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La cantina di Luigi Veronelli a Fisar: 1.500 bottiglie tornano alla luce

Una parte della leggendaria cantina di Luigi Veronelli – circa 1.500 bottiglie – è stata donata a Fisar dalla famiglia del noto giornalista. Un progetto condiviso tra la Federazione italiana sommelier, albergatori e ristoratori e i congiunti di Luigi Veronelli, dal titolo evocativo “La Terra è l’anima“, tratto dalla frase finale di un pensiero: “Il mio lavoro consiste nel camminare le terre e di raccontarne la qualità”.

Le bottiglie coprono l’arco di un trentennio, dagli anni Sessanta ai Novanta. “Saranno oggetto di studio appassionato e di rilettura, anche critica, delle recensioni veronelliane – spiega Fisar – con il proposito di una rinnovata conoscenza di parte del notevole patrimonio enologico italiano”.

“La terra è l’anima” è il “piano B” di Fisar, a fronte di Covid-19: il progetto doveva infatti coinvolgere i professionisti del settore nel tasting di alcune delle bottiglie donate dalla famiglia Veronelli alla Federazione.

Sarà anche un format multimediale pilota, con una serie di video-testimonianze da parte di operatori del settore che raccontano come Veronelli sia entrato nella loro vita, quale segno abbia lasciato e come hanno messo in pratica il suo sentire. I protagonisti sono loro e Luigi Veronelli sullo sfondo, con il suo pensiero stimolante ancora oggi.

Intervengono in questa prima serie: Elvira Bortolomiol, Romano Dogliotti, Alfonso ed Ernesto Iaccarino, Angela Lanzi, Giuseppe Mazzocolin, Arianna Occhipinti e Attilio Pagli. Le video-testimonianze son visibili in anteprima ogni lunedi alle ore 19.00 per nove settimane sulla pagina Facebook e sul sito web di Fisar Nazionale.

“La Terra è l’anima – precisa Gian Arturo Rota, curatore dell’archivio Veronelli – è il cappello sotto cui proporre, attraverso varie azioni, l’attualità della sua visione nell’approccio sensoriale; l’assaggio come ricerca, studio, rigore, ma anche piacere, e come possibilità di vaste espressioni: umana, sociale, estetica, tecnica”.

La donazione a Fisar da parte della famiglia consente sia di confrontarsi con bottiglie che raccontano la storia moderna del vino italiano sia, simbolicamente, di proseguire il lavoro di ricerca che Veronelli ha iniziato alla fine degli anni 50 del secolo scorso e perseguito per quasi 50 anni”, conclude Rota.

“Una bella soddisfazione – conferma Luigi Terzago, presidente nazionale Fisar – la partnership con la famiglia Veronelli. La donazione di parte della cantina per noi è un privilegio. Questo grande bagaglio di cultura del vino, appena terminato il distanziamento sociale, sarà messo a disposizione dei nostri associati con degustazioni mirate. Il progetto prevede in seguito la realizzazione di ulteriori iniziative per approfondire la visione del grande gastronomo giornalista”.

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Approfondimenti

Valoritalia festeggia i 50 anni della Doc Cirò


La Doc Cirò, ha compiuto 50 anni. Un traguardo importante per la denominazione riconosciuta nel 1969 per volere dei capostipiti delle famiglie viticultrici della zona, che decisero di ottenere il giusto riconoscimento per il vino simbolo di Enotria, nome con il quale i greci ribattezzarono la Calabria.

Considerata dai massimi esperti a livello internazionale la promessa del vino italiano, la Doc Cirò  pare destinata ad esplodere sul panorama internazionale.

Valoritalia, ha scelto di celebrare insieme al Consorzio di Tutela dei Vini DOC Cirò e Melissa e ai rappresentanti del mondo politico e imprenditoriale della regione Calabria questa data importante, intervenendo durante il grande evento – Cirò, 50 anni di denominazione di origine controllata: scenari opportunità in un mercato globale tra storia, cultura e tradizione –svoltosi gli scorsi 27 e 28 giugno 2019 a Cirò Marina.

Due giornate celebrative ricche di appuntamenti, degustazioni di annate storiche e conferenze sull’evoluzione dei gusti dei consumatori, su nuove sfide e sugli strumenti adatti per accoglierle.

LA MISSION DI VALORITALIA
Gli interventi del Presidente di Valoritalia, Francesco Liantonio e del suo Direttore Generale, Giuseppe Liberatore, hanno entrambi sottolineato il ruolo e l’importanza che un accurato processo di certificazione svolge nell’assicurare una crescita equilibrata e duratura di una denominazione, perché fornisce al consumatore le necessarie garanzie di qualità e tracciabilità per ogni bottiglia immessa sul mercato.

Negli ultimi anni, il mondo del vino, e dei prodotti agroalimentari in generale, ha subito un profondo cambiamento. E’ chiaro a tutti, a consumatori e produttori, che per produrre, vendere, acquistare e consumare un prodotto d’eccellenza, sia imprescindibile identificarne territorio d’origine, filiera e metodologie produttive.

In Italia, Valoritalia è leader indiscusso degli organismi di controllo che operano nel settore vitivinicolo, certificando 220 denominazioni di origine che rappresentano il 49% dei volumi di tutta la produzione DOC, DOCG e IGT. La metà della viticultura italiana di qualità.

10 anni fa Federdoc e CSQA hanno costituito Valoritalia, contribuendo in tal modo a dar vita ad un sistema di supporto al comparto vitivinicolo italiano basato sul concetto di “rete”.

UNA GARANZIA DI ECCELLENZA
“Abbiamo costruito un meccanismo rigoroso – ha affermato Liantonio – che garantisce l’eccellenza dei vini DOC, DOCG, BIO e da agricoltura integrata, prodotti e commercializzati da aziende che contano sulla serietà e sulla competenza delle nostre verifiche, che hanno deciso di fare sistema, di essere una squadra; aziende che rappresentano l’eccellenza italiana”.

“La qualità rappresenta la nostra tradizione e cultura. Dobbiamo tutelarle attraverso la rigorosa verifica dell’applicazione dei disciplinari di produzione, facendo del vino il principale ambasciatore della nostra credibilità”, ha concluso il presidente di Valoritalia.

D’altronde a Cirò, nel 1967, come ha raccontato il Presidente del Consorzio di Tutela Vini DOC Cirò e Melissa, Raffele Librandi “fu proprio Veronelli che fece grande la storia di questa denominazione, caldeggiando la creazione della DOC Cirò appunto, ponendo le fondamenta per il successo di un territorio, di una regione e soprattutto del nettare tanto amato dai greci”.

Le nostre Denominazioni di Origine – ha aggiunto Riccardo Ricci Curbastro, Presidente di Federdoc, intervenuto durante il convegno a Borgo Saverona – sono apprezzate in tutto il mondo e riconosciute come segni distintivi del nostro Paese, della nostra cultura enologica e del nostro territorio”.

“Il loro valore aggiunto ha permesso una graduale acquisizione di posizioni vincenti sul mercato: dal 2009 al 2018 l’export vitivinicolo è cresciuto del 76%, raggiungendo i 6,2 miliardi di euro in valore e i 19, 8 milioni di ettolitri in volume nel 2018, e facendo conquistare all’Italia il ruolo di secondo paese esportatore mondiale”.

Ricci Curbastro ha poi ricordato che “il settore vino rappresenta quindi un volano fondamentale per la nostra economia, generando un fatturato complessivo di 13 miliardi, grazie all’operato di circa 310.000 imprese vitivinicole e di 46.000 aziende vinificatrici, esportatrici del nostro made in Italy nel mondo”.

“Siamo orgogliosi di certificare una denominazione con una storia come quella del Cirò DOC – ha concluso Giuseppe Liberatore, Direttore Generale di Valoritalia. – e con una prospettiva di crescita così promettente. La nostra mission è garantire l’eccellenza e certificare la qualità. La crescita e il radicamento delle denominazioni virtuose è la nostra crescita”.

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Approfondimenti

Presentate a Venezia l’Alta Scuola di Gastronomia Luigi Veronelli e NutriMenti

VENEZIA – “Terra” è il primo tema di NutriMenti | Settimana della Cultura Gastronomica con cui si sono inaugurate oggi le attività dell’Alta Scuola Italiana di Gastronomia Luigi Veronelli. Da cosa avviare, altrimenti, le riflessioni sulla cultura gastronomica italiana se non dalle sue origini materiche e vitali? Un progetto nato dalla collaborazione tra Seminario Permanente Luigi Veronelli e Fondazione Giorgio Cini con il sostegno di Banca Generali Private.

La giornata ha riunito esperti, appassionati, professionisti e scopritori dei cibi e dei vini italiani sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, sede della Fondazione Giorgio Cini e della stessa Alta Scuola, per un viaggio volto a indagare lo stato dell’arte della cultura gastronomica italiana.

“La terra, la terra, la terra” è stato l’appuntamento in omaggio al padre della critica gastronomica italiana contemporanea a cui è intitolata l’Alta Scuola, Luigi Veronelli, attraverso quattro autorevoli voci: Gian Arturo Rota, rappresentante della famiglia Veronelli, Ilaria Bussoni, filosofa, editrice e componente del Comitato Scientifico dell’Alta Scuola Veronelli, Alberto Capatti, storico della gastronomia e presidente del Comitato Scientifico dell’Alta Scuola Veronelli e Joško Gravner, vignaiolo in Oslavia – Collio/Brda.

Gravner, amico di Veronelli e da questi definito il “vignaiolo hacker”, poiché lo giudicava capace di sabotare con le sue radicali e rigorose pratiche quotidiane il sistema dell’agricoltura industriale, si è distinto nel corso degli ultimi vent’anni per aver rivoluzionato vigneto e cantina con il fine di creare un vino il più possibile vicino alle origini, a partire dall’adozione di un’anfora come contenitore di fermentazione e decantazione così come si faceva (e si fa) tradizionalmente in Georgia, terra madre del vino.

Per Gravner la terra è intesa in senso ancestrale, una “pacha mama”, a cui si deve rispetto e da cui provengono insegnamenti ineludibili colti grazie all’attenta osservazione quotidiana. “Tanti mi dicono che io torno indietro. Se questo significa fare maggiore qualità, sono orgoglioso di tornare indietro perché in realtà sto andando avanti”, ha affermato Gravner.

Nessuna agiografia, dunque, ma una profonda umanità ha caratterizzato l’omaggio veronelliano a cui è seguita la tavola rotonda “Il sapere della Terra. Per una connessione tra gli sguardi e le identità disciplinari” con Alberto Capatti, storico della gastronomia e Presidente del Comitato Scientifico dell’Alta Scuola Veronelli, Renata Codello, Direttrice Affari Istituzionali Fondazione Giorgio Cini, Stefano Castriota, economista della Libera Università di Bolzano, Massimo Bertamini, responsabile del corso di laurea in Viticoltura ed Enologia Centro Agricoltura Alimenti Ambiente di Trento e Andrea Alpi, responsabile didattico dell’Alta Scuola.

Dopo una prima analisi dell’evoluzione economica e di mercato del vino, condotta dal prof. Castriota, che ha evidenziato come l’export sia oggi un settore trainante nell’economia italiana, soppesando la relazione mutata tra consumo interno ed esportazione, il prof. Massimo Bertamini ha sottolineato il valore della “terra” come paradigma attivo e formativo, importante nella relazione con ile giovani generazioni.

“Cresciuto in una famiglia contadina della campagna trentina – ha spiegato Bertamini – ho avuto tante opportunità di testare il sapore della terra. Per sentirsi utili e diventare uomini, infatti, era fondamentale mettere le mani nella terra per ritrovare saperi anziani e scoprirne di nuovi. Saperi che mi hanno sempre appassionato tanto da spingermi a diventare di queste materie ricercatore e docente”.

I CAPOLAVORI DELLA VITICOLTURA
Da domani giovedì 5 e fino a sabato 7 luglio, la magnifica sala realizzata alla fine del Cinquecento dall’architetto Andrea Palladio, in collaborazione con il pittore Paolo Caliari detto il Veronese, diverrà il “Sensorium” dell’Alta Scuola Veronelli.

Uno spazio dedicato ai “capolavori della vitivinicoltura italiana”, i vini che i visitatori potranno degustare contribuendo al progetto con l’acquisto online di un ticket (con 20 € si ha diritto all’assaggio di 5 grandi vini).

Guido Berlucchi, Ca’ del Bosco, Cantine Ferrari, Les Crêtes, Kellerei Terlan, Vie di Romans, Villa Bucci, Braida, Masi Agricola, Marchesi Antinori, Fèlsina, Gianfranco Fino e Donnafugata sono state le prime aziende a sostenere l’Alta Scuola Italiana di Gastronomia Luigi Veronelli mettendo a disposizione il proprio vino più rappresentativo (l’elenco completo dei vini proposti è disponibile qui).

Il programma di NutriMenti | Settimana della Cultura Gastronomica prosegue fino a sabato 7 luglio. Per informazioni e prenotazioni altascuolaveronelli.it.

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Vini al supermercato

Rosso di Montepulciano Doc 2014 Ferrari Corbelli, Tenuta di Gracciano della Seta

(3 / 5) Un vino davvero versatile il Rosso di Montepulciano, da tutto pasto: particolarmente adatto per i primi piatti con sughi di carne, salumi, formaggi di media stagionatura, ma anche da osare con piatti di pesce dal sapore deciso.

Sotto la nostra lente di ingrandimento, questa volta, il Rosso di Montepulciano Doc, annata 2014, prodotto dalla Tenuta di Gracciano della Seta a Montepulciano.

LA DEGUSTAZIONE
Un vino dal colore rosso rubino brillante, luminoso, poco trasparente. Al naso è intenso con aromi di ciliegia e lampone corredate da note erbacee e ferrose. Più accattivante al naso che al palato, nel complesso offre una discreta beva ad un prezzo commisurato. In bocca il sapore  è delicatamente fruttato, ma si rivela poco corposo e anche poco persistente una volta deglutito. Con un titolo alcolometrico di 13% risulta in ogni caso non pesante e godibile. Un ossimoro d’obbligo per il suo retrogusto che è dolcemente amarognolo.

LA VINIFICAZIONE
Il Rosso di Montepulciano Doc 2014 Ferrari Corbelli della Tenuta di Gracciano della Seta è prodotto con un blend composto dal 90% di Prugnolo gentile e dal 10% di uve Merlot. Le vigne del cru Casale, Maramai, sono esposte a sud/sud-est e sud-ovest ad un altitudine di 300-350 metri s.l.m. Il terreno è di tipo limoso argilloso e i vigneti sono allevati a Guyot e a cordone speronato. La fermentazione e la macerazione sulle bucce avvengono in acciaio a temperatura controllata con lieviti indigeni per una quindicina di giorni, con rimontaggi giornalieri. La produzione media del Rosso di Montepulciano Doc è di 30.000 bottiglie annue, quella complessiva di 100.000 con Nobile di Montepulciano, Nobile Riserva e Rosato di Toscana.

La Tenuta di Gracciano, della famiglia della Seta Ferrari Corbelli Greco, si estende su circa 20 ettari vitati. I vigneti sono dislocati in 4 crus: Casale, Toraia, Maramai e Podere Rovisci, ognuno dei quali ha caratteristiche che si differenziano soprattutto per il suolo. Casale è il cru con il terreno più sciolto e produce vini armonici, eleganti e profumati. Il vigneto è stato reimpiantato nel 2008, quindi le uve sono utilizzate per la produzione del Rosso di Montepulciano. Gli altri tre crus hanno una frazione argillosa più importante soprattutto il Podere Rovisci le cui uve sono destinate alla produzione del Vino Nobile Riserva. L’età media delle viti è di 15 anni. Una parte del vigneto Maramai ha più di quaranta anni. La filosofia della Tenuta di Gracciano della Seta è da sempre improntata al rispetto della tradizione e dell’ambiente: non sono utilizzati né concimi chimici né diserbi e i vini cercano di rispettare il più possibile l’espressione del territorio con interventi tecnologici su uve e vini alquanto rispettosi della materia prima.Dal 2015 si sono convertiti all’agricoltura Biologica. Numerosi i riconoscimenti per i loro vini da parte di Gambero Rosso, Slow Wine, Vini di Veronelli.

Prezzo pieno: 5,99 euro
Acquistato presso: Carrefour
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Vini al supermercato

Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc 2014 Vaiolet, Monsupello

Si sviluppa davvero una bella spuma alta nel calice una volta versato il vino oggi sotto la nostra lente di ingrandimento. Bonarda dell’Oltrepò Pavese Frizzante Doc, Vaiolet, prodotta da Monsupello, annata 2014. Azienda pluripremiata con ben 112 medaglie d’oro in concorsi enologici, presente nella ristorazione più qualificata sia in Italia che all’estero, nelle enoteche professionali, ma anche nelle Gdo di qualità che destinano parte degli scaffali a enoteca, come quella a cui ci siamo rivolti per questa degustazione.  Nel calice il colore è rosso intenso con riflessi violacei,  impenetrabile. Il profumo è intenso, schietto e fine tipico della bonarda. I sentori sono semplici di piccoli frutti rossi, il ribes e il gelso predominano, ma anche la violetta non è timida. Vino caldo, piacevolmente rotondo e secco. Il sorso è vivace ed invitante, fresco e leggermente sapido: il retrogusto piacevolmente amarognolo. Un tannino equilibrato, integrato perfettamente nel contesto per un finale sufficientemente persistente che chiude sul frutto. Molto beverino, una Bonarda con una spanna in più, anche per il prezzo decisamente oltre la media che forse non tutti sono disposti a spendere per questa tipologia di vino. La Bonarda dell’Oltrepò Pavese Frizzante Doc, Vaiolet prodotta da Monsupello va stappata al momento del servizio e servita ad una temperatura di 14 /16 gradi. Non si presta ad un lugno invecchiamento, anzi, è ideale il suo consumo nell’arco di 2 o 3 anni. Si accosta a tutto pasto con antipasti a base di salumi, primi piatti strutturati quali ravioli al sugo o tagliolini, secondi a base di carni bianche e rosse, arrosti.

LA VINIFICAZIONE

Prodotta con uve Croatina al 90% e per il restante 10% da uve Barbera. Le uve sono allevate a guyot sulla fascia collinare nei comuni di Torricella Verzate, Redavalle e Pietra de’ Giorgi, in vigneti dell’età di 20 anni esposti a sud-ovest su terreni argillosi-limonosi. La densità di impianto è di 4000 eppi ad ha per una resa di 90 quintali/ha. La potatura secca a Guyot viene eseguita a partire da dicembre, mantenendo un numero di 10-11 gemme per ceppo. Da maggio, con la scacchiatura e la spollonatura vengono eliminati i germogli superflui e legati quelli principali; sono operazioni basilari per mantenere un buon equilibrio vegetativo e produttivo della pianta, soprattutto nel caso di vigneti giovani. A meta agosto, dopo l’invaiatura, viene eseguito il primo diradamento dell’uva per distribuire al meglio la produzione della vite sui tralci più vicini al ceppo e per evitare che si creino affastellamenti di grappoli (causa principale dell’attacco di muffa grigia nelle annate umide); un secondo diradamento dei grappoli, fatto a metà settembre, favorisce una migliore maturazione dell’uva, permettendo di avere una maggior concentrazione di sostanze zuccherine e fenoliche, un ridotto tenore di acidità ed una migliore sanità del prodotto. Da oltre 10 anni viene praticato l’inerbimento dei vigneti per creare un più equilibrato rapporto chioma-radice della vite e per salvaguardare gli insetti utili al vigneto; per lo stesso motivo vengono utilizzati antiparassitari a basso impatto ambientale ed evitato l’utilizzo di diserbanti chimici. La raccolta dell’uva è manuale, ad inizio ottobre, in cassette da 18 kg. La vinificazione ha inizio con la diraspapigiatura, per passare, dopo un periodo di pre-macerazione a freddo, alla fermentazione alcolica. Dopo circa 12 giorni, nella svinatura, si estrae il vino fiore che sarà la base per il Vaiolet. Dopo almeno due travasi ed una stabilizzazione proteica, la Bonarda viene fatta rifermentare in autoclave (previa aggiunta di mosto dolce e lieviti selezionati) per essere poi microfiltrata ed imbottigliata. L’azienda agricola Monsupello nasce nel 1893, fondata dalla famiglia Boatti sulle colline dell’Oltrepò Pavese. Dispone di circa 50 ettari vitati coltivati sia a vitigni autoctoni che internazionali, allevati con rese basse per regalare vini complessi ed equilibrati. Una cantina dotata di moderne attrezzature tecnologiche, ma che applica tecniche di vinificazione tradizionali. La produzione annua è di circa 250.000 bottiglie di cui 60.000 spumanti metodo classico che oggi fanno di Monsupello una delle realtà italiane, dell’Oltrepò, più apprezzate nella spumantistica. Citata dalle maggiori riviste e pubblicazioni enologiche come Gambero Rosso, Slow Wine, Vini di Veronelli, Vini dell’Espresso.

Prezzo pieno: 7,90 euro

Acquistato presso: Iper/Finiper

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A Roma torna Enotica: vino ed Eros dal 18 al 20 marzo

Tutto pronto a Roma per la VI edizione del Festival del Vino e della Sensualità, ”Enotica”, evento dedicato al connubio immortale tra Vino ed Eros. Un percorso sensoriale alla scoperta del piacere della condivisione di un bicchiere di vino che si articolerà tra le Centocelle del Forte Prenestino, centro sociale occupato ed autogestito dal 1986. La manifestazione, organizzata
dall’enoteca del centro sociale nata nel 2008, prosegue il percorso avviato nel 2004 con l’organizzazione della prima edizione di Terra e Libertà Critical Wine, figlia dell’incontro tra Luigi Veronelli enologo anarchico e i movimenti da sempre sensibili ai problemi della terra, dell’agricoltura e dell’ambiente. L’appuntamento è dal 18 al 20 marzo. Non un vino qualunque e commerciale, ma il vino critico degli artigiani del vino. Produttori di vino naturale, biologico o biodinamico, non filtrato, frutto di colture virtuose. Realtà agricole che hanno scelto di operare con logiche distanti da quelle delle produzioni agricole di massa. Un’occasione, quella di Enotica, non solo per i consumatori più avvezzi o gli habitué, ma anche per i più scettici per avvicinarsi a questa tipologia di vino che va spiegato per essere compreso ed eventualmente apprezzato.  Non aspettatevi sommelier in livrea con taste de vin, ma solo contadini genuini portavoce di questo ”sovversivo” nettare. Oltre al vino, cibi biologici e biodinamici prodotti della stessa filosofia e tanto divertimento con proiezioni cinematografiche, concerti, dj set, spettacoli di cabaret e mostre, solo per chi è disposto a lasciarsi andare.
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