Penny Market brucia tutti sul tempo. E sul prezzo. E’ già in vendita sugli scaffali del soft discount del gruppo tedesco Rewe l’Amarone 2012 a marchio Montigoli. Il prezzo? Eccezionale: 13,99 euro. In linea con quello praticato da Lidl e da altri discount che operano sul suolo italico. Ma l’Anteprima Amarone 2012 non sarà questo weekend, a Verona? Se lo chiedono in molti e la risposta è “sì”. In realtà, la nuova annata di uno dei vini che contribuiscono a rendere grande l’Italia nel mondo, è già in vendita nei supermercati. Per una questione puramente commerciale. Ma nel pieno rispetto del disciplinare di produzione. Che prevede, per l’Amarone della Valpolicella 2012, la possibilità di immissione in commercio già dal gennaio 2015. Ovvero, dopo “un periodo di invecchiamento di almeno due anni con decorrenza dal 1° gennaio successivo all’annata di produzione delle uve”. “L’Amarone Montigoli – spiega Luca Bissoli, direttore commerciale della Cantina di Negrar – è un nostro prodotto che otteniamo nell’omonima zona della Valpolicella. E’ un prodotto fresco, ma pronto. In questo Amarone si cerca di dare più risalto al frutto, alla rotondità, alla piacevolezza della beva, piuttosto che ad altre caratteristiche come la complessità e la struttura”. L’Amarone Montigoli 2012 in vendita da Penny Market è il classico vino di qualità trasversale, capace di soddisfare l’ampia platea di pubblico della grande distribuzione organizzata. Non un vino “da discount”, bensì un Amarone piacevole, destinato certo più al “bevitore medio” che all’intenditore vero e proprio. “Montigoli è un Amarone di grande qualità – continua Bissoli – e di assoluto rispetto del disciplinare di produzione, ottenuto in conformità delle caratteristiche del pubblico a cui è destinato, ovvero quello dei supermercati”.
LA STRATEGIA DEL CONSORZIO? Si tratta, peraltro, di una scelta precisa del Consorzio Tutela Vini Valpolicella. “All’Anteprima Amarone 2012 che andrà in scena nel weekend a Verona – spiega ancora il direttore commerciale di Cantina Negrar, Luca Bissoli – saranno presenti molte aziende agricole, tra loro diverse per filosofia di produzione e offerta dell’Amarone. Aziende di grandi dimensioni come la nostra hanno la necessità finanziaria di porre un prodotto sul mercato nei termini stabiliti dal disciplinare, ma in tempi più brevi, per far rendere l’investimento finanziario: tenere l’Amarone fermo in cantina per 3 anni vorrebbe dire utilizzare valore e quindi posticipare la disponibilità del ritorno dell’investimento stesso”. Diverso il discorso per un’azienda di piccole dimensioni. Che, facendo affinare il prodotto per un periodo più lungo, fa guadagnare complessità alla beva. “Inutile sottolineare che nel canale ho.re.ca – evidenzia Bissoli – l’Amarone 2012, venduto nel 2015, ha poco appeal e non incontra l’interesse degli operatori, alla ricerca di annate più strutturate. Per questo il Consorzio ha deciso di presentare con un anno di ‘ritardo’ un Amarone già commercializzato dal 2015: per offrire una proposta complessiva dei vari produttori, molti dei quali sono piccoli”. Il vero Amarone sarà dunque quello che scorrerà a fiumi a Verona, nel weekend? “No – chiosa Bissoli -. Quello sarà un Amarone più complesso, con maggiore affinamento rispetto a quello già in vendita per esempio nei supermercati”. Una questione di stile, insomma. Certo è che l’Amarone 2012 mette d’accordo tutti: chi vuole la botte piena. E chi preferisce la moglie ubriaca.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Il conto alla rovescia è iniziato. Si terrà a Verona, dal 10 al 13 aprile, la cinquantesima edizione di Vinitaly, la più ampia rassegna internazionale di vini e distillati che ogni anno va in scena nella città simbolo del Veneto, Verona. La 50a edizione, assicurano gli organizzatori, “segnerà il punto di partenza per un nuovo futuro”. Con una certezza che è ormai tradizione: la presenza di oltre 4 mila aziende che esporranno i loro prodotti (clicca qui per vedere l’elenco completo). Tra le novità, una riguarda il premio Vinitaly 2016. Le sorti del vincitore saranno nelle mani di “giudici specializzati per aree produttive, in grado di comprendere la qualità sulla base delle specifiche peculiarità del luogo di origine dei vini, esprimendo il loro valore in centesimi”. Con 5 Star Wines, Vinitaly offrirà così ai vini che supereranno i 90 punti “uno strumento di marketing estremamente moderno ed efficace, perché comprensibile e riconoscibile dai consumatori di tutto il mondo”. Le imprese interessate a partecipare potranno iscriversi dall’1 febbraio al 18 marzo. I “vini a cinque stelle” saranno contrassegnati “da un logo geometrico, moderno, che ricorda stilizzata l’Arena di Verona, contenente il punteggio ottenuto espresso in centesimi, studiato per essere applicato alla bottiglia ed essere ben visibile da diverse angolazioni”. “Il Premio 5 Star Wines, che rappresenta l’evoluzione, dopo 22 edizioni, del Concorso Enologico Internazionale – spiega in un comunicato Veronafiere – si presenta nuovo esteriormente e nella sostanza. Con il nuovo premio non ci saranno più primi, secondi e terzi posti con medaglie d’oro, d’argento e di bronzo, e nemmeno gran menzioni, ma solo la dichiarazione del punteggio ottenuto, a patto che sia uguale o superiore a 90 centesimi”. “Questo – prosegue il omunicato – renderà più trasparente il rapporto con il mercato, dove a un premio corrisponde un valore reale, immediatamente codificabile dal consumatore e dai buyer. Per rendere ancora più qualitativa e oggettiva la valutazione, le commissioni, formate da esperti internazionali coordinati da Ian D’Agata (Direttore Scientifico di Vinitaly International Academy con 15 anni di esperienza nei più importanti concorsi enologici, tra cui l’International Wine Challenge e il Decanter World Wine Awards, anche come panel chairman) saranno divise per macro aree: ad esempio Stati Uniti/Canada, Sud America, Francia, Germania/Austria, Italia (quest’ultima articolata per zone di produzione) e Cina. Ciò significa che ogni campione, qualsiasi sia la sua origine, potrà contare su un giudizio basato sull’effettiva conoscenza degli specifici vini e delle area geografica di provenienza”. Già definito l’elenco dei general chairmen e dei panel chairmen, composto da Master of Wine, Master of Sommelier, sommelier pluripremiati e giornalisti esperti.
I PREMI SPECIALI Sono confermati, invece, i Premi Speciali pensati per dare un riconoscimento alle aziende che maggiormente si distingueranno: oltre al Premio Gran Vinitaly (assegnato alle due aziende, una italiana e una estera, che conquisteranno i punteggi più alti), si aggiungono il Trofeo Vino Bianco, il Trofeo Vino Rosso, il Trofeo Vino Rosato, il Trofeo Vino Frizzante, il Trofeo Vino Dolce e il Trofeo Vino Spumante. “Il Premio 5 Star Wines – evidenzia Veronafiere – diventa così per i vini premiati una garanzia di qualità riconoscibile in tutto il mondo, spendibile dalle cantine per il proprio marketing. I vini vincitori del Premio Internazionale Vinitaly – 5 Star Wines, inoltre, saranno presentati durante apposite degustazioni inserite nell’ambito di eventi organizzati nel corso di Vinitaly e Vinitaly International”. Anche la scelta delle data, dall’1 al 3 aprile 2016, a pochi giorni dell’apertura di Vinitaly, permette alle aziende vincitrici di presentare i propri prodotti comunicando i premi ottenuti ai buyer, che possono così avere uno strumento immediato per scegliere tra le nuove produzioni. L’apertura delle iscrizioni e il ricevimento campioni deve avvenire tra l’1 febbraio e il 18 marzo 2016. Ci saremo anche noi di vinialsupermercato.it. Come sempre a caccia dell’eccellenza, tra le aziende partecipanti che operano anche nella grande distribuzione organizzata.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
MILANO – Piccoli produttori, ma anche realtà più strutturate, in grado di raccogliere la sfida della grande distribuzione organizzata. Questi i protagonisti di Autoctono si nasce, l’evento con cui l’associazione Go Wine ha inaugurato il 2016 a Milano, ieri pomeriggio nella sala convegni dell’Hotel Michelangelo di piazza Luigi di Savoia, 6. Buona la risposta in termini di pubblico, giunto dal capoluogo lombardo e non solo. C’eravamo anche noi. Ovviamente a caccia di quelle aziende che, per superficie vitata e per una precisa scelta imprenditoriale, sono in grado di sostenere i numeri richiesti dal mercato “pigliatutto” dei supermercati operanti sul suolo del Belpaese. Missione compiuta, anche se non con qualche difficoltà. Il banco d’assaggio organizzato da Go Wine ha visto l’intervento pressoché esclusivo di piccoli produttori di “vino autoctono”. E così, come mosche bianche, per una volta i “big” si sono trovati in netta minoranza. Parliamo di due aziende piemontesi, entrambe operanti in provincia di Asti: Cascina Gilli, di Castelnuovo Don Bosco, e la Ferraris Luca (nota anche come Ferraris Agricola) di Castagnole Monferrato. Il quadro che emerge è chiaro. Operare in grande distribuzione, per i produttori di vino, è come osservare le due facce della stessa medaglia. Da una parte i vantaggi della pubblicità “indiretta, offerta dalla presenza stessa dei propri vini sugli scaffali del supermercato; dall’altra le difficoltà nel digerire campagne promozionali sempre più aggressive, che rischiano di distogliere l’attenzione del consumatore dal reale valore del prodotto stesso. Abituandolo a una ricerca che mira sempre più verso il basso. Verso l’affare del secolo. Che in gergo potrebbe tradursi con una parola sola: il “sottocosto”.
“Operiamo nella grande distribuzione da circa tre anni – spiega Francesca Schiavo (nella foto sopra) di Cascina Gilli – in particolare con la catena Carrefour. Ci siamo entrati quasi per caso, dopo una degustazione dei nostri vini che ha avuto particolare successo. Siamo molto competitivi dal punto di vista qualità prezzo, una caratteristica sempre apprezzata dai clienti dei supermercati”. Sugli scaffali della catena francese, col marchio di Cascina Gilli possiamo trovare una Barbera d’Asti Docg vinificata in acciaio, denominata “Le more”, e due Freisa, “Luna di Maggio”, frizzante, e “Al Forno”, ferma. Un vino da vitigno autoctono, la Freisa, che Francesca Schiavo ammette di “vendere molto bene al supermercato, nonostante sia poco conosciuta”. La produzione di Cascina Gilli nel Basso Monferrato si assesta sulle 120 mila bottiglie all’anno, frutto della vinificazione pressoché totale di vitigni autoctoni, ad accezione dell’internazionale Cardonnay, su una superficie totale di 18 ettari. Di queste, circa 9-10 mila bottiglie finiscono complessivamente in grande distribuzione. “Dal mio punto di vista – evidenzia ancora Francesca Schiavo – la Gdo rischia di svalutare il prodotto esposto, soprattutto quando è in offerta. Bottiglie di annate non recenti finiscono in promozione a prezzi stracciati, che non rispecchiano il reale valore del prodotto, pur essendo questo ancora stabile, conservando tutte le caratteristiche iniziali. Io stessa considero vino di qualità quello che si assesta sui 9-10 euro. Quindi diventa un problema vedere i propri prodotti sugli scaffali a 6-7 euro. Con Carrefour, del resto, noi concordiamo solo il prezzo pieno”. Ma la rappresentante di Cascina Gilli riconosce d’altro canto anche i vantaggi della Gdo. “Essendo noi una piccola realtà – ammette Francesca Schiavo – non sempre risulta facile pubblicizzarsi facendo leva esclusivamente sulle proprie forze”. Ecco dunque che il supermercato diventa una vetrina importante, “per l’ampio pubblico che lo frequenta, sempre molto variegato in termini d’età, di professione, di estrazione sociale”.
I SEGRETI DEL RUCHE Pare invece più ‘confortevole’ la convivenza con la Gdo tratteggiata da Emiliano Morando (nella foto sotto) della Ferraris Agricola, azienda giunta alla terza generazione di produttori di Ruchè a Castagnole Monferrato. Ruchè, ovvero la più piccola Docg in Piemonte, neppure 1 milione di bottiglie totali, spalmate su 40 produttori di cui forse solo una decina pronti a portare questo vino nel mondo. La Luca Ferraris, da ormai 15 anni, è una di queste. Esportando in 23 Paesi parte delle 180 mila bottiglie prodotte annualmente. Trenta ettari vitati a conduzione famigliare, di cui il 70% a Ruchè Docg, di cui vengono prodotte tre versioni. Quella “base” è destinata a finire sugli scaffali della catena francese Carrefour e del gruppo padovano – ma veneziano d’azione – Pam. Generando un giro d’affari che interessa il 50% della produzione totale dell’azienda. “Ferraris – spiega Emiliano Morando – a differenza di tante altre aziende divenute ‘popolari’ grazie al canale ho.re.ca. e solo in seguito sbarcate in Gdo, ha deciso di percorrere la strada inversa. Infatti, con una grande distribuzione controllata, siamo riusciti a introdurre il nostro Ruchè ‘Bric d’Bianc’, entrando in una nicchia delle loro selezioni, riuscendo così a promuovere una Denominazione nata come Doc nell’87 e divenuta molto velocemente Docg, nel 2010. Il nostro è uno di quei casi in cui il supermercato, abile a servire il cliente in modalità ‘one stop, one shop’, ha conferito valore aggiunto alla produzione. Oggi – continua Morando – questa scelta controcorrente ci permette di avere richieste da svariati ristoratori, proprio perché siamo presenti e dunque riconoscibili in grande distribuzione. Abbiamo usato la recettività della Gdo per promuovere l’intera Docg”.
In questo momento il Ruchè Bric d’Bianc della Luca Ferraris Agricola è in vendita a un prezzo di rotazione di 10,99 euro, con picchi promozionali che, per contratto, non scendono mai sotto i 7,99 euro. “In tante altre realtà piemontesi, come per esempio quella della Barbera d’Asti – spiega Emiliano Morando – l’alto numero di produttori ha fatto sì che la produzione fosse di conseguenza tra le più svariate: andiamo dal mediocre alla vera eccellenza. La fortuna del Ruchè è che siamo in pochi a produrlo e il prezzo viene del tutto controllato dai produttori. Per questo non si troveranno mai dei Ruchè con dei prezzi assurdamente bassi per necessità di svuotare delle cantine”. La stessa Cantina Sociale che opera a Castagnole Monferrato, per ammissione di Morando, “non pratica questa politica”. “Oggi i vini al supermercato stanno prendendo molto piede in tutta Europa – continua il rappresentante della Ferraris – e credo che gruppi come Coop, come Aldi, come Rewe stanno oggi promuovendo i più grandi nomi del vino Made in Italy. Da un certo punto di vista dico ‘purtroppo’, perché muore tutto l’aspetto romantico legato al vino e al piccolo retailer. Io spero che non accada quello che è successo in America, col fallimento delle politiche dei grandi centri commerciali. Ad oggi la Gdo di qualità è comunque in grado di offrire prodotti validissimi a prezzi sicuramente più vantaggiosi rispetto a canali di vendita di struttura più modesta. Al momento, dunque, non demonizzerei la grande distribuzione organizzata”. Un colpo al cerchio e uno alla botte, insomma. Finché dura.
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(3,5 / 5) Ecco il “vino del supermercato”. Questa volta in senso letterale. Sotto la nostra lente di ingrandimento finisce oggi un prodotto “Grandi Vigne”, private label della catena di ipermercati Iper. Nello specifico, il Sangiovese di Romagna Doc Superiore Mazzolano Grandi Vigne prodotto per Finiper dall’azienda agricola Tre Monti Srl di località Bergullo, in provincia di Imola. Vendemmia 2014. Trattandosi di un vino “superiore” ha naturalmente una gradazione maggiore rispetto alla versione base: il titolo alcolometrico è 13%. Nel bicchiere, il Sangiovese di Romagna Doc Superiore Mazzolano Grandi Vigne si presenta rosso rubino, limpido, trasparente e luminoso. Al naso i profumi risultano abbastanza intensi, di mirtillo e mora. Ma si percepisce anche un delicato profumo di rosa appassita. All’assaggio, il vino è molto caldo: il Sangiovese di Romagna Doc Superiore Mazzolano Grandi Vigne ha anche un tannino deciso, che lascia una leggera astringenza, smorzata però dall’alcolicità, che tuttavia gli conferisce un carattere austero. Proprio per questa struttura, a differenza di un Sangiovese base, consigliamo di abbinare il Sangiovese di Romagna Doc Superiore Mazzolano Grandi Vigne con pietanze particolarmente grasse e succulente, quali primi piatti con sughi elaborati, bolliti, formaggi stagionati, salumi. Il nostro giudizio complessivo è che il Sangiovese di Romagna Doc Superiore Mazzolano Grandi Vigne sia un vino sufficientemente equilibrato. Un vino conviviale per un pasto con gli amici, ma senza esagerare. Perché l’alcolicità è presente, ed il passo a ritrovarsi a cantare “Evviva la Romagna, Evviva il Sangiovese”, è breve! Si tratta di un vino prodotto con uve raccolte a mano, a fine settembre, vinificate in acciaio. Il Sangiovese è il vitigno più rappresentativo della regione Emilia Romagna, in Italia rappresenta circa l’11% della superficie vitata e anche all’estero ha una discreta diffusione. Giacomo Tachis, grande enologo italiano, sostiene che il Sangiovese sta all’Italia come il Cabernet alla Francia. Iper, per la sua linea Grandi Vigne, ha radunato ben 27 produttori provenienti da quasi tutte le zone vitivinicole e dal 2011 conta anche la linea Grandi Vigne Bio, permettendo così anche ai piccoli produttori, come l’azienda agricola Tre Monti Srl, di crescere economicamente e professionalmente. Una realtà, la Tre Monti Srl, a conduzione familiare. Nasce negli anni Settanta, si sviluppa su due poderi per 55 ettari complessivi, divisi tra la provincia di Imola e il Riminese. Produce anche una linea senza solfiti e prodotti bio.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
(3 / 5) Dici Chianti e inizi a respirare aria di Toscana. Ma il Chianti Classico Docg Riserva 2009 Tenute Piccini riesce a farci sognare? Noi di vinialsupermercato.it lo abbiamo provato per voi. Cominciamo col dire che ci mette un po’ ad esprimersi, quindi consigliamo di aprirlo circa un’ora prima di consumarlo. L’uvaggio utilizzato per produrlo è 100% Sangiovese, la gradazione alcolica 13%. Il Chianti Classico DOCG Riserva 2009 Piccini ha un colore rosso rubino con riflessi granati all’unghia, limpido e con discreta trasparenza. Al naso la frutta risponde, ma attendiamo altri sentori oltre a quello immediato della ciliegia. Finalmente arrivano anche note floreali e boisè a renderlo un po’ più complesso. Al palato lo troviamo leggermente sotto corpo, ma rotondo e vellutato con i suoi tannini morbidi. Vino fresco, complessivamente di beva piacevole ed equilibrata, le note fruttate sono comunque prevalenti. Servito a 18° si abbina a carni rosse, arrosti e formaggi stagionati. Il Chianti Classico Docg Riserva 2009 Tenute Piccini, che si presenta in Gdo con un prezzo al di sotto dei sei euro, lo collochiamo nella cosiddetta fascia media che garantendo un buon rapporto qualità prezzo può accontentare diversi palati. Lo stesso Gambero Rosso lo ha premiato con due bicchieri per l’ottimo rapporto qualità prezzo. Un Chianti Classico Docg comunque leggero, che per consumatori più esigenti manca un po’ nello “sprint”. Il Chianti Classico Docg Riserva 2009 viene affinato per 12 mesi in botti di rovere e per altri tre mesi in bottiglia. Il Gallo Nero è il simbolo del Chianti Classico, che si differenzia dagli altri per la zona di origine classica di produzione, il cugino Chianti lo possiamo trovare prodotto per esempio anche nei dintorni di Pisa. Le Tenute Piccini si trovano in Località Piazzole a Castellina in Chianti (Siena). La loro storia conta già ben quattro generazioni. Si tratta di un’azienda capillarmente distribuita in Italia e all’estero. Una curiosità interessante: le Tenute Piccini sono tra le prime cantine ad aver fiutato il business nascente del wine truck. Muniti di cinque ape car, che sono tornati tanto di moda, alcuni incaricati stanno girando l’Italia in lungo e in largo per proporre degustazioni itineranti. Addirittura lo scorso ottobre a bordo di una mini rover hanno oltrepassato la Manica, per portare i loro vini a Londra e a Manchester. Insomma, non c’è segmento di mercato che sfugga al loro attento marketing. E in qualche modo, per rispondere al nostro primo interrogativo: la Toscana c’è.
Prezzo pieno: 5,99 euro
Acquistato presso: Supermercati SuperDì
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Cos’è un vino autoctono? L’associazione Go Wine inaugura l’anno 2016 a Milano con una serata dedicata ai vini autoctoni italiani, in programma giovedì 21 gennaio presso le sale dell’Hotel Michelangelo, in via Luigi di Savoia 6. Il riferimento è al libro “Autoctono si nasce…”, pubblicato da Go Wine Editore,nonché ad altre iniziative che hanno sempre visto l’associazione di Alba privilegiare la cultura e la comunicazione in favore dei vitigni e dei vini “di territorio”. Il banco d’assaggio vedrà protagonista una qualificata selezione di aziende italiane direttamente presenti. Un’Enoteca completerà il panorama della degustazione. Appuntamento dunque con un’importante selezione di vini, espressione di terroir nascosti e depositari di sapori nuovi, per un irripetibile viaggio tra i più insoliti e rari autoctoni italiani. Il costo della degustazione per il pubblico è di 18 euro (12 euro per i Soci Go Wine, soci associazioni di settore 15 euro). L’ingresso sarà gratuito per coloro che decideranno di associarsi a Go Wine direttamente al banco accredito della serata. L’iscrizione sarà valevole fino al 31 dicembre 2016. Per una migliore accoglienza è consigliabile confermare la presenza alla serata ed il numero degli eventuali accompagnatori all’Associazione Go Wine, telefonando al numero 0173-364631, oppure inviando un fax al numero 0173-361147 o una e-mail a stampa.eventi@gowinet.itQuesto indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. entro le ore 12 di giovedì 21 gennaio 2016.
Programma: Ore 16,00 -18,30: Anteprima: degustazione riservata esclusivamente ad un operatori professionali (giornalisti, enoteche, ristoranti, wine bar). Ore 18,30 – 22,00: Apertura del banco d’assaggio al pubblico di enoappassionati. Nel corso della serata breve conferenza di presentazione.
Hanno aderito al banco d’assaggio: Accadia – Serra San Quirico (An); Agrinatura – Andria (Bt); Aimasso F.lli – Diano d’Alba (Cn); Antica Cantina Sant’Amico – Morro d’Alba (An); Antica Cascina dei Conti di Roero – Vezza d’Alba (Cn); Benforte – Cupramontana (An); Bonsegna – Nardò (Le); Bottega del Vino Dogliani Docg – Dogliani (Cn); Cà Biasi – Breganze (Vi); Cà del Bric – Montaldo Bormida (Al); Cà Ronesca – Dolegna del Collio (Go); Cantina Ornina – Castel Focognano (Ar); Castello di Grillano – Ovada (Al); Carpante – Usini (Ss); Cascina Gentile – Capriata d’Orba (Al); Cascina Gilli – Castelnuovo Don Bosco (At); Cascina Gnocco – Mornico Losana (Pv); Cascina La Signorina – Ovada (Al); Caves Cooperatives de Donnas – Donnas (Ao); Cincinnato – Cori (Lt); Claudio Cipressi – San Felice del Molise (Cb); Consorzio Ovada docg – Ovada (Al); Marisa Cuomo – Furore (Sa); De Tarczal – Isera (Tn); Dionigi – Bevagna (Pg); Giacobbe Alberto – Paliano (Fr); Gigante Adriano – Corno di Rosazzo (Ud); Graunar – San Floriano del Collio (Go); Hollborn di Giovanni Brignolio – Moncalvo (At); La Bioca – Serralunga d’Alba (Cn); Le Strette – Novello (Cn); Le Strie – Teglio (So); Lunae Bosoni – Ortonovo (Sp); Mancinelli Stefano – Morro d’Alba (An); Marenco – Strevi (Al); Marengoni Silvio, Lino & Flavio – Ponte dell’Olio (Pc); Marini Salvatore – S. Demetrio Corone (Cs); Miotti Firmino – Breganze (Vi); Morra Diego – Verduno (Cn); Moschioni – Cividale del Friuli (Ud); Musso Valter – Barbaresco (Cn); Petruz Maria – Cormons (Go); Piandaccoli – Lastra a Signa (Fi); Pileum – Piglio (Fr); Rivetti & Lauro – Tirano (So); Rivetti Mario – Alba (Cn); Rocca Rondinaria – Rocca Grimalda (Al); Rocco di Carpeneto – Carpeneto (Al); Scubla Roberto – Premariacco (Ud); Stanig – Prepotto (Ud); Tenuta Casteani – Gavorrano (Gr); Tenuta Cavalier Pepe – Sant’Angelo all’Esca (Av); Tenuta di Tavignano – Cingoli (Mc); Tenuta Fulcera – Bertinoro (Fc). Selezione di Ruchè di Castagnole Monferrato, a cura del Consorzio di Tutela.
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Circa l’1,01% del fatturato dei supermercati che operano in Italia si volatilizza in furti. Generando il 70% delle “differenze inventariali” riscontrate dalle catene della Gdo in sede di inventario fiscale. Di questi furti, il 45% sarebbe operato da parte dei clienti e il 23% da dipendenti disonesti. A completare l’amara torta sono errori amministrativi, che si assestano al 19%, e le frodi dei fornitori per un 13%. Sono questi i dati di un rapporto con la quale Coldiretti disegna l’Italia dei lestofanti da supermercato. Un fenomeno che ha a che vedere con la crisi, ma fino a un certo punto. Dagli scaffali sono spariti prodotti per un valore complessivo di 2,95 miliardi in Italia nel 2015, con gli alimentari e le bevande che si classificano come gli obiettivi prescelti. Ad essere presi di mira sono principalmente prodotti di piccole dimensioni e facili da nascondere, sulla base del Barometro Mondiale dei Furti nel Retail. Anche se si evidenzia per l’Italia uno storico calo del 5% dovuto all’effetto congiunto della leggera ripresa economica e del rafforzamento dei sistemi di controllo, la categoria merceologica maggiormente colpita sono vini e liquori, seguiti da formaggi come Grana Padano e Parmigiano Reggiano e la carne fresca o trasformata. Sono peraltro i formati già tagliati e confezionati quelli più “apprezzati”. A seguire gli accessori moda, calzature ed abbigliamento sportivo, i prodotti per il benessere e la salute come lamette da barba, cosmetici e profumi. Non rimane esente l’alta tecnologia, segmento in cui i prodotti più a rischio sono accessori per cellulari, Iphone, smartphone, Ipad e tablet. Infine nel bricolage gli attrezzi elettrici, le batterie ed i cavi sono in cima alla classifica dei prodotti più rubati.
Il furto di prodotti alimentari nei supermercati – evidenzia la Coldiretti – è favorito dal fatto che “la maggior parte dei prodotti esposti non è protetta”. Molto spesso soltanto le bottiglie di vini e spumanti di maggior pregio ad avere una valvola antifurto simile a quella dei capi di abbigliamento nei grandi magazzini, anche se i commercianti stanno sempre più rivolgendo la loro attenzione allo sviluppo di nuove tecnologie per la sicurezza delle merci. In Italia si stima che la spesa complessiva per la prevenzione e la difesa dei furti effettuata dai supermercati sia pari a 2,42 miliardi, un valore molto vicino a quello del danno subito di 2,95 miliardi. L’Italia tuttavia non è tra i Paesi più colpiti dai furti che sono ancora più rilevanti nell’America Latina che ha registrato la percentuale più alta pari a 1,55%, seguita da Nord America (1,27%), Asia Pacifico (1,17%) ed Europa (1,05%) in coda. I Paesi che presentano le percentuali più alte, come evidenzia sempre Coldiretti, sono in particolare il Messico (1,68%), i Paesi Bassi (1,48%) e la Finlandia (1,38%), mentre le nazioni che hanno registrato i tassi più bassi sono Norvegia (0,75%), Svizzera (0,76%) e Francia (0,81%).
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(3,5 / 5) I vini andrebbero bevuti direttamente sul territorio e direttamente dal produttore. Tutto molto vero, ma complicato, Ancor più se vivi sul “continente”. E la regione vitivinicola è la Sardegna. Per fortuna grazie alla Gdo possiamo bere vini dalle più svariate provenienze, a diverse fasce prezzo e spesso anche di qualità, comodamente a casa nostra. Il vino sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it questa volta è proprio sardo, il più famoso, altrimenti detto il Barbera della Sardegna: stiamo parlando del Cannonau Doc. In particolare del Cannonau di Sardegna Doc Albada, imbottigliato all’origine dalla Vitivinicola Antichi Poderi di Jerzu, a Jerzu in Ogliastra. Vendemmia 2014, 13% di alcol. Si tratta di una selezione Auchan, come indicato sul collo della bottiglia. Non è la prima volta che un Cannonau finisce sotto il nostro microscopio, ma questo ha già un primato: il primo prezzo di soli 2,99 euro. Lo apriamo una mezzoretta prima di iniziare a degustarlo, come suggerito sull’etichetta posteriore della bottiglia. Quindi versiamo il vino nel bicchiere.
LA DEGUSTAZIONE
Limpido, trasparente, rosso rubino con riflessi violacei. E’ un vino giovane. Il profumo è intenso, floreale di viola, ma la prevalenza è assolutamente fruttata di mora, lampone ed amarena.
In bocca si presenta asciutto, un tannino ben dosato e di giusta astringenza. Caldo, anche grazie al suo 13% di alcol in volume, rotondo, secco. Un vino fresco e sapido e anche di discreta persistenza. Assolutamente equilibrato.
Certo non stiamo parlando dell’eccellenza del Cannonau, ma di un vino che con un prezzo del genere sorprende positivamente. Si abbina a salumi, carni grigliate e primi piatti saporiti. Il Cannonau di Sardegna Doc Albada della Vitivinicola Antichi Poderi di Jerzu, non è tra i vini di questa cantina giudicati ottimamente sulla Guida dei Vini 2016 de L’Espresso. Ma si fa comunque apprezzare, soprattutto nel rapporto qualità prezzo.
La cantina, nata negli anni Cinquanta per volontà di una quarantina di viticultori, oggi vanta 430 soci. Si tratta di un’azienda moderna, che dispone di circa 600 ettari di vigneti coltivati con diverse tipologie di allevamento, disposti su diverse pendenze di terreno dai 700 metri sul livello del mare fino a valle, verso la costa. Produce una vasta gamma di vini, dai più giovani e fruttati a vini riserva di grande eleganza.
Prezzo pieno: 2,99 euro
Acquistato presso Auchan / Sma / Simply Market
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
(2,5 / 5) Pensa che l’hai pagato “solo” 3,39. E butta giù un altro sorso. Senza fare troppo lo snob. Il Lagrein Trentino Dop della Cantina Lidl, uno dei vini della catena tedesca di supermercati che possono fregiarsi della Selezione del Gambero Rosso, ha poco da dire al naso e alla bocca di chi ci si accosta.
E’ un prodotto che parla più al portafoglio del cliente. Coccolandoselo. Siamo in perfetta sintonia con le altre degustazioni effettuate da vinialsupermercato.it, pescando tra i vini Lidl selezionati dal noto Gambero di Roma.
Prezzo ultraconveniente per un vino come il trentino Lagrein, che nel resto della Gdo (discount esclusi) viaggia su cifre che rasentano il doppio del prezzo (pieno) praticato dai tedeschi nei propri punti vendita del Belpaese. Chapeau. Oppure no. Dipende dai punti di vista, insomma.
Siete, per esempio, disposti ad accontentarvi davanti a un bicchiere di rosso? Perfetto. Il Lagrein Trentino Dop della Cantina Lidl Selezione Gambero Rosso fa per voi. Siete portatori sani di nasi e palati raffinati? Girate la ruota. Alzate i tacchi. E andate altrove a cercare il Lagrein dei vostri sogni, magari in enoteca.
Che vi accontentiate o meno, è tuttavia oggettivamente imbarazzante constatare che la pomposa etichetta posteriore dell’imbottigliatore V.E.B. di località Colombara 5, Bardolino (altro non si tratta che dell’ ormai nota Enoitalia di Calmasino) differisca nella descrizione del vino rispetto al giudizio degli stessi esperti del Gambero Rosso.
L’etichetta riporta per esempio la percezione olfattiva di “fresche bacche scure”, mentre da Roma (fonte sito Lidl, sezione dedicata alla Cantina) avvertono “frutti rossi e fragoline di bosco”.
Una confusione che chiariamo grazie alla nostra – modesta – degustazione. Al naso, il Lagrein Trentino Dop Cantina Lidl Selezione il Gambero Rosso si presenta… Si presenta? Forse. Lo aspettiamo, una volta versato nel calice, almeno per un minuto prima di avvertire qualcosa.
Pian piano, il vino si apre. Fanno capolino note flebili di frutti rossi (a proposito: aveva ragione il Gambero), e fragoline di bosco. Sul fondo, come il sole che al mattino penetra flebile tra i campi di nebbia della Pianura Padana, spunta una delicata speziatura di liquirizia e foglie di eucalipto.
In bocca è piuttosto ruvido: il legno dell’affinamento in barrique non ha smorzato abbastanza gli spigoli di un calice che si riempie d’un tannino ancora troppo evidente. Il corpo è muscoloso, come quello d’un giovane palestrato che non aspetta altro che l’estate, per mettersi la maglietta corta.
E fa quasi a botte col palato, in un finale crepuscolare tra l’eccessivamente sapido e l’astringentemente acido. Da abbinare alle carni rosse o alla pizza saporita, come quella al salame piccante. Che fate: comprate?
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(2 / 5) Il Piemonte occupa diversi ripiani e metri lineari sugli scaffali della grande distribuzione: le marche sono spesso le stesse, ma questa volta ad incuriosire vinialsuper è stata una novità in assortimento.
Imbottigliato direttamente dal produttore finisce sotto la nostra lente di ingrandimento il Monferrato Rosso Doc Alaba 2012, prodotto dalla Tenuta la Marchesa di Novi Ligure. Siamo in provincia di Alessandria, al centro di un ideale triangolo tra Milano, Genova e Torino.
L’ etichetta frontale non è particolarmente accattivante, ordinaria. Ma l’abito non fa il monaco. Sul retro si legge: “Imbottigliato senza legno al fine di scoprire i profumi naturali dei vitigni, Barbera, Merlot e Albarossa, favoloso incrocio di Nebbiolo e Barbera riscoperto da poco”. Un preludio invitante.
LA DEGUSTAZIONE
Il Monferrato Rosso Doc Alaba di Tenuta la Marchesa si presenta rosso rubino carico. Inizialmente un po’ chiuso al naso, col passare dei minuti si apre concedendo note di frutti rossi intense.
Al palato però qualcosa stona al primo sorso. Risulta decisamente troppo tannico, allappante. Un tannino verde quello di questa annata 2012 che potrà ammorbidirsi col tempo. Da riprovare più avanti.
Abbinabile a salumi, arrosti, cacciagione, carni rosse brasate, Il Monferrato Doc viene prodotto nella provincia di Asti e di Alessandria, laddove indicato senza ulteriori specifiche, come ad esempio il Monferrato Chiaretto, Dolcetto o Freisa. Il disciplinare prevede solo che sia prodotto con uve non aromatiche, dello stesso colore, raccomandate e autorizzate nel territorio.
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Per le feste correnti in Italia si stima che salteranno circa 52 milioni di tappi di spumante Made in Italy con consumi in ripresa del 4% per cento. E’ quanto stima la Coldiretti nel sottolineare che è record storico per lo spumante italiano con 242 milioni di bottiglie stappate tra Italia ed estero per le feste di fine anno. Se all’estero salgono a 190 milioni le bottiglie di spumante italiano stappate, con un balzo del 13 per cento nelle bottiglie esportate, in Italia si è di fronte ad una storica inversione di tendenza dopo sette anni di progressive riduzioni. L’ottantasei per cento degli italiani non rinuncia allo spumante, mentre appena il 14 per cento sceglie lo Champagne. A prevalere tra le bollicine italiane sono quelle ottenute con il metodo Charmat che rappresentano circa il 95 per cento della produzione.Il resto con il metodo classico (Champenoise), che prevede la fermentazione in bottiglia con l’introduzione del liqueur de tirage e comporta una lavorazione che può durare fino a tre anni, con un prezzo finale più elevato.
IL PROSECCO Nella classifica delle bollicine italiane piu’ consumate nel mondo ci sono il Prosecco, l’Asti, il Trento Doc e il Franciacorta che ormai sfidano alla pari il prestigioso Champagne francese. Se lo spumante è il prodotto irrinunciabile del cenone di capodanno quest’anno molto gettonati sono tornati ad essere il cotechino o lo zampone che vengono gustati a tavola da piu’ di due italiani su tre (67 per cento) spesso in accoppiata con le lenticchie (80 per cento). Sul 59 per cento delle tavole ci sarà l’uva, ma il segno di una maggiore attenzione all’economia nazionale e alla sobrietà dei comportamenti viene anche dal fatto che le ostriche rimangono un must per appena il 13 per cento degli italiani, anche se il 58 per cento non rinuncia al salmone, secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’. Sulle tavole del Capodanno – conclude la Coldiretti – si prevede che saranno serviti piatti per un totale di 95 euro a famiglia, il 25 per cento in piu’ dello scorso anno anche perché gli italiani quest’anno sembrano preferire una buona cena piuttosto che uscire nelle piazze, al cinema, a teatro, nei concerti o nelle discoteche, dopo i recenti fatti di cronaca.
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Beviamo, giudichiamo. E tiriamo le somme. Il 2015 è quasi giunto al termine ed è tempo di bilanci. Di seguito, una speciale classifica dei migliori vini degustati da vinialsupermercato.it nel corso dell’anno. Si tratta di un totale di 20 vini acquistabili nei supermercati italiani, più due “fuori concorso”, ovvero il meglio di due aziende agricole che non hanno nulla a che fare con la grande distribuzione organizzata, ma che producono vini di “nicchia” di ottima qualità. Al di là della speciale classifica, una menzione particolare va al Bolgheri Doc rosso 2013 “InSogno” della Cantina Guado al Melo: letteralmente sbalorditivo nel rapporto qualità prezzo. E reperibile, guarda caso, sugli scaffali di un discount italiano: Penny Market. Buona lettura, dunque. E auguri di buone feste a tutti i lettori di vinialsupermercato.it
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(4 / 5) E’ tra i Gewurztraminer più costosi presenti sugli scaffali dei supermercati italiani, ma anche tra i più originali e apprezzabili. Parliamo di Leda Alto Adige Gewurztraminer Doc della cantina Aneri di Legnago, Verona, imbottigliato nella comunità vinicola di Cornaiano, frazione di Appiano Gentile, in provincia di Bolzano. Forse il segreto del suo successo sta proprio in quel 5% di uvaggio che Aneri decide di non dichiarare in etichetta, che completa la ‘ricetta’ assieme a un 85% di Gewurztraminer, a un 6% di Riesling e a un 4% di Sauvignon. Nessun velo, invece, sulla tecnica di vinificazione, che prevede dieci giorni di fermentazione delle uve in acciaio inossidabile, a una temperatura di 18 gradi. Segue una fase di affinamento per altri 5 mesi, sempre in vasche di acciaio inossidabile. Prima della commercializzazione, altri due mesi in bottiglia. Il Gewurztraminer Doc Leda Alto Adige Aneri è perfetto accompagnamento per piatti importanti a base di pesce, cui dona ulteriore regalità grazie alla propria importante struttura, unita ai 14,5 gradi di percentuale alcolica, che contribuiscono a posizionare questa bottiglia tra le migliori a base di questo generoso uvaggio nel panorama della grande distribuzione italiana, ma non solo. Della vendemmia 2012, sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it, sono state prodotte 10 mila bottiglie. Nel calice, si presenta di un giallo paglierino intenso. Il profumo è elegante e caratteristico: presenta note fruttate di litchi (conosciuto anche come ciliegia della Cina), floreali di rosa e ginestra, oltre che di miele e canditi. Ma colpisce per la profondità delle note speziate, che richiamano cannella, noce moscata e chiodi di garofano. In bocca è fortemente aromatico: si presentano gli stessi sentori percepiti al naso, con finale spiccatamente speziato e velatamente tendente all’amarognolo.
Prezzo pieno: 14,99 euro
Acquistato presso: Il Gigante
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“Would you like some coffee?”. Areti Valtadoroll arriva alla Lyrarakis Wines di Iraklion un po’ di fretta e con gli occhi stanchi. Lasciando alle spalle della propria utilitaria una nuvola di polvere. Per giungere alla sala dove dalle 11 di mattina vengono accolti gli ospiti per la degustazione dei vini dell’azienda, ci si immerge a pieni polmoni nelle vigne Lyrarakis. Le strade, disegnate per trattori e mezzi agricoli, non sono certo asfaltate. Areti prepara il caffè (noi preferiamo un bicchiere d’acqua, per non compromettere la degustazione) e lo condisce con le presentazioni di rito. E’ lei che ci guida nella scoperta di alcuni tra i migliori vini degustati sull’isola di Creta. Seconda tappa, dopo Santorini, del tour di vinialsupermercato.it in Grecia. La Lyrarakis winery, fondata nel 1966, è una bella realtà guidata attualmente dalla seconda generazione dell’omonima famiglia. Ci troviamo nel villaggio di Alagni, pressoché al centro dell’isola di Creta, a un’altitudine di 450 metri sul livello del mare. A meno di 30 chilometri dalla ‘capitale’ dell’isola, Herakleio (Iraklion) i Lyrarakis hanno dato nuova linfa a due uvaggi pressoché estinti, Plyto e Dafni, approfittando di alcuni fondi ottenuti dalla Comunità Europea. Ma hanno anche saputo riscoprire e valorizzare enormemente l’uva rossa autoctona Mandilari, piuttosto trascurata prima che i Lyrarakis cominciassero a lavorarla, producendone un vino in purezza. “Tutti aspetti – spiega Areti Valtadoroll – che hanno contribuito alla crescita dell’azienda, attiva dal 1994 nell’export in Europa, ma anche negli Stati Uniti, in Canada, Cina, Giappone e Australia”.
LYRARAKIS WINERY La degustazione, come di rito, parte dai bianchi. Areti versa il primo: Plyto, annata 2014, dall’omonimo uvaggio in purezza. Di colore giallo evanescente, quasi trasparente, presenta un naso profumato, aromatico. In bocca si fa avanti il limone, poi pera, mela e melone. Un vino molto fruttato, delicato e semplice, che accosteremmo soprattutto agli aperitivi. Secondo assaggio: Dafni, anch’esso ottenuto dall’omonimo uvaggio in purezza, un bianco che fa presagire l’ottimo livello raggiunto dai vini della Lyrarakis. Di colore giallo paglierino, colpisce all’olfatto per l’intensità delle vene erbacee: alloro, lavanda, timo, rosmarino. Tutte caratteristiche che si presentano anche al palato, mixate egregiamente con sentori di frutti a polpa bianca e, se non bastasse, una buona sapidità. Lo definiremmo un vino “erbaceo”, nell’accezione positiva del termine. Perfetto l’abbinamento con piatti di pesce, in particolare se aromatizzati ulteriormente con alloro e rosmarino, cotti al forno. Si passa dunque al rosato Mandilari, annata 2014. Contenuta la percentuale di alcool, che raggiunge il 12%. Frutti rossi, fragola matura, nocciola sullo sfondo. Il meglio dei rosati viene però offerto da Idyll, ovvero Idillio. “Un vino – spiega Areti – che si abbina benissimo ai piatti della tradizione italiana, dalla pasta al pomodoro al risotto ai frutti di mare”. E in effetti è così, con le medesime sensazioni regalate dal Mandilari rosè, ma ancora più intense. Di gran rilievo il finale, lungo e deciso. Dai rosati passiamo dunque ai rossi Lyrarakis.
E lo facciamo partendo dal blend tra Syrah (70%) e Kotsifali (30%), un uvaggio cretese che nella zona di Iraklion offre le ‘prestazioni’ migliori dell’isola. Ma è pure un uvaggio che regala vini da consumare ‘giovani’ e per questo viene spesso mixato con altri uvaggi, come il Syrah. L’annata in degustazione, di fatto, è la 2012. Non lascia il segno questa bottiglia, soprattutto per la poca persistenza, che sfiora il limite dell’evanescenza, nonostante le sufficienti prerogative olfattive. Ecco dunque il rosso di cui si va enormemente fieri alla Lyrarakis, il Mandilari 100%, denominato Plakoura. “A Creta diamo il nome della vigna al vino quando ci regala ottimi risultati – spiega Areti – ed è proprio questo il caso. Plakoura è il nome della vigna nella quale produciamo l’uva per questa bottiglia”. Di colore rosso rubino intenso, al naso presenta chiarissimi sentori di sottobosco, tra cui spicca la fragolina. Al palato è asciutto, con tannini robusti: alle note fruttate si accosta il legno e la vaniglia, conferite da un anno e mezzo di maturazione in barrique. Perfetto con carni come l’agnello. “Potrebbe invecchiare 10 anni”, afferma fiera Areti. Di fatto, l’annata in degustazione è la 2013 e la sensazione che si tratti di un ottimo prodotto, ulteriormente migliorabile negli anni, è palese. Buono anche il blend Cabernet – Merlot di Lyrarkis, con l’utilizzo del 50% per uvaggio. Due anni in botte per ottenere un vino intenso e corposo di quattordici gradi, dai forti richiami olfattivi e gustativi di spezie e liquirizia. Ma il meglio, Areti Valtadoroll, lo sfodera nel finale, con la “chicca” non prevista nella canonica degustazione. Si tratta di Symbolo, il vero ‘pezzo forte’ della Lyrarkis, vincitore tra l’altro della doppia medaglia d’oro ai China Wine Awards 2012. Un vino rosso prodotto solamente nelle migliori annate con uve Syrah, Cabernet Sauvignon e Merlot, arrivato a valere oltre 45 euro per l’annata 2005. Quella degustata è la 2008, 89 punti da Robert Parker sul Wine Advocate Magazine nel 2013. Di colore rosso intenso, presenta al naso sentori di erbe, spezie, liquirizia, frutti di bosco e – appena percettibili – vaghi sentori di miele. In bocca l’equilibrio è perfetto: tannini molto decisi ma non pungenti, mirtilli, more e di nuovo legno, vaniglia e spezie. Eleganza e carattere, per un finale lungo e vellutato.
DOULOUFAKIS WINERY Per giungere alla Douloufakis winery, a Dafnes, si percorrono strade irte tra colline coltivate a vite e ulivo, il paesaggio classico di Creta. La distanza da Iraklion è di circa 40 minuti. E’ il giorno di chiusura della winery in bassa stagione. Ma davanti all’ingresso c’è un uomo, che scopriremo essere il titolare: Nikos Douloufakis. Parla un italiano pressoché perfetto, visti gli studi in enologia portati a termine ad Alba, in Piemonte. “Sono della scuola italiana”, dice fiero, ammettendo di apprezzare particolarmente i visitatori che giungono dall’Italia. Il tour inizia nel cuore pulsante della Douloufakis winery, tra l’acciaio in cui sta macerando e fermentando il vino della vendemmia iniziata ad agosto e pressoché conclusa. Poi ci si sposta nella sala per le degustazioni. Nei supermercati cretesi abbiamo già avuto modo di testare un prodotto della linea “base” di Douloufakis, “Enotria”, subito surclassato dal resto dell’ottima produzione dell’azienda guidata da Nikos. Un uomo che vive dei frutti della propria passione, poco avvezzo dunque alle logiche della grande critica internazionale. “A me del giudizio di Parker non interessa molto – afferma serio Nikos Douloufakis -. Per me questa non è una professione. Ho tre figli, due maschi e una femmina: i primi due hanno già intrapreso gli studi per diventare enologi e la piccola vuole diventare come minimo sommelier. Questa è la mia più grande vittoria”. Eppure, di premi, la Douloufakis Winery fa incetta ogni anno. “Il punteggio che viene attribuito ai miei vini – continua Nikos – è una soddisfazione secondaria. Anche perché non cerco la perfezione in laboratorio, non uso analisi chimiche particolari. I miei vini sono il frutto della mia esperienza e del fatto che vivo tra i miei vigneti e mi fido di loro”. Il più vecchio è del 1985 e di quella che fu la vigna d’impianto della produzione avviata nel 1930 dal padre di Nikos, Dimitris Douloufakis, rimarrà sempre meno. “Dall’88 al 91, a causa della filossera – spiega il coraggioso vignaiolo cretese – abbiamo proceduto con la sostituzione di molti vigneti. Personalmente, dal 1992, ogni anno, pianto nuove viti, giusto per non annoiarmi!”. L’obiettivo della Douloufakis Winery è di raggiungere nei prossimi 3 anni, ovvero entro il 2018, i 15 ettari di superficie vitata. E la scelta dei terreni migliori spetta proprio a Nikos. “Il problema – sostiene – è che qui a Creta è difficile reperire vasti appezzamenti di terreno, che è per lo più frazionato tra vari proprietari. Il cretese è testardo, cocciuto. Soprattutto quando si parla di proprietà privata. Il padre, solitamente, lascia in eredità le proprie terre ai figli, contribuendo così al frazionamento di vasti territori. Al momento dell’acquisto, bisogna dunque interloquire con diversi soggetti”. La crisi che ha colpito la Grecia ha lasciato il segno e ha contribuito a rendere ancora più difficile la compravendita di terreni. “Molte zone precedentemente coltivate a ulivo – dichiara Nikos – stanno subendo una riconversione alla vite, che rende molto di più”. La stessa Douloufakis può contare sulla presenza di oltre 2 mila alberi di ulivo. Ma i progetti di Nikos, vertono ovviamente tutti sul vino. E l’amore per l’Italia trascina l’enologo cretese verso scelte che potrebbero regalare risultati sorprendenti. Come la decisione di impiantare un vigneto sperimentale di Montepulciano. “Tannini morbidi e colori stupendi”, preannuncia il delfino della Douloufakis. “E a gennaio 2016 – aggiunge – sarà pronto il nostro primo Vidiano spumantizzato”.
Scommetti sul futuro se il presente ti sorride. E per Nikos, la produzione attuale è già una garanzia di successo. Al di là della linea base “Enotria”, costituita da un bianco, un rosso e un rosé “le cui vendite nei supermercati sono in forte crescita”, Mr Doulloufakis ci guida alla degustazione della gamma medio alta dell’azienda. Dafnios White è un bianco ottenuto da uve Vidiano in purezza – raccolte e selezionate con cura da tre differenti vigneti, uno dei quali lontano dalla zona di Dafnes – che regala un naso profumato di agrumi, pesca e bergamotto. Invecchia fino a 3 anni e ha ottenuto 89 punti dal noto critico Parker, anche se a Nikos non importa. Dafnios Red è invece il perfetto compagno della carne d’agnello, molto consumata sull’isola. Ottenuto al 100% da uve Liatiko, affina per l’80% per 8 mesi in barrique usate e per il 20% in acciaio. Si tratta di una varietà autoctona molto sensibile al caldo e alle malattie, difficile da coltivare. Il che rende il Liatiko un uvaggio prezioso. Alargo, dal veneziano “alla larga”, è invece il nome affibbiato al Syrah in purezza della Douloufakis, affinato per un anno in barrique dopo la fermentazione malolattica. L’annata proposta in degustazione è la 2012, per 14%. Finalmente un Syrah che non ‘scimmiotta’ il gusto internazionale, specie americano e australiano: tannini seri ed eleganti, ottimo corpo e robustezza e finale degno di nota. Alargo prepara alla degustazione di quello che è il meglio della Douloufakis, ovvero il Cabernet Sauvignon Aspros Lagos. Fortissimi sentori caratteristici dell’uvaggio (peperone verde) e grande tono ‘muscolare’. Una bottiglia da ricordare, proposta in degustazione con l’annata 2012 (14%) e premiato nel 2010 in diversi concorsi a livello internazionale. Altra “star” della Douloufakis è Aspros Lagos White, uvaggio Vidiano fermentato in barrique. “Dal 2007 – evidenzia Nikos – finiscono sold out circa 10 mila bottiglie. Nel 2014 ne ho prodotte solo 7 mila, scegliendo come da consuetudine il migliore vigneto di Vidiano”. Ne scaturisce un bianco potente, aromatico, da 14,2%, con un grado di acidità totale del 7,2%. Valido anche Helios, il rosso dolce ottenuto dalla varietà Liatiko: l’uva viene lasciata a seccare al sole per sette giorni, per poi passare alla fermentazione e a un riposo in barrique usate per cinque anni.
DOURAKIS WINERY Altra winery visitata da vinialsupermercato.it è la Dourakis, situata nel villaggio collinare di Alikampos, a metà tra Chania e Rethimno. Una storia iniziata nel 1986, quando il viticoltore Andreas Dourakis decise di trasferirsi in questi territori da Salonicco, cominciando a coltivare una vecchia vigna di proprietà del padre, a 330 metri sul livello del mare. Oggi la Dourakis è una realtà di respiro internazionale, che esporta i propri vini in Europa, così come in America e in Asia. La degustazione dei vini, guidata da Evie Douraki, comincia dal bianco Rizitis, ottenuto da uve Vilana. Al naso fiori, frutta a polpa bianca e limone. In bocca ricorda vagamente il Vermentino sardo. Si passa poi a Kudos, una Malvasia di Candia. Chiaramente aromatico, profumatissimo e fruttato: fiori di campo, fragola, pera, pesca matura. In bocca una punta di miele condisce la frutta. Non a caso, Kudos è stato insignito della medaglia d’argento al Greek Wine Award 2015. Ecco poi Lihnos, sempre dell’annata 2014, il delicato vino “bio” della Dourakis. All’olfatto dominano le sensazioni erbacee e floreali, con una punta di nocciola e miele. Al palato è leggero, fruttato. Regala un finale lungo, molto bilanciato. Impromptu è invece il frutto della sperimentazione di uve Chardonnay affinate in botti di quercia. Ne scaturisce un vino ancora più esotico di quello ‘tradizionale’, per sentori e note fruttate molto spiccate. Si passa poi alla degustazione dei rossi. Rizitis è il classico rosso da tavola cretese: non banale, ottenuto dal mixaggio tra uve Merlot e Grenache rouge. Naso accattivante di frutti rossi e palato gentile, quasi vellutato, per 12%. Lihnos, altro vino biologico, è un Merlot proposto in degustazione con l’annata 2011. Tredici gradi, naso complesso, ricco, di frutta matura, composta di more, cioccolato amaro. In bocca si percepisce un tannino spiccato, che suggerirebbe la necessità di ulteriore affinamento. Evie Dourakis propone poi Linhos Cabernet Sauvignon, altro biologico dell’annata 2013. Dodici mesi in botti di quercia per offrire un vino pieno, robusto, in cui la vaniglia gioca con i frutti rossi, regalando un finale lungo e persistente. Kudos, ottenuto da uve Carignano, viene invece offerto in degustazione con l’annata 2010. Anche in questo caso tannino troppo evidente. Alla Dourakis chiudiamo con Euphoria, 10,5%, vino da dessert premiato anche al Decanter World Wine Awards.
PNEUMATIKAKI WINERY Completamente differente dalle altre winery visitate, la Pneumatikaki Winery si trova a Drapanias, nel distretto di Kissamos, non lontano dalle spiagge di Balos, che rendono Creta famosa in tutto il mondo. Parliamo di una realtà differente dalle altre in quanto abbiamo avuto l’impressione, poi confermata, che la Pneumatikaki Winery si concentri soprattutto sulla produzione di massa: dunque, vini in formato da 5 litri o più, destinati a finire nei circuiti dei ristoranti o degli hotel cretesi (e non solo) come “vini della casa”, oltre che nei canali della grande distribuzione organizzata. Un’azienda che non tratta in barrique né i vini bianchi né i rosè, incentrando la propria produzione nettamente sul largo consumo, con vini di medio bassa gradazione che assicurano un giro d’affari di circa un milione di bottiglie all’anno. Difficile trovare con queste premesse vini degni di menzione. La degustazione, peraltro, avviene in una vasta sala ed è in modalità “self service”. Chiunque può maneggiare calici e bottiglie e versarsi il quantitativo desiderato. Si eleva fiaccamente dalla monotonia solamente Kritopelagitis, vino rosso costituito dal blend tra gli uvaggi autoctoni Kotsifali, Romeiko e Mantilari. Ancora meglio, se consumato ghiacciato, il liquore Rakomelo.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(4 / 5) Un vino del Sud, pluripremiato e apprezzato in mezzo mondo per la sua capacità di combinare tannini decisi a una grande morbidezza. E’ il Primitivo di Manduria Dop Sangaetano di Cantine Due Palme: doppia medaglia d’oro in Cina, al China Wine and Spirits Awards 2013, Gran Menzione al Vinitaly 2015, 89 punti attribuiti da Wine Spectator nel 2014 e 88 punti riconosciuti da Monica Larner sulla guida The Wine Advocate di Robert Parker. Non servono presentazioni, insomma, per questa bottiglia la cui qualità è di gran lunga superiore al prezzo di vendita al pubblico in grande distribuzione. Sangaetano Primitivo di Manduria Dop di Cantine Due Palme si presenta nel calice di un rosso impenetrabile, con riflessi violacei. Il naso è complesso, nell’alternarsi di sensazioni olfattive eteree e speziate: si avvertono la viola, la vaniglia, ma anche legno, cuoio, liquirizia, anice stellato. Al palato esalta per la grande morbidezza, che lo rende beffardamente di facile beva per i richiami fruttati di prugna, amarena e mora. I quattordici gradi prendono forma nelle note speziate e in quelle che strizzano l’occhio al periodo di maturazione in legno, capace di conferire corpo e buona struttura alla bottiglia. Un ottimo bicchiere da abbinare ai primi della tradizione pugliese, come la pasta alle cime di rapa, ma anche a secondi saporiti di cacciagione, selvaggina e alla carne alla griglia o alla brace, nonché ai formaggi, purché ben stagionati. La vinificazione del Primitivo di Manduria Dop Sangaetano di Cantine due Palme prevede l’utilizzo di in purezza di uve di Primitivo di Manduria, la cui raccolta avviene nei primi dieci giorni di settembre. Gli acini, una volta diraspati, vengono lasciati a macerare per 14 giorni a una temperatura non superiore ai 20 gradi, completando così la fermentazione alcolica. Sarà poi sversato all’interno di barriques (Allier e Troncais), che ne favoriranno la fermentazione malolattica. Altri 6 mesi di affinamento a contatto col legno e un ulteriore riposo in bottiglia, prima della commercializzazione. Un processo che Cantine Due Palme, Soc. Coop Agricola con sede a Cellino San Marco, in provincia di Brindisi, adotta anche per altri vini prodotti in Puglia, come l’ottimo nonché raro Susumaniello, il vero prodotto di punta della cantina brindisina in commercio al supermercato.
Prezzo pieno: 6,99 euro
Acquistato presso: Il Gigante
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Profumato, intenso, accattivante. InSogno Bolgheri Doc Rosso 2013 di Podere Guado al Melo è una di quelle bottiglie che non t’aspetti di trovare tra le corsie di un supermercato. Ma che, grazie all’ottimo rapporto qualità prezzo, è bello scoprire e assaporare. Sorprendendosi, su come la qualità dei vini stia crescendo anche tra le corsie dei cosiddetti “discount”. Bolgheri è una denominazione di origine controllata della provincia di Livorno, in Toscana, il cui disciplinare consente il mixaggio tra differenti tipi di uve. InSogno nasce in particolare dal blend tra Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot. Di colore rosso granato, luminoso, si presenta al naso con note accese di frutti di bosco e prugna, molto vinoso.
Al palato è caldo e deciso, corposo, pieno, tannini ben equilibrati. Le note fruttate lasciano volentieri spazio alla liquirizia, al cuoio e al legno. Il meglio deve ancora venire in un finale lungo, gustosamente speziato. L’abbinamento perfetto è quello con le carni rosse, anche al sangue, nonché alla selvaggina, all’agnello e alle grigliate. InSogno Bolgheri Doc Rosso nasce nel pieno della Maremma livornese, più esattamente a Castagneto Carducci. Podere Guado al Melo è una bella realtà guidata da Attilio Scienza, docente di viticoltura all’Università Statale di Milano, assieme al figlio Michele, enologo e biologo. La cantina è completamente immersa nel verde della zona, tra ulivi e arbusti tipici della macchia mediterranea, letteralmente incastonata all’interno di una bassa collina.
Una cantina, dunque, completamente interrata. Che permette di mantenere “in modo naturale e per tutto l’anno un ambiente interno adatto alla conservazione del vino”. Inoltre, vasche interrate permettono di recuperare e riciclare l’acqua piovana dei drenaggi. “Il nome Guado al Melo – si evince dal sito Internet aziendale – è antico: chissà in che epoca, un albero di melo permetteva di identificare il luogo di attraversamento sicuro del torrente Fossa di Bolgheri, che segna il confine Nord del podere. Guado al Melo è in un luogo appartato e silenzioso, circondato dalle colline che disegnano un orizzonte ondulato, immerso nella natura incontaminata dei boschi della macchia mediterranea. Sulle alture spicca il profilo dell’antica Rocca di Castiglioncello di Bolgheri, che con la sue mura di pietra sembra tenerci sospesi in uno spazio fuori dal tempo”. Come vivere inSogno.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(3,5 / 5) È uno Chardonnay non convenzionale, che delle tipicità del vitigno perde le note “esotiche” – molto in voga soprattutto a livello internazionale – ma guadagna in sapidità e mineralità, strizzando così l’occhio al resto della produzione friulana. Sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it finisce oggi lo Chardonnay Friuli Grave Doc Conte Brandolini d’Adda Vistorta. Una vera e propria scommessa, dato che sugli scaffali del supermercato era presente per sovrastock la sola annata 2012, in promo smaltimento. Un dato, quello dell’ annata, che certamente condiziona il giudizio finale su questa bottiglia, che andrebbe consumata più ‘giovane’. Giudizio che, per chiarirci, risulta comunque più che positivo. È il naso a colpire subito chi si presta alla degustazione. Ti aspetti note fruttate. E invece la fa da padrona il miele d’acacia. Ti aspetti un finale di pesca, melone e albicocche. E invece trovi un mazzo d’erbe aromatiche, intrinse di fiori di biancospino. L’invecchiamento in bottiglia, protratto oltre al ‘normale’, smorza anche all’assaggio i sentori fruttati ed esalta mineralità e sapidità. La pesca e la mela si avvertono flebilmente, subissate dalla nocciola e dal finale lungo, minerale, erbaceo, piacevolmente amarognolo. Difficile trovare un abbinamento gastronomico scontato o facile per questo Chardonnay ‘invecchiato’. E così, ecco l’idea: approfittare della scarsa vena fruttata, per accompagnare la bottiglia a una succulenta burrata fresca. Che dire? Scoprire che nord e sud Italia si incontrino alla perfezione, mescolandosi in un buon bicchiere di vino, è uno dei grandi piaceri della vita.
Lo Chardonnay Conte Brandolini d’Adda Vistorta è insomma un vino di base friulana, ma con una marcia di eleganza in più rispetto ai ‘soliti’ chardonnay. Del resto le uve crescono in un territorio unico, alla base della fascia prealpina, tra le province di Udine e Pordenone che si affacciano sul fiume Tagliamento. Un terreno unico, che abbina le caratteristiche tipiche delle pianure alluvionali con la presenza massiccia di sassi. L’escursione termica è adatta alla coltura di vigneti che regalano aromaticità ai vini di denominazione controllata Friuli Grave.
Prezzo pieno: 7,80 euro
Acquistato presso: Il Gigante
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Nel mercato USA che sta riducendo l’import di vino, l’export enologico italiano nel primo trimestre di quest’anno ha raggiunto la soglia dei 576mila ettolitri, con un avanzamento dell’1,3% rispetto allo stesso periodo del 2014. In valore s’è totalizzato 316 milioni di dollari, con un segno positivo del 6,7% sui 296 milioni di un anno fa. Bene anche l’export degli spumanti, Prosecco in testa, aumentato del 36% in quantità e del 16,6% in valore, portando così l’incidenza dell’offerta made in Italy sul mercato statunitense al 59,4% in quantità e al 31,8% in valore. Tutto questo a fronte di un crollo delle importazioni vinicole Usa che, secondo quanto risulta da una nota dell’Italian wine & food institute (Iwfi), hanno accumulato nel periodo in osservazione un segno meno sia in quantità (-9,5% a poco più di due milioni di ettolitri) sia in valore (-3,3 a 883 milioni di dollari). Riduzioni piuttosto ampie, dunque, e a farne le spese sono stati alcuni tra i principali paesi terzi concorrenti, come Australia (-20,7%, in volume), Argentina (-26), Cile (-15,5). Diverse le ragioni, a cominciare da un dirigersi della domanda interna verso vini domestici, come pure da scelte che negli ultimi tempi hanno privilegiato vini importati di fascia più elevata, penalizzando così i vini sfusi di importazione e, in particolar modo quelli provenienti da Australia (-43%) e Sud America: Argentina (-43) e cileni (-26). Discorso a parte per l’export della Francia che, al pari dell’Italia, si muove in crescita quantitativa. Anzi le esportazioni dell’Ottagono sono ancora più marcate in volume, avendo totalizzato nei tre mesi in questione 193mila ettolitri, con un più 7% rispetto ai dati del primo trimetre 2014.In valore, invece, il segno aritmetico si trasforma e da un più diventa un meno (-2,8% a 171,5 milioni di dollari, rispetto ai precedenti 176,5). Fonte: Beverfood
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(4 / 5) Non è un caso se 135 giurati provenienti da 26 differenti Paesi gli hanno conferito la medaglia d’oro al Gran Premio Internazionale Mundus Vini 2014, Spring edition. Seligo Bianco 2013 della cantina Settesoli è un vino davvero sorprendente, soprattutto considerato il prezzo, che non sfiora neppure i 7 euro.
Non a caso, l’obiettivo della Sca di casa a Menfi, in Sicilia, è da tempo quello di “produrre vini di alta qualità, a un prezzo accessibile a tutti”. E quale modo migliore per se non incanalandoli nella grande distribuzione organizzata?
Il successo di questo vino sta nella sua semplice complessità. Mi rendo conto che è un ossimoro, ma non trovo parole migliori. Al naso emergono chiare le note di albicocca, che fanno da splendida culla ai toni moderatamente acri degli agrumi (con dominanza netta del limone) e alle tinte delicate conferite dal bouquet floreale.
In bocca, Seligo Bianco 2013 è regale. Di nuovo le note di albicocca e di buccia di limone, seguite dall’arancia e da un finale rinfrescante, dominato dalla menta e (a tratti) dalla liquirizia dolce. Un mix perfetto di uve Chardonnay e Grillo, che lo rende un vino particolarmente adatto ad accompagnare il pesce, ma anche i dolci, specie se a base di frutta. Un ottimo passepartout della splendida terra di Sicilia.
Prezzo: 6,50 euro Acquistato presso: Il Gigante, Assago Milanofiori (MI)
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(3 / 5) “Partirò. Diventerò un cantante. E quando tornerò, costruirò una cantina per dedicarla a te”. E’ una promessa mantenuta quella che il cantante Al Bano Carrisi fece al padre, prima di lasciare Cellino San Marco, paesino di 6 mila anime nel cuore del Salento, e dare avvio alla propria fulgida carriera, in Italia e nel mondo. Ma il cantante pugliese ha fatto di più. Il Negroamaro e il Primitivo delle Tenute Al Bano Carrisi hanno conquistato Milano. Sta infatti riscontrando un grande successo la promozione in corso in un superstore alle porte del capoluogo Lombardo, in cui le due bottiglie sono in vendita in promozione a 3,41 euro, da un prezzo pieno di 5,69 euro. Certamente a spingere le vendite concorre la curiosità con la quale i milanesi si sono accostati ai vini di Al Bano. Ma una volta a tavola, sia il Negramaro sia il Primitivo del cantante offrono buoni spunti. Tanto da poterli considerare una valida alternativa, considerato il rapporto qualità-prezzo (soprattutto in promozione) a prodotti di aziende vitivinicole più blasonate e “specializzate” nella produzione di casa Puglia.
“Quando ero bambino Don Carmelo, mio padre, mi portò alla vigna e mi insegnò a liberarla dalle erbacce. ‘Se dai alla terra, la terra ti dà’, mi diceva. Così – spiega il cantante sul sito Internet delle Tenute Carrisi – ho capito che prima ancora del vino, dalla vigna ti veniva un sorso di saggezza. Ho dedicato al ‘Mio Vecchio Saggio’ questo vino che mi aiuta a riscoprire il calore degli affetti ed il colore degli anni”.
Ma entriamo nel dettaglio delle due produzioni che hanno riscosso il gradimento dei milanesi. Si tratta innanzitutto di due Igp, indicazioni geografiche protette del Salento. Si Negroamaro sia Primitivo sono prodotti in purezza, utilizzando cioè uve del solo vitigno in questione. Esprimono, entrambe, una buona gradazione alcolica, 13,5 gradi, e una buona struttura e acidità complessiva. Il Primitivo, nel calice, si presenta di un rosso intenso, con riflessi violacei. Forti i sentori di piccoli frutti di bosco, mentre in bocca giungono nel finale, di buona lunghezza, anche cacao, liquirizia e cuoio, ammorbiditi dalla vaniglia. Un po’ meno strutturato e corposo il Negroamaro, dove si riscontrano i medesimi sentori di frutti di bosco e vaniglia. Per entrambi, ottimo l’abbinamento con piatti a base di carne rosse, compresa la selvaggina, ma limitatamente al Primitivo.
Prezzo pieno: 5,69 euro Acquistato presso: Il Gigante / Iper Coop
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Le vendite nella Grande Distribuzione di vino confezionato fino a 75cl nel 2014 hanno segnato un +1,5% a/a a valore e un +0,2% a/a a volume. Le bottiglie da 75cl a denominazione d’origine hanno registrato un +1,3% a/a a valore e un -0,7% a/a a volume. Queste le prime anticipazioni della ricerca dell’Iri che verra’ presentata a Vinitaly, a Verona dal 22 al 25 marzo.
La ricerca indica quali sono i vini piu’ amati dagli italiani nel 2014, grazie alla classifica dei vini piu’ venduti nella Grande Distribuzione. In vetta si trovano Chianti e Lambrusco, che da anni conquistano le prime posizioni del podio, ma che mostrano una flessione delle vendite a volume. Al terzo posto Il Vermentino, un bianco che continua a crescere di anno in anno. Tra i vini “emergenti”, cioe’ con maggior tasso di crescita nel corso del 2014, si trovano ai primi posti i vini marchigiani/abruzzesi Pecorino e Passerina, e il siciliano Inzolia.
Entra in questa classifica, per la prima volta, il laziale Orvieto. “La questione fondamentale per il 2015 ed i prossimi anni è la difesa del valore da parte delle cantine e della Grande Distribuzione – ha commentato Virgilio Romano, direttore servizio clienti Iri -. La rincorsa dei volumi come prevalente obiettivo di crescita rischia di rivelarsi controproducente”.
“Quindi sì alle promozioni, ma con intelligenza strategica. La difesa del ‘valore’ – ha spiegato Romano – passa dalla difesa dei prezzi. Ogni prezzo deve riflettere un sano equilibrio di bilancio, bilancio in cui alle principali voci di costo deve aggiungersi sempre piu’ quello della comunicazione, che deve avere tra i suoi obiettivi anche quello di trovare i consumatori di vino del domani”. Fonte: Corriere Economia
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Sono stati diffusi i dati di Assoenologi sull’export di vino italiano da gennaio a settembre 2014. Dati che evidenziano un trend positivo per valori (+1,3%), volumi (+0,8%) e prezzo medio (+0,5%). Addirittura a doppia cifra la crescita dello spumante, che con un aumento del 17,8% sfonda la quota dei 555 milioni di euro.
“Il mese di settembre – si legge in una nota di Assoenologi – registra un deciso recupero dell’attività export rispetto al mese di agosto: +5,2% in valore e +1,1% in volume. Il flusso commerciale verso i mercati internazionali riparte con grande energiasottolineata dalla crescita del valore medio a € 2,66/litro”.
“L’export cumulato dei nove mesi dell’anno – continua Assoenologi – assorbe il brillante risultato di settembre e disegna un’espansione dei valori+1,3% e +0,8% in volume. I primi passano da 3.606 a 3.653 milioni €; i secondi da 14.902 a 15.020 mila ettolitri. Il valore medio unitario, del periodo gennaio-settembre, riesce a spuntare un centesimo litro, da e 2,42 a€ 2,43/litro”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Il poeta Esopo – e Fedro, dopo di lui – l’aveva capito bene. Arrivare all’uva non è cosa da tutti. Anche se il paragone è un po’ arguto, lo spirito di questo sito web è semplice: aiutare i consumatori a districarsi tra le corsie dei supermercati, alla ricerca del giusto vino da abbinare ai piatti più svariati.
Qui troverete la recensione di vini, bianchi e rossi, acquistati esclusivamente nelle “cantine” della grande distribuzione organizzata (Gdo). Vini compresi perlopiù in una fascia prezzo che varia dai 4 ai 25 euro. Acquistare con consapevolezza, dunque. E arrivare all’uva giusta. Da vere “volpi”
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