Otto aziende fuori dal Consorzio Vini Colli Euganei. L’ente padovano presieduto da Marco Calaon, il cui secondo mandato è stato rinnovato a dicembre 2020, è una polveriera. Tra l’inizio di luglio 2022 e la scorsa settimana hanno fatto le valige da Vo le cantine Ca’ Lustra, Quota 101, Vignale di Cecilia, Vini San Nazario, Vigna Roda, Alla Costiera di Gamba Filippo, Reassi e Vignalta. Sbattendo la porta.
L’erga omnes non è a rischio. Il gruppo di dissidenti strappa appena un centinaio di ettari al Consorzio. Secondo fonti di winemag.it, le cantine dimissionarie chiederebbero tuttavia proprio la testa del presidente Calaon e dell’intero Cda.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso, in via ufficiosa, sarebbe il blocco degli impianti del Serprino (biotipo dell’uva Glera) votato lo scorso giugno dalla maggioranza dei soci del Consorzio Vini Colli Euganei. Tre anni “Serprino free” (2022-2024) motivati dalla volontà di bloccare quella che localmente viene definita «Glerizzazione dei Colli Euganei».
PROSECCO DOC VERSO LA SOTTOZONA DEL SERPRINO?
In zona sono pochi i produttori che imbottigliano spumanti o frizzanti Serprino Doc Colli Euganei, preferendo piuttosto vendere le uve o il vino sfuso. Un fenomeno reso ancora più evidente dalla decisione della Doc Prosecco di attivare la misura dell’attingimento temporaneo per la campagna vendemmiale 2022, votata dal Cda trevigiano il 24 giugno e avallata da Regione Veneto il 26 luglio.
I conti, tuttavia, non tornano. Tra le aziende uscite dal Consorzio Vini Colli Euganei, più d’una non produce Serprino. Ecco perché le cause dei dissidi andrebbero ricercate altrove. Ma pur sempre nell’ambito della gestione dell’ente da parte del presidente Marco Calaon, figura considerata da molti vicina alla cooperativa locale.
Sul tavolo resta comunque aperta un’opzione intrigante per il futuro dei produttori dei Colli Euganei. Il Consorzio Doc Prosecco avrebbe già dato il via libera all’istituzione della sottozona del Serprino. Per l’intero sistema Prosecco si tratterebbe di una vera e propria rivoluzione. Il carattere “vulcanico” del biotipo di Glera allevato sugli Euganei offrirebbe un’opportunità di diversificazione dell’offerta a una Denominazione che ha messo nel mirino il miliardo di bottiglie, da raggiungere nei prossimi 5, 8 anni.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
VÒ – Quando ha conosciuto Carlo Toniolo, Dina Mostacchi era un’australiana come tante. Genitori italiani – mamma piemontese e papà lombardo valtellinese – che si guadagnavano il pane “tagliando con le mani la canna da zucchero”. Dna tricolore, d’accordo. Ma non avrebbe mai potuto immaginare di vivere sui Colli Euganei ed esser parte di una delle cantine più rappresentative del territorio: Parco del Venda.
Un marchio acquisito negli anni Ottanta, anche se l’azienda agricola affonda le radici negli anni Cinquanta, forte dei vigneti della madre di Carlo Toniolo, originaria di Boccon. Oggi la cantina, a conduzione pressoché famigliare, è gestita dal marito Carlo e dai figli Michael, nato in Australia, e Daniela, nata ad Este (PD). Un melting pot ben assortito, che sembra riproporsi nel calice.
Nei vini dei Colli Euganei di Parco del Venda si ritrova il carattere spiritoso e istrionico di Dina. Quello duro e intransigente di Carlo. La vena artistica di Michael e della moglie Benedetta, che cura marketing ed etichette. E la graziosa leggiadria di Daniela. Due le punte di qualità assoluta: il Merlot “Lapilli” e il Cabernet Riserva “Boccon”.
Senza dimenticare l’autoctono Pinello. Un bianco dai profumi altoatesini, vinificato fermo e secco da Michael a differenza di quanto avviene comunemente sui Colli Euganei, dove è più facile trovarlo nella versione frizzante.
Cinquantadue ettari tra proprietà e affitto per Parco del Venda, che può contare anche su altri 40 ettari di una ventina di soci conferitori storici. Volumi piuttosto importanti, con la produzione che si assesta sulle 350 mila bottiglie annue, l’80% delle quali resta in Italia.
L’export si concentra in Svizzera, Austria, Germania e Balcani. Vietnam e Usa sono le nuove scommesse. Niente certificazione bio, “per scelta”. Ma da tre anni Parco del Venda ha “bandito il rame” nei trattamenti. E continua a investire in ricerca e qualità, sia in vigneto che in cantina, con la consulenza dell’enologo Claudio De Bortoli.
Del resto parlano chiaro i vini, in cui tutto sembra al posto giusto, naturalmente. L’alcolicità che contraddistingue la produzione dei Colli Euganei si legge solo sull’etichetta – i rossi superano i 15% vol e i bianchi i 13% vol – ma la percezione glicerica è sempre parte di un quadro equilibratissimo, mai stordente (bassi anche i livelli di solforosa libera, tra i 40 e i 60 punti, abbondantemente al di sotto delle soglie di legge).
E la sperimentazione continua, anche sul fronte dei cambiamenti climatici e delle nuove “varietà resistenti”. Parco del Venda ha presentato da pochi mesi la sua prima etichetta di Piwi a bacca rossa: si tratta del Merlot Khorus “Cigno Nero”, 10 mila bottiglie per la vendemmia 2018.
Al frutto e al carattere “verde” del Merlot, il nettare abbina note selvatiche e terrose, oltre a un tannino difficile da addomesticare che fa capolino in chiusura. Un sorso pieno e grintoso, in definitiva. Nessun fronzolo in cantina per Michael, che ha le idee chiare su quale sia la filosofia da perseguire a Parco del Venda.
“Il vino va ascoltato, annusato quando fermenta, perché parla e capisco da lì come sta e cosa gli serve. Una volta finita la fermentazione, l’obiettivo è il frutto, che deve sempre uscire alla grande, nel calice: è questo il dono che ci fanno i nostri Colli Euganei. In sintetesi? Faccio vini come piacciono a me!”.
LA DEGUSTAZIONE
Veneto Igt Pinello 2018, Parco del Venda: 88/100
Giallo paglierino luminoso e profumi che portano alla mente i bianchi di montagna: il vigneto si trova a oltre 300 metri, nel comune di Cinto Euganeo. Floreale fresco, dunque, ma anche accenni minerali che arrivano a sfiorare il fumè, con l’ossigenazione.
Netti richiami ad agrumi come il pompelmo, che evidenziano il lavoro in cantina per esaltare in maniera naturale l’espressione dei tioli. L’ampiezza al naso di questa etichetta prodotta col vitigno autoctono dei Colli Euganei è garantita anche dalle escursioni termiche.
Al palato, il Pinello 2018 di Parco del Venda sorprende per l’equilibrio tra la parte alcolico-glicerica, il frutto e la freschezza, abbinata a una salinità netta. Ritorni di nocciola e liquirizia in chiusura rendono ancora più eccezionale questo vino, venduto ad appena 3,50 euro. Un vero regalo.
Veneto Igt Merlot Khorus 2018 “Cigno Nero”, Parco del Venda: 89/100 La prima prova in bottiglia con il Piwi della varietà Merlot Khorus può definirsi un successo. Violaceo impenetrabile alla vista, carico, “dark” come il cigno scelto per il nome di fantasia dell’etichetta.
Naso e palato sembrano rispecchiare questa caratteristica “tenebrosa”, coniugata però a un frutto solare, pieno, croccante, tipicamente “Euganeo”. Bella anche la vena salina. Dosati i richiami terrosi, di radice. Chiusura su un accenno leggero di nocciola, tanto da ricordare certi Pecorino abruzzesi.
Colli Euganei Cabernet Doc 2018 “Boccon”, Parco del Venda: 88/100
Blend di Cabernet Sauvignon (60%) e Cabernet Franc (40%) da clone francese. Rosso mediamente trasparente alla vista. Naso profondo, a sostenere un frutto pieno e centrato. Freschezza confermata dall’assaggio, balsamico e speziato, nonostante la spinta glicerica dei 15,5% vol, molto ben integrati. Manca forse un po’ di struttura, ma il sorso è ruffiano al punto giusto e l’annata, guastatasi sul più bello con un eccesso di pioggia, può dirsi “portata a casa” egregiamente.
Colli Euganei Cabernet Doc Riserva 2016 “Boccon”, Parco del Venda: 91/100 Il capolavoro della cantina, accanto al Merlot “Lapilli”. Ha tutte le caratteristiche del Cabernet “Boccon” tradizionale, ma un sapiente affinamento in legno dà una marcia in più al nettare, sia al naso sia al sorso: Michael ha scelto un terzo di barrique nuove, un terzo di secondo passaggio e la restante frazione di terzo passaggio.
Naso tipico dei vitigni che compongono il blend, connotato da una bella eleganza delle note verdi e del frutto, pieno e croccante, cui si affiancano richiami di fondo di caffè e caramella mou, più che di vaniglia.
In bocca l’alcol dovrebbe prendere il sopravvento (15,5% vol.) e invece è ammansito da una freschezza dirompente e da una percezione salina che rischia di far vuotare la bottiglia in pochi minuti, se in buona compagnia: cosa rara per una Riserva. E cosa rara per i Colli Euganei. Chapeau.
Veneto Igt Merlot 2018 “Lapilli”, Parco del Venda: 92/100
Già recensito il mese scorso da WineMag.it e motivo della visita a questa Azienda agricola dei Colli Euganei, “Lapilli” è innanzitutto un Merlot dal rapporto qualità prezzo imbattibile: 6 euro in cantina.
Frutto rosso, ribes in particolare, poi lampone e ciliegia selvatica per una componente fruttata di gran precisione al naso, cui si accostano richiami di macchia mediterranea sempre più vividi col passare dei minuti, grazie all’ossigenazione.
Il giro delle lancette regala complessità a questo Merlot vulcanico di Parco del Venda. Leggera spezia e caramella mou, fino a sbuffi che ricordano il fondo di caffè. In bocca, come nella migliore delle attese, una gran freschezza.
Alcol ancora una volta molto ben integrato, tannino elegante, cuore di liquirizia, spezia (pepe) e chiusura salina. Splendida l’espressione del frutto, che si conferma della giusta maturazione, tanto da non sforare nella confettura.
Quando la temperatura del calice si alza di qualche grado, il varietale diviene sempre più presente e riconoscibile. Ancora più in evidenza la balsamicità della chiusura, su note che ricordano la mentuccia e la salvia.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
“La qualità comincia in vigneto”. Una frase che risuona come un mantra nella cantina Parco del Venda, che sui Colli Euganei regala agli appassionati di Merlot un’etichetta di gran qualità. Si tratta del Veneto Igt Merlot 2018 “Lapilli”, tra le “chicche” della cantina condotta da Carlo e Michael Toniolo a Vò, in provincia di Padova. Un vino che, già dal nome, vuol essere un tributo al terreno di origine vulcanica di questo angolo di Veneto.
LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, il nettare si presenta del classico rosso-viola impenetrabile. Al naso, “Lapilli” regala i richiami “verdi” tipici del Merlot, ma in una veste garbata ed elegante, ammantata dal calore della vena alcolica, presente (15,5% vol.) ma non disturbante.
Frutto rosso, ribes in particolare, poi lampone e ciliegia selvatica per una componente fruttata di gran precisione, cui si accostano richiami di macchia mediterranea sempre più vividi col passare dei minuti, grazie all’ossigenazione.
Il giro delle lancette regala complessità a questo Merlot vulcanico di Parco del Venda. Leggera spezia e caramella mou, fino a sbuffi che ricordano il fondo di caffè. In bocca, come nella migliore delle attese, una gran freschezza.
Alcol ancora una volta molto ben integrato, tannino elegante, cuore di liquirizia, spezia (pepe) e chiusura salina. Splendida l’espressione del frutto, che si conferma della giusta maturazione, tanto da non sforare nella confettura.
Quando la temperatura del calice si alza di qualche grado, il varietale diviene sempre più presente e riconoscibile. Ancora più in evidenza la balsamicità della chiusura, su note che ricordano la mentuccia e la salvia. Perfetto l’accostamento con le carni, in particolare con quelle rosse alla griglia. Temperatura di servizio tra i 16 e i 18 gradi.
LA VINIFICAZIONE
“Lapilli” viene prodotto con uve Merlot in purezza, da piante di età compresa fra i 30 e i 6 anni. I vigneti si trovano a Boccon di Vò e ad Arquà Petrarca, a un’altezza compresa tra gli 80 e i 90 metri sul livello del mare, con esposizione Sud e Ovest. La resa è di 80 quintali per ettaro. La densità di impianto varia fra le 3 e le 5 mila piante per ettaro.
Le uve vengono raccolte generalmente nella prima decade di ottobre. La vinificazione prevede diraspatura dell’uva, pigiatura e fermentazione in tini orizzontali, a temperatura controllata di 28 gradi, per una durata di 4 giorni.
Il successivo affinamento del Merlot Lapilli avviene in vasche di cemento. Si protrae per otto mesi, con l’utilizzo della tecnica della macro ossigenazione per due giorni, utile a stabilizzare il colore e regalare tannini sinuosi.
Il vino, dopo l’imbottigliamento, riposa per almeno due mesi prima di essere commercializzato. Per l’annata 2018 sono stati prodotti 7 mila ‘pezzi’ di “Lapilli”, che risulta così uno dei prodotti di punta della cantina Parco del Venda.
L’Azienda vitivinicola coltiva circa 50 ettari di vigneto, tutti situati nella zona Doc del Parco Regionale dei Colli Euganei, fra i Comuni di Vo’, Cinto Euganeo e Galzignano Terme, in provincia di Padova. Una delle zone storiche per la viticoltura in Veneto.
Qui, assieme all’ulivo, le viti hanno trovato un habitat ideale. Per la natura del terreno, di origine vulcanica. Ma anche per il clima, piuttosto mite. La qualità dei vini di Parco del Venda comincia dalla potatura. Passa dal diradamento selettivo delle uve e si conclude in cantina.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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