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Il premier Conte in visita al Vinitaly 2019

VERONA “Vinitaly dal 1967 è un appuntamento fisso per gli operatori del settore e negli anni ha battuto molti record. Oggi è un momento celebrativo perché qui promuoviamo un’ottima produzione 2018 che ha superato i 20 milioni di ettolitri tra doc, rossi, bianchi e spumanti:andiamo fortissimi e le prospettive di incremento dell’export vitivinicolo italiano sono notevoli”.

Così il presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, in visita oggi alla Fiera di Verona nella giornata inaugurale della 53ª edizione di Vinitaly, il salone internazionale dei vini e dei distillati, in programma fino a mercoledì 10 aprile.

Il premier, accolto dal presidente e dal direttore generale di Veronafiere, rispettivamente Maurizio Danese e Giovanni Mantovani, ha fatto tappa allo stand della Regione Veneto. Qui, insieme al governatore Luca Zaia e al ministro delle Politiche Agricole, Gian Marco Centinaio, ha brindato con uno dei vini di “Bollicine solidali”, l’iniziativa benefica che sostiene la ricostruzione delle zone del Veneto devastate dal maltempo lo scorso ottobre.

“Il Veneto ha una forza trainante incredibile nella produzione vitivinicola – ha commentato il presidente Conte –. Complimenti, perché i record di questa regione vanno a vantaggio della filiera, dell’export e del Pil nazionale. Oggi si lavora non solo sulla quantità, ma anche sul valore perché quando si ragione di vino ci si riferisce ad un mondo che possiede una forte componente di identità culturale, legame con la terra e rispetto per la biodiversità”.

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Chiaretto di Bardolino, il vino rosa del Garda vola verso Parigi e gli Stati Uniti

Il Chiaretto di Bardolino diventa sempre più internazionale: a partire da febbraio il Consorzio di Tutela del Chiaretto e del Bardolino darà il via ad una serie di appuntamenti oltre confine con l’obiettivo di far conoscere il vino rosa della riviera veneta del lago di Garda ad un pubblico sempre più vasto.

Il tour di presentazione della nuova annata del Chiaretto farà tappa prima a Wine Paris, in programma dall’11 al 13 febbraio nella capitale francese e poi a marzo farà rotta verso gli Stati Uniti con il tour di Slow Wine, toccando le città di San Francisco, Portland, Denver, New York e Boston. Successivamente si torna in Italia con l’Anteprima del Chiaretto in programma il 10 e 11 marzo a Lazise. La quota destinata alle esportazioni della denominazione si aggira attorno al 60 per cento, la produzione di Chiaretto è intorno ai 10 milioni di bottiglie, un dato che posiziona il rosé gardesano al vertice assoluto nel panorama italiano dei rosati.

“Wine Paris si prospetta come un nuovo fondamentale appuntamento dell’establishment vinicolo mondiale – spiega Franco Cristoforetti, presidente del Consorzio di Tutela del Chiaretto e del Bardolino – per questo abbiamo voluto aprire le presentazioni del Chiaretto 2018 in Francia, la patria dei rosé, primo produttore al mondo ma anche primo importatore assoluto della tipologia in rosa, che rappresenta circa il 30% dei consumi interni, contro appena il 6% dell’Italia. Consideriamo poi che già ora quello francese è il secondo mercato di esportazione del Chiaretto dopo quello tedesco. Quello statunitense, invece, è il mercato estero che sta crescendo più velocemente. L’opera di promozione internazionale del Consorzio degli ultimi due anni ha dato i suoi frutti: ora è tempo di essere presenti anche direttamente e dunque ci presenteremo in ben cinque città americane”.

L’ultimo appuntamento nel fitto calendario di eventi legati al Chiaretto di Bardolino della nuova annata 2018 è l’undicesima edizione dell’Anteprima del Chiaretto, in programma alla Dogana Veneta di Lazise e organizzata in collaborazione con il Consorzio Valtènesi e il Comune di Lazise. In degustazione ci saranno oltre 120 vini provenienti dalle Doc “in rosa” della riviera veronese e bresciana del lago. Il banco d’assaggio accoglierà 60 produttori e sarà aperto al pubblico dalle 10 alle 18 di domenica, mentre il lunedì sarà unicamente dedicato agli operatori di settore dalle 14 alle 20.

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Slow Wine, Molise meglio del Veneto: il degustatore lavora per una cantina


CAMPOBASSO –
Italia, Paese di poeti, navigatori. E santi degustatori. Pare infatti che il “conflitto d’interessi” sia l’ultimo dei problemi di chi giudica il vino nel Bel Paese. Almeno è l’impressione che dà Slow Wine, la costola enologica di Slow Food, movimento fondato da Carlo Petrini. Quello che succede in Molise fa il solletico al caso del Veneto portato alla ribalta da WineMag, lo scorso lunedì.

Pierluigi Cocchini, attuale responsabile regionale Slow Wine Abruzzo e Molise, è anche uno dei due fondatori della cantina Vinica di Contrada Costa Bianca 4, a Ripalimosani (CB).

Una realtà vicina al mondo della produzione “sostenibile e naturale”, che per accreditarsi sul mercato sottopone alle Guide il giudizio dei propri vini.

Risultato? La Guida Slow Wine 2017 assegna la menzione di “vino quotidiano” alla Tintilia del Molise “Lame del Sorbo” 2013.

Secondo quanto risulta dal sito web della cantina, si tratta dell’unico riconoscimento nazionale ottenuto. Un vino che Pierluigi Cocchini, da agronomo e wine maker di Vinica, avrà visto nascere, crescere. E premiare con la “Chiocciola” del “vino quotidiano”.

Peraltro, il referente Slow Wine Abruzzo e Molise risulta anche dipendente ARSIA Molise, ex Ente Regionale di Sviluppo Agricolo per il Molise, nella sezione di Termoli (CB), dove attualmente rivestirebbe la qualifica di “Funzionario (area quadri) e specializzato nei settori vitivinicolo, frutticolo, marketing delle produzioni agroalimentari e microfiliere produttive”. Di nuovo in alto le Chiocciole: cin, cin!

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“Champagne” Made in Veneto nell’area di Custoza: il miracolo Zamuner


SONA –
C’è un angolo di Francia in Veneto. Cinque ettari di Pinot Nero, Meunier e Chardonnay, vitigni base per la produzione dello Champagne, affondano le radici da oltre 30 anni a Sona, a metà strada tra Verona e il Lago di Garda. Lo “ChampagneMade in Veneto è stato la ragione di vita dell’ingegnere Daniele Zamuner. E lo è oggi per la figlia Alessandra, che gestisce l’Azienda agricola dal 2016, in seguito alla prematura scomparsa del padre.

Il furgone di una ditta di corrieri ha travolto Zamuner in retromarcia, sbalzandolo a 6 metri di distanza. Aveva il suo spumante in mano, nel piazzale della tipografia responsabile dell’etichettatura delle bottiglie. L’unico rumore avvertito dal conducente è stato quello del vetro in frantumi. Così, la missione di Zamuner vive oggi nell’impegno della sua famiglia.

Galeotta fu la visita in Champagne di Daniele Zamuner, negli anni 80. “La domanda che fece ai referenti dell’istituto enologico spiazzò tutti: come posso fare la stessa cosa a casa mia?”. A raccontarlo è una commossa Alessandra.

Una donna ferita da una vita che le ha riservato tanta sofferenza, ma anche un carattere di ferro per poter superare le avversità. Negli occhi azzurri di Daniela, che brillano nel ricordo del padre, sembra di vedere il luccichio dello Champagne.

Prima gli hanno chiesto quanti ettari di terreno avesse. Poi, una volta compreso che si trattava di una piccolissima proprietà, appena 5 ettari, i due interlocutori di mio padre si sono guardati. Hanno sorriso e gli hanno dettato la ‘ricetta’ dello Champagne”.

Nasce così la “cantina bomboniera” di Daniele Zamuner. In paese, come ricordano affettuosamente gli amici dell’ingegnere, tutti lo consideravano un lucido folle. Caratteristiche necessarie anche solo per pensare di produrre Champagne in Veneto, nel mezzo delle Doc Custoza, Bardolino e Chiaretto.

Da buon ingegnere, Zamuner aveva fatto i suoi calcoli. Le colline moreniche di Sona, alle pendici del Monte Spada, si prestavano (e si prestano) all’allevamento di Pinot Meunier e Pinot Nero, oltre allo Chardonnay. Fondamentale la presenza di calcare per questa Franciacorta in miniatura, generatasi in seguito al ritiro dei ghiacciai che hanno dato vita al lago di Garda.

La cantina viene affidata sin dall’inizio a una serie di enologi di fiducia. Oggi il cantiniere è una memoria storica dell’azienda, Gianfranco Meneghelli, vero e proprio braccio destro di Alessandra Zamuner. E il successo degli Champagne Made in Veneto è testimoniato dalla mastodontica porta blindata che “difende” il caveau della cantina.

All’interno sono custodite quasi tutte le annate storiche, oltre alle pupitres necessarie alla maturazione delle pregiate bollicine. Fa un certo effetto, in questa piccola località del Veneto, la vista dello scaffale dove riposano decine di bottiglie di spumante anni Ottanta, ancora da mettere in punta e sboccare.

Sono in vendita – su richiesta specifica alla cantina, che procede al dosaggio al momento dell’ordine – a circa 150 euro. Meno costosi gli anni Novanta, in vendita a 100 euro. Si scende di qualche decina di euro per gli anni Duemila, sino agli ottimi 2009 e 2008 (da poco in commercio): 18 euro. Le due Riserve a 22 euro.

LA DEGUSTAZIONE

Metodo classico Blanc de Noir Brut 2009
. Settanta per cento Pinot Nero, completato da un 30% di Pinot Meunier, 12,5%. Vino di fascino, sin dalla prima olfazione. Il primo spumante messo in commercio da Daniela e dalla sorella Cristina.

Perlage fine e persistente, naso che gioca tra la frutta matura e la crema pasticcera. Ingresso di bocca largo e cremoso, avvolgente, setoso, ma al contempo intenso. E’ come se il Meunier giocasse a fare il fantino, tenendo per le briglie l’esplosività muscolosa del Pinot Noir.

La frutta matura (pesca) e le note esotiche la fanno da padrona, conferendo una beva “pericolosa” a un calice che rischia di sparire in un soffio. Scaldandosi, il bouquet si allarga a note di liquirizia e una venatura vagamente fumé.

Sentore che in bocca di manifesta in chiusura, sotto forma di una sensazione gessosa, che compensa la vena glicerica. Una nota riscontrabile in tutta la linea di spumanti dell’Azienda Agricola Zamuner, dettata dal terroir e dal microclima dell’areale di Sona.

Metodo classico Extra Brut 2008 “Riserva del Fondatore” (ex “Villa Mattarana”). Ancora un 70% di Pinot Nero, ma questa volta con un 20% di Pinot Meunier e un 10% di Chardonnay. Perlage nuovamente persistente e fine. Naso solo lontanamente condizionato dall’affinamento in legno dello Chardonnay.

Il sorso è più elegante del precedente, anche se non si tratta dell’Extra Brut che punta tutto sulla verticalità. Dopo un ingresso dritto e minerale, il palato si allarga a note agrumate e di radice di liquirizia. La “bollicina” è avvolgente e contribuisce a conferire morbidezza al sorso, in perfetto equilibrio con le durezze.

Spumante in evoluzione, ma che mostra già un ottimo livello, soprattutto per la capacità di costruire un blend equilibrato giocando con l’epoca di maturazione delle uve che compongono l’assemblaggio.

Metodo classico Rosé Brut 2009 “Riserva del Fondatore” (ex “Villa Mattarana”). Cresce la percentuale di Pinot Nero, raggiungendo quota 80%. Chiude un 20% di Pinot Meunier, che assieme al dosaggio generoso regala un rosé dominato da note ampie di frutti rossi maturi (fragolina e lamponi), ma in grado di mantenere alta la bandiera dell’eleganza.

Si presenta benissimo alla vista, colorando il calice di un buccia di cipolla preciso e invitante. Come l’altra Riserva entra austero in bocca, per poi avvolgere il palato, mostrando pure un certo carattere. Perfetta la corrispondenza naso-palato, rinvigorita dal fil rouge della mineralità e della nota di liquirizia.

Metodo classico Blanc de Blancs Demi Sec 2009. Giallo con riflessi dorati, perlage fine e persistente per quello che è uno dei migliori italiani assoluti per dosaggio (Demi Sec). Il naso, dominato da note di pesca/albicocca sciroppata, ma anche da netti fiori di ciliegio, potrebbe far pensare al solito vino da dolce.

Ma non è così. Il sorso è elegante e delicato, la bevibilità è ai limiti della legalità: nel senso che la bottiglia (non più il calice) rischia di finire in un baleno. Abbinabile a tutto pasto, il Demi Sec 2009 di Zamuner è uno di quei vini che non stancano mai.

Il segreto è nella scelta della liqueur, che contiene una goccia di Ratafià. Ma la bellezza di questo Demi Sec è nella sua capacità di rappresentare il terroir, in una veste davvero ammaliante. Ai sentori “facili” di frutta e fiori, che allietano la beva, si affianca la consueta punta di fumé. Chapeau.

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Vini al supermercato

“Vignamatta” Veneto Igt: il vino “top secret” di Lidl e Pasqua


Tante menate su bio, solfiti, indice calorico degli alimenti e Made in Italy messo in discussione dall’etichetta “a semaforo”. Per poi non riuscire a scoprire con che uva è fatto un vino in vendita al supermercato. Neppure chiedendolo ai diretti interessati: il produttore e il distributore. Succede in Italia, non in Birmania, Burundi o a Tuvalu.

Da quasi 20 giorni (la prima mail risale al 12 dicembre) attendiamo da Pasqua Vigneti e Cantine Spa di Verona, così come da Lidl, la risposta a una domanda che, evidentemente, genera scompiglio: con che diavolo di uve è fatto il vino etichettato come Veneto Igt “Vignamatta”, “Bianco da uve leggermente appassite” in vendita negli store dell’insegna tedesca di discount?

LA RICETTA TOP SECRET
All’inizio ci siamo rivolti a Pasqua. Nessuna risposta. In seguito a diverse chiamate, siamo stati rimbalzati da un ufficio all’altro. E da un collega all’altro dello stesso ufficio. “Domani vi facciamo sapere”. Bel ritornello.

Del resto comprendiamo che la domanda presupponga un brainstorming che manco alla Nasa, al momento della scelta del punto esatto dell’allunaggio di Apollo 11. E comprendiamo pure benissimo quanto sia evidentemente inusuale parlare di uva con una cantina che produce vino.

Dunque, insistiamo. Telefoniamo e ritelefoniamo. Fino a che, il 14 dicembre, Chiara Fasolo dell’ufficio stampa di Pasqua ci comunica che: “In merito alla sua richiesta dobbiamo necessariamente chiederle di rivolgersi in prima battuta a Lidl essendo questo un loro prodotto“.

Le telefonate all’Ufficio Comunicazione del colosso tedesco si sono rincorse. Ma siamo stati sempre gentilmente presi in giro. Con continui rimandi al giorno successivo, fino alla vigilia di Natale. Oggi attendiamo ancora una risposta. L’augurio è che, almeno i clienti Lidl, vengano trattati meglio della stampa.

LE IPOTESI
L’idea che “Vignamatta” fosse una referenza “costruita ad hoc” da Pasqua per Lidl ci era già balenata nella mente. Sul sito web della cantina, infatti, non c’è traccia di questa etichetta.

Il vino che più somiglia al “concept” del “Bianco da uve leggermente appassite” in vendita da Lidl è “Passione Sentimento R&J Bianco Igt Veneto Famiglia Pasqua” (R&J sta per Romeo & Juliet; 90 punti Decanter, uehilà!).

Il produttore lo descrive come un “Vino bianco seducente, con intensi aromi agrumati e sentori di albicocca e pesca, al palato è rotondo e piacevole, ben equilibrato con un finale persistente”. Costo? Undici euro, contro i 3,99 euro del vino in vendita da Lidl.

Che si tratti del medesimo prodotto, con diversa etichetta? Oppure “Vignamatta” è un sottoprodotto di “Passione Sentimento”? Qualcosa che può succedere nell’ambito dei delicati rapporti di equilibrio-disquilibrio delle cantine che operano sia in Gdo sia nell’Horeca. E forse, con una delle due spiegazioni, abbiamo fatto bingo. Ma in entrambi i casi non si fa menzione delle uve utilizzate.

LA DEGUSTAZIONE
(2,5 / 5) In base alla nostra degustazione, potremmo ipotizzare che “Vignamatta” sia ottenuto da Garganega parzialmente appassita. Il voto che assegniamo a “Vignamatta” di Lidl è 2,5 cestelli della spesa sui 5 a disposizione nella nostra speciale classificazione delle etichette Gdo.

Un vino, “Vignamatta”, che si scompone non appena la temperatura del calice si alza leggermente, raggiungendo quella perfetta per il servizio. Lasciano parecchio a desiderare la pulizia dell’olfatto e del sorso, nonostante le note “surmature” tentino di tenere aggrappato il degustatore alla venatura iniziale, morbida e suadente.

Un altro punto a sfavore di “Vignamatta” è, di fatto, l’offensiva etichetta (offensiva per l’umano intelletto). Stupenda dal punto di vista grafico, frontalmente (a proposito: la questione è talmente “top secret” che Pasqua non ci ha nemmeno spiegato cosa raffiguri quel disegno). Penosa sul retro, dove le sole informazioni descrittive fornite da Lidl sono: “Vino bianco, abboccato. Prodotto in Italia”.

E il produttore, allora, fa bene a “nascondersi” dietro la solita sigla utile a fare affari con la Grande distribuzione (in questo caso “P.V. Spa 37131 – Verona – Italia”) senza irritare troppo l’Horeca o “sputtanare” il marchio aziendale con vini obiettivamente mediocri.

Tutto a norma di legge in un Paese arretrato come l’Italia, dove la Grande distribuzione è vista come una vergogna anche dalle cantine che ci campano, grazie ad intere linee dedicate (private label e non) 366 giorni l’anno (sì, un giorno in più, per sottolineare il concetto). Ma al consumatore chi pensa?

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Vivite Milano: “Cooperazione importante per la tenuta del vigneto”

Milano – Che viticoltura sarebbe senza la cooperazione? I dati dicono che il vigneto italiano negli ultimi 5 anni ha conosciuto un calo delle superfici del 7% e che le riduzioni maggiori abbiano interessato proprio le regioni dove mancano cooperative strutturate e dimensionate. Regioni come Campania, Sardegna, Lazio (in cui si concentra solo il 12% delle cooperative), hanno conosciuto la contrazione più significativa, da un -15% della Campania a un -21% della Calabria.

Al contrario, in territori dove la viticoltura è estremamente frammentata come Trento e Bolzano, Emilia Romagna, Abruzzo e Veneto, la significativa presenza di cooperative molto grandi per fatturato (oltre 30 milioni di media per cooperativa a Trento, Verona, Treviso e Reggio Emilia) ha garantito una tenuta della coltivazione della vite in questi territori, registrando anche una crescita delle superfici del vigneto.

È questo lo studio inedito realizzato da Winemonitor-Nomisma e che è stato presentato oggi a Vivite, il festival del vino cooperativo in programma oggi e domani al Museo della Scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, con una seconda edizione arricchita nel programma e nel parterre di ospiti.

Alla cerimonia di inaugurazione hanno partecipato il presidente di Alleanza cooperative Italiane Maurizio Gardini, insieme ai copresidenti Mauro Lusetti e Brenno Begani, che hanno voluto rimarcare con la loro presenza la grande vitalità di un comparto come quello della cooperazione vitivinicola, espressa da numeri di tutto riguardo: oltre 480 imprese operanti su tutto il territorio nazionale, 140.000 soci viticoltori, un fatturato di 4,5 miliardi di euro, 8 cooperative nella classifica delle prime 15 imprese italiane del vino.

“Lo studio presentato da Nomisma dimostra con l’evidenza dei numeri – ha spiegato Ruenza Santandrea, coordinatrice Vino di Alleanza cooperative Agroalimentari – il ruolo svolto dalle cantine cooperative nell’opera di salvaguardia e di sviluppo dei produttori di uva anche nelle zone più svantaggiate del paese. Nelle province dove la cooperazione non c’è, il potenziale produttivo va via via riducendosi. Ma attenzione, la cooperazione spesso è una condizione necessaria ma non sufficiente alla tenuta del vigneto, sufficienza che invece dipende dalla dimensione competitiva della cooperative, perché è nelle zone dove insistono cooperative più grandi ed internazionalizzate che è garantita la coltivazione della vite e la sostenibilità economica d migliaia di piccoli agricoltori che producono il 58% circa del vino italiano”.

“Oggi più che mai – le ha fatto eco il presidente di Alleanza cooperative agroalimentari Giorgio Mercuri – la sfida è quella della sostenibilità, che la cooperazione è pronta a raccogliere, nel senso più profondo della definizione, ossia garantendo uno sviluppo che non metta a repentaglio quello delle future generazioni”. E ai quattro asset della sostenibilitàambientale, sociale, economica e culturale – verranno dedicati quattro momenti di confronto nell’ambito della due giorni della manifestazione.

IL FESTIVAL DEL VINO COOPERATIVO
Pensata non per essere una mostra di vini, bensì un vero e proprio racconto del mondo del vino cooperativo, Vivite offre ai visitatori, nella splendida cornice delle ex scuderie Le cavallerizze, un allestimento “esperienziale”, per far conoscere da vicino le tante realtà produttive della cooperazione e i loro territori, per far assaggiare i loro vini ascoltando i loro racconti. L’obiettivo è quello di comunicare a tutti, esperti di vino e neofiti, curiosi e grande pubblico, attraverso un format alternativo che parli, come recita il pay-off, la “lingua di tutti”.

I visitatori possono scegliere tra un ampio ventaglio di attività. Insieme alle classiche degustazioni e masterclass, il programma include: laboratori didattici e ludici, workshop, concerti, attività di intrattenimento, degustazioni, momenti di confronto informali (“pane e salame”), animati da un ricco parterre di ospiti che include: Raffaele Borriello, Giampaolo Buonfiglio, Francesco Citarda, Renzo Cotarella, Paolo De Castro, Francesco Giangregorio, Giovanni Luppi, Giorgio Mercuri, Denis Pantini, Christian Scrinzi, Raffaele Testolin, Angelo Totaro, Adriano Turrini e Pierluigi Zama

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degustati da noi news vini#02 visite in cantina

La Boschera di Eros Zanon: da vitigno dimenticato a chicca enologica

TREVISO – Se non fosse per quel tipico intercalare veneto e per un altro paio di dettagli, Eros Zanon potresti scambiarlo per uno dei personaggi del Signore degli Anelli. Gli mancano l’ascia e l’elmo del nano Gimli. Ma il coraggio e la dedizione con cui sta salvando dalla scomparsa il vitigno Boschera sono degni del romanzo di Tolkien.

Dimenticatevi di Arda e della “Compagnia dell’Anello”. Siamo in Veneto. Nelle terre, piuttosto, della “Compagnia del Prosecco”. Zanon ha mappato alcuni vigneti dove è ancora presente questo autoctono. Sei ettari complessivi, in provincia di Treviso. Una rarità assoluta. Nel cosmo gleracentrico di Conegliano.

Cinque filari sulla collina. Una ventina più in basso, accanto alla Glera. A Fregona, la concentrazioni più massiccia di Boschera (pari a un ettaro) si trova nella splendida proprietà di Giuseppina Marangon.

A dominare i 10 ettari di vigneti, una dimora di fine Settecento. Nelle giornate in cui il cielo gioca a fare il poeta sol sole, da qui, si scorge l’Istria all’orizzonte. Giuseppina, rimasta vedova, vende l’uva della tenuta a diversi produttori della zona.

“Avere la Boschera è sempre stato un problema”, ammette oggi. Le uve, oltre a dar vita al Colli di Conegliano Docg Torchiato di Fregona – un passito bianco da Glera, Verdisio e Boschera – finiscono da sempre (ma non si può dire) nel calderone della produzione del Prosecco. Pagate però molto meno.

Se per un chilo di Glera viene riconosciuto oggi in media 1,50 euro, la Boschera – secondo indiscrezioni – vale 15-20 centesimi. “Io comunque non l’ho estirpata, nonostante i numerosi inviti a farlo – sottolinea Giuseppina Marangon – perché credo sia un patrimonio locale da preservare. E ho fatto bene, perché da qualche anno se ne occupa Eros!”.

GLI ESPERIMENTI

I primi esperimenti di Zanon, che nella zona alleva 7 ettari complessivi tra Glera, Pinot Grigio e Merlot, risalgono al 2012. Il vignaiolo trevigiano realizza le prime 800 bottiglie di Boschera.

“La vinificazione è avvenuta praticamente alla cieca – spiega il vignaiolo – ed è venuto fuori un prodotto dalla beva facile, che mancava però di spessore”. Il secondo anno, Zanon decide di effettuare un leggero appassimento in pianta.

L’obiettivo è chiaro: concentrare gli zuccheri e dare più orizzontalità al calice, andando a contrastare la nota verticale acida tipica del vitigno. “Ne è venuto fuori un mini capolavoro”, chiosa Zanon.

Nel 2014 le eccessive piogge rovinano il raccolto e la vinificazione in purezza della Boschera subisce una battuta d’arresto. Nel 2015, la svolta. Zanon scopre l’ettaro di Boschera nella tenuta di Giuseppina Marangon. I due si accordano per quella che, ad oggi, è l’annata col maggior numero di bottiglie di Boschera: circa 10 mila.

Un terzo dei grappoli appassisce in pianta, come nel 2013. “Un bel vino, molto particolare – assicura Zanon -. Un successo nella ristorazione locale, che assorbe praticamente tutta la produzione”. Una sorta di “Col Fondo” prodotto con la Boschera, che fa concorrenza al solito Prosecco.

IL FUTURO DELLA BOSCHERA
Annata completamente diversa la 2016: pianta mai in stress, alcol a 12,40 (naturale!) e un’acidità sopra i 6 in bottiglia (7,60 a raccolta, parametro da incorniciare). Un vino buono oggi (fresco, vivo, con sentori vendemmiali verdi in fase di attenuazione) che si presta a un ottimo affinamento in vetro, almeno nell’arco del prossimo anno e mezzo.

Non filtrato, non chiarificato e con una piccola aggiunta di solforosa, nello stile Zanon. Si arriva così alla vendemmia 2017 (80% di raccolto perso per via della grandine) che è ancora in vasca: 20 quintali complessivi, che saranno imbottigliati ad agosto (2.500 bottiglie).

Numeri molto variabili, dunque, vista l’esiguità degli ettari di Boschera. Ma il “movimento” creato da Eros Zanon non è passato inosservato in zona. E così, anche altri produttori stanno vinificando in purezza la Boschera. Tra questi la Cantina produttori di Fregona.

“Il mistero di questa uva – spiega Zanon – è che è presente solo nel Comune di Fregona. In altre zone, anche limitrofe, non esiste. Non è stato facile arrivare ad oggi: ma non perché io sia un genio, ma perché nessuno ha mai pensato prima a dargli valore”.

IL PROSECCO ZANON: ANZI, IL BIANCO IGT
Da sola, la Boschera di Zanon vale una visita ai colli di Conegliano. Ma anche il Prosecco di questo coraggioso vignaiolo – fuori dalle mode del vino e concentrato solo sulla valorizzazione dei suoi vigneti – è una vera e propria chicca. Di fatto, non è un Prosecco, ma un “Vino frizzante Bianco col fondo“, Colli Trevigiani Igt.

“Troppo diverso dal Prosecco del giorno d’oggi per pretendere di essere tale, anche in etichetta”, chiosa Zanon. Eppure, in bottiglia, non finisce che Glera prodotta nei diversi appezzamenti di proprietà, ben 11, a cavallo tra la zona storica della Docg (dove sono presenti viti di oltre 100 anni) e quella della Doc Prosecco.

Sono le macerazione sulle bucce, i lieviti indigeni e la mancata aggiunta di chiarificanti a rendere diverso (e speciale) il “Col fondo” di Zanon. Diverso dal Prosecco che tutti conoscono, perché punta dritto alla sostanza: un calice verticale, che conserva ricordi della caratteristica aromaticità della Glera, senza cadere nel tranello della piacioneria.

Ed è sempre la Glera, assemblata con un 30% di Pinot Grigio, a dare vita al rosato “Lo Diverso“. La vendemmia 2017, non ancora in commercio, ha bisogno di un’altra decina di mesi di bottiglia per arrivare al top della forma. Ma si fa già apprezzare, sfoderando non solo un colore stupendo, ma anche un naso ampio.

Dominato da una Glera che, col passare dei minuti, lascia sempre più spazio al Pinot, vinificato in botti di rovere di media tostatura. Già pregevole il finale salino, unito al frutto, lunghissimo. Un rosato di quelli veri, dall’anima pura. Forse più un rosso travestito da “bianco” che il contrario. Chapeau.

Il rosso vero, del resto, esiste. Anche se Zanon lo considera quasi alla stregua di “un gioco”. Il calice delle vendemmie 2015 e 2013 del Merlot allevato a Cison di Val Marino mostra i riflessi dell’andamento delle due annate, nel rispetto del pittore verista che ha dato loro vita, in formato Magnum.

Trentaquattro mesi in tonneau esausta per la vendemmia 2015, tuttora in affinamento in vetro. Naso morbido ma sincero che sfiora le note di toffee, oltre a un frutto succoso e a una mineralità salina che accresce il desiderio di un sorso pieno, largo.

“Fare Merlot qui è come sperare di far banane a Milano”, dice Eros Zanon sottolineando l’unicità della sua etichetta “diversamente bianca”, nella terra del Prosecco: l’unica nel raggio di 10-20 chilometri.

Ma l’evoluzione della vendemmia 2013 dimostra che la Boschera non è l’unica scommessa vinta dal vignaiolo di Follina. Quarantadue mesi di barrique, per un vino “che non sembrava mai pronto”.

Scalpita ancora oggi, nel calice, questo Merlot. Un altro vino rispetto al 2015, soprattutto per via di un naso meno malizioso. E in bocca, esattamente quello che ci si deve aspettare da un rosso di Zanon: dinamicità pura, libera da condizionamenti.

Un Merlot anarchico “Cison”, senza fronzoli. Vero. Splendido. Ennesima sintesi del lavoro di un produttore pronto a stupire tutti, di vendemmia in vendemmia. Unico alleato, il meteo. E la sua terra di viticoltura eroica, segnata dal sudore. Patrimonio dell’umanità. Anche senza il timbro dell’Unesco.

AZIENDA AGRICOLA ZANON di Zanon Eros
Via Peroz 1 – 31050 VALMARENO DI FOLLINA (TV)
TEL: +39 0438 971372

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vini#1

Spumante Extra Dry Passerina 50 Sfumature, La Travanesca

Dopo la versione ferma, ecco lo spumante più trasgressivo d’Italia: l’extra Dry Passerina 50 Sfumature della Casa Vinicola La Travanesca. Il side b di una storia che il giovane produttore Francesco Patrignani sta scrivendo in giro per il mondo.

Portando i vini delle Marche (Passerina e Pecorino in primis) da una parte all’altra del globo, dopo aver conquistato tante location alla moda, in Italia. Forte di un’etichetta che non lascia spazio a interpretazioni.

LA DEGUSTAZIONE
Uno sparkling, tuttavia, che non delude all’assaggio. Nel calice, lo Spumante di Passerina Extra Dry 50 Sfumature si presenta di un bel giallo dorato. Al naso richiami di frutta tendente al maturo: mela, banana, pesca. Non manca un risvolto erbaceo, accompagnato da una vena sottile di mineralità.

Il palato è più che mai corrispondente. Apprezzabile l’armonia complessiva, giocata sull’equilibrio tra le note mature e le componenti erbacee e leggermente sapide. Uno spumante Extra Dry che, a differenza di molti altri, non stanca dopo pochi sorsi.

Perfetta come aperitivo, la Passerina spumantizzata 50 Sfumature si presta anche ad abbinamenti con piatti semplici di pesce, crostacei e fritture.

LA STORIA
L’idea di chiamare così la Passerina è nata da Alessandra Silvestroni, titolare della Casa Vinicola Silvestroni di Camerata Picena (AN). Tutto nasce dal film ’50 sfumature di Grigio’, nel periodo in cui moltissimi canali pubblicitari promuovevano l’uscita di questo film, nel 2016.

Oggi la Passerina ferma e la versione spumantizzata fanno parte de “La Travanesca”, curata dal punto di vista dell’immagine e del marketing (oltre che commerciale) dal giovane Francesco Patrignani, 26 anni.

Le uve Passerina vengono acquistate da alcuni storici conferitori della cantina Silvestroni e spumantizzate in Veneto.

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Prosecco: Vinitaly esalta i “Col Fondo” di Bele Casel e Case Paolin

VERONA – Quando “torbido” fa rima con “qualità”. I Prosecco “Col Fondo” sbancano a Vinitaly a confronto con le versioni “limpide”. Ed è un po’ un controsenso, dal momento che una delle caratteristiche internazionalmente riconosciute per giudicare la qualità di un vino (almeno dal primo esame “visivo”) è proprio la “limpidezza”.

Una regola che non vale per i Prosecco “Col Fondo”. I non filtrati, che si presentano nel calice tra il velato e il torbido. Con sedimenti di lieviti volutamente lasciati in bottiglia, per arricchire l’esperienza gusto olfattiva. Una prova che, anche nel mondo del vino, l’abito (non sempre) fa il monaco.

LA DEGUSTAZIONE
Nella degustazione alla cieca organizzata dal Consorzio Vini Asolo Montello a Vinitaly 2018 sono le etichette di Bele Casel e Case Paolin a convincere davvero. Due Asolo “Col Fondo” di razza, in batteria con altri 6 Prosecco Docg “limpidi”.

A complicare il giudizio, la decisione di non servire i campioni seguendo il consueto crescendo del grado zuccherino, bensì alla rinfusa. Un aspetto che ha contribuito a segnare ancor più lo stacco dei “Col Fondo”.

Il Prosecco di Case Paolin (azienda agricola con base a Volpago del Montello, Treviso) si è rivelato delicato, molto fine. Frutto e mineralità ben bilanciate, con splendida chiusura tra la mandorla e il sapido. Un’etichetta da tenere a mente come riferimento nell’ambito dei “Col Fondo” di Asolo.

Ottimo anche quello di Bele Casel (Caerano di San Marco, Treviso). Degustato alla cieca dopo un Prosecco “classico”, è riuscito a riportare al palato la totale armonia tra le note fruttate zuccherine e quelle erbacee e minerali. Meno corrispondente tra naso e bocca rispetto al Case Paolin, ha convinto, in particolare, all’assaggio e nel retro olfattivo.

Due le etichette da segnare tra gli Asolo Prosecco Superiore Docg “limpidi”. Ha convinto molto – sempre alla cieca – la bottiglia istituzionale voluta dal Consorzio “per raccontare l’identità dei Vini Asolo Montello”. Obiettivo centrato in pieno in termini di equilibrio del sorso, dotato di una morbidezza garbata, tutt’altro che stucchevole (non a caso si tratta di un Brut).

Tra le etichette coperte si è poi rivelato anche il Montelvini, uno degli Asolo (e degli Extra Dry in generale) dal miglior rapporto qualità prezzo presenti sugli scaffali della Grande distribuzione italiana. Capace, anche alla cieca, di distinguersi tra i campioni in batteria in termini di pulizia gusto olfattiva.

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Vini al supermercato

Pasqua al supermercato: i vini in promozione

Veneto protagonista dei volantini del vino in promozione al supermercato a Pasqua. Perché le feste sono il momento ideale per le bollicine.

Tradotto: it’s Prosecco time. Numerose etichette in offerta in tutte le catene. Con effetto “livella prezzo” tra Doc e Docg.

Spazio anche per chi volesse andare “controcorrente”, a cui suggeriamo un aperitivo a base del Metodo Classico da Nerello Mascalese Capovero, bollicina Made in Sicily firmata Madaudo, in offerta ad un ottimo prezzo negli store Iperal. Catena che, fino al 4 aprile, è la migliore in termini di ampiezza dell’offerta: dall’ottima selezione della Valtellina (terra in cui il gruppo di Sondrio gioca in casa) scendendo giù per lo Stivale.

Oltrepo’ Pavese in ombra, Toscana non particolarmente presidiata, abbandonati sui volantini i max formati, il rosso per il pranzo di Pasqua è decisamente delle Cantine San Marzano.

I vini della linea Notte Rossa sono in offerta un po’ dappertutto ad un prezzo eccellente, mediamente di 3,49 euro. Un vino popolare, tra i più letti sul nostro portale. E per rimanere in zona Puglia, se è il bianco che colorerà le vostre tavole, vi riproponiamo anche la scheda del Fiano Igt Notte Rossa.

Un piacevole suggerimento dagli scaffali Conad: il Lambrusco La Brusca Lini 910, taglio prezzo non particolarmente competitivo, ma vino un passo avanti a molti altri e davvero godibile.

Altro appunto: fare scorta, sempre al Conad, del Terre Sicilane Frappato Syrah Gurgò di Cantine Paolini. Prezzo davvero super. Infine di nuovo in Puglia con Esselunga, per riempire il carrello del Primitivo di Manduria San Gaetano dell’altro colosso Cantina Due Palme. Ma ecco l’analisi delle maggiori insegne.


Fino al 2 aprile

Prosecco Doc Extra Dry Cinzano: 3,49 euro [usro 3]
Prosecco Valdobbiadene Superiore Docg, Amor di Vigna: 4,79 euro (3,5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Superiore Docg, La Gioiosa: 5,29 euro (3 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Superiore Millesimato Docg Rive di Colbertaldo, Cà Val: 5,59 euro (4 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Superiore Docg, Mionetto: 6,29 euro (3,5 / 5)
Montepulciano o Cerasuolo d’Abruzzo Doc I Solchi, Citra: 1,99 euro (3,5 / 5)
Nero d’Avola/Syrah/Catarratto Igt, Madaudo: 2.39 euro (3,5 / 5)
Dolcetto d’Alba Doc, Terre Sovrane:  3.29 (3 / 5)
Chianti Doc, Ruffino: 3,49 euro (3 / 5)
Morellino di Scansano Docg La Mora, Cecchi: 4,49 euro (3,5 / 5)
Teroldego Rotaliano Doc, Mezzacorona: 3,99 euro (3,5 / 5)
Soave Classico Doc / Bardolino Classico, Araia: 2,49 euro (3,5 / 5)
Vermentino di Gallura Docg, Cantina di Gallura: 3,89 euro (4 / 5)
Vermentino di Sardegna Doc /Rosè di Alghero Doc, Sella&Mosca: 3,99 euro (3,5 / 5)
Negramaro / Primitivo /Fiano Salento Notte Rossa, San Marzano: 3,49 euro (4,5 / 5)
Corvo Bianco e Rosso BiPack (con calice Bormioli): 8,69 euro (4 / 5)
Sauvignon Doc/Ribolla Gialla Igt/Pinot Grigio / Friulano Doc, Santa Caterina Collio: 4,99 euro (4 / 5)
Alto Adige Doc Gewurztraminer/Sauvignon, Cantina Produttori Bolzano: 6,99 euro (4 / 5)
Spumante Trento Doc, Rotari: 6,79 euro (4,5 / 5)
Prosecco Brut I like Prosecco, Tosti: 3,99 euro (4 / 5)
Champagne Premier Cru, Pointillart: 19,90 euro (3,5 / 5)
Asti Docg, Martini: 4,99 euro (3,5 / 5)
Spumante Blanc de Blanc, Cortepiana: 2,99 euro (2,5 / 5)
Spumante Rocca dei Forti Togni: 2,29 euro (1 / 5)
Spumante Passerina, Colle Quiete: 2,89 euro (3 / 5)
Spumante Muller Thurgau Brut, Cavit: 3,49 euro (3,5 / 5)
Spumante Asti Docg, Cinzano: 4,99 euro (3 / 5)
Brachetto d’Acqui Docg, Cinzano: 6,49 euro (3 / 5)


Fino al 2 aprile

Spumante Trento Doc, Rotari: 6,93 euro (4,5 / 5)
Spumante Brut o Dolce, Rocca dei Forti: 1,99 euro (1 / 5)
Spumante Muller Thurgau Dolomiti Igt, Cavit: 3,28 euro (3,5 / 5)
Monferrato Doc, I somelieri: 2,55 euro (3 / 5)
Dolcetto d’Alba, Duchessa Lia: 2,98 euro (3 / 5)
Valpolicella Classico, Villa Borghetti: 2,98 euro (3,5 / 5)
Primitivo Notte Rossa, Cantine San Marzano: 3,49 euro (4,5 / 5)


Fino al 2 aprile

Prosecco Superiore Docg, Terre d’Italia: 6,29 euro (3 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Superiore Docg, Bolla: 4,99 euro (3,5 / 5)
Spumante Muller Thurgau, Cavit: 3,69 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Treviso, Signoria dei Dogi: 3,49 euro (3 / 5)
Asti Spumante Docg, Tosti: 3,49 euro (3,5 / 5)
Prosecco Docg, Valdo: 4,99 euro (3,5 / 5)
Brachetto d’Acqui Docg, Tosti: 4,99 euro (3 / 5)
Chardonnay/Verduzzo/Sauvignon/Pinot Rosa Maschio: 2,49 euro (3 / 5)
Negroamaro / Primitivo / Fiano Notte Rossa: 3,99 euro (4,5 / 5)
Barbera Colli Piacentini, Vicobarone: 2,49 euro (3,5 / 5)
Gutturnio Doc, Bonelli: 3,19 euro (4 / 5)
Spumante Gancia Brut/Dolce: 2,59 euro (3 / 5)
Pinot di Pinot Gancia (3×250 ml): 3,79 euro (3 / 5)
Pinot di Pinot Gancia / Rosè: 3,99 euro (3 / 5)



Fino al 2 aprile

Spumante Metodo Classico Brut, Ferrari:  8,40 euro (5 / 5)
Champagne Cordon Rouge, Mumm: 19,90 euro (4 / 5)
Prosecco di Conegliano Valdobbiadene Docg, Tenimenti Dogali:  4,80 euro (3,5 / 5)
Spumante Sergio Mionetto: 7,29 euro (3,5 / 5)
Spumante Asti Docg, Martini: 4,49 euro (3,5 / 5)
Pinot Grigio Trentino Doc, Cavit: 3,58 euro (3,5 / 5)
Alto Adige Doc Gewurztraminer, Santa Maddalena Bolzano: 7,20 euro (4 / 5)
Est Est Est di Montefiascone: 2,98 euro (3 / 5)
Vermentino di Gallura Docg, Aghera Sarda: 4,70 euro (3,5 / 5)
Moscato d’Asti Docg, Casaniere: 3,99 euro (3 / 5)
Passerina Offida Docg, De Angelisi: 3,49 euro (3,5 / 5)
Ortrugo Frizzante, Piani Castellani: 2,99 euro (3 / 5)
Muller Thurgau, Santa Margherita: 4,40 euro (4 / 5)
Soave Classico Doc, Cadis Fittà: 4,80 euro (3,5 / 5)
Fiano Di Avellino Docg o Greco di Tufo Docg: 7,80 euro (4 / 5)
Sicilia Doc Seligo Settesoli: 4,58 euro (4 / 5)
Trentino Doc Lagrein Rosato, Mezzacorona: 3,99 euro (3,5 / 5)
Frappato Syrah Gurgò Cantine Paolini: 3,19 euro (5 / 5)
Chianti Docg Castellina, Cecchi: 3,60 euro (3,5 / 5)
Rosso Toscana Igt Santa Cristina, Antinori: 5,50 euro (4 / 5)
Gutturnio Doc, Valtidone: euro 2,99 euro (3,5 / 5)
Lambrusco, La Brusca Lini 910: 3,70 euro (5 / 5)
Valpolicella Doc Ripasso, Tommasi: 10,90 euro (4 / 5)
Fragolino Rosso, Duchessa Lia: 3,20 euro (3 / 5)


Fino al 31 marzo

Sauvignon, Forchir: 4,30 euro (4 / 5)
Vermentino di Sardegna, Dolianova: 2,57 euro (3,5 / 5)
Lugana, Cesari: 6,32 euro (3,5 / 5)
Muller Thurgau, Cantina di Bolzano: 4,89 euro (3,5 / 5)
Lambrusco, Cavicchioli: 1,79 (3,5 / 5)
Cabernet / Merlot, Cantina di Caldaro: 4,79 euro (4 / 5)
Morellino di Scansano Docg, Mantellassi: 3,95 euro (3,5 / 5)
Primitivo di Manduria San Gaetano, Cantina Due Palme: 3,12 euro (5 / 5)
Barolo Docg, Sette Cascine: 11,90 euro (3,5 / 5)
Passito di Pantelleria, Cantine Pellegrino: 4,79 euro (4 / 5)
Asti Docg, Martini: 3,99 euro (3,5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Docg, Cantina Produttori Valdobbiadene: 4,73 euro (3,5 / 5)


Fino al 3 aprile

Prosecco Docg Carpenè Malvolti (3x200ml): 7,90 euro (4 / 5)
Spumante Trento Doc Rosè, Ferrari: 8,50 euro (5 / 5)
Lugana Doc, Cantina di Negrar: 7,49 euro (4 / 5)
Valpolicella Ripasso, Sartori: 6,50 euro (4 / 5)
Pinot Bianco/Sauvignon, Maschio: 2,79 euro (3 / 5)
Verduzzo Igt Frizzante, Col Mesian: 1,98 euro (3 / 5)
Nebbiolo d’Alba Doc, Barone Stabilini: 5,49 euro (3 / 5)
Teroldego Rotaliano Doc, Mezzacorona: 4,30 euro (3,5 / 5)
Morellino di Scansano Docg, Le Vie dell’Uva: 2,99 euro (3 / 5)
Merlot Grave, Le Vie dell’Uva: 2,59 euro (3 / 5)
Cannonau, Le Vie dell’Uva: 2,99 euro (3,5 / 5)
Montepulciano D’Abruzzo, Le Vie dell’Uva: 2,19 euro  (2,5 / 5)
Pinot Bianco Alto Adige Doc, Le Vie dell’Uva: 7,40 euro (3,5 / 5)
Gewurztraminer, Le Vie dell’Uva:  5, 69 euro (3,5 / 5)
Vino Soave, Le Vie dell’Uva: 2,49 euro (2,5 / 5)
Ribolla Gialla, Le Vie dell’Uva: 2,99 euro (2,5 / 5)
Trebbiano d’Abruzzo, Le Vie dell’Uva: 1,98 euro (1 / 5)
Prosecco Millesimato, Le Vie dell’Uva: 3,89 euro (3,5 / 5)
Spumante Pinot Nero, Col Mesian: 3,45 euro (2,5 / 5)
Spumante Brut, Rocca dei Forti: 2,98 euro (1 / 5)
Spumante Asti, Cinzano: 4,50 euro (3 / 5)
Spumante Prosecco Doc, Sant’Orsola: 4,75 euro (3,5 / 5)
Champagne Cordon Rouge, Mumm : 19,90 euro (4 / 5)
Moscato ValleBelbo: 1,99 euro (1 / 5)


Fino al 4 aprile

Valtellina Superiore Docg Sassella / Grumello / Valgella, Nera: 7,10 euro (3,5 / 5)
Sforzato Docg, Nera: 17,99 euro (4 / 5)
Valtellina Superiore Docg Valgella, Bettini : 6,75 euro (4 / 5)
Valtellina Docg, Bontà delle Valli : 6,90 euro (3,5 / 5)
Sfursat Docg, Bontà delle Valli: 15,75 euro (3,5 / 5)
Fragolino Rosso, Duchessa Lia: 3,20 euro (3 / 5)
Prosecco Doc, Zonin: 4,99 euro (3,5 / 5)
Franciacorta Docg Brut/Saten, VillaCrespia: 13,50 euro (4 / 5)
Spumante Prosecco Extra Dry, Canel: 3,99 euro (3,5 / 5)
Spumante Prosecco Superiore Docg, Canel: 5,45 euro (3,5 / 5)
Spumante Trento Doc, Rotari: 7,60 euro (4 / 5)
Spumanti Dorè o Rosè Extra Dry, Valtidone: 2,99 euro (3 / 5)
Spumante Metodo Classico Brut Perlage, Valtidone: 7,20 euro (3,5 / 5)
Spumante Pignoletto Doc, Valtidone: 3,50 euro (3,5 / 5)
Spumante Greco di Tufo Doc, Feudali: 4,90 euro (3,5 / 5)
Spumante Capovero Madaudo Brut o Rosè: 9,90 euro (5 / 5)
Spumante Bosca Anniversary Brut o Dolce: 2,25 euro (1 / 5)
Spumante Muller Thurgau Cavit: 3,50 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Bosca Five Stars: 4,90 euro (3 / 5)
Rosso di Valtellina Dop, Bontà delle Valli: 3,99 euro (3,5 / 5)
Chianti Docg Oro Riserva, Piccini: 3,99 euro (3,5 / 5)
Lambrusco Marcello Grand Cru: 5,45 euro (4 / 5)
Rosso Di Montepulciano Sabazio, La Braccesca: 6,90 euro (4 / 5)
Vini Del Sannio Dop Falanghina / Greco / Aglianico: 4,20 euro (3 / 5)
Lambrusco di Sorbara Doc Cavicchioli secco o amabile: 3,40 euro (3 / 5)
Barbera Docg o Dolcetto Doc, Vini Conti Buneis: 4,15 euro (3,5 / 5)
Ortrugo/Gutturnio/Bonarda secco o amabile, Viti & Vini: 2,70 (3 / 5)
Malvasia dolce o secca/Barbera Viti & Vini: 2,70 euro (2,5 / 5)
Oltrepo’ Pavese Doc Bonarda amabile o secca/
Barbera/Sangue di Giuda/Buttafuoco/Pinot Nero/Riesling Vie del Canto: 2,80 euro (2,5 / 5)
Vino Lancers Bianco/Rosè: 3,55 euro (3 / 5)
Chianti/Montepulciano/Primitivo Salento/Pinot Grigio Igt, Natale Verga: 2,15 euro (2,5 / 5)
Rosso Toscana Igt Santa Cristina, Antinori: 5,75 euro (4 / 5)
Valpolicella Doc, Duca del Frassino:  4,95 euro (3 / 5)
Brunello di Montalcino Docg, Duca del Giglio: 14,90 euro (3,5 / 5)
Rosso Conero Doc O Verdicchio Castelli di Jesi, Il Picchio: 3,25 euro (3,5 / 5)
Moscato Giallo/Pinot Nero/Muller Thurgau/Teroldego/
Marzemino/Gewurztraminer Mastri Vernacoli Cavit: 4,19 euro (3,5 / 5)
Valdadige Doc Terre Fredde Bianco/Rosso/Rosato: 2,50 euro (3,5 / 5)
Nero d’Avola/Catarratto Organic Bio, Natale Verga: 3,99 euro (3 / 5)
Falanghina Doc/Greco di Tufo Docg/Fiano di Avellino Docg Borgo San Michele: 5,90 euro (4 / 5)
Taurasi Docg, Borgo San Michele: 9,50 euro (4 / 5)
Morellino di Scansano Docg, Le Chiantigiane: 5,50 euro (3,5 / 5)
Chianti Colli Fiorentini Docg, Uggiano: 3,75 euro (3,5 / 5)
Grechetto dei Colli Martani Doc, La Custodia: 4,75 euro (3,5 / 5)
Sagrantino di Montefalco Docg, La Custodia: 14,90 euro (4 / 5)
Rosso di Montefalco, La Custodia: 7,50 euro (4 / 5)
Rosso dell’Umbria, Vocante: 3,75 euro (3,5 / 5)
Sforzato Doc Canua, Sertoli Salis: 24,50 euro (5 / 5)
Cirò Rosso o Rosato Caparra&Siciliani: 3,50 euro (4 / 5)
Cirò Classico Superiore Volvito, Caparra&Siciliani: 6,45 euro (5 / 5)
Primitivo di Manduria Dop, Notte Rossa: 5,49 euro (3,5 / 5)
Soave Classico/Bardolino Classino, Zonin: 3,49 euro (3 / 5)
Valpolicella Ripasso, Sartori: 6,49 euro (4 / 5)
Moscato di Sicilia/Zibibbo Igt Ivam: 3,95 (3 / 5)
Recioto di Soave Docg, Cadis: 8,50 euro (3,5 / 5)


Fino al 2 Aprile

Prosecco Doc Valdo: 3,99 euro (3,5 / 5)
Spumante Dolce o Brut Gancia: 2,29 euro (3 / 5)
Spumante Muller Thurgau Dolomiti Igt, Cavit: 3,19 euro (3,5 / 5)
Spumante Muller Thurgau o Durello Brut Gran Cuvèe Maximilian I: 2,90 euro (2,5 / 5)
Oltrepo’ Pavese Doc C’era una Volta, Guarini: 3,95 euro (4 / 5)
Toscana Igt Remole, Frescobaldi: 3,49 euro (3,5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Docg o Vino Frizzante, Mionetto: 5,99 euro (3,5 / 5)
Chardonnay o Pinot Rosa Veneto, Maschio: 2,49 euro (3 / 5)
Notte Rossa Vini Igp, San Marzano: 3,49 euro (4 / 5)
Vini Igp / Dop, Citra: 3,49 euro (3,5 / 5)

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Approfondimenti

Asolo Wine Tasting: il 6 Maggio l’evento

Il Consorzio Vini Asolo Montello si prepara per la settimana edizione dell’Asolo Wine Tasting, in programma domenica 6 maggio 2018 a Palazzo Beltramini, nel cuore del borgo di Asolo (TV).

Novità di quest’anno sono le tre degustazioni guidate dai sommelier di Ais Veneto e dedicate alle diverse tipologie di Asolo Prosecco Superiore Docg, ai vini rossi Doc e Docg del Consorzio, all’Incrocio Manzoni e alla Recantina.

IL PROGRAMMA
Dalle 10.00 alle 19.00 saranno aperti al pubblico i banchi d’assaggio con i vini del Consorzio.  Ad ospitare le tre masterclass sarà la Sala Gialla di Palazzo Beltramini. Alle 11.00 la prima degustazione, che sarà interamente dedicata all’Asolo Prosecco Superiore Docg, presentato nelle sue diverse declinazioni, in particolare l’Extra Brut. La denominazione Asolo Montello è infatti l’unica tra le Denominazioni del Prosecco che può rivendicare la tipologia Extra Brut nelle bottiglie prodotte.

Il Consorzio Vini Asolo Montello, che quest’anno ha superato l’obiettivo dei 10 milioni di bottiglie, non è però solo Asolo Prosecco Superiore Docg. Nel pomeriggio saranno presentate due degustazioni dedicate agli altri vini prodotti nella zona. Alle 16.00 l’attenzione sarà rivolta alla Recantina, all’Incrocio Manzoni e al Colfondo, che dal prossimo anno si chiamerà Asolo Prosecco Superiore Docg sui lieviti, mentre alle 17.30 ci sarà una degustazione dedicata ai vini rossi Doc e Docg del Consorzio.

Nello stesso weekend il borgo trevigiano ospiterà anche la dodicesima rassegna di Fucina del Gusto, rassegna gastronomica dedicata alle eccellenze locali, che con Asolo Wine Tasting ha in comune la volontà di valorizzare il territorio dell’Asolo Montello e i suoi prodotti. Il costo dell’entrata al banco d’assaggio sarà di 10 € comprensivo di tasca e bicchiere souvenir.
Maggiori informazioni sul sito www.asolomontello.it

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Vini al supermercato

Prosecco Doc Millesimato Extra Dry “Luxury”, Casa Sant’Orsola

(3 / 5) Che ci sia “Prosecco” e “Prosecco” è ormai chiaro a tutti gli attenti “bevitori”. Una regola che vale soprattutto al supermercato, dove peschiamo uno dei più commerciali e pubblicizzati: il Prosecco Doc Extra Dry millesimato 2017 Casa Sant’Orsola.

Un’etichetta che non faceva parte della nostra degustazione alla cieca di settembre 2017, in cui abbiamo stabilito i migliori e i peggiorisparkling da Glera” al supermercato. Ma difficilmente – ve lo anticipiamo subito – sarebbe riuscita ad aggiudicarsi un posto tra i top.

LA DEGUSTAZIONE
Di certo, il Prosecco Sant’Orsola è uno di quei vini che, prima del calice, provano a raccontarsi visivamente sullo scaffale del supermercato (e ancora prima in tv, grazie a numerosi spot pubblicitari).

La bottiglia è avvolta in un sacchetto di colore arancione trasparente, che cattura l’attenzione del cliente. Un velo d’eleganza forse necessario per stordire, con il marketing, il palato di chi si accinge alla degustazione. Noi conosciamo Ulisse. E soprattutto le sirene.

Creature mitologiche a parte, il Prosecco Sant’Orsola si presenta del classico giallo paglierino nel calice. La “bollicina” è mediamente fine e persistente. Al naso la tipicità della Glera, che si esprime principalmente col sentore di pera.

Al palato, ennesima conferma dell’assoluta semplicità di questo Prosecco. L’ingresso è morbido, ma il nettare si sbilancia poi sui sentori zuccherini (pera matura). Finale sufficientemente persistente e lineare rispetto al sorso.

Un Prosecco destinato a un pubblico poco esigente, anche se il prezzo (se non soggetto a tagli prezzo e promozioni) non è tra i più invitanti per il portafogli, pur avvicinandosi al reale valore dell’etichetta. L’abbinamento? A tutto pasto, per chi gradisce, o come aperitivo.

LA VINIFICAZIONE
Il Prosecco Casa Sant’Orsola è prodotto con il Metodo Charmat, che prevede la rifermentazione della Glera in ampie vasche chiamate autoclavi. Casa Sant’Orsola è un marchio di Fratelli Martini Secondo Luigi Spa, che a sede in località San Bovo a Cossano Belbo, in provincia di Cuneo.

Prezzo: 7,56 euro
Acquistato presso: Esselunga

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EspressoWine sbarca da Carrefour: pronti alla rivoluzione?

Nell’era del take away, ecco il bicchiere di vino monodose. Si chiama EspressoWine. Una razione da 187 ml, confezionata in atmosfera protettiva e sottovuoto.

Un prodotto in cui sta credendo la Grande distribuzione organizzata, con Carrefour in prima linea.

EspressoWine è un marchio registrato del Gruppo De Angeli Srl di Treviso. A produrlo è la Casa Vinicola Botter di Fossalta di Piave, in provincia di Venezia.

Tre le tipologie di vino attualmente in commercio: un vino bianco fermo da uve 100% Chardonnay, un vino rosso fermo da uve 100% Merlot e un rosé Igt Veneto. Il prezzo? Novantanove centesimi, ovvero 5,29 euro al litro.

Nel portfolio di Angeli sono presenti anche un Bianco d’Italia, un Pinot Grigio Igt Venezie, un Moscato Igt Veneto, un Merlot, un Cabernet e un Syrah d’Italia, un Primitivo Igt Salento e un altro rosato, blend di uvaggi a bacca rossa prodotti in Italia.

EspressoWine è un bicchiere in Pet alimentare riciclabile, sigillato ermeticamente, senza l’uso di collanti specifici. Il risultato di 10 anni di studi. Come spiega la stessa De Angeli, viene garantita una shelf life superiore ai 10 mesi, dalla data di produzione.

L’obbiettivo dell’azienda è “ottimizzare il processo di sviluppo prodotto che prende avvio proprio dall’analisi delle precise richieste del consumatore e da un’attenta valutazione delle dinamiche di mercato”.

In effetti, in America, EspressoWine ha vinto il Campionato Mondiale quale “miglior proposta nel mondo del vino”.

Il primo “Ready to Drink” Italiano sul mercato fa eco ad altre proposte che stanno rivoluzionando il modo di consumare vino nel mondo. Lo scorso anno, a Prowein, vinialsupermercato.it raccontava i Pinot Noir in lattina dell’americana Union Wine Co – Made in Oregon. Pronti alla rivoluzione?

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Sorgentedelvino Live 2018: i migliori assaggi

PIACENZA – Che non si tratti di una degustazione di Château d’Yquem al Marina Bay Sands di Singapore, lo si intuisce dal colpo d’occhio iniziale.

E’ un pannello di plexiglass marrone, con la scritta a pennarello “Ingresso Sorgentedelvino Live”, ad accogliere una cinquantina di persone. Un freddo lunedì 12 febbraio segna le ultime 6 ore di fiera, a Piacenza Expo.

Il pannello, poggiato a terra, davanti alla cancellata che si spalanca a mezzogiorno in punto, la dice tutta sulla tre giorni che ha visto protagonisti 150 vignaioli (circa 800 vini) provenienti da ogni angolo d’Italia, oltre che da Austria, Croazia e Francia. Conta più la sostanza della forma.

E di “sostanza” ne troviamo tanta nei calici dei produttori, accomunati dal credo in un’agricoltura “biologica, biodinamica e sostenibile”. “Vino che si affida alla natura, per arrivare dall’uva alla bottiglia”, come piace definirlo agli organizzatori Paolo Rusconi, Barbara Pulliero e Francesco Amodeo, con l’astuzia linguistica di chi ha visto crescere Sorgentedelvino Live sin dalla prima edizione del 2008, 10 anni fa.

Quattromilacinquecento gli ingressi quest’anno, rende noto l’ufficio stampa. Cinquecento in più, nel 2018, rispetto all’edizione precedente. Una manifestazione che cresce. Come cresce l’interesse, in Italia, per i vini cosiddetti “non convenzionali”.

I MIGLIORI ASSAGGI
Ecco, dunque, i nostri migliori assaggi. Parte del leone la fa la Calabria, regione posta appositamente sugli scudi dagli organizzatori di Sorgentedelvino Live 2018. Buona rappresentanza anche per l’Oltrepò Pavese, che si conferma culla lombarda di una viticoltura alternativa, tra i colli del miglior Pinot Nero spumantizzato d’Italia.

Segnaliamo l’attento lavoro di recupero di due autoctoni in Toscana, da parte di una produttrice che, di “autoctono”, ha ben poco (ed è anche questo il bello). Poi qualche realtà emergente che saprà certamente imporsi dalle parte di Soave, in Veneto, ma non solo.

E una conferma assoluta in Liguria, con uno dei produttori più interessanti dell’intero panorama nazionale dei vini naturali. Infine, uno straordinario assaggio in Sardegna. Quello dal quale vogliamo partire per raccontare i migliori calici di Sorgentedelvino Live 2018.

1) Barbagia Igt 2016 Perda Pintà, Cantina Giuseppe Sedilesu. Giallo luminoso come una spada laser il Perda Pintà di Giuseppe Sedilesu, ottenuto dal vitigno autoctono di Mamoiada, paesino 2.500 anime in provincia di Nuoro: la Granazza, allevata ad alberello.

Un vitigno che non risulta ancora classificato ufficialmente. I Sedilesu lo hanno riscoperto e valorizzato, unendo il frutto di alcune viti presenti tra i filari di Cannonau. Al naso un’esplosione di macchia mediterranea, unita a sentori aromatici e avvolgenti che, poi, caratterizzeranno il palato.

L’avvolgenza è quella dei 16 gradi di percentuale d’alcol in volume, che rendono Perda Pintà perfetto accompagnamento per formaggi stagionati e piatti (etnici) speziati, come per esempio un buon pollo al curry o i dei semplici granchietti al pepe.

2) Azienda Agricola I Nadre. Degustare i vini della vitivinicola I Nadre, significa compiere un tuffo nel calcare, sino a respirarlo. Siamo in provincia di Brescia, più esattamente in località Muline, a Cerveno, Val Camonica. Il terroir calcareo e sassoso dei 2 ettari vitati conferisce un fil rouge di grande salinità a tutti gli assaggi di questa cantina.

Ottimo il Riesling che degustiamo in apertura, seguito dall’ancora più sorprendente Metodo Classico Vsq millesimato 2012 “A Chiara”: Chardonnay in purezza, dosaggio zero (tiraggio giugno 2013, sboccatura 19 settembre 2016).

A giugno 2018 sarà messo in commercio il millesimato 2015 e conviene prenotarsene almeno un cartone. Interessante anche la Barbera Igt Vallecamonica Le Muline 2015 “Vigneti della Concarena”, anche se appena imbottigliata.

3) Igt Toscana spumante rosato 2016 “Follia a Deux”, Podere Anima mundi. Altro assaggio memorabile e forse irripetibile. Già, perché Marta Sierota – l’elegante padrona di casa franco polacca di Podere Anima mundi – lo commercializza solo in cantina, per pochi intimi.

Il resto finisce in alcuni wine bar ben attrezzati di Roma, Bologna e della stessa Casciana Terme Lari, paese che ospita la cantina, in frazione Usigliano (Pisa). Centocinquanta bottiglie in totale per questo sparkling, su un totale di 10-15 mila circa complessive per Podere Anima Mundi.

Si tratta di uno spumante metodo ancestrale (non filtrato e non sboccato) base Foglia Tonda, autoctono a bacca rossa che qualche lungimirante produttore sta tentando di valorizzare, nella Toscana dei tagli bordolesi alla vaniglia. Un vino da provare a tavola, per il bel gioco che sa creare al palato tra frutto e salinità.

Di Podere Anima Mundi, interessante anche il Foglia Tonda 2015 “Mor di Roccia”, lunghissimo in bocca. Non delude neppure l’altro autoctono, il Pugnitello: “Venti” 2015 è ancora giovane ma di ottime prospettive, mentre la vendemmia 2014 sfodera una freschezza e una mineralità da applausi, unite a un tannino presente, ma tendente al setoso.

4) Calabria Igt Magliocco 2013 Toccomagliocco, L’Acino. Tutto da segnalare dalle parti di Dino Briglio Nigro. Siamo sulla Piana di Sibari, tra lo Jonio e il Tirreno, tra il Pollino e la Sila. Meglio non perdersi neppure un’etichetta di questo fiero produttore calabrese.

Da Giramondo (Malvasia di Candia) ad Asor (“rosa”-to di Magliocco e Guarnaccia nera) passando per Cora Rosso e Toccomagliocco, il Magliocco in purezza che costituisce la punta di diamante di questa cantina.

Grande pienezza sia al naso sia al palato, per un vino che riesce a esprimere – oltre a classiche note di frutta rossa e rosa – anche curiosi sentori di arancia a polpa rossa matura. Non mancano richiami speziati e minerali e un tannino che lo rende perfetto accompagnamento per piatti a base di carne.

5) Cirò Riserva 2012 “Più vite”, Vini Cirò Sergio Arcuri. Altro giro, altra giostra. Sempre in Calabria. Salire su quella di Sergio Arcuri è come catapultarsi a Cirò. Tra le vigne ad alberello di quel grande vitigno del Meridione d’Italia che è il Gaglioppo, sino ad oggi fin troppo offuscato dalla lucentezza dell’Aglianico.

Se “Aris 2015” è il campione di domani, il Cirò Riserva 2012 “Più vite” è il fuoriclasse di oggi. Ottenuto dal cru Piciara, costituisce la materializzazione in forma liquida della terra argillosa, quasi appiccicosa, della vigna più vecchia di casa Arcuri.

Un vino che ha tutto e il contrario di tutto: frutto, sapidità, tannino (quest’ultimo quasi scontato, presente ma dosato). Un rosso pronto, eppure di grande prospettiva. In definitiva, uno di quei vini da avere sempre in cantina.

Un po’ come il rosato da Gaglioppo “Il Marinetto”: splendido, per la sua grande consistenza acido-tattile al palato. E, non ultimo, per il suo colore vero, carico del sole di Calabria più che della nebbia di Provenza ormai tanto in voga tra i rosè.

6) Bonarda Oltrepò pavese Doc 2012 Giâfèr, Barbara Avellino. Forse il vino dal miglior rapporto qualità prezzo degustato a Sorgentedelvino Live 2018 (8,50 euro in cantina). Ma non immaginatevi il classico “Bonardino” dal residuo zuccherino piacione.

Giâfèr sta tutto nel nome: giovane, fresco, vivace. Un Bonarda dell’Oltrepò pavese che sfodera un naso e un palato corrispondenti, sulla trama che accompagna i tipici frutti rossi e i fiori di viola: un’esplosione di erbe di campo e liquirizia dolce in cui si esalta il blend di Croatina (85%), Barbera e Uva Rara.

Ma brava e coraggiosa Barbara Avellino non si ferma qui. Ha ancora in cantina qualche bottiglia di Metodo Classico 2005 “I Lupi della Luna”, base Pinot Noir con un 10% di Chardonnay. Uno spumante non sboccato (tiraggio 2008) interessantissimo, la cui commercializzazione è stata avviata solo dal 2014. Più di 110 i mesi sui lieviti.

Naso di erbe (ebbene sì, ancora loro) e palato appagante per corpo e complessità, giocata su tinte balsamiche e elegantemente mielose. Buona anche la persistenza. Le uve utilizzate per questo sparkling provengono dai terreni di Roberto Alessi de “Il Poggio” di Volpara (PV).

7) Pinot Nero Provincia di Pavia Igt “Astropinot” 2013, Ca’ del Conte. Uno di quei Pinot d’Oltrepò che fanno rima con chapeau. Paolo Macconi, titolare con la moglie Martina dell’azienda a condizione famigliare Ca’ del Conte di Rivanazzano Terme (PV) è uno che i vini li sa fare e anche vendere.

Non a caso va forte in Giappone, dove si vanta di vendere “vini che arrivano in perfetto stato, nonostante l’assenza di solforosa aggiunta e 40 giorni di nave”. E “Astropinot” 2013 è tutto tranne che un autogol.

Bellissima l’espressione del frutto “Noir” che riempie di gusto il palato, mentre l’anima animale del Pinot si fa largo con le unghie, espresse (anche) dal tannino vivo ma ben amalgamato. Un cru ottenuto dal vigneto “Il Bosco”, capace di rende merito al meglio della produzione vitivinicola dell’Oltrepò pavese.

Di Ca’ del Conte (azienda che fa delle lunghe macerazioni un credo, con un media di 90 giorni per le annate precedenti alla 2016) ottimi anche i bianchi. Segnaliamo il Riesling renano con un riuscitissimo tocco di Incrocio Manzoni, ma sopratutto lo Chardonnay 2013 Fenice: strepitoso. E aspettiamo il prossimo anno, quando sarà messa in commercio la prima vendemmia (2017) di Timorasso.

8) Insolente Vini. Lo dicevamo all’inizio: “sostanza” più che “forma” a Sorgentedelvino Live. Ecco una giovane cantina che riesce a coniugare entrambi gli aspetti: la sostanza dei vini di Insolente è pari alla loro forma.

Ovvero all’estetica, accattivante e moderna, delle etichette elaborate da Luca Elettri, pubblicitario prestato all’azienda di cui sono titolari i tre figli Francesca, Andrea e Martina. Il risultato sono 6 vini (3 bianchi, due rossi e uno spumante) elaborati in uno dei Comuni roccaforte del Soave Classico, Monteforte d’Alpone (VR).

Per l’esattezza: Bianco PR1, bianco macerato LE1, frizzante RM1 2016, rosso FC1, rosso jat AE1 e spumante ME1 2016, tutti alla prima vendemmia assoluta (2016). Garganega per i bianchi. Tai Rosso, Cabernet e Merlot per i rossi. Ma tra tutti, oltre al Tai, risulta molto interessante la “bollicina” di Durella, da vigneti vocati a Brenton di Roncà (VR), situati a 400 metri sul livello del mare.

Seicento bottiglie in totale, per uno spumante fresco, croccante. Una di quelle bottiglie che non stancano mai. Una bella espressione di uno strepitoso terroir, che sta conquistando sempre maggiore credibilità. E che ora può contare su un altro interprete. Giovane. Ma soprattutto Insolente.

9) Gewurztraminer 2016, Weingut Lieselehof. Una vecchia conoscenza di vinialsuper, già segnalata tra i migliori assaggi del Merano Wine Festival 2017, per lo strepitoso Piwi Julian 2008 e per il passito Sweet Claire (100% Bronner).

A Sorgentedelvino Live 2018 le strade si incrociano per un altro cavallo di battaglia di Weingut Lieselehof: il Gewurztraminer. Uno di quelli da provare, perché si discostano dalla media. Tipico più in bocca che al naso, dove sembra assumere note che lo avvicinano di molto al Moscato Giallo. La spiccata acidità al palato rende questo vino davvero speciale

10) Tra i migliori vini passiti degustati, due calabresi dominano la scena: il Moscato di Saracena di Cantine Viola, vendemmia 2014, è uno di quei vini che riescono ad andare al di là di un calice assoluto valore. Attorno alla riscoperta del Moscato di Saracena, Luigi Viola e la sua famiglia sono riusciti a creare un mondo.

Una sorta di indotto, costituito dalla recente fondazione di una cinquantina di cantine nella provincia di Cosenza. A raccontarlo è lo stesso Alessandro Viola, col garbo dei grandi uomini di vino.

Ottimo anche il Greco di Bianco passito dell’Azienda agricola Santino Lucà di Bianco (Reggio Calabria). Un passito dalle caratteristiche più classiche rispetto al Mantonico passito proposto in degustazione dalla stessa cantina, a Sorgentedelvino Live 2018.

Chiudiamo con un classico per i lettori di vinialsuper: il vino cotto Stravecchio Marca Occhio di Gallo della Cantina Tiberi David. Un unicum nel suo genere, che ancora attende (a differenza del Moscato di Saracena di Cantine Viola) il riconoscimento di “presidio Slow Food” per la definitiva consacrazione. Un aspetto che vi racconteremo presto, in un servizio ad hoc. Straordinaria l’espressione della vendemmia 2003 in degustazione.

Letteralmente “fuori concorso” il Pigato 2003 in versione “Armagnac” di quel santuario ligure che è Rocche del Gatto. A presentarlo è il guru Fausto De Andreis, che nella sua Albenga (SV) è artefice di vini immortali, a base Pigato e Vermentino.

Fausto ha chiamato questa “bevanda spiritosa” da 33% “Oltre Spigau 03”. Un altro passo avanti verso la battaglia irriverente di un vignaiolo d’altri tempi e senza tempo. Come i suoi vini.

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Vini al supermercato

Colli Berici Doc Tai Rosso 2016 Il Monastero, Pegoraro

(4,5 / 5) Alzi la mano chi ha mai sentito parlare di Tai Rosso. E se lo chiamassimo Cannonau, o Grenache? Si tratta dello stesso vitigno. Sotto la lente di ingrandimento di vinialsuper, il Tai Rosso Colli Berici Doc “Il Monastero” 2016 della Società agricola semplice Pegoraro di Mossano (Vicenza).

Un’azienda a conduzione famigliare, che aderisce alla Federazione italiana vignaioli indipendenti (Fivi). Per intenderci, gli artefici di quello straordinario Mercato dei Vini che, ogni anno, va in scena a Piacenza.

LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, il Tai Rosso 2016 di Pegoraro si presenta di un rosso rubino brillante, limpido, mediamente trasparente. Al naso i frutti rossi tipici del vitigno: marasca, una punta di mirtillo e mora, ma soprattutto lampone, fragolina di bosco e richiami floreali di rosa canina.

Sentori puliti, candidi, che sembrano riprendere la franchezza invitante del colore di cui tinge il calice. Genuino è anche il palato del Tai Rosso della cantina Pegoraro. Corrispondente al naso, riempie la bocca di lampone e fragola, impreziosite da una sapidità che accompagna il sorso fino al retro olfattivo. Levigato il tannino. Setoso.

In cucina, l’abbinamento più scontato è quello con la gastronomia di questa fetta di Veneto tutta da scoprire. E dunque la Soprèssa Vicentina Dop e il baccalà alla vicentina. In realtà di Tai Rosso è uno di quei vitigni che la Grande distribuzione potrebbe valorizzare come “vino quotidiano” ma non banale, sponsorizzandolo anche fuori dai confini regionali (ad oggi è poco rappresentato sugli scaffali delle maggiori insegne).

LA VINIFICAZIONE
Tai Rosso “Il Monastero” è l’etichetta che la cantina Pegoraro destina ai supermercati. I vigneti si trovano a Mossano. Le uve vengono raccolte e selezionate tra la fine del mese di settembre e i primi giorni di ottobre.

La fermentazione avviene a una temperatura controllata che va dai 23 ai 27 gradi, con macerazione
di pochi giorni. Terminata la fermentazione il vino riposa in botti di acciaio per almeno sei mesi.

Il Tai Rosso (chiamato “Tocai Rosso” fino al 2007,) è il vitigno principe dei Colli Berici. La Cantina Pegoraro ne ha fatto una religione. Tanto è vero che sono quattro, oltre a “Il Monastero”, le etichette prodotte a partire da questo vitigno, non presenti sugli scaffali dei supermercati (destinati, dunque, all’Horeca). Ci incuriosisce il Metodo Classico Dosaggio Zero, che non mancheremo d’assaggiare e raccontarvi.

Prezzo: 4,69 euro
Acquistato presso: Alìper – Alì Supermercati

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Vini al supermercato

Prosecco Bio Doc Treviso Extra Dry Tenuta Brian, Cantina Corvezzo

(4 / 5) Poco meno di 4 euro per portarsi a casa da Lidl il Prosecco Bio Doc Treviso Extra Dry “Tenuta Brian”.

Lo spumante biologico prodotto dalla Società Agricola Fratelli Corvezzo presenta una bella etichetta, moderna e accattivante. Con le iniziali di Tenuta Brian (“TB”) che paiono tratteggiate con le matite colorate, impugnate tutte assieme da un bambino.

Tutto bello per il consumatore: il prezzo, l’etichetta, la bottiglia. Sarà anche buono questo Prosecco? La risposta, dopo il tasting di vinialsuper, è più che affermativa. Tanto da spingerci ad annoverare questo sparkling organic wine veneto tra i migliori assaggi assoluti della fascia prezzo inferiore ai 4 euro.

LA DEGUSTAZIONE
Chiariamoci: non stiamo certo parlando di un assaggio memorabile, in termini generali. Il Prosecco Doc Treviso Extra Dry “Tenuta Brian” rappresenta tuttavia, nel calice, il meglio della tipicità della Glera spumantizzata.

Pur trattandosi di un Extra Dry, questo charmat non risulta stucchevole come tanti altri presenti in Gdo, con la parte zuccherina a farla da padrona addirittura sui sentori primari. Al naso, di fatto, il Prosecco di Corvezzo Winery manifesta profumi che ricordano la pera Williams e la mela verde Granny Smith.

Un quadro completato da eleganti sentori di miele d’acacia. Il sorso è corrispondente: pera, mela e il fresco retrogusto fresco del miele, perfettamente amalgamanti. In bocca, il Prosecco Doc Treviso Tenuta Brian si fa apprezzare anche per un’acidità spiccata che, unita a una bollicina cremosa, chiama il sorso successivo.

Gli abbinamenti sono quelli classici per il re degli spumanti Metodo Martinotti italiani. Perfetta a tutto pasto, questa “bollicina” veneta è ottima come aperitivo, in accompagnamento ad antipasti e piatti a base di pesce.

LA VINIFICAZIONE
Il Prosecco Bio Doc Treviso Extra Dry di Cantina Corvezzo è ottenuto dai vigneti di Glera situati nel Comune di Cessalto (TV). La vinificazione prevede pigiatura e pressatura soffice a freddo e presa di spuma in autoclave.

La Società Agricola Fratelli Corvezzo affonda le radici all’inizio del Novecento. Oggi, i fratelli Giovanni e Katia conducono una cantina moderna, realizzata con materiali ecocompatibili e impianto fotovoltaico. Sono circa 160, nel complesso, gli ettari vitati a disposizione.

Prezzo: 3,99 euro
Acquistato presso: Lidl


*aggiornamento: la cantina Corvezzo, attraverso il proprio ufficio Marketing e Comunicazione, ci informa che 3,99 euro è “il prezzo di lancio” del Prosecco Bio “Tenuta Brian” nei supermercati Lidl. Il prezzo di vendita, dopo la fase di “lancio”, sarà di 4,99 euro.

Abbiamo dunque rivisto la nostra valutazione, assegnando mezzo punto in meno allo spumante in questione: punteggio che passa dunque da 4,5 a 4 “cestelli della spesa“.

La valutazione della degustazione – e, di conseguenza, l’assegnazione del voto in “cestelli” – era infatti strettamente legata al prezzo iniziale del prodotto, che non potevamo sapere essere “temporaneo”.

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Vini al supermercato

Colli Euganei Pinot Bianco Doc 2015, Conte Emo Capodilista

(4 / 5) Il Pinot Bianco è uno di quei vitigni internazionali che fa discutere gli ampelografi sulla sua origine e che ha trovato dimora in svariati terroir.

Uno di questi luoghi è il Veneto. Assaggiamo oggi il Colli Euganei Pinot Bianco Doc della cantina Conte Emo Capodilista – Azienda Agricola La Montecchia, annata 2015.

LA DEGUSTAZIONE
Colere giallo paglierino con riflessi verdastri, trasparente, scorrevole nel bicchiere. Al naso sembra poco intenso ma è solo timidezza. Dopo un attimo ecco arrivare piacevoli note di fiori bianchi, un leggero sentore erbaceo e note di frutta a polpa chiara.

Frutta molto matura che, via via che il calice si scalda, tende a prendere il sopravvento. In bocca si esalta subito la sapidità di questo Pinot Bianco, seguita dalla fresca acidità che lo rende veramente facile ed agile in bocca. “Beverino”, come si suol dire.

Delicato nel retro olfattivo, dominato dai ritorni floreali già percepiti al naso. Non particolarmente persistente, si sposa bene con preparazioni di pesce o carni bianche delicate.

In definitiva, un vino giustamente collocato in una fascia prezzo medio-alta, per quello che riesce a esprimere nel calice rispetto ad altre referenze prodotte con lo stesso vitigno.

LA VINIFICAZIONE
Vinificazioni in bianco, in acciaio, a temperatura controllata per le uve di solo Pinot Bianco coltivate su terreno di medio impasto con esposizione sud nel comprensorio della Doc.

Cantina di lunga tradizione, come testimonia la villa cinquecentesca che sovrasta le vigne a Selvazzano Dentro (PD), Conte Emo Capodilista – Azienda Agricola La Montecchia vanta tracce storiche fin dalla Serenissima Repubblica di Venezia. Ma è recentemente che l’azienda si è distinta per i tanti progetti di eco sostenibilità, anche in collaborazione con le scuole delle province di Padova.

Prezzo: 9,50 euro
Acquistato presso: Alìper – Alì Supermercati

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Approfondimenti news

I vini naturali esistono. Parola di Angiolino Maule

Millenovecentottantotto, duemiladiciotto. Trent’anni di sacrifici e battaglie. Trent’anni di strade in salita, costellate da pozzanghere e buche grosse come crateri. Di quelle capaci di trasformarti da solista a capo del coro. Oppure da sognatore a fallito.

Chi dice che i vini naturali non esistono, forse, semplicemente, non hai mai incontrato in vita sua Angiolino Maule. Uno capace di metamorfosi kafkiane. Pazzo scatenato e ignorante (per molti) negli anni Novanta. Oggi, definitivamente, un pioniere.

Un “estremista”, fino a ieri. Poi diventato un “equilibrato del naturale” (parole sue). Eppure Maule non è cambiato mai. Qualche capello bianco in più, certo. Qualche ruga sul volto, dovuta ai troppi vaffanculi sottaciuti da un carattere pacato e meditativo, più che agli anni sul groppone. Roba rara da trovare tra i veneti.

Mentre l’Italia lo prendeva per scemo, Angiolino Maule e la moglie Rosamaria, sul finire degli anni Novanta, cominciavano a raccogliere i primi successi della loro azienda agricola: La Biancara di Montebello Vicentino.

Oggi Maule è presidente di VinNatur, l’Associazione Vini Naturali da lui fondata nel 2006, che dal luglio 2016 ha stilato un vero e proprio disciplinare per i propri associati (scaricabile integralmente qui).

Non sono troll le migliaia di visitatori che ogni anno, tra Genova e Vicenza, affollano gli stand degli oltre 170 produttori di vini naturali (italiani ma non solo, alcuni dei quali mappati da Decanter) che si riconoscono nei principi dell’associazione. E non è un troll neppure Angiolino Maule, che concede a vinialsuper questa intervista in esclusiva.

Che cos’è il vino naturale?
E’ il vino prodotto senza utilizzo di prodotti di sintesi, né in vigna né in cantina. E con il minor impatto possibile sull’ecosistema

Quali sono gli strumenti a garanzia del consumatore, circa l’effettiva “naturalità” del vino? Quali strumenti ha messo in campo, in questo senso, VinNatur?
VinNatur da 10 anni effettua analisi a tutti gli associati su residui di pesticidi e solforosa totale all’interno dei vini. I produttori che hanno vini con residui e con livelli di anidride solforosa superiori ai 50 mg/l vengono allontanati dall’associazione in un percorso di due anni al massimo.

Ora abbiamo sviluppato anche un disciplinare interno e ci stiamo attrezzando per farlo rispettare in ogni sua parte, tramite controlli alle aziende associate che saranno eseguiti da enti certificatori esterni. Per quanto riguarda altri vini naturali non sono a conoscenza delle eventuali garanzie.

Quante bottiglie produce all’anno il “vigneto naturale” italiano? Su quanti ettari?
Proprio per il fatto che non esiste una normativa è difficile stabilirlo. VinNatur in Italia “produce” nel suo insieme circa 5 milioni di bottiglie suddivise su 150 produttori, che in media posseggono 10 ettari vitati.

In Italia, lei è un precursore dei vini naturali: come ha visto evolversi il mercato, in Italia e all’estero?
Per quanto riguarda la mia azienda, fino al 2010 lavoravo prevalentemente all’estero, dove tutt’ora ci sono ottime prospettive anche per aziende piccole o sconosciute. Oggi vedo anche in Italia una bella evoluzione.

Si è passati dal parlarne tanto con pochi consumi, al parlarne e fare economia. Vedo sempre più ristoranti di alto livello proporre vini naturali anche non blasonati e questo mi rende felice.

Esistono vini naturali del tutto privi di quelli che, in una degustazione professionale, sarebbero considerati difetti? Direi proprio di si!

In percentuale, quanti vini naturali “difettati” riscontra ogni 10 assaggi? E in passato?
Potrei dire 1 su 10, mentre in passato erano sicuramente di più.

Spesso la critica che viene mossa ai produttori di vini naturali è che facciano passare per “pregi” i difetti del vino: cosa risponde?
Purtroppo ci sono ancora colleghi che la pensano così e quindi la critica è più che giusta. I difetti nascondono il vero terroir e la vera espressività del vino, non dobbiamo mai dimenticarlo. Io e molti altri che hanno l’umiltà delle proprie azioni abbiamo sempre ammesso i nostri errori.

Per primi ce ne scusiamo e ci impegniamo ad affrontarli e capire come non ripeterli. Quando presento i miei vini sono il primo a dire “buono, però ora che lo assaggio, lo avrei fatto diversamente e forse migliore!”.

I vini naturali attirano sempre più l’interesse del pubblico, ma sembrano destinati a restare comunque un fenomeno di nicchia, per pochi eletti: perché? Pensa che qualcuno sbagli a comunicarli? Qual è, secondo lei, il modo migliore per avvicinare al mondo dei naturali chi non li conosce?
Non credo rimarranno fenomeni di nicchia. Già il Bio sta arrivando alle grandi cooperative vinicole più intraprendenti. Il “naturale” si sta allargando lentamente ma ritengo sia meglio così! Dobbiamo presentarci con umiltà, dicendo quello che facciamo, senza denigrare l’altro.

Sottolineare le differenze tra naturali e convenzionali come ha fatto di recente Live Wine è positivo, oppure ostacola il graduale avvicinamento dei due “mondi”?
L’idea del confronto tra diversi approcci non è nuova, è un’idea già utilizzata in passato da altri. Ad una prima vista è fuorviante e per questo non mi è mai piaciuta particolarmente.

Lei beve vini “convenzionali” / “biologici”?
Raramente bevo convenzionali e non mi voglio esprimere. Troppi “biologici / tradizionali” che mi capita di bere hanno un gusto per me simile al convenzionale, quindi senza personalità. Credo sia un vero peccato.

Gli additivi presenti nel “vino convenzionale/biologico/biodinamico” possono essere considerati pericolosi per la salute?
Ad eccezione di solforosa in eccesso e pesticidi (soprattutto se ci sono più principi attivi) gli altri non sono pericolosi.

Qual è il prezzo di un vino naturale?
Dipende dalla qualità. Ci sono vini naturali entry level da 10 euro, ma anche top di gamma da 100 euro in enoteca.

Cosa risponde a chi, provocatoriamente, sostiene che i vini naturali “non esistono”?
Siamo costantemente “sotto l’attacco” di esperti ed enologi che sostengono l’inesistenza del vino naturale e l’inadeguatezza di questa definizione. Siamo anche circondati da altri enologi e studiosi che ci danno una mano o che ci osservano con curiosità e voglia di confronto. Per questo vado avanti per la mia strada senza guardare ad inutili polemiche. Ormai è una parola di uso comune, se ne faranno una ragione spero.

Qualche anticipazione sulla prossima edizione di VinNatur a Villa Favorita
Verrà dato più spazio agli importatori e ai giornalisti dall’estero che vogliono scoprire le nuove aziende associate. Sarà inoltre strutturata un’area food più efficiente e con produttori di alto livello.

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300% Wine Experience: Ais Veneto con Vittorio Sgarbi

TREVISO – Il binomio “vino e architettura” sarà al centro della nuova edizione di 300% Wine Experience, l’evento organizzato da AIS Veneto che domenica 11 marzo 2018 riempirà le sale di Villa Emo a Fanzolo di Vedelago (TV).

Presenti 100 produttori, con le 300 migliori etichette del Veneto, e un ospite d’eccezione: il critico d’arte Vittorio Sgarbi. Filo conduttore del 300% Wine Experience 2018 sarà il concetto di architettura, declinato dall’arte costruttiva al mondo del vino.

Il biglietto d’ingresso, che comprende degustazioni illimitate al banco d’assaggio con calice in omaggio, è di 25 euro per l’intero e di 20 euro per il ridotto, riservato a coloro che acquisteranno il biglietto in prevendita sul sito www.aisveneto.it. Il programma completo della manifestazione sarà presto disponibile sul sito dell’Associazione Italiana Sommelier del Veneto.

I DETTAGLI
Dalle 10.00 alle 20.00 si potranno infatti degustare i vini selezionati dai Sommelier di AIS Veneto e partecipare alle masterclass che guideranno il pubblico nell’analisi del vino, della sua struttura, dell’equilibrio delle forme e del suo progetto: in senso lato, della sua architettura.

Un intervento tra arte e architettura, invece, quello che sarà tenuto dal critico Vittorio Sgarbi, in cui non mancheranno gli approfondimenti sul gioiello del Palladio che ospita l’evento e che dal 1996 fa parte della lista dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco.

Ben 15 i laboratori del gusto in programma che toccheranno temi quali tè, caffè, olio extravergine, acqua, distillati, pane, baccalà e birra. Immancabile l’area Smoke curata dal Sigaro Toscano.

Ad accompagnare i calici di vino, in un banco d’assaggio aperto al pubblico tutta la giornata, ci saranno formaggi, salumi, pasta fresca, prodotti da forno, dolci, olio d’oliva, liquori e piatti tipici della tradizione veneta come il Tiramisù preparato dal locale storico Le Beccherie, i radici e fasioi, il baccalà mantecato della Confratenita, i Fasolari e un risotto speciale dedicato alla manifestazione preparato dai cuochi del Consorzio del Vialone Nano di Isola della Scala.


INFO IN BREVE | 300% WINE EXPERIENCE
Data: domenica 11 marzo 2018, dalle 10.00 alle 20.00
Luogo: Villa Emo – Via Stazione 5, 31050 Fanzolo di Vedelago (Treviso)
Biglietto: € 25 per l’intero e € 20 per il ridotto. Biglietto ridotto riservato a coloro che acquisteranno il biglietto in prevendita sul sito www.aisveneto.it
Info e prenotazioni: www.aisveneto.it

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Torcolato di Breganze: alla scoperta del passito dolce non dolce

BREGANZE – Undici produttori, un solo obiettivo: la promozione di un’eccellenza veneta e italiana, il vino passito Torcolato. Denominazione di origine controllata dal 1996. E’ un quadro di grande unità quello che emerge dalla giornata di degustazione organizzata ieri alla cantina Maculan di Breganze.

Un tasting organizzato nell’ambito della “Prima del Torcolato 2018“, kermesse che oggi animerà il centro storico del paese della provincia di Vicenza, con la cerimonia della spremitura delle uve Vespaiola.

Tante le sfumature negli undici calici in degustazione. Tutte interpretazioni del terroir vicentino. Una fotografia delle zone più vocate e di quelle meno storiche per la produzione del Torcolato, come le colline di Bassano del Grappa.

“Ma non siamo qui per decidere qual è il buono – ha ricordato il padrone di casa, Fausto Maculan – bensì per mostrare la straordinarietà del passito di Breganze. Un vino di cui si trovano le prime tracce ufficiali nel 1870, che da allora è cambiato molto”.

“I produttori – ha evidenziato Maculan – hanno investito negli anni in tecniche che hanno permesso di trasformare il Torcolato in un’eccellenza, risolvendo per esempio i problemi di ossidazione. Basti pensare che negli anni Cinquanta questo passito era marrone, oggi invece è contraddistinto da un bel giallo dorato. In passato, i breganzesi regalavano questo vino agli amici o agli ospiti: oggi lo bevono anche loro”.

LA TECNICA DI PRODUZIONE
Fondamentale, per la produzione del Torcolato, è l’appassimento delle uve. Un processo che avviene ancora come un tempo, all’interno di “fruttai” ricavati in vecchi granai dotati di abbaino e finestra per il ricircolo dell’aria.

I grappoli spargoli di Vespaiola vengono legati tra loro con lo spago: in una parola “torcolati”. Formano così vere e proprie trecce d’uva, legate alle travi di legno delle soffitte. Un’altra tecnica prevede la messa a riposo delle bacche di Vespaiola su graticci e cassette, simili a quelle utilizzate per la produzione del Recioto.

Dopo circa quattro mesi, il risultato sono acini pressoché disidratati, in cui la concentrazione degli zuccheri è molto elevata. E’ gennaio quando vengono “torchiati”, ovvero “pigiati”, “strizzati”. Terminata la fermentazione, il vino matura in piccole botti anche per più di due anni, prima di essere imbottigliato. Il Torcolato, infatti, non può essere venduto prima del 31 dicembre dell’anno successivo alla vendemmia.

La produzione si assesta attorno alle 50 mila bottiglie annue. Nella pedemontana vicentina, su un totale di 600 ettari vitati, circa 60 sono destinati alla Vespaiola. Solo i migliori terreni concorrono alla produzione del Torcolato.

Un passito affascinante come la striscia collinare che si estende per una ventina di chilometri, tra i fiumi Astico e Brenta. Al centro, Breganze. A Ovest l’area è delimitata da Thiene e a Est da Bassano del Grappa. Una zona che dà vita a gemme della gastronomia italiana.

Basti pensare al formaggio Asiago Dop, alla Sopressa Vicentina Dop, all’asparago bianco di Bassano Dop e alla ciliegia di Marostica Igp. Ma anche al mais Marano e a piatti della tradizione come il Bacalà alla Vicentina, il Toresan allo spiedo e i Bigoi co’ l’arna (i Bigoli con l’anatra).

I NOSTRI MIGLIORI ASSAGGI
Tutti buoni, i Torcolati di Breganze. Ma non possiamo non segnalare i nostri tre migliori assaggi in occasione dell'(Ante)Prima di ieri mattina:

1) Torcolato Breganze Doc 2015, Cantina Col Dovigo. Giallo dorato, naso pulitissimo e intenso: miele, albicocca, fichi e una leggera vena balsamica ad elegantire le prime “snasate”. Con una prolungata ossigenazione nel calice, questo Torcolato arriva ad accarezzare delicate distese di lavanda e a richiamare la liquirizia dolce.

In bocca tiene alla grande e non subisce grandi variazioni tra l’inizio e il termine della degustazione. Palato agile ma struttura consistente, tutta giocata su note corrispondenti all’olfatto e su una chiusura tra il sapido e il fresco balsamico. Tremila bottiglie totali. Una chicca, prodotta con passione da Stefano Bonollo.

2) Tocolato Breganze Doc 2014, IoMazzucato. Colore oro con riflessi ambrati. Colpisce al naso per una nota speciale, che richiama la nafta (idrocarburo). Un sentore che impreziosire il corredo olfattivo tipico della Denominazione.

Un Torcolato, quello di IoMazzucato, sugli scudi anche per un palato di grande limpidezza, giocato più sul sapido e sull’acido che sul dolce. Buona anche la persistenza, da giudicare in virtù della prevalenza delle durezze sulle morbidezze zuccherine. Un’etichetta, osiamo dire noi oggi, che rende onore a chi definì il Torcolato “dolce non dolce”.

3) Torcolato di Breganze Doc 2012, Maculan. Uno dei simboli della Doc Breganze, la cantina Maculan. Il genio di Fausto, vero e proprio “guru” dell’enologia italiana moderna – oggi affiancato dalle preparatissime figlie Angela e Maria Vittoria – brilla nel Torcolato 2012.

Ottenuto dalle colline vulcaniche e tufacee del paese, matura un anno in barrique di rovere francese per 1/3 nuove e per 2/3 di secondo passaggio. Nel calice si presenta di un giallo dorato luminoso. Come solo altri due campioni in degustazione, oltre ai tipici profumi, sfodera una leggera nota di idrocarburo.

Altro perfetto esempio della definizione “dolce non dolce”, non stanca mai. Tiene incollato il naso al vetro. E quando finalmente riesci a staccarti, la stessa (buona) sorte tocca alle labbra. I sorsi si rincorrono, fino all’ultima goccia. Lungo anche il retro olfattivo.

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Sicilia, sorpresa Glera: è il vitigno “minore” più coltivato

PALERMO – C’è un po’ di “Veneto” in Sicilia. Centoventisette ettari, per l’esattezza. A tanto ammonta la superficie vitata di Glera sull’isola del Sud Italia.

Un vero e proprio boom per il vitigno balzato agli onori delle cronache per il “fenomeno Prosecco”. Dopo l’avallo della Regione, che ne ha autorizzato la coltivazione tra le Igt nel 2009, gli ettari di Glera si sono moltiplicati a vista d’occhio.

Tanto che oggi, l’ex “Prosecco” è il “vitigno minore” più allevato in Sicilia. Con 127 ettari sui 245 complessivi, riservati alle varietà non autoctone o tradizionali.

Secondo i dati forniti da Marco Perciabosco, a capo dell’Unità operativa Ocm Vino siciliana, a credere nella Glera “Made in Sicily” sono soprattutto i viticoltori della provincia di Trapani. E’ nell’areale a Nord Ovest dell’isola che si concentra la maggior parte della superficie vitata a Glera. Centodieci ettari.

Seguono Agrigento e Palermo, rispettivamente con 17 e 2 ettari vitati circa. Numeri in crescita, che fanno pensare a un incremento costante della richiesta di Glera sul mercato locale. Eppure non v’è traccia di una “Glera mania” tra gli abitanti dell’isola. E trovare cantine che producano e commercializzino vini a base Glera in Sicilia è quasi un’impresa.

Una di queste è l’Azienda Agricola Vitivinicola Tenute Rinaldi. Siamo a Bolognetta, “Agghiastru” in siculo. Un Comune di 4.200 anime, a 25 chilometri da Palermo. Il “Bianco Rinaldi”, di fatto, è un blend tra Glera e Chardonnay. Una vera e propria rarità.

Che fine fa il resto della Glera prodotta in Sicilia? “Sono noti, ma solo a livello informale – precisa Marco Perciabosco dal palazzo della Regione – i rapporti tra produttori siciliani e del nord Italia in materia di vino. Relazioni in cui non può entrare nel merito l’amministrazione regionale, finché si tratta di operazioni di tipo commerciale, svolte con tutti i crismi“.

“Se qualcuno possiede notizie di reato – commenta Stefano Zanette, presidente del Consorzio Prosecco Doc – ha il dovere di fornirle alle autorità preposte, diversamente devono essere derubricate a illazioni. Non va comunque dimenticato che molti operatori, anche nel nostro territorio, utilizzano la Glera per la produzione di spumanti generici o per l’infustamento”.

IL CASO ERMES
Ma in Sicilia c’è anche chi ha messo su una “filiale”, in Veneto. E’ Cantine Ermes, società cooperativa di Santa Ninfa (Trapani) in mano alla famiglia Di Maria (Rosario ne è presidente, Paolo il direttore generale). Una realtà da 2 milioni di euro di capitale sociale, attiva anche nella Grande distribuzione organizzata.

Con lo stesso nome, Cantine Ermes opera in via Restiuzza 7 a Mansuè, in provincia di Treviso. E allo stesso indirizzo, sempre in Veneto, si trovano le Tenute Di Maria Srl. Società che, a sua volta, dipende dalla “casa madre” siciliana di Contrada Salinella, a Santa Ninfa.

Quella di Mansuè figura ufficialmente come “struttura secondaria” di Cantine Ermes. O, meglio, come “stabilimento”. Diversi magazzini, numerosi silos. E una “Bottega del vino” in cui si organizzano degustazioni delle etichette siciliane di “Tenute Orestiadi”, brand del gruppo Ermes.

Ma è su portali enogastronomici come SicilShop.com che è acquistabile “Taravan”, il Prosecco Doc Extra Dry prodotto da Cantine Ermes. Un filo conduttore che sembra funzionare bene, quello tra la Sicilia e il Veneto del vino.

Un asse su cui Cantine Ermes investe da anni, forte soprattutto di una preziosa partnership con un colosso del posto: Cantina di Soave. Una joint venture stipulata nel 2006. Agli albori, dunque, del vero cambio di rotta di Ermes. Dal vino sfuso al vino imbottigliato, di maggiore qualità.

“Ci tengo a sottolineare che non esiste oggi alcuna partnership o joint venture tra Cantina di Soave e Cantine Ermes”, precisa il direttore generale di Cantina Soave, Bruno Trentini. A distanza di 12 anni, l’operazione pubblicizzata dalla stessa cantina veneta tramite un apposito comunicato stampa, viene minimizzata: “Si trattava di un semplice accordo commerciale con Cantine Ermes, come tanti stretti con altre aziende”.

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Ais Veneto e Riedel: l’importanza del calice nella degustazione del vino

VENEZIA – I sommelier di AIS Veneto portano a Venezia la tradizione vetraria dell’azienda Riedel con l’evento RIEDEL: il bicchiere, uno strumento di precisione.

In programma per mercoledì 17 gennaio 2018 presso il Novotel Venezia Mestre Castellana, la degustazione ospiterà i vini delle aziende vitivinicole californiane Robert Mondavi e Gallo, e della cantina australiana Penfolds.

La scelta del calice sarà il fulcro del tasting condotto da Georg Riedel, proprietario dell’omonima azienda austriaca che da dieci generazioni è un’autorità nel mondo dell’arte vetraria per la ristorazione e la sommelierie.

Proprio Riedel è colui che, più di trent’anni fa, ha ideato la serie Vinum, prima linea di bicchieri realizzati a macchina pensati per le diverse tipologie di vino. I partecipanti alla degustazione avranno a disposizione tre calici della linea Riedel Veritas realizzati per Cabernet/Merlot, Pinot Nero New World e Syrah Old World.

I tre vini proposti durante il tasting saranno: Napa Valley Cabernet Sauvignon 2013 dell’azienda Robert Mondavi, Bin 128 Coonawarra Shiraz 2014 del produttore Penfolds, e Signature Series Santa Lucia Highlands Pinot Noir 2013 della cantina Gallo. In conclusione, una bollicina “inaspettata”.

“Scopo dell’evento – spiega Gianpaolo Breda, Delegato AIS Veneto della Provincia di Venezia – è quello di analizzare quanto il bicchiere può fare la differenza durante una degustazione. Siamo felici di poter ospitare un’eccellenza in questo campo come Georg Riedel per analizzare uno strumento a cui non sempre il consumatore dà la giusta importanza”.

La degustazione avrà inizio alle 19.45 ed è rivolta prevalentemente ai degustatori ufficiali e al gruppo servizi AIS, dato il carattere formativo dell’evento, ma anche ai soci e ai simpatizzanti. Info e prenotazioni sul sito di AIS Veneto: www.aisveneto.it.


INFO IN BREVE | RIEDEL – Il bicchiere, uno strumento di precisione
Data: mercoledì 17 gennaio 2018
Luogo: Novotel Venezia Mestre Castellana, Mestre (VE), Via Ceccherini, 21
Info: www.aisveneto.it

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vini#1

Metodo Classico Lessini Durello Doc 2008 “60 mesi”, Marcato

E’ il Veneto che non t’aspetti. Quelle delle bollicine “Metodo Classico”. In realtà, il Lessini Durello Doc 2008 “60 mesi” di Marcato, è molto, molto di più.

Uno di quei vini capaci di sorprendere, perché in grado di mettere l’accento a un vitigno. Nel caso specifico la Durella. Mai sentito parlare? Possibile. Prima, però, vi raccontiamo il calice.

LA DEGUSTAZIONE
Il Lessini Durello Doc 2008 “60 mesi” di Marcato veste il calice di un giallo brillante, dorato. Il perlage è fine e persistente, come si addice ai migliori Metodo Classico.

Naso complesso. Una giostra che inizia a girare sui sentori tipici dei lieviti (60 mesi di affinamento non potevano che lasciare questo “segno”, positivo). E dunque croissant, crema pasticcera. Ma anche miele d’acacia e frutta a polpa bianca. Non mancano richiami minerali (su cui poi mette un punto deciso il palato), sbuffi di fiori di campo ed erbe aromatiche.

In bocca, il Lessini Durello 2008 di Marcato entra dritto, su note sorprendenti (proprio perché non esattamente corrispondenti al naso) di agrumi come cedro e lime Ecco i muscoli del Pinot Nero, presente con un 15% in questo matrimonio d’uve con la Durella (85%).

Acidità e mineralità perfettamente in equilibrio, anche quando il sorso assume tutte le caratteristiche che rendono speciale questa etichetta. Il momento in cui la mineralità del terreno vulcanico esce in tutto il suo splendore.

Ottima anche la persistenza di questo vino, in un retrolfattivo che conserva l’eleganza iniziale. Perfetto a tutto pasto (anche per il prezzo interessantissimo, generalmente sotto i 15 euro), il Lessini Durello 2008 di Marcato accompagnare molto bene piatti a base di pesce, ma anche crostacei ed ostriche.

LA VINIFICAZIONE
Le uve di Durella e Pinot Nero crescono nei Comuni di Roncà, Verona e Val d’Alpone, nel cuore della vulcanica Doc Lessini Durello. Vengono raccolte a mano, in piccole cassette. La vinificazione prevede inizialmente una pressatura soffice con fermentazione a temperatura controllata, compresa tra i 14e i 16 gradi.

Fermentazione malolattica completa, prima del taglio per la seconda fermentazione. L’affinamento sui lieviti, come suggerisce il nome stesso di questo spumante Metodo Classico, prevede un minimo 60 mesi. Un procedimento che si compie nelle cave sotterranee della cantina.

La Marcato ha intrapreso dal 2013 un nuovo corso. Gianni Tessari e la sua famiglia (la moglie Anna Maria e le figlie Valeria e Alice) hanno posto l’accento sull’innovazione, modernizzando l’azienda anche dal punto di vista dell’immagine. Ne sono un esempio le etichette, riviste in un’ottica più accattivante rispetto al passato.

L’anno della svolta, però, è il 2016. La Società Agricola Giannitessari riunisce 55 ettari di vigneto, distribuiti in tre Doc (a Roncà per il Lessini, Soave e Sarego per i Colli Berici) e inizia a contare su una moderna cantina di circa 7 mila metri, portando la produzione a 350 mila bottiglie.

Questi i numeri di una realtà in cui Tessari, sotto la stessa firma, affianca alla produzione di Durello Spumante Metodo Classico quella di vini fermi bianchi e rossi (Soave prima di tutti), oltre agli Charmat a base Durella e Garganega.

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Asolo Prosecco: approvate modifiche all’etichettatura

MONTEBELLUNA – L’anno del Consorzio Vini Asolo Montello si chiude con importanti novità nell’ambito dei disciplinari. L’Assemblea dei soci ha infatti approvato alcune variazioni riguardanti le denominazioni della DOC Montello-Colli Asolani e della DOCG Asolo Prosecco.

La prima novità riguarda l’etichettatura dell’Asolo Prosecco Superiore DOCG. A partire dal prossimo anno i produttori potranno scegliere se apporre sui loro prodotti la dicitura di Asolo Prosecco Superiore DOCG o la più semplice Asolo DOCG. Un modo per legare ancora di più il vino con la zona di produzione e con la città dei cento orizzonti.

Aria di cambiamento anche per l’Asolo Prosecco DOCG “Colfondo”, che dal prossimo anno cambierà il suo nome in Asolo Prosecco Superiore DOCG sui lieviti e potrà essere prodotto nella versione Brut Nature o relativi sinonimi.

L’altra importante modifica riguarda invece la DOC Montello-Colli Asolani, che abbrevia la sua denominazione sostituendo la dicitura “Colli Asolani” con quella di “Asolo”. Il marchio di Denominazione di Origine Controllata potrà quindi essere riportato sulle etichette delle bottiglie come DOC Asolo Montello o, a discrezione, DOC Montello Asolo.

Le modifiche sono attualmente in fase di approvazione da parte della Regione. La successiva convalida da parte del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali è prevista nel corso del prossimo anno, in modo che le variazioni siano attuative già dalla vendemmia 2018.

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Anteprima Amarone 2018: 50 anni dal riconoscimento della Doc

VERONA – Almeno due i motivi per non perdersi la prossima Anteprima Amarone 2018, in programma dal 3 al 5 febbraio al Palazzo della Gran Guardia di Verona. Degustare in “anteprima”, appunto, l’annata 2014. E festeggiare i 50 anni dal riconoscimento della Denominazione di origine Valpolicella.

Come di consueto sono tre le giornate in calendario. L’evento inaugurale, sabato 3 febbraio 2018, è chiuso al pubblico e dedicato a stampa e media, dalle ore 9 alle ore 17. Domenica 4 febbraio 2018, Anteprima Amarone apre le porte al pubblico, dalle 10 alle 19 (biglietto di ingresso 40 euro, 35 euro con acquisto online).

L’Anteprima chiude lunedì 5 febbraio 2018, con un altro evento riservato agli operatori di settore, dalle ore 10 alle ore 17 (biglietto di ingresso: 35 euro, 30 euro con acquisto online).

IL BIGLIETTO
Il biglietto d’ingresso sarà presto acquistabile sul sito ufficiale dell’Anteprima Amarone. Comprende la degustazione dei vino presso i banchi d’assaggio delle aziende partecipanti (qui l’elenco delle aziende presenti nel 2017 all’Anteprima 2013) e l’assaggio di prodotti gastronomici nell’area dedicata.

Secondo i dati forniti da Assoenologi, nel 2014 la denominazione che ha tratto il maggior vantaggio dal miglioramento climatico di settembre è stato il Valpolicella.

In particolare è stata una buona annata per l’Amarone, ottenuto da uve d’appassimento, “la cui resa alla raccolta è stata ridotta dal 50% al 35%, con resa uva-vino leggermente sotto la media”. “L’andamento fermentativo – continua Assoenologi – si è svolto in maniera ottimale, aiutato anche dalle temperature ambientali più basse rispetto alle annate precedenti”.

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La Prima del Torcolato con Luca Gardini: Breganze e Bordeaux a confronto

BREGANZE – Un ricco programma attende gli appassionati di vino nel terzo week end di gennaio a Breganze (Vicenza). Da quasi un quarto di secolo infatti, la Doc Breganze celebra in queste date il suo vino più prestigioso con la Prima del Torcolato (giunta quest’anno alla XXIII° edizione).

La Prima di domenica 21 gennaio sarà preceduta sabato 20 alle ore 16.30 dalla Master Class Breganze chiama Bordeaux, un curioso confronto tra quattro Chateaux francesi e quattro vini della DOC Breganze ottenuti da vitigni internazionali.

La degustazione, aperta al pubblico, sarà condotta da Luca Gardini, Miglior Sommelier del Mondo del 2010. Curatore della rubrica vino per GazzaGolosa su Gazzetta dello Sport e della guida vini del Corriere della Sera con Luciano Ferraro, è il promotore insieme ad Andrea Grignaffini del Biwa, il Best Italian Wine Awards.

Domenica 21 sarà invece interamente dedicata alla celebrazione del Torcolato. Al mattino e nel pomeriggio nelle diverse aziende del Consorzio i visitatori potranno partecipare al Fruttaio Tour – Scopri come e dove nasce il Torcolato dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 17.00 alle 19.00.

Dalle ore 14.30, nella piazza centrale del paese, si svolgerà la Cerimonia di investitura dei nuovi confratelli della Magnifica Fraglia del Torcolato e la coreografica torchiatura dei primi grappoli appassiti di uva Vespaiola conferiti da tutte le cantine del Consorzio. I più fortunati potranno assaggiare il mosto appena spremuto.

Per tutti sarà invece possibile degustare il torcolato nelle casette del Consorzio Tutela e acquistare i prodotti tipici della Strada del Torcolato. Anche quest’anno, verrà riproposta l’iniziativa Brindisi in campanile: a piccoli gruppi, si potrà salire sulla cima della Torre Diedo, uno dei campanili più alti del Veneto, e assaggiare un calice di Torcolato godendosi la vista sulle colline circostanti. Info e prenotazioni: www.stradadeltorcolato.it – mail: stradadeltorcolato@gmail.com – Tel/Fax 0445 300595


Prima del Torcolato in breve:
Quando: domenica 21 gennaio 2018
Dove: Piazza Mazzini – Breganze (VI)
Orario Fruttaio Tour: dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 17.00 alle 19.00
Orario Cerimonia: ore 14.30
Parcheggio: gratuito

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Prosecco business: uve Glera dalla Sicilia contro le gelate

PALERMO – A cosa servono 400 quintali di uve Glera provenienti dalla Sicilia a un “grande gruppo vitivinicolo veneto”? La risposta sembra scontata, dopo una vendemmia segnata dalle gelate di aprile.

Ad ammettere la trattativa, andata in porto per 95 euro al quintale, è V.R., produttore palermitano rintracciato nel pomeriggio, in esclusiva, da vinialsupermercato.it.

“Nelle mie vigne – dichiara il viticoltore della provincia di Palermo, a cui garantiamo l’anonimato – riusciamo ad anticipare di molto la raccolta di uve Glera, ottenendo profumi eccezionali: cose che in Veneto, nella zona del Prosecco, possono solo sognare! Per di più con percentuali residuali zuccherine pari a zero”.

L’inchiesta di vinialsuper prende spunto da un annuncio pubblicato dal sito web Uvaevino.it, rilanciato in giornata sui social da un produttore veneto. Un portale “interamente dedicato al commercio di uva e svino sfuso tra le aziende agricole, imbottigliatori, viticoltori, enoteche eccetera”.

Il sito funge da intermediario (con commissione a pagamento) per la regione Toscana. Ma offre spazi gratuiti di domanda e offerta per gli utenti residenti nelle altre regioni italiane. Un vero e proprio servizio gratuito, tout court.

I DETTAGLI
Tra le offerte di vino sfuso della regione Sicilia si scorgono Nero d’Avola, Catarratto, Viognier. Ma anche quella di Glera Igt da 12%, annata 2016, prodotta nella zona di Palermo. Il prezzo è di 100 euro ad ettolitro, con una disponibilità massima di 300 ettolitri. L’annuncio risale al 14 agosto e non è l’unico inserito da V.R., che nella zona di Palermo alleva 2,5 ettari di Glera, in vigneti di proprietà che assicura essere “fantastici”.

Arriviamo a lui, con tanto di numero di cellulare, grazie all’impiegata del sito Uvaevino.it, che ci risponde dalla Toscana, più esattamente dagli uffici di Grosseto. Ci fingiamo interessati all’acquisto del vino sfuso. Il gioco è fatto.

Il cellulare di V.R. squilla, il produttore risponde, ma rimanda la telefonata di qualche minuto. Richiamiamo e raccogliamo la testimonianza. “Non vi direi a chi ho venduto la Glera nemmeno se mi metteste 100 mila euro sulla scrivania”, incalza.

Ma è chiaro che si tratti di una delle “big” che in Veneto producono Prosecco. “Non c’è nulla di cui sorprendersi – commenta la nostra fonte – basta piuttosto farsi due conti e pensare alle conseguenze delle gelate. D’altro canto c’è una crisi che fa paura attorno al vino in bottiglia: in cantina ho 40 mila bottiglie invendute. Vinificare, qui da me, costa 40 euro al quintale. Imbottigliare ed etichettare circa 2,20 euro a bottiglia. Ecco perché si ricorre alla vendita dello sfuso”.

L’annuncio, tuttora online su Uvaevino.it, riguarda infatti il vino, non le uve. Quelle, il vignaiolo siciliano, le ha “già vendute tutte a settembre”. “E si trattava interamente di uve raccolte a mano nei nostri vigneti”, precisa V.R.. “Da parte nostra – aggiunge il produttore palermitano – siamo a posto con la coscienza. Abbiamo venduto con tutte le certificazioni. Poi ognuno è libero di farci quello che vuole con le uve, in Veneto come in altre regioni”.

LA PROSECCO MANIA
Secondo i dati di Assoenologi, in Veneto e Friuli Venezia Giulia (le due regioni dove vengono prodotte uve Glera assieme alla Sicilia, che le annovera nelle Igt Avola, Camarro, Salina, Valle Belice e Terre Siciliane) si è registrato nel 2017 un calo tra il 15 e il 20% rispetto alla vendemmia 2016.

Un “buco” che ha rischiato di far impennare i costi delle uve atte alla produzione di Prosecco, nonché dello sfuso. Secondo i dati della Camera di Commercio locale, i prezzi per il vino “base” si aggirano attorno ai 2 euro al litro per la Doc.

Cifre che salgono a 2,40 per la Docg Asolo e a 2,80 per la Docg Conegliano Valdobbiadene. Nel 2008, la Glera si acquistava invece per 50 centesimi al Chilo. Quattrocentodieci i milioni di “pezzi Doc” imbottigliati nel 2016, con una previsione di 450 milioni entro fine anno, forte delle vendite in crescita nel primo semestre 2017 (+8%).

L’obiettivo, dalle parti di Treviso, è quello di arrivare a 500 milioni di bottiglie entro la fine del 2018. Tradotto: mezzo miliardo. Seguono a ruota le Denominazioni di origine controllata e garantita: 90 milioni per il Prosecco di Valdobbiadene e 9 milioni per la “piccola” Asolo. Un business che fa gola a molti.

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I migliori assaggi al Merano Wine Festival 2017

Due giorni di degustazioni al Merano Wine Festival 2017. E l’imbarazzo della scelta nello stilare una “classifica” dei migliori assaggi. Si è chiusa martedì pomeriggio in grande stile, al Kurhaus, con Catwalk Champagne (100 etichette di 40 aziende francesi tra le più note e prestigiose) l’edizione 2017 del “salotto bene” del vino italiano.

Organizzazione pressoché impeccabile nelle varie location che hanno ospitato il ricco calendario di eventi. Tanti professionisti, pochi curiosi. Biglietti da visita che finiscono in poche ore, tra un assaggio e l’altro.

Perché il Wine Festival di Helmuth Köcher, per il vino italiano, sta al business quasi quanto il Prowein di Dusseldorf. Per le sale, a caccia di “chicche”, tanto importatori, distributori ed enotecari quanto buyer della Gdo (segnalata la presenza, tra gli altri, dell’attento buyer di Coop).

Peraltro, con un occhio alla sostenibilità delle pratiche agricole in vigna, visto l’ampio spazio dedicato ai vini naturali, biologici, biodinamici e Piwi dall’evento d’apertura “Bio&Dynamica”. Una classifica, quella dei migliori vini degustati al Merano Wine Festival 2017 da vinialsuper, che tiene conto anche di questo aspetto.

I MIGLIORI SPUMANTI
1) Riserva Extra Brut Alto Adige Doc 2011 “1919”, Kettmeir. Sul podio una bollicina altoatesina da vertigini. A produrla è Kettmeir, azienda del gruppo vinicolo Santa Margherita di stanza in via Cantine 4, a Caldaro.

Sessanta ettari complessivi, per una produzione che si aggira attorno alle 400 mila bottiglie: 120 mila sono di spumante, di cui 70 mila metodo classico. Il progetto, come spiega l’enologo Josef Romen, è quello di incrementare ulteriormente gli sparkling nei prossimi anni, “senza perdere territorialità”.

Naso fine ed elegante per la Riserva Extra Brut 2011 “1919”, tra il candito d’arancia e l’arnica. Il blend di Chardonnay (60%) e Pinot Nero (40%) funziona, al palato, al ritmo di una bollicina che esalta nuovamente note d’agrumi, questa volta in grado di ricordare la buccia del lime. E una balsamicità tendente alla spezia.

Il Pinot Nero, raccolto in un vigneto circondato dai boschi, a 700 metri sul livello del mare, ci mette i muscoli e la “zappa” sulla lingua. Lo Chardonnay la cravatta e il savoir-faire. Immaginate una Ricola buttata in un bicchiere d’acqua e sale: eccolo lì, questo tagliente Extra Brut. Sul gradino più alto del podio. “E’ una prova – chiosa Romen – per capire fino a dove possiamo arrivare”. Di questa cantina se ne sentirà parlare bene e a lungo. Purché si decida a cambiare colore alla Riserva in questione: sembra quella di uno spumante rosè.

2) Blanc de Blanc Extra Brut Franciacorta Docg 2011 “Elite”, Mirabella. Interessante realtà della Franciacorta “alternativa”, la cantina Mirabella. Si presenta ai banchi di Merano con un “Senza Solfiti” che ti sfida sin dall’etichetta, essenziale ma pretenziosa, con quel nome di fantasia che chiama i tempi dei cavalieri. Ma è una dama dalla chioma bionda, l’export manager Marta Poli, a servire la sfida nel calice.

Sboccatura 2016, 48 mesi sui lieviti per questo Chardonnay in purezza. “Elite” si presenta di un giallo invitante. Al naso crema pasticcera, burro, arancia candita, liquirizia. Palato pieno, secco, corrispondente nei sentori. Chiusura di gran pulizia su una bocca di pompelmo, prima del nuovo capolino della crema pasticcera. A colpire è l’evoluzione di questo spumante nel calice, sensibilissimo alle temperature di servizio.

Gioca col termometro questo figlio della Franciacorta che avanza, giovane e dinamica. Scaldandosi, libera note di erbe aromatiche e di macchia mediterranea. E la crema pasticcera, mista a quella speziatura dolce di liquirizia, diventa crème brûlée: la parte alta, quella col caramello elegantemente bruciacchiato. Chapeau.

Aggiungi al curriculum che si tratta di un “Senza Solfiti” (fra 3 e 6 mg/l). Che è il frutto di 10 anni di sperimentazioni da cui sono scaturite quatto tesi universitarie. Che è il “primo metodo classico italiano Docg senza solfiti e senza allergeni”. E il quadro è davvero completo.

3) Alto Adige Doc Extra Brut 2012 “Cuvée Marianna”, Arunda. Sessanta mesi sui lieviti per questo metodo classico altoatesino della nota casa di Molten (Meltina, BZ), 4 g/l di dosaggio: 80% Chardonnay elaborato al 100% in barrique (dal primo al quinto passaggio), più un 20% di Pinot Nero vinificato in bianco, che fa solo acciaio.

Vini base da Terlano e Salorno, vendemmie 2009, 2010 e 2011. E’ lo sparkling dedicato a “Marianna”, moglie di Joseph Reiterer: i due decidono assieme come bilanciare la cuvée, prima di metterla in commercio. Cinque, massimo 6 mila bottiglia totali.

Giallo dorato nel calice, naso di frutta a polpa gialla (albicocca non matura), lime, bergamotto. Non manca una vena balsamica, che porta il naso tra le montagne: in particolare ai sentori mentolati tipici dei semi dell’angelica. Una gran freschezza, insomma, che al palato si tramuta in un gran carattere: buccia di arancia, ricordi di menta, una punta di liquirizia.

Piacevolmente tagliente il gioco tra l’acidità e la sapidità spinta. Poi, d’un tratto, “Cuvée Marianna” sembra ammorbidirsi: siamo tra il finale e il retro olfattivo, che assume tinte di vaniglia bourbon. Un signor spumante, dal rapporto qualità prezzo eccezionale.

Segnalazioni
Bianco dell’Emilia Igt Frizzante Secco 2016 “L’Ancestrale nativo”, Terraquila:
Sboccatura à la volée per questo frizzante di Terraquila. Siamo in Emilia Romagna, per un blend di Pignoletto e Trebbiano che non può mancare nella cantina degli amanti dei vini dritti, diretti, “salati”.

Moscato Giallo Igt Veneto 2016, Maeli: Vino frizzante dei Colli Euganei, più esattamente ottenuto sui Colli di Luvigliano, tra le Dolomiti e Venezia. Una realtà, Maeli, che punta tutto sul Fior d’Arancio, nome locale del Moscato Giallo che, nell’occasione, si presenta in un calice capace di sfoderare note sulfuree, di grafite e fruttate di nettarina matura. Corrispondente al palato, tra il sale e la frutta.

VINI BIANCHI
1) Vigneti delle Dolomiti Igt 2008 “Julian”, Weingut Lieselehof. E’ l’edizione del Merano Wine Festival che segnerà la definitiva consacrazione sul mercato di molti vini Piwi, acronimo di Pilzwiderstandfähig, riferito alle “viti resistenti” a malattie come oidio, peronospora e botrite, tutte originate da funghi.

Weingut Lieselehof, cantina della famiglia Werner Morandell situata a Caldaro, in Alto Adige, è all’avanguardia da questo punto di vista. E sul podio dei vini bianchi di viniasuper finisce proprio “Julian”, vendemmia 2008: un blend tra due varietà Piwi qualità hyperbio: Bronner (60%) e Johanniter (40%).

Se il Bronner, per certi versi, ricorda lo Chardonnay, è il Johanniter a dare l’impronta (soprattutto olfattiva, ma anche gustativa) del Riesling. Un sinonimo di longevità che ritroviamo appunto anche nella degustazione del blend Julian, straordinariamente vivo. A partire dal colore: un giallo dorato stupendo.

Alle note di idrocarburo fanno eco richiami di erbe di montagna, camomilla e miele. Di primo acchito, al naso, questo bianco di casa Lieselehof sembra aver fatto barrique. In realtà è solo chiuso e necessita tempo per aprirsi, scaldandosi un poco tra le mani.

Acidità ancora viva (rinvigorita da ricordi di agrumi come il pompelmo, ingentiliti da quelli della pesca matura) per un vino destinato a durare ancora a lungo nel tempo. Lungo il retro olfattivo, tutto giocato sul rincorrersi di freschi sentori di erbe mediche.

2) Secondo posto nella nostra speciale classifica per due vini, pari merito. Li elenchiamo in ordine di assaggio. Il primo è il Grillo Terre Siciliane Igt Canaddunaschi 2016, della Società agricola Le sette Aje di Cannata Rosalia e S.lle. Biodinamico non certificato per questa piccola cantina di Santa Margherita di Belice, in provincia di Agrigento, che utilizza i principi dell’omeopatia in vigna, sottoponendo le piante a veri e propri “vaccini” contro le malattie.

Una realtà tutta al femminile, presa sotto l’ala “protettiva” da una delle donne del vino simbolo della regione: Marilena Barbera, presso la quale avviene la vinificazione delle uve Grillo de Le Sette Aje, in vasche d’acciaio di proprietà. Il risultato è eccezionale. Tremilacinquecento bottiglie in totale per l’annata 2016. Qualcuna di più per la 2017.

Giallo dorato ammaliante e naso intrigante, tutto giocato sulle erbe aromatiche. Macchia mediterranea in primo piano, ma anche mentuccia. In bocca è una vera e propria esplosione: un Grillo pieno, ricco, carico, caldo: corrispondente al naso per le sensazioni che conferiscono una freschezza e un corpo da campione, assieme a una bilanciata sapidità.

Chiude lungo, riuscendo a sorprendere ancora nello sfoderare inattese note di burro e crema pasticcera. Un contrasto interessantissimo tra le durezze e le morbidezze, che regala un sorso unico. A 15 euro circa (al consumatore) uno dei migliori bianchi in circolazione in Italia, per l’annata 2016.

Gli mettiamo accanto un altro vino difficile da dimenticare. Per farlo saliamo dalla Sicilia alla Campania. Raggiungiamo il beneventano per il racconto della Falanghina 2016 “Donnalaura” di Masseria Frattasi. Siamo nella terra d’elezione della Falangina, a Montesarchio, dove la cantina coltiva il biotipo campano e un altro clone, ancora più raro, dotato di una vena acida ulteriormente accentuata. Siamo poco sotto i 920 metri sul livello del mare, per un vino estremo, di “montagna”.

Donna Laura è la nonna di Pasquale Clemente, patron di Masseria Frattasi a cui è dedicato questo bianco dalle caratteristiche uniche. Si tratta infatti di una Falanghina da vendemmia tardiva. Le uve restano sulla pianta fino al 15 novembre, concentrando così zuccheri e aromi. Vengono poi vinificate in acciaio e, prima dell’imbottigliamento, passano 6 mesi in barrique nuove di rovere francese.

Una scommessa perfettamente riuscita quella di compensare con la concentrazione su pianta la vena tipicamente acida della Falanghina. Il risultato è un vino che si presenta di un giallo paglierino molto carico. Naso eccezionalmente fine e “montano”: arnica, resina di pino, liquirizia, una lieve nota dolciastra che ricorda per certi versi quelle della veneta Glera e un richiamo sottile di vaniglia, assimilabile al legno della barrique.

In bocca, l’ingresso è di quelli tipici dell’uvaggio: caldo, acido, quasi tagliente. Una sensazione accentuata dal sollevarsi delle note balsamiche già percepite al naso, che rinfrescano ulteriormente il sorso. Grande lunghezza per un retro olfattivo che fa emergere note delicate di surmaturazione, con ricordi di miele d’eucalipto.

3) Frühroter Veltliner 2015, Schmelzer Weingut. Ci spostiamo in Austria per questo “orange” capace di regalare vere e proprie emozioni. Più esattamente a Gols, piccolo Comune a sud est di Vienna, non lontano dai confini con Slovacchia e Ungheria.

Il vitigno in considerazione è il Frühroter Veltliner, autoctono austriaco nato dall’incrocio spontaneo tra Grüner Sylvaner (Silvaner verde) e Roter Veltliner (Veltliner Rosso). Solo una delle ottime etichette prodotte da Georg ed Elisabeth Schmelzer, in stretto regime biodinamico.

Cinque settimane di fermentazione in barrique di rovere aperte, con batonnage due volte al giorno. Il succo viene poi trasferito in altre barrique, a riposare per un anno. Quindi, il Frühroter Veltliner di Schmelzer viene imbottigliato. Ne risulta un orange velato, che sprigiona sentori pieni, intensi, di zenzero e arancia candita, ma anche di frutta tropicale matura: ananas, papaya.

Bocca corrispondente, ma con bella vena sapida: le note agrumate dominano il palato, ben bilanciate da quelle dolci, esotiche. Un vino gastronomico di grande interesse. Rimanendo tra i “bianchi” di casa Schmelzer, ottimo anche il Gruner 2016, con le sue note di fiori secchi e una vena sapida, rude.

4) Trentino Doc Gewurztraminer 2016, Cantina Endrizzi. Medaglia di “legno” per il coraggio di questa cantina di San Michele all’Adige. Capace di andare controcorrente, proponendo sul mercato un Gewurztraminer dal taglio serio, senza la stucchevolezza “piaciona” in voga tra i tanti competitor (grandi nomi compresi). Per di più, il rapporto qualità prezzo è eccezionale.

E’ ottenuto dai vigneti Masetto e Maso Kinderleit, situati in zona collinare, attorno alla cittadina della provincia di Trento. Un Gewurz, quello di Endrizzi, che conserva tutta l’aromaticità tipica del vitigno, svestita di qualsiasi risvolto pacchiano. Gran pienezza in un sorso che risulta caldo, visti i 14 gradi, tutti di “sostanza”, quasi di “materia tattile”, e non della morbida lascivia dello zucchero. Un bianco che non stanca mai.

Segnalazioni
Langhe Doc Nascetta 2013 “Se'” e 2016, Poderi Cellario: le potenzialità di “invecchiamento” dell’autoctono piemontese sono evidenti nella mini verticale proposta da Fausto Cellario, appassionato vignaiolo che sa trasmettere entusiasmo e amore per la propria terra;

Bianco fermo 2016 “89-90”, La Piotta: si discosta in maniera elegante dalla media dei vini bianchi passati in barrique questo vino bio e vegan dell’Azienda Agricola La Piotta. Utilizzo ineccepibile del legno sullo Chardonnay, a smorzare le asperità del Riesling. Luca Padroggi è un giovane che farà parlare (bene) dell’Oltrepò pavese, a lungo.

Lugana Dop Bio 2016, Perla del Garda: “Cru” di 4 ettari per dare vita a una Lugana potente, tanto piena e intensa quanto fine, con fresche note di mentuccia ad accostare la vena tipicamente sapida.

Vernaccia di San Gimignano Docg 2016, Fattoria di Pancole: Come molte delle aziende presenti al Merano Wine Festival 2017, Fattoria di Pancole fa Gdo (per l’esattezza con Conad in Toscana, 25 mila bottiglie l’anno). Si presenta al banco con la Vernaccia top di gamma, capace di esaltare appieno le caratteristiche del vitigno, presentando ottimi margini di affinamento futuro.

Igt Marche Bianco 2016 “Corniale”, Conventino: Non poteva mancare la segnalazione di un vino bianco quotidiano. Per farlo voliamo nella zona Nord delle Marche, da Conventino. Siamo a Monteciccardo, in provincia di Pesaro e Urbino. Semplice ma tutt’altro che banale il suo Corniale 2016. Acidità al rintocco di sentori di kiwi, mela verde, lime e pompelmo, ben calibrati con una bocca beverina, giustamente sapida. Davvero un bell’Incrocio Bruni 54.


VINI ROSSI
1) Beneventano Igt Aglianico 2015 “Kapnios”, Masseria Frattasi. Di nuovo questa straordinaria cantina campana sul podio del Merano Wine Festiaval 2017 di vinialsuper. Il miglior rosso è ottenuto da uve Aglianico amaro del Taburno in purezza, allevate nella zona di Montesarchio, Tocco e Bonea, a un’altitudine compresa tra i 500 e i 600 metri sul livello del mare.

Le uve, raccolte a metà novembre, vengono appassite in due modi: in parte appese e in parte su graticci, all’interno di un piccolo caseggiato coperto da tegole di terracotta. Passaggio in rovere nuovo, prima dell’ulteriore affinamento in bottiglia, per un anno.

Ne scaturisce un vino dal rosso rubino intrigante, sgargiante. Il naso è di quelli che ti fanno innamorare del bordo del calice: piccoli frutti a bacca rossa e nera, erbe di montagna, ginepro, miele d’eucalipto. Un’infinità di sentori, pronti a spuntare di minuto in minuto. E il palato non delude: caldo, esageratamente pieno, di frutta fragrante e liquirizia dolce, ma anche di caffé tostato. Un vino di cui innamorarsi.

Straordinario – ancor di più in ottica futura – anche il Cabernet Sauvignon 2015 “Kylyx” di Masseria Frattasi. Viti appositamente innestate su portinnesto debole: se ne portano in cantina solo 2 grappoli. Mille bottiglie in totale per la vendemmia 2015 (2016 non prodotto).

Acciaio prima e barrique di rovere francese poi (14 mesi) per questo Cab ottenuto dal recupero di un terreno abbandonato, circondato dal bosco. Naso che esalta appieno le caratteristiche del vitigno, con la sua vena sia vegetale sia piccante. Tannini e acidità di immensa prospettiva, ben corroborati da una mineralità unica.

2) Alto Adige Doc Pinot Nero 2007 “Villa Nigra”, Colterenzio Schreckbichl. Cornell è la linea dei “cru” di cantina Colterenzio, dalla quale peschiamo l’argento della nostra speciale classifica dei migliori vini degustati al Merano Wine Festival. In particolare, a colpire, è il Pinot Nero vendemmia 2007 ottenuto – come tutti i vini della “Selezione” Schreckbichl (Colterenzio) – da vigneti che godono di particolari condizioni d’eccellenza: altitudine di 400 metri, esposizione a sud ovest su terreni ghiaiosi e calcarei di origine morenica, con microclima fresco. Resa di 35 ettolitri per ettaro.

Nel calice, il Pinot Nero 2007 di Colterenzio di presenta ancora come un giovincello: il classico rubino di buona trasparenza, tipico del re degli uvaggi altoatesini a bacca rossa. Un naso finissimo di mirtillo e fragolina di bosco, ma anche di ciliegia, con una punta leggerissima di pepe, anticipa sentori più evoluti tendenti al dolce (miele d’acacia), senza mai trascinare il quadro olfattivo in disomogenee percezioni di marmellata.

Nel calice c’è il bosco. E lo si capisce anche dai richiami “vegetali” al muschio e alla menta. In bocca, questo Pinot Nero è più che corrispondente: la spalla acida è ancora muscolosa, il tannino levigato ma ancora in grado di dire la sua. A completare il quadro, richiami minerali salini che contribuiscono a chiamare il sorso successivo. Beva eccezionale per questo vino che ha ancora davanti diversi anni sulla cresta dell’onda.

3) Vigneti delle Dolomiti Igt Teroldego 2012 “Gran Masetto”, Cantina Endrizzi. Conquista il podio, dopo la medaglia di “legno” tra i vini bianchi, Cantina Endrizzi con il suo prodotto di punta: un Teroldego fatto alla maniera dell’Amarone, col 50% delle uve diraspate e sottoposte per circa tre mesi ad appassimento in celle refrigerate, alla temperatura di 10 gradi.

Uve raccolte nello storico vigneto di Masetto, tra i Comuni di Mezzolombardo e Mezzocorona, in provincia di Trento. Il risultato è un vero e proprio Teroldego alla seconda. Colore rosso purpureo, impenetrabile. Naso tipico, rinvigorito dai sentori affascinanti del parziale appassimento, che non coprono la fragranza della ciliegia e della prugna per il quale si fa apprezzare il re dei vini rossi trentini.

Grande pulizia ed eleganza anche in un palato corrispondente, arricchito da preziosi richiami di polvere di cacao. Un vino che fa venir voglia d’aver davanti un piatto di selvaggina. O, perché no? Un buon libro.

Segnalazioni
Toscana Igt “Argena”, Orlandini Aziende Agricole Forestali (verticale). In degustazione le annate 2000, 2001, 2003, 2004, 2005 e 2006. Un vino unico, prodotto dalla famiglia Orlandini da un vecchio vigneto di Sangiovese con piccole quantità di Cabernet Sauvignon. Un microclima particolare, circondato da boschi, sulle colline situate tra il Castello di Gargonza ed il Castello del Calcione, a metà tra Arezzo e Siena.

Tutte le annate di Argena conservano le caratteristiche dell’annata, a riprova del metodo col quale opera la famiglia Orlandini, che non ama “uniformare” al gusto comune i propri gioielli. Anzi. Tra tutte le etichette, segnaliamo quelle di Argena 2004 e 2005: “nasi” pregevoli, tra la frutta (ciliegia) e la macchia mediterranea (rosmarino) e sapore armonico, corroborato da tannini tutt’altro che mansueti.

Barbera d’Alba Doc Superiore 2015 Vigna Serraboella, Rivetti Massimo. Siamo a Neive, in provincia di Cuneo, Piemonte. L’azienda agricola Massimo Rivetti sfodera due Barbaresco 2013 diversi ma ugualmente meritevoli di attenzione: il primo, Froi, è di “easy” e di “pronta beva”; il secondo, “Serraboella”, ottenuto da un cru sulla stessa collina di “Froi”, è incredibilmente fine e presenta tannino e acidità di gran prospettiva.

Ma è l’outsider Barbera d’Alba Superiore 2015 “Serraboella” a fare davvero centro nel cuore. Si tratta di una selezione ottenuta da una singola vigna di 75 anni, la più vecchia dell’azienda, nel cru “Serraboella”. Due anni in barrique di rovere francese 1/3 nuove e 2/3 di secondo passaggio. Naso da campione, tra il frutto rosso e la liquirizia dolce, con un accenno di cuoio e un sottofondo di erbe di montagna. Corrispondente al palato, dove si conferma una Barbera destinata ad essere molto longeva.

Zweigelt 2015, Schmelzer Weingut. Abbiamo già incontrato questa cantina austriaca tra i migliori vini bianchi. Tra tutti i vini proposti in degustazione, a colpire c’è anche un rosso: lo Zweigelt. Si tratta di un incrocio tra St. Laurent con il Blaufränkisch, noto anche con il nome di Blauer Zweigelt, Rotburger e Zweigeltrebe.

In sintesi? Un vino da provare, destinato al pubblico (sempre più vasto) degli amanti dei vini naturali. Colore rosso rubino poco trasparente, ovviamente velato, trattandosi di un non filtrato. Alle note di piccoli frutti a bacca rossa, risponde al naso una vena di iodio che ritroveremo al palato: more mature, ribes nero maturo, una nota amarognola tipica di erbe come il rabarbaro. Tannino vigoroso, sapidità straordinariamente bilanciata col resto dei descrittori. Un “vino wow”.

Nebbiolo d’Alba “Il Donato”, La Torricella di Diego Pressenda. Vino di grande prospettiva questo Nebbiolo prodotto a Monforte d’Alba da La Torricella. Frutti rossi, frutta secca, pepe, tabacco dolce. Tannino equlibrato, ma in chiara evoluzione. Ottimo anche il Barolo 2013.

PASSITI E VINO COTTO
1) Bronner “Sweet Claire”, Weingut Lieselehof. Si tratta di un passito da Bronner, vitigno Piwi di qualità hyperbio. E siamo sempre in casa Lieselehof, già premiata tra i bianchi per lo strepitoso “Julian 2008”.

In questo caso, uve Bronner in purezza essiccate in inverno e pressate a febbraio. Giallo oro luccicante, note di agrumi (lime e limone), pesca e albicocca sciroppata, una punta di idrocarburo. In bocca c’è corrispondenza, arricchita ulteriormente dalla freschezza di note di menta piperita pressata, quasi concentrata. Stra-or-di-na-rio.

2) Erbaluce di Caluso Doc Passito 2009 “Alladium”, Cieck. Cieck è sinonimo di Erbaluce di Caluso, uno dei grandi vini bianchi piemontesi, capaci di prestarsi a un ottimo invecchiamento. Sul podio di vinialsuper finisce nella categoria passiti con “Alladium”. Deliziosamente avvolgente al naso, con le sue note agrumate e candite. Caldo e freddo allo stesso tempo, come quando si mette il naso nel talco. Corrispondente al palato, con un finale fresco.

3) Vino Cotto Stravecchio “Occhio di Gallo”, Cantina Tiberi David. Vera e propria “chicca” al Merano Wine Festival 2017, prossimamente tra i banchi del Mercato dei Vini e dei Vignaioli Fivi 2017. Parliamo della cantina Tiberi David di Loro Piceno (MC), patria del “vino cotto”, localmente chiamato “lu vi cottu”.

Un vino dalle origini nobili, che questa bella realtà a conduzione famigliare (nella foto sopra Emanuela Tiberi con il figlio Daniele Fortuna) è riuscita a far apprezzare nei salotti del Kurahus, con la stessa genuinità del prodotto. Tipico colore “occhio di gallo” (ambra) nel calice per le annate 2003 e 2005, ottenute dalla “cottura” di uve Verdicchio, Trebbiano, Montepulciano e Sangiovese.

Grande complessità in un naso e in un palato corrispondenti, con note di frutta passita e spezie calde. Perfetto accompagnamento per una vasta gamma di dessert, ma anche per i formaggi.

Fotogallery dei migliori assaggi al Merano Wine Festival 2017, compresi fuori classifica

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Maculan, ecco il panettone al Torcolato

L’azienda vinicola Maculan di Breganze (Vicenza) lancia il suo Panettone al Torcolato per il Natale 2017. Una ricetta unica, studiata per esaltare gli aromi del vino ed evitarne l’evaporazione.

Il segreto è nell’uvetta: immersa nel Torcolato per lungo tempo, riesce a sprigionare gli aromi quand’è il momento di gustarlo. La lunga lievitazione, la cottura attenta, il lento riposo di raffreddamento dopo l’uscita dal forno ma soprattutto l’aggiunta del Torcolato, sono passaggi che consentono al lievitato di essere leggero, soffice e ricco nel gusto.

Il Torcolato Breganze DOC è un vino dolce prodotto con la Vespaiola, una varietà autoctona di Breganze, i cui grappoli vengono messi da parte e attorcigliati con degli spaghi (da cui il nome: attorcigliato, intorcolato) per essere appesi alle travi delle soffitte per almeno cinque mesi.

Ad appassimento terminato, le uve vengono pressate con un torchio fino a dare un succo a bassissima resa, denso e dolce. Dopo cento giorni di fermentazione il vino presenta ancora un sostenuto residuo zuccherino, circa 150 g/l. Segue un anno di affinamento in piccole botti in legno di rovere o di acacia e una sosta in bottiglia.

Per la preparazione del dolce natalizio, quest’anno è stata scelta l’annata 2012, una vendemmia fortunata, che ha dato un vino particolarmente ricco di sostanze aromatiche. Durante la lavorazione l’uvetta è immersa in una bagna speciale a base di Torcolato (50 ml per ogni chilogrammo di panettone) per preservarne i profumi fino al momento dell’assaggio: è questo che lo rende così buono.

“L’uvetta – rivela Fausto Maculan – è il cavallo di Troia che porta il Torcolato al consumatore, evitando la sua evaporazione nel forno e diventando così il testimone dell’operazione. Oltre a questo l’uso degli aromi è misurato e delicato in modo da non sormontare quelli del vino che noi consigliamo vivamente in abbinamento al panettone”.

Il Panettone al Torcolato è un prodotto della tradizione della casa vinicola, nato nel 2000 dall’incontro con Sonia e Dario Loison della pasticceria Loison di Costabissara. É consigliato gustarlo ad una temperatura non troppo bassa, ideale tra i 25 e i 30 gradi centigradi, per assaporare pienamente gli aromi che sprigiona il Torcolato.

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