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La riscoperta del “vitigni reliquia” in Sicilia

Madama Nera, Muscatedda, Terribile, Vispara dell’Etna, hanno nomi evocativi e sono quei vitigni endemici del territorio che, per motivi diversi, decenni fa sono scomparsi dai vigneti per riapparire in tempi recenti grazie all’impegno della ricerca e alla tutela delle istituzioni e di alcuni lungimiranti produttori.

Una vera rinascita quella dei vitigni reliquia, noti anche come “vitigni o gioiello” che in Sicilia e in particolare sull’Etna, stanno ritrovando le loro antiche radici offrendo spunti di riflessione interessanti, in un momento in cui puntare sul passato significa anche scommettere sul futuro.

Biodiversità, sostenibilità, tutela del paesaggio, riscoperta delle tradizioni e adeguata risposta della viticoltura ai cambiamenti climatici: i vitigni reliquia, recentemente tornati in auge e tuttora soggetti a studio, sono l’anello di congiunzione tra storia e innovazione.

La loro riscoperta è stata discussa durante la webinar “La rinascita dei vitigni reliquia” promossa da Le Donne del Vino Sicilia trasmessa in diretta Facebook sulla pagina nazionale dell’Associazione Nazionale Le Donne del Vino lo scorso 16 marzo nell’ambito delle attività in programma per Donne, Vino e Ambiente 2021.

Presenti all’evento Aurora Ursino, socia Donne del Vino Sicilia, dott.ssa Agronoma e Sommelier con competenze riguardo alle normative in materia di realizzazione progetti per accesso ai fondi europei; Elisabetta Nicolosi, prof.ssa ricercatrice dell’Università di Catania del Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente sezione di Arboricoltura e Genetica Agraria; Antonio Sparacio dell’Irvo Istituto Regionale Vite e Olio, dottore agronomo responsabile dell’Unità Operativa di Ricerca, Sperimentazione e trasferimento innovazione; dott. Maurizio Lunetta, direttore del Consorzio Etna doc; Alessandra Gentile, prof.ssa ordinaria del settore Agr 03 arboricoltura generale e coltivazioni arboree dell’Università di Catania; Salvo Foti, produttore etneo, autori di libri sulle tradizioni e tipicità della viticoltura del territorio.

La registrazione dell’evento è disponibile sulla pagina Facebook dell’Associazione Nazionale Le Donne del Vino.

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Assuli Winery e i vitigni reliquia: 14 “nuovi” autoctoni nel futuro della Sicilia

Alzano, Cutrera, Dunnuni; Insolia nera, Vitrarolo, Bracau. Sono solo alcuni dei vitigni autoctoni che Assuli Winery sta recuperando in Sicilia, in collaborazione con l’Istituto Vite Vino di Marsala. Il progetto interessa ben 14 “vitigni reliquia” dell’isola, messi a dimora in un vigneto sperimentale di 0,3 ettari a Carcitella, nel comune di Mazara del Vallo.

Tra i bianchi ci sono anche Nave, Oriddu, Recuno, Reliquia bianco. Tra i rossi ‘Anonima’, Catanese nero, Lucignola e Rucignola. Nomi pressoché sconosciuti anche tra gli esperti, che restituiscono la caratura di un progetto destinato ad avere sempre più spazio nei 130 ettari di proprietà della cantina trapanese, nella Sicilia occidentale.

“Assuli – spiega Roberto Caruso, uno dei titolari – è una cantina interamente vocata alla produzione di vini biologici da vitigni autoctoni della Sicilia. Crediamo che questa sia l’unica strada percorribile per il futuro”.

I ‘vitigni reliquia’, a differenza dei più noti Grillo e Nero d’Avola, a loro volta presenti nel parco vigneti di Assuli Winery, non sono stati ancora vinificati. “Abbiamo effettuato alcune prove di microvinificazione – spiega Caruso – per valutarne i singoli parametri, sia dal punto di vista analitico sia degustativo”.

Siamo ancora lontani dalla vera e propria produzione, ma fiduciosi che questi autoctoni possano darci gli stessi risultati di vitigni come il Perricone, abbandonato in Sicilia e riscoperto solo di recente”.

Il Dna dei ‘vitigni reliquia’ è stato indagato in laboratorio. Secondo gli studi condotti da Assuli, alcune delle varietà presenti nel vigneto sperimentale di Mazara del Vallo hanno Trebbiano e Grenache come “parenti”, oltre agli stessi Insolia e Nero d’Avola.

“C’è un gran lavoro dietro ai vini di Assuli Winery – commenta l’enologo Lorenzo Landi – soprattutto per i cosiddetti ‘vitigni reliquia’ che ci fanno confidare in un futuro di grandi soddisfazioni”.

La grande cura che mettiamo, dalla coltura del vigneto fino alle nostre bottiglie, esprime la tipicità e l’originalità dei vitigni tardivi per la zona, nonché la particolare ricchezza dei vitigni autoctoni, alcuni dei quali recuperati dall’oblio totale”.

Curiosa, su tutte, la storia del Vitrarolo, la cui coltivazione era limitata a pochi ceppi, nei vigneti più antichi dell’area dei monti Nebrodi. Si tratta, non a caso, di una delle zone di maggiore interesse per la viticoltura siciliana dei prossimi secoli.

Alcuni ‘vitigni reliquia’ salvati dall’oblio da cantina Assuli. Da sinistra i grappoli di Vitrarolo, Recuno e Bracau

Risale infatti al Vinitaly dello scorso anno l’annuncio dell’avvio, sempre da parte dell’Istituto Vite Vino di Marsala, di un importante progetto che riguarda la produzione di uno spumante di montagna, “Selecto, da uve Catarratto (Lucido ed Extralucido) allevate appunto sui Nebrodi.

Grazie al vigneto sperimentale di Assuli si potranno valutare le risposte agronomiche ed enologiche del Vitrarolo nell’areale di Mazara del Vallo, in un microclima differente. Da un vitigno che racconta sin dal nome la caratteristica di tralci ‘vitrei’, che si spezzano facilmente d’inverno, potrà forse attecchire parte del futuro più solido della viticoltura siciliana.

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