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Vino lombardo, Fava: “Occorre riposizionare i nostri marchi”

“Qualità, approvazione, internazionalizzazione”. Queste le tre parole d’ordine di Vinitaly 2017 per l’assessore all’Agricoltura della Regione Lombardia, Gianni Fava. “Dal punti di vista della qualità – ha spiegato Fava – ho chiesto di convocare per il 10 aprile a Vinitaly la conferenza delle regioni. Oggi chiederò che venga inserito un ordine del giorno relativo al tema degli ‘arricchimenti’, da concedere solo in casi davvero straordinari. Chiederemo che tutte le regioni applichino questo discrimine, indistintamente. In sostanza: o tutti o nessuno. Non sono convinto che la maggior parte dei consumatori sia consapevole di simili questioni”.

Fondamentale, in tal senso, anche il tema della “promozione”. “Regione Lombardia – ha dichiarato Fava – ha messo a dispozione 13 milioni di euro per la promozione internazionale, in barba agli Ocm. Ci sono regioni che funzionano e che sono veramente vicine ai produttori, come la nostra. Un meccanismo che ha funzionato bene, ma fino a un certo punto. La crescita incrementale è superiore a quella del valore. Siamo collocati su segmenti di mercato evidentemente più bassi. La sfida è quella di riposizionarci su segmenti più qualitativi”.

Sempre secondo Fava, “tra noi e francesi non sussiste un gap così ampio come quello dimostrato dai numeri: semplicemente vendiamo peggio i nostri prodotti di qualità”. “Abbiamo una unica possibilità: cercare nuovi mercati – ha spiegato l’assessore lombardo – dove la qualità è riconosciuta e giustamente pagata. L’esempio è quello del Lugana, che ha saputo intercettare mercati di qualità. Un modello da imitare da tutti, che oggi paga le uve al prezzo corretto. Non abbiamo bisogno di nuovi marchi, ma di spingere quelli buoni che abbiamo, nei singoli territori. Per farci conoscere e guadagnare mercati serve la reputazione, elemento fondamentale sul mercato internazionale”.

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Il Sangue di Giuda dell’Oltrepò a Salerno? Tranquilli. Lo porta Enoitalia

E alla fine dei conti, quello che ti fa più incazzare, è che gliel’hanno proposto in abbinamento a una frittura di paranza. Eppure, la controetichetta parla chiaro. “Questo vino dolce e leggendario dell’Oltrepò Pavese ha un ruolo chiave nei pranzi festivi della tradizione in Lombardia, ove la sua vivacità conferisce importanza al fine pasto. Un vino che trova il suo adatto abbinamento (…) con dolci quali crostate, pasta di mandorle e sfogliatine”. Sfogliatine? Sfogliatine, sì. Quelle campane? Forse. Sembra un’etichetta studiata ad hoc. Ma lo avete capito? Parliamo del Sangue di Giuda. Il vino dolce dell’Oltrepò Pavese.

Sono le 23.30 di sabato quando un lettore di vinialsuper ci contatta attraverso la nostra pagina Facebook. E’ al ristorante. A Salerno, dove vive. Gli hanno appena proposto un vino che non conosce, in abbinamento alla frittura di pesce che ha ordinato al cameriere. E’ un vino rosso. Qualcosa non torna. La domanda che ci rivolge è perentoria. “Non è che gli devo fare un assegno? Rispondente, prima che arriva il conto”.

Allega al messaggio la foto della bottiglia. Panico. Si tratta del Sangue di Giuda Doc “Il Pozzo”, vino frizzante dolce. Vendemmia 2015. Ammettiamo l’ignoranza. Non lo conosciamo. Il nome di fantasia non ci dice nulla. Chiediamo una foto dell’etichetta posteriore. Che arriva, di lì a qualche minuto. E’ tutto chiaro. L’azienda indicata è Enoitalia, gigante imbottigliatore di Bardolino, Verona, che serve i supermercati Lidl. Quelli, per intenderci, del Montepulciano Biologico Passo dell’Orso decantato da Luca Maroni. Boom. Questa bottiglia costerà 6 euro al lettore. Un ricarico notevole, quello del ristoratore salernitano, rispetto alle potenzialità della bottiglia.

E’ la legge dei grandi numeri. Quelli che in Italia vincono sempre, a prescindere dal valore che rappresentano realmente. Basti calcolare che una delle aziende leader del Sangue di Giuda, in Oltrepò, fissa il prezzo del proprio “base” – comprensivo di trasporto, ma con pagamento anticipato – a 4,30 euro a bottiglia. E a 6.90 euro per il “cru”. Troppo? Fin troppo poco, assicuriamo noi che quei due Sangue di Giuda (il base e il cru) li conosciamo bene. E allora vada per il Sangue di Giuda di Enoitalia. Pure al ristorante. Con la paranza. Ma si sappia: l’Oltrepò pavese è un’altra cosa. Quando imparerà a promuoversi a dovere in Italia? Ai posteri l’ardua sentenza.

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