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Vini al supermercato

Vini al super e pandemia: torna di moda il bottiglione e crescono i vini di fascia alta

“Vecchio bottiglione, quanto tempo è passato. Quanti ricordi fai rivivere tu, quante canzoni…”.  Avesse avuto una colonna sonora, quella dell’incontro “Vino e grande distribuzione di fronte al cambiamento” avrebbe suonato, più o meno, così. A dire che sulla tavola degli italiani torna di moda il bottiglione da 1,5 litri, ancor più di quanto crescano i vini di fascia alta, è una ricerca condotta da Iri sugli acquisti di vini al super – ovvero nel canale Gdo – nei primi 10 mesi del 2020.

Un focus sui riflessi dell’emergenza Covid-19 sui consumi di vino “pop” e non solo nel Bel paese, in un periodo segnato da misure restrittive che hanno coinvolto quasi esclusivamente l’Horeca, lambendo solo di striscio alcune insegne del retail, in alcune regioni (vedi il clamoroso caso della Lombardia).

Inevitabile, dunque, la crescita della Gdo. Ma fino a che punto? A rispondere, durante l’incontro digital organizzato nell’ambito di Wine2WineVinitaly 2020, è stato Virgilio Romano, Business Insight Director di Iri.

La crescita rispetto al 2019 è stata del 5,3% per il vino fermo e del 10,4% per gli spumanti. In leggera crescita i prezzi medi registrati a scaffale nei primi 10 mesi del 2020: +1,4%. La crescita maggiore del segmento si è registrata nel primo semestre, che non a caso è coinciso con il primo lockdown da Coronavirus.

A luglio, agosto e settembre, il trend si è riallineato non solo al 2019, ma agli anni precedenti. La seconda ondata di positivi al Covid-19, a ottobre è coinciso col nuovo balzo in avanti del vino al supermercato, rispetto all’anno precedente. Curva del virus e Horeca ridotto all’osso, insomma, hanno inciso sulle performance enologiche della Grande distribuzione.

Il dato complessivo recisa un + 6,9% a valore + 5,3% a volume, nei primi 10 mesi del 2020. Nei mesi di marzo, aprile, maggio e giugno, gli italiani hanno acquistato 20 milioni di litri in più rispetto a 2019 in Gdo.

Cifre sbalorditive anche per gli spumanti, tra croce e delizia: le bollicine italiane vendute dai retailer, sempre secondo la ricerca Iri, sono riuscite a ribaltare il dato negativo (2 milioni di litri in meno) del periodo pasquale (meno aggregazione, meno feste in famiglia, meno brindisi a causa di Covid-19 e relativi Dpcm) e sarebbero in corsa per il record assoluto di consumi in questo 2020.

Curiosa anche la crescita del libero servizio piccolo, ovvero dell’acquisto a scaffale in punti vendita di superficie compresa tra i 100 e i 400 metri quadrati: questo il “cluster” che è cresciuto di più, grazie alla presenza di numerosi punti vendita nei centri urbani, facilmente raggiungibili anche a fronte delle misure restrittive.

Il libero servizio piccolo, grazie alla pandemia cresce del 3,2% da inizio anno. Quanto alle categorie merceologiche, sono i vini da tavola quelli che hanno registrato l’incremento maggiore delle vendite. Al contempo, le prime cinque categorie prezzo (a partire dal top di gamma) sono quelle che hanno perso di più.

Crescono in misura maggiore – e questa è una buona notizia per il potenziale ingresso in Gdo di vini sino ad ora riservati esclusivamente all’Horeca dalle cantine italiane – i vini tra i 3 e i 10 euro, quelli cioè nella pancia dell’assortimento di un supermercato medio.

Alto trend positivo quello della marca del distributore (Mdd), ovvero la Private label. Le insegne che vi hanno investito negli ultimi anni (Coop e Gruppo Selex, per citarne due) hanno registrato durante i primi 10 mesi del 2020 la crescita più alta assoluta: + 8,7% vino e + 10,8% gli spumanti. Tra i formati, a colpire è la crescita del bottiglione: + 29,6% il formato da 1,50 litri, in calo vertiginoso negli ultimi 10 anni.

La ricerca presentata da Virgilio Romano ha messo in luce anche l’aumento delle vendite online. Lo studio condotto da Iri con l’Università Cattolica di Milano ha dimostrato che il 52,1% degli acquisti sul canale è stato compiuto per la prima volta assoluta da molti utenti durante la pandemia.

Tra questi, la metà continuerà a fare acquisti online. L’e-commerce pesava nel 2019 lo 0,6% delle vendite di vino: nei primi dieci mesi del 2020 vale l’1,1%. Un dato che le imprese del settore più attente non possono più mettere sotto lo zerbino. Se non altro in un ottica di diversificazione, resa ancora più necessaria dalle chiusure dell’Horeca, a livello internazionale.

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Vini al supermercato

Patto sul vino in Gdo: i supermercati aprono le porte alle etichette Horeca

La Grande distribuzione, ovvero il mondo dei supermercati, apre le porte alle etichette di vino Horeca, ovvero a quei vini top di gamma sin ora riservati dalle cantine italiane a enoteche e ristorazione. È quanto emerge dall’incontro online andato in scena a Wine2Wine, versione digitale di Vinitaly 2020.

Una necessità già prospettata dal nostro network di testate (Vinialsupermercato.it e WineMag.it, incentrate rispettivamente su Gdo e Horeca) in occasione del primo lockdown, attraverso la proposta di un “Patto sul Vino in Gdo” che coinvolgesse realtà produttive sin ora escluse della distribuzione moderna.

La Grande distribuzione come “arma” del vino italiano, contro dazi e virus: perché no?

Ospiti del dibattito, intitolato “Vino e grande distribuzione di fronte al cambiamento”, oltre a Virgilio Romano dell’Istituto di Ricerca IRI, anche Mirko Baggio, Responsabile vendite Gdo di Villa Sandi e membro di Federvini ed Enrico Gobino, Marketing Director del Gruppo Mondodelvino e membro di Unione Italiana Vini.

Per il Retail: Gianmaria Polti, Responsabile Beverage – Carrefour; Alessandra Corsi, Direttore marketing dell’offerta e Mdd – Conad; Francesco Scarcelli, Responsabile Vini, Birre, Bevande Alcoliche Coop Italia e Fabio Sordi, Direttore commerciale del Gruppo Selex.

Alla base della conferma dell’apertura della Grande distribuzione nei confronti delle etichette Horeca ci sono i dati di vendita del vino italiano nei supermercati, durante i primi 10 mesi del 2020.

Come sottolineato dalla ricerca Iri presentata da Virgilio Romano, a subire l’incremento maggiore dall’inizio dell’emergenza Covid-19 sono stati i vini di fascia medio alta, con un prezzo compreso tra i 3 e i 10 euro.

Importante, più in generale, l’incremento a valore rispetto al 2019 (+6,4%) e in volume (+5,4%), che portano ad oltre il 50% il dominio della Gdo tra i player della distribuzione (l’online è cresciuto sino a quota 1,1%).

Vignaioli in Gdo, missione possibile. Il buyer Vino di Coop Italia: “Aperti al dialogo”

Come già dichiarato a WineMag.it il 9 maggio, il category Francesco Scarcelli ha ribadito la disponibilità di Coop a trattare con le cantine italiane sino ad ora concentrate sull’Horeca, a patto che “il rapporto sia duraturo e ci si concentri sulla creazione di dinamiche a medio lungo periodo”.

“Non abbiamo bisogno di ulteriori etichette dedicate dalle cantine alla Gdo – ha sottolineato – ma di etichette con una storicità e un nome già riconosciuto nell’Horeca, da poter mettere a scaffale. Sarà poi compito delle insegne valolizzarle a dovere, in primis sul fronte di un prezzo congruo”.

“La nostra esperienza con la marca privata ‘Fior Fiore Coop’, del resto, che con Amarone, Brunello e Barolo supera i 25 euro, ci dimostra che il consumatore è disposto a spendere per vini di cui conosce la tradizione e il valore”, ha precisato Scarcelli.

Dello stesso parere Gianmaria Polti di Carrefour: “Stiamo assistendo a un trade-up degli acquisti, con i vini tra i 7 e i 10 euro che subiscono l’incremento maggiore nelle vendite. Per negoziare bisogna avere una controparte che, sino ad ora, è mancata: sono mancate le cantine blasonate, sempre rimaste diffidenti nei confronti della Grande distribuzione, a torto o ragione”.

“La pandemia – ha aggiunto Polti – ha cambiato gli scenari: oggi assistiamo all’avvicinamento di una buona parte di queste cantine alla Gdo, che non snobbano più questo canale in grado di svolgere un ruolo importante in questi mesi segnati dal Covid-19”.

Secondo Polti, “la negoziazione tra cantine e Grande distribuzione non deve più spaventare”. Una prova? “Nell’ultimo mese – ha sottoineato il category di Carrefour – abbiamo venduto più Prosecco Docg che Doc. Invito quindi le cantine operanti nell’Horeca ad avvicinarsi alla Gdo: il nostro scaffale ha già iniziato fare spazio a etichette importanti e siamo convinti di continuare su questa strada”.

Dello stesso avviso Alessandra Corsi di Conad: “Continueremo in questo trend – ha evidenziato – forti anche del fatto che sono i nostri clienti a chiederci sempre maggiore qualità, non solo nel segmento vino. Presto, di fatto, saranno presenti a scaffale nuove etichette precedentemente riservate da alcune cantine esclusivamente all’Horeca. Invito anche io le aziende a seguirci, dal momento che i consumatori sono ormai pronti a trovare vini di qualità in Gdo”.

Fabio Sordi di Selex: “I nostri category sono certificati sommelier – ha sottolineato – e siamo dunque abituati a considerare la qualità e non solo il prezzo. La vera sfida sarà quella di riuscire a comunicare con i clienti, con un linguaggio comprensibile anche dai non esperti e con degli scaffali sempre più leggibili“.

Positivi i riscontri dall’altra parte della barricata. “La Gdo in Italia è sempre stata vista con un po’ di snobismo – ha affermato Enrico Gobino di Mondodelvino Spa – un canale di serie B rispetto a quello tradizionale. Nel resto del mondo non è così”.

“Considerando la Gdo in ambito di diversificazione multicanale – ha aggiunto – molti potrebbero trarne beneficio, ma la Gdo deve venire incontro alle cantine sul fronte del rispetto del prezzo e di una ‘promozionalità’ non aggressiva, che preservino la storia di valore della singola etichetta”.

Mirko Baggio della veneta Villa Sandi ha confermato l’opinione del collega produttore: “L’ingresso delle etichette Horeca in Gdo è un argomento molto sentito. Il dato positivo della crescita dei vini tra i 7 e 10 euro dimostra che c’è sempre più spazio per le etichette di qualità nella Grande distribuzione. Ciò che paga, sempre più, è il rapporto qualità prezzo, non solo la mera logica del prezzo e della promo”. Si attendono dunque le prime mosse.

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Roadshow dei Vini dell’Alto Adige 2020: il Consorzio porta la montagna in otto città

Il Consorzio Vini Alto Adige percorrerà oltre 6 mila chilometri per raggiungere Milano, Roma, Firenze, Bologna e Napoli, Palermo, Ferrara e Genova, partendo da Bolzano. Otto tra le maggiori città d’Italia verranno quindi coinvolte nel Roadshow dei Vini dell’Alto Adige, una serie di appuntamenti pensati dal Consorzio “per raggiungere gli operatori del settore”, persi di vista a causa dell’annullamento di molti eventi di settore.

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“Abbiamo scelto di dare un segnale all’Italia: l’Alto Adige c’è ed è pronto a rimboccarsi le maniche e a macinare chilometri per incontrare tutti quegli operatori che, per le cause che tutti conosciamo, non sono potuti venire a conoscere i nostri vini in occasione di fiere di settore come Vinitaly o Prowein“, spiega Eduard Bernhart, Direttore del Consorzio Vini Alto Adige.

Il format potrà coinvolgere in ogni tappa fino ad 80 partecipanti suddivisi in due seminari distinti della durata di un’ora e mezza ciascuno. Il Roadshow, ospitato da strutture alberghiere di alto livello, offrirà ai partecipanti non soltanto la possibilità di degustare 10 tra le migliori referenze dell’Alto Adige, ma garantirà anche lo svolgersi dei seminari in totale sicurezza e nel rispetto delle normative anti Covid-19 vigenti.

La partecipazione ai seminari è riservata agli operatori del settore come enotecari, ristoratori, distributori e giornalisti, previa registrazione sulla piattaforma Eventbrite.

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Coronavirus, Fivi rumors: salta il Mercato 2020 dei Vini dei Vignaioli di Piacenza?

Il Mercato dei Vini dei Vignaioli indipendenti Fivi di Piacenza 2020 potrebbe essere l’ultima vittima illustre di Coronavirus, tra le manifestazioni a carattere enologico. Il direttivo della Federazione italiana vignaioli indipendenti sta infatti valutando l’ipotesi di organizzare una “fiera virtuale”, al posto della X edizione all’Expo di via Tirotti (28-30 novembre).

Una soluzione alternativa a una kermesse che, di anno in anno, straccia i record di presenze. Ben 22.500 gli ingressi, tra professionisti e winelovers, alla tre giorni del Mercato di Piacenza 2019 (23-25 novembre), con un giorno in più a disposizione dei vignaioli per far esibire i loro gioielli artigianali (qui i migliori assaggi). Nel 2018 erano stati 18.500 gli accessi, mentre nel 2017 15 mila.

A contribuire alla ricerca di una soluzione alternativa sarebbero soprattutto i numeri relativi ai contagi registrati in Emilia Romagna, al terzo posto in Italia tra le regioni più colpite dalla pandemia Coronavirus, al terzo posto dopo Lombardia e Piemonte.

Quanto alla maggiore delle fiere del vino italiano annullate, Vinitaly 2020, i soci Fivi sono ancora in attesa di una risposta da parte di Veronafiere per la restituzione delle quote. Dopo la richiesta ufficiale di annullare l’edizione della fiera di Verona, presentata l’11 marzo 2020, la Federazione italiana vignaioli indipendenti ha aperto il dialogo con il Cda del gruppo veronese.

La richiesta è quella di restituzione delle quote a saldo già versate dai soci che avrebbero partecipato alla collettiva Fivi di Vinitaly 2020, mentre l’acconto potrà essere trattenuto per l’edizione 2021. Al silenzio di Veronafiere, la Federazione italiana vignaioli indipendenti ha risposto inoltrando nuovamente la lettera, il 22 aprile scorso.

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Coronavirus: l’Umbria chiede la restituzione delle spese di ProWein e Vinitaly 2020

“Nonostante le rassicurazioni, Umbria Top Wine non ha avuto risposte ufficiali né da Veronafiere per Vinitaly 2020 né dagli organizzatori di Prowein 2020 sulla questione rimborsi degli investimenti. Senza considerare i danni indiretti per i quali è difficile calcolarne il valore, in quanto le aziende, e l’Umbria del vino in generale, hanno perso due momenti annuali importantissimi in termini di contatti, pubbliche relazioni, contratti commerciali ed immagine”. Così Massimo Sepiacci, presidente di Umbria Top Wine, a poche ore dall’annuncio di Veronafiere dell’annullamento di Vinitaly 2020 a causa dell’emergenza Coronavirus, che fa seguito a quello di Messe Düsseldorf con Prowein 2020.

“Condividiamo la scelta di Veronafiere di annullare il Vinitaly – continua Sepiacci – ma aspettiamo fiduciosi rassicurazioni in merito da parte della Regione Umbria, per un supporto nel rimodulare i piani previsti per l’internazionalizzazione vista l’emergenza Covid-19″.

Una situazione difficile, che sta mettendo a rischio 35 milioni di euro di export per il vino umbro, secondo i dati Istat riferiti al 2019. In particolare, sarebbero state 60 le cantine umbre presenti a Verona, 29 alla Prowein 2020.

In ballo, fa notare il presidente di Umbria Top Wines, ci sono “gli investimenti già effettuati, come prenotazioni hotel con camere già pagate, spese di utilizzo di servizi in fiera, contabilità, lavoro del personale Umbria top, e l’impegno con Veronafiere che era stato assunto grazie ad un accordo biennale e programmato attraverso il PSR dell’Umbria”.

“Alla regione – continua Massimo Sepiacci – era stato infatti riservato anche per quest’anno lo stesso spazio, logisticamente ed in termini di metrature, che occupava ormai dal 2016, con lo stile e le basi dell’allestimento usato per il 2019”.

Diverso l’impegno alla Prowein Trade Fair 2020. “Ad Umbria Top – spiega il presidente – veniva riservato, come ormai da anni, uno spazio che si trova all’interno del Padiglione Italia. Con Messe Düsseldorf è quindi in corso una interlocuzione, vista la disponibilità a tenere le spese effettuate per quest’anno valide per il prossimo“.

“Ma al momento si fa solo cenno alla possibilità che tutti gli investimenti fatti, qualora lo si desideri, possano essere considerati ‘congelati’ per il 2021 – chiosa Sepiacci – e che per tutti gli altri servizi si avranno notizie. Gli sforzi sono molti per recuperare il recuperabile, al cospetto di un pool di referenti che non dà alcun tipo di risposta“.

Tante le spese andate comunque perdute. “Dai materiali grafici già pronti ed imballati per l’allestimento – evidenzia il presidente di Umbria Top Wine – ai vini già in bancali pronti per essere spediti; dagli hotels e i voli già acquistati e pagati, con spese anticipate che solo in alcuni casi saranno rimborsati per giusta causa, alle spese di utilizzo di servizi in fiera già sostenuti, come allacci elettrici, idrici, calici per le degustazioni, hostess”.

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Veronafiere annulla Vinitaly 2020. Appuntamento a Verona nel 2021

Per la prima volta nella propria storia, anche Vinitaly dovrà posticipare la sua 54ª edizione: quella, appunto, del 2020. Lo annuncia Veronafiere, al termine di settimane di polemiche. Con essa sono rinviate anche le concomitanti Sol&Agrifood ed Enolitech. Le nuove date delle manifestazioni sono perciò riprogrammate al 18-21 aprile 2021, mentre Veronafiere concentrerà la seconda parte dell’anno 2020 al “sostegno del business delle aziende italiane sui mercati”.

“La decisione del riposizionamento di Vinitaly al 2021 – informa l’ente fiera di Verona – è stata presa d’intesa con i rappresentanti delle associazioni di settore: Ernesto Abbona, presidente di Unione Italiana Vini, Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc, Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi, Sandro Boscaini, presidente di Federvini e Luca Rigotti, coordinatore settore vino Alleanza Cooperative, e Matilde Poggi, presidente di Fivi“.

Per il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani: “Il post emergenza per noi si chiama rinascita, che fino all’ultimo abbiamo continuato a confidare potesse avvenire a giugno. Ma la crisi sanitaria si è, come evidente a tutti, decisamente inasprita e ciò che inizialmente sembrava possibile ora non lo è più”.

“In accordo con le organizzazioni di filiera – continua Mantovani – Vinitaly, Sol&Agrifood ed Enolitech si spostano quindi al prossimo anno. Per questo, oltre a lavorare con investimenti straordinari sui nostri eventi internazionali Vinitaly Chengdu, Vinitaly China Road Show, Wine South America (23-25 settembre 2020), Vinitaly Russia (26 e 28 ottobre 2020), Vinitaly Hong Kong (5-7 novembre 2020), Wine To Asia (9-11 novembre 2020) e le iniziative della Vinitaly International Academy, ci mettiamo a disposizione del settore e del sistema della promozione per considerare la realizzazione di un evento innovativo il prossimo autunno a servizio delle aziende”.

Veronafiere, in quanto organizzatore diretto delle proprie rassegne, a causa dell’epidemia di Coronavirus, ha dovuto riposizionare nel giro di due settimane un calendario di eventi che ne conta circa 70 in programma nel corso dell’anno tra Italia ed estero, alcuni fortemente radicati nella loro stagionalità.

Di seguito il calendario con i principali eventi organizzati direttamente da Veronafiere o da terzi che hanno subito modifiche.

EVENTO ITALIA DATA IN CALENDARIO NUOVA DATA
Model Expo Italy – Elettroexpo 7-8 marzo 2020 21-22 novembre 2020
SportExpo 6-8 marzo 2020 Posticipato a data da definire
Samoter – Asphaltica -ICCX Southern Europe 16 -20 maggio 2020 21-25 ottobre 2020
LetExpo 16-20 maggio 2020 Posticipato a data da definire
Automotive Dealer Day 19-21 maggio 2020 15-17 settembre 2020
Veronafil 22-24 maggio 2020 21-23 maggio 2021
Verona Mineral Show Geo business 22-24 maggio 2020 21-23 maggio 2021
Vinitaly – Sol&Agrifood – Enolitech 14-17 giugno 2020 18-21 aprile 2021
Innovabiomed 15-16 giugno 2020 Posticipato a data da definire
Art Verona 16-18 ottobre 2020 11-13 dicembre 2020
Oil&NonOil 20-22 ottobre 2020 21-23 ottobre 2020

 

EVENTO ESTERO DATA IN CALENDARIO NUOVA DATA
Vinitaly Chengdu 22-25 marzo 2020 Posticipato a luglio 2020
Fieragricola Marocco @Siam 14-19 febbraio 2020 Annullato
Living Italy @Design Shanghai 12-15 marzo 2020 26-29 maggio 2020
Bellavita Expo Varsavia 21-23 aprile 2020 30 giugno-2 luglio 2020
Vinitaly China – Road Show 15-19 giugno 2020 Posticipato
Bellavita Expo Amburgo 20-24 giugno 2020 12-16 marzo 2021
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Prowein, Vinitaly, vino tedesco: 10 domande a Monika Reule (German Wine Institute)

Nessun giro di parole, nessuna risposta di circostanza. Monika Reule, Managing Director del Deutsches Weininstitut (DWI – German Wine Institute), l’organizzazione che si occupa della comunicazione e del marketing dell’industria del vino in Germania, risponde alle 10 domande di WineMag.it e disegna i contorni di una Prowein Trade Fair 2020 sfumata al 2021. Reule non sfugge neppure a un commento sulla scelta di Veronafiere di posticipare Vinitaly a giugno: “È destinato ad essere cancellato – sostiene – alla luce degli sviluppi dell’emergenza Coronavirus Covid-19“.

Dalle risposte, sincere e schiette, emerge tuttavia il peso differente che le due “Fiere” del vino hanno nei rispettivi Paesi. Sbagliato, dunque, considerare il “modello tedesco” (rinvio al 2021) come un esempio assoluto, specie dal punto di vista etico. ProWein, per la Germania, non vale quanto Vinitaly per l’Italia.

Lo dicono i numeri di un comparto, quello del vino, che nel Bel paese vale circa 11 miliardi di euro, ovvero l’8% circa dell’intero segmento Food&Beverage. Sono circa 2 mila le imprese attive, capaci di generare 6,4 miliardi di export. I tedeschi si fermano a poco più di 300 milioni di euro, cifra record assoluta stilata nel 2019. Di seguito l’intervista integrale, disponibile anche in lingua inglese.

  • Monika Reule, può chiarire ai lettori italiani qual è lo scopo del Deutsches Weininstitut (DWI)?

Il Deutsches Weininstitut (DWI), o German Wine Institute, è l’organizzazione di comunicazione e marketing dell’industria vinicola tedesca, responsabile della promozione generica della qualità e delle vendite del vino tedesco sul territorio nazionale e all’estero.

In primo luogo, si tratta di relazioni con la stampa e pubbliche relazioni; realizzazione di campagne informative, compresi eventi dedicati; partecipazione a fiere nazionali e internazionali, nonché organizzazione di presentazioni ed eventi enologici in tutto il mondo, in collaborazione con produttori di vino tedeschi.

Inoltre, l’Istituto tedesco del vino fornisce regolarmente servizi di informazione e pubblica opuscoli informativi, pubblicazioni e materiale promozionale; conduce programmi di formazione e seminari, in particolare per l’industria del vino e dell’ospitalità, nonché ricerche di mercato.

DWI fornisce inoltre consulenza all’industria vinicola su questioni relative alla promozione delle vendite nazionali e internazionali. Oltre alla sede dell’istituto a Bodenheim, ci sono uffici “Wines of Germany” in 14 importanti mercati esteri per le esportazioni di vino.

  • Quali sono le dimensioni del settore vitivinicolo tedesco?

La Germania ha 13 regioni viticole con una superficie totale di vigneto di 103.079 ettari (2019). Due terzi dei vigneti sono coltivati ​​a varietà di vino bianco (68.911 ha). Il Riesling è la più importante varietà di vino bianco tedesco (24000 ha).

Circa il 40 percento di tutti i Riesling nel mondo proviene dalla Germania. In termini di vino rosso, il Pinot Nero (Spätburgunder) è la varietà più importante. Con una superficie di 11.700 ettari, la Germania è il terzo produttore di Pinot Nero al mondo. La media decennale della vendemmia in Germania è di 8,8 milioni di ettolitri.

Tutte le 13 regioni viticole tedesche sono classificate come Denominazione di Origine Protetta (Dop). Una media dell’88% di tutti i vini tedeschi soddisfa lo standard di qualità Dop. L’anno scorso i vini Dop hanno raggiunto una produzione di 7,6 milioni di ettolitri in totale. Sono generalmente etichettati come “Qualitätswein” (vino di qualità) o “Prädikatswein” (“Spätlese” o “Auslese”).

Tutti i vini Dop subiscono analisi annuali di controllo qualità. La quota rimanente è commercializzata come vino a Indicazione geografica protetta (Pdi) etichettata anche come “Landwein”, o come “vino tedesco”, senza alcuna indicazione geografica. In media un milione di ettolitri di vini tedeschi sono stati esportati negli ultimi cinque anni.

Nel 2019 il valore totale delle esportazioni è stato di 305 milioni di euro. Gli Stati Uniti sono il più importante mercato di esportazione del vino in Germania: nel 2019, l’obiettivo delle esportazioni di vino tedesco negli Usa era di 65 milioni di euro, pari al 22%.

Al numero due la Norvegia (26 milioni di euro) seguita da Regno Unito e Paesi Bassi (25 milioni di euro ciascuno). Il valore delle esportazioni di vino verso il quinto mercato di esportazione più importante della Germania, la Cina, è di 17 milioni di euro.

  • Quanto vale il giro d’affari del vino, in Germania?

Il mercato del vino tedesco ha un volume totale di 19,5 milioni di ettolitri, suddiviso in 16,7 milioni di ettolitri e 2,8 milioni di hl di vino frizzante. Il consumo pro capite di vino è di 20,1 litri, più 3,3 litri di vino spumante. La Germania è il più grande mercato di consumo di vino spumante al mondo.

Per quanto riguarda la produzione e il consumo di vino tedeschi, la Germania non può produrre abbastanza vino per il mercato interno. L’anno scorso i vini tedeschi avevano una quota di mercato del 45% degli acquisti totali di vino.

Tra i fornitori internazionali, i vini italiani risultano molto richiesti, con una quota di mercato del 16%, seguiti da quelli francesi, con il 12%, e da quelli provenienti dalla Spagna, con il 9%.

A causa di tale situazione di mercato, la Germania è il più grande Paese importatore di vino al mondo e il mercato del vino tedesco è molto competitivo. L’anno scorso sono stati importati 14,6 milioni di hl, per un valore di 2,5 miliardi di euro. I vini italiani hanno la quota maggiore con 5,55 milioni di hl, per un valore di 925 milioni di euro.

  • ProWein rinviato al 2021: quali conseguenze dal punto di vista economico, secondo il Deutsches Weininstitut?

Oggi è ancora troppo presto per stimare le conseguenze economiche del rinvio di ProWein per le aziende vinicole tedesche. Con il rinvio della fiera al 2021, quest’anno manca un’importante piattaforma nazionale e internazionale per il settore vitivinicolo tedesco sui mercati nazionali ed esteri.

In alternativa, molti produttori inviano campioni dei loro nuovi vini ai loro clienti per posta, o presentano i loro vini tramite videoconferenze. Numerosi visitatori, soprattutto dall’Europa, hanno anche preso appuntamenti con i nostri produttori di vino nelle cantine, perché i voli per la Germania erano stati ormai prenotati.

  • Cosa significa ProWein per il Deutsches Weininstitut?

Il German Wine Institute è lo sponsor concettuale della fiera ProWein e sosteniamo appieno la decisione del suo rinvio. ProWein è la fiera del vino più importante del mondo. La consideriamo una piattaforma ideale per informare rivenditori, acquirenti e sommelier internazionali sulle tendenze e le innovazioni attuali delle regioni vinicole tedesche. Quest’anno, per esempio, abbiamo voluto attirare l’attenzione del pubblico commerciale tedesco e internazionale sui vini rosati e biologici delle regioni vinicole tedesche.

  • Pensa che il “business del vino” tedesco e quello italiano possano essere messi a confronto?

No, penso che le differenze siano troppo grandi. L’Italia produce molto più vino della Germania ed è il più maggiore produttore di vino al mondo. La Germania contribuisce solo all’1,4% alla produzione mondiale di vino.

  • Cosa pensa della decisione di Vinitaly (Veronafiere) di rinviare la fiera a giugno?

Non credo che il rinvio sarà confermato, alla luce degli sviluppi più recenti (dell’emergenza Coronavirus Covid-19, ndr) in Italia. Ma spetta agli organizzatori di Vinitaly decidere su questo. Durante la discussione su un possibile rinvio della fiera ProWein, il business del vino tedesco non ha sostenuto affatto questa opzione.

  • Quale pensa possa essere la risposta dei buyer tedeschi per Vinitaly a giugno?

Non abbiamo alcuna informazione al riguardo.

  • Quali sono i “punti chiave” per i produttori di vino tedeschi, nel 2020 e nei prossimi anni?

A causa dei cambiamenti climatici e delle temperature in aumento, è importante che i produttori di vino tedeschi mantengano la leggerezza e la freschezza come caratteristiche distintive dei loro vini bianchi, perché i consumatori preferiscono questo tipo di vino. Inoltre, le condizioni meteorologiche estreme sfidano il business del vino tedesco.

Secondo i dati in possesso del Deutsches Weininstitut, gli esportatori tedeschi di vino prevedono quest’anno una maggiore concorrenza sui mercati internazionali del vino, in particolare in considerazione delle tariffe commerciali statunitensi del 25% sui vini tedeschi, dell’impatto della Brexit e delle incertezze presentate dal Coronavirus.

  • Esiste un nuovo “stile” o una “nuova tendenza” rilevante nella produzione vinicola tedesca?

I vini delle regioni tedesche vengono sempre più offerti in stili “secchi”. La quota di vini secchi “Qualitätswein” e “Prädikat” è arrivata al 48% nel 2018. Nel 2000, solo un terzo dei vini è stato imbottigliato in questo stile. D’altro canto, la percentuale di vini medio-secchi al 21% è rimasta sostanzialmente invariata per quasi 20 anni.

Lo stile e l’immagine del vino rosato tedesco sono cambiati significativamente negli ultimi anni. Oggi, l’attuale generazione dei nostri rosati convince con molta più frutta e carattere. Inoltre, sono sempre più posizionati nel segmento “premium”. Oltre a ciò, non sono più semplicemente percepiti come puri vini estivi.

Sono invece apprezzati durante tutto l’anno, in tutte le fasce demografiche dei consumatori. Negli ultimi anni, il 10% di tutti i vini acquistati in Germania erano rosati. Infine, la produzione tedesca “Sekt” ha registrato un notevole aumento della qualità negli ultimi anni.

I nostri “Sekts” sono spesso sottovalutati, sebbene possano competere con gli spumanti internazionali. Una specialità è il nostro “Winzersekt” (“Winegrower’s Sekt”) ottenuto da uve vinificate col metodo tradizionale. Con 9 milioni di litri, detengono una quota del 3% del consumo totale tedesco di Sekt di circa 275 milioni di litri.

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Puglia, no a Vinitaly 2020 da cinque Consorzi del vino

Cinque consorzi del vino della Puglia dicono no a Vinitaly 2020. Dopo i rumors dal Consorzio Vini Alto Adige, arriva dal Sud della penisola la proposta di rimandare al 2021 la più importante fiera del vino italiano, in programma a Verona dal 14 al 17 giugno. Una richiesta dettata dall’emergenza Coronavirus (Covid-19). In particolare, il no a Vinitaly 2020 arriva dal Consorzio di Tutela del Primitivo di Manduria Doc e Docg, dal Consorzio di Tutela Vini Dop Salice Salentino, dal Consorzio dei Vini Doc Gioia del Colle, dal Consorzio per la Tutela dei vini Doc Brindisi e Squinzano e dal Consorzio di Tutela Vini Castel del Monte Doc e Docg.

“Abbiamo consultato in via informale i principali buyer internazionali – scrivono i cinque enti, in una nota congiunta – che ci hanno espresso disinteresse per un’edizione estiva di Vinitaly. D’altronde, l’anno commerciale è già in corso, le nuove annate vengono presentate in questi giorni, con invio di campioni e listini”.

Non appena l’emergenza sarà finita, sarà molto difficile pensare che gli operatori del settore ho.re.ca. italiano possano, dopo mesi di difficoltà legate alla presente emergenza, abbandonare il proprio esercizio ai propri dipendenti per presenziare alla fiera”.

Altra perplessità espressa dai cinque consorzi del vino della Puglia è che si possa verificare “una partecipazione irrilevante da parte degli eno-appassionati in generale”. “Sarebbe utile seguire l’esempio di Düsseldorf Messe con Prowein e riportare l’evento direttamente all’edizione 2021”, sostiene il fronte del no a Vinitaly 2020.

Proprio per questi motivi auspichiamo che le Istituzioni preposte alla promozione del vino italiano e l’organizzazione di Veronafiere decidano di rilanciare con una strategia chiara l’immagine del nostro amato prodotto, senza disperdere risorse essenziali in iniziative che presentano i suddetti limiti”.

Considerazioni che arrivano a fronte dell’analisi della situazione del settore, in Italia. “In questo periodo di evoluzione dello stato di emergenza – sottolineano i Consorzi pugliesi – ci rendiamo conto di quanto sia necessario presentare un settore unito con degli obiettivi condivisi”.

“Tra di essi la tutela e il rilancio del Made in Italy in generale, e dell’agroalimentare italiano in particolare, rivestono una posizione di primaria importanza. Questi obiettivi vanno perseguiti con azioni ed eventi che abbiano una precisa strategia“, aggiungono i cinque Consorzi.

“La manifestazione fieristica di Vinitaly è sicuramente un evento identitario per il vino italiano e ci pare purtroppo che non ci siano le condizioni necessarie per garantire un evento di livello e qualità e risonanza internazionali, come gli standard di Vinitaly stesso ci hanno abituati. La partecipazione all’evento veronese da parte dei nostri produttori rappresenta una decisione d’investimento impegnativa per il budget annuale e non catalizza la necessaria attenzione”.

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“No a Vinitaly 2020” anche dal Consorzio Tutela Vini Alto Adige

Il Consorzio Vini Alto Adige ha chiesto il rinvio di Vinitaly 2020 al 2021. Lo rende noto la produttrice altoatesina Ines Giovanett, in mancanza di una nota ufficiale dell’ente che sarà presumibilmente diffusa domani.

“Siamo tutti d’accordo che la fiera non avrebbe senso da un punto di vista santirio – commenta – per non parlare dei visitatori mancanti. Mi dispiace per le perdite che avrà la città di Verona e Veronafiere ma bisogna prendere come esempio il ProWein e spostare la fiera al 2021″.

Con i collegamenti internazionali inibiti, anche per Piero Mastroberardino, presidente del gruppo Vini di Federvini e dell’Istituto del Vino Italiano di Qualità, “non ci sono le condizioni per assicurare agli espositori e ai partecipanti un evento di livello internazionale nel solco della storia di Vinitaly”.

“La professionalità e l’autorevolezza di Veronafiere – aggiunge l’esponente Federvini al termine di un’ampia consultazione – vanno convogliate verso iniziative di rilancio del settore”. Superato l’isolamento legato al contagio, sarà necessario ripartire con eventi di tipo istituzionale con gli attori del comparto uniti per essere pronti a ripartire”.

“Potremo raccogliere, con Veronafiere, gli sforzi che il Governo e il Parlamento stanno compiendo per il sostegno alle filiere del Made in Italy”. Una strategia che coinvolga le istituzioni e poi le imprese, una volta ristabilite condizioni commerciali sostenibili”, conclude l’imprenditore campano.

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Vinitaly 2020, il fronte del no è vasto (e agguerrito): “Pronto un gruppo Facebook”

“Uno schiaffo morale a tutto il comparto vinicolo italiano”. Il fronte del no a Vinitaly 2020 commenta così la lettera inviata l’11 marzo dal direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, nella quale si fissa ai primi giorni di aprile la deadline utile all’effettiva conferma delle nuove date (14-17 giugno 2020).

Tra i promotori del fronte del no a Vinitaly 2020 c’è il produttore piemontese Luca Ferraris, che annuncia la creazione di un gruppo Facebook ad hoc, utile a far pressione sugli organizzatori. “Penso obiettivamente che questo sia anche il pensiero di molti colleghi”, si legge ancora nella mail di risposta alla missiva di Mantovani.

La mia figura di imprenditore, in questo periodo, mi porta a valutare tutte le misure di risparmio per poter mantenere in piedi la struttura, ed insieme ad essa, tutte le famiglie che ne dipendono”.

“In tutta onestà – aggiunge Luca Ferraris – mi auguro che valutiate al più presto lo spostamento di Vinitaly al 2021, anche e soprattutto in segno di rispetto a tutti quegli uomini che da 54 anni vi sostengono sempre. Certo di una sua riflessione in merito, le porgo i miei più distinti saluti”.

Dal Veneto la risposta a Veronafiere di un altro produttore, Umberto Cosmo Casagrande, espositore a Vinitaly dal 1988. “Gentilissimo Dott. Danese, gent.mo Dott. Mantovani, vi scriviamo per manifestarvi la nostra preoccupazione riguardo un possibile insuccesso di pubblico professionale per il prossimo Vinitaly, nel momento in cui la manifestazione si realizzasse davvero durante il prossimo mese di giugno”.

In questi ultimi due mesi abbiamo avuto molte e crescenti indicazioni da parte dei nostri maggiori distributori, abituali frequentatori di Vinitaly, riguardo alla loro intenzione di partecipare alla manifestazione: nessuno, a parte un piccolo importatore russo, ci ha manifestato intenzione di venire a Verona a giugno”.

“Oltretutto, vorremmo anche farvi presente che le decisioni in merito al mercato 2020 sono già state prese dai nostri importatori – continua l’imprenditore veneto – e la fiera in giugno sarebbe quindi inutile per molti di loro. Vogliamo forse una fiera frequentata da ‘appassionati’?”.

Per quanto ci faccia piacere dialogare con chiunque e avere feedback sui nostri prodotti anche da persone non direttamente coinvolte nel circuito commerciale o da semplici consumatori, vi facciamo notare che l’investimento importante che facciamo in quella che forse è la maggiore tra le fiere del vino al mondo non sarebbe assolutamente giustificabile”.

“Neppure, crediamo, lo sarebbe per Veronafiere – continua Casagranda – i cui sforzi per rendere Vinitaly una vera fiera professionale ci sono ben noti e abbiamo apprezzato sempre di più negli anni: si rischierebbe di tornare indietro, ai tempi in cui molti la consideravano una sorta di Festa del Vino, piena dei noti problemi che fortunatamente ci siamo lasciati alle spalle”.

“Siamo certi che vorrete invitarci a ‘scommettere’ su un risultato positivo, ma ci preme sottolineare che le ‘scommesse’ non sono parte del Dna di un imprenditore. Un’impresa investe, a volte rischia a ragion veduta, ma non scommette mai”, conclude Casagrande.

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Coldiretti: “Vinitaly 2020 strategico, può segnare la riscossa del vino italiano”

Al centro di accese polemiche tra i produttori, Veronafiere trova un alleato in Coldiretti per la conferma di Vinitaly 2020. Per la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza degli agricoltori italiani, l’evento di Verona “può segnare il momento della riscossa del Made in Italy nel mondo, una volta superata l’emergenza Coronavirus, dopo il record storico fatto segnare dalle esportazioni di vino che hanno raggiunto i 6,43 miliardi nel 2019″.

Coldiretti esprime “apprezzamento per la volontà di Veronafiere di mantenere l’appuntamento del Vinitaly al 14-17 giugno”. “Un segnale di ottimismo per il settore – continua l’associazione – che è un importante elemento di traino per l’intero Made in Italy”. Proprio nei giorni scorsi la lettera con la quale il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, chiede fiducia al settore.

Quella di Vinitaly – ricorda Mantovani – non è una leadership di cassa, ma di mercato, di progetti, di comunanza d’intenti, con un’imprenditoria vivace ed intraprendente, portabandiera del Made in Italy, con la quale abbiamo il privilegio di dialogare da 54 anni. Non vogliamo che questo filo si interrompa, e con noi non lo vuole il sistema promozionale italiano”.

“Il vino nel 2019 si classifica come il prodotto agroalimentare più esportato nel mondo – chiosa Coldiretti – con un aumento del 3,1%. Bisogna ricostruire un clima di fiducia nei confronti del marchio Made in Italy, che rappresenta nell’alimentare una eccellenza riconosciuta sul piano qualitativo a livello comunitario ed internazionale”.

Proprio in questo quadro, sempre secondo Coldiretti, sarebbe importante confermare Vinitaly 2020, “appuntamento fieristico dell’agroalimentare italiano più atteso e partecipato da istituzioni, stakeholder e operatori di mercato”.

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Cari produttori, in vigna o in cantina con la mascherina fate più danni del Coronavirus

EDITORIALE – Mentre l’economia italiana affonda sotto i colpi di Coronavirus, loro che fanno? Inventano un hashtag al giorno e si fanno fotografare in vigna e in cantina con la mascherina anti contagio in bella vista, sul volto. Peccato che attorno non ci sia nessuno e che le disposizioni del Ministero dicano ben altro. Forse sbaglio io. Ma certi produttori, in questi giorni di panico e di allarme anche sociale stanno facendo più danni al vino italiano sui social, che Covid-19 per le piazze del Bel paese.

Sarebbe bello poter sostenere che queste patetiche esibizioni su Facebook ed Instagram facciano male solo allo stomaco di chi ha un po’ di sale in zucca, o ancor meglio ai diretti interessati.

Il fatto, purtroppo, è che foto come queste – che circolano mentre gli occhi del mondo sono fissi sull’Italia – danneggiano inesorabilmente l’intero settore, in un momento in cui centinaia di aziende agricole (non solo vitivinicole) rischiano di essere spazzate via dal vento invisibile arrivato dalla Cina.

Le foto dei produttori di vino con la mascherina, in vigna o in cantina, riescono nel miracolo di far provare simpatia (oggettiva) per Veronafiere, che in questi giorni – contro tutti, tranne che i propri interessi, va detto – sta cercando di tenere in piedi con le unghie e con i denti un Vinitaly 2020 con la flebo nelle vene, riprogrammato dal 14 al 17 giugno.

Già, perché se da un lato c’è qualcuno (incravattato) che si sta facendo un culo così per salvare il salvabile del comparto (criticabile o meno che sia), dall’altro ci sono incommensurabili idioti che, nel nome di due fottuti like, sono disposti a mandare messaggi sgradevoli al mondo intero, tra l’ilarità dei più.

Facciamocene una ragione, allora, se la Francia ride di noi con la pizza Corona di Canal+: non è strafottenza, è pietà. Siamo i primi a far ridere il mondo per come spesso (s)comunichiamo le nostre eccellenze, al posto di trasmettere la voglia di scoprire l’Italia. Torniamo tutti sul pianeta Terra. Ce n’è un gran bisogno. Cin, cin.

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Vinitaly, lettera di Mantovani (Veronafiere) agli espositori: “Attendiamo insieme”

Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere, ha indirizzato quest’oggi, 11 marzo 2020, una lunga lettera a tutti gli espositori di Vinitaly 2020, utilizzando la newsletter dell’ente fieristico veronese. La preghiera, in estrema sintesi, è quella di “attendere gli sviluppi” dell’emergenza Coronavirus (Covid-19) sino al 3 aprile.

“Prima di Pasqua – scrive Mantovani – verificheremo le condizioni generali di svolgimento della manifestazione, con l’obiettivo concreto e prioritario di salvaguardare e mettere a frutto gli investimenti di tutte le Aziende espositrici. Ti ringrazio sin d’ora della disponibilità, dell’attenzione e della fiducia”.

Veronafiere attende dunque la fine del mese di marzo per prendere una decisione ufficiale su Vinitaly 2020, rimandato al 14-17 giugno. Di seguito riportiamo l’intera lettera di Giovanni Mantovani, inviata proprio nel giorno in cui l’ente fieristico di Verona ha dovuto incassare la richiesta di Fivi di rimandare Vinitaly al 2021.

Caro Espositore di Vinitaly, stiamo vivendo, non solo in Italia, ma a livello globale, una situazione di pericolo e di incertezza che nessuno di noi avrebbe mai immaginato di dover vivere. Il nostro mondo fatto di incontri, di viaggi, di relazioni è oggi “congelato”: la parola d’ordine è “stop alla mobilità fisica” e improvvisamente ci rendiamo conto di quanto sia difficile e faticoso (e innaturale..) vivere fermi.

I calendari delle fiere, in tutto il mondo, stanno subendo drastici stravolgimenti, con cancellazioni e spostamenti di data: anche Vinitaly ha seguito lo stesso inevitabile percorso, riposizionandosi nel mese di giugno.

I cambiamenti repentini di scenario, il bombardamento di informazioni, anche contrastanti, che riceviamo quotidianamente, la nostra natura di imprenditori che ci spinge comunque a pianificare e programmare, corrono davvero il rischio di farci perdere la bussola: non si può vivere alla giornata, ma non si possono neanche cambiare i piani ad ogni flash di agenzia.

C’è un termine che aiuta tutti, ed è quello del 3 aprile indicato dall’ultimo Decreto del Governo: in questo lasso di tempo è chiesto a tutti noi di adoperarci per il contenimento della diffusione del virus.

Per questo insieme di motivi, di concerto con i principali attori del nostro settore e con le Istituzioni preposte, stiamo tenendo ferma la data del 14-17 giugno per Vinitaly e procediamo con le attività organizzative, anche di tipo straordinario, che stiamo mettendo in piedi per garantire la massima efficacia possibile alla manifestazione.

Vorremmo rendere ancora più chiaro un concetto: Vinitaly è la nostra manifestazione più significativa e più importante; lo è non tanto in termini economici, ma in quanto promuove, rappresenta ed in alcuni ambiti guida da decenni il settore enologico italiano nel mondo.

Non è una leadership di cassa: è una leadership di mercato, di progetti, di comunanza d’intenti con un’imprenditoria vivace ed intraprendente, portabandiera del Made in Italy, con la quale abbiamo il privilegio di dialogare da 54 anni. Non vogliamo che questo filo si interrompa, e con noi non lo vuole il sistema promozionale italiano.

Veronafiere Spa ha varato un piano industriale ambizioso, ha ottenuto un aumento di capitale importante, sta investendo in infrastrutture fisiche e digitali, in progetti di internazionalizzazione anche societari: abbiamo le spalle solide per sostenere investimenti davvero importanti anche per il Vinitaly.

Noi stiamo lavorando al massimo delle nostre capacità per garantirti un’edizione in linea con gli standard già conquistati, in grado di soddisfare le tue aspettative, con molte aree di innovazione e con un forte impegno sul fronte del business.

Un’attività, questa, svolta in piena condivisione e collaborazione con il sistema promozionale nazionale. Stiamo lavorando ad un Vinitaly “straordinario” in un tempo “straordinario”.

Se le cose andranno come tutti speriamo, il mese di giugno, con la concomitanza di altri importanti eventi italiani di caratura internazionale, sarà il momento in cui i riflettori si riaccenderanno sul nostro Paese, e noi ci saremo, insieme a te.

Attendiamo dunque gli sviluppi sino al 3 aprile e, prima di Pasqua, verificheremo con te e tutti gli espositori le condizioni generali di svolgimento della manifestazione con l’obiettivo concreto e prioritario di salvaguardare e mettere a frutto gli investimenti di tutte le Aziende espositrici. Ti ringrazio sin d’ora della disponibilità, dell’attenzione e della fiducia”.

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Vinitaly 2020 sì o no: si decide entro il 30 marzo. Fivi spaccata in due, buyer diffidenti

Di sicuro, per ora, c’è solo la deadline del 30 marzo. Secondo fonti di WineMag.it, è questa la data entro la quale Veronafiere deciderà se confermare una volta per tutte le nuove date di Vinitaly 2020 (dal 14 al 17 giugno), oppure rimandare la più importante fiera del vino italiano al 2021, come hanno già fatto i tedeschi di Messe Düsseldorf con ProWein 2020. Tutto ciò per gli effetti dell’emergenza Coronavirus Covid-19.

A chiedere certezze non sono solo i buyer internazionali, sui quali Veronafiere sta investendo tempo e risorse, per convincerli a raggiungere Verona anche quest’anno. L’emergenza Coronavirus divide infatti anche i vignaioli Fivi. Sempre secondo fonti di WineMag.it, la Federazione sarebbe spaccata in due: fifty-fifty.

Perplessità che riguardano anche VinitalyBio 2020, cui aderiscono molti piccoli produttori. Le quote per accaparrarsi i posti disponibili nei padiglioni di Veronafiere sono state versate entro la metà di gennaio 2020.

L’ente fieristico non sembra intenzionato a restituirle, sperando di convincere il maggior numero di produttori possibili ad aderire all’edizione 2020. Gli organizzatori di Vinitaly stanno cercando di mettere in campo tutte le iniziative utili a rilanciare l’attenzione dei mercati internazionali sulle grandi eccellenze del Made in italy.

Con il grande obiettivo di garantire un evento all’altezza delle aspettative, anche a fronte dell’emergenza Coronavirus Covid-19. Quel che è certo è che la situazione attuale penalizza soprattutto i piccoli produttori che aderiscono al padiglione Fivi o al VinitalyBio.

In quest’ultimo caso, un banco condiviso da due aziende arriva a costare 1.800 euro + Iva, per 60 centimetri di spazio. Cosa succede se il compagno di fiera decide di non aderire all’edizione 2020? Il vignaiolo deve cercare un nuovo partner, con cui condividere la postazione.

Altrimenti gliene verrà assegnato uno da Veronafiere. L’ultima parola, anche sul fronte di eventuali rimborsi ai produttori, è attesa per la deadline del 30 marzo 2020. Sul fronte internazionale, del resto, si è attivata anche Stevie Kim (Vinitaly International) con un appello alle aziende a partecipare al 5StarWines.

L’AGGIORNAMENTO SULLA POSIZIONE DI FIVI

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5StarWines Vinitaly 2020, Stevie Kim: “Trasformiamo la crisi Coronavirus in opportunità”

VERONA – A 12 giorni dalla scadenza del termine previsto per le aziende per iscrivere i propri vini al 5StarWine di Vinitaly 2020, Stevie Kim interviene invitando alla calma in merito all’allarme Coronavirus (Covid-19): “Bisogna trasformare la crisi in opportunità!”, sostiene la referente internazionale della fiera di Verona.

“Nella cultura asiatica – prosegue Kim – la parola ‘crisi’ è composta da due caratteri: quello del pericolo e quello dell’opportunità. Confermando le date di 5StarWines (le stesse di Vinitaly 2020, in programma dal 14 al 17 aprile, ndr) non ci arrendiamo di fronte all’emergenza in corso, ma la sfruttiamo per offrire servizi ancora più articolati per quanti si iscriveranno alla nostra selezione”.

Quali? “Maggiore visibilità durante Vinitaly 2020, servizi dedicati, inserimento delle etichette nella Vintaly App e altre sorprese”, risponde Stevie Kim. Servirà l’appello per accrescere la fiducia dei produttori?

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Prowein 2020 annullato? Impossibile senza rassicurazioni dei buyer su Vinitaly a giugno

EDITORIALE – La speranza è quella di sbagliarsi alla grande e di ritrovarci qui a sorridere, a giugno 2020, di fronte a una vana profezia. Nel concreto, l’impressione è che i tedeschi si siano informati in merito all’intenzione dei buyer internazionali di partecipare (o meno) a Vinitaly a giugno al posto che ad aprile, prima di annullare definitivamente Prowein 2020. L’evento veronese potrà infatti essere a sua volta cancellato, una volta recepite le perplessità dei “portatori d’interesse” internazionali.

Messe Düsseldorf non lo ammetterà mai. Ma se l’edizione annuale della più importante fiera internazionale del vino è stata rimandata al 2021, è perché il trade ha voluto così, non solo per Prowein. Ma anche per le nuove date di Vinitaly.

L’altra opzione è che in Germania siano tutti più responsabili e “puri” di noi italiani, interessati più agli affari che al “bene comune”, nel panico generato da Coronavirus: alzi la mano chi è disposto a crederci, ai tempi dello spread. Erhard Wienkamp, ​​amministratore delegato di Messe Düsseldorf GmbH, ammette che rimandare Prowein 2020 al prossimo anno è arrivata in seguito a “un intenso dialogo con le nostre associazioni partner e con gli attori chiave del settore”.

Monika Reule, amministratore delegato del Deutsches Weininstitut (Dwi), l’Istituto del vino tedesco, sponsor di ProWein, appoggia Wienkamp. Tanto da parlare del “coraggio di Messe Düsseldorf di fare questo passo, che è interamente nell’interesse del settore vinicolo”.

Non c’è passo (utile) se non funzionale a un cammino. Quello di Prowein, di fatto, può essere letto come un invito a Veronafiere per Vinitaly. Allo scopo di saltare il giro, assieme, nel 2020. “A nostro avviso, ProWein ha risposto con attenzione, prudenza e correttezza a tutti i vantaggi e agli svantaggi”, commenta ancora Reule. “Correttezza”, appunto. Chi sarebbe stato scorretto?

Va registrato che anche Italia serpeggia il malumore per la decisione dell’ente fieristico veronese di rimandare Vinitaly al 14-17 giugno. Chi addita il caldo, chi il rischio che si tratti di un rinvio utile solo a mostrare i muscoli.

Fatto sta che Veronafiere, fatta di uomini e non d’alieni (quelli, forse, esistono solo in Germania) ha una bella gatta da pelare. Se non altro per non far passare gli italiani per “Demoni“, al cospetto dei (presunti) “Angeli” tedeschi. Del resto, Vox populi, vox Dei: le avvisaglie su un 2020 sfortunato c’erano tutte, con largo anticipo. Anno bisesto…

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Ufficiale: Vinitaly 2020 rinviato al 14-17 giugno per Coronavirus

Vinitaly 2020 è stato rinviato al 14-17 giugno 2020. Confermati telefonicamente da Veronafiere Spa a WineMag.it i rumors delle ultime ore, che davano traballanti le date originarie della 54° edizione della più importante fiera del vino italiano, dal 19 al 22 aprile a Verona. Le rassicurazioni dei giorni scorsi da parte del Cda di Veronafiere e del governatore del Veneto Luca Zaia non sono servite a placare le perplessità dei buyer italiani e internazionali.

Numeri impressionanti quelli in gioco: oltre 4.600 aziende espositrici, più di 40 Paesi produttori400 eventi in quattro giorni: degustazioni tecniche, verticali, walk around tasting e focus sui principali mercati. Tutto rimandato, come ProWein 2020 (date non ancora ufficiali, maggio il mese più probabile).

Pressioni per un rinvio di Vinitaly 2020 sarebbero giunte soprattutto dagli Usa, in seguito alla decisione delle compagnie aeree di tagliare i voli con l’Italia. Pesanti anche le dichiarazioni del vice presidente americano Mike Pence, che ha annunciato controlli a tappetto su tutti gli italiani che riusciranno a sbarcare negli Stati Uniti. Timori, quelli d’Oltreoceano, che sarebbero giustificati da 103 contagi e 6 morti.

Per capire che quella di Veronafiere non è stata una decisione semplice, basta osservare la cronologia delle conferme e dei rinvii degli altri eventi in programma a Verona. Tra il 25 e il 27 febbraio 2020, Veronafiere ha indicato “sicurezza e salute” come “priorità assolute” per rimandare Model Expo Italy, Elettroexpo e Innovabiomed.

Il giorno successivo, il 26 febbraio, nel confermare per il 19/22 aprile Vinitaly 2020 – attraverso un ampio comunicato stampa che ospitava anche le dichiarazioni di Zaia – il Cda annunciava il cambio di date per Samoter, LetExpo, Asphaltica e B/Open.

Oggi, 3 marzo, l’ufficialità del rinvio di Vinitaly, mentre in Veneto cerca di tornare alla normalità anche Vo’, il Comune alle porte di Padova divenuto celebre per il più ampio focolaio di Coronavirus in Italia. Da ieri, come riportato da WineMag.it, ha infatti riaperto il Consorzio Tutela Vini Colli Euganei, su avallo del prefetto.

IL COMUNICATO UFFICIALE

“In considerazione della rapida evoluzione della situazione internazionale che genera evidenti difficoltà a tutte le attività fieristiche a livello continentale, Veronafiere ha deciso di riposizionare le date di Vinitaly, Enolitech e Sol&Agrifood dal 14 al 17 giugno 2020, ovvero nel periodo migliore per assicurare a espositori e visitatori il più elevato standard qualitativo del business”.

Così Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere in chiusura del Consiglio di amministrazione della Spa, riunitosi oggi. “Vinitaly, insieme ad OperaWine – ha proseguito il direttore generale –, si svolgerà quindi in un contesto temporale in cui grandi eccellenze del made in Italy, quali Cosmoprof e Salone del mobile, per esempio, avranno il compito di rilanciare con forza l’attenzione dei mercati internazionali e l’immagine dell’Italia. In questo frangente ringraziamo le aziende per la fiducia che ci stanno dimostrando”.

La decisione è stata frutto di un’attenta analisi dei dati disponibili oltre che dell’ascolto delle posizioni degli stakeholder del mercato, incluse le principali associazioni di settore: Unione Italiana Vini, Assoenologi, Federvini, Federdoc, Federazione vignaioli indipendenti e Alleanza delle Cooperative settore vitivinicolo.

“Lo spostamento a giugno di Vinitaly e di altre importanti manifestazioni internazionali nelle città di Milano e Bologna – spiega Maurizio Danese, presidente di Veronafiere – è un segnale che il made in Italy scommette su una pronta ripresa economica nei settori chiave del sistema-Paese. Auspichiamo quindi che il nuovo calendario fieristico nazionale possa generare una rinnovata fiducia ed essere strumento con cui capitalizzare la ripartenza del nostro Paese”.

Veronafiere attiverà una task force per assistere i propri clienti in ogni ambito necessario alla riorganizzazione delle manifestazioni posticipate e in stretta collaborazione con le associazioni di riferimento predisporrà tutte le azioni di incoming necessarie a garantire la presenza di buyer e operatori professionali qualificati. Sulle nuove date, inoltre, Confcommercio Verona e Cooperativa Albergatori veronesi hanno espresso massima disponibilità per favorire lo spostamento delle prenotazioni.

Nel 2021 Vinitaly sarà in calendario nelle sue date consuete (18-21 aprile); date che sono frutto dell’accordo con l’Union dei Grandi Cru di Bordeaux (UCGB) col quale dal 2013 c’è un accordo nato per incontrare le esigenze dei protagonisti del mondo del vino, buyer e stampa internazionale in particolare.

LE DICHIARAZIONI DELLE ASSOCIAZIONI DI SETTORE
Ernesto Abbona, presidente Unione italiana Vini (Uiv): “Condividiamo in pieno le scelte di Veronafiere, sia per quanto riguarda la decisione presa, sia per la relativa collocazione temporale insieme ad altri grandi eventi come Cosmoprof di Bologna e il Salone del Mobile di Milano, che daranno un segnale importante per la ripresa del Paese”.

Sandro Boscaini, presidente presidente Federvini: “Occorre dare un messaggio forte al Paese. Se agiamo uniti nel contesto dello spostamento di data, non solo di Vinitaly, ma di altri grandi eventi internazionali che si svolgeranno in Italia a giugno, potremo contribuire in modo corale al rilancio dell’immagine positiva che merita il made in Italy”.

Riccardo Cotarella, presidente di Assoneologi: “La decisione assunta da Veronafiere su Vinitaly e supportata dalle associazioni della filiera, deriva da considerazioni intelligenti e imprenditoriali. Non si può immaginare un Vinitaly fiore all’occhiello del settore vitivinicolo italiano, nonché evento che tutto il mondo ci invidia, ridimensionato più o meno fortemente nelle presenze di operatori che al momento danno previsioni non soddisfacenti. Questo significa tutelare l’operatività dei nostri produttori e allo stesso tempo proteggere l’immagine del vino italiano e di Vinitaly nel mondo”.

Matilde Poggi, presidente Federazione italiana vignaioli indipendenti: “Siamo d’accordo con Veronafiere sulla necessità di modificare le date in calendario di Vinitaly. Giugno è l’ultima data utile per un evento sul vino. Come Fivi siamo comunque pronti ad un grande impegno per partecipare, dal momento che questo mese è dedicato tradizionalmente alle lavorazioni in vigna”.

Riccardo Ricci Curbastro, presidente Federdoc: “La nostra posizione è di non dare messaggi negativi al mercato, specie in un momento cruciale per il sistema Paese e per il settore. La situazione negli ultimi giorni è stata diversa da quella sperata e per questo ci sentiamo di condividere la scelta di Veronafiere e di stare sulla stessa linea di Vinitaly, pur consapevoli che ci sarà molto da fare”.

Luca Rigotti, coordinatore settore vino di Alleanza Cooperative: “Condividiamo la scelta di Veronafiere per lo spostamento delle date di Vinitaly. Ora lavoriamo assieme alla fiera affinché il mondo del vino possa dare un messaggio positivo all’economia nazionale”.

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Coronavirus e vino, ritorno alla normalità a Vo’: riapre il Consorzio Colli Euganei

Il Consorzio Tutela Vini Colli Euganei ha riaperto questa mattina, dopo una settimana di chiusura imposta dall’allarme Coronavirus. Un “ritorno alla normalità“, come lo definiscono i dipendenti, che assume un significato importante per tutta la filiera del vino italiano. L’ente ha infatti sede a Vo’, paesino alle porte di Padova finito agli onori delle cronache internazionali per il focolaio di Covid-19 più numeroso in Italia (88 casi accertati).

Per i 6 dipendenti del Consorzio, distribuiti su tre diversi uffici, sono stati giorni difficili. In contatto diretto con l’Asl resta solo l’enologo, residente in Trentino: nessun sintomo, come dimostrano le costanti rilevazioni della temperatura, richieste dalle autorità sanitarie competenti in materia.

La situazione, secondo quanto racconta a WineMag.it Lisa Chilese, responsabile Promozione del Consorzio Tutela Vini Colli Euganei, è quella di un “sostanziale ritorno alla normalità“. “Le prime avvisaglie – sottolinea Chilese – si sono verificate nel pomeriggio di venerdì 21 febbraio, durante un incontro con i produttori, proprio qui in Consorzio”.

Stavamo programmando le fiere, gli eventi e la promozione delle attività, quando qualcuno ha iniziato a ricevere sul cellulare le prime notizie relative al Coronavirus. All’inizio abbiamo tutti sorriso, ma nel giro di un’ora e mezza la situazione è precipitata: uscendo dal Consorzio abbiamo trovato i bar chiusi e le prime transenne”

“Sono rientrata in Consorzio – racconta Lisa Chilese – per recuperare il computer e poter continuare a comunicare da casa con le aziende. Sino ad oggi abbiamo cercato di farci sentire il meno possibile, per non alimentare questa bolla mediatica gonfiata alla grandissima, nostro malgrado”.

Oggi la riapertura della sede consortile. “Venerdì 28 febbraio è arrivata l’attesa autorizzazione del Prefetto, che si è mantenuto in stretto contatto con il Consorzio e sta continuando a monitorare la situazione. A Vo’ è tornata la serenità: la gente gira per strada, senza mascherina, con il sorriso a 32 denti stampato! La mia collega Lorella, questa mattina, ha portato un mazzo di bellissime mimose, perché è già primavera sugli Euganei!”.

“Si può dire che il paese sia tornato finalmente alla normalità – commenta ancora Lisa Chilese a WineMag.it – il dramma e il panico sembrano superati. Vo’ sembra ancora attrezzato per una gara ciclistica, con le transenne ancora presenti in alcuni punti. Ma molte persone sono state autorizzate a entrare e uscire, per lavoro”.

Quali conseguenze per le cantine? “A un produttore – risponde la responsabile del Consorzio Tutela Vini Colli Euganei – sono stati respinti i vini inviati all’estero, perché i clienti pensavano erroneamente che la merce potesse veicolare il virus. Ma le aziende più strutturate hanno continuato a lavorare, nella quasi totale normalità”.

Una chat privata, tra Consorzio e produttori, tiene costantemente informati gli associati all’ente sull’evolversi della questione. Vo’ resta chiuso ancora fino a venerdì, in un Veneto che non vede l’ora di tornare a pieno regime.

Lo dimostra, non a caso, la conferma delle date di Vinitaly 2020 da parte di Veronafiere. Lo slittamento delle date di ProWein 2020, posticipata a data da definirsi da Messe Düsseldorf, non dovrebbe avere riflessi sulla più importante fiera del vino italiano.

A Verona vengono smentite voci di accordi possibili tra i due enti fieristici, mentre si fa largo l’ipotesi di una ProWein Trade Fair nel mese di maggio 2020. Un’opzione più probabile, al momento, dei mesi di giugno o luglio.

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Coronavirus: Vinitaly 2020 si farà. Veronafiere conferma le date, come ProWein

Vinitaly 2020 si farà, nonostante l’allarme Coronavirus. Come confermato 6 giorni fa in esclusiva a WineMag.it da Messe Dusseldorf per Prowein 2020, Veronafiere ha confermato oggi le date della 54ª edizione di Vinitaly. La più importante fiera del vino italiano andrà in scena a Verona dal 19 al 22 aprile 2020.

La decisione, frutto anche di un’attenta analisi dei dati disponibili oltre che dell’ascolto delle posizioni degli stakeholder e del mercato – incluse le principali associazioni di settore –, è stata adottata oggi pomeriggio dal consiglio di amministrazione di Veronafiere.

Si tratta di una decisione concertata, inoltre, con il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia e con il sindaco di Verona, Federico Sboarina.

“Il mondo del vino italiano – sottolinea il direttore generale Giovanni Mantovani – già in passato ha dato un segnale positivo di svolta. Veronafiere è convinta che, anche in questa occasione, il settore potrà contribuire alla ripresa della nostra economia e a rilanciare un clima di fiducia nel Paese.

Veronafiere, nel mantenere alta l’attenzione, ha programmato in tempi brevi un incontro con i rappresentanti della filiera per attivare tutte le risorse e le azioni di incoming e promozione sui mercati internazionali.

“Siamo consapevoli – aggiunge Mantovani – delle difficoltà del momento e dell’immagine distorta dell’Italia percepita all’estero, ma siamo persuasi che l’emergenza rientrerà consentendoci di organizzare regolarmente la manifestazione, che rappresenta il traino per il vino italiano nel mondo”.

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La filiera del vino sull’onda di Centinaio (un anno dopo): “Serve una cabina di regia”

Torna in voga la necessità di una “cabina di regia” per la filiera del vino italiano. Quella che chiedeva (al proprio Governo?) il ministro Gian Marco Centinaio, circa un anno fa, a margine della ProWein di Düsseldorf. Una richiesta caduta nel vuoto – assieme al penultimo esecutivo – e oggi ripresa a pieni polmoni dai rappresentanti dei produttori, in occasione del “Tavolo del vino” con la Ministra Teresa Bellanova (succeduta appunto, tra le polemiche, a Centinaio).

“Instabilità geopolitiche, guerre commerciali, dazi e Brexit – evidenziano i membri della filiera del vino italiano – hanno forti ripercussioni sulle esportazioni vinicole. È fondamentale avviare una vera e propria ‘cabina di regia’ tra istituzioni e filiera del vino, luogo di confronto per avviare un prezioso gioco di squadra ed individuare opportune strategie per un settore che è ambasciatore nel mondo del Made in Italy“.

A parlare, oggi, sono dunque i presidenti delle organizzazioni più autorevoli del settore. Dall’Alleanza delle Cooperative agroalimentari ad Assoenologi. Passando per CIA Agricoltori, Confagricoltura, Copagri, Federdoc, Federvini e Unione Italiana Vini.

“Abbiamo apprezzato l’approccio pragmatico e la disponibilità espressa dalla Ministra Bellanova ad un confronto diretto e costruttivo – si legge ancora in una nota congiunta della filiera – i produttori intendono essere al fianco delle istituzioni e da queste si aspettano un reciproco sostegno anche su tutta una serie di delicati temi da affrontare nei prossimi mesi”.

Il riferimento è “alla nuova politica agricola comune, alla semplificazione degli adempimenti burocratici, all’evoluzione dei modelli di commercializzazione, all’attenzione alla sostenibilità, al vino come parte integrante della dieta mediterranea, al suo consumo responsabile e alle nuove sfide legate all’etichettatura”.

“Ci auguriamo – aggiungono i rappresentanti della filiera del vino – che la cabina di regia possa essere operativa in tempi rapidi, con obiettivi chiari e scadenze definite, coinvolgendo i soggetti maggiormente rappresentativi delle imprese attive in vigna, in cantina e sui mercati”.

Le organizzazioni agricole e settoriali, da vari anni hanno attivato un tavolo di analisi e proposte che ha consentito di “raggiungere importanti traguardi come il Testo Unico del Vino”. “La richiesta, ora – hanno concluso i presidenti – è di avere presto tutti i decreti applicativi entro Vinitaly 2020, la fiera in programma a Verona dal 19 al 22 aprile prossimi, collaborando all’obiettivo comune della crescita in reputazione e valore”.

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Settesoli sbarca sull’Etna con Mandrarossa: bianco e rosso sul mercato nel 2020

MENFI – C’è una nuova protagonista sull’Etna. È Settesoli, che nel 2020 metterà sul mercato i primi due vini vulcanici firmati col brand top di gamma Mandrarossa. Uve e cantina sono in affitto, ma lo staff è quello della cooperativa di Menfi (AG) che pensa anche a una nuova linea di vini biologici.

“Stiamo facendo quello che tante altre aziende hanno fatto – commenta Giuseppe Bursi, presidente di Cantine Settesoli – ovvero cimentarci in questa splendida zona della Sicilia che è l’Etna. Grazie alla storia e alla struttura della nostra azienda possiamo indagare altri territori e metterci alla prova“.

“L’idea – spiega Bursi – è di fare un lavoro fatto bene, con etica. Abbiamo affittato un’azienda ma il vino lo facciamo noi, come sempre. Questo ci servirà per dimostrare che sappiamo proporre etichette di livello, che andranno ad affiancarsi a quelle già presenti nella linea Mandrarossa”.

Circa 20 mila le bottiglie a denominazione Etna Doc che saranno immesse sul mercato nel 2020. In particolare, i vigneti si trovano sul versante nord ovest del vulcano. Settesoli ha sottoscritto un contratto di affitto di una cantina con i suoi vigneti.

Uve Carricante per il bianco – l’annata 2017 farà l’esordio a Vinitaly 2020 – e Nerello Mascalese per il rosso, dell’annata 2016. “Facciamo le cose che riteniamo giusto fare e proviamo a proporle in maniera corretta, attraverso le storie che siamo abituati a raccontare”, sottolinea Bursi che rivendica “le azioni volte all’aumento dei prezzi delle uve pagate ai soci durante quest’ultima vendemmia”.

Scelte utili anche a rinforzare il brand Mandrarossa, festeggiato di recente con il rilancio di un’etichetta storica come “Feudo dei fiori“, un bianco da uve Vermentino, Chardonnay e Sauvignon di Menfi. Ma c’è di più.

È infatti in progetto la costruzione di una cantina ad hoc per il brand top di gamma che Bursi non esita a definire “gioiellino”. Un investimento da un milione di euro per la realizzazione di una sala degustazione immersa tra i vigneti, vista mare, e di una barricaia. Il taglio del nastro è previsto a maggio 2020.

Alla partecipata assemblea dei soci della cooperativa, che opera dal 1958 e che coltiva la più ampia varietà di uve in Sicilia, è stato annunciato anche il lancio della nuova linea di vini biologici Settesoli. Si chiamerà “Jummare” e sarà in vendita nella grande distribuzione organizzata, ovvero sugli scaffali dei supermercati.

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Tullum Docg: 5 nuove anime dell’Abruzzo firmate Feudo Antico (Cantina Tollo)

Si scrive Tullum Docg, si legge Cantina Tollo. La cooperativa della provincia di Chieti, attraverso la Srl gioiello Feudo Antico, fa la parte del leone nella Denominazione di origine controllata e garantita istituita in Abruzzo il 4 luglio 2019. Ieri l’esordio dei teatini a Milano. A contribuire al parco vigneti, appena 18 ettari, sono (solo) altre tre cantine. Con ruoli del tutto marginali nella produzione delle circa 130 mila bottiglie complessive.

Si tratta dell’altra cooperativa locale, la Coltivatori Diretti Tollo (che non ha neppure un sito web definibile come tale, ma rivendica circa 7 ettari a Docg), della Di Pillo (società del segretario del Consorzio, Domenico Di Pillo, che opera solo come conferitore) e dell’Azienda Agricola Giacomo Radica – nota come Vigneti Radica.

Una cantina, quest’ultima, che investe molto nel marketing ed imbottiglia circa 10 mila “pezzi”. Ma con meno di un ettaro rivendicato nella Docg Tullum (0,6 per l’esattezza), non può che avere “interessi locali”. Il capostipite della cantina, Rocco Radica (per tutti, a Tollo, “Zì Rock”) è tra l’altro uno dei fondatori della stessa Coltivatori Diretti.

Non a caso, dunque, al ristorante vista Duomo dello chef abruzzese Niko Romito, è stato possibile degustare solo 4 etichette Dop, ormai prossime ad essere etichettate come Docg. Tutte prodotte dalla sola Cantina Tollo, che le presenterà nella nuova veste, “controllata e garantita”, a Vinitaly 2020.

“Le spese per la promozione della nuova Denominazione – si è affrettato a precisare Andrea Di Fabio, Direttore commerciale e Marketing di Feudo Antico (nella foto)- sono di fatto affidate all’iniziativa privata delle singole cantine aderenti, in autofinanziamento. Non contiamo molto sui contributi esterni”. Excusatio non petita. Ma tant’è.

Un viaggio, quello nel capoluogo lombardo della piccola Docg abruzzese, segnato peraltro dalla (pesante, ma evidentemente improrogabile) assenza del presidente del Consorzio di Tutela della neonata Denominazione di origine controllata e garantita Tullum, nonché di Cantina Tollo, Tonino Verna. A farne le veci, proprio il segretario (e produttore) Domenico Di Pillo.

“Oltre al prerequisito della qualità – ha spiegato Andrea Di Fabio – per dare avvio al procedimento utile all’ottenimento di una Docg che valorizzasse il territorio è stato necessario dimostrare la storicità della produzione e della commercializzazione del vino a Tollo, unico Comune ricompreso nella Denominazione”.

In età romana, nelle terre racchiuse nel triangolo fra le attuali città di Pescara, Chieti e Ortona, con Tollo al centro, la coltivazione della vite si è sviluppata in maniera florida. Lo dimostra il rinvenimento di “dolia” da vino e celle vinarie. Alcuni reperti sono oggi conservati al Museo Archeologico Nazionale di Chieti.

“A consentirci l’upgrade dalla Doc/Dop alla Docg – precisa Di Fabio – è stata insomma una cultura di produzione e di vendita profonda e radicata nel tempo. Non si tratta dunque di un’operazione autoreferenziale, anzi auspichiamo la nascita di nuove realtà nei 300 ettari potenziali della Denominazione”.

LE 5 TIPOLOGIE DELLA DOCG TULLUM

Cinque le tipologie di vino previste dalla Docg Tullum. Passerina, Pecorino, Montepulciano per dar vita a “Rosso” e “Rosso Riserva” e, infine, Chardonnay per lo Spumante Metodo Classico (minimo 36 mesi sui lieviti, esclusivamente nella tipologia Brut).

I vini bianchi Docg saranno sul mercato da gennaio 2020. Ancor più drastica la scelta sui rossi: la prima annata in commercio sarà la 2015, nonostante sia possibile venderli dall’anno successivo alla vendemmia. Tutti i vini saranno disponibili da aprile 2020, quando faranno il loro esordio ufficiale alla kermesse di Verona Fiere.

“In termini di rese – sottolinea a WineMag.it Andrea Di Fabio – il passaggio dalla Dop alla Docg non ha segnato grandi differenze, essendo già molto selettive nell’ambito della Dop nata nel 2008. Sui bianchi, Pecorino e Passerina, siamo sui 90 quintali per ettaro, contro i 140 quintali della Dop Abruzzo e i 220 quintali dell’Igp Abruzzo”.

Sul Montepulciano, che non potrà essere nominato come tale nella Docg (essendo già una Dop regionale) le rese saranno di 110 quintali per ettaro, contro i circa 150 quintali della Dop. Nel passaggio alla Docg è stato escluso l’uso del Trebbiano e stralciata la tipologia ‘passito’.

Le etichette saranno destinate al solo segmento Horeca (ristorazione e hotel), escludendo la Grande distribuzione organizzata (Gdo), ovvero il mondo dei supermercati (canale moderno). “Il posizionamento – annuncia Di Fabio – sarà quello premium e super premium“.

Sul fronte dei prezzi franco cantina, ad oggi Passerina, Pecorino e Rosso Tullum Docg escono da Tollo (o meglio da Feudo Antico) a 8,50 euro. Più costoso lo spumante Docg, che risulta a listino a circa 12 euro a bottiglia. Il mercato di riferimento è l’estero, con particolare attenzione ai Paesi emergenti, sul fronte orientale.

LA DEGUSTAZIONE

– Tullum Dop Spumante Metodo classico Brut 2014: 90/100
Buona prova con lo Champenoise per Cantina Tollo (Feudo Antico) in una terra non certo conosciuta per la produzione di “bollicine”. Valutazione ancor più positiva se si tiene conto del millesimo 2014. Alla vista, bel giallo paglierino accesso e brillante. Il perlage risulta mediamente fine e mediamente persistente.

Buona presenza di questo Blanc de Blancs al palato, su note cremose tipiche dello Chardonnay. Sorso burroso, giocato sulla pasticceria e sull’esotico. Finale asciutto, fruttato di pesca, come il centro bocca. Persistenza sufficiente e finale asciutto.

Chardonnay 100% da vigneti coltivati in collinare nel comune di Tollo, a 130 metri sul livello del mare. Terreno sciolto, sabbioso e lievemente calcareo. Vendemmia manuale, in piccole cassette, a metà agosto.

Fermentazione in serbatoi di acciaio inox, a temperatura controllata. Permanenza sui lieviti in vasche di vetrocemento e acciaio, per almeno 6 mesi. Rifermentazione in bottiglia, secondo i canoni del Metodo Classico. Sosta minima di 30 mesi.

– Tullum Dop Passerina 2018: 92/100
Giallo paglierino, naso floreale fresco, frutta esotica e agrume come arancia e pompelmo rosa. Una Passerina di rara precisione, capace di sfoderare oltre all’attesa frutta anche accenni minerali, marini e di spazia bianca.

Al palato si fa ricordare per un’ottima freschezza. Centro bocca giocato sulla frutta e chiusura salina. Discrete potenzialità di ulteriore affinamento in bottiglia. Si tratta di una Passerina in purezza, ottenuta da vigneti in collina nel comune di Tollo, in località Santa Lucia e Pedìne, a 230 metri sul livello del mare.

Terreno sciolto, sabbioso, tendenzialmente calcareo. Vendemmia  a metà ottobre, macerazione a freddo a contatto con le bucce e fermentazione in serbatoi di acciaio inox a temperatura controllata. Affinamento sui lieviti, in vasche di vetrocemento per 6 mesi.

– Tullum Dop Pecorino biologico 2018: 89/100
Primo approccio non ottimale. Il vino rivela una netta riduzione e un marcatore selvatico, che tende a non svanire mai del tutto. Con l’ossigenazione si fanno largo, al naso, agrumi e fiori freschi. In bocca il vino rivela una bella consistenza, dettata dal gioioso gioco tra agrumi e sale.

Allungo sulla frutta matura, esotica, sostenuta da una buona freschezza. Scaldandosi, il nettare guadagna una nota netta di liquirizia, corrispondente tra naso e palato. I vigneti di Pecorino si trovano a Tollo, in località San Pietro, San Biagio, Piane Mozzone, Sabatiniello e Macchie, tra i 120 e i 200 metri sul livello del mare.

Vendemmia nella prima decade di settembre, starter fermentativo spontaneo ad opera dei lieviti non selezionati e successiva fermentazione e affinamento in vasche di cemento. Il vino viene imbottigliato senza essere filtrato né stabilizzato.

– Rosso Tullum Dop 2014: 90/100
Rosso rubino pieno, impenetrabile. Naso gioioso, dominato da frutta rossa come ribes e lampone maturo, tendenti alla confettura. Leggeri sbuffi di spezia. In bocca il vino mostra un corpo medio e una buona freschezza, tale da rispondere alla rotondità e morbidezza delle note fruttate.

Il tannino, di cacao, allunga il sorso, contribuendo a complessità e persistenza. Montepulciano 100% da vigneti coltivati in collinare, a Tollo, in località Sterpari, Piane Mozzone, Colle Cavalieri, Vaccareccia, San Biagio, Macchie e Colle Secco, da 190 a 250 metri sul livello del mare.

Vendemmia nella seconda decade di ottobre, macerazione delle bucce a temperatura controllata in serbatoi di acciaio inox e affinamento in vasche di cemento vetrificato, per 14 mesi. Leggero appassimento in cella per un 10-15% delle uve.

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degustati da noi vini#02

Pighin “affina” i bianchi del Collio, in attesa della Docg

Tre bottiglie e una certezza: “Il Collio merita una Docg”. Si è presentato così a Milano, Roberto Pighin. Con Ribolla Gialla, Friulano e Malvasia sotto al braccio, che manco un francese con la baguette.

Poche cose, ma tutte meditate, nella valigia preparata a Spessa di Capriva (GO), smontata ieri al ristorante Ceresio 7. Un pranzo con la stampa per mostrare i tre pezzi (pregiati) di un puzzle su cui soffia solo il vento (gelido) della burocrazia.

Già perché la Docg, eventuale frutto dell’assemblaggio delle tre varietà più rappresentative del Collio Goriziano (la tanto discussa Gran Selezione) sarebbe solo una questione di buonsenso. In un Paese “normale”. In attesa di Vinitaly 2020, quando presenterà il suo Collio Bianco Doc, Roberto Pighin coccola le sue certezze.

Ed elogia il lavoro del suo enologo: “Paolo Valdesolo, ormai in pensione, ha formato in 20 anni di preziosa collaborazione con la nostra cantina il suo successore, il giovane Cristian Peres. A lui si devono alcune innovazioni tecnologiche, oltre alla scelta di lavorare con legni mai invasivi, che conferiscono ulteriore carattere alle etichette”.

LA DEGUSTAZIONE

Questo l’unico dictat di Pighin al suo winemaker, che ha risposto con convinzione: parlano chiaro i vini nella valigia pensata per la trasferta milanese del patron. Il Collio Doc Ribolla Gialla 2018 (89/100) sfodera un naso ampio e intenso per la varietà.

Merito delle flottazioni del mosto con l’azoto, utili all’estrazione dei primari delle uve. Ancor prima, un gran lavoro in vigna, innanzitutto sulle rese: non si superano gli 80 quintali per ettaro. Il tonneau sul 10% della mass arrotonda la beva quanto basta, senza snaturare il varietale.

Dando anzi quel tocco di vaniglia, appena percettibile, che incomplessisce il vino, sia al naso che al palato. Tanto fiore fresco e tanto agrume, poi, su una mineralità che sfocia nella mandorla. Allungo finale piacevole, sul frutto, ma anche sul sale.

Ancor più interessante il Collio Doc Friulano 2018 (91/100). Al naso una nota minerale netta, di pietra bagnata. Fumo di sigaretta, frutto esotico e – ancora una volta – un fiore fresco, intenso. Accenno appena percettibile di idrocarburo.

In bocca è apprezzabilissimo il gioco tra una verticalità gessosa e la polpa: tra il sale e la sua essenzialità, e un frutto maturo che regala una misurata grassezza al sorso. Più che mai sufficiente la persistenza di un calice che fa della complessa bevibilità (non è un ossimoro, provare per credere) il suo fondamento filosofico.

Si chiude – alla grande – con il Collio Doc Malvasia 2018 (93/100). Leggermente velato il giallo paglierino di cui si tinge il calice. Naso nuovamente molto profumato, ben bilanciato tra l’aromatico e il secco.

Note di frutta secca come arachidi e nocciola contribuiscono alle venature più austere dell’etichetta, pur sempre bagnate dal succo di pesche e albicocche di generosa maturità. Un naso che continua a cambiare, mutevole come la temperatura nel bicchiere.

L’ossigenazione e quel mezzo grado in più si traducono in sbuffi verdi, di buccia di pompelmo e cedro. Non mancano ricordi di timo, anice e pepe bianco. In bocca la vena alcolica tiene a bada l’acidità (e dunque la freschezza) tanto da far risultare il sorso equilibrato e terribilmente “pericoloso”.

Samo di fronte a una di quelle bottiglie che si perdono tra le chiacchiere dei buoni amici, o tra le righe di un buon libro, davanti a un camino. La gran gastronomicità suggerisce di osare negli abbinamenti.

LA CANTINA

Le tre etichette presentate a Milano da Roberto Pighin sono il frutto di un capolavoro della natura. Un anfiteatro di vigneti situati nel cuore del Collio, nella zona vocata di Spessa di Capriva. Trenta ettari, tra i “cru” di altri nomi storici.

L’azienda agricola, in realtà, comprende anche un’altra tenuta a Risano, nelle Grave. Qui la produzione è più vasta (900 mila bottiglie) ed è assicurata da 160 ettari di vigneti.

“In queste zone, a partire dal 1963 – spiega Roberto Pighin – la mia famiglia coltiva l’amore per la terra e la passione per il buon vino. Una passione fondata su un preciso valore: difendere sempre la più alta qualità del vino, dalle vigne alla tavola”.

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Vinitaly 2020 tra Cina e Sudamerica: cresce l’attesa per Wine to Asia e South America


Veronafiere e Vinitaly 2020 puntano tutto sull’internazionalizzazione. Sono ben 113 mila i chilometri in programma per il prossimo “business tour”, che vedrà come tappe fondamentali Cina e Sudamerica, dove si terranno rispettivamente Wine to Asia e Wine South America.

Come annunciato questa mattina a Milano, il focus principale sarà sulle nuove manifestazioni fieristiche internazionali di Vinitaly, oltre che sulle diverse tappe estere in programma nel 2020. Le premesse sono ottime.

L’edizione 2018 di Wine South America, andata in scena dal 25 al 27 settembre, ha chiuso con un aumento del 30% dei partecipanti internazionali. Più di trecento le aziende espositrici provenienti da tredici Paesi, con 6.600 operatori professionali arrivati da 21 nazioni.

In Cina si assisterà invece all’esordio di Wine to Asia a Shenzhen (9-11 novembre 2020). La metropoli della Cina Sud Occidentale è considerata la Silicon Valley del Dragone, piazza strategica per il business del vino, con il 30% degli importatori totali cinesi. Shenzhen è inoltre città chiave della Guangdong-Hong Kong-Macao Greater Bay Area, che conta oltre 100 milioni di persone.

Per il lancio di Wine to Asia, Vinitaly ha individuato come partner il socio cinese Pacco Communication Group. Veronafiere prevede la presenza di 400 espositori su una superficie di 40 mila metri quadrati lordi.

L’evento b2b si configura fin da subito con un respiro internazionale, con una presenza di aziende italiane, europee ma anche dalla Cina e dal Nuovo Mondo. E con la partecipazione delle principali imprese delle tecnologie protagoniste a Enolitech.

Complessivamente, il viaggio attorno al mondo del Food & Wine di Veronafiere nel 2020 coprirà 113 mila chilometri tra Stati Uniti, Russia, Cina, Brasile, Hong Kong, Thailandia, Olanda, Canada, Polonia, Germania, Messico, Regno Unito.

“Al netto di accorpamenti e uscite dal mercato – commenta Maurizio Danese, presidente di Veronafiere – negli ultimi 5 anni Vinitaly ha visto immutati il 95% dei suoi espositori”.

“Un’alta fedeltà – conclude Danese – unica nel panorama fieristico internazionale, che rappresenta il miglior biglietto da visita per una manifestazione che non cambia i propri protagonisti ma punta a renderli sempre più smart e globali”.

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Analisi e Tendenze Vino

Vendemmia in Sicilia, “meno uva ma di qualità”: il primo bilancio di Assovini


Qualità eccellente delle uve e quantità in calo del 20%. A un mese dall’inizio della vendemmia 2019, Assovini Sicilia, l’Associazione nata nel 1998 che riunisce ad oggi 90 tra le principali aziende vitivinicole dell’isola, traccia un primo bilancio.

Abbiamo quasi archiviato il primo mese di vendemmia – spiega Alessio Planeta, Presidente Assovini – e possiamo tracciare un iniziale bilancio di quello che è successo finora. Le uve ad oggi raccolte sono di qualità eccellente con una quantità media in calo fino al 20%, anche se è ancora presto per determinarne esattamente l’entità. Il ritardo della maturazione delle uve è stato di circa 15 giorni e questo ha garantito maturazioni ottimali”.

Smentite le previsioni di caldo intenso per questa stagione estiva 2019, l’andamento climatico ha visto in Sicilia un’estate fresca con buone escursioni termiche.

“L’arrivo delle piogge tardive di inizio settembre – continua il presidente Planeta – è stato un toccasana per le varietà ancora da raccogliere perché ha consentito un abbassamento delle temperature, salutare per completare la maturazione delle uve”.

“Manca tuttavia ancora molto perché la vendemmia siciliana sia portata a compimento, dato che l’isola, definita più volte ‘continente vitivinicolo‘ per la varietà dei suoi contesti pedoclimatici, è caratterizzata da una vendemmia lunga circa 100 giorni. Rimandiamo quindi alla sua conclusione per poter dare un giudizio definitivo sull’annata”, conclude Planeta.

Nel frattempo, Assovini Sicilia è già al lavoro per preparare i prossimi appuntamenti internazionali. L’Associazione sarà infatti presente dal 15 al 17 marzo 2020 a ProWein, la fiera del vino più importante per i mercati di lingua tedesca che si svolge a Düsseldorf.

A questa importante manifestazione hanno aderito, tramite Assovini, 17 aziende che saranno presenti all’interno dell’area associativa nello stand dell’Irvo. Lavori in corso anche per Vinitaly 2020, la kermesse veronese che si svolgerà dal 19 al 22 aprile 2020 e a cui parteciperanno direttamente 45 aziende socie.

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Gli Editoriali news news ed eventi Wine Calendar

Vinitaly 2020 e la vergogna degli alberghi di Verona: rincari già a un anno di distanza


EDITORIALE –
C’è quello che la prende di petto: “Cancelli subito la prenotazione, oppure non le farò trovare la stanza”. E quello che s’inventa un “problema tecnico” del sito, per giustificare il “mancato aggiornamento del prezzo, da rivedere al rialzo”.

Fatto sta che risparmiare con gli alberghi di Verona, in occasione di Vinitaly 2020, è impossibile. Inutile prenotare anche un anno prima rispetto alla data d’inizio della fiera del vino più importante d’Italia, in programma dal 19 al 22 aprile 2020. Nella rete dei ‘rincari a orologeria‘ degli albergatori veronesi siamo finiti pure noi di WineMag.it.

I FATTI

Il 19 aprile scorso, a pochi giorni dal termine dell’edizione 2019 di Vinitaly, prenoto sul noto portale Booking.com una stanza in un albergo di Viale Colonnello Galliano, nel quartiere Borgo Milano di Verona. La soluzione è perfetta.

Si trova a soli 1,3 chilometri dalla stazione di Porta Nuova, dalla quale partono le navette per la Fiera. Il prezzo è di 243,20 euro per 4 notti (dal 18 al 22 aprile 2020): 60,80 euro a notte per una camera matrimoniale con bagno privato e aria condizionata. Bingo. La transazione va a buon fine. Mi viene addebitata la caparra di 72,96 euro.

Felice come può essere solo un ultrà vinnaturista al cospetto di un vino brettato, penso di aver fatto un gran bell’affare. Ne resto convinto fino a venerdì 14 giugno. Sono le 9 del mattino. Mi trovo a Valdobbiadene per la presentazione di una nuova etichetta di Prosecco (Ruggeri).

Suona il telefono. Dall’altra parte della cornetta (telefonata registrata) il titolare dell’albergo in questione: “Il prezzo a cui ha prenotato su Booking è sbagliato, ci siamo dimenticati di alzarlo. Non possiamo dare la stanza per 60 euro: sotto Vinitaly costa 120 euro a notte. Cancelli la prenotazione o non troverà la stanza”.

Invito il gentilissimo albergatore a rivolgersi a Booking, perché ho già versato la caparra ed è corretto che la stanza mi venga garantita a quel prezzo, come prevede la legge. “Si presenti pure, non troverà la stanza“, ribadisce l’imprenditore turistico, sbattendo giù il telefono.

Che fare? Avviso Booking.com. L’indomani arriva una nuova proposta, via mail: 10 euro in meno (110 euro, non più 120 euro a notte) per confermare la prenotazione all’albergo di Viale Colonnello Galliano. Rifiuto. Il servizio clienti del portale web mi contatta di lì a poco, per comunicarmi che cercherà un’altra soluzione.

LA BEFFA NELLA BEFFA. O QUASI
Arriviamo così a martedì 18 giugno. Il call center di Booking mi contatta per comunicare di aver trovato una stanza adatta alle mie esigenze. Costa 60 euro in più, su per giù: 300 euro tondi per 4 notti. Si accolleranno loro le spese aggiuntive. Mi invitano a prenotarla, per fare in modo che possano cancellare la prenotazione nella prima struttura.

In serata blocco la stanza suggerita da Booking. Il nuovo albergo si trova in Viale Andrea Palladio, a Verona. È ancora più vicino alla stazione Porta Nuova. Solo 900 metri, ovvero una decina di minuti a piedi. Perfetto, no? No.

Il giorno seguente vengo contattato dal titolare dell’albergo in questione. “Mi scusi ma il sito era in manutenzione – dice – quindi dovrebbe cancellare la prenotazione effettuata su Booking. Il prezzo che ha visto era sbagliato. Posso darle la stanza per non meno di 100 euro: 75 sono davvero troppo pochi, visto che c’è Vinitaly“.

In soldoni, un altro che si è dimenticato di alzare il prezzo nel periodo della Fiera del vino veronese. E pretende dunque che il cliente paghi di più. Nonostante la prenotazione sia già avvenuta al prezzo canonico della stanza.

Come è andata a finire? Ho chiesto al gentile albergatore di rivolgersi a Booking, dal momento che quella stanza mi è stata suggerita proprio dal servizio clienti del portale. Dopo meno di 48 ore, la prenotazione è stata confermata. Al prezzo iniziale. Ma non finisce qui.

Nei giorni scorsi ho ottenuto il rimborso della caparra versata ad aprile, per il primo albergo. La legge italiana, come ricorda l’Adoc (Associazione Difesa Orientamento Consumatori) prevede tuttavia che “se l’albergatore risulta inadempiente rispetto al contratto, il consumatore ha diritto al doppio della somma versata”.

Ho chiesto a Booking il versamento degli ulteriori 72,96 euro. Serviranno per qualche causa benefica, tipo la fame nel mondo o, che so? Il mercato estivo del Milan. Nel frattempo ci bevo su. Rigorosamente veronese. Cin, cin.

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