FOTONOTIZIA – Vinifera Trento 2022, la mostra mercato dedicata ai vini dell’arco alpino, animerà i padiglioni della Fiera di Trento sabato 26 e domenica 27 marzo. Attesi oltre cento artigiani del vino, produttori, ristoratori e artisti provenienti da tutte le regioni cisalpine e da Francia, Austria, Svizzera e Slovenia. Parteciperà a Vinifera Trento 2022 anche l’associazione francese Vignerons de Nature, con i vini biodinamici dei soci produttori.
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TRENTO – A causa del protrarsi dell’emergenza sanitaria legata alla diffusione di Covid-19, l’associazione Centrifuga, che organizza Vinifera Forum – Salone dei vini artigianali dell’arco alpino, ha deciso di annullare l’edizione 2020 dell’evento. Le date previste erano il 2 e 3 maggio, presso la Fiera. La prossima mostra mercato si terrà il 27 e 28 marzo 2021.
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TRENTO – I vini artigianali dell’arco alpino tornano protagonisti alla Fiera di Trento per la terza edizione di Vinifera, il 28 e 29 marzo 2020. Una mostra mercato con 70 produttori provenienti da Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli ma anche da Austria, Svizzera, Francia e Slovenia. Rappresentanti di una viticoltura che spesso si può definire eroica per le dure condizioni in cui viene svolta e che riveste un ruolo fondamentale nella cura dei territori montani.
“A Vinifera Forum 2020 sarà possibile ascoltare i racconti di fatica, passione e tenacia di chi il vino lo fa in prima persona e scoprire realtà vinicole lontane dai riflettori ma vicine alla terra”, spiegano gli organizzatori dell’Associazione Centrifuga, un gruppo di giovani che hanno unito diverse competenze, forze ed esperienze per realizzare iniziative incentrate sulla produzione sostenibile in campo agricolo e vitivinicolo.
Saranno inoltre presenti alcuni artigiani della gastronomia, che racconteranno attraverso i loro prodotti e i loro piatti un territorio duro e difficile da lavorare, ma che sa dare grandi frutti. In programma, sempre alla Fiera di Trento, anche quattro masterclass.
Nei mesi di febbraio e marzo il salone sarà anticipato dal Forum, una ricca proposta itinerante nella provincia di Trento dove troveranno posto degustazioni, conferenze, incontri con produttori ed esperti del settore.
Vinifera in breve: Quando: sabato 28 e domenica 29 marzo 2020 Dove: Trento Fiere – Via di Briamasco, 2 Orario di apertura al pubblico: dalle 11.00 alle 19.00 Ingresso: € 15.00
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TRENTO – C’è chi li pianta infischiandosene delle normative, aspettando che la burocrazia faccia il proprio corso. E chi invece li coltiva da anni, iniziando finalmente a goderne i frutti. Quel che è certo è che nel Nord Italia, tra giri di false fatture e rischi di denunce penali in cui incorrono alcuni temerari viticoltori, è ormai esplosa la moda dei Piwi.
A confermarlo è Vinifera 2019, il Salone dei Vini Artigianali dell’Arco Alpino in scena a Trento Fiere. Un migliaio gli ingressi all’esordio di ieri, sabato 23 marzo (“giornata fiore” nel calendario biodinamico, perfetta per degustare il vino), tra appassionati e addetti del settore. La manifestazione riapre i battenti oggi, dalle ore 11 alle 19.
Un’edizione che può già dirsi di successo, per l’ottima risposta dei produttori trentini e altoatesini rispetto al primo “ciak” dello scorso anno. Settantatré i vignaioli presenti, con circa 300 vini prodotti nel modo più naturale possibile.
Tra questi, ecco l’esplosione dei vitigni resistenti: i cosiddetti Piwi, acronimo del tedesco Pilzwiderstandfähig. Si tratta di nuove varietà di uva, ottenute incrociando tra loro quelle più resistenti alle malattie fungine.
Piante nemiche delle case “farmaceutiche” e del business dei trattamenti in vigna. Necessitano di pochissime cure, una volta piantate. Ma al contempo è palese il rischio di una proliferazione della viticoltura anche in aree poco vocate. Con il conseguente stravolgimento del concetto stesso di sostenibilità ambientale.
I Piwi, insomma, rischiano di trasformarsi da risorsa a moda pericolosa. Una bomba che rischia di esplodere in mano al settore vitivinicolo italiano. Soprattutto perché sono ancora pochi quelli che convincono nel calice, nonostante il fenomeno si allarghi a macchia d’olio nelle Regioni settentrionali.
E se da un lato i vignaioli premono affinché le varietà resistenti vengano inserite nei disciplinari di produzione – cosa che consentirebbe di incrementale a valore la produzione – dall’altro è ormai evidente il gioco di interessi dei vivai (tra “major” e piccoli nomi) in una guerra senza quartiere per accaparrarsi i cloni più redditizi.
Chi vivrà vedrà, insomma. E per chi ancora si accontenta di bere un vino semplicemente buono – magari meglio se autoctono – ecco i migliori assaggi all’edizione 2019 di Vinifera, Salone dei Vini Artigianali dell’Arco Alpino.
METODO CLASSICO / ANCESTRALI / FRIZZANTI
1) Südtirol Sekt Alto Adige Doc Metodo Classico Brut 2008 “Hausmannhof”, Haderburg. Sua maestà Chardonnay, senza rivali a Vinifera 2019 per la tipologia. Verticale e al contempo largo, affascina con un naso che racconta trame di frutta esotica, sale, miele, fumo e resina. In bocca al contempo verticale e largo. Metodo classico fisarmonica: musica, maestro.
2) HeH, Nove Lune. Alessandro Sala è il responsabile Piwi Lombardia: uno di quelli che coi vitigni resistenti non gioca a fare l’indiano. Lo dimostra col suo HeH, ancestrale da Solaris in purezza che scorre in gola come un fiume. Da bere a secchi, coi suoi 10,5%. Vino da piscina.
3) Valdobbiadene Prosecco Docg frizzante 2017, Malga Ribelle. Bello e raro “esemplare” di “Col Fondo” prodotto in quantità molto limitate: non a caso, in cantina, è già a disposizione la vendemmia 2018 (3.700 bottiglie).
VINI BIANCHI
1) Vino bianco 2017 “Ognicost”, Pinat. Marco Pinat ha iniziato la sua avventura nel 2015, trovando un appoggio nella sorella Malvina. A Vinifera i due giovani produttori (32 e 27 anni) portano un Verduzzo da strilli. Il migliori bianco per stacco della Fiera 2019, per la capacità di interpretare con assoluta verità e rispetto del terroir uno dei vitigni di maggior pregio del Friuli Venezia Giulia, il più delle volte dimenticato o bistrattato.
2) Vino bianco “Gt” 2017, Weingut Pranzegg. Un Gewurztraminer pensato, concettuale. Potrebbe sembrare un ossimoro, se non fosse davvero questo il risultato del lavoro in vigna di Martin Gojer, che tiene coperto dalle foglie il frutto, fino alla vendemmia. Ne scaturisce un Traminer masticabile più che succoso, vagamente tannico. Certamente gastronomico, senza rinunciare alla gran bevibilità assicurata dall’aromaticità varietale.
3) Soave Classico 2016, Balestri Valda. Lo aspettavamo, questo Soave. Lo desideravamo. A tre anni dalla vendemmia, inizia finalmente a vivere questa bella etichetta fortemente voluta dalla combattiva Laura Rizzotto. Frutto e durezze al posto giusto, per cominciare a parlare di cosa sarà domani (e dopo): meglio e meglio ancora.
4) Mitterberg Igt 2016 “T.N. 99 Sonnarin”, Thomas Niedermayr. Un altro vignaiolo che ha legato a doppio filo la sua carriera con i Piwi. In questo caso si tratta di un blend composto per l’80% da Solaris (piantato nel 1999 e l’etichetta lo ricorda), con Muscaris (10%) e l’altra varietà resistente denominata “50-40” (10%). Zenzero e agrumi al naso, che poi si trasferiscono in un palato di carattere e struttura, avvolto in un piacevole velo aromatico.
5) Igt Venezia Giulia “Soncek”, Zahar Azienda Agricola. Uvaggio “triestino”: 40% Malvasia, 30% Vitovska, 30% Tocai. Due giorni di macerazione, giusto per dare materia al morso, pardon al sorso. Altro bianco gastronomico.
VINI ROSSI
1) Bardolino Superiore Docg Classico 2015 “Avresir”, Villa Calicantus. Per una volta spazio – davanti a tutti – a un grande vino di domani. Un vino da aspettare in vetro un altro annetto, ma già in grado di far capire quanto sarà grande. “Avresir” è il contrario di “Riserva”: aspettiamola.
2) Riviera del Garda Classico Doc Valtènesi 2015 “Estate di San Martino”, La Basia. Giacomo Tincani fuoriclasse del rosato, ma non solo. Lo dimostra con questo rosso. Sessanta giorni sulle bucce per questo blend di vigne di 65 anni di Groppello (50%), Barbera (20%), Sangiovese (20%), Marzemino (10%), che affina per un terzo in cemento e per il resto in barrique usate. Carattere, struttura, longevità assoluta.
3) Alto Adige Südtirol Doc Cabernet Franc 2016 “Lerian”, Seppi Weingut. Solo 1.500 bottiglie per questo splendido Cabernet Franc dell’area del Lago di Caldaro. Grande eleganza nel gioco tra frutto, polpa e durezze minerali.
4) Vallagarina Rosato Igt 2017 “Riflesso Rosi”, Eugenio Rosi. Vino d’arte, capace di coniugare come pochi in Italia la massima piacevolezza a una trama strutturata. Ancor più straordinario se si pensa che si tratta di un Cabernet-Merlot con un tocco di Marzemino, “riflessi” sulle bucce di Nosiola, Pinot Bianco e Chardonnay. Un rosato, tra l’altro, ancora piuttosto giovane: evviva.
5) Teroldego Rotaliano Doc 2016 “Vigilius”, De Vescovi Ulzbach. Famiglia storica, trapiantata a Mezzocorona (TN) sin dal 1600. Un Teroldego che lascia spazio al terroir, senza esasperare il frutto. Piace soprattutto per la vena sapida, che conferisce ulteriore struttura e verticalità al sorso, secondo i canoni della piccola associazione “Teroldego Evolution” che si batte per la tipicità del noto rosso trentino.
MENZIONI
1) Vino bianco Sauvignon Anphora non filtrato 2015 “Garnellen”, Tröpfltalhof
2) Teroldego Rotaliano Doc 2015, Martinelli Andrea
3) Vigneti delle Dolomiti Igt Groppello di Revò, El Zeremia
4) Vino Rosso 2015 “Bau”, La Chimera – Vini di Montagna
5) Vigneti delle Dolomiti Igt Vernatsch 2015, Weingut in der Erben
6) Vino Santo Trentino 2002, Gino Pedrotti
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Vinifera, il Salone dei vini artigianali dell’arco alpino, torna per la sua seconda edizione alla Fiera di Trento, sabato 23 e domenica 24 marzo 2019. L’evento non sarà un semplice banco d’assaggio, ma l’occasione per appassionati e curiosi di scoprire e approfondire la conoscenza di oltre 60 produttori provenienti dal territorio alpino e prealpino, dell’Italia ma anche di Austria, Francia, Svizzera e Slovenia. Ad accompagnarli, una selezione di produttori artigianali di cibo provenienti dal Trentino e dall’Alto Adige/Südtirol. In entrambi i casi, sarà possibile acquistare i prodotti direttamente al banco dei produttori.
La due giorni del Salone sarà anticipata dal Forum, una serie di appuntamenti che si svolgeranno in varie località della provincia nelle settimane precedenti, con eventi dedicati all’effetto dei cambiamenti climatici sulla viticoltura, degustazioni alla cieca, focus territoriali come quello sulla Valle d’Aosta e su nicchie produttive come quella del vermouth.
Tra gli approfondimenti già confermati in fiera, Matteo Gallello, caporedattore di Porthos, guiderà i presenti in una degustazione geosensoriale secondo il metodo proposto dal professore Jacky Rigaux nel libro Il Vino Capovolto.
Un secondo laboratorio si concentrerà sui vitigni resistenti, esplorando lo stato dell’arte delle ricerche e della sperimentazione in quest’ambito e le prospettive future di questo settore.
Ai Dolomitici – il gruppo nato per valorizzare l’originalità e la diversità della viticoltura trentina – toccherà il compito di presentare il Perciso, il vino simbolo della sapienza contadina nato da un progetto condiviso da 10 tra le migliori realtà vitivinicole del Trentino.
I Dolomitici hanno infatti deciso di unire le forze per garantire la conservazione di un antico vigneto e produrvi un vino che esprima l’essenza di questa antica varietà e il sapore della terra in cui affonda le sue radici. Un’altra degustazione, guidata da Gianpaolo Giacobbo, sarà dedicata ai vini rifermentati in bottiglia sui lieviti provenienti dall’Arco Alpino, dalla Liguria fino alla Slovenia.
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Un altro bell’evento, questa volta in un territorio meno “global” della media come Trento, con protagonisti i vignaioli artigiani. Vinifera Forum, dal 21 al 25 marzo, ha posto l’accento sul “vino artigianale”, con particolare attenzione alle Alpi e al Nord Italia.
Una viticoltura eroica raccontata da tante etichette presenti sul catalogo di Proposta Vini. Tra quelle presentate lo scorso mercoledì da Italo Maffei al Circolo Santa Maria di Rovereto (TN), segnaliamo la straordinaria Boschera di Eros Zanon.
Un Colli Trevigiani Igt frizzante ottenuto dall’omonimo vitigno, di cui sono presenti solo 6 ettari in tutta Italia. Siamo nella zona di Valdobbiadene e i ceppi di Boschera sono stati scoperti e conservati da Zanon tra filari di Glera.
Ne scaturisce un vino vivo, dal naso succoso di frutta a polpa bianca. Un bel palato minerale, verticale, accompagna verso una chiusura e agrumata e vegetale. Beva semplice, ma tutt’altro che banale: un vino quotidiano di assoluto livello.
Giovedì 22 marzo la visita all’azienda agricola Elisabetta Foradori a Mezzolombardo (TN). La nota produttrice trentina, artefice del successo del Teroldego nel mondo e promotrice della viticoltura biodinamica, ha aperto le porte a un nutrito gruppo di visitatori.
Un vero e proprio mausoleo i locali storici della cantina. Uno di quei posti in cui cala il silenzio, quasi per magia e per rispetto dei nettari che riposano in bottiglia, o sono in maturazione nelle oltre 120 anfore di terracotta spagnola Padilla: un marchio di fabbrica della Foradori.
Una vignaiola che, grazie alle selezioni massali sul Teroldego, operate sin dal 1984, regala al mondo del vino italiano vere e proprie chicche. Vini di prospettiva, pensati per evolversi nel tempo, subendone le curve e i sali e scendi.
Di fatto, oggi, il vino più “pronto” tra i rossi degustati è certamente il Vigneti delle Dolomiti Igt Foradori 2016. L’etichetta storica dell’azienda, prodotta sin dal 1960. Naso infinito: cannella, finocchietto, radice di liquirizia, ginger e richiami che ricordano l’agrume maturo, in particolare l’arancia rossa.
Vena floreale di viola e minerale profonda che si ritrova anche al palato, decisamente verticale. Tutto si gioca su note di frutta a bacca rossa come melograno e ribes: l’acidità torna a parlare di agrumi e il tannino fa presagire buone prerogative di affinamento del nettare in bottiglia.
Strepitosi anche i due cru di Teroldego firmati da Elisabetta Foradori: Sgarzon 2015 e Morei 2016. Tra i due, è il primo a convincere di più, in questa fase. Un naso solare, ricco, concentrato come il colore che dipinge il calice, un rosso purpureo impenetrabile.
Palato vibrante, giocato su un’acidità che ricorda più la buccia rossa che la polpa d’agrume. Leggera percezione tannica, ben integrata col sorso. Morei è invece ancora un po’ chiuso, con le parti vegetali e speziate in attesa di confondersi amabilmente col frutto.
Il Granato 2015 è, in assoluto, il Teroldego di casa Foradori che parla più di futuro. Un vino, oggi, da dimenticare in cantina e riscoprire evoluto entro una decina d’anni. Bello constatare la presenza, assieme, di note terrose ghiaiose ed eteree che ricordano tabacco dolce e fumè, in un quadro fruttato di ribes e ciliegia.
Eugenio Rosi, Viticoltore Artigiano – Cantina di Affinamento. Entrare a Palazzo Demartin, in via 3 novembre a Calliano, piccolo borgo di 2 mila anime alle porte di Trento, in Vallagarina, è come fare un tuffo nel passato.
Rosi apre la porta e invita all’interno di quella che sembra, di primo acchito, la bottega di un falegname. E lui, Mastro Geppetto. Capelli lunghi brizzolati, raccolti in una coda. Sorriso timido, stretta di mano calda.
Si percorrono due corridoi pieni di cartoni, poggiati su un pavimento della fine del Quattrocento. Ti senti un po’ Pinocchio, tra le mani del genio. L’ambiente ti avvolge, come in un sortilegio. Un antico portone di legno conduce alla panica della balena.
Ventidue gradini di pietra, in pendenza, conducono nella barricaia. Al centro una tavola di legno, come fosse un altare, con decine di bottiglie alla rinfusa. Eugenio Rosi si posiziona al centro. E versa, versa. Versa. E racconta.
Si inizia con il blend Anisos 2015: Nosiola (50%) Pinot Bianco (30%) e Chardonnay (20%), allevati tra i 400 e gli 800 metri. La prima poesia in un calice che si colora di macerazione e profuma di fiori di montagna come un campo. In bocca, l’acidità della Nosiola la fa da padrona, smussata dalla fine eleganza degli altri due vitigni.
Dorato il colore di Anisos 2009 (“orange” è una definizione che a Rosi non piace, “anche se so benissimo che stiamo parlando di quello”, ammette). Naso di quelli che ti tengono incollato al bordo come un bambino che guarda fuori dal finestrino, mentre guida papà. Miele, scorza d’arancia, anice stellato, zenzero.
La predominanza della Nosiola, in bocca, si fa sentire: prima amara, poi arrotondata dall’azione mitigatrice di Pinot Bianco e Chardonnay. Un vino lunghissimo, che conta pure su uno spunto tannico nel retro olfattivo.
“Ci sono i vini artigianali e i vini industriali – spiega Eugenio Rosi – senza vie di mezzo. Non che il primo sia migliore. L’artigiano produce cose uniche. Dall’altra parte si agisce su ‘ricette’ precostituite”.
“E’ tutta una questione di persone – sostiene Rosi che, da giovane enotecnico, ha rinunciato a un posto di lavoro sicuro per seguire il sogno della viticoltura eroica – perché nell’industria la persona diventa un semplice ‘esecutore’. Spesso vengo in cantina con l’idea di fare dei lavori: poi assaggio e lascio lì, non tocco niente. Provate a farlo in un’industria: sarebbe impossibile”.
Si prosegue con Riflesso Rosi 2016, Merlot e Cabernet in prevalenza, con una punta di Marzemino. I tre uvaggi macerano con le vinacce del bianco: si ottiene così il colore perfetto. Pare d’essere in un bosco, nonostante la leggera volatile: piccoli frutti rossi che dominano anche il palato, dritto, sincero. Rinvigorito dalla spezia leggera del Marzemino.
Il meglio di questo vitigno, in purezza, lo esprime la vendemmia 2015 di Poiema. Rosso impenetrabile e un naso più fruttato e meno speziato rispetto ai Marzemino di Isera. In bocca splendido equilibrio: amarena, uvetta, lampone, prugna, ma anche mela renetta.
Le note dolci sono dovute al leggero appassimento cui vengono sottoposte le uve per circa 30-40 giorni, per un buon 30%. Uve su cui, in seguito, avviene la rifermentazione della “base”.
Una tecnica con cui Rosi sopperisce ai problemi di maturazione (e dunque di asperità) del Marzemino, donandogli maggiore piacevolezza e facilità di beva, ma senza perdere neppure un minimo di tipicità.
Forse, però, il vero asso nella manica di questo vignaiolo artigiano della Vallagarina è il blend 2013, 2014 e 2015 di Cabernet Franc, in stile “solera”. Naso tipico, bocca di una finezza rara, capace di esprime i sentori caratteristici del vitigno in un sorso aggraziato, posato, allo stesso tempo potente e raffinatissimo.
Le uve provengono più da un clos che da un cru. Il giardino di una villa tutelata dalle Belle Arti, dotato di un terreno di sabbia profonda, quasi da cava. Vinificazione in vasche di cemento a cappello sommerso, dopo una cernita spasmodica delle uve, i primi di ottobre.
Fermentazione spontaea, con il vino nuovo immesso sul “vecchio”, assieme al suo corredo di lieviti vitali, freschi. Un filo di solforosa in botte e il risultato di un’eccellenza rara tra i rossi italiani.
Un livello su cui si assesta anche Esegesi 2013, blend di Cabernet Sauvignon (80%) e Merlot (20%) che si riassume nella massima di Rosi: “Il vino è interpretazione, emozione ed equilibrio”.
“Ma se tornassi indietro – ammette il vignaiolo – non so se rifarei le stesse scelte. Ho sacrificato e sto sacrificando la mia famiglia, i miei tre figli. Io e mia moglie Tatiana siamo partiti da zero, qui. Più ci guardiamo attorno, più ci rendiamo conto che l’errore più grande sia stato quello di non partire”.
In Vallagarina o in Liguria, la battaglia sarebbe rimasta la stessa: “Concentrarsi nel fare vini più buoni degli altri (industria, ndr) facendo crescere nel consumatore la consapevolezza e la conoscenza fondata, tangibile del senso della nostra attività”.
Amare considerazioni per un dolce finale, con lo splendido Marzemino passito 2013: un inno a profumi carezzevoli e finissimi di frutta a polpa rossa e nera, con richiami decisi a datteri e fichi. Corrispondente al palato, dove sfodera un tannino piuttosto vivo.
I MIGLIORI ASSAGGI A VINIFERA FORUM – SALONE DEI VINI ARTIGIANALI ALPINI
Bello vedere tanti giovani a caccia di calici pieni di contenuti e di storie, ancor più che di vino, al Salone dei Vini Artigianali Alpini. Vinifera Forum si è chiusa così, tra sabato 24 e domenica 25 marzo.
Un migliaio gli ingressi alla degustazione che ha visto protagonisti 50 artigiani del vino provenienti soprattutto da Trentino, Alto Adige e Veneto, ma anche da Lombardia, Friuli, Piemonte, Liguria, Slovenia e Austria.
Bello, anzi stupendo, lo scambio con molti vignaioli: tutti meno “ultrà” rispetto a tanti bevitori enofighetti di “vino naturale”. La necessaria rivoluzione culturale del vino italiano, utile ad accompagnare il mercato verso il successo che merita, si favorisce così.
Con eventi di nicchia ma ragionati. Peccato solo per la scarsa adesione di tanti “big” trentini a questo Forum, ampiamente compensata da qualche mostro sacro altoatesino (terra più generosa di quanto possano far presumere certi stereotipi).
Bellissimo vedere produttori affermati come Haderburg, Patrick Uccelli e Martin Abraham sostenere la “causa” di un’associazione di eno appassionati che amano il proprio territorio e le tradizioni: perché questo è l’Associazione di promozione culturale Centrifuga, ideatrice e artefice del programma di Vinifera 2018. Ecco i migliori assaggi.
SPUMANTI 1) Metodo Classico Vsq “Man 283” 2013, Giuliano Micheletti. Dosaggio zero biodinamico, tradotto: Chardonnay dritto al cuore. Suoli calcarei profondi, su argilla, che si esprimono sopratutto in un palato dritto, verticale, sottile, corroborato da una piccola (ma sapientissima) aggiunta di muscoloso Pinot Nero.
Un metodo classico talmente vibrante al naso da sembrare dosato con qualche mistica pozione d’alpeggio. Vino dal rapporto qualità prezzo imbarazzante: 25 euro per portarselo a casa. Chapeau.
2) Metodo Classico Trento Doc Dosaggio Zero “Maso Nero” 2012, Az. Agr. Zeni. Pinot bianco in purezza per questo prezioso sparkling che si discosta dalle caratteristiche usuali trentine, non solo per via della scelta dell’uvaggio.
Prodotto per la prima volta nel 2010, era stato pensato originariamente per essere dosato come Brut, con aggiunta di liqueur. Dagli assaggi, Rudy Zeni e la sua famiglia hanno compreso le potenzialità espresse dal Pinot Bianco. Optando per valorizzarle appieno. Nature, appunto.
Una scelta azzeccatissima, dal momento che il legno utilizzato per metà della fermentazione – seppur di secondo e terzo passaggio – aveva già ammorbidito il sorso, conferendogli un’opulenza perfettamente integrata con le note esotiche mature. Super.
3) Metodo Classico Trento Doc Nature Riserva 2012, Marco Tonini. Un vulcano questo vignaiolo, affabile come la sua batteria di Trento Doc, dall’ottimo rifermentato all’eccellente Riserva che, da poco, ha iniziato a commercializzare (prima la produceva solo per gli amici).
La Riserva Nature 2012 di Tonini è uno di quegli spumanti che vorresti avere sempre in casa: una beva tesa e molto elegante, su note fruttate mature corroborate da ottima vena balsamico-vegetale e minerale.
4) Vino Spumante Brut Nature “Silvo”, Villa Persani. Un Metodo Ancestrale coi fiocchi quello proposto da Villa Persani in una comoda bottiglia da 0,50. “Non solo per discostarlo dai Metodo classico – spiega Silvano Clementi – ma soprattutto perché lo abbiamo pensato come lo spumante perfetto per un aperitivo intimo, per due persone”. Anche il prezzo è ottimo: 8 euro in cantina.
Con Villa Persani siamo a Pressano di Lavis, vicino Trento. L’azienda si è specializzata nell’allevamento di varietà resistenti (Piwi). “Silvo”, di fatto, è un metodo ancestrale con tappo a corona ottenuto da Souvignier gris e Aromera. Bel sorso per questo sparkling dai connotati aromatici, agrumati e minerali.
5) Prosecco Frizzante “Di Fondo”, Bresolin Enrico. Il tipico Prosecco da “shakerare” prima dell’uso, per rimescolare i depositi presenti sul “fondo” e godersi appieno tutto il parterre aromatico. A produrre “Di Fondo” sono tre giovani: Enrico (25), Matteo (26) e Davide (35), nella loro azienda biologica di Maser, sui Colli Asolani.
Bel Prosecco frizzante il loro, capace di risvegliare, dal torpore dei lieviti ammassati alla base della bottiglia, sentori che vanno ben al di là di quelli classici della Glera. E dunque, oltre alla frutta a bacca bianca come la pera Williams, ecco richiami spiccatamente floreali ed erbacei, oltre a una leggera vena di radice di liquirizia.
VINI BIANCHI 1) Pinot Blanc 2015 “Art”, Weingut Martin Abraham. Tutti capolavori assoluti i vini di Martin Abraham, vignaiolo altoatesino tanto schivo quanto pronto a raccontare le sue “creature” con un calore che in pochi riescono a trasmettere.
Questa volta segnaliamo la versione che fa legno del suo Pinot Bianco In Der Lahm, vendemmia 2015, che nasce da una selezione della stessa vigna. Due anni sulle fecce, senza travasi, anche la malolattica in legno nuovo.
Ne risulta un naso ancora un po’ troppo condizionato da questa scelta, che tuttavia guarda al futuro e alla longevità di un’etichetta destinata ad affinarsi ulteriormente nel tempo.
Il palato, invece, è un’esplosione. La componente minerale fa da cornice a richiami fruttati a metà tra l’agrume e la pera. Straordinario l’equilibrio tra la cremosità dell’alcol e le durezze. Il finale, lunghissimo, è tutto giocato sulle spezie, quasi piccanti. Un vino dal valore assoluto.
2) Vino bianco biologico 2016 “Monte del Cuca”, Menti Giovanni. Cambiamo zona e cambiamo radicalmente tipologia di bianco. Con “Monte del Cuca” siamo in Veneto, nella zona di Gambellara.
Si tratta di un 100% uve Garganega, raccolte a mano nella prima metà di ottobre, diraspate e fatte fermentare sulle proprie bucce, senza l’aggiunta di lieviti e senza controllo della temperatura.
Le uve restano in acciaio per circa due anni, prima dell’imbottigliamento, senza filtrazione e senza aggiunta di solfiti. Ne scaturisce un “orange” dal naso tra i più belli dell’intera Vinifera (e non solo). Come rotolarsi in un campo di fiori, alle pendici di un vulcano.
Il suolo fa la sua parte soprattutto al palato, conferendo all’assaggio una struttura verticale. Ma la lunga macerazione regala al contempo grassezza a una beva instancabile. Nel retro olfattivo anche una leggera percezione tannica.
3) Riesling 2012 “Limen Bianco”, Giuliano Micheletti. Oltre al Metodo Classico segnalato sopra, Micheletti conquista il podio anche tra i bianchi, con uno splendido Riesling 2012 che regala sentori di idrocarburo, resina, erbe. Un bianco più che mai vivo, sulla cresta dell’onda anche al palato, dove mostra uno splendido bouquet di frutta matura.
4) Sauvignon Blanc 2014 “Garnellen Anphora”, Tropfltalhof. Più difficile da pronunciare che da apprezzare, il vino in anfora di Tropfltalhof. Siamo a Caldaro, in Alto Adige. La vena agrumata tipica del vitigno non manca. Ma, per il resto, questo è uno di quegli assaggi da conservare nella cartella “Sauvignon Blanc” della memoria. Nome del file: “Eccezioni”.
I 21 mesi in anfore di tre tipi (due spagnole, alla Foradori ma di due produttori diversi, e una toscana) uniti ai 7 complessivi sulle bucce, conferiscono a questo Sauvignon una concentrazione organolettica unica, sia al naso sia al palato. Ottima la scelta di raccogliere all’ultimo la varietà, ottenendo una maggiore pienezza.
La bocca, in particolare, è tesissima. Sul filo di agrumi come lime, e pompelmo che accentuano la salivazione. Seguono spezie, sentori erbacei d’alpeggio e di pietra focaia, prima di un finale caldo. Solo 800 le bottiglie prodotte nella scarna vendemmia 2014, che fanno lievitare il prezzo a 41 euro.
5) Sampagna 2016, I Canevisti. Sampagna è il nome con cui, in dialetto veneto, si identifica la Marzemina bianca. Solo uno dei vitigni autoctoni della zona di Breganze, in Veneto, che il gruppo di amici vignaioli “I Canevisti” sta cercando di recuperare e valorizzare.
Andando oltre alcune punte di volatile, il vino che convince di più al banchetto di Vinifera è la Sciampagna 2016. Il risultato ottenuto con il lavoro su questo vitigno è a dir poco eccezionale.
Un naso infinito, ampio, giocato principalmente sulle erbe e sugli agrumi. Corrispondente al palato, dove sfodera altrettanta ampiezza. Da bere a fiumi, una volta riusciti a staccare il naso dal calice.
VINI ROSATI 1) Rosato di Dolcetto “?” 2017, Forti del Vento. Il nome di fantasia, i due amici Marco Tacchino e Tomaso Armento, devono ancora trovarlo per il loro rosato da uve Dolcetto, vinificato e affinato in anfore di terracotta da 300 litri.
Un rosato di quelli veri, di sostanza. A partire dal colore carico, senza compromessi provenzali. Mille bottiglie prodotte, in totale. Una bella chicca.
2) Riviera del Garda Classico Doc Valtenèsi Chiaretto “La moglie ubriaca” 2017, La Basia. Ha bisogno di ancora un po’ di “bottiglia” questa “moglie ubriaca”. Ma, barcollando, riuscirà certamente ad arrivare in porto: frutto, sostanza e mineralità ci sono tutte. Devono solo raddrizzarsi. E lo faranno entro qualche mese.
Terreni calcarei per dare al verticalità al calice di questa chicca di casa La Basia, azienda agricola condotta grande passione da Davide, Irene, Carla, Giacomo, Emilio e papà Antonio, che hanno preso in mano l’azienda alla morte di mamma Elena.
VINI ROSSI 1) Igt Terrazze Retiche di Sondrio, Pizzo Coca. Elogio alla semplicità. Segnaliamo questo vino per la sua capacità di arrivare al cuore, con grande semplicità. E’ il vino d’entrata (10 euro) di Pizzo Coca, realtà di appena 1,7 ettari vitati, vocata al biologico.
Siamo in Valtellina, uno dei simboli della viticoltura eroica in Italia. Qui, Lorenzo Mazzucconi, con un amico, ha deciso di mettere le radici, di ritorno da diversi viaggi di formazione enologica, in giro per il mondo.
Il monte Pizzo Coca è sullo sfondo dei vigneti e vigila sul futuro di questa combriccola, che ha da poco trovato un locale da adibire a cantina: l’ex latteria del Paese. Tutto attorno i vigneti, a Ponte, Tresivio, Poggiridenti e Montagna in Valtellina.
Il Nebbiolo di questo Igt Terrazze Retiche di Sondrio è lavorato solo in acciaio. Il risultato è un’esplosione tutt’altro che banale di frutto, di una grandissima pulizia. Un vino quotidiano con i contro fiocchi. Avanti così!
2) Piemonte Doc Albarossa 2013 “Altaguardia”, Forti del Vento. Torniamo in Piemonte, di nuovo a casa di Forti del Vento a Castelletto d’Orba, in provincia di Alessandria. Tra i rossi presenti a Vinifera Forum, infatti, spicca l’Albarossa 2013 “Altaguardia”.
Albarossa è il nome del vitigno frutto dell’incrocio tra Barbera e Nebbiolo. Un concentrato di Piemonte, insomma, reso possibile dell’ampelografo Giovanni Dalmasso. “Altaguardia” 2013 è un rosso ancora giovanissimo, ma di grande prospettiva.
Nel calice, evidente la “lotta” tra l’acidità intrinseca al vitigno e richiami vagamente surmaturi, più che concessi visto l’equilibrio raggiunto. Due, tremila bottiglie l’anno per l’Albarossa di Forti del Vento, allevata a un’altezza di 7-800 metri. Da comprare oggi e tenere in cantina.
3) Sorni Rosso Trentino Dop 2015 “Grill”, Eredi di Cobelli Aldo. Avete presente il Teroldego? Ma sì, quel rosso trentino che spesso comprate al supermercato. Ecco, scordatevelo. Il vitigno Teroldego è la base ampelografica della Dop Sorni.
E la Eredi di Cobelli Aldo lo interpreta alla sua maniera. Splendidamente. Le viti affondano le radici in terreni di gesso, che conferiscono al calice una mineralità spiccata.
Un Teroldego dall’ossatura ben definita, che non manca di sfoderare, al palato, un tannino austero e un frutto perfettamente delineato, pulito. Un altro grande vino di prospettiva, che incarna alla perfezione il senso di questo Salone dei Vini artigianali alpini.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
TRENTO – Si terrà a Trento, dal 21 al 25 marzo 2018 ViniferaForum, una settimana dedicata al vino artigianale, a coloro che lo producono e lo amano.
Protagonisti dell’evento saranno i vignaioli del territorio alpino e prealpino, coinvolti in un programma che culminerà sabato 24 e domenica 25 marzo nel Salone dei vini artigianali presso il Polo Fieristico di Trento.
Gli incontri di ViniferaForum, le visite in cantina, le degustazioni e la mostra-mercato saranno aperti alla partecipazione di addetti al settore, winelover e a tutto il pubblico interessato a conoscere le caratteristiche della viticoltura artigianale e sostenibile.
Oltre 50 vignaioli provenienti dall’arco alpino (regioni cisalpine più Austria e Slovenia), proporranno a ViniferaForum in degustazione e vendita le proprie etichette in un evento di rilievo nazionale che celebra l’eccellenza della produzione vinicola orientata alla sostenibilità e alla biodiversità.
Portare l’attenzione sulle specificità del terroir alpino significa apprezzare al meglio le peculiarità di quest’area montana, con un focus particolare sullo stretto rapporto fra territorio e produzione vitivinicola.
OBIETTIVI DELL’EVENTO
ViniferaForum si propone di valorizzare le grandi produzioni vinicole artigianali, favorendo la consapevolezza del ruolo della produzione agricola e delle scelte dei consumatori nella cura del territorio e nella salvaguardia della cultura vitivinicola.
Al centro di Vinifera c’è infatti la possibilità per il pubblico di incontrare i vignaioli alpini e gli operatori del settore nel segno del confronto, tessendo legami tra esperienze locali e favorendo il dibattito su questa scelta produttiva che suscita attenzione crescente nel settore.
IL PROGRAMMA
Due i momenti principali dell’evento, il Forum e il Salone dei Vini. Il Forum (21-23 marzo) rappresenta l’essenza della manifestazione: per tre giorni Trento sarà al centro della viticoltura alpina ospitando conferenze, degustazioni e visite in cantina che avranno per protagonisti realtà trentine e da fuori provincia per stimolare il confronto sui temi dell’agricoltura artigianale e sostenibile.
Le conferenze tematiche, con l’intervento di esperti di enologia, viticoltura e politiche agricole, verteranno sui temi dei vitigni resistenti, della ricerca enologica, dell’agricoltura di montagna e delle iniziative a sostegno dell’agricoltura biologica. In programma anche visite guidate presso i vigneti e le cantine di aziende locali (Foradori) e degustazioni guidate in vari luoghi della città.
Nel Salone dei Vini, aperto al pubblico sabato 24 e domenica 25 marzo, dalle 11 alle 19, i produttori proporranno in degustazione i vini nei rispettivi stand, con la possibilità per i visitatori di acquistare direttamente le bottiglie.
Oltre al percorso di degustazione libera, accessibile con l’acquisto del calice al prezzo di 15 euro, sarà possibile partecipare al ricco programma di degustazioni guidate e conferenze.
Gli appassionati assaggiatori potranno inoltre avventurarsi in sentieri limitrofi al “di-vin percorso” grazie alla presenza di una rosa di artigiani del gusto che accompagneranno il Salone: produttori artigianali di cibo provenienti dal Trentino e un servizio ristorazione attivo nei due giorni del Salone, per palati attenti alla qualità, alla genuinità e alla tradizione.
VINIFERA Vinifera è un evento promosso dall’Associazione Centrifuga, nata dall’incontro di un gruppo di persone accomunate dalla passione per l’enologia e attiva nell’ambito della produzione biologica e sostenibile in campo agricolo e vitivinicolo.
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