Cibo, musica, intrattenimento e soprattutto Verdicchio. Da domani fino a sabato 20 Matelica celebra il suo grande bianco Dop con il Matelica wine festival. Nei calici i vini di 13 tra le principali cantine del territorio e un calendario di appuntamenti enoici targato Istituto marchigiano di tutela vini (Imt).
Si tratta di Belisario, Bisci, Borgo Paglianetto, Cavalieri, Collestefano, Colpaola, Gagliardi, Gatti, Lamelia, Maraviglia, Provima, Tenuta Piano di Rustano e Vigneto Fernando Alberto.
IL PROGRAMMA
Ogni giorno dalle 16.00, degustazioni nel foyer del Teatro Piermarini (via Umberto I, 22), mentre domani sera appuntamento a Palazzo Ottoni per una cena in corte dedicata ai 50 anni dallo sbarco sulla luna, con menù a quattro mani firmato dalla chef Serena D’Alesio, del relais Marchese del Grillo di Fabriano (An) e da Simone Scipioni, vincitore di Masterchef Italia 2018.
In abbinamento 13 diverse espressioni di Verdicchio di Matelica Doc e Verdicchio di Matelica Riserva Docg. Sul fronte entertainment, un talk show con i cuochi moderato dalla conduttrice televisiva Veronica Maya e l’esibizione di Dante Mancuso, vincitore dell’ultima edizione de La Corrida.
Sabato invece, street food in piazza Enrico Mattei con le specialità dei ristoranti matelicesi e i punti degustazione del Verdicchio di Matelica Doc e Riserva Docg (a partire dalle 20.30). Ad animare il centro storico la magia del mago illusionista Flavio Coleman e dalle 21.30 musica, con il djset di Ricky Battini e Melania Agrimano (RDS), il concerto dei Dhamm e la console notturna di Luca Rotili.
In programma anche il concorso “La vetrina più bella del Matelica wine festival”, che premia il negozio con il miglior allestimento in onore del Verdicchio di Matelica con 13 pregiate etichette dei produttori aderenti all’iniziativa.
Con 2 milioni di bottiglie prodotte nel 2018 e una superficie vitata complessiva di 235 ettari, il Verdicchio di Matelica è una Denominazione dalle dimensioni contenute ma dall’elevatissimo valore qualitativo, espressione del vitigno bianco ambasciatore dell’enologia marchigiana.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
MORRO D’ALBA – In una terra senza vie di mezzo, dove il caldo è caldo e basta e il freddo porta spesso la neve, Mario e Paolo Lucchetti hanno trovato l’equilibrio. In una cantina, la loro. Tra il mare e la collina. E con un vitigno, strepitoso: la Lacrima di Morro d’Alba.
Un autoctono dai mille volti, capace come pochi in Italia di mostrare la mano del vignaiolo. Il suo tocco, in base alle scelte compiute durante la vinificazione. Per questo il Lacrima di Morro d’Alba è il vino rosso del futuro.
Versatile e mutevole, come le scelte dei consumatori moderni, pronti a balzare da un fiore all’altro, come api. Un caleidoscopio evidente nell’assaggio di tre vini dell’Azienda agricola dell’entroterra della provincia di Ancona.
“Fiore” (etichetta nera), “Guardengo” (etichetta azzurra) e “Mariasole” (etichetta arancione). Tutti vini prodotti in purezza con quell’uva dal nome romantico, dovuto alle gocce di succo che l’acino “piange”, quando è maturo. Tre espressioni diverse di un vitigno che sembra giocare col gusto, assecondando i palati più disparati.
Con il plus del tappo: Paolo Lucchetti, infatti, ha scelto lo screw cap, il tappo a vite, per due delle tre etichette oggi sotto la nostra lente di ingrandimento. Una scelta coraggiosa, nel segno del futuro. La prova che si può cambiare, rimanendo sempre se stessi. Un po’ come il Lacrima di Morro d’Alba.
LA DEGUSTAZIONE
Lacrima di Morro d’Alba Doc 2017 “Fiore”: 87/100 Rubino poco trasparente. Naso piuttosto ruffiano, ma non per questo sgarbato o scomposto. A dominare la scena è il frutto, maturo.
Una nota d’amarena netta, ma anche di albicocca sotto sciroppo. Bel fiore, assimilabile alla rosa.
La speziatura è delicata, così come la venatura di liquirizia che fa capolino con l’ossigenazione. Ingresso di bocca austero, teso, verticale.
Una percezione “tannica” che, pur non disturbando il sorso, lo condiziona in termini di lunghezza e complessità, con il retro olfattivo giocato sulla liquirizia.
Un tannino evidente, appunto, anche al naso, nella sua fase vegetale. Un bell’inizio per comprendere le potenzialità del vitigno.
Vigne di 20 anni, con raccolta manuale a fine settembre. Diraspatura e pigiatura soffice. Vinificazione in acciaio e affinamento in vetro per 3 mesi, prima della commercializzazione.
Lacrima di Morro d’Alba Doc Superiore 2017 “Guardengo”: 90/100 Il vino più dirompente, per certi versi, della batteria. Il frutto (mora e ciliegia su tutti) è maturo e intenso. E’ intensa anche la nota “verde”, assimilabile al tannino.
Così come è netta la componente salina. Di accennata c’è solo la spezia. La fotografia di una Lacrima di Morro d’Alba giovane e di gran prospettiva.
Ingresso di bocca dirompente, scapigliato. Dritto, sulla freschezza. Duro, sul tannino e sul sale. Testardo, sull’accenno di spezia verde e nera.
Un nettare pronto ad ammansirsi in centro bocca, dove finalmente trova l’atteso equilibrio.
Lunghissimo il finale, freschissimo, tra acidità e venatura speziata, che lo rende addirittura balsamico. Una bella Lacrima d’allungo, da aspettare negli anni e da aspettare – anche oggi – nel calice, per valutarla nel gioco positivo e divertente, con l’ossigeno.
“Guardengo” è il vigneto più vecchio dell’Azienda agricola Lucchetti (40 anni), con impianto a sylvoz e guyot. I grappoli vengono raccolti a mano, a metà ottobre. Diraspatura e pigiatura soffice. Fermentazione in acciaio e successiva permanenza in cemento vetrificato per 6 mesi. Stesso periodo in bottiglia, prima della commercializzazione.
Lacrima di Morro d’Alba Doc 2016 “Mariasole”: 89/100 Rubino poco trasparente. Naso molto intenso, che vira da un principio di frutta matura (mora, lampone, ciliegia) a percezioni floreali nette, di rosa e di viola. Non manca una punta di spezia, unita a un bell’accento marino, salino.
Ingresso di bocca piuttosto verticale, fresco, per certi versi inatteso data la componente di frutta matura avvertita al naso.
In centro bocca il nettare trova la sua corrispondenza, anche grazie a un alcol che si fa sentire, ma senza disturbare.
Il tutto prima di una virata su un tannino dosato, dolce ma di prospettiva, e su una leggera vena salina che chiama il sorso successivo, in un pregevole e complesso allungo. Alla cieca, un “Amarone” del centro italia: per la compresenza tra polpa e freschezza, ma anche per la scelta di cogliere gli acini surmaturi e appassirli naturalmente in fruttaio.
Prodotta a partire dal 2007 solo nelle migliori annate, la Lacrima di Morro d’Alba “Mariasole” dell’Azienda agricola Lucchetti viene raccolta all’inizio di ottobre e macerata per 30 giorni. Il mosto resta in cemento vetrificato per 6 mesi e affina in bottiglia per 2 anni, prima della commercializzazione.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
“Con ProWein 2019, in programma a Düsseldorf dal 17 al 19 marzo, si apre la stagione di promozione del vino delle Marche, che lo scorso anno ha registrato una crescita in valore dell’export enologico del 9,5%, circa il triplo della media nazionale”.
E’ quanto dichiara il direttore dell’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt), Alberto Mazzoni, commentando i dati definivi sull’export delle regioni italiane rilasciati oggi da Istat.
“Dopo ProWein – ha proseguito Mazzoni – sarà Vinitaly il nostro hub per l’internazionalizzazione di un prodotto che secondo Istat vale 57 milioni di euro di vendite all’estero. E sarà l’occasione per riscontrare gli effetti della promozione attuata negli ultimi anni (Ocm e Psr) in rapporto alla crescita del nostro vino nel mondo attraverso uno studio affidato a Nomisma Wine Monitor”.
Ancora una volta unite sotto il segno della promozione del prodotto enologico regionale, le Marche si presentano a ProWein unite con una collettiva di 35 produttori che riunisce le aziende dei 2 consorzi regionali (Imt e Consorzio vini piceni) e rappresenta tutte le 20 Doc marchigiane.
Si aggiungono altre 23 imprese socie Imt che parteciperanno con stand propri. A Düsseldorf, in programma degustazioni e incontri b2b per un evento che attende oltre 60mila operatori e quasi 7mila espositori provenienti da tutto il mondo.
I NUMERI
Stando ai dati Istat, la buona performance del vino marchigiano è sostenuta dai mercati extra-europei che, nel corso dei 12 mesi, hanno aumentato la domanda di oltre il 20%. A trainare la volata dell’export, gli acquisti dagli Stati Uniti che, in aumento di oltre il 40% sul 2017, rappresentano da soli circa 1/3 delle vendite fuori dall’Ue.
soffiano alla Svezia (in contrazione) il podio dei “top importer“. Ottimi i risultati in Cina (+5% circa), Svizzera (+172%), Russia (+32%) e Australia (+57%), mentre anche altri mercati storici del Vecchio Continente (Germania e Regno Unito) esprimono una lieve contrazione (fonte export bevande, Istat).
Le aziende Imt nella collettiva a ProWein: Belisario, Borgo Paglianetto, Colonnara, Colpaola, Conte Leopardi Dittajuti, Crespaia, Degli Azzoni, Guerrieri, Landi, Lucarelli Roberto, Mancinelli Stefano, Piersanti, Quacquarini Alberto, Sparapani, Tenuta di Fra, Tenuta Mattei, Tenuta Santi Giacomo e Filippo, Terre Cortesi Moncaro, Terre di Serrapetrona, Venturi Roberto, Vicari, Vignamato.
Le aziende Imt a ProWein con stand propri: Cantina Ortenzi, Casalfarneto, Colognola, Fattoria Serra San Martino, Fontezoppa, Garofoli, Giusti, Lamelia, Marotti Campi, Montecappone, Monte Schiavo, Monte Torto, Morelli, Moroder, Pesaresi, Politi, Romagnoli Renato, Santa Barbara, Tavignano, Togni, Tre Castelli, Strologo, Umani Ronchi.
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(5 / 5) La vendemmia 2015 si rivela splendida per uno dei vini simbolo delle Marche in vendita nei supermercati italiani. Il Verdicchio dei Castelli di Jesi “Titulus” Fazi Battaglia, già meritevole di lodi nelle annate precedenti, guadagna quel mezzo grado in più di titolo alcolimetrico che conferisce a questo vino bianco una straordinaria morbidezza al palato. Merito della calda estate 2015 e delle conseguenti escursioni termiche, tutte da assaporare nel calice. Non si lascino impressionare, insomma, quei consumatori di vini che, al supermercato, non osano superare la soglia fatidica dei 12,5%. I 13% della vendemmia 2015 del Verdicchio Fazi Battaglia sono ben compensati, al palato, da una sapidità rigogliosa, regalo – questa volta – del terroir marchigiano. Un vino, insomma, che conserva una facilità di beva invidiabile. Ma tutt’altro che banale.
Nel calice, il Verdicchio dei Castelli di Jesi Fazi Battaglia si mostra d’un giallo paglierino deciso, limpido e trasparente. La morbidezza al palato si presagisce già dagli “archetti” che il nettare crea, facendolo ruotare nel calice. Al naso, l’impronta minerale è decisa: altro indicatore di quella che sarà la sapidità, al palato. Completano l’elegante buquet sentori floreali freschi e note d’agrumi. Sullo sfondo, a conferire ulteriore freschezza, anche percezioni vegetali di macchia mediterranea.
Al palato, ecco svelata la corrispondenza gusto-olfattiva. E’ un vino che si raccolta, di fatto, già al naso questo Verdicchio dei Castelli di Jesi “Titulus”. Che in bocca, però, sfodera la già citata morbidezza: vero e proprio velluto che accarezza le papille gustative, mentre si rincorrono percezioni minerali e agrumate. Solo in chiusura la sapidità riesce ad avere la meglio sulla glicerina, mentre avanza deciso il gusto di mandorla amara: timbro definitivo sull’eleganza di questo vino bianco.
LA VINIFICAZIONE
Colpisce, in definitiva, Fazi Battaglia, per la continuità qualitativa che riesce a conferire al Verdicchio dei Castelli di Jesi “Titulus”, di anno in anno. Superando se stessa, con la vendemmia 2015. Prodotto nella zona Classica del Verdicchio dei Castelli di Jesi, Titulus nasce solo ed esclusivamente da uve Verdicchio selezionate e raccolte a mano nei vigneti della Fazi Battaglia. Come spiega la stessa casa vinicola, si tratta di circa 250 ettari adagiati nel cuore delle colline marchigiane, ad altitudini ed esposizioni diverse e complementari. Le uve vengono raccolte a mano nei dodici appezzamenti, in momenti differenti. Per ognuno viene accertata la data ottimale di vendemmia, che per questo può durare anche dai 20 ai 25 giorni.
Ad occuparsi della raccolta è una squadra di circa 200 persone. Dopo una spremitura soffice, il mosto ricavato viene fermentato in serbatoi di acciaio inox per 15-18 giorni. Prima dell’affinamento in bottiglia, dove rimane per circa 30 giorni, il Verdicchio dei Castelli di Jesi “Titulus” riposa in vasche di acciaio per diversi mesi, necessari al raggiungimento della giusta maturazione dei profumi e della complessità al palato. Sono circa 2 milioni le bottiglie, tutte dalla classica forma ad anfora, ottenute ogni anno dalla società agricola di Castelplanio.
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Anfora, bottiglia simbolo del Verdicchio, disegnata nel 1953 dall’architetto Antonio Maiocchi ed entrata a pieno titolo nelle tipologie di bottiglie utilizzate per questo vino. Denominazione, il Verdicchio, molto apprezzata e diffusa sulle tavole degli italiani, presente sia come Doc, che come Docg nella versione Superiore. Ecco quindi, sotto la nostra lente di ingrandimento oggi il Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico, vendemmia 2014, prodotto da Colonnara a Cupramontana (An). Azienda, Colonnara, della quale abbiamo molto apprezzato il Marche Rosso Igt Tornamagno 2010 disponibile nel canale horeca, ma un po’ meno questo Verdicchio che risulta certamente bevibile, gradevole, con un adeguato rapporto qualità prezzo, ma non degno di nota. Nel calice cristallino e poco denso, ma di un colore giallo paglierino tendente al dorato che fa immaginare un vino di una certa complessità poi disattesa. Al naso, il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico, prodotto da Colonnara è delicatamente profumato e fruttato. In bocca risulta complessivamente rotondo. Abbastanza caldo, secco, fresco e sapido, caratteristica per la quale si distingue in primis. Sufficientemente elegante e persistente, manca però di un po’ di sprint. Un vino da consumare giovane, adatto alla tavola di tutti i giorni anche perché di soli 12,5% di alcol in volume. Si abbina ad antipasti di pesce, crostacei bolliti, primi piatti con sugo bianco di pesce o di crostacei o di vegetali, pesci bolliti delicatamente salsati, pesci cotti in padella con olio di oliva, rosmarino e stesso vino, carni bianche con cotture delicate, prosciutto crudo di tipo dolce, formaggi pecorini giovani. Da servire a 10-12 gradi.
LA VINIFICAZIONE Il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico prodotto da Colonnara è un vino bianco fermo prodotto dal 1964. I vigneti dai quali provengono le uve destinate alla vinificazione si trovano in una zona collinare a 350/550 metri s.l.m, nei comuni di Cupramontana, Monteroberto, Maiolati, Castelbellino, Staffolo e Apiro. I terreni sono di origine marina, di medio impasto, con punte elevate di argilla e sabbia. Le vigne sono allevate secondo il sistema doppio capovolto Sylvoze Guyot. La raccolta delle uve e manuale e la vinificazione è tradizionale in bianco con pressatura soffice, pulizia del mosto e vinificazione in acciaio a temperatura controllata. Colonnara è stata fondata nel 1959, costituita da 110 soci per un totale di 120 ettari produce una vasta gamma di vini bianchi e rossi tipici delle Marche tra cui Verdicchio, Passerina, Pecorino, Bianchello del Metauro ovvero rossi come Montepulciano, Lacrima di Morro d’Alba o Rosso del Conero.
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