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Puglia, nuovo ceppo di Xylella fa paura alla vite: prime «eradicazioni chirurgiche»


Xylella vite puglia Dopo gli ulivi, la vite. Non c’è pace per la Puglia, alle prese con la conferma di un’emorragia dell’emergenza causata dal batterio Xylella, che ha già causato lo sradicamento di oltre 15 mila alberi, per la maggior parte ulivi secolari e spesso monumentali. L’Efsa, l’European Food Safety Authority, organizzazione europea che si occupa di sicurezza alimentare, ha confermato che 452 specie di piante appartenenti a 70 famiglie diverse possono essere colpite da questo batterio. Tra queste c’è anche la vite. La preoccupazione è crescente in Puglia e viene confermata dagli ultimi dati resi noti da Coldiretti, the Italian national organization of farmers. https://www.efsa.europa.eu/it

XYLELLA: ERADICAZIONI CHIRURGICHE SULLA VITE IN PUGLIA

La notizia è che sono state effettuate le prime «eradicazioni chirurgiche», ovvero il taglio dei ceppi infetti entro un raggio di 50 metri attorno a quelle trovate positive all’’infezione, anche nei vigneti. Questa azione preventiva, utile a impedire che il batterio contagi superfici agricole ben più vaste, si è svolta nelle zone dove è stata scoperta la presenza di un nuovo tipo di Xylella, chiamato Xylella fastidiosa fastidiosa. L’Efsa lo definisce un «nuovo ceppo particolarmente pericoloso, perché attacca vigneti, mandorli e alberi da frutto come i ciliegi», colture molto diffuse in Puglia, dove spesso risultano addirittura piantate in modo promiscuo, a simboleggiare la biodiversità della splendida regione del Sud Italia. https://www.winemag.it/salento-consorzi-del-vino-pronti-alle-barricate-contro-il-fotovoltaico/

IL NUOVO CEPPO DEL BATTERIO KILLER XYLELLA

I numeri iniziano a fare paura. Sono state già portate a termine le eradicazioni da infezione del nuovo ceppo del batterio killer su 339 piante, di cui 212 mandorli, 119 viti e 7 ciliegi. Il tutto, nell’area simbolo della viticoltura pugliese, ovvero il basso Salento, terra del Primitivo di Manduria. Per la prima volta sono state anche riscontrate nelle uve, nelle mandorle e in altre piante della Puglia infezioni naturali del ceppo della cosiddetta “malattia di Pierce”, un altro ceppo di Xylella fastidiosa che causa malattie nei vigneti del Nord America. Non è solo l’Italia a doversi preoccupare. Tra le nuove “piante ospite” del batterio individuate dall’Efsa, c’è anche la quercia di montagna della Cantabria (Quercus orocantabrica) trovata infettata in Portogallo. https://www.consorziotutelaprimitivo.com/

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Il vino Fragolino è legale o illegale? Cosa ci vendono i supermercati


Il vino Fragolino è legale o illegale? Cosa ci vendono i supermercati? Il Fragolino, vino aromatico e dolce a base di uva fragola – nota anche come uva americana o Vitis labrusca – è soggetto a restrizioni in molti paesi dell’Unione Europea, inclusa l’Italia. Queste restrizioni non derivano tanto dalla pericolosità del prodotto, quanto da normative specifiche sulla vinificazione e l’uso di certe varietà di vite.

PERCHÈ IL FRAGOLINO È CONSIDERATO ILLEGALE?

  1. Tipologia di uva: L’uva fragola appartiene alla specie Vitis labrusca, diversa dalla Vitis vinifera, che è la specie più comunemente usata per la produzione di vini in Europa. Le normative dell’UE vietano la produzione di vino da Vitis labrusca per motivi legati alla tradizione enologica europea e alla protezione delle varietà autoctone.
  2. Produzione di metanolo: L’uva fragola produce una quantità leggermente più alta di metanolo durante il processo di fermentazione rispetto alla Vitis vinifera. Sebbene le quantità siano generalmente sicure per il consumo umano, questo aspetto è stato utilizzato come giustificazione per limitarne la produzione commerciale.
  3. Denominazioni protette: Le normative UE vietano la vendita di prodotti etichettati come “vino” se non provengono da varietà di vite autorizzate. Questo significa che il Fragolino non può essere commercializzato legalmente come vino, anche se è possibile produrlo e consumarlo a livello privato.

DOVE È LEGALE IL FRAGOLINO E COME SI CONSUMA

  • Produzione casalinga: In Italia, è legale produrre il Fragolino per uso personale, ma non è permessa la vendita commerciale.
  • Versioni commerciali: Alcuni prodotti chiamati “Fragolino” sono in realtà bevande aromatizzate che imitano il sapore del Fragolino ma non sono ottenuti dalla fermentazione dell’uva fragola.
  • Fuori dall’UE: In alcuni paesi extraeuropei, come gli Stati Uniti, l’uva fragola è usata senza restrizioni nella vinificazione.

Dunque, il vino Fragolino è legale o illegale? La risposta, in sintesi, è che il Fragolino non è propriamente “illegale”. Ma la sua produzione e commercializzazione (con questo nome, anche nei supermercati) sono fortemente limitate da normative vinicole specifiche. La prima regola, se lo si acquista in Gdo, è dunque quella di non aspettarsi propriamente un vino, bensì una bevanda aromatizzata che imita il sapore dell’originale, non vendibile al pubblico nella grande distribuzione. Un esempio su tutti? Il Fragolino Duchessa Lia distribuito, tra gli altri, nei supermercati Carrefour a 4,65 euro a bottiglia. Luca Maroni 92 punti al Fragolino di Aldi (che non è un vino)

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Peronospora vite, emergenza nazionale in Italia in vista della vendemmia 2023


Sempre più pesanti gli effetti della peronospora in vista della vendemmia 2023 in Italia. A causa delle forti piogge, la malattia della vite di primavera sta diventando un’emergenza nazionale. Le perdite previste in diverse regioni italiane sono stimate fino al 40%. Lo rileva l’Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv) attraverso le interviste alle imprese del vino compiute sui territori. Maggiormente colpita, in generale, la viticultura biologica che, in alcune aree, risulta fortemente compromessa. Le regioni più danneggiate sono quelle della dorsale adriatica, a partire da Abruzzo e Molise, con perdite fino al 40%. Molti areali di Marche, Basilicata e Puglia si affacciano alla vendemmia 2023 con cali previsti nell’ordine del 25-30%.

Complicata la situazione anche in Umbria, Lazio e Sicilia, specie nel trapanese, mentre in Romagna sono ancora da valutare gli effetti dell’alluvione, in particolare del fango nei vigneti. «In generale – ha detto il presidente Uiv, Lamberto Frescobaldi – la stagione pre-vendemmiale era partita bene un po’ ovunque, poi da maggio in avanti la situazione si è guastata. Siamo passati repentinamente dal problema degli stock in eccesso, attualmente confermato con le Dop in eccedenza a +9% sullo scorso anno, a uno scenario di probabile importante riduzione dei volumi di raccolta previsti in diverse regioni». Per le altre aree poco colpite dalla peronospora si prevede una buona vendemmia.

PERONOSPORA – LA SITUAZIONE NELLE PRINCIPALI REGIONI

Piemonte: la situazione appare sotto controllo: siccità fra marzo e aprile, piogge nella norma, più oidio che peronospora.

Lombardia: in Valtellina si registrano problematiche di peronospora su una produzione tendenzialmente abbondante. Pressione su foglia e su grappolo, con cali mediamente del 5%.

Veneto: pochi e localizzati attacchi grandinigeni, con perdite anche al 50%. La produzione attesa in regione per ora è molto abbondante.

Friuli-Venezia Giulia: bene Collio, qualche problema a macchia di leopardo nel resto della regione. I vigneti rimangono comunque carichi.

Emilia e Romagna: la situazione appare per ora sotto controllo per quanto riguarda la peronospora. Resta problematico il post-alluvione, sia, soprattutto in collina, per l’accesso ai vigneti, sia per il fango in pianura.

Toscana: a causa delle forti piogge a maggio, la peronospora è presente e si registrano difficoltà di accesso ai vigneti per i trattamenti. Per ora si prevede una riduzione su una produzione che si annunciava comunque abbondante (in media 10% di infezioni). Riportati problemi anche di botrite e grandinate locali.

Umbria: la pressione è molto forte, con cali dal 10 al 15%, con punte fino al 30%. La produzione iniziale prevista era abbondante, quindi si dovrebbe arrivare a una raccolta nella norma.

Abruzzo e Molise: è piovuto costantemente dal 4 aprile. A causa della conformazione del terreno (colline e vallate) è stato difficile accedere agli appezzamenti per poter eseguire i trattamenti fitosanitari. La peronospora ha attaccato in forma abbastanza importante entrambe le regioni e si stima un calo di produzione del 30-40 % sulle uve convenzionali (50-60% in Molise), mentre si arriva anche al 70-80% sulle uve biologiche. Il danno maggiore sembra comunque subìto dalle varietà a bacca rossa, non trattate perché al momento dell’attacco erano ancora in fase primordiale, nelle zone collinari. Per tutta questa serie di situazioni, oggi le aziende produttrici hanno rallentato le vendite e qualcuna le ha addirittura fermate.

Marche: situazione non omogenea. In linea di massima è stata colpita di più la zona più prossima alla costa, ma le infezioni sono un po’ ovunque. È difficile quantificare la perdita ma sicuramente si profila un’annata di scarsa produzione (-20%), su una stagione ancora in ritardo nello sviluppo della fase fenologica rispetto al 2022.

Lazio: la stagione era partita bene, ma la pioggia di maggio ha innescato forti focolai, attorno al -25% di produzione prevista (su una partenza abbondante).

Basilicata: la peronospora ha avuto un forte impatto sul Vulture e anche sui bianchi, in alcuni areali le previsioni sono a -60%.

Puglia: la peronospora si è diffusa sia a Nord (tendoni tasso a 50%) sia a sud, su Malvasia, Negroamaro e Primitivo, con cali attesi del 25%.

Sicilia: la peronospora è diffusa, soprattutto nel Trapanese: quelli che non hanno trattato a ciclo completo per questioni di costi avranno forti perdite, le aziende strutturate avranno una buona vendemmia. Siamo attorno a un’incidenza del 10-15%.

Calabria: secondo fonti di winemag.it, la situazione in Calabria è disastrosa in alcune zone. Sino a 20 giorni fa era impossibile entrare in vigna in alcune zone, come la provincia di Cosenza, per la presenza di fango. Le piogge hanno poi causato attacchi di peronospora. Una situazione che viene definita «apocalittica», tanto da compromettere l’intera annata.

Campania: sempre secondo fonti di winemag.it, situazione molto difficile anche in Campania. La vendemmia 2023 risulta fortemente compromessa in tutte le zone. Alcuni produttori parlano senza mezzi termini di «disastro». Si stimano perdite intorno al 40%. Ancora una volta, i danni maggiori sono dovuti dall’impossibilità di entrare in vigna a causa del fango. Incomberebbe anche l’ombra della larvata, che sta attaccando in maniera importante anche le piante a valle. Le uve rosse sono quella più compromesse. Molto meglio i bianchi, soprattutto la Falanghina che conferma la naturale rusticità e una certa resistenza.

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Fondazione italiana sommelier porta il vino nello spazio con l’Agenzia Spaziale Italiana

Fondazione Italiana Sommelier porta il vino nello spazio, (per ora) grazie a un convegno in programma durante il 15° Forum Internazionale della Cultura del Vino. L’evento è frutto di una partnership di Fis con l’Agenzia Spaziale Italiana, che darà vita a una «nuova sperimentazione avanzata».

L’appuntamento è per lunedì 4 luglio dalle ore 10 presso il Salone dei Cavalieri dell’Hotel Rome Cavalieri (via Alberto Cadlolo 101, Roma) sede della Fondazione. Tra i momenti clou, la «cerimonia di affidamento dei Vini e delle Barbatelle destinati alla Stazione Spaziale».

La Coltivazione della Vite – anticipa Federazione italiana sommelier – racchiude tutti gli elementi del viaggio dell’Umanità sul nostro Pianeta. Dalla prima scoperta degli effetti di una sperimentazione spontanea di frutti maturi, allo studio del Dns dei singoli vitigni e delle caratteristiche del terreno, dove quelle Viti crescono per avere il migliore risultato».

«Sono passati millenni di sperimentazioni – continua Fis, ponendo alcuni interrogativi sul tema del vino nello spazio – prima spontanee e non elaborate fino alle tecniche più sofisticate di oggi. È un incredibile percorso che ritroviamo in tutti i campi del progresso. Bene, e allora qual è il collegamento con quanto l’Uomo, in modo via via più profondo, convinto, sfidante, sta facendo nello Spazio? Come l’Uomo lo sperimenterà in via definitiva?».

IL CONVENGO DI FIS CON L’AGENZIA SPAZIALE ITALIANA

Tra gli ospiti del convegno in programma durante il 15° Forum Internazionale della Cultura del Vino, Franco Maria Ricci, presidente di Fondazione italiana sommelier. Nel suo intervento, «il vino come elemento primario di territorio, i vitigni che rendono l’Italia il primo Paese al mondo nella produzione, ora anche nello spazio, per una sperimentazione in orbita».

Interverrà poi Giorgio Saccoccia, presidente dell’Agenzia spaziale italiana. Illustrerà, in analogia con quanto avviene nel mondo del vino, «come le attività spaziali siano un patrimonio unico del nostro Paese, un’area di eccellenza che fa distinguere l’Italia, i suoi ricercatori e le sue imprese nel mondo».

Seguirà l’intervento di Massimo Claudio Comparini, ad di Thales Alenia Space Italia. Partendo dal ruolo dell’Italia, sin dall’inizio dell’avventura spaziale, illustrerà «il percorso dell’esplorazione e dell’utilizzo delle tecnologie spaziali, per conoscere e proteggere il nostro pianeta rendendolo un luogo sostenibile». In evidenza alcuni «elementi significativi della sperimentazione in orbita della coltivazione delle piante e della vite».

BARBATELLE NELLO SPAZIO

Dopo Nicolas Gaume, founder di Space Cargo Unlimited, e Walter Cugno, vice presidente Esplorazione e Scienza Thales Alenia Space Italia, illustreranno l’esperimento attualmente in corso sulla stazione spaziale e l’importanza di proseguire «sulla base dei risultati con una nuova e più completa sperimentazione in orbita della quale illustrano gli elementi significativi». Saranno infatti presentati «i possibili esperimenti in orbita per la crescita delle piante e delle barbatelle nello spazio».

Tra gli ospiti anche Franco Malerba, primo astronauta italiano e fondatore di Space V, e l’enologo Donato Lanati (Enosis sperimentazioni) che presenteranno «i possibili esperimenti in orbita per la crescita delle barbatelle e il volo nello spazio di vini dell’eccellenza vinicola italiana». L’ingresso al convegno è gratuito ma è obbligatoria la prenotazione sul sito Fis.

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Luigi Moio nuovo presidente Oiv: guiderà la rivoluzione della biodiversità in vigna

Luigi Moio eletto nuovo presidente Oiv in occasione di una delle più accese riunione dell’assemblea generale dell’Organizzazione internazionale della vite e del vino. Proposta Digione come nuova città ospitante dell’Oiv, ma non solo. La biodiversità è stata inclusa nelle risoluzioni dell’Organisation Internationale de la vigne et du vin. È stata poi aggiunta la lingua russa alle cinque già ufficiali. Dato infine il via libera al prossimo Congresso Mondiale della Vite e del Vino.

Per l’Italia, una presidenza che era nell’aria da diversi mesi. Quella di Luigi Moio, dal 1998 consulente scientifico per il Ministero delle Politiche Agricole. Nel 2001, Moio ha fondato la cantina Quintodecimo, una delle realtà vitivinicole più fulgide della Campania.

Succede a Regina Vanderlinde (eletta primo vicepresidente) e resterà in carica per 3 anni. Il secondo vicepresidente e direttore generale è Pau Roca. In occasione della 19a Assemblea Generale, l’Oiv ha eletto anche i presidenti degli organi scientifici. Per la Commissione I Viticoltura, Ahmed Altindisli (Turchia) succede a Vittorino Novello (Italia).

Per la Commissione II Enologia, Fernando Zamora (Spagna) succede a Dominique Tusseau (Francia). Per la Commissione III Diritto ed Economia, Yvette van der Merwe (Sud Africa) succede a Dimitar Andreevski (Bulgaria).

E ancora per la Commissione IV Sicurezza e Salute, Pierre-Louis Teissedre (Francia) succede a Gheorghe Arpentin (Moldavia). Nella Sottocommissione Metodi di analisi, Manuel Humberto Manzano (Argentina) succede a Markus Hrderich (Australia). Infine, Luís Carlos Ferreira Peres de Sousa (Portogallo) succede ad Alejandro Marianetti (Argentina) nella Sottocommissione Prodotti non fermentati, uva da tavola e uva passa.

BIODIVERSITÀ INCLUSA NELLE RISOLUZIONI ADOTTATE

Come di consueto, nella sua assemblea annuale l’Organizzazione vota nuove risoluzioni. Biodiversità, pratiche enologiche, indicazioni geografiche e buone pratiche per i consumatori negli eventi legati al vino sono al centro delle 19 nuove risoluzioni votate all’unanimità.

Per quanto riguarda la biodiversità, gli Stati membri dell’Oiv hanno riconosciuto che «i microrganismi sono potenzialmente indicatori precoci dell’influenza di fattori esterni sulla biodiversità complessiva del vigneto». D’altra parte, l’impegno è quello di «promuovere e incoraggiare lo sviluppo di politiche per la valutazione qualitativa e dell’abbondanza microbica in vigna».

ADOZIONE DELLA LINGUA RUSSA

Dopo diversi mesi di negoziati, il russo è stato adottato dagli Stati membri dell’Oiv. Sarà la sesta lingua ufficiale adottata dall’Oiv. Questa nuova misura «consentirà alla comunità di lingua russa di comprendere meglio e appropriarsi degli standard e delle pratiche internazionali che l’Oiv ha adottato per migliorare le condizioni di produzione e commercializzazione della vite e dei prodotti del vino».

VIA LIBERA AL PROSSIMO CONGRESSO MONDIALE DELLA VITE E DEL VINO

Diversi i temi importanti in agenda. Il Messico ha confermato l’intenzione di organizzare il 43° Congresso mondiale della vigna e del vino, nel novembre 2022. Una proposta accolta con grande favore dagli Stati membri dell’Oiv, accompagnata dal logo ufficiale dell’evento. Segnerà il ritorno del Congresso dell’Oiv dal 2019, dopo una pausa forzata a causa della pandemia Covid-19 e delle misure volte ad arginare la sua diffusione.

DECISIONI IN MATERIA DI SICUREZZA E SALUTE

Infine, l’Oiv ha adottato linee guida per la prevenzione dei rischi legati al consumo di alcol. L’obiettivo dell’Organizzazione internazionale della vite e del vino è «standardizzare la metodologia per offrire test dell’etilometro ai consumatori che partecipano a eventi enologici».

Il tutto nell’ambito di un «programma educativo promosso per incoraggiare la moderazione e la responsabilità del consumo di vino a questi eventi». L’Oiv incoraggia gli organizzatori delle fiere del vino rivolte ai consumatori «a includere questa attività come parte della loro responsabilità sociale».

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“La fillossera della vite è tornata, complotto dei vivaisti”. La smentita dei ricercatori del Crea di Conegliano

La fillossera delle vite è tornata“, si legge in rete. Sono i ricercatori del Crea Ve di Conegliano a chiarire i contorni di una “voce di corridoio” che sta generando il panico tra i viticoltori meno esperti. Tra le ipotesi più curiose, quella di un “complotto dei vivaisti“, accusati di immettere sul mercato barbatelle non più non in grado di combattere la fillossera della vite, l’insetto fitofago della famiglia Phylloxeridae responsabile – nell’Ottocento – della moria dell’80% delle viti presenti in Europa.

L’intervista esclusiva di WineMag.it a Riccardo Velasco (nella foto), direttore del Centro di Ricerca Viticoltura ed Enologia – Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria di Conegliano e alla ricercatrice Crea Ve Vally Forte (nella foto, sotto) dissipa una volta per tutte le nubi sull’argomento.

  • Il “ritorno” della fillossera: è mai sparita davvero, almeno per quanto riguarda gli attacchi all’apparato fogliare? Oggi, infatti, pare manifestarsi con particolare recrudescenza che le caratteristiche “bolle” o “borse” di colore giallo sulle foglie, in cui l’insetto depone le uova

La fillossera è stata sconfitta con interventi di tipo agronomico, grazie a portainnesti di origine americana che permettono l’interruzione del ciclo vitale dell’insetto nella radice, tuttavia nelle foglie dei portainnesti non sono rare le galle di filllossera. Su foglia di Vitis vinifera le galle sono comparse già negli anni ’80 e si sono sempre sporadicamente manifestate, ma segnalazioni recenti consigliano di seguire con interesse l’evoluzione di questo patogeno.

  • Il Crea Ve sta studiando il fenomeno?

Non è stato fatto alcuno studio approfondito su fillossera dal Crea negli ultimi 15 anni, ma segnalazioni frequenti (soprattutto negli ultimi 5-7 anni) arrivano da viticoltori che in estate rinvengono i sintomi su vigneti in provincia di Treviso, pur non rilevando danni alla produzione, danni che invece si sono presentati sporadicamente in provincia di Vicenza.

  • Qual è la reale pericolosità degli attacchi sull’apparato fogliare: cosa causano alla pianta? 

Su alcuni vitigni (Merlot e Sangiovese, studi condotti in Toscana, Nencioni et al., 2018) è stato riscontrato un abbassamento della fotosintesi e conseguente riduzione di grado zuccherino, antociani e polifenoli. In questo studio viene osservato che tali danni sono correlabili ad una maggiore diffusione della fillossera

  • Zone/tipologie di vigneto più colpite. L’idea è che attacchi i vigneti a condizione biologica e gli areali in cui le temperature medie risultano più alte, così come i livelli di umidità: commento 

Le tipologie di vigneto colpite sono in relazione ai ‘fattori di rischio’ finora individuati:

  1. Cambiamento climatico: temperature invernali miti e estive fresche favoriscono una maggiore sopravvivenza invernale e maggior numero di generazioni estive
  2. Presenza di viti americane in vigneti abbandonati, fossati, siepi, che si trovano ai bordi di vigneti coltivati
  3. Uso di insetticidi più selettivi, non più ad ampio spettro
  4. Gestione meno attenta dei ricacci dei portinnesti
  5. Uso di portinnesti più sensibili
  6. Selezione di ibridi derivanti da viti americane sensibili

Non riteniamo che ci sia maggiore rischio di diffusione in vigneti biologici, ma piuttosto che la gestione sia probabilmente più complessa e richieda maggiore attenzione, come peraltro si constata anche per altri patogeni

  • La nuova ‘esplosione’ del fenomeno, documentata dalla preoccupazione dilagante tra i viticoltori italiani, può essere dovuta ai cambiamenti climatici?

In parte, è possibile.

  • Le cause della recrudescenza vengono spiegate con una sorta di “complotto dei vivaisti”. Un commento a tale affermazione

Escludiamo e aborriamo teorie complottiste. Anzi, a ben vedere, ci sono problematiche legate a patogeni che sono spesso più gravi in vivaio, dove si hanno le prime segnalazioni e le prime ricerche di nuovi metodi di difesa.

  • Qualcun altro sostiene che la fillossera sia “diventata resistente”

“Resistente” non è il termine esatto. La difesa dalla fillossera è stata una intuizione del prof. Jules Emile Planchon, che intorno al 1880 rilevò la resistenza alla fillossera di alcune viti americane. Da lì partì la campagna di innesti che salvò la vite europea.

Dopo 140 anni, in parte l’evoluzione del patogeno, in parte le condizioni ambientali che sono cambiate (climatiche, agronomiche, ecc) hanno favorito la diffusione di nuovi ceppi (si tratta di evoluzione naturale), che forse sono più aggressivi.

  • Come prevenirla? Ci sono antagonisti naturali?

Ci sono studi in corso sull’uso di batteri, funghi, nematodi che richiedono un affinamento prima di essere proposti. Attualmente sono state osservate in America alcune specie di insetti (ditteri e coccinellidi) antagonisti della fillossera su galle fogliari.

Ci sono anche studi specifici sull’uso di nematodi (una specie in particolare ha dato buoni risultati su piastra, ma ci sono problematiche da risolvere per il suo utilizzo in pieno campo), oppure di funghi (sono in fase di sperimentazione tre specie da distribuire a terra). Una lotta biologica che richiede tempo per essere dimostrata nella sua validità.

  • Esistono portainnesti più o meno resistenti? Il dibattito sembra aperto anche su questo fronte, su cui regna una gran confusione

La convivenza del patogeno con le viti americane ha promosso una elevata tolleranza dei portainnesti che hanno condotto alla soluzione del problema, alla fine del 1800. Per quanto riguarda studi più recenti, già negli anni ’60 è stato individuato un certo grado di maggiore tolleranza (più tollerante la V. Labrusca rispetto alla V. Riparia)

Più recentemente il dibattito si è riaperto perché è stata considerata anche l’aggressività dei diversi biotipi di fillossera. La relazione fra i due fattori potrebbe aiutarci a capire meglio la situazione che riscontriamo attualmente in certi vigneti e a migliorare anche la ricerca di nuovi ibridi.

  • Esistono programmi di studio specifici in Italia? Nel resto d’Europa e del mondo?

Non siamo a conoscenza di veri e propri programmi di studio. Singole ricerche di piccoli gruppi sono verosimilmente in corso, ma non a nostra conoscenza.

  • La preoccupazione crescente sul tema “fillossera” ha un senso o è immotivata?

Riteniamo che, allo stato attuale, in Italia non siano diffusi seri danni causati da fillossera, o comunque non siano documentati. Ma è altresì importante approfondire la situazione e incentivare gli studi in questo ambito, al fine di non ritrovarsi impreparati in caso di annate difficili, in cui il problema potrebbe risultare un’emergenza, come spesso accade.

Danni particolarmente gravi sono stati segnalati intorno al 2015, con vigneti nella provincia di Vicenza in cui la produzione stessa è notevolmente diminuita a causa delle galle presenti sulle foglie.

Mancano però studi esaustivi su queste manifestazioni, anche gravi, che si evidenziano soltanto in certe annate e solo in certi vigneti. Nella nostra collezione di Susegana si può osservare una certa sensibilità varietale legata alla Vitis vinifera, ma sono tuttavia rilevamenti recenti e non abbiamo ancora approfondito le analisi.

  • La posizione della nota ricercatrice Astrid Forneck è chiara: stiamo davvero sottovalutando il fenomeno? 

Non conosciamo una “posizione” di Astrid Forneck in proposito, ma da brava studiosa qual è e dai suoi lavori più recenti, compreso il sequenziamento del genoma dell’insetto da cui si è perfino capita l’origine geografica da cui poi la fillossera si è espansa in America e in tutto il mondo – lungo le rive del fiume Mississipi – si intuisce l’allarme che la scienziata vuole trasmettere al mondo vitivinicolo, perché non si trovi impreparato a fronte di un inasprimento della patogenicità, legata anche all’evoluzione genetica del patogeno.

Il principio è sacrosanto. La scienza deve provare a prevenire i problemi oltre ad aiutare a risolverli, per cui ben vengano studi approfonditi in proposito. Tuttavia non allarmiamoci eccessivamente: giusto mantenere elevata l’attenzione e sviluppare anche nuovi ibridi più tolleranti all’insetto, sfruttando ed esaltando le difese già presenti nel genoma della vite selvatica.

  • Secondo recenti studi, il biotipo G sarebbe in grado di compiere l’intero olociclo su vite europea: è corretto? Esistono studi e rilevazioni sulla sua presenza ed effettiva diffusione di questo specifico aggruppamento?

Ci sono osservazioni riportate dalla stessa Forneck relative alla presenza di foglie con galle in piante infestate da fillossera biotipo G, ma studi in proposito sono ancora in corso. Ripetiamo il concetto: non è corretto fare allarmismo, ma è giusto mantenere alta l’attenzione. Astrid è una buona amica, non mancheranno certo le possibili interazioni in sviluppi futuri.

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Covid-19, Vite in Riviera: “Caro governo, ecco come salvare vino e olio della Liguria”

Liquidità, voucher, proroghe e promozione. Questi gli ingredienti principali della ricetta “anti Covid-19” di Vite in Riviera, la rete che raggruppa 27 aziende agricole della Liguria, dedite alla produzione di vino e olio di qualità. Il presidente Massimo Enrico ha inviato alle istituzioni nazionali e locali un documento con le proposte e richieste delle imprese, tutte ubicate tra le province di Savona e Imperia.

La posta in palio è alta. La produzione complessiva annua dei soci di Vite in Riviera è di circa 1.300.000 bottiglie, su 146 ettari complessivi. Tra le 27 aziende figurano due Cooperative Agricole, che annoverano 200 conferitori ciascuna. Due terzi delle realtà di Vite in Riviera è molto attiva nell’export, soprattutto in Danimarca, Finlandia, Svezia, Norvegia, Usa, Germania, Regno Unito, Svizzera e Giappone.

La crisi causata da Covid-19, del resto, rischia di trasformarsi in un’occasione per i predatori del mercato. “Le 27 aziende della rete d’impresa – assicura Massimo Enrico – s’impegnano a non svendere i loro prodotti, mantenendo i listini e le condizioni in essere già stabiliti da ciascuno per l’annata commerciale 2020″.

“D’altro canto – continua Enrico – l’attuale situazione ha imposto a Vite in Riviera di esprimere diverse considerazioni relative al comparto vitivinicolo e olivicolo ligure, sia per quanto riguarda l’aspetto economico sia per l’esigenza di una forte spinta promozionale legata al territorio e ai prodotti liguri, a livello locale ed extra-territoriale”.

Tra le misure richieste figurano “i fondi di rotazione, che permettano un rapido ottenimento di liquidità; la reintroduzione, in maniera maggiormente fruibile, dello strumento dei voucher; la proroga dei termini dei diritti d’impianto“.

Vite in Riviera domanda inoltre “il prolungamento dei termini per l’esecuzione e realizzazione dei progetti inseriti nelle varie misure del Psr e la velocizzazione per la liquidazione dei Psr già rendicontati e/o di prossima rendicontazione; l’emissione immediata di nuovi bandi per tutte le misure attivabili dei PSR per sostenere gli investimenti aziendali”.

Alcune misure chieste da Vite in Riviera riguardano anche la burocrazia per le aziende. Tra queste, “la non sanzionabilità per la mancata e tempestiva annotazione sui registri telematici delle operazioni in cantina; la possibilità, limitatamente alla campagna vendemmiale 2020, di ampliare la percentuale del taglio di annata tra annate diverse della stessa tipologia di vino”.

La rete di imprese liguri chiede poi “il credito d’imposta per la locazione dei terreni e degli immobili a uso strumentale delle imprese vitivinicole e olivicole; la rimodulazione di quanto contenuto nel decreto Cura Italia in riferimento alla sospensione della riscossione coattiva delle cartelle e/o del pagamento rateale delle stesse, passando dall’attuale formulazione alla sospensione integrale fino a giugno 2020 e la ripresa dei pagamenti rateali, singolarmente, mese per mese, da luglio 2020″.

Vite in Riviera chiede inoltre “l’adozione della formula del credito d’imposta per le accise pagate nelle fatture delle utenze dal mese di marzo 2020 sino al termine del periodo di chiusura delle attività; l’emissione immediata della Rottamazione Quater e Saldo e Stralcio Bis per tutti i ruoli consegnati alla concessionaria per la riscossione, alla data del 31/12/2019″.

Riguardo alla promozione, si richiede il finanziamento diretto delle Istituzioni per la campagna di comunicazione del comparto vino/olio, abbinato al settore della pesca e della ricettività, da condividere con gli attori del territorio ligure.

La garanzia è quella che Vite in Riviera continuerà a lavorare per il territorio, accanto ad altri importanti attori come l’enoteca regionale della Liguria. A tal fine, ,a domanda Regione è quella di “riunire a un Tavolo gli Assessori e i dirigenti dei settori interessati (Sviluppo Economico, Agricoltura, Turismo) le Associazioni di Categoria, accompagnate da realtà come Vite in Riviera, i Consorzi dell’Olio, del Basilico e del Levante”.

In particolare, sono interessati dall’iniziativa di Vite in Riviera i vini Doc e Igt della Riviera Ligure Di Ponente Pigato, Vermentino, Moscato, Rossese, Granaccia, Rossese Di Dolceacqua, Pornassio o Ormeasco di Pornassio, Terrazze dell’Imperiese Igt e Colline Savonesi Igt. Gli oli sono invece Dop Riviera Ligure Di Ponente e Riviera Del Ponente Savonese.

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Analisi e Tendenze Vino Gli Editoriali news

Nuovo “Codice della Vite e del Vino”: 2 mila pagine e 18 capitoli

Oltre 2 mila pagine e 18 capitoli per il nuovo “Codice della Vite e del Vino”, giunto alla quattordicesima edizione e curato da Antonio Rossi, responsabile del Servizio giuridico di Unione italiana vini (Uiv).

La legislazione vitivinicola è in continua evoluzione e, per seguire la dinamicità dei mercati, necessita di ritocchi e profonde innovazioni, per rispondere in modo puntuale e preciso alle esigenze del mondo produttivo. Questo il senso del “Codice”.

Uno strumento per gli addetti ai lavori, utile a facilitare la consultazione dell’elevato numero di norme nazionali ed europee che regolano il settore della “Vite e del Vino”.

Il volume contiene la rielaborazione e l’aggiornamento dell’intero panorama legislativo nazionale, significativamente mutato dopo l’emanazione del Testo Unico del Vino (legge n. 238 del 12 dicembre 2016) e l’approvazione di gran parte dei corrispettivi decreti attuativi.

Sono altresì presenti le disposizioni nazionali che disciplinano l’attività di produzione e commercializzazione delle bevande, anch’esse parte della complessa realtà legislativa nella quale si inserisce il lavoro quotidiano degli operatori vitivinicoli.

Nelle sezioni dedicate alle normative europee, sono riportati anche i nuovi regolamenti Ue di esecuzione n. 273 del 2018 e delegato n. 274 del 2018, che hanno sostituito e aggiornando le precedenti norme del sistema autorizzativo degli impianti viticoli, dello schedario viticolo, dei documenti di accompagnamento e della certificazione, del registro delle entrate e delle uscite e delle dichiarazioni obbligatorie.

Inoltre, sono illustrati i regolamenti comunitari collegati all’OCM Vino (reg. 1149/16 e 1150/16) e tutte le disposizioni statali applicative collegate alle misure di sostegno.

Nel testo viene poi dato ampio spazio alla disciplina italiana e comunitaria in materia di sistema autorizzativo degli impianti vitati, in particolare ai recenti aggiornamenti al decreto attuativo nazionale e le relative circolari interpretative.

Il “Codice della Vite e del Vino” è frutto di un notevole sforzo editoriale che Unione Italiana Vini porta avanti dal 1977, attraverso il proprio Servizio giuridico-normativo, con l’obiettivo di raccogliere tutte le leggi europee e nazionali di settore, comprese anche le circolari inedite e poco conosciute che, spesso, forniscono indispensabili elementi interpretativi.

Accanto al volume, UIV mette a disposizione il servizio di consultazione legislativo online e la newsletter legislativa, strumenti forniti all’operatore professionale per ricevere tempestivamente le ultime news sulla pubblicazione di nuovi provvedimenti nazionali ed europei.

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Decifrato il codice genetico della peronospora della vite

TRENTO – La Fondazione Edmund Mach ha decifrato il codice genetico del patogeno che provoca la peronospora della vite, malattia responsabile ogni anno di gravi danni in Italia e nel mondo.

Si tratta della Plasmopara viticola, il cui genoma è stato  appena pubblicato sulla rivista Scientific reports (gruppo Nature).

I ricercatori hanno scoperto, nell’ambito di un progetto finanziato dalla Provincia autonoma di Trento,  che la peronospora passa piccoli RNA e microRNA alla pianta ospite, i quali regolano l’espressione di geni dell’ospite in modo molto diretto. Inoltre è stata identificata una proteina della peronospora che interagisce direttamente con un gene di resistenza di vite.

Il genoma pubblicato riguarda uno specifico isolato di P. viticola che infetta la vite in Trentino e tramite l’uso di sofisticati approcci genomici ha prodotto una serie di risultati che potranno avere ricadute importanti nella lotta contro questo patogeno riducendo così l’uso di fungicidi di sintesi.

“Questa pubblicazione – sottolinea il presidente FEM, Andrea Segrè – ci sprona a continuare a lavorare in attacco, ovvero nella ricerca più avanzata sul miglioramento genetico, per avere piante più resistenti. Nei nostri laboratori di San Michele stiamo anche investendo nella difesa, cioè nella protezione dalle principali patologie vegetali. In sostanza, il nostro è un lavoro a tutto campo per vincere la partita della sostenibilità”.

I ricercatori hanno scoperto una nuova comunicazione bi-direzionale fra P.viticola e il suo ospite che coinvolge i piccoli RNA. Questo scambio di piccoli RNA porta ad una regolazione genica inter-specie che coinvolge geni che contribuiscono alla difesa dell’ospite contro patogeni e fornirà ai ricercatori degli importanti strumenti per utilizzare nuovi fungicidi basati sull’RNA per la lotta contro la peronospora.

“P.viticola è un patogeno obbligato, il che significa che non può vivere autonomamente -spiega Azeddine Si Ammour il principale autore dell’articolo-. P.viticola ricava energia sottraendo i nutrienti dalle cellule della vite ospite connettendosi alle cellule di quest’ultima mediante delle strutture chiamate austori”

“Con i miei collaboratori abbiamo mostrato che P.viticola passa piccoli RNA e microRNA alla pianta ospite i quali regolano l’espressione di geni dell’ospite in modo molto diretto. Per controbattere all’attacco la vite usa esattamente lo stesso processo per silenziare geni che sono coinvolti nella patogenicità”.

Gli autori spiegano che piccoli RNA e microRNA sono acidi nucleici di piccole dimensioni in termini di lunghezza che possono legarsi a RNA messaggeri che codificano per proteine. Questo legame di piccoli RNA all’RNA messaggero previene la sintesi della proteina corrispondente.

Oltre ad Azeddine Si Ammour, il gruppo di ricerca alla Fondazione Edmund Mach include Matteo Brilli, Elisa Asquini, Mirko Moser e Michele Perazzolli afferenti al Centro di Ricerca ed Innovazione  e Pier Luigi Bianchedi afferente al Centro di Trasferimento Tecnologico.

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Analisi e Tendenze Vino

Codice della Vite e del Vino: ecco l’edizione 2017

“La nuova edizione 2017 del ‘Codice della Vite e del Vino’, rafforza il progetto della collana editoriale sui temi giuridici avviata lo scorso anno da UIV. Iniziativa, questa, che sta accompagnando la riorganizzazione e il potenziamento del nostro Servizio Giuridico Normativo, tesa a valorizzarne la lunga esperienza maturata in decenni di lavoro a fianco delle imprese vitivinicole italiane. Un ottimo strumento per stimolare dibattito e confronto culturale sui grandi temi della legislazione del comparto”.

Con queste parole, Ernesto Abbona, Presidente di Unione Italiana Vini, commenta la pubblicazione della tredicesima edizione del “Codice della Vite e del Vino”, edito da UIV a cura di Antonio Rossi, responsabile del Servizio giuridico normativo, che raccoglie la rielaborazione e l’aggiornamento dell’intero panorama normativo nazionale, inclusi la legge n. 238 del 12 dicembre 2016 e i decreti attuativi fino ad ora approvati.

“La nuova edizione del ‘Codice della Vite del Vino’ – prosegue Abbona – costituisce un prezioso mezzo di promozione di una moderna cultura giuridica della vitivinicoltura, presentando, insieme agli aggiornamenti della legislazione italiana ed europea, un focus sul ‘Testo Unico’, la più importante ‘riforma’ del nostro settore che sta diventando una ‘best practice’ anche per altri ambiti dell’agroalimentare, insieme ai primi recentissimi decreti attuativi approvati dal Ministero delle Politiche Agricole”.

Il volume raccoglie, inoltre, gli ultimi regolamenti comunitari collegati all’OCM vino (regg 1149/16 e 1150/16), riportando tutte le disposizioni nazionali applicative collegate alle misure di sostegno, la normativa Ue e nazionale sul sistema autorizzativo degli impianti vitati con i recenti aggiornamenti al decreto attuativo nazionale e le relative circolari interpretative.

“La nostra nuova collana editoriale, coordinata da un comitato scientifico composto da esperti di legislazione e professionisti, comprenderà sia pubblicazioni storiche che nuovi titoli, attraverso i quali vogliamo fare della nostra casa editrice un punto di riferimento culturale per il settore – conclude Paolo Castelletti, Segretario Generale di Unione Italiana Vini. Un’ambizione alla quale stiamo lavorando da tempo, ampliando gli strumenti a disposizione del comparto con una newsletter periodica di informazione e aggiornamento normativo ma anche di dibattito e confronto di cultura giuridica. Un impegno editoriale che la nostra Associazione sta portando avanti da 50 anni, dal Codice Comunitario vitivinicolo del 1977, e che prosegue ininterrottamente fino ad oggi”.

L’emanazione del Testo unico del Vino rappresenta un passo fondamentale per la regolamentazione del settore vitivinicolo, gettando le basi per una normativa più aderente alle concrete necessità del comparto e apportando al contempo un’ampia semplificazione normativa e di burocrazia in tutte le fasi di produzione, commercializzazione, tutela delle denominazioni, fino al sistema di controllo e promozione. Il volume si pone al centro di tale contesto, mettendo a disposizione degli operatori uno strumento sempre aggiornato e completo.


Titolo:  Codice della Vite e del Vino
Editore: Unione Italiana Vini – Confederazione Italiana della Vite e del Vino
Autore: Antonio Rossi
Costo: 290,00 euro (IVA inclusa)
Il volume può essere richiesto a Unione Italiana Vini – Confederazione Italiana della Vite e del Vino, www.uiv.it – tel. 06 44 23 58 18 – email: serviziogiuridico@uiv.it

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Vini al supermercato

Trentino Doc Marzemino Storie di Vite 2015, La Vis

(3,5 / 5) Il Trentino Doc Marzemino Storie di Vite prodotto da La Vis è l’ennesima conferma di come le cooperative del Trentino siano in grado di garantire sempre un ottimo livello di qualità e prezzo al supermercato (e non solo) e di come si possa bere bene, spendendo il giusto.

Sotto la nostra lente di ingrandimento il rosso simbolo di Isera, in Vallagarina, vendemmia 2015. Una zona in cui, grazie alla presenza di rocce basaltiche nel sottosuolo raggiunge punte di vera eccellenza. “Eccellenza” decantata anche nell’opera “Don Giovanni” di Mozart che gli ha conferito l’appellativo di “vino di sinfonia”.

LA DEGUSTAZIONE
Il Trentino Doc Marzemino di La Vis fa parte della linea “Storie di Vite”, già recensita con il Nosiola. Di colore rosso rubino intenso con riflessi violacei ha un bouquet semplice e fruttato nel quale si distinguono un profumo intenso di ciliegia, mirtilli e fragoline di bosco, su un delicato sottofondo di violetta. Approfondendo l’analisi, tra i frutti e i fiori giunge anche una leggera nota pepata (pepe bianco).

Molto fruttato anche al palato, ha un sapore acidulo al limite del vivace. Il sorso lascia la bocca pulita, fresca ed asciutta. Sufficientemente equilibrato per questo leggero sbilanciamento sulla freschezza  è comunque un prodotto di ottima bevibilità.

Il Trentino Doc Marzemino Storie di Vite in cucina si abbina  a secondi di carne come manzo o maiale arrosto, pollo allo spiedo e con formaggi stagionati. Con la polenta di mais o con il baccalà è il classico abbinamento regionale.

LA VINIFICAZIONE
Prodotto con uve Marzemino in purezza provenienti da vigneti siti tra i comuni di Isera e Rovereto esposti a sud-est, sud-ovest ad un’altezza di circa 200-250 mt s.l.m. La forma di allevamento adottata è quella del guyot e della pergola semplice trentina con una densità di impianto di 5000 ceppi/ha. La vendemmia è effettuata manualmente nella prima decade di ottobre.

Segue fermentazione a temperatura controllata in serbatoi d’acciaio inox, fermentazione malolattica in serbatoi di cemento armato vetrificato, affinamento sulle lisi per 5/6 mesi circa in parte in serbatoi di cemento armato vetrificato e in parte in barrique di secondo passaggio prima dell’imbottigliamento.

La cantina La Vis è stata fondata e nel 1948 e si trova nell’omonimo borgo, nel cuore delle Colline Avisiane. Oggi riunisce 800 soci impegnati a lavorare oltre 800 ettari dislocati dalle colline di Lavis, Sorni e Meano, ai caratteristici terrazzamenti della Valle di Cembra per arrivare sino ad Isera in Vallagarina e ad alcuni appezzamenti in territorio altoatesino.

La scelta dei vitigni e degli appezzamenti in cui coltivarli è il risultato del “progetto zonazione” avviato a metà degli anni ottanta che costituisce il caposaldo della qualità dei vini La Vis. Questo progetto zonazione chiamato il “il vitigno giusto al posto giusto” ha reso possibile individuare il vitigno più adatto per ogni terreno, attraverso lo studio approfondito delle caratteristiche e della morfologia del suolo.

Prezzo: 5,85 euro
Acquistato presso : A&O / Despar / Eurospar / Il Gigante

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Analisi e Tendenze Vino

Assoenologi: 72° congresso nazionale sul tema della viticoltura sostenibile

Sarà il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina ad aprire il 72° Congresso nazionale dell’Associazione enologi enotecnici italiani (Assoenologi), in programma dal 17 al 19 novembre alla Leopolda di Firenze.

Sarà il congresso della “sostenibilità a tutto tondo”. Un tema unico, affrontato da diversi punti di vista, per fare chiarezza su una parola sulla bocca di tutti, ma di cui spesso non si comprende appieno il significato.

Dopo il ministro e la prolusione del presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella, alla cerimonia inaugurale interverranno numerosi rappresentanti di istituzioni locali, nazionali e internazionali. Ai saluti del sindaco di Firenze, Dario Nardella, dell’assessore regionale all’Agricoltura Marco Remaschi, del coordinatore degli assessori regionali Leonardo Di Gioia, e dell’assessore al turismo, fiere e congressi, Anna Paola Concia, faranno seguito gli interventi dei vertici delle più importanti organizzazioni di filiera.

Ovvero Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti, Secondo Scanavino, presidente della Cia. Sandro Boscaini, presidente di Federvini, annuncerà il recente accordo fatto con Assoenologi per migliorare i servizi alle Imprese attraverso la professionalità degli Enologi.

Sarà quindi la volta di Gaetano Marzotto e Claudio Marenzi, rispettivamente past president e presidente di Pitti Immagine, e del presidente della Camera di Commercio di Firenze Leonardo Bassilichi. Seguirà l’intervento del presidente della locale sede di Assoenologi Ivangiorgio Tarzariol. Saranno presenti inoltre Alessandra Ricci, amministratore delegato della Simest e Donatella Carmi Bartolozzi, vicepresidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, quali partner istituzionali del congresso, insieme a Banca Cr Firenze e Federvini.

Nell’ambito della serata la consegna del Premio Assoenologi Versini del valore di 7.500 euro a Daniela Fracassetti, dell’Università di Milano per il lavoro “Il gusto di luce nel vino bianco: meccanismi di formazione e prevenzione” e la consegna degli attestati di “Soci Onorari” di Assoenologi a Maurizio Martina, Dario Nardella, Marco Remaschi, Anna Paola Concia e Gaetano Marzotto, “per la professionalità, la passione e l’impegno profusi in azioni e progetti dedicati alla valorizzazione del settore vitivinicolo” e quale “segno di riconoscimento per la concreta e personale attenzione data alla associazione nazionale di categoria dei tecnici vitivinicoli”.

TEMA UNICO: LA SOSTENIBILITA’
Tra il pomeriggio di venerdì 17 e le mattine di sabato 18 e domenica 19 novembre, si alterneranno sul palco undici relatori. “Fra carbon footprint, riduzione degli input e tutela del paesaggio e della biodiversità – dice Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi (nella foto) – il tema della sostenibilità alimenta pareri discordi. Per cui è un argomento sul quale si avverte la necessità di fare chiarezza. Essere ‘sostenibili’ significa lavorare per sottrazione, riducendo l’emissione del gas serra e, unitamente, razionalizzare il consumo d’acqua e di agrofarmaci”.

“Il termine si coniuga perfettamente all’ecosistema e all’ambiente – continua Cotarella – ma è anche un modus operandi che si estende, in senso più globale, anche all’ambito economico, sociale e soprattutto culturale, essendo tutti questi elementi strettamente correlati e interdipendenti”.

A dipanare questa aggrovigliata matassa, sulla quale c’è poca uniformità di vedute, sono stati chiamati, per la parte viticola, Ruggero Mazzilli, fondatore di Spevis, Stazione sperimentale per la viticoltura sostenibile, il francese Nicolas Joly, della Coullè de Serrant, che segue i principi steineriani della biodinamica e Steve Matthiasson, enologo della Napa Valley, coautore del “Codice di condotta sostenibile”, il manuale standard per la viticoltura sostenibile in California.

Raffaele Borriello, direttore di Ismea, indicherà la via della sostenibilità economica attraverso la conoscenza dei dati del mercato. Alla coordinatrice del Settore vitivinicolo di Alleanza Cooperative Italiane Agroalimentare, Ruenza Santandrea si è chiesto invece di parlare di sostenibilità della cooperazione, mentre all’editore Andrea Zanfi, autore di numerosi libri sul vino e i suoi territori, di comunicazione, fra la sostenibilità della cultura e del sociale.

Oscar Farinetti, presidente di Eataly, racconterà la propria esperienza imprenditoriale, mentre Renzo Cotarella, enologo amministratore delegato di Marchesi Antinori, ci parlerà della scelta sostenibile in cantina e dei relativi costi. Attilio Scienza affronterà poi il tema della genetica e del suo contributo sostenibile, parlando dei nuovi portinnesti resistenti alle malattie e alla siccità, in particolare l’M4, che si è rivelato nettamente superiore ai portinnesti noti da tempo, confermando le sperimentazioni preliminari fatte negli anni precedenti.

L’ANTEPRIMA
In anteprima assoluta al 72° Congresso di Assoenologi, Stefano Vaccari, capo Dipartimento dell’Icqrf del Mipaaf, presenterà i primi dati della Cantina Italia forniti dai registri telematici, con lo scopo di “offrire agli operatori una prima, sommaria serie di dati da valutare più nella prospettiva delle potenzialità del registro in termini conoscitivi”.

Nella prima sessione dei lavori che anticipa la cerimonia inaugurale di venerdì 17 novembre il presidente di Equitalia, Riccardo Ricci Curbastro presenterà il progetto di Certificazione della filiera vitivinicola quali soggetti sostenibili.

Alterneranno i lavori congressuali alcune degustazioni dei vini più rappresentativi del territorio, con un focus particolare su Sassicaia e Tignanello, alla presenza dei marchesi Piero Antinori e Nicolò Incisa della Rocchetta, che nell’occasione riceveranno l’attestato di Soci Onorari di Assoenologi.

Paese ospite di questa edizione congressuale il Portogallo, a cui sarà dedicata una specifica sessione, con analisi sensoriali di alcuni dei vini più blasonati. Presenti due gradi enologi portoghesi: Jose Maria Soares Franco, di Portugal Ramos, e David Guimaraens, della Taylor’s Fladgate.

In programma anche un concerto “Omaggio al Vino”, di cantanti e pianisti dell’Accademia del Maggio Fiorentino, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio e una ricca serata di gala condotta da Bruno Vespa, con la straordinaria partecipazione di Carlo Conti e Peppino di Capri.

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Testo Unico, Uiv in convegno ad Alba: “Langhe, modello da imitare”

Si è tenuto in mattinata, ad Alba, il convegno dal titolo: “Le novità del Testo Unico del Vino”, organizzato dall’Unione Italiana Vini. E non poteva che riferirsi al Piemonte il presidente di Uiv, Ernesto Abbona, nell’indicare come modello le Langhe, dove “grazie ad un sistema di norme che vengono fatte scrupolosamente rispettare, la competizione è basata sul merito e, in ogni occasione, vince il migliore. Creando valore condiviso da tutta la filiera”.

La giornata è stata moderata da Valentina Sellaroli, sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Torino, formatrice decentrata della Scuola Superiore della Magistratura, Struttura Territoriale di Torino, e dal professor Vito Rubino, aggregato di Diritto dell’Unione Europea, Università degli Studi del Piemonte Orientale e ha visto la partecipazione, tra i relatori, di Oreste Gerini, Direttore generale della prevenzione e del contrasto alle frodi agro-alimentari dell’ICQRF.

“Il rapporto che lega il vino italiano al sistema legislativo – ha dichiarato Ernesto Abbona, presidente di Uiv – è molto articolato e per certi versi ambivalenteDa un lato tutela e garantisce, nella qualità e trasparenza del prodotto, sia il mondo produttivo sia il consumatore secondo un modello di certificazione e protezione delle indicazioni geografiche senza eguali”.

“Dall’altro invece – ha continuato Abbona – questo sistema di regolamenti che interviene nelle fasi produttive del vino, complica il nostro lavoro implicando un impegno notevole in termini di tempo e risorse economiche nell’affrontare questioni di carattere giuridico amministrativo non sempre chiare e trasparenti. Da qui ne deriva la necessità di semplificazione”.

Sempre secondo Abbona, “in Italia abbiamo un caso esemplare di semplificazione normativa che sta facendo scuola a livello internazionale: il Testo Unico, dove siamo riusciti in un grande sforzo corale a coniugare rigore, certificazione, trasparenza verso il consumatore con la semplicità nella gestione amministrativa delle imprese”.

IL MODELLO LANGA
“L’augurio – ha aggiunto Abbona (nella foto) – è quello di realizzare in tutta Italia la stessa situazione ideale che abbiamo voluto e saputo realizzare in Langa. E’ importante costruire un sistema di norme chiaro, preciso ma semplice da applicare, che faciliti un sistema di controlli efficace”.

“Il Testo Unico del vino – ha commentato Andrea Olivero, viceministro delle Politiche agricole alimentari e forestali – rappresenta la colonna vertebrale della legislazione vitivinicola del nostro Paese. È indicativo che il primo articolo sancisce il riconoscimento della vite e del vino come patrimonio culturale del Paese, un patrimonio da tutelare e valorizzare nella sostenibilità sociale, economica, produttiva ambientale e culturale”.

“È chiaro che tutelare questo patrimonio è un impegno quotidiano – ha precisato Olivero – che ci vede in prima linea nell’attività di contrasto alle frodi alimentari e al falso Made in Italy e oggi possiamo dire con orgoglio che anche sul web siamo arrivati a garantire livelli rilevanti di sicurezza e tutela dei nostri prodotti. Proprio in occasione del recente G7 di Bergamo abbiamo avuto un confronto sul tema del commercio online, sul grado di tutela e i meccanismi di salvaguardia delle nostro eccellenze consci che il web costituisce un importante canale di vendita ma che, al tempo stesso, può nascondere rischi non secondari di contraffazione”.

“Il prezioso impegno personale del viceministro Olivero nel portare avanti un testo giuridico che oggi pone il nostro Paese all’avanguardia internazionale”, ha dichiarato Paolo Castelletti, Segretario Generale di Unione Italiana Vini, nel ripercorrere il lungo lavoro tra filiera istituzioni e mondo politico che ha portato al Testo Unico.

“La filiera – ha aggiunto – ha mostrato grande senso di responsabilità nel cercare una linea comune che alla fine è stata vincente. Adesso la sfida si sposta sui decreti attuativi dove dobbiamo procedere con lo stesso metodo per vedere approvati entro la fine della legislatura i decreti che renderanno pienamente operativo il TU. In gioco ci sono temi cruciali tra cui la gestione dei controlli, il sistema di tracciabilità, l’organizzazione dei consorzi di tutela”.

IL SOSTEGNO ALLE IMPRESE
“Nel lavoro di assistenza alle imprese – ha concluso Paolo Castelletti – da oltre 10 anni l’Unione Italiana Vini ha costituito al proprio interno un “servizio giuridico” specializzato sulle tematiche del settore che rappresenta un unicum a livello nazionale, un’esperienza fino ad oggi insuperata in termini di credibilità e competenze tecniche, diventato anche punto di riferimento delle istituzioni”.

“In questa occasione, attraverso la quale vogliamo aprire un dialogo nuovo tra il comparto vitivinicolo e il vasto mondo giuridico italiano – ha annunciato Castelletti – desideriamo valorizzare la nostra lunga esperienza e stimolare un salto di qualità del nostro servizio giuridico. Da Centro di assistenza alle imprese a nuovo luogo e motore di dibattito e confronto culturale sui grandi temi della legislazione vitivinicola”. Dall’inizio dell’anno sono quattro i convegni sul Testo Unico e sui decreti attuativi organizzati da Unione italiana vini in Italia.

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Anche le coop hanno un’anima. Ecco “Vi.Vite – Vino di Vite Cooperative”

Raccontare il vino attraverso le storie di quanti ne hanno fatto una ragione di vita, oltre a un’attività di lavoro. Il progetto, presentato questa mattina a Milano, si chiama “Vi.Vite – Vino di Vite Cooperative”. Obiettivo: sdoganare il concetto di “cooperativa” legato ai volumi e alle masse, tout court. Attraverso il volto di chi ci mette l’anima quotidianamente, in vigna.

La prima edizione si svolgerà il 25 e 26 novembre alle Cavallerizze del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano. Vi.Vite vuole far “incontrare le persone tramite il vino, offrendo un’esperienza a tutto campo che non si limiti ad una degustazione ma conduca tutti, esperti di vino e neofiti, curiosi e appassionati, alla scoperta del mondo delle cantine cooperative, non solo per mezzo dei loro eccellenti prodotti che coniugano qualità e fruibilità, ma anche attraverso la conoscenza diretta di chi il vino lo fa, con passione e dedizione, conseguendo importanti risultati”.

“In Italia – ha dichiarato Ruenza Santandrea, coordinatrice del settore vitivinicolo dell’Alleanza delle cooperative agroalimentari – un racconto della vigna cooperativa non è mai stato fatto. Nessuno ha mai raccontato come sia stato possibile che aziende agricole che posseggono in media due ettari abbiano potuto, associandosi, arrivare sui mercati di tutto il mondo. E sono queste piccole aziende che, col loro lavoro, punteggiano di vigneti tutto il territorio italiano”.

“Questo è accaduto perché nel tempo ciò che sembrava un limite è diventato una grande forza – ha aggiunto Santandrea -. Essere piccoli nella gestione accurata della vigna e grandi nel dotarsi di professionalità quali agronomi, enologi, commerciali, per riuscire a produrre ottimi vini che conquistano ogni anno un numero crescente di riconoscimenti e premi nei più prestigiosi concorsi nazionali e internazionali”.

“Vi.vite – ha aggiunto Ruenza Santandrea – si propone proprio di far conoscere l’incredibile varietà dei vitigni autoctoni che con grande cura la cooperazione del vino ha tutelato e cercato di far conoscere, anche quando era più facile piantare vitigni internazionali, nella convinzione che alla fine questa biodiversità sarebbe stata la forza del vino italiano”.

I NUMERI
La cooperazione vitivinicola italiana, che fa capo all’Alleanza Cooperative Agroalimentari, conta 498 cantine, 148mila soci, 9 mila occupati, una produzione pari al 58% dell’intera produzione vinicola nazionale, un giro d’affari di 4,3 miliardi di euro (pari al 40% del totale del fatturato vino nazionale) e 8 cooperative con fatturati superiori a 100 milioni di euro. Un export di 1,8 miliardi di euro, pari al 42% del fatturato delle cooperative vitivinicole, e a 1/3 di tutto il vino italiano esportato.

Alleanza delle Cooperative agroalimentari ha chiesto il supporto di Lievita, Format House Milanese specializzata nella creazione e nella produzione di format di grandi manifestazioni dedicate al mondo Food & Wine, fondata e diretta da Federico Gordini, giovane manager milanese, già ideatore di Bottiglie Aperte e della Milano Food Week.

“Sono molto onorato – ha dichiarato Gordini – di essere stato scelto con il mio team di Lievita da Alleanza delle Cooperative per pensare, realizzare e curare il primo evento focalizzato sul racconto della vigna e del vino cooperativo. Dal primo momento in cui abbiamo iniziato a parlare della costruzione di questa manifestazione abbiamo compreso la portata davvero storica dell’operazione, da un lato per l’obiettivo di raccontare, a partire dalle storie della vita degli oltre 100 mila soci delle cooperative, un sistema che produce oltre la metà dei vini Doc italiani, dall’altro per il punto di vista economico e sociale sotto il profilo della tutela del paesaggio e della difesa del patrimonio viticolo autoctono”.

LE COOPERTATIVE ADERENTI
1.Emilia Romagna –  Cantina Valtidone Scarl 2.Emilia Romagna – Cantine Riunite & Civ 3.Emilia Romagna – Cavim 4.Emilia Romagna – Caviro Sca 5.Emilia Romagna – Cantina Sociale Di San Martino 6.Emilia Romagna – Emilia Wine S.C.A. 7.Emilia Romagna – Gruppo Cevico S.C.A. 8.Emilia Romagna – Le Romagnole S.C.A.P.A. 9.Toscana – Cantina Sociale Colli Fiorentini S.A.C. 10.Toscana – Cantina Vignaioli Morellino Di Scansano Soc, Coop Agricola 11.Toscana – Le Chiantigiane Soc. Coop. Agricola R.L. 12.Toscana – Terre Dell’etruria Società Cooperativa Agricola Tra Produttori 13.Toscana – Cantina Sociale Colli Fiorentini S.A.C. 14.Marche- Colonnara Marchedoc Sca

15.Marche – La Cantina Dei Colli Ripani 16.Marche – Moncaro Soc. Coop. Agricola 17.Umbria – Cantina Terre De’ Trinci Sca 18.Umbria – Cantina Di Marsciano Sasso Dei Lupi 19.Lazio – Gotto D’oro 20.Lazio – Viticoltori Dei Colli Cimini Soc. Agr. Soc. Coop. 21.Abruzzo – Cantina Tollo 22.Abruzzo – Citra 23.Puglia – Cantina Di Ruvo Di Puglia 24.Puglia – Cantina Coop. Trinitapoli – Casaltrinità 25.Puglia – Cantina San Donaci Soc. Coop.Va Agricola 26.Puglia – Consorzio Di Tutela Doc Tavoliere 27.Puglia – Due Palme 28.Puglia – L’agricola Latianese- Soc. Coop. 29.Puglia – Soc. Coop. Upal Cisternino 30.Puglia – Produttori Vini Manduria Sca 31.Sardegna – Cantina Trexenta Soc Coop Agr 32.Sicilia – Colomba Bianca 33.Sicilia – Cva Canicatti S.C.Agricola

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Analisi e Tendenze Vino

Riccardo Velasco è il nuovo direttore del Crea

Da venerdì 1 settembre Riccardo Velasco (nella foto), fino ad oggi responsabile del Dipartimento genomica e biologia delle piante da frutto alla Fondazione Edmund Mach, assumerà l’incarico di direttore del Centro di viticoltura ed enologia del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA).

Inoltre, nelle scorse settimane, il presidente della Fondazione Mach, Andrea Segrè, è stato nominato dal ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, nel consiglio scientifico dello stesso ente di ricerca.

Nella seduta del 10 agosto Riccardo Velasco ha salutato il Consiglio di amministrazione della Fondazione Mach in vista del suo passaggio al centro di ricerca con sedi a Conegliano Veneto (TV), Asti, Gorizia e Turi (BA).

Il ricercatore aveva iniziato a lavorare a San Michele all’Adige nel 1999. Come responsabile del Dipartimento genomica ha coordinato, tra le altre cose, i progetti di sequenziamento della vite e del melo. “Ringrazio la Fondazione per le opportunità di crescita professionale che mi sono state fornite con questi e molti altri progetti. Insieme abbiamo costruito un percorso importante”, spiega Velasco.

“Gli ottimi rapporti con i colleghi e con la Fondazione stessa – continua – sono il punto di partenza per una forte sinergia che può essere incrementata soprattutto nel settore strategico della viti-enologia. Questo anche in funzione del nascente corso di laurea ospitato nel Centro Agricoltura Alimenti Ambienti (C3A) con il quale ho intenzione di mantenere stretti rapporti, anche di insegnamento”.

Il presidente della Fondazione Mach, Andrea Segrè, auspica così una rinnovata collaborazione tra FEM e CREA.

Un rapporto che potrà giovare anche della recente nomina di Segrè, da parte del ministro delle politiche agricole Maurizio Martina, come membro del primo consiglio scientifico dell’ente di ricerca.

“Ci tengo particolarmente a ringraziare il ministro per questo importante incarico in uno degli enti vigilati dal Mipaaf – commenta il presidente FEM, Andrea Segrè – sono sicuro che questa nomina non potrà che dare ulteriore slancio al rapporto tra le due istituzioni”.

Un auspicio condiviso anche dal presidente del CREA, Salvatore Parlato: “Il rilancio della ricerca che il CREA sta portando avanti – evidenzia – dipende anche dal coinvolgimento dei migliori protagonisti che si sono distinti nel settore agroalimentare. Con l’arrivo di Riccardo Velasco e il coinvolgimento di Andrea Segrè, si realizza un salto di qualità nell’attività di ricerca di questi due prestigiosi enti”.

IL CREA
CREA è il più importante ente di ricerca italiano nell’agroalimentare, vigilato dal Mipaaf. Affronta con competenze multidisciplinari le grandi sfide del ventunesimo secolo legate alla sostenibilità dei sistemi produttivi agricoli, forestali e ittici, alla produzione di alimenti che soddisfino le esigenze nutrizionali di una popolazione mondiale in crescita, all’utilizzazione di biomasse e scarti per la produzione di materiali e di energia.

Alle dipendenze del CREA lavorano circa 1600 persone, di cui quasi 600 ricercatori e tecnologi e più che altrettanti tecnici. Il Centro di viticoltura ed enologia è uno dei 12 centri di ricerca del CREA, specializzato nella conservazione, caratterizzazione e valorizzazione del germoplasma delle varietà di uva da vino e da tavola, attraverso studi sul miglioramento genetico, fisiologia, genomica e metabolomica della vite.

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Valpolicella, nuova frontiera per l’Amarone? Scoperto il vitigno autoctono Elmo

Una nuova varietà a bacca rossa è stata scoperta da Cantina Valpantena Verona in un piccolo vigneto della Valdonega, area collinare che sovrasta il centro cittadino della città scaligera.

Un’uva dai grappoli spargoli ed acini scuri, ricchi di polifenoli ed antociani: l’analisi molecolare ha dimostrato che non ha nessuna associazione con varietà finora conosciute. Le è stato quindi dato il nome di Elmo.

Un’uva che, dalle prime analisi, si presta all’appassimento. Risulterebbe dunque adatta alla tecnica di produzione del vino simbolo del veneto, l’Amarone.

Il ritrovamento risale al 2009, ma solo in questi giorni si è conclusa l’attività di identificazione. Contemporaneamente il vitigno è stato individuato anche a Valgatara, nel comune di Marano di Valpolicella, nella proprietà del viticoltore Guglielmo Ferrari.

L’ITER
L’attività di identificazione è stata affidata da entrambi al CREA (Centro di ricerca Viticoltura ed Enologia) di Conegliano, che, in collaborazione con l’ex Centro per la Sperimentazione in Vitivinicoltura della Provincia di Verona, ha avviato uno studio di approfondimento sulle caratteristiche viticole ed enologiche. L’analisi molecolare dei due vigneti ha dimostrato che si tratta della stessa cultivar e che questa era diversa da qualsiasi altra varietà conosciuta finora.

L’attività di identificazione ha comportato ben sette anni di ricerca e di rilievi sul campo per individuare i principali caratteri fenotipici e produttivi di quest’uva, una sorta di stesura della sua carta di identità, in cui vengono descritti la forma e la dimensione di tronco, tralci, grappolo, acini e foglie.

Sono state inoltre realizzate diverse microvinificazioni, sottoposte a panel di degustazione, per comprovare le caratteristiche qualitative dell’uva, da cui sono emersi sentori di frutta rossa e spezia, che la rendono adatta anche all’appassimento.

L’analisi genetica ha dimostrato che non esiste nessun rapporto di parentela con altre varietà coltivate in loco e solo una lontana somiglianza con il vitigno Wilbacher, originario della regione austriaca della Stiria e coltivato in minima parte anche nel trevigiano.

Lo studio è avvenuto all’interno di un progetto finanziato dal MiPAAF (denominato RGV-FAO) finalizzato alla raccolta, conservazione, documentazione ed utilizzazione di specie vegetali di grande rilevanza, tra cui la vite. Si è formalmente concluso la scorsa settimana con la scelta concordata da Cantina Valpantenae Guglielmo Ferrari del nome “Elmo” con cui procedere all’iscrizione del vitigno al Registro Nazionale delle Varietà di Vite.

IL FUTURO DEL VITIGNO ELMO
“Le viti di Elmo – spiega Stefano Casali, agronomo di Cantina Valpantena Verona – hanno dimostrato un’ottima resistenza ai parassiti. La pianta è molto produttiva, genera grappoli spargoli ed acini scuri, ricchi di polifenoli ed antociani, capaci di donare un colore intenso e vivo al vino. Si sposa benissimo con le più note varietà veronesi utilizzate normalmente nell’uvaggio del Valpolicella”.

“La biodiversità – commenta Luigi Turco, presidente di Cantina Valpantena Verona – è da sempre un valore irrinunciabile per la nostra cantina cooperativa, che ogni anno investe molte risorse per la preservazione e il miglioramento del territorio che viene coltivato. Tra le varie attività di tutela che la Cantina intraprende c’è l’identificazione di vitigni rari e autoctoni che vengono riscoperti negli oltre 750 ettari coltivati dai soci conferitori”.

L’iscrizione di Elmo al RNVV e la successiva classificazione in ambito Regionale ne permetterà la possibilità di coltivazione e diffusione. Appena l’iter di iscrizione sarà concluso, l’intenzione di Cantina Valpantena è di riprodurre il vitigno per ricavarne un vigneto sperimentale.

La valorizzazione di questo vitigno permetterà di dare un importante contributo alla diversificazione della piattaforma ampelografica e tipicizzare alcune produzioni enologiche dell’areale viticolo veronese.

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Campionato europeo vite e vino: argento e bronzo per Fem

Medaglie di argento e bronzo per gli studenti del corso per enotecnici della Fondazione Edmund Mach nell’ambito della dodicesima edizione del campionato europeo della vite e del vino che ha visto sfidarsi nei giorni scorsi, in Francia, 74 alunni provenienti da 37 scuole di 12 nazioni europee.

La scorsa settimana il Centro Istruzione e Formazione si è aggiudicato anche il terzo posto nel concorso nazionale “Bacco e Minerva” che ha visto concorrere ad Avellino una trentina di scuole produttrici di vino. La scuola di San Michele ha vinto la medaglia di bronzo con i vini dell’azienda agricola Pinot bianco 2016 e Trentino rosso Castel San Michele 2015.

Nell’ambito del campionato europeo della vite e del vino, Valentino Pedrotti e Luca Balboni (nella foto), studenti del corso per enotecnici del Centro Istruzione e Formazione, si sono classificati rispettivamente al secondo e al terzo posto nella classifica generale. La competizione “European Wine Championship” si è svolta presso l’istituto agrario di Avize, nella rinomata regione viticola della Champagne in Francia.

Erano coinvolte Italia, Austria, Belgio, Francia, Germania, Inghilterra, Ungheria, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svizzera, per un totale di 37 scuole enologiche, con due studenti dell’età compresa tra i 17 e i 25 anni. L’Italia era rappresentata da cinque scuole: Ascoli Piceno, Conegliano, Laimburg, Ora e San Michele all’Adige. Quest’ultima con i due studenti Valentino Pedrotti e Luca Balboni, accompagnati dal docente Luca Russo.

I giovani si sono sfidati, in lingua inglese, sulle conoscenze tecniche, dall’enologia alla viticoltura, dalla potatura alle malattie della vite, dalle analisi chimiche alla degustazione. Lo scorso anno la Fondazione Mach si era classificata al terzo posto con la studentessa Ada Fellin.

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Uva e stress idrico: tesi Mach premiata dalla Società italiana di viticoltura

Dopo i premi per le ricerche sulla difesa sostenibile delle colture arriva un altro importante riconoscimento per la Fondazione Edmund Mach. La SIVE, Società Italiana di Viticoltura ed Enologia, ha premiato la ricercatrice trentina Stefania Savoi per la migliore tesi di dottorato nel campo della viticoltura per l’anno 2016.

Il concorso SIVE per il conferimento di due premi per tesi di dottorato di ricerca intende valorizzare le attività di ricerca che abbiano portato un valido contributo, sul piano scientifico, applicativo e divulgativo, nel settore vitivinicolo. La cerimonia di premiazione, giunta alla sua seconda edizione, si è svolta nei giorni scorsi, a Foiano della Chiana ed è stata intitolata alla memoria del compianto professore Roberto Ferrarini.

La ricercatrice trentina ha studiato nel suo lavoro di tesi gli effetti di un moderato stress idrico sulla fisiologia dello sviluppo e maturazione dell’acino d’uva in varietà a bacca bianca e rossa usando un approccio multidisciplinare che ha incluso due anni di sperimentazione in campo, l’analisi dei trascritti mediante la tecnica dell’RNA sequencing e l’analisi dei metaboliti su larga scala.

Questo lavoro, che sarà presentato nel mese di maggio a Enoforum di Vicenza, è stato svolto presso la Fondazione Edmund Mach, l’Università degli Studi di Udine, e il Wine Research Centre of the University of British Columbia (Vancouver, Canada) sotto la supervisione di Fulvio Mattivi, Enrico Peterlunger e Simone Diego Castellarin. Attualmente Stefania Savoi sta svolgendo il suo post-dottorato a Vienna, presso l’University of Natural Resources and Life Sciences e precisamente nel gruppo di Viticoltura e Pomologia.

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La vendemmia del gigante: La Delizia riparte da Pinot Grigio e Prosecco

Al via la vendemmia 2016 per i 450 soci dei Viticoltori Friulani La Delizia di Casarsa, la più grande cantina del Friuli Venezia Giulia e una delle maggiori d’Italia. Si partirà il 1° settembre con le uve di Pinot Grigio, per poi proseguire con le altre uve bianche e concludere con quelle rosse. In oltre 2 mila ettari di vigneti saranno raccolti più di 300 mila quintali di uva. “Le condizioni climatiche di questi giorni – ha dichiarato il presidente de La Delizia, Flavio Bellomo – sono ideali per le qualità organolettiche dell’uva: caldo di giorno, per grappoli sani anche grazie all’assenza di piogge. E fresco la sera, elemento che favorisce il raggiungimento del grado zuccherino ottimale degli acini. Sarà una vendemmia di qualità”. Una vendemmia, quella di quest’anno, che sarà anche ricca di novità dal punto di vista produttivo per la cantina casarsese: dal rilancio del marchio Friulvini attraverso la nuova Doc Friuli fino all’avvio della nuova sede di Zoppola dove avverrà la vinificazione e stoccaggio di 90 mila ettolitri di Pinot Grigio e Prosecco (Glera). “Nuovi traguardi – ha concluso Bellomo – che raggiungiamo in questo che è l’85° anno dalla nostra fondazione: abbiamo lo sguardo rivolto al futuro, puntando a svilupparci in maniera razionale e organica consolidando la nostra presenza sia sul mercato italiano che su quello estero, dove siamo presenti con i nostri vini in 30 Paesi”.

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Vendemmia 2016, Italia meglio della Francia per quantità

Al via la vendemmia in Italia che si prevede nel 2016 con una produzione complessivamente in aumento di almeno il 5% rispetto ai 47,5 milioni di ettolitri dello scorso anno anche se con un andamento fortemente differenziato tra le diverse regioni, che varia dalla previsione di crescita del 15% in Puglia al calo del 10% in Lombardia, per effetto del bizzarro andamento climatico. Comunque meglio della Francia, in termini di quantità. E’ quanto stima la Coldiretti nel sottolineare che la vendemmia del 2016 è iniziata quest’anno con un ritardo di quasi una settimana rispetto allo scorso anno quando pero’ era stata condizionata dal grande caldo e siccità con la raccolta più precoce dell’ultimo decennio. Il distacco del primo grappolo di uva quest’anno è avvenuto nell’azienda agricola Faccoli in via Cava a Coccaglio, nella provincia di Brescia in Franciacorta con il distacco delle uve Chardonnay per la produzione di spumanti che tradizionalmente sono le prime ad essere raccolte in tutta Italia. Molto dipenderà dai mesi di agosto e settembre ma, come evidenzia la Coldiretti, le escursioni termiche degli ultimi giorni con gli abbassamenti di temperature specie quelle minime fanno ben sperare per una annata di buona qualità, dopo un inverno particolarmente mite e un germogliamento anticipato. La primavera ha fatto segnare temperature spesso sotto la media e anche fenomeni di gelate tardive e tempo umido un po’ in tutta Italia ma specie nel nord est mettendo a dura prova il lavoro dei viticoltori per garantire la sanità delle uve. In Italia la vendemmia parte con le uve Pinot e Chardonnay in un percorso che, precisa la Coldiretti, proseguirà a settembre ed ottobre con la raccolta delle grandi uve rosse autoctone Sangiovese, Montepulciano, Nebbiolo e che si concluderà addirittura a novembre con le uve di Aglianico e Nebbiolo e Nerello. Le stime della Coldiretti dunque saranno progressivamente definite perché molto dipenderà dall’andamento climatico delle settimane precedenti la raccolta.

“PROMUOVERE E TUTELARE IL MADE IN ITALY”
Dal punto di vista quantitativo è probabile che l’Italia conquisterà anche quest’anno il primato produttivo rispetto alla Francia dove – sottolinea la Coldiretti – le prime stime per il 2016 danno una produzione in leggero calo sul 2015, a causa delle gelate tardive e della forte pressione delle malattie fungine. In Italia se non ci saranno sconvolgimenti si prevede che la produzione Made in Italy sarà destinata per oltre il 40 per cento – precisa la Coldiretti – ai 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc) e ai 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), il 30 per cento ai 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30 per cento a vini da tavola. Nel primo quadrimestre del 2016 le esportazioni di vino Made in Italy sono ulteriormente aumentate del 2 per cento in valore rispetto al record storico fatto segnare lo scorso anno, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat, con il risultato che oltre la metà del fatturato realizzato dal vino quest’anno sarà ottenuto dalle vendite sul mercato estero.

Con l’inizio della vendemmia in Italia si attiva un motore economico che genera quasi 10 miliardi di fatturato solo dalla vendita del vino e che da opportunità di lavoro nella filiera a 1,3 milioni di persone. La vendemmia 2016, ricorda la Coldiretti, coinvolgerà 650mila ettari di vigne, dei quali ben 480mila Docg, Doc e Igt e oltre 200mila aziende vitivinicole. La ricaduta occupazionale riguarda sia per le persone impegnate direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, sia per quelle impiegate in attività connesse e di servizio. Secondo una ricerca di Coldiretti, per ogni grappolo di uva raccolta si attivano ben diciotto settori di lavoro dall’industria di trasformazione al commercio, dal vetro per bicchieri e bottiglie alla lavorazione del sughero per tappi, continuando con trasporti, accessori, enoturismo, cosmetica, bioenergie e molto altro.

“Il futuro del Made in Italy – commenta Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti – dipende dalla capacità di promuovere e tutelare le distintività che è stata la chiave del successo nel settore del vino dove ha trovato la massima esaltazione la valorizzazione delle specificità territoriali che rappresentano la vera ricchezza del Paese. Il vino italiano è cresciuto scommettendo sulla sua identità con una decisa svolta verso la qualità che ha permesso di conquistare primati nel mondo dove oggi 1 bottiglia esportata su 5 è Made in Italy”.

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Prosecco, 3 mila nuovi ettari tra Veneto e Friuli

Le Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia , accogliendo la richiesta del Consorzio di Tutela del Prosecco Doc, hanno autorizzato l’estensione della superficie coltivabile per altri 3 mila ettari, 2.444 dei quali sul territorio regionale veneto e 560 ettari in Friuli Venezia Giulia. In questo modo il potenziale produttivo del Consorzio sale a 23.250 ettari. Il provvedimento è stato approvato il 29 giugno e le domande di interesse dovranno essere presentate entro 15 giorni dalla pubblicazione della misura nei bollettini ufficiali delle due Regioni. Per quanto riguarda il Friuli Venezia Giulia, metà degli ettari assegnati sarà distribuita tra le aziende che alla data del 29 aprile 2016 erano già inserite nel sistema di controllo della DOC Prosecco e non soggette al blocco della rivendicazione del marchio. La restante parte è invece riservata alle aziende in possesso di determinate caratteristiche, tra le quali sono prioritarie l’adesione ai canoni dell’agricoltura biologica e l’appartenenza alla gestione previdenziale quale giovane agricoltore. Anche in Veneto la distribuzione dei nuovi ettari avverrà in maniera diversa che in passato riservando, in 1.222 ettari a chi abbia già coltivazioni di Glera.

I PUNTEGGI
I criteri di scelta sono articolati riconoscendo punteggi più alti a chi adotterà tecniche sostenibili con l’uso di criteri biologici. Un ulteriore incentivo nel punteggio è dedicato ai giovani fra i 18 e i 40 anni non iscritti ad oggi nel registro della Doc. Le nuove piante dovranno essere messe a dimora entro il 31 luglio 2017 in superfici comprese fra i 3 mila metri quadrati ed i 3 ettari. Il potenziale produttivo previsto per la vendemmia del 2016 in Veneto è valutato in 3,13 milioni di ettolitri, corrispondenti a 417 milioni di bottiglie (498 milioni tenendo conto la riserva vendemmiale). Gli stessi dati, grazie all’estensione della superficie autorizzata, dovrebbero passare, rispettivamente, a 3,78 e 603 milioni. Fra il 2009 ed il 2015 la produzione di uva nei territori della Doc è aumentata del 236% e gli ettolitri del 260%. Contestualmente il valore dell’uva al quintale è salito dai 55 euro del 2009 ai 110 attuali.

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Malattie della vite: la soluzione? Intervenire sul “naso” degli insetti

Il dottore di ricerca della Fondazione Edmund Mach, Alberto Maria Cattaneo, si è aggiudicato il 31° premio Giovanni Binaghi della Società italiana di entomologia con la tesi sui meccanismi olfattivi di alcuni insetti infestanti per l’agricoltura trentina come la Carpocapsa del melo e la Tignoletta della vite. Obiettivo della ricerca è “la messa a punto di sistemi innovativi basati sull’interferenza della comunicazione fra gli insetti per difendere la vite e il melo”. La tesi di dottorato dal titolo “Alla scoperta dei meccanismi sensoriali per il controllo di due insetti infestanti: dal comportamento alle interazioni molecolari” è svolta in collaborazione tra la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige e l’Università degli Studi di Milano. Si tratta di uno studio innovativo sui sistemi di percezione sensoriale realizzato alternando esperimenti molecolari e studi elettrofisiologici condotti direttamente sulle antenne degli insetti.

IL PREMIO
Conoscere questi meccanismi – spiega Alberto Maria Cattaneo (nella foto) – permette di individuare dei target biologici su cui agire  e quindi di trovare nuovi sistemi di difesa delle piante e di controllo dei parassiti basati su sostanze naturali e che siano sempre più specifici e a basso impatto ambientale”. Laureato in Biotecnologie Agrarie a Milano, ha svolto la sua ricerca di dottorato all’interno di un progetto intitolato “controllo degli infestanti della frutta attraverso l’interazione con i canali TRP, una nuova classe di recettori sensoriali degli insetti”. Il premio bandito dalla Società Entomologica Italiana è dedicato alla memoria di Giovanni Binaghi, famoso entomologo Italiano scomparso che ha dedicato la sua vita alla diffusione dell’interesse di questa disciplina tra i giovani.

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Lombardia, Attila asiatico in trincea: 4 mila trappole contro la Popillia Japonica

La linea di difesa parte da Golasecca, poco sopra l’aeroporto di Malpensa e scende fino a Bernate, seguendo il Ticino, passando anche da Magnago, Inveruno, Robecchetto, Castano, Lonate Pozzolo, Somma Lombardo e Mesero. Sono circa 4 mila – spiega Coldiretti Lombardia – le trappole posizionate dal Servizio Fitosanitario dell’Ersaf in collaborazione con gli agricoltori per fermare l’avanzata della Popillia Japonica, il parassita asiatico in grado di colpire tutte le specie vegetali: dai prati alle piante ornamentali, dagli alberi da frutto ai vigneti. I rischi maggiori li corrono il mais, il pesco, il melo , la vite e la soia. La Popillia – spiega Coldiretti Lombardia – è uno dei parassiti più pericolosi che siano arrivati di recente sui nostri territori: il primo ritrovamento risale all’estate del 2014 a Turbigo. Negli Stati Uniti ogni anno vengono spesi oltre 600 milioni di dollari per combatterla, mentre da qualche giorno il confine occidentale della Lombardia è stato disseminato di trappole, sia floreali che sessuali, ognuna con un cartellino identificativo e con una gittata che supera il chilometro. “Se una popolazione di questi insetti finisce in un campo di soia, ti fa fuori tutto come un’ondata di cavallette – spiega Cristian Capoferri, imprenditore agricolo di Coldiretti a Turbigo – per questo è importante monitorare la situazione e fare prevenzione”.  Ma la Popillia non è l’unico “alieno” arrivato nei nostri territori, secondo un monitoraggio della Coldiretti regionale sono dieci tra insetti, rettili e pesci le minacce straniere più gravi alla biodiversità in Lombardia. La “top ten” degli invasori comprende: Popillia Japonica, tarlo asiatico, vespa del castagno, pesce siluro, testuggine dalle orecchie rosse, scoiattolo grigio nordamericano, gambero della Louisiana, minilepre, diabrotica e nutria.
“La Lombardia vanta un tesoro di oltre 23 mila specie animali e vegetali messo a repentaglio dalla progressiva avanzata di parassiti che arrivano dall’Asia e dall’America, soppiantando la flora e la fauna autoctone e provocando danni e perdite alle produzioni agricole” spiega Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti Lombardia. Basti pensare, ad esempio – ricorda la Coldiretti Lombardia – alle centinaia di migliaia di euro di danni provocati ogni anno su  terreni e canali irrigui dalla nutria, un animale di origine sudamericana ormai diffuso in tutta la Pianura Padana. L’America ci ha “regalato” anche la diabrotica che attacca il mais (produzione cardine per il sistema zootecnico lombardo), lo scoiattolo grigio che sta sfrattando il più pacifico e piccolo cugino italiano e il gambero rosso della Louisiana che ha colonizzato canali e aree umide di mezza Italia, Lombardia compresa. Nei nostri fiumi, in particolare nel Po, è sempre più frequente trovare anche il pesce siluro, una specie ittica di grandi dimensioni originaria dell’Est Europa che si nutre di pesci vivi e morti, di vermi e girini, desertificando fondali e sponde. Non possiamo dimenticare l’americana testuggine dalle orecchie rosse, inserita tra le cento specie aliene più aggressive al mondo. In totale – spiega la Coldiretti Lombardia – secondo la Banca dati mondiale delle specie invasive sono oltre 200 quelle presenti nel nostro Paese.
LA TOP TEN DEGLI INVASORI ALIENI
SPECIE ALIENA
TERRITORIO D’ORIGINE
Nutria
America
Popillia Japonica
Giappone
Tarlo Asiatico
Cina
Diabrotica
America
Scoiattolo grigio
America
Gambero della Louisiana
America
Pesce siluro
Est Europa
Minilepre
America
Testuggine dalle orecchie rosse
America
Vespa del castagno
Cina
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