e zinco, rispetto al suolo di Bunclody.

I protocolli di maltazione, fermentazione e distillazione sono rimasti invariati per tutti in campioni al fine di cogliere solo le differenze date dal territorio. Nel progetto è stato coinvolto Dustin Herb, Ph.D., ricercatore ed esperto di orzo presso la Oregon State University che nel 2016 presentò una ricerca rivoluzionaria sul sapore dell’orzo al World Brewing Congress di Denver.

Siamo stati in grado di studiare i meccanismi genetici che regolano i contributi dell’orzo al sapore del whisky – afferma Herb – e di determinare gli elementi ambientali chiave del terroir del whisky, di identificare le variabili organolettiche sia nella produzione che nella lavorazione del malto e di tracciare le influenze del terroir attraverso la maturazione dell’orzo”.

I risultati completi saranno pubblicati alla fine dell’anno e all’inizio del 2021, ma a quanto è dato sapere sembra essere dimostrato il terroir nel Whisky. L’analisi sensoriale avrebbe indicato che il sito di Athy fornisce aromi di frutta e malto più elevati rispetto a Bunclody, più ricco di note erbacee e minerali.

IL WHISKY “SINGLE FARM”

Il desiderio di Waterford Distillery è quello di portare sul mercato, qualora gli studi fossero definitivamente confermati, il Whisky “Single Farm”. Whisky provenienti da una sola “farm”, con un approccio in qualche modo simile a quello dei vini “singolo vigneto”, un lavoro molto complesso che necessita di un’infrastruttura notevole.

Si consideri ad esempio il lavoro che Waterford sta portando avanti con 97 agricoltori, compresi alcuni che coltivano in modo biologico o biodinamico. Ogni raccolto viene immagazzinato separatamente e ogni singolo whisky di origine agricola (circa 120 tonnellate per raccolto) impiega una settimana per fermentare e un’altra per eseguire una distillazione volutamente bassa e lenta.

Non solo. Dallo studio sembrerebbe emergere anche un impatto legato all’annata. “Questi sentori – afferma Herb – che spaziano dal fruttato, al floreale, al maltato, al terroso ed all’erbaceo, variavano negli anni per ogni tipologia di suolo. Questo indica un effetto ‘vintage’ in relazione ai cambiamenti metereologici e dei nutrienti del terreno di anno in anno”.

NUOVE PROSPETTIVE PER IL WHISKY?
Tipologia di Orzo utilizzata, zona di produzione e annata di raccolta. Nuove variabili che, se confermate, potrebbero cambiare lo scenario mondiale, già di per sé complesso, della produzione e consumo di Whisky. Storicamente l’orzo è sempre stato selezionato solo in base al rendimento e alla neutralità del sapore.

La produzione commerciale è tipicamente realizzata su larga scala e su un’ampia gamma di ambienti, per cui le varietà contemporanee devono avere prestazioni costanti e accomunabili per garantire costanza qualitativa. L’idea del terroir va a colpire il sistema industriale alla base.

Stiamo semplicemente grattando la superficie – conclude Herb – ma questo studio evidenzia l’importanza del terroir, se scegli di cercarlo. C’è molto da scoprire sfruttando la variabilità di sapore nel terroir, non ultima la diversificazione dei prodotti che apre opportunità alle micro distillerie per sviluppare mercati di nicchia“.

“Inoltre, ricalibrando la discussione sul whisky in linea con il vino e molti cibi raffinati, l’industria può attrarre una nuova generazione di consumatori”, conclude il motivatissimo Herb. La partita è solo al calcio d’inizio.

Categorie
a tutto volume Food Lifestyle & Travel

Il Whiskey che rigenera la città

Un’idea diversa per promuovere il whiskey. Di più, un progetto in cui il brand quasi passa da attore principale a supporter del progetto stesso. È “Il Whiskey del tuo quartiere“, la nuova iniziativa di Jameson Irish Whiskey.

L’idea di fondo si discosta dal solito modo di promuovere il prodotto. Non più solo un proporre il proprio whiskey attraverso campagne spot e prezzi aggressivi ma la voglia di integrare il consumo con il tessuto sociale di un quartiere.

Il progetto sostiene iniziative sociali per rigenerare otto quartieri fra Roma, Milano e Napoli, un brindisi alla volta. Tre iniziative selezionate (da settembre ad oggi) per ogni quartiere attraverso il sito di Jameson Loves neighborhood. Fare qualcosa di concreto per quei luoghi, zone abitate ed amate dai residenti.

Da novembre a giugno, in alcuni locali selezionati, cuore di riferimento di ogni quartiere, è possibile votare la proposta più amata e partecipare attivamente all’operazione di crowdfunding. Per ogni drink a base Jameson, infatti, una quota sarà devoluta all’iniziativa vincente.

Il progetto riflette l’anima informale, laboriosa e audace di Jameson. Sine Metu, ‘senza paura’ in latino, è infatti il motto dell’Irish blended whiskey. Un’esortazione a collaborare per migliorare insieme il quartiere che si ama ed un modo per integrare il consumo di Jameson al tessuto sociale.

Winemag ha avuto modo di assaggiare, durante la presentazione relativa al progetto Milano Navigli presso Ral Cocktail Bar, due dei drink rappresentativi del progetto-quartiere.

Stone Street (Jameson, Vermoth rosso, Aphrodite bitter) è una sorta di boulevardier a base Jameson. Incisivo come deve essere conquista con note agrumate per poi spostari su note più calde e secche.

Jameson Basil Smash (Jameson, basilico, sciroppo di zenzero, lemon) si presenta fresco ed erbaceo. Lo zenzero dona una leggera piccantezza e lo rende accattivante al sorso.

LE INIZIATIVE DE “IL WHISKEY DEL TUO QUARTIERE”

MILANO
NOLO
1. Abbellire e valorizzare Piazza Morbegno
2. Regalare un’opera di street art a NoLo
3. Illuminare con le luminarie di Natale il quartiere

PORTA VENZIA
1. Nuovi punti luce in Via Paolo Frisi
2. Opere di street art in Via Paolo Frisi
3. Regalare un’installazione creativa al quartiere

NAVIGLI
1. Installare nel quartiere panchine/cestini creativi
2. Ripulire e valorizzare portoni/muri
3. Adottare i ponti del Naviglio Grande

NAPOLI
CHIAIA

1. Recupero urbano del marciapiede in Vico II Alabardieri
2. Intervento di manutenzione presso Piazza Vittoria
3. Intervento di recupero sito storico nel quartiere

CENTRO STORICO
1. Nuove luminarie per il miglioramento del quartiere
2. Recupero Vico Giuseppe Orilia
3. Creazione di targhe in ferro celebrative per le strade più famose

ROMA
MONTI E DINTORNI
1. Creare la prima via “plastic free” con contenitori dedicati alla plastica
2. Potenziamento dell’illuminazione nel quartiere
3. Posaceneri artistici nei maggiori centri di aggregazione del quartiere

PIGNETO
1. Miglioramento dell’illuminazione pedonale
2. Bonifica aiuola Via del Pigneto
3. Creazione guida ai luoghi e storia del quartiere

CENTOCELLE
1. Potenziamento dell’illuminazione grazie ad artisti locali
2. Regalare fioriere artistiche al quartiere
3. Valorizzare Piazza dei Gerani

[URIS id=40730]

Categorie
a tutto volume news news ed eventi

Milano Whisky Festival 2019: i migliori assaggi

MILANO – “Ho visto cose che voi astemi non potete nemmeno immaginare” recita una delle magliette celebrative dell’ultimo Milano Whisky Festival parafrasando la più nota scena del film Blade Runner. Ma al di là dell’ironia la simpatica polo sintetizza bene cosa è stata la 14° edizione del Festival.

Due giorni e circa 2.000 metri quadri suddivisi in due sale del Marriott Hotel di via Washington a Milano. Oltre 2.000 etichette a rappresentare più di 200 distillerie da tutto il mondo, mixology, e 30 fra Masterclass e seminari. Il tutto per raccontare, celebrare, scoprire o approfondire il Re dei distillati. Il Whisk(e)y.

Formula vincente ormai da tre lustri il Milano Whisky Festival è “il” punto di riferimento nazionale per il famoso distillato di cereali. Attraverso i suoi banchi d’assaggio si può esplorare l’intero panorama mondiale, dai nomi noti alle piccole distillerie, dalle nuove release dei grandi gruppi agli imbottigliamenti indipendenti.

Occasione imperdibile, quindi, per appassionati, esperti, addetti del settore o semplici curiosi che desiderano assaggiare qualche buon dram ed approfondirne la conoscenza parlando e confrontandosi con gli operatori.

Un parco giochi del bere in cui ogni palato può trovare il prodotto (o i prodotti) più in linea col proprio gusto. Ecco la selezione di Winemag.

I MIGLIORI ASSAGGI
Impossibile non partire dal vincitore del World Whisky Award 2019 – World Best Single Malt. Bottiglia purtroppo non più disponibile sul mercato è l’Irish Single Malt Whiskey 24 anni di Teeling, imbottigliato ad agosto 2016 dopo invecchiamenti in botti ex Bourbon ed ex Sauternes.

Un’esplosione di frutta gialla (pesca in prevalenza) e rossa (prugna su tutto) tanto al naso quanto in bocca cui seguono note di miele, vaniglia, caramello, frutta esotica ed una leggera speziatura tendente al cacao. Finale lungo, lunghissimo, che non si fa dimenticare per un bel po’ di tempo.

Sempre rimanendo in casa Teeling ottima prova per il Single Pot Still. Si tratta del primo single malt prodotto dalla nuova distilleria di Dublino. 50% di orzo maltato e 50% di orzo non maltato. Tre tipi di legno per l’invecchiamento (età non dichiarata, ma il suddetto impianto è del 2015). Di medio corpo, morbido fruttato e burroso come un Irish dovrebbe essere.

Per rimanere in terra irlandese, stavolta del Nord, non si può non parlare di Bushmills. La più antica distilleria attiva al mondo (fu fondata nel 1608) presenta una verticale dei propri prodotti con il blended Black Bush ed i Single Malt 10 y.o., 16 y.o., 21 y.o. di cui il più equilibrato è senza dubbio il 16 anni. Giusta via di mezzo fra le note della materia prima e quelle del legno.

Curiosa l’iniziativa delle distilleria di portare in assaggio anche il distillato puro, così come esce dagli alambicchi a valle delle tre distillazioni. Uno spirito bianco di orzo “atto a diventare Irish Whiskey” (direbbero i sommelier) ad 84% prelevato lo scorso 29 ottobre 2019. Al palato brucia molto meno di quanto ci si aspetti, grande astringenza sulle gengive ma ricco di quelle note di cereali, malto e tostatura che poi ritroveremo nei whiskey.

The Glenlivet Single Cask Edition 15 y.o. Sherry Butt, 58,6%. Il whisky dello Speyside botte ex Sherry per definizione. Spezie, frutta disidratata, pungente eppur non fastidioso per un naso ed un palato intriganti.

Sempre interessanti le selezioni di Wilson & Morgan fra cui spicca il Mcduff 2006, intenso ed equilibrato con una persistenza seducente che evolve dal sottobosco allo speziato ed alla frutta surmatura, così come le selezioni di Douglas Laing’s guidate da un ottimo Glenrothes 12 anni.

Sul fronte dei torbati da notare l’ultima release di Ardbeg ed il gradazione piena di Smokehead. Se Ardbeg  An Oa, fa contenti gli appassionati con grandi note di fumo, tabacco e toffee è High Voltage di Smokehead a stupire.

Marchio che strizza l’occhio ai giovani grazie ad un packging accattivante ed al misterioso nome (mai svelato) della distilleria che lo produce Smokehead, col suo High Voltage, colpisce per la sua solo apparente semplicità. Se la dicitura “Explosive” sulla confezione lascia presagire un pugno di fumo al naso ecco che in realtà il sorso regala note verdi di fieno, di tabacco, di erbe medicinali.

Interessante il “gioco” di Ballantine’s che, famosa per il suo blended, da un po’ di tempo propone unica al mondo imbottigliamenti separati dei tre single malt che compongono il blend. Miltonduff 15 y.o., facile e scorrevole con note di vaniglia, liquirizia, caramello. Glenburgie 15 y.o. più dolce e corposo. Glentauchers 15 y.o. fine ed elegante con agrumi, pasta frolla, frutti rossi.

Dagli Stati Uniti spicca, ancora una volta, Koval Distillery di Chicago. Sempre perfetti il Rye ed il Four Grain qui a Milano presenta le novità Millet, whiskey di miglio bio coltivato nel midwest, sottile al naso con sentori di anice stellato e fiori secchi, e Wheat. Wheat è un whiskey di frumento che si presenta cremoso al palato con note di banana, burro ed una leggera vena tostata.

L’Altoatesina Puni presenta qui il suo Aura, un 5 anni, l’invecchiamento più lungo sin qui realizzato. Complesso; frutta bianca, spezie dolci ed una leggera aurea di fumo che accompagna il sorso.

Curiosa la novità Five Farms. Irish Cream a base di latte di cinque fattorie bio della regione di Cork che conferiscono il latte ogni due settimane. Morbida, dolce e cioccolatosa. Un prodotto goloso per chi si approccia al Whiskey, per chi cerca un’alternativa di qualità alle creme industriali, o per accompagnare un dessert.

[URIS id=40535]

Categorie
a tutto volume Approfondimenti

Non solo vino a Vinitaly 2019: cronaca dei migliori distillati, dal Gin al brandy italiano

VERONAVinitaly 2019 si conferma non solo la più importante fiera italiana dedicata al vino, ma anche una grande finestra per produttori, distributori e professionisti degli Spirit.

Notevole infatti la presenza di stand dedicati ai distillati, tanto da rendere pressoché impossibile visitarli tutti.

GLI ASSAGGI DI WINEMAG
Sull’onda della moda del Gin, Rinaldi presenta Yu Gin. Gin francese che conta nelle proprie botaniche anche Yuzu, agrume giapponese, e pepe di Sichuan.

E proprio da questi trae la sua grande freschezza tanto al naso quanto al palato, morbido e vivace.

Sempre da Rinaldi due Mezcal e due Tequila. I Mezcal di Tier si distinguono per il piacevole ed armonico profumo di brace. Più erbaceo Ensamble I, più tipicamente fruttato Espadin.

I Tequila Viviana, tanto il Blanco quanto il Reposado, si caratterizzano per la grande pulizia, il sorso asciutto e la piacevole persistenza fruttata.

Notevole il Whisky giapponese Kamiki. Blended Malt di whisky giapponesi è l’unico al mondo a riposare in botti di cedro giapponese, il legno tipicamente usato per costruzione dei templi. Equilibrato, regala sentori di frutti rossi maturi, miele ed una piacevolmente marcata nota di tè verde.

Sorprende St. George Spirits da Alameda, California. Una linea di Gin e Vodka artigianali di ottima fattezza. Terroir Gin vuole, nelle intenzioni, raccontare il territorio e ci riesce portando al naso del consumatore i profumi della foresta californiana: abete, alloro, salvia, e freschezza agrumata.

Botanivore raccoglie in se 19 differenti botaniche bilanciando molto bene note di agrume, di spezie come pepe, cannella, aneto e coriandolo, ed una piacevole nota erbacea. Dry Rye è il più secco e speziato, un gin che non nasconde l’uso di alcool di segale (Rye, appunto). Un gin per gli amanti dei whiskey americani.

Chiude Green Chile, vodka ai peperoncini dolci californiani. Piccante quel tanto da non disturbare è un prodotto originale che può dare spinta in mixolgy. Da Pojer e Sandri è piacevole l’assaggio di Sorbo dell’Uccellatore, acquavite di Sorbus Aucuparia. Profumo dolce che ricorda il marzapane e corpo morbido con sentori fruttati.

Roner, distilleria altoatesina di Termeno, presenta qui un nuovo amaro di erbe. Non ancora etichettato andrà in commercio a giugno 2019. 32% ben integrati nel prodotto, tendenza dolce ed piacevolissimo aroma di erbe aromatiche e bergamotto. I vicini di casa di Psenner oltre alla linea di grappe e distillati di frutta, affiancano un vero e proprio cocktail bar in cui i prodotti di casa diventano ingredienti.

LA CULTURA ITALIANA
Di tutt’altro avviso Bruno Pilzer, della Distilleria Pilzer in Val di Cembra. “Bisogna riuscire a riportare al centro il prodotto italiano principale, cioè la Grappa”. E’ con queste parole che Bruno esordisce sintetizzando in un secondo un pensiero profondo. Pensiero che sfida le mode in nome della tradizione e della cultura italiana.

“Se non sei italiano non capisci l’Italia” e quindi la grappa diviene sia identità nazionale che strumento per spiegare il nostro paese all’estero. Prodotti di altissimo livello qualitativo. Tanto le grappe da vitigno quanto la grappa blend Delmè ed i distillati di frutta (albicocca e pera che abbiamo avuto la fortuna di assaggiare).

Non si può parlare di qualità italiana della distillazione senza fare tappa allo stand di Villa Zarri, dove Guido Fini ci guida nell’assaggio della sua linea di Brandy. Nel 16 anni Assemblaggio Tradizionale ritroviamo tutte le note già incontrate nel 10 anni impreziosite da una maggiore balsamicità e da una più marcata tostatura del legno.

Il 23 anni Millesimo 1994 regala note complesse di cera d’api, crema pasticcera ed agrumi canditi. Particolari il 14 anni Millesimo 2002 affinato in botti ex Marsala Florio, che risulta facile e morbido, ed il 18 anni Selezione Tabacco che risulta molto più erbaceo “verde”.

Chiude il 28 anni millesimo 1998, ricco di terziari ma anche di una nota fruttata di fondo che sa di pesca e rimanda, mentalmente, ad alcuni Single Malt nord irlandesi. Impressiona, davanti a brandy tanto ben fatti, la frase di Guido: “Io sono un bambino. Distillo ormai da decenni ma per i tempi di questi prodotti io non ho certo l’esperienza di certe Maison”.

[URIS id=32368]

Categorie
a tutto volume

Woodford Reserve Distiller’s Select, Labrot & Graham

(3,5 / 5) Insolito. Prodotto a mano in piccoli lotti ma non per questo difficile da reperire, tant’è che spesso appare anche sugli scaffali della Gdo. Vi raccontiamo oggi di Woodford Reserve Distiller’s Select, whiskey americano molto noto in Italia, prodotto da Labrot & Graham.

LA DEGUSTAZIONE
Color ambra luminoso e dall’aroma pieno. Frutta secca, scorza d’arancia, fave di cacao. Intensa nota di vaniglia, rovere ed un leggero tocco fumè.

Pieno e morbido in bocca accompagna il sorso con sentori leggermente speziati, cereali e caffè. Alcool presente (43,2%) ma ben integrato e per nulla fastidioso.

La persistenza è lunga e giocata in accordo col naso, ecco quindi tornare il fumè ed il cacao accompagnati da una sensazione leggermente astringente. Ottimo Bourbon da bere liscio dopo cena o anche accompagnandolo a dei dolci cremosi e vanigliati può essere interessante come base cocktail per le sue note chiare ed intense.

IL PRODUTTORE
Prodotto con una elevata percentuale di segale, circa 18%, e prodotto secondo tripla distillazione ad alambicco. Cosa assai rara negli Stati Uniti. Prodotto in oltre a mano in piccoli lotti e maturato per almeno 6 anni. Tutto questo lo rende un prodotto eccezionale, nel senso che fa eccezione rispetto alla stra grande maggioranza dei Bourbon.

Ma eccezionale anche visto l’interessante rapporto qualità prezzo (considerate che a volte si riesce ad accaparrarselo sullo scaffale di un supermercato o su Internet per una trentina di euro, meno di quanto spesso si spenda per un vino).

Labrot & Graham è una delle distillerie più piccole ed antiche del Kentucky, ancora oggi operativa nello stabilimento originario del 1812, dove hanno sede la “copper pot still room” (la sala degli alambicchi), i centenari tini di fermentazioni in legno e la “barrel run“, il tragitto di 500 piedi che i barili compiono (per gravità) fra il riempimento e la loro messa a dimora a magazzino.

Categorie
a tutto volume news

Tre Irish Whiskey per celebrare San Patrizio

“Il Whiskey Irlandese è un blended whiskey a tripla distillazione a colonna, non torbato, semplice fruttato e leggero, di facile beva”.

Parola più parola meno è questa le definizione che di solito si sente dire relativamente al whiskey “made in Ireland”.

Ma oggi, giorno di San Patrizio, per rendere omaggio alla Verde Erin, Vinialsuper vuole raccontarvi un’altra storia.

La storia vera di un prodotto interessante, vario, complesso e che sta ricevendo continua stima dal mercato. Eccovi quindi tre prodotti simbolo di questa rinacita.

Connemara Distillers Edition, 43%. Un single malt, torbato a doppia distillazione ad alambicco. Complesso al naso stupisce per la nota torbata in stile “Scotch” sotto cui emergono le note fruttate e floreali tipiche dell’irlandese. Uno schiaffo in faccia alla definizione, ormai consolidata, di Irish Whiskey.

Teeling Single Malt, 46%. Un single malt invecchiato in ben 5 tipi botti diverse: Sherry, Porto, Madeira, Chardonnay di Borgogna e Cabernet Sauvignon. Ne risulta un whiskey morbido ricco di note fruttate ed agrumate. Dolcezza di miele e vaniglia in bocca, con una leggera speziatura. Incredibilmente equilibrato.

The Quiet Man Blended Whiskey, 40%. Un tradizionale Irish Blended. Blend di whiskey di grano e di malto ottenuti solo per distillazione tradizionale pot still maturato in botti ex-bourbon di primo passaggio. Naso dolce di miele, frutta (banana) e vaniglia. In bocca è morbido con note di malto tostato, mela e cannella. alcolicità ben integrata, nulla a che vedere col calore pungente di molti Irish industriali.

IL WHISKEY IRLANDESE
Prodotto di lunga tradizione l’Irish Whiskey subì un’importante battuta d’arresto nei primi anni ’20 per via di sue fatti storici che letteralmente uccisero il mercato: il proibizionismo americano che tagliò quasi completamente il mercato d’oltreoceano e l’indipendenza della Repubblica d’Irlanda che la escluse l’intera area del Commonwealth.

Restò solo il mercato interno ed i produttori iniziarono a chiudere uno ad uno. Nel 1966 sul suolo dell’EIRE restavano solo 3 distillerie (Jameson, Power e Cork) che presero la decisione di fondersi insieme e fondare la Irish Distillers Ltd.

Un colosso industriale in grado di reggere al mercato grazie alle economie di scala. Da lì la precisa volontà commerciale di produrre un blended whiskey semplice facile ed immediato. Quello che molti di noi conoscono.

Fu John Teeling che nel 1989 prese l’ardita decisione di riaprire una distilleria per poter riproporre al mercato il “vero” Irish Whiskey. Vi risparmiamo le vicende finanziarie e le politiche commerciali adottate da John, ma fatto sta che negli anni ’90 sul mercato prima interno e poi mondiale del whisky si affaccia un prodotto nuovo: Connemara. Un whiskey in totale controtendenza rispetto ad ogni altro irlandese.

Il successo di Connemara è così potente da portate non solo ad una crescita esponenziale della distilleria, ma anche ad un interessamento al fenomeno da parte delle multinazionale del beverage.

Nel 2011 è Beam Global a spuntarla, acquistando da John Teeling la distilleria (la Cooley Distillery) per la “modica” cifra di 95 milioni di dollari. Grazie a Beam, e poi al gigante giapponese Suntory che ha a sua volta acquistato Beam, Connemara ha accesso ai più svariati canali commerciali. Ecco perchè è così facilmente reperibile anche in GdO.

John Teeling ed i suoi figli Jack e Stephen decidono di non fermarsi, di non limitarsi a godere del capitale appena guadagnato.

Con i soldi ottenuti dalla vendita di Cooley aprono a Dublino una nuova distilleria, la Teeling Disitilley. La prima nuova distilleria ad aprire Dublino in oltre 125 anni.

Tripla distillazione e nessun blending, pura interpretazione della tradizione irlandese.

Quello iniziato da Teeling negli anni ’90 non è però un caso isolato, ma un vero e proprio fenomeno.

Molte le distillerie che da allora hanno aperto, come la già citata The Quiet Man.

Il coraggio di aprire una Irish Whiskey Distillery su suolo tecnicamente inglese, in Irlanda nel Nord.

The Quiet Man sorge infatti a Derry, cittadina storicamente luogo di scontri per l’indipendenza irlandese e teatro della tristemente nota “Bloody Sunday“.

Il Whiskey Irlandese oggi continua a crescere, entusiasmando sempre più consumatori e convincendo anche i più scettici grazie alla grande qualità espressa dai suoi prodotti.

Categorie
a tutto volume

Whiskey Porter, birrificio Batzen Braü

Birre che sanno declinare una stile “classico” con un tocco di novità. È il caso della Whiskey Porter del Birrificio Batzen Braü di Bolzano.

LA DEGUSTAZIONE
Stile Porter, 5,5%. A fianco del malto tostato, tipico dello stile, qui viene utilizzato anche del malto torbato. Inoltre la birra riposa alcuni mesi in botti ex bourbon in modo da armonizzare i vari aromi di cui si compone ed arricchirsi ulteriormente con quelli della botte.

Di colore scuro, quasi nero con riflessi che ricordano il caffè è sormontata da una schiuma compatta e cremosa, di color panna. Al naso libera subito note tostate e vaniglialte, profumi di caffè e liquirizia che si alternano ad un aroma maltato e fruttato.

In bocca è di corpo pieno ma non stucchevole. Ritornano i sentori legnosi che ricordano da vicino il rovere da whiskey americano in cui è invecchiata. Buona la persistenza.

Ottima sia come birra gourmet da accompagnare a piatti di carne, sia come birra da meditazione da accompagnare ad un piacevole incontro con gli amici.

IL BIRRIFICIO
Da quando ha aperto i battenti nel giungo del 2012 il birrificio Batzen ha arricchito il panorama brassicolo Alto Atesino con una realtà che fa della birra una forma di cultura. “Mit freude gebraut – für eine lebendige bierkultur” (“Preparata con gioia – per una vivace cultura della birra”) recita lo slogan del birrificio in etichetta, e c’è da credergli.

Batzen Braü è infatti una sorta di microcosmo, composto da un birrificio artigianale, un bier pub con giardino, una cantina in grado di ospitare spettacoli teatrali e concerti, ed un bier shop. Una realtà che ha fatto del piacere e della convivialità della birra il proprio stile.

Ecco il perché di Batzen Louise, mascotte del birrificio, l’allegra tirolesina che vola su di un’altalena fatta con una botte. Ecco il perché del nome: il “batzen” è infatti una vecchia moneta pari al costo di una misura di vino o birra, la moneta che i vecchi osti scambiavano volentieri servendo i propri ospiti.

Categorie
a tutto volume news

Milano Whisky Festival 2017: sempre più (in) grande

Il Milano Whisky Festival (lo scorso 11 e 12 novembre, presso l’Hotel Marriott di via Washington) si conferma essere il vero punto di riferimento per operatori ed appassionati del settore. Cresciuto negli anni, l’evento ha raggiunto nell’edizione 2017 la sua massima estensione tanto per “superficie” quanto per numero e tipologia di etichette rappresentate. Da quest’anno, infatti, l’evento non è più solo dedicato ai whisky (con una comparsata dei Rum, nelle ultime due edizioni) ma anche a molti altri Spirits: Cognac, Armagnac, Calvados, Applejack, Brandy etc.

La disposizione della sala, la presenza di produttori distributori e imbottigliatori indipendenti e la grande offerta di assaggi disponibili ha permesso a chiunque di organizzarsi il proprio percorso tematico per esplorare il mondo dei distillati secondo il proprio gusto, le proprie esigenze, desideri e curiosità. Tanti spunti di riflessione, dunque. Tra conferme e novità.

IL TOUR
Partiamo quindi dal classico dei classici, Macallan, che a fianco dei “soliti” Amber e Sienna ripropone qui la versione Fine Oak, linea di single malt (lanciata nel 2004) invecchiati in tre tipi di legno diversi (ex-sharry di rovere europeo, ex-sharry di rovere americano ed ex-bourbon). 12yo e 15yo in un crescendo di sensazioni fino al 18yo che col suo colore ambrato, i suoi profumi dolci di frutta (mela ed ananas), d’agrume e di spezie, il suo ingresso in bocca morbido ed il suo corpo con note di cioccolato e vaniglia ci ricorda perché Macallan, è Macallan.

Glenfiddich propone la verticale del proprio single malt (da 12yo a 26yo, tutti puliti e distintivi della distilleria), ma a cogliere la nostra attenzione è IPA Experiment.

Si tratta di un single malt no age che ha trascorso gli ultimi 3 mesi in affinamento in botti che hanno contenuto una birra IPA (Indian Pale Ale). Al naso dolcezza di malto, mela verde e pera con una nota erbacea di erba tagliata.

In bocca è vivace, con note di agrumi e vaniglia ed una nota verde forse dovuta ai luppoli della birra. Buona la persistenza.

Dalmore si conferma un riferimento per le Highlands centrali; tutti e tre i drum presentati (12yo, 15yo, 18yo) mostrano grande equilibrio olfattivo e gustativo. Stessa conferma per i 5 drum di Glenrothes.

Jura, a fianco del delicato Orign, dei torbati Superstition e Prophecy e del fruttato Elixir, presenta Diurach Own un 16yo che fra 14 anni dotti ex bourbon e 2 in botti ex sharry oloroso. Il risultato è un bicchiere dal profumo di agrumi, di mela e di cioccolato, un corpo dolce e resinoso con note speziate di chiodo di garofano ed un finale secco.

Presenti all’evento tutte e tre le distillerie di Campbeltown: Springbank, Kilkerran e Hazelburn. Tre distillerie vicine di casa, in un territorio difficile e dalle vicende alterne, con tre diverse filosofie produttive.

Se Springbank fa della torba “dolce” il suo marchio di fabbrica, Kilkerran alleggerisce le note di torba aprendo su sentori di frutta secca e caramello, mentre Hazelburn non fa uso di torba ed è una delle rare realtà scozzesi ad usare la tripla distillazione. Il risultato è uno scotch molto fruttato con una punta di spezie.

Conferme e certezze anche Balvenie e Tomatin, che presenta qui sia i classici spayside che il lievemente torbato Cù Bòcan. Ma lo scettro di Re della torba spetta anche quest’anno alla distilleria Bruichladdich col suo Octomore: 5 anni di invecchiamento e 208ppm di torba, è come mettere un caminetto che brucia legni aromatici dentro un bicchiere.

Buona anche la prova di Glenfarclas, verticale dai 10yo ai 25yo. Il 23yo ed il 25yo risultano rotondi e strutturati ma è il 15yo a sorprendere. Forse più “piacione”, più immediato e facile, dei fratelli maggiori ma dotato di grande equilibrio e di una nota cioccolatosa tanto al naso quanto in bocca che piacerà a buona parte dei consumatori, siano essi neofiti o esperti.

Sul fronte dei blended spicca Johnnie Walker che qui presenta i due nuovi Blenders Batch, Espresso Roast e Rum Cask Finish: note più tostate per il primo, maggiore dolcezza per il secondo.

Interessante anche la limited editon di Douglas Laing’s “Big Peat”, un blended Islay Malt ricco di note aromatiche.

L’Irish Whiskey si conferma un prodotto in crescita. Immancabile la presenza di Connemara, l’unico peated a doppia distillazione dell’isola, diventato ormai un’icona. Bushmills da un panorama completo dell’Irlanda del nord coi due blended, 1608 e Black Bush, e coi Single Malt da 10yo a 16yo.

Ma è Teeling a segnare il passo dell’Irish Whiskey. Single Malt (ormai un riferimento), Single Grain, Small Batch, Single Cask ed un interessantissimo Single Malt maturato in Stout Cask, botti che hanno contenuto la famosa birra scura irlandese. Se in bocca è pulito e non tradisce il suo essere un whiskey morbido, al naso e nel retronasale rivela tutte le note di tostatura tipiche della birra. Una pinta fatta whiskey.

A tenere alta la bandiera dei whiskey d’oltre oceano ci pensano la distilleria Harven Hill, con il suo Rittehouse, e la distilleria Elijah Craig. Rittenhouse è un Rye Bottled in Bond dal naso fresco, fruttato e poco speziato, scorrevole e leggero in bocca con un finale abbastanza persistente di pepe bianco.

Elijah Craig (nella foto, sotto) affianca al famoso 12yo, un Bourbon barrel proof da 68% (136 proof) che a dispetto della gradazione non è esageratamente forte al naso e quindi perfettamente godibile. Sentori di sciroppo d’acero e note legnose di vaniglia presenti tanato al naso quanto in bocca. Al palato rivela inoltre una piacevole nota di frutta secca ed un corpo pieno e vellutato. Lunga la persistenza.

Fra i paesi che solo recentemente si sono affacciati alla produzione di whisky restano in prima fila Taiwan ed India. La prima con la distilleria Kavalan che conferma la grande pulizia ed eleganza dei suoi prodotti, differenti per invecchiamento ma accomunati da piacevoli sentori floreali.

Dall’India ecco invece la distilleria Paul John, con tre prodotti fra cui spicca Edited un single malt figlio dell’elevato angle share della regione che presenta colore ambrato, naso di cereali, agrumi e spezie, palato caldo altrettanto agrumato ed una speziatura quasi piccante.

L’Italia è ben rappresentata da Puni, l’unica distilleria di whisky del bel paese. Quattro le proposte fra cui poniamo l’accento su Nero, un 3yo limited edition invecchiato esclusivamente in botti ex Pinot Nero dell’Alto Adige. Ambra chiaro con profumi di frutti rossi, sottobosco ed una nota di rovere. Palato caldo e giovane con note leggermente agrumate. Finale mediamente persistente con richiamo alla mora ed all’uva passa.

Si potrebbe continuare a lungo a parlare di tutti i prodotti presenti alla manifestazione, ma il modo migliore di esplorare il mondo degli spirits resta quello di munirsi di un bicchiere e trovare la propria strada, ricordando lo slogan che Dalmore ha scelto per l’evento: “Sometimes just raising a glass is a priviledge”. “A volte anche solo alzare un bicchiere è un privilegio”.

Exit mobile version