vino e olio ecco come conservarli al meglio 5058 300x210
Lucca – Andrà avanti fino al 31 luglio in Piazza San Michele, nel cuore di Lucca, la 5^ edizione di Extra Lucca Summer Edition, la manifestazione, dedicata all’olio extravergine d’oliva di qualità, ideata da Fausto Borella, presidente dell’Accademia Maestrod’olio.
Extra Lucca Summer Edition, spin-off estivo dell’omonima e ormai storica kermesse invernale, ha quest’anno una durata record di ben 45 giornate senza soluzione di continuità. Ha aperto i battenti il 17 giugno.
Giorni durante i quali i cittadini e le migliaia di turisti italiani e stranieri presenti in città potranno scoprire alcune delle migliori produzioni olivicole della Penisola, abbinandole a vini rosati e prodotti gastronomici di aziende top level.
Nei banchi d’assaggio sono presenti 23 produttori olivicoli da 10 regioni differenti; in prima fila ovviamente le aziende toscane, seguite da interessanti realtà provenienti da Nord a Sud dello Stivale. 53 le etichette disponibili in degustazione. Tutti i visitatori possono inoltre, su prenotazione, partecipare a dei mini corsi guidati.
“Rispetto alla kermesse invernale, che prevede per tre giorni assaggi delle migliori produzioni olivicole appena frante di tutta Italia – ha sottolineato Fausto Borella, presidente dell’Accademia Maestrod’olio – Extra Lucca Summer Edition si presenta sicuramente come un evento dall’approccio più “pop”. L’obiettivo rimane chiaramente quello di fare cultura dell’olio, cercando di incuriosire un pubblico quanto più vasto possibile. Per gran parte dell’estate lucchesi e stranieri possono, gratuitamente, approcciare all’olio evo di qualità. Quello degli abbinamenti con i vini e con i prodotti gastronomici è poi un passepartout utile per fare breccia anche tra i meno appassionati”.
GLI EVENTI CORRELATI Non mancano appuntamenti e serate ad hoc per continuare a celebrare l’extravergine fino a tarda serata. E così, lunedì 15 luglio, si festeggeranno a suon di ostriche, olio e Champagne i 12 anni dell’accademia Maestrod’olio.
Mercoledì 17 luglio andrà in scena la serata mixologist, con cocktail preparati con maestria da diversi barman professionisti. Domenica 28 luglio, festa conclusiva della maratona estiva di Extra Lucca che si chiuderà definitivamente mercoledì 31.
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Girofle di Garofano alias il rosato brizzolato verticale memorabile a Radici del Sud 7 1024x768 1
E’ il rosato controcorrente. Quello che sfida le mode, i gusti. Ma soprattutto le tradizioni e la logica. Girofle, il rosato da uve Negroamaro di Severino Garofano, più che un vino è una rivoluzione culturale allo stato liquido.
Un calice che mostra tutte le potenzialità del rosé come vino “da invecchiamento”, al di là del consumo entro pochi mesi dalla vendemmia. E fa pensare alla cucina – ovvero al vasto ventaglio di abbinamenti che si apre per le annate meno recenti – come alla miglior alleata per valorizzare il rosato brizzolato.
La cantina di Copertino (LE) non ha perso l’occasione offerta nei giorni scorsi da Radici del Sud 2018. Organizzando una verticale di 6 annate per la stampa italiana ed estera. Sei Girofle, dal 2017 al 2011 (ad eccezione della 2012), capaci di ribadire un concetto che a casa Garofano è chiaro da un pezzo: il rosé va aspettato, come un vino rosso.
LA DEGUSTAZIONE
Ogni calice un Cubo di Rubik. Già, perché tutto si può dire di Girofle, tranne che sia un vino di immediata comprensione. L’ennesima riprova di una complessità comunemente accostata ai vini rossi, o ai grandi bianchi da lungo affinamento.
La verticale condotta da Stefano e Renata Garofano, assieme alla sommelier Jlenia Gigante, prende il via da una 2017 più che mai in linea con l’idea di rosé da Negroamaro. A cui però si somma una finezza rara.
Si tratta del campione più “moderno” della batteria, in tutti i sensi: un rosato che strizza l’occhio al mercato estero, senza perdere originalità o dimenticarsi della tradizione.
Con Girofle 2016 si volta pagina. Il rosa carico inizia ad affievolirsi, assumendo tinte tendenti all’aranciato. Il naso è ricco e ricorda chiaramente la versione rossa. Un calice che segna la cifra della verticale di casa Garofano, definendo la regola assoluta: allo scaricarsi cromatico del Negroamaro corrisponde l’ispessimento della caratura gusto olfattiva. Una trama che ha del romantico.
Così come romantico è il susseguirsi dei descrittori delle vendemmie successive. La 2015 sembra giunta al momento di un sussulto d’orgoglio, tanto nel colore (che tiene ed è luminosissimo) quanto nell’ampiezza di un naso e di un palato quasi “grassi”, ben sostenuti dalla consueta verticalità scheletrica che caratterizza Girofle.
E’ un cuore che batte, la vendemmia 2014. A quattro anni di distanza, il nettare si mostra in netta evoluzione. I battiti di questo rosé sono scanditi al momento da rintocchi salini e sincopi di arancio e lavanda. Non certo un amore a prima vista, immediato: il calice va aspettato, ossigenato, alimentato di speranze. E infine capito.
Eros puro, invece, Girofle 2013. Un vino magico quello che Severino Garofano e i suoi figli sono riusciti a racchiudere in bottiglia. Una pozione che gioca sui contrasti e sugli ossimori, dando un senso tanto concreto quanto poetico a tutto il lavoro che la famiglia di Copertino sta facendo da anni, in Puglia, col vitigno Negroamaro vinificato in rosa.
Strepitosa intensità al naso e al palato, che allo stesso tempo si mantiene sulle tinte delicate e fini già avvertite nelle annate precedenti. Perché si può essere forti anche senza perdere eleganza. Un rosé che ti prende per mano in punta di piedi, prima di salutarti in un sottofondo musicale: sul pentagramma, note di buccia di lime e una leggera speziatura anticipano la fine di un lungo spartito.
Girofle 2011 è il lottatore stanco, che tuttavia non rinuncia al ring. E ne ha ben donde. Gancio e dritto del boxeur si materializzano in un’acidità ancora viva. Il Negroamaro mostre qui la sua faccia più grezza, anzi sfumata.
Ecco che alla cifra delle note agrumate e dei piccoli frutti a bacca rossa fanno eco richiami fumé e di pietra bagnata. L’evoluzione naturale di un vino che ancora combatte, nel nome di un ideale e di una filosofia. Nel nome della rivoluzione.
IL ROSATO AL BIVIO, DA NORD A SUD ITALIA Angelo Peretti è direttore di The Internet Gourmet e consulente del Consorzio di tutela del Bardolino per il quale ha scritto nel 2008 il piano strategico. Nel Chiaretto, Peretti vedeva – già 10 anni fa – la leva per la crescita del territorio.
Da allora, il rosé gardesano è salito da 4 a 10 milioni di bottiglie vendute annualmente, diventando leader assoluto tra i rosati italiani a menzione geografica. Abbiamo dunque chiesto ad Angelo Peretti un commento sulle potenzialità del rosato italiano come “vino da invecchiamento”.
“Da appassionato di rosé – evidenzia Peretti – ho due sogni. Il primo potrebbe anche realizzarsi, ed è quello di vedere finalmente una sezione dedicata ai vini rosati nelle liste dei ristoranti italiani. Il secondo temo sia un’utopia, ed è vedere in lista più annate dello stesso rosato, come accade invece nella grande ristorazione francese”.
“Eppure – continua Angelo Peretti – i vini delle aree storiche del rosato italiano, come il lago di Garda con il suo Chiaretto di sponda veneta e di sponda lombarda, l’Abruzzo con il Cerasuolo, la Puglia con i rosati a base di Bombino Nero a Castel del Monte o di Negroamaro nel Salento, quando sono rispettosi del vitigno autoctono e del territorio hanno ottimi potenziali di affinamento in bottiglia e col passare del tempo diventano anzi più complessi, assumendo e accrescendo quelle note speziate che in gioventù sono molto attenuate”.
Caratteristiche che rendono questi rosati perfetti in cucina. “Quando d’estate voglio un rosato per l’aperitivo o per una cucina leggera – commenta Peretti – ne stapperò uno dell’ultima annata. Ma se per esempio in autunno ho un coniglio al forno o un tacchino con le castagne, diventa perfetto lo stesso vino di due, tre, quattro, cinque annate prima”.
Altro trucco da seguire, per apprezzare al meglio il rosato “brizzolato”, è quello della temperatura di servizio. “Per un rosato giovane sarà più bassa – consiglia Angelo Peretti – mentre per un rosé affinato dovrà alzarsi magari fino alla temperatura di cantina, sui 14 gradi”.
“Con questo – precisa – non voglio dire che un rosato debba per forza essere fatto invecchiare, perché la sua versione più golosa, immediata e godibile è quella della giovinezza, anche in spiaggia o in piscina. Ma suggerisco di mettere da parte una bottiglia o due del rosato preferito, per apprezzarne l’evoluzione nel tempo: c’è un mondo intero da scoprire dentro ai vini in rosa”. Chi vuole provarci?
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Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(3 / 5) Rosato un po’ (troppo) salato. Una sintesi che racchiude bene l’assaggio del Bardolino Classico Chiaretto Dop 2016 dell’Azienda Agricola Conti Guerrieri Rizzardi, in vendita nei supermercati Esselunga.
Un calice che non soddisfa appieno, proprio per la preponderanza, al palato, di una nota salina che disturba la beva. Rendendo peraltro difficile l’abbinamento di questo vino rosato veneto con la cucina. Eppure le premesse sono ottime.
Il Chiaretto Guerrieri Rizzardi si presenta di un apprezzabilissimo rosato brillante, tipico della denominazione. Gli fa eco un naso elegante, altrettanto caratteristico, tra il floreale di violetta e il fruttato di fragola, lampone e ribes. Prestando ancora più attenzione, ecco la nota di “soluzione salina” che ritroveremo di lì a poco al palato.
In bocca, le percezioni fruttate che contraddistinguono il vino in ingresso vengono poi sovrastate dal sale. Quello che è uno dei tratti distintivi del Bardolino – descritto sin dalle cronache del 1935 come vino “grazioso e lieve”, ma soprattutto “salatino” – risulta la nota stonata nel calice del Chiaretto Guerrieri Rizzardi. Per eccessiva amplificazione. Una durezza che neppure la buona acidità riesce a controbilanciare.
LA VINIFICAZIONE
Sono diversi i vigneti dai quali la cantina Guerrieri Rizzardi ottiene il Chiaretto in vendita nei supermercati Esselunga. Due sono situati a Bardolino (località Campagnole e vigneto Vegro). Altri due nel Comune di Cavaion Veronese (vigneto Vignai, vigneto Cà dell’Ara). Sono 75 mila, in totale, le bottiglie prodotte.
Le viti, allevate a pergola semplice e doppia e guyot con una densità d’impianto variabile tra i 1.720 e i 5 mila ceppi per ettaro, affondano le radici in terreni di tipo ciottoloso, argilloso e calcareo di origine morenico glaciale. Il blend del Bardolino Classico Chiaretto Guerrieri Rizzardi è ottenuto prevalentemente dai vitigni Corvina (65%) e Rondinella (20%), a cui viene aggiunto un 15% tra Molinara e Negrara. Piante di età variabile tra i 5 e i 30 anni, con una produzione media per ettaro di 130 quintali (12.100 bottiglie).
La vinificazione prevede l’iniziale diraspataura e pigiatura delle uve. Segue il riempimento delle vasche di fermentazione e la svinatura, dopo circa 12 ore. La vinificazione in bianco avviene in ambiente ridotto, per preservare le caratteristiche delle uve ed evitare ossidazioni.
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(4 / 5) Sempre alla ricerca di proposte di vini freschi per l’estate, colpisce sullo scaffale una bottiglia renana.
Si tratta del Lambrusco Reggiano Frizzante Doc Rosato del Campanone, vendemmia 2015, imbottigliato dall’azienda Lombardini di Novellara-
“Rosati Medaglia d’Argento 2015” in evidenza sulla bottiglia. “L’ho provato e mi ha convinto molto più dei precedenti rosati di Lombardini. E’ fresco, elegante, piacevole e di bevibilità suprema. Sarà uno dei miei vini dell’estate”. Parole queste di Andrea Scanzi che ha preso spunto da questo vino per il suo capitolo sul lambrusco nel libro “elogio dell’invecchiamento”.
LA DEGUSTAZIONE
Il Rosato del Campanone è un vino che mette allegria già dal suo colore rubino chiaro: una pozione magica la cui schiuma croccante scalpita nel calice.
Al naso il profumo è fragrante e fruttato di fragola. Frutto dominante anche al palato e nella chiusura di buona persistenza. Un vino di acidità fresca, con una bolla spinta, ma gradevole e stuzzicante.
Si lascia bere in scioltezza, è un vino leggero, solo 11% di alcol in volume. Davvero apprezzabile dunque, si abbina a primi piatti, carni bollite e ai piatti più tipici della tradizione emiliana. Un difetto? Forse la scelta della bottiglia, che fatica davvero fatica a stare in frigorifero.
LA VINIFICAZIONE Il Lambrusco Reggiano Doc Rosato del Campanone è prodotto con uve Lambrusco Salamino e Lambrusco di Sorbara vinificate secondo il metodo charmat in autoclave.
La cantina Lombardini, presente a Novellara dal 1925 produce vini frizzanti e spumanti: per circa il 95% Lambruschi, di cui l’ 85% DOC, da sempre ottenuti da uve selezionate di ottima qualità, provenienti da vitigni autoctoni presenti sul suo territorio. Non dispongono infatti di vitigni propri, ma sono selezionatori di uve.
La Famiglia Lombardini è presente sul panorama enologico italiano da ben quattro generazioni, nel corso delle quali è riuscita a costruire un vasto patrimonio di esperienze, tramandando di padre in figlio l’amore e la dedizione per il mondo del vino e il loro protagonista è da sempre il buon “Lambrusco” per il quale hanno ricevuto diversi premi, menzioni e riconoscimenti non ultimo, la medaglia d’argento rosati, per due anni consecutivi del Campanone in concomitanza anche dei loro novanta anni di attività.
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