LAZISE – Ci sono vini che raccontano idee. Manifesti di una rivoluzione prima culturale, poi enologica. Di fatto, il Valtènesi Doc “Molmenti” di Costaripa non è un semplice rosato. E neppure un rosé, o un “vino rosa”, definizione distintiva dei vini prodotti nella zona del Lago di Garda.
“Molmenti” è innanzitutto il manifesto programmatico di una nuova concezione di vino. Che parte dalla vocazionalità del terreno e del territorio, per arrivare al calice. Passando per il genio del suo produttore, Mattia Vezzola.
Un sorso d’aria “nuova” nel mondo dei rosati italiani. Da pensare come vini “Peter Pan” capaci di durare nel tempo. Anzi, da consumare a distanza di diversi anni dalla vendemmia e dall’imbottigliamento.
Alla stregua dei rossi e di certi bianchi (pochi a dire la verità) capaci di superare agilmente la prova delle lancette. Un rosato del nord, di lago, che trova in Girofle di Severino Garofano il suo gemello meridionale, in termini di concezione aulica del rosato, come vino da lungo affinamento. Già, perché a detta di Vezzola, “il rosé è un antidoto al formalismo e alla banalità”.
LA SVOLTA
Da quel giorno, Vezzola capì di non essere folle come credevano tutti. Da diversi anni produceva infatti un “rosato da viticoltura” dedicato a Pompeo Gherardo Molmenti, ideatore nel 1896 del Chiaretto di Moniga del Garda.
“Prima di aver assaggiato quel vino – ammette il patron di Costaripa – mi sembrava di essere un tipo d’avanguardia. Mi sono trovato in un sorso sull’ultimo vagone del treno. Mi convinsi definitivamente che i rosé non sono solo vini di grande viticoltura, ma anche di grandissima tecnologia, per i quali occorre investire in ricerca”.
Secondo Mattia Vezzola, “per produrre un vino rosato che sfidi il tempo non basta un’uva di grande qualità”. Nel 2012 l’ulteriore svolta nella produzione di “Molmenti”, ottenuto da una vigna di 55 anni: un cru di 4 ettari che ha assorbito tutte le energie mentali dell’appassionato vignaiolo di Moniga.
Cambia così il profilo sensoriale e l’aspetto estetico del rosato che sta facendo la storia di Costaripa. Il vino ottenuto da uve Groppello (base del blend di “Molmenti” assieme a Marzemino, Sangiovese e Barbera) tende a ingiallire e diventare ambrato col tempo.
Vocazionalità del terreno e scelta degli acini perfetti per il rosato sono dunque i capisaldi di “Molmenti”. Ma non basta.
La grande attenzione di Vezzola in vigna si sposta poi in cantina, dove le uve vengono vinificate secondo una sorta di disciplinare ben preciso, perfezionato in anni di osservazione ed esperienza.
“La vocazionalità è la possibilità che il padre eterno ti dà 9 anni su 10 di fare lì un grande vino – ricorda il vignaiolo citando il patron di Romanée-Conti. Il resto lo fa l’uomo. Dopo aver portato uve più che perfette in cantina, estraiamo il meglio dell’acino, ovvero il 55-60%. Il suo vero cuore”.
LA TECNICA DI PRODUZIONE
“Gran parte dei rosé del mondo – continua Vezzola – oltre ad essere prodotta con uve compromesse, è ottenuta tramite salasso. Una tecnica con la quale si estrae al massimo il 12% della ‘materia’ dell’acino, compresa la parte acquosa. Così facendo si ottengono vini di buon profilo sensoriale, ma la parte di maggiore qualità viene destinata a vini rossi, di struttura”.
Due le ore di macerazione previste per il Valtènesi Doc “Molmenti”, seguite da decantazione statica, travaso e fermentazione in botte. “Non viene effettuata malolattica – spiega Vezzola – in quanto significherebbe togliere al vino la sua spina dorsale“. L’affinamento in legno si protrae per due anni, prima dell’imbottigliamento.
Ma Vezzola punta ad alzare ulteriormente l’asticella, lasciando in bottiglia “Molmenti” per 3 anni, prima di metterlo in commercio: un anno in più rispetto ai 2 attuali. Un ulteriore sforzo (anche economico) che interessa una produzione che varia tra le 3 e le 6 mila bottiglie annue.
LA DEGUSTAZIONE
In assaggio, in occasione della masterclass tenuta questa mattina da Vezzola all’Anteprima Chiaretto 2018, le vendemmie 2015, 2013, 2012 e 2011. Quattro campioni diversi tra loro, accomunati però da un fil rouge evidentissimo: sapidità ed eleganza.
“Tutti vini da giudicare tra diversi anni”, come tiene a precisare lo stesso produttore, ma che già oggi offrono qualche spunto utile per immaginarli nel futuro. La calda vendemmia 2015 regala per esempio un calice ancora troppo condizionato dal legno, con note evidenti di caramella mou, vaniglia e fondo di caffè.
Vena salmastra netta, che si riflette in bocca in una sapidità accentuatissima. Un “vino da salivazione”, per dirla con le parole di Vezzola. Giocato tutto sul rimbalzo tra le durezze e i morbidi terziari.
“Molmenti” 2013 è invece il frutto di un’annata più fresca. L’acida è più marcata rispetto alla 2015, come dimostra una corrispondenza gusto olfattiva d’agrume. Evidente anche l’evoluzione del vino, sin da un naso che inizia a parlare di idrocarburo. Un vino giovanissimo, che forse supererà in longevità la vendemmia 2015.
“Questa annata – ricorda Vezzola – fu bocciata per tre volte dalle commissioni tecniche della Doc, prima di essere approvata”. Un aspetto rimarcato anche sull’etichetta, dove il produttore definisce “pur-troppo unico” il colore giudicato “alterato” dagli esperti della Doc.
Naso floreale per la vendemmia 2012, che al momento si esprime meglio al palato. Senza perdere tuttavia la caratteristica principale di “Molmenti”: una chiusura salina, su un frutto di rara precisione ed eleganza.
Decisamente diverso, invece, il colore della vendemmia 2011. Cosa è cambiato? “Semplicemente la temperatura di macerazione, più alta in occasione di questa annata”. Il naso è connotato da una leggera e piacevole nota ossidativa, che accompagna un frutto più presente e polposo rispetto agli altri campioni, oltre ai consueti ricordi di idrocarburo.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.