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Marchisio da Vitevis a Cadis: all’orizzonte un maxi gruppo Soave-Bardolino-Valpolicella?

Alberto Marchisio da Vitevis a Cadis: nasce un maxi gruppo Soave-Bardolino-Valpolicella?
La notizia era nell’aria da almeno un mese ed oggi è realtà: Alberto Marchisio lascia Vitevis per Cadis 1898 dove, a partire da maggio, sarà il nuovo direttore generale. L’enologo piemontese, originario di Alba, prende il posto di Wolfgang Raifer, con cui Cadis ha «interrotto il rapporto» nel mese di marzo in maniera inaspettata, tanto da portare molti a parlare di un vero e proprio «defenestramento». All’orizzonte ecco dunque profilarsi la possibile creazione di un maxi gruppo, in grado di stravolgere gli equilibri di mercato del triangolo compreso tra Soave, Bardolino e la Valpolicella. Non si parla al momento di una vera e propria fusione tra Cadis 1898 e il Gruppo Vitevis. Ma le due cantine, che insieme produrrebbero circa 52 milioni di bottiglie controllando 9.200 ettari, inizieranno un percorso comune sotto la guida manageriale di Alberto Marchisio.

Il consiglio di amministrazione di Cadis 1898 non ha solo trovato l’accordo con il manager per la direzione generale ma anche stabilito che possa mantenere «un rapporto di consulenza con Cantine Vitevis, l’azienda di provenienza». Il Cda di Vitevis, inoltre, «con la prospettiva di dare continuità al percorso intrapreso da Marchisio, distribuirà deleghe ai responsabili di diversi settori presenti all’interno della cantina, in una logica di valorizzare delle competenze acquisite e delle risorse interne», si legge in una nota diffusa ieri dallo staff di Marchisio.

CANTINA DI SOAVE E VITEVIS: NASCE UN NUOVO COLOSSO DEL VINO ITALIANO?

L’eventuale formalizzazione della nascita di un gruppo che riunisca sotto a un unico “cappello” i due giganti del vino del Veneto, porterebbe alla leadership assoluta del Soave, nonché della denominazione spumantistica del Lessini Durello. Non solo: esclusa la Valpolicella Classica, il colosso controllerebbe gran parte della produzione della Valpolicella, oltre ad avere la maggioranza quasi assoluta di Custoza e un’ampia fetta dell’areale di Bardolino e del Bardolino Chiaretto (interessato da una vera e propria rivoluzione che ha portato al sorprendente allontanamento di Franco Cristoforetti dal Consorzio, con la presidenza affidata lo scorso anno a Fabio Dei Micheli). L’eventuale influenza sul territorio potrebbe essere paragonabile a quella esercitata da Cavit, in Trentino, riferita però alle maggiori Doc della provincia di Verona.

“Fantavino” o qualcosa di più? Marchisio e Cadis, al momento, non si sbilanciano: «Dopo l’interruzione del rapporto di lavoro con l’ex direttore generale Wolfgang Raifer, avvenuta lo scorso marzo – sottolinea Roberto Soriolo, presidente di Cantina di Soave – il Cda ha maturato la convinzione che la figura di Alberto Marchisio fosse quella più idonea a guidare la nostra realtà. In lui abbiamo riscontrato eccellenti capacità comunicative nel dialogo e nell’ascolto delle persone, abilità nell’individuare strategie commerciali efficienti, nonché doti organizzative, di visione ed enologiche. Questi principi e valori sono le fondamenta su cui intendiamo costruire un solido futuro per Cadis 1898. Lo accogliamo fiduciosi nella nostra grande famiglia e gli auguriamo un avvenire ricco di successi».

LA CRESCITA DI VITEVIS CON ALBERTO MARCHISIO

Marchisio dal 2012 ricopre la carica di direttore generale di cantina Colli Vicentini, oggi Cantine Vitevis, realtà giuridica nata nel 2015 dalla fusione di tre cooperative vicentine (Colli Vicentini di Montecchio Maggiore, Cantina di Gambellara e Cantina di Malo) e a seguire con l’acquisizione di Cantina di Castelnuovo del Garda in provincia di Verona nel 2019. «Un importante percorso di consolidamento sviluppato e diretto personalmente», si legge nella nota stampa con la quale viene ufficializzato il nuovo incarico in Cadis.

«Devo molto a Cantine Vitevis – commenta Alberto Marchisio – per l’esperienza maturata sia dal punto di vista manageriale che umano. Il mio ruolo all’interno della cooperativa è stato quello di individuare una nuova strategia per le realtà vinicole che la componevano, valorizzando le singole cantine, ciascuna per la propria identità e peculiarità senza cancellarne la storia, per organizzare una realtà innovativa e credibile sul mercato attraverso prodotti di qualità rappresentativi del territorio. A mio avviso, il ruolo di un direttore generale è quello di lavorare in una prospettiva di medio lungo periodo, come è avvenuto in Vitevis, tracciando un percorso ben preciso che può proseguire anche assumendo un nuovo incarico».

MARCHISIO A SOAVE: VITEVIS SI RIORGANIZZA

La posizione in Cadis1898 rappresenta per il nuovo direttore generale «una sfida stimolante in una delle più significative realtà del panorama vinicolo nazionale; il confronto costruttivo con il territorio e il dialogo con le persone che lo rappresentano saranno fondamentali, così come il coinvolgimento dei collaboratori e il lavoro di squadra quotidiano», commenta Alberto Marchisio. A continuare il progetto manageriale avviato da Marchisio, in Vitevis ci saranno figure già presenti in azienda a partire dal direttore Guido Allione, che dallo scorso agosto si occupa di ottimizzare i processi produttivi, dell’organizzazione interna e del personale.

Ad affiancarlo per il mercato estero saranno Valeria Quagiotto che, oltre alla vendita si occuperà del coordinamento dei brand aziendali e Roberto Sembenini che si dedicherà anche ai marchi privati. Per il mercato domestico sarà Stefano Argenton a promuovere la vendita del prodotto confezionato, mentre Stefano Lovato, enologo di esperienza, si occuperà di coordinare il comparto enologico e delle vendite dei vini sfusi. Le nuove direzioni opereranno in sinergia all’interno di un consiglio direttivo guidato dal presidente Silvano Nicolato.

«Siamo convinti che la strada individuata sia funzionale alle esigenze di crescita della cantina – evidenzia proprio quest’ultimo – garantendo continuità e valorizzando le risorse interne, figure capaci ed esperte del settore del vino, con una profonda conoscenza dei meccanismi aziendali della nostra realtà. Una squadra che ha dimostrato in questi anni di avere la capacità e di tenere il passo in un mercato in continua evoluzione. Ringraziamo Alberto Marchisio per il suo impegno, apporto e dedizione – conclude Silvano Nicolato – che hanno fatto crescere la nostra cooperativa a beneficio dei suoi soci. Il fattore umano è da sempre al centro della nostra storia e lo dimostra anche questa scelta, siamo una cooperativa del territorio, rappresentiamo oltre mille soci, lavorare in squadra in condivisione è una condizione che conosciamo da sempre».

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Silvano Nicolato è il nuovo presidente di Vitevis

Silvano Nicolato è stato nominato presidente della società cooperativa agricola Vitevis, con sede a Montecchio Maggiore (Vi), supportato da Matteo Lovato e Alessandro Bianchi alla vicepresidenza. Succede alla presidenza dell’uscente Luciano Arimini.

“Uno dei nostri principali obiettivi è la massima cura nella gestione del vigneto, che riteniamo sia la base per ottenere un prodotto finito di qualità – afferma il neopresidente – nel 2018 abbiamo ottenuto la certificazione Sqnpi (Sistema di Qualità Nazionale Produzione Integrata), riconosciuta dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, per le linee tecniche di difesa integrata utilizzate per preservare le risorse naturali per le generazioni future. Intendiamo procedere su questa strada”.

Vitevis è una realtà molto dinamica: nata solo cinque anni fa dall’unione delle Cantine Colli Vicentini, Gambellara e Val Leogra, nel 2019 ha accolto in famiglia anche la Cantina di Castelnuovo del Garda. I suoi vigneti si estendono su una superficie di circa 2.800 ettari, dal lago di Garda alla Lessinia, dalla Valpolicella a Soave, fino ai Colli Berici e Gambellara.

La sua ampia proposta enoica include 49 denominazioni: dall’Asolo Prosecco D ai classici vini veronesi della tradizione – Amarone, Ripasso Lugana – senza tralasciare vini come il Soave, il Pinot Grigio, lo Chardonnay, Bardolino, Custoza e molto altro.

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Gambellara, è rivoluzione: alleanza VinNatur ViteVis per la viticoltura sostenibile

GAMBELLARA – Artigiani del vino e grandi cooperative assieme per un progetto triennale dedicato alla viticoltura sostenibile. È quanto accade a Gambellara, dove il Consorzio Tutela Vini ha avviato lo studio sperimentale T.I.Ge.S.Vi – Tecniche innovative di gestione del suolo in vigneto e loro influenza sulla biodiversità e sulla fertilità. Obiettivo: fornire ai viticoltori indicazioni su come coltivare al meglio i vigneti per migliorare il territorio e la vita delle piante.

La ricerca, che coinvolgerà anche il Consorzio Tutela Vini Colli Euganei, verrà condotta nel periodo tra il 2019 e il 2021. Capofila del progetto sarà la cantina La Biancara di Angiolino Maule (nella foto, sopra) patron di VinNatur.

Nel gruppo di lavoro anche la stessa associazione che promuove i vini naturali, assieme alla cooperativa Cantine Vitevis, IreCoop Veneto e il Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente. La presentazione del progetto sarà l’oggetto del convegno in programma lunedì 9 dicembre 2019 a Montecchio Maggiore (VI).

Negli ultimi decenni – spiega Silvano Nicolato, presidente del Consorzio Tutela Vini Gambellara – stiamo assistendo ad una forte riduzione delle risorse naturali negli ecosistemi agricoli, ma anche alla richiesta di un approccio sempre più sostenibile da parte dei consumatori”.

“La Doc Gambellara – conclude Nicolato – ha da sempre una forte propensione ad un pensiero alternativo nella viticoltura, tanto da essere l’avamposto del vino naturale con l’Associazione VinNatur. Per questo siamo felici di far parte di questa sperimentazione triennale che ci vedrà in prima fila per migliorare la salubrità del nostro territorio”.

“Ci auguriamo che questo studio – spiega Angiolino Maule, presidente VinNatur e titolare de La Biancara – sia il primo passo di un proficuo percorso con i produttori del Consorzio, per sensibilizzare maggiormente le aziende verso il tema della sostenibilità e avvicinarle ad una viticoltura sempre più attenta all’ambiente”.

Accanto a Giovanni Ponchia, direttore del Consorzio e moderatore del convegno in programma in provincia di Vicenza, interverranno Silvano Nicolato e lo stesso Angiolino Maule. Con loro ci saranno Lorenzo Tonina di Studio Giannone che introdurrà il progetto, la sua strutturazione e i risultati attesi.

Luca Pizzoli di Cantine Vitevis tratterà il tema della coltivazione ecosostenibile, importante per aiutare l’apparato radicale della vite. Stefano Zaninotti di Vitenova presenterà le misurazioni chimico-fisiche della fertilità biologica del terreno e l’utilizzo di tali analisi a livello agronomico. La partecipazione al convegno è gratuita e aperta a tutti.

L’avvio del progetto a Gambellara può essere considerato il secondo tassello di una “rivoluzione naturale” in corso in tutta Italia, con i “vignaioli artigiani” sempre più coinvolti e interessati a partecipare alla vita dei Consorzi, abbandonando gli estremismi. Lo dimostra, in Toscana, l’elezione di Stefano Amerighi alla presidenza del Consorzio Vini Cortona, avvenuta a maggio 2019.

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Hans Terzer e il Pinot Grigio italiano: “Rese esagerate, in certe zone non si fa qualità”


Per Hans Terzer, le rese del Pinot Grigio italiano “sono troppo alte per garantire la qualità”. L’enologo altoatesino di Cantina San Michele Appiano, a Milano per la presentazione di Appius 2015, introduce l’argomento mentre ai commensali di palazzo Bovara viene servito il Pinot Grigio 2015 di St. Michael-Eppan.

In Italia ci siamo impegnati a far morire questo vitigno. Spero che i miei amici e colleghi di qualche altra zona in Italia non si incazzino, ma purtroppo questo vino molte volte viene discriminato. Il Pinot Grigio è il vino bianco italiano forse più conosciuto al mondo, ma tante volte registra una qualità che mi fa quasi piangere.

Stiamo però parlando di un grandissimo vitigno che dà grandissimi risultati, soprattutto se viene messo nelle zone vocate, collinari e ventilate, con una produzione naturalmente mirata. Negli anni Ottanta e Novanta c’erano pochissimi ettari di Pinot grigio italiano, perché era temuto dai nostri viticoltori.

“Soffre infatti del gravissimo problema del marciume. Da quando abbiamo tolto il Pinot Grigio dalla pergola, mettendolo più al sole e più al vento, abbiamo toccato con mano le punte di qualità che è possibile ottenere.

Stiamo parlando di un vitigno che richiede sì un bel po’ di impegno in vigneto, ma che dà delle soddisfazioni immense. Un vitigno, tra l’altro che può essere vinificato in acciaio, ma che si trova molto bene anche nel legno”.

Da una parte il calice del proprio Pinot Grigio. Dall’altra il microfono e il cuore. Solo qualche pausa per Hans Terzer, durante l’accorato discorso. La voce ferma di chi vuol cogliere la palla al balzo, per parlare alla platea di giornalisti di qualcosa che ha nel petto, più che nello stomaco. Molto più di un sassolino nella scarpa. Ben oltre la banale polemica.

E allora eccoci, a fine serata. Ad approfondire il tema a tu per tu con il noto winemaker. “La mia ricetta per sollevare il Pinot Grigio in Italia? Dobbiamo innanzitutto migliorare in termini di qualità, abbassando le rese”.

“Non voglio criticare certe zone – commenta l’enologo, in esclusiva a WineMag.it – ma rese che si avvicinano ai 150 quintali per ettaro sono esagerate per un Pinot Grigio, se si punta a ottenere qualità anche solo discrete”.

Dunque, che fare? “Con rese attorno ai 100 quintali per ettaro – replica Hans Terzer – si riuscirebbe ad ottenere produzioni molto interessanti. La mia impressione è che in certe zone si esagera, perché si fa troppo poco lavoro in vigna e si lascia su tutto quello che nasce e cresce, per poi lavorarlo in cantina. Non è la via giusta, secondo me”.

Come spiegarlo ai grandi gruppi? “Devono riuscire a far capire alla Grande distribuzione che per un vino di qualità ci vuole una resa più bassa e, di pari passo, un certo prezzo minimo”, risponde il winemaker altoatesino.

“Bisogna insomma intervenire con una modifica del disciplinare – continua Hans Terzer nell’intervista rilasciata a WineMag.it – ma sopratutto bisogna smettere di prendersi per il naso e dire: ‘Ragazzi, non ci siamo’. Basta assaggiare il Pinot Grigio internazionale per rendersi conto che certi Pinot Grigi italiani non sono all’altezza, anche se costano poco”.

L’enologo di Cantina San Michele Appiano sa cosa bere, anche fuori dall’Alto Adige. “Abbiamo delle belle etichette di Pinot Grigio in Friuli, ma anche in Trentino e forse in qualche zona collinare del Veneto, nell’Alto Veronese”.

Qualche nome? “Se puntiamo in alto, trovo molto buono il Pinot Grigio di Vie di Romans. In Trentino, qualche cantina cooperativa fa del Pinot Grigio di una certa cilindrata. Ho visto che anche le grandi aziende trentine si danno da fare e programmano la produzione attraverso buoni progetti di qualità”.

Hans Terzer si tiene alla larga (volutamente) dal Veneto. Ma poi precisa: “Non lo conosco tanto bene, non conosco Pinot grigi veneti di alta qualità. Ma sono convinto che se si lavora bene, in zone collinari come i Colli Euganei, si possano tirar fuori dei bei prodotti”.

A VENEZIA LO “STILE ITALIANO” DEL PINOT GRIGIO

Intanto a Venezia, lunedì 14 ottobre, si è svolto il primo convegno internazionale sul Pinot grigio. “Un’occasione – come ha spiegato il Consorzio Doc delle Venezie – per mettere a fuoco le possibili tendenze del Pinot grigio italiano e il grande potenziale rappresentato da una denominazione che ha posto al centro della propria filosofia lo Stile Italiano“, inteso come “garanzia di origine e qualità, in una identità territoriale attorno alla quale costruire il percorso di valorizzazione del Pinot grigio”.

Al convegno sono intervenuti il presidente della Regione, Luca Zaia, gli assessori Giuseppe Pan per il Veneto, Stefano Zannier per la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e Mario Tonina per la Provincia Autonoma di Trento. Tutti hanno espresso “sostegno per l’importante progettualità che il Consorzio sta portando avanti”.

Secondo i dati snocciolati durante l’incontro, la Doc delle Venezie rappresenta l’85% della produzione italiana di Pinot Grigio e il 42% di quella mondiale. Oltre 10 mila i viticoltori interessati, accanto a 362 imbottigliatori.

Nei loro interventi, i relatori hanno sottolineato “gli ampi margini di crescita del Pinot Grigio sui due principali mercati di riferimento, Regno Unito e Stati Uniti d’America”, che oggi rappresentano oltre il 70% dell’export.

“Abbiamo iniziato a parlare di Stile Italiano e oggi rappresentiamo qualcosa di più – ha commentato Albino Armani (nella foto sopra) presidente del Consorzio Doc delle Venezie – ovvero un sistema che comunica un territorio dalla forte identità”.

“La qualità di un vino si fonda sui valori che rappresenta: la personalità espressa dal suo profilo organolettico, la sua versatilità negli abbinamenti con il cibo, il territorio e la sua storia, il saper fare, la capacità di crescere sui mercati, i brand che lo rappresentano, la sua sostenibilità economica e ambientale”, ha concluso Armani.

Nel solco dell’intervento di Hans Terzer a Milano, che ha precisato di riferirsi “ad alcune Igt italiane dove il prodotto non viene sempre controllato a dovere”, le parole di Alberto Marchisio: “A dispetto dell’immagine di semplicità della varietà – ha sottolineato il Dg delle cantine vicentine Vitevis – il Pinot grigio è un vitigno molto difficile da coltivare al di fuori del suo optimum climatico, che richiede una cultura e una tradizione viticola da valorizzare in termini di comunicazione, come elemento di valore della Doc”. La sfida del Pinot Grigio italiano, insomma, è appena iniziata.

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Nasce Montresor Heritage: accordo con Terre Cevico, ViteVis e Valpantena


VERONA –
Cantine Giacomo Montresor, storica cantina di Verona, entra in società con Terre Cevico, ViteVis e Cantina Valpantena e diventa “Montresor Heritage“. L’annuncio questa mattina, in occasione di una conferenza stampa indetta ad hoc. L’obiettivo è una crescita del 30% del fatturato nei prossimi anni. Passando soprattutto da un consolidamento dell’export.

“Un progetto che mette a disposizione il capitale cooperativo e tutto il suo sistema di valori per la crescita dell’export e per un ulteriore rafforzamento del legame con il territorio in cui si sviluppano i nostri vigneti Montresor”, spiega Marco Nannetti, presidente Montresor, alla guida del nuovo Cda.

Sono in programma investimenti per circa 2,5 milioni di euro complessivi. Da alcuni mesi sono già stati avviati i progetti sui diversi cru di Amarone, Valpolicella, Soave e Lugana. Da subito alcuni interventi, con un nuovo fruttaio destinato alla produzione dell’Amarone e del Ripasso, una riorganizzazione della bottaia e una linea di imbottigliamento innovativa.

Nell’unità locale “Vidussi” a Capriva del Friuli, nel Collio Goriziano, verranno realizzati circa 10 ettari di nuovi vigneti tra Ribolla Gialla e Sauvignon, portando a 35 quelli complessivi.

Un restyling del marchio aziendale, d’ora in poi “Montresor Heritage”, che riprende la storia ultracentenaria della famiglia Montresor e tanti progetti di marketing per lo sviluppo in grande stile di una realtà che ha fatto la storia della Valpolicella.

“Siamo molto entusiasti del progetto. In questa fase siamo desiderosi di contribuire alla rapida crescita del gruppo”, commenta Luciano Arimini, vicepresidente ViteVis, nata da Cantina Colli Vicentini e Cantina di Gambellara.

Luigi Turco, presidente Cantina Valpantena, aggiunge: “Questa è una bella sfida da affrontare e vincere nel solco della qualità. Da qualche decennio perseveriamo in questo concetto, col nostro lavoro sia in cantina sia in campagna”.

“Non posso che plaudere all’iniziativa, anche perché nel 2000 abbiamo effettuato la stessa operazione con successo, così come Bolla che è entrata in Giv e così come Cesari è stato acquisito da Caviro 5 anni fa. La nuova società sarà un valore aggiunto per Verona”, ha commentato il presidente del Consorzio di Tutela Vini Valpolicella, Andrea Sartori.

Dove incontrare il nuovo corso di Montresor, oltre a quello passato? Al Prowein di Dusseldorf, dal 17 al 20 marzo. Poi a Vinitaly 2019 (padiglione 8, stand E6), dal 7 al 10 aprile, dove sarà allestito lo stand delle linee moderne, senza tralasciare la storia e la tradizione che ha sempre contraddistinto Montresor.

Con Edoardo Montresor, che si occupa del marketing, la cantina veronese è alla quarta generazione. Tra le tappe fondamentali va ricordato il 1906, anno della prima esportazione negli Stati Uniti di Montresor.

Nel 1921 la prima bottiglia satinata per proteggere il vino durante le spedizioni, col nome di “Mula”, probabile soprannome di un’amante del bisnonno. Nel 1946 la prima bottiglia di spumante. Si arriva così al 2019, col 50% delle bottiglie esportate in 56 Paesi nel mondo.

I NUMERI DELLE COOP E IL NUOVO CDA
Degni di nota anche i numeri espressi dalle cooperative della nuova società Montresor Heritage. Terre Cevico – Viticoltori dal 1963 conta 5 mila conferitori e 7.500 ettari di vigneto. ViteVis Cantine ha una base sociale di mille viticoltori e 2.200 ettari di vigneti. Cantina Valpantena fa forza su 330 famiglie e 800 ettari di vigneti.

Un gruppo che, assieme, annovera dunque 6.330 viticoltori, 10.500 ettari di vigneti e 270 milioni di euro di ricavi. Gli ettari complessivi, nell’area produttiva di Montresor Heritage, saranno dunque 3 mila.

Il nuovo Consiglio di Amministrazione, oltre al presidente Marco Nannetti, vede Luciano Arimini vicepresidente. I consiglieri della nuova società sono 6: Paolo Galassi, Alberto Medici, Alberto Marchisio, Massimo Gallina, Luigi Turco e Luca Degani.

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Il Durello (Charmat o Metodo Classico) e la stampa che si guarda allo specchio


SELVA –
Cambiar nome, (ri)partire da zero, o quasi. E pensare che il mercato stia aspettando proprio te e il tuo (risicato) milioncino di bottiglie. La tavola rotonda “Durello: utopia o la nuova frontiera?” organizzata dall’Azienda agricola Dal Maso di Selva (VI), voleva essere un momento di riflessione sulle prospettive della Denominazione veneta, che di recente ha deciso di dare un nuovo nome agli spumanti Metodo Classico: Monti Lessini.

Un incontro riservato a stampa tecnica e operatori della ristorazione, che si è invece trasformato nel consueto sfoggio elitario di una buona parte dei rappresentanti della critica enogastronomica.

Scatta addirittura l’applauso quando Nicola Dal Maso (nella foto sotto) annuncia che “non produrrà più la versione Martinotti-Charmat del Durello”, per promuovere esclusivamente il Metodo classico “Monti Lessini”. Manco avesse rinunciato al Napalm in vigna, per combattere l’Oidio.

Una versione – tra l’altro – poi corretta dallo stesso produttore ai microfoni di WineMag: “Punteremo tutto sul Durello Metodo classico con la prima Riserva Pas Dosé 2015, in uscita a maggio. Ma in futuro, quando il parco vigneti sarà più ampio, ricominceremo a produrre anche il Durello Charmat”. Game. Set. Match.

Per qualcuno, in particolare per la stampa locale, il Consorzio dovrebbe dimenticarsi della versione Martinotti e virare esclusivamente sul Metodo Classico. Raddoppiando (come per magia, puff!) la produzione di Champenoise (a proposito: da quando la stampa fa i conti con i portafogli dei produttori?) o portandola addirittura a un sostanziale pareggio con la versione Martinotti. Fifty-fifty.

Oggi, invece, i 400 ettari vitati su terreno collinare, garantiscono alle 34 aziende del Consorzio una produzione di circa 1 milione di bottiglie, il 30% delle quali sono Metodo classico. Una cifra in lievitazione, anno dopo anno, ma che non basta a tener botta nei confronti delle grandi Denominazioni della spumantistica, a livello nazionale. Figurarsi nel marasma di bollicine globali.

PARLANO I NUMERI
Proprio per questo dimenticarsi dello Charmat sarebbe un vero e proprio autogol. E a confermarlo sono i numeri snocciolati dal presidente del Consorzio di Tutela, Alberto Marchisio, direttore di ViteVis Cantine. Mille soci, 38 milioni di euro di fatturato, è seconda solo a Cantina di Soave per ettari vitati di Durella (circa 130, in crescita) e numero di bottiglie di Durello prodotte (300 mila).

“Siamo l’azienda della zona che più ha creduto nel Lessini Durello Charmat – commenta Marchisio – e oggi possiamo dire che il cliente lo viene a cercare proprio per la sua precisa identità. Viene letto come uno spumante ottenuto da una buona uva, originale e caratterizzante della zona di produzione”.

“Una bollicina perfetta a tutto pasto – continua Marchisio – che ben si abbina alle abitudini culinarie del territorio. I numeri stanno crescendo, così come la consapevolezza dei consumatori. Del resto, chi cerca uno spumante generico si indirizza ormai senza esitazioni sul Prosecco”.

Ma anche la cooperativa ViteVis produce un Metodo classico da uve Durella. “Negli ultimi due, tre anni – commenta Alberto Marchisio – le vendite sono triplicate per questa tipologia, raggiungendo le 7 mila unità. Si acquista a 9,90 euro in cantina e lo si trova a 18-22 euro al ristorante, a differenza dello Charmat, che nei supermercati è reperibile a circa 5 euro”.

Il cammino da percorrere, secondo Marchisio, è tracciato: “La vera sfida della Denominazione, secondo me, non è eliminare il Durello Charmat, ma fare in modo che il suo prezzo si alzi a scaffale, pian piano, di 60-70 centesimi. Allora sì che potremo dire di avere fatto centro, anche nel nome della versione Metodo Classico, che a sua volta godrebbe di un incremento”.

“Del resto – chiosa il direttore della cooperativa – lo dico sempre: il nostro compito è quello di produrre vino per il consumo dal lunedì al venerdì. Per il sabato la domenica è giusto che i consumatori puntino a produzioni artigianali, di piccoli produttori. Ma non per questo i vini ‘base’ non devono essere perfetti, esprimendo tipicità dell’uva e del territorio, come nel caso del nostro Charmat. Il vino quotidiano non è banale”.

Chi acquista, invece, il Metodo Classico Monti Lessini? “Lo stesso consumatore che compra il Lessini Durello Charmat – risponde un determinato Marchisio – e non solo in Italia. Abbiamo un importatore scandinavo che da un ordine di 20 mila bottiglie di Charmat, è passato al Metodo classico, proponendo le due etichette una accanto all’altra, raccontandole a dovere per le loro diverse peculiarità”.

Il Durello Martinotti di ViteVis, di fatto, è un prodotto che stacca – qualitativamente – la media espressa dalle etichette di Prosecco presenti in Gdo. L’uva è riconoscibile, con la sua caratteristica acidità e durezza.

CHARMAT NON FA FIGO, “COL FONDO” (FORSE) SÌ
Nella rincorsa alla spumantizzazione cui si sta assistendo in tutta Italia, il Durello Charmat è la bollicina più sensata, tipica e capace di rappresentare il vitigno nel calice, senza le storpiature e gli impersonali scimmiottamenti del Prosecco (mai assaggiato, per esempio, qualche Passerina o Negroamaro vinificato in bianco? Meglio per voi, nel 95% dei casi).

Eppure non fa figo. Non accontenta gli elitari palati di mezza stampa tecnica (specie locale), evidentemente dotata di portafogli più gonfio della media degli italiani che fanno la spesa al supermercato, nel fine settimana.

Il dubbio è che se si trattasse di “rifermentati in bottiglia” o di un torbido “Durello col fondo” – più “radical” e più “chic” dei bistrattati “Charmat” degni del consumatore sfigato della Gdo – tutti (stampa compresa) ne berrebbero e godrebbero amabilmente, consigliandola urbi et orbi. Con buona pace del Metodo Classico e dei Monti Lessini. Cin, Cin.

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Luciano Arimini è il nuovo presidente di Vitevis

Nel corso dell’assemblea tenutasi martedì pomeriggio nella sede di Montecchio Maggiore, il consiglio direttivo ha scelto la strada della continuità – confermato nel ruolo di vice presidente anche Silvano Nicolato – alla luce dei buoni risultati conseguiti nel primo bilancio economico (fatturato di 38.775.336 euro a fronte dei 34 milioni di euro raggiunti dalle tre cantine nel 2014) e con l’obiettivo di migliorare ulteriormente la crescita di bottiglie prodotte – oltre 6.100.000 negli ultimi dodici mesi – e l’export nei paesi europei ed extraeuropei.

“Dalla nascita di Vitevis a oggi – commenta Luciano Arimini – abbiamo portato avanti con grande determinazione un percorso di valorizzazione delle produzioni Doc e Igt del territorio vicentino, puntando sulla conquista di nuovi spazi di mercato per i nostri vini nei diversi continenti. I buoni risultati ottenuti nel primo anno di attività dimostrano che i vini di Vicenza possono competere per qualità e appeal con quelli di altri territori più blasonati. Proseguiremo lungo questa strada resa possibile dai tanti soci che ogni giorno lavorano con grande impegno in vigna per produrre uve di prima qualità destinate a vini territoriali con carattere e personalità ben riconoscibili”.

A completare il consiglio di amministrazione sono Fabio Dal Maso, Narciso Stefano Dani, Andrea Gastaldo, Andrea Ghiotto, Marco Guarda, Matteo Lovato, Andrea Marzari, Gessica Maule, Stefano Meggiolaro, Matteo Montesello, Paolo Silvio Peruzzi, Luca Rancan e Piergiorgio Saccardo.

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Vitevis brinda al suo primo compleanno: bilancio positivo

Alberto Marchisio

E’ decisamente pieno il bicchiere con cui Vitevis brinda al suo primo compleanno. A distanza di dodici mesi dalla nascita della realtà vitivinicola che il 1° luglio 2015 ha unito tre storiche cantine del territorio vicentino – la Cantina Colli Vicentini di Montecchio Maggiore, la Cantina di Gambellara e la Cantina Val Leogra di Malo – il presidente Gianni Mazzocco e il direttore Alberto Marchisio fanno il punto sul primo anno di attività.  “Il bilancio è fortemente positivo – afferma Marchisio – soprattutto per quanto riguarda la capacità di penetrazione sui mercati esteri. La partecipazione come realtà unica alle tre principali fiere europee di settore, il Prowein a Düsseldorf, Vinitaly a Verona e la London Wine Fair, si è rivelata vincente. Valorizzando le eccellenze delle singole cantine con attività concrete, come il lancio della nuova linea “Monopolio” che riprende l’antico nome della Cantina di Gambellara e propone la Garganega di vigneti di collina selezionati per qualità, stiamo riscontrando sempre più interesse per i vini del nostro territorio da parte degli operatori”.  A spingere le produzioni di eccellenza sui mercati esteri sono anche i premi conquistati nell’ultimo anno dall’etichette di punta del gruppo, a partire dal Carlo V Rosso Veneto Igt 2013 e dal Prosecco Doc Romeo, vincitori della medaglia d’oro al Sakura Japan Women’s Wine Award, al Gambellara Classico Doc “Monopolio” 2015, a cui sono andate la medaglia d’argento al Concours Mondial di Bruxelles e la medaglia di bronzo al Decanter Word Wine Awards 2016, per citare solo alcuni dei riconoscimenti internazionali ottenuti.   Il gruppo Vitevis, in forte crescita anche sul valore dell’imbottigliato, sorride anche sul fronte interno sia per la crescita del numero dei viticoltori associati, che hanno superato quota 1.500 con oltre 2.200 ettari vitati in 56 Comuni delle province di Vicenza e Verona, sia per l’aumento del fatturato dei quattro punti vendita di Malo, Gambellara, Torri di Quartesolo e Montecchio Maggiore.  “Gli obiettivi prioritari per i prossimi dodici mesi – spiega il presidente Gianni Mazzocco – sono un’ulteriore crescita in Italia e all’estero attraverso progetti mirati, tra cui la nascita di una linea dedicata ai vini biologici. La capacità di offrire una gamma completa di vini del territorio vicentino con un’elevata qualità si sta rivelando strategica sia sui mercati in cui eravamo già presenti come singole realtà sia in quelli di nuovo arrivo”.

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