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Contrassegni di Stato: cosa cambia per le fascette dei vini Doc e Docg

Caratteristiche, diciture, modalità per la fabbricazione, uso, distribuzione, controllo e costo dei contrassegni per i vini a Denominazione protetta (Doc/Dop e Docg), oltre ai dettagli operativi legati ai sistemi di controllo e tracciabilità alternativi. Contiene tutte queste informazioni il decreto attuativo dell’art.48, comma 9, del Testo Unico del Vino, firmato ieri dalla ministra Teresa Bellanova.

Un decreto atteso da tempo dalla filiera vitivinicola. “Con questo Decreto – spiega Bellanova – rafforziamo la tutela delle produzioni di eccellenza nazionale, semplifichiamo il processo di acquisizione delle cosiddette ‘fascette’, riducendo costi e tempistica, aggiungiamo un ulteriore tassello per confermare il primato della qualità”.

Si tratta di alcuni degli obiettivi prioritari ribaditi dal Ministero in accordo con l’intero settore, anche nell’incontro del gennaio scorso, finalizzato a condividere il percorso di insediamento della Cabina di Regia del Vino.

Con il Decreto si definiscono innanzitutto le caratteristiche della cosiddetta “fascetta“, recante il sigillo della Repubblica, apposta su molti vini Doc e su tutti i vini Docg, confermando la natura di “contrassegno di Stato“, a garanzia delle produzioni di eccellenza nazionali.

Nel dettaglio, il testo introduce alcune misure di semplificazione del processo di acquisizione dei contrassegni da parte degli operatori. Sensibile riduzione anche per i relativi costi, nonché per le tempistiche di distribuzione. Nell’elenco sottostante, le principali novità introdotte dal decreto attuativo dell’art.48, comma 9, del Testo Unico del Vino.

  • Riduzione dei costi dei contrassegni (da un minimo del 12 % fino ad un massimo del 20%) rispetto a quelli attualmente sostenuti dagli operatori
  • Possibilità per le aziende di ritirare uno stock di contrassegni corrispondente al quantitativo di vino atto a divenire DO detenuto dall’imbottigliatore (il precedente decreto prevedeva la consegna di fascette solo in base al prodotto certificato). In tal modo le aziende potranno avere più rapidamente a disposizione le fascette necessarie
  • Introduzione di un nuovo formato di contrassegno di piccole dimensioni per rispondere alle esigenze manifestate in tal senso dalle imprese in relazione alla varietà dei formati delle bottiglie
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Gli Editoriali news news ed eventi

La nuova moda è declassare. Così muoiono le Denominazioni del vino italiano


EDITORIALE –
Declassare uve e terreni è ormai diventata una “moda” in Italia, se non una tentazione incalzante tra i produttori. Un fenomeno che dimostra la crisi delle Denominazioni del vino italiano, che paiono contare sempre meno. Forse perché sono ormai tutto tranne che una garanzia?

In Italia, più che Doc o Docg, sono molti i produttori che virano su vini Igt o persino sul “Vino da tavola”. E non serve poi tanto chiamarlo poeticamente e religiosamente “Terregiunte“, come il “Vino d’Italia” di Vespa-Boscaini & Co, che altro non è che un Tavernello, solo col nome (e gli interpreti) più “fighi”: tanto arditi da usare il nome di una Doc e di una Docg per avvalorare un’operazione biecamente commerciale, più che enologica.

Se da un lato ci sono vignaioli che fanno di tutto per “esaltare il terroir”, e Consorzi come quello del Soave che tentano, attraverso le Unità geografiche aggiuntive, di valorizzare la tipicità dei singoli cru della Denominazione, a girar per vigne e cantine del Bel paese capita spesso di rimaner più colpiti dagli Igt che dai vini Doc o Docg.

Caso eclatante, capitato di recente durante il tour di WineMag.it in Calabria, quello di Cantina Enotria, a Cirò Marina. Igt di altissimo livello: veri, col vitigno nudo e “crudo” al naso e al palato, belli da morire. E i Doc ad uso e consumo del mercato internazionale, abituato a un gusto ormai standardizzato, che tende allo zuccherino.

Non è un caso la crescita esponenziale delle vendite dei vini a Denominazione in un settore come la Grande distribuzione organizzata. Notoriamente, chi è abituato ad acquistare vino al supermercato guarda innanzitutto il prezzo, prediligendo i vini con la “fascetta di Stato” più perché rassicurato sul fronte della contraffazione, che a garanzia di bere un vino di qualità, intesa come “rispetto” del vitigno e della Denominazione (che spesso neppure conosce).

Invece, nel mondo del vino di nicchia, spesso vale l’opposto. Il vignaiolo rinuncia alla Doc (o alla Docg) perché non ha bisogno che un disciplinare gli dica quanta uva raccogliere in quel vigneto: diraderà a priori, fottendosene della scartoffia ministeriale e consortile.

Il vignaiolo bypassa le regole dei Disciplinari perché sa che, nel 90% dei casi, il suo Igt o “Vino da tavola” vale – nel calice – più di quanto qualsiasi sgangherata e politicizzata commissione di degustazione possa sancire, durante gli assaggi dei campioni.

Lo stesso vignaiolo a cui, spesso, non viene riconosciuto il merito della valorizzazione del terroir in cui opera, costringendolo a “rivedere” ciò che è invece il semplice frutto della propria terra: magari non rispettoso dei canoni commerciali imposti dalle Denominazioni, ma veritiero del vitigno e del microclima, senza troppe correzioni enologiche, che spesso hanno tragico “effetto standardizzante“.

Succede poi che Consorzi come quello del Prosecco Superiore di Conegliano Valdobbiadene, diviso secondo indiscrezioni tra il fare “massa critica” con la Doc – unendosi persino sotto l’egida di un solo organismo, che decida della Glera veneta e friulana in maniera collegiale – o “contrastarla” eliminando addirittura la parola “Prosecco” dall’etichetta, ricerchi paradossalmente le ragioni della flessione dei prezzi delle uve (e delle vendite delle bottiglie) nel fenomeno dei vini base Glera non rivendicati.

Una presa di posizione assurda agli occhi di chiunque abbia mai provato un Igt Treviso prodotto sulle colline Unesco (dunque a Valdobbiadene, mica a San Polo di Piave) da gente come Eros Zanon, per citare solo uno che da anni non scende più a “compromessi” con nessuno, tantomeno con la politica. Nes-su-no, chiaro? E non è solo, Zanon.

In un quadro di forte incertezza per il futuro del vino italiano – stretto tra Brexit, Stati Uniti che sono più l’Eldorado di una volta e la concorrenza sempre più pressante del Nuovo Mondo – ci mancava solo il placet politico del governatore del Veneto Luca Zaia e dell’omologo pugliese Michele Emiliano al “Vino d’Italia” di Bruno Vespa e Sandro Boscaini (Masi). Un blend che, se non altro, ha il merito di diagnosticare il momento di panico.

COSA MANCA? UNA PROGRAMMAZIONE SERIA
La Doc Sicilia riduce le rese del Grillo, dopo aver scontentato molte aziende isolane col divieto di produrre vini Igt Terre Siciliane col noto vitigno isolano a bacca bianca e col Nero d’Avola (a ribellarsi sono anche “big” come Duca di Salaparuta, che di fatto continua a produrre Igt, forte di una sentenza europea a proprio favore).

Non va meglio al nord. La Doc Venezie del “fenomeno” Pinot Grigio, il Barolo, il Consorzio Asolo Montello e il Consorzio Tutela Vini Valpolicella guidato Andrea Sartori bloccano gli impianti dei nuovi vigneti per i prossimi tre anni.

Di lì a poche settimane, una delle cantine che meglio rappresenta la storia del vino veneto (Masi Agricola) annuncia di aver sostanzialmente declassato le uve Corvina, Rondinella e Molinara del proprio vino simbolo.

Si tratta di quello che la stessa cantina di Sant’Ambrogio di Valpolicella definiva fino a ieri “gigante gentile che assieme a Barolo e Brunello rappresenta l’aristocrazia dei rossi italiani”, ovvero “Costasera“. La priorità, ora, sembra essere il matrimonio “Nord-Sud” col Primitivo “Raccontami” del giornalista e conduttore tv più “plastico” della storia della Repubblica, Bruno Vespa.

Che il mondo del vino italiano stia andando verso la direzione di una “Doc Italia” è ormai chiaro a tutti. Del resto, il nostro tricolore e quella scritta “Made in Italy” sulle bottiglie (come sui sui capi d’abbigliamento) è una delle poche cose che ancora funziona del nostro Paese.

Una formula, “Made in Italy”, utile come strumento di promozione di un terroir, non di una minestra che rischia di creare ancora più confusione in un mercato già di per sé confuso e fortemente frammentato come quello del vino italiano nel mondo.

E non a caso Vespa promette (alla stampa compiacente) di vendere alla grande “Terregiunte” in Cina, Paese dove potrebbe andare a spiegare, magari assieme al signor Boscaini, le differenze tra Manduria e la Valpolicella, al posto di rovesciare semplicisticamente nello stesso calice una Docg e una Doc distanti tra loro mille chilometri.

LE RESPONSABILITÀ DELLE COMMISSIONI DI DEGUSTAZIONE
Dunque, per favore, abbiate almeno la decenza di non spacciare questa operazione come innovativa e salvifica per l’Italia del vino. Non parlate di “matrimonio” mentre sputtanate l’Amarone.

Non usate il nome di una Docg (col beneplacito delle istituzioni che costituisce l’aggravante, non il salvacondotto) per promuovere un vino che farete pagare come 30 bottiglie di una Glera Treviso Igt molto più rispettosa delle colline di Valdobbiadene (e dell’Unesco) di tanti Docg “fascettati” di zucchero.

E un altro favore, mica a me, ma al mondo del vino italiano: date un taglio alle commissioni tecniche di degustazione delle Denominazioni. Mica un taglio, inteso come “taglio”, “zac”, “tutti a casa”.

Intendo un taglio “commerciale”: fate andare a degustare i buyer (che so? Quelli della Gdo internazionale), assieme agli agronomi ed enologi nostrani, in imbarazzo a bocciare i vini dei colleghi al soldo degli imbottigliatori (etichette che poi finiscono al Lidl, con tanto di fascetta di Stato e sputtanamento della Denominazione, a 1,60 euro).

Ditelo chiaro e tondo che, in quel contesto, passano l’esame i vini destinati a un mercato di massa, o tutt’al più all’estero. Solo così si tornerò a dare centralità ai vitigni. A chi li rispetta per davvero. E a chi avrebbe voglia di vedere la Denominazione sulla propria bottiglia, al posto di rifugiarsi nell’Igt, perché nel proprio territorio crede davvero. Al di là del Dio Denaro.

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Festa del Moscato di Scanzo: 4 giorni per scoprire la Docg più piccola d’Italia

Si terrà dal 7 al 10 settembre la Festa del Moscato di Scanzo e dei sapori scanzesi. Una festa attesissima nella Bergamasca, capace di raccogliere nel piccolo Comune di Scanzorosciate migliaia di visitatori da tutta Lombardia.

Il famoso e rinomato Moscato di Scanzo, pregiato passito a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (l’unica della bergamasca e la più piccola d’Italia), sarà come ogni anno il protagonista indiscusso della manifestazione, che nel 2017 giunge alla dodicesima edizione.

IL PROGRAMMA
Un suggestivo percorso nell’affascinante borgo storico di Rosciate consentirà ai visitatori di scoprire questa perla color rosso rubino. I produttori associati alla Strada del Moscato di Scanzo proporranno in degustazione il proprio passito, assieme ad altri vini, miele, olio, formaggi e prodotti da forno, tutti provenienti dalle colline scanzesi. Non mancherà anche il prelibato gelato al Moscato di Scanzo.

La Festa del Moscato di Scanzo sarò aperta giovedì 7 settembre dal cabarettista e attore Leonardo Manera, protagonista di uno spettacolo, “Segnali di vita”, che vedrà la partecipazione di alcuni giocatori dell’Atalanta.

Si continua venerdì 8 settembre con le atlete della Foppapedretti Volley. A seguire, lo spettacolo comico dell’artista bergamasco Il Vava77 “TOURnée  Söbet 2017”.

Sabato 9 l’appuntamento sarà con la tradizionale sfilata e con il Palio del Moscato di Scanzo, una gara di pigiatura dell’uva tra contrade, disputata dai bambini delle scuole materne di Scanzorosciate. Sempre per i più piccoli, dalle 17.00, ci sarà la possibilità di incontrare e vedere all’opera il fumettista Luca Rota Nodari, creatore della mascotte del Moscato di Scanzo, il Mosgatto e del suo fumetto.

Alle 18:30, si terrà il consueto momento istituzionale con uno show-cooking nel teatro dell’oratorio di Rosciate, condotto dallo Chef della Nazionale Italiana Cuochi Francesco Gotti e lo Chef della Nazionale Italiana Cuochi Junior Andrea Tiziani: sotto i riflettori i prodotti delle Terre del Vescovado. Durante lo show-cooking il servizio per la degustazione del Moscato di Scanzo sarà gestito da Onav Bergamo.

SAPORI E SPORT
La mattina di domenica 10 grande appuntamento con la seconda edizione della “Moscato di Scanzo Trail”, una gara di corsa tra colline, vigne e cantine di Scanzorosciate, alla scoperta di paesaggi mozzafiato. Verrà proposta anche la “Moscato di Scanzo Family Walk”, versione non agonistica della corsa con un percorso più “soft”.

Durante la mattinata si terranno anche le tradizionali camminate guidate lungo gli itinerari della Strada del Moscato (su prenotazione). Esperte guide del territorio accompagneranno i visitatori tra borghi, chiese, vigne e cascine alla scoperta del suggestivo territorio di Scanzorosciate e dei luoghi del Moscato.

Nel pomeriggio l’associazione culturale musicale Rataplam si esibirà in “Storie bergamasche cantate” e balli popolari, inoltre, nelle vie del borgo si terranno gli interventi teatrali a cura di Erbamil. Alle 18:00, in Piazza Alberico, si terrà in contemporanea mondiale il #Fencingmob 2017 – Flash mob di scherma, a cura di Scherma Bergamo.

LA MUSICA
A fare da cornice della Festa del Moscato di Scanzo sarà poi il tradizionale binomio tra vino d’eccellenza e musica di qualità: per tutta la durata della Festa, le vie del borgo saranno animate dai ritmi di 15 gruppi musicali che spazieranno dal rock al pop internazionale fino alla musica leggera italiana e alla nuova proposta di musica underground.

Oltre ai corner musicali che saranno allestiti lungo le vie del borgo, sul palco principale di Piazza Alberico si esibiranno 3 big: giovedì, musica internazionale con i “BBBand”; sabato, tributo ufficiale ai Pooh con i “Boomerang”; domenica, i grandi successi Pop & Rock con gli “Hi Five”. Grande novità per l’edizione 2017 sarà la nuova rassegna musicale underground “In vino veritas”, con la direzione artistica dell’associazione Sotto Alt(r)a Quota, nelle figure di Michela Benaglia e Andrea Manzoni.

Una proposta originale e di qualità che si dirama su due palchi, elettrico e acustico, per dar vita a una nuova rassegna musicale tra le vie del Moscato di Scanzo. Due atmosfere ben distinte e nove artisti, che alle spalle hanno una ricerca musicale personale e un approccio innovativo e sperimentale.

Dal cuore di piazza Alberico la festa continuerà in via degli Orti, coinvolgendo sia la struttura scolastica sia il piazzale. Nel parco della scuola media l’Orto didattico più grande d’Italia, mentre nella struttura scolastica verranno proposti concerti, corsi e laboratori con Fisar (Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori), Ais (Associazione Italiana Sommelier) e il Laboratorio del Gusto con Slow Food Bergamo.

Per i visitatori della Festa del Moscato sarà presente anche quest’anno un’area ristoro con piatti tradizionali e grigliate, affiancato da altri 3 punti food dove sarà possibile fare spuntini e pasti veloci a base di prodotti locali.

Per l’edizione 2017 è confermato servizio navetta gratuito messo a disposizione dal Comune di Scanzorosciate in collaborazione con ATB, che permetterà ai visitatori di lasciare la macchina nei parcheggi convenzionati e di raggiungere comodamente la Festa (per maggiori informazioni www.festadelmoscato.it).

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