Categorie
news news ed eventi Vini al supermercato

Il vino Fragolino è legale o illegale? Cosa ci vendono i supermercati

Il vino Fragolino è legale Cosa ci vendono i supermercati. Sveliamo come viene prodotta la nota bevanda, in commercio anche in Gdo
Il vino Fragolino è legale o illegale? Cosa ci vendono i supermercati? Il Fragolino, vino aromatico e dolce a base di uva fragola – nota anche come uva americana o Vitis labrusca – è soggetto a restrizioni in molti paesi dell’Unione Europea, inclusa l’Italia. Queste restrizioni non derivano tanto dalla pericolosità del prodotto, quanto da normative specifiche sulla vinificazione e l’uso di certe varietà di vite.

PERCHÈ IL FRAGOLINO È CONSIDERATO ILLEGALE?

  1. Tipologia di uva: L’uva fragola appartiene alla specie Vitis labrusca, diversa dalla Vitis vinifera, che è la specie più comunemente usata per la produzione di vini in Europa. Le normative dell’UE vietano la produzione di vino da Vitis labrusca per motivi legati alla tradizione enologica europea e alla protezione delle varietà autoctone.
  2. Produzione di metanolo: L’uva fragola produce una quantità leggermente più alta di metanolo durante il processo di fermentazione rispetto alla Vitis vinifera. Sebbene le quantità siano generalmente sicure per il consumo umano, questo aspetto è stato utilizzato come giustificazione per limitarne la produzione commerciale.
  3. Denominazioni protette: Le normative UE vietano la vendita di prodotti etichettati come “vino” se non provengono da varietà di vite autorizzate. Questo significa che il Fragolino non può essere commercializzato legalmente come vino, anche se è possibile produrlo e consumarlo a livello privato.

DOVE È LEGALE IL FRAGOLINO E COME SI CONSUMA

  • Produzione casalinga: In Italia, è legale produrre il Fragolino per uso personale, ma non è permessa la vendita commerciale.
  • Versioni commerciali: Alcuni prodotti chiamati “Fragolino” sono in realtà bevande aromatizzate che imitano il sapore del Fragolino ma non sono ottenuti dalla fermentazione dell’uva fragola.
  • Fuori dall’UE: In alcuni paesi extraeuropei, come gli Stati Uniti, l’uva fragola è usata senza restrizioni nella vinificazione.

Dunque, il vino Fragolino è legale o illegale? La risposta, in sintesi, è che il Fragolino non è propriamente “illegale”. Ma la sua produzione e commercializzazione (con questo nome, anche nei supermercati) sono fortemente limitate da normative vinicole specifiche. La prima regola, se lo si acquista in Gdo, è dunque quella di non aspettarsi propriamente un vino, bensì una bevanda aromatizzata che imita il sapore dell’originale, non vendibile al pubblico nella grande distribuzione. Un esempio su tutti? Il Fragolino Duchessa Lia distribuito, tra gli altri, nei supermercati Carrefour a 4,65 euro a bottiglia. Luca Maroni 92 punti al Fragolino di Aldi (che non è un vino)

Categorie
Food Lifestyle & Travel

Il caffè delle Isole Canarie: 200 anni di storia nella Valle di Agaete di Gran Canaria

Le Isole Canarie sono uno scrigno di biodiversità che nel corso dei secoli si è arricchito di nuove coltivazioni, come quella del caffè. Una produzione relativamente recente. Duecento anni di storia, rendono l’arcipelago il produttore di caffè più a nord del mondo. Ad avere questo primato è in particolare la Valle di Agaete sull’isola di Gran Canaria, dove il caffè è arrivato all’inizio del XIX secolo.

La Valle di Agaete è l’unico luogo in Spagna e uno dei pochi in Europa dove si produce il caffè in modo permanente. Riconosciuto ufficialmente alla Fiera di Parigi del 1898, il caffè della Valle di Agaete è coltivato con tecniche artigianali da oltre 50 famiglie.

Producono 5 mila chili di caffè all’anno in un’area di 45,5 chilometri quadrati di fertile terreno vulcanico situato a 150 metri sul livello del mare, accanto alla Riserva Naturale di Tamadaba, parte della Riserva della Biosfera di Gran Canaria.

LE CANARIE E TYPICA,  IL CAFFÈ DI AGAETE

Il caffè della Valle di Agaete è uno dei più eccellenti al mondo. Si tratta di una varierà di arabica, la “Typica”, di origine etiope. Anche il clima è ideale, classificato come subtropiclae.

La temperatura rimane tra i 18 e i 20 gradi centigradi tutto l’anno, ricreando le condizioni perfette per le coltivazioni tropicali (alberi di banane, boschetti di mango e piantagioni di caffè).

Le famiglie raccolgono il caffè in primavera, rigorosamente a mano. Le bacche sono fatte essiccare su tavole rialzate per 20 giorni per poi procedere all’estrazione dei chicchi del caffè.

Questo processo contribuisce a preservare il sentore dolce tipico della bacca. Il caffè di Agaete è leggero in bocca, molto aromatico e profumato, con certe sfumature acide e un retrogusto amaro molto caratteristico, con note di cioccolato, liquirizia e frutta.

Categorie
Food Lifestyle & Travel

Casaliva, l’olio del Garda Trentino con il “certificato di nascita”

Per le olive del Garda Trentino c’è ora una “carta di identità” che traccia in modo univoco l’origine dell’olio extravergine, ma anche il “certificato di nascita” dalla varietà Casaliva. In particolare, il legame della varietà Casaliva con il territorio dell’Alto Garda è evidenziato da una serie di analisi genetiche condotte nei laboratori di Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, che hanno riguardato oltre cento piante di olivo tra i 204 e 584 anni e 151 alberi più giovani, facendo luce sulla composizione varietale.

La forte prevalenza della varietà Casaliva sia nei vecchi oliveti che negli impianti più recenti, inclusi i più antichi patriarchi, sostiene quindi l’impegno a produrre un olio di fatto monovarietale.

L’indagine genetica è stata attuata nell’ambito di un accordo di ricerca sottoscritto tra Fondazione Edmund Mach e Agraria Riva del Garda che ha permesso di far emergere chiaramente l’antica presenza della Casaliva nell’areale più a nord della coltivazione tradizionale di olivo in Europa.

Considerando la scarsa propensione dell’olivo a generare frutti per autofecondazione è necessario il polline di altre cultivar per portare a termine la fruttificazione. La ricerca pubblicata sulla rivista Genes e per la quale ha collaborato il Centro Agricoltura Alimenti Ambiente (Unitrento–FEM) ha inoltre indagato la provenienza del polline che porta alla formazione delle olive dai fiori di Casaliva.

L’analisi degli embrioni estratti da 550 noccioli di Casaliva ha rivelato che oltre il 90% delle olive si sviluppa dalla fecondazione con polline di altre varietà presenti sporadicamente nella zona.

Tra queste compaiono cultivar note, come il Pendolino (10% dei casi) ma soprattutto varietà di olivo che non corrispondono a cultivar conosciute, con frequenze diverse nelle varie località considerate (Monte Brione, Arco, Torbole, Linfano, Fraveggio).

I risultati di questo studio introducono nuovi elementi per l’interpretazione dei fenomeni di scarsa o abbondante produzione delle olive nell’Alto Garda trentino, suggerendo l’adozione di piante impollinatrici di identità certa con caratteristiche di fioritura contemporanee a quelle della Casaliva ai fini di favorire la fecondazione efficace della varietà predominante.

Fem ha inoltre avviato una sperimentazione sulla gestione sostenibile della mosca olearia, in collaborazione con Agraria di Riva e Pat. L’obiettivo è quello di cercare soluzioni tecniche di controllo migliorative, la gestione ottimale dell’irrigazione nei periodi di siccità che talvolta si verificano in prossimità della raccolta.

Non ultima, la carta di identità isotopica che è in grado di identificare univocamente l’olio extravergine d’oliva del Garda Trentino, nonché il protocollo di produzione per esaltare le caratteristiche nutrizionali e sensoriali dell’olio Casaliva.

Tutte queste attività sono contenute e valorizzate in una recente pubblicazione edita da Fondazione Edmund Mach, che sintetizza le ultime ricerche e sperimentazioni sviluppate negli ultimi anni.

Categorie
news news ed eventi

Piwi: quattro nuove varietà nel registro nazionale. Presto avranno un nome

Novità dal mondo dei Piwi italiani, direttamente da una delle regioni più all’avanguardia da questo punto di vista: il Trentino. Quattro nuove varietà di vite tolleranti alle più importanti patologie fungine, oidio e peronospora, sono state iscritte nel Registro nazionale delle varietà di vite e sono pronte per essere coltivate in tutta Italia, dopo il necessario periodo di osservazione nelle diverse regioni.

L’importante risultato si deve alla selezione effettuata dalla Fondazione Edmund Mach. È di questi giorni, infatti, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di “F22P9”, “F22P10”, “F23P65”, “F26P92”, nate dai genitori Vitis vinifera e varietà portatrici di geni di resistenza naturali.

“Il materiale – spiegano i ricercatori – frutto di 12 anni di paziente e costante attività incrocio nell’ambito del programma di miglioramento genetico della vite, sarà presto messo a disposizione degli operatori dal Consorzio Innovazione Vite, che gestirà il brevetto delle varietà. Ed ora questi incroci, identificati con semplici sigle, sono in attesa di ricevere un nome”.

Accanto a queste 4 varietà il Consorzio Civit ha ottenuto l’iscrizione di un’altra variet, il Pinot Regina, dall’Istituto di Pècs in Ungheria. Inserito anche il portinnesto Georgikon 28 che mostra una buona tolleranza alla siccità e al calcare.

Le varietà Piwi sono state scelte dai ricercatori tra oltre 700 piante ottenute per seme, selezionate per i caratteri di tolleranza alla peronospora e oidio e per la qualità a più riprese e in diversi ambienti. Ora sono in fase di selezione altre varietà “candidate” all’iscrizione provenienti da oltre 20 mila semenzali, di cui ben 250 sono in costante osservazione.

LE CARATTERISTICHE DEI NUOVI PIWI
[metaslider id=”50110″]

Le varietà a bacca rossa F22P9 (Incrocio Teroldego x Merzling) e F22P10 (Incrocio Teroldego x Merzling) presentano caratteristiche di buona tolleranza nei confronti dei funghi peronospora e oidio, ma presentano anche un buon contenuto in antociani, con livelli di diglucosidi inferiore ai limiti legali ammessi nei vini, e polifenoli totali ed un ottimo rapporto zuccheri-acidi.

Dalle loro uve si ottengono vini con buona corposità e consistenza e con un buon contenuto in tannini e aromi a gradevole nota floreale-fruttata. Le varietà Piwi a bacca bianca F23P65  – incrocio Merzling x FR993-60, selezionata per le sue caratteristiche di acidità e pH adatte alla produzione di basi e vini spumanti – e F26P92 (incrocio Nosiola x Bianca) si caratterizzano per il diverso e complesso contenuto aromatico.

Si ottengono vini freschi leggermente aromatici che ricordano le erbe aromatiche con note di frutta secca, di medio corpo e buona sapidità. I vini ottenuti dalle quattro varietà Piwi sono stati prodotti nella cantina di microvinificazione afferente al Centro Trasferimento Tecnologico.

“Questo risultato ottenuto dai nostri ricercatori – spiega il presidente Mirco Maria Franco Cattani– è motivo di grande orgoglio per la Fem, perché contribuisce a sviluppare la selezione di nuove varietà, secondo natura, che migliorano la salubrità degli alimenti e dell’ambiente, anche grazie alla prevenzione dell’utilizzo di fitosanitari”.

“L’evoluzione di analoghi contributi scientifici potrà fornire ulteriore impulso al settore agricolo, migliorando ulteriormente la qualità degli alimenti, che sono sinonimo della tradizione agricola”, conclude Cattani.

Positivo anche il commento del presidente di Civit, Enrico Giovannini: “La soddisfazione è ancora maggiore, visto che questo risultato è stato ottenuto grazie all’impegno messo in campo da una squadra tutta trentina, il Consorzio dei vivaisti viticoli trentini assieme alla Fondazione Edmund Mach. Auspico, viste le ottime potenzialità, che queste varietà possano essere accolte con favore da parte del settore viticolo ed enologico”.

Il team di ricercatori che ha dato vita alle nuove varietà Piwi si compone di Marco Stefanini (coordinatore), Giulia Betta, Marco Calovi, Andrea Campestrin, Cristian Chiettini, Silvano Clementi, Monica Dalla Serra, Cinzia Dorigatti, Daniela Nicolini, Tiziano Tomasi, Silvia Vezzulli, Monica Visentin, Alessandra Zatelli, Luca Zulini. A questi vanno aggiunti altri ricercatori della Fondazione Mach che si sono prestati per specifiche parti necessarie all’iscrizione.

Categorie
news

Sicilia, Doc Monreale da 12 a 4 varietà. Via libera agli spumanti


MONREALE –
Riduzione del numero di vitigni ammessi alla coltivazione – che passano da 12 a 4 – e introduzione di nuove tipologie di vini, tra cui gli spumanti Metodo classico e Martinotti (Charmat). Cambia così la Doc Monreale.

Oggi il presidente del Consorzio di tutela, Mario Di Lorenzo, incontrerà la stampa italiana e internazionale nella cittadina patrimonio Unesco, per formalizzare le modifiche al Disciplinare di produzione in occasione di Sicilia en Primeur 2019.

Con lui una delegazione di 8 aziende su un totale di dodici che producono i vini Doc Monreale, che proporranno in degustazione le loro etichette. La vera novità è l’esclusione del Nero d’Avola dalla base ampelografica della Denominazione, in modo da convogliare tutta la produzione del vitigno nella Doc Sicilia.

Un ulteriore segno di attenzione della governance isolana nei confronti di una varietà scelta, assieme al Grillo, per rappresentare la Sicilia in Italia e nel mondo. Dalla vendemmia 2017, infatti, i due vitigni non possono più essere imbottigliati come Igt Terre Siciliane, ma solo come Doc.

LE VARIETÀ AMMESSE

Ma il Nero d’Avola non è l’unica varietà esclusa. Restano fuori dalla Doc Monreale anche Grillo, Chardonnay, Pinot bianco, Nerello Mascalese, Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Merlot. Sarà infatti ammesso solo l’utilizzo di Catarratto e Ansonica (Inzolia) per le varietà a bacca bianca e Nero d’Avola e Perricone per quelle a bacca rossa.

Il nuovo corso della Denominazione punta dunque tutto sui vitigni autoctoni. L’unica eccezione è il Syrah, anche se il vitigno di origine francese può essere ormai considerato completamente adattato al microclima del continente Sicilia.

La revisione interessa anche le tipologie di vini che potranno essere imbottigliati come Doc Monreale. Sarà infatti introdotta la versione spumante, sia nella versione Metodo classico – quello che prevede la seconda fermentazione in bottiglia, come nel caso della Franciacorta e dello Champagne – che nella versione Charmat, tipica del Prosecco – singola fermentazione in autoclave -.

Una scelta che risponde all’incremento esponenziale di “bollicine Made in Sicily”, come dimostrano i dati forniti a WineMag.it dall’Irvo, l’Istituto regionale del Vino e dell’Olio di Sicilia. Attualmente le aziende che producono spumanti sull’isola sono una cinquantina per circa 90 etichette, di cui 22 spumanti Rosè e 67 spumanti bianchi.

LA CORSA AGLI SPUMANTI

Secondo il censimento dell’Irvo, nel 2011 le cantine siciliane che producevano vini spumanti erano solo una ventina, per circa 30 etichette. Alcune cantine che operano all’interno della Doc Monreale hanno già avviato da tempo le prime sperimentazioni.

E’ il caso di Alessandro di Camporeale, che presenterà a breve sul mercato il primo Metodo Classico da uve Catarratto. Sarà un Dosaggio Zero o un Extra Brut, vendemmia 2016. Dai primi assaggi effettuati a Sicilia en Primeur l’etichetta – al momento 24 mesi sui lieviti – si preannuncia promettente, soprattutto in termini di longevità. Quattromilacinquecento le bottiglie complessive.

La possibilità di produrre spumanti aumenterà la potenza di fuoco sul mercato della Doc Monreale, al momento ferma alla cifra non certo esorbitante di 50 mila bottiglie. Confermata inoltre la versione rosè.

In questo quadro il Perricone, varietà ostica sia dal punto di vista agronomico che enologico, potrà fungere da vera e propria chicca della Denominazione siciliana. Un autoctono capace di rispondere alla crescente richiesta di varietà locali dei consumatori più attenti.

Categorie
news ed eventi

Primitivo di Manduria da uve Corvina: gaffe dell’imbottigliatore Lidl

Che non si tratti di una rivoluzione nel disciplinare di produzione del Primitivo di Manduria Doc, è evidente.

Fa bene alla salute, piuttosto, credere che quella di Contri Spumanti Spa sia una gaffe epocale. L’imbottigliatore del Primitivo di Manduria in vendita nei supermercati Lidl indica, sul proprio sito web, d’aver utilizzato uve Corvina per la produzione del vino pugliese.

D’accordo: la Lu. Co. Spa ascritta sull’etichetta posteriore del Primitivo – sigla che rimanda appunto alla Luciano Contri Spumanti Spa – ha sede a Cazzano di Tramigna, piccolo Comune di 1500 anime in provincia di Verona. La terra eletta della varietà autoctona denominata Corvina veronese, dalla quale si ottengono i grandi vini della Valpolicella, tra cui il noto Amarone.

Ma il Primitivo di Manduria Doc, secondo il rigido disciplinare, “deve essere ottenuto dalle uve provenienti dai vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica: Primitivo: minimo 85%; possono concorrere, da sole o congiuntamente, alla produzione del suddetto vino, le uve dei vitigni a bacca nera non aromatici, idonei alla coltivazione nelle province di Taranto e Brindisi, fino a un massimo del 15%”. Dunque il Corvina, qui non c’azzecca.

In particolare, la gaffe di Contri Spumanti Spa riguarda il Primitivo di Manduria Doc Contessa Carola, fresco della medaglia d’argento al concorso Enolions 2015. E capace di aggiudicarsi un’altra sfilza di premi, con le annate 2013, 2011 e 2010: medaglia d’oro all’Asia Wine Trophy 2014 e al Berliner Wein Trophy 2014, nonché medaglie d’argento all’International Wine & Spirit Competition 2014.

Un altro vino, dunque, rispetto a quello della linea Ca’ dè Monaci in vendita nei supermercati Lidl, che non figura sul sito web aziendale della Lu.Co. Spa di Cazzano di Tramigna. Spesso, infatti, la catena tedesca, così come altre insegne del panorama della Gdo italiana, commissionano la produzione di linee ad-hoc a produttori e imbottigliatori, in modo da ottenere un’etichetta propria, riconoscibile e distinta rispetto al resto della produzione.

“E’ largamente riconosciuta ed apprezzata la capacità dell’azienda di rispondere alle esigenze del mercato attraverso packagings personalizzati”, si può leggere sul sito Internet della Contri Spumanti Spa. Una “personalizzazione” che, a volte, rischia di apparire fuori dalle righe. Dei disciplinari.

Categorie
visite in cantina

Grecia, a Creta la vendemmia dei record

Sarà una vendemmia da ricordare quella del 2016 per la Grecia. Alla Douloufakis Vineyards di Creta le operazioni di raccolta delle uve sono iniziate il 4 agosto, con “ottime prospettive”. Lo rende noto Nikos Douloufakis, titolare di una delle cantine più rinomate dell’isola greca. “Quest’anno – spiega Douloufakis, formatosi come enologo ad Alba, in Piemonte – il tempo è stato molto favorevole per la coltivazione della vite. Abbiamo avuto un’estate relativamente fredda, finora. Nel mese di luglio, i venti freschi provenienti da nord hanno mitigato le temperature. Pertanto le uve hanno raggiunto un buon livello di maturazione e il mosto dovrebbe essere di ottima qualità”. La sfida più difficile e stimolante, per i viticoltori dell’isola del Minotauro, è stata la scelta del giorno in cui iniziare la vendemmia. “Qui da noi – spiega Nikos Douloufakis – controlliamo costantemente i livelli di zucchero, acidità e maturità fenolica delle uve. Livelli che si sono mostrati sorprendenti, tanto da farci pensare di scegliere la data del 4 agosto per l’inizio delle operazioni di raccolta delle uve. Prima di qualsiasi altro anno”. La vendemmia è iniziata dalle varietà Chardonnay e Moscato Bianco di Spina (Moscato Spinas, che prende il nome dall’omonimo villaggio della prefettura di Heraklion). “Successivamente – annuncia Nikos Douloufakis – procederemo con Malvasia di Candia, Sauvignon Blanc e Liatiko. A seconda del grado di maturità, continueremo con Vidiano, Vilana, Kotsifali, Syrah e Cabernet Sauvignon. Il raccolto di quest’anno dovrebbe essere completato con la varietà Mandilari”. In Grecia, dopo Creta, l’isola di Santorini. Il 9 agosto sono iniziate le operazioni per la raccolta del prezioso Assyrtiko.

Categorie
Vini al supermercato

Chianti Classico Docg Pèppoli 2013, Marchesi Antinori

E’ la persistenza il valore aggiunto del Chianti Classico Docg Pèppoli Marchesi Antinori. Il buon nome della casa vinicola fiorentina costituisce di per sé garanzia di qualità assoluta. E il Chianti Classico Pèppoli è, di fatto, il risultato della ricerca di un prodotto di facile consumazione. Tutt’altro che banale, ma allo stesso tempo (volutamente) non complesso. Un Chianti che sembra voler condurre con una certa fretta al proprio finale, lungo e persistente: non perché ‘consapevole’ d’aver poco da raccontare nel mezzo. Piuttosto per giungere presto al meglio di sé. Sfoderando presto il proprio asso nella manica. Un ospite timido e discreto, pur delizioso e raffinato. Per il quale aggiungere – volentieri – un calice a tavola. La trama del Chianti Classico Pèppoli Antinori inizia a raccontarsi da sola già all’esame visivo. Il colore rosso rubino vivo, intenso, suggerisce la grande centralità delle note fruttate, ricercate e volutamente ‘spinte’, sia al naso sia al palato. Il Sangiovese (90%) sussurra le classiche note di viola che avvolgono i frutti rossi. Merlot e Syrah aggiungono suadenza e nerbo, suggerendo tinte terziarie speziate delicate e vaniglia. Fondamentale in questo senso l’apporto dell’affinamento in barriques. Il Chianti Classico Pèppoli Antinori accompagna trasversalmente, dai primi ai secondi, la cucina di media complessità. Qualche suggerimento? Un ragù saporito, una bistecca alla fiorentina, un formaggio come il Bitto della Valtellina. Da provare anche con le empanadas argentine.

LA VINIFICAZIONE
Questo Chianti Classico di casa Antinori è ottenuto, come anticipato, da uve Sangiovese, Syrah e Merlot. Le varietà vengono vinificate separatamente. Il Sangiovese svolge la macerazione in acciaio per circa 10 giorni,  mentre Merlot e Syrah necessitano di più tempo. L’obiettivo è quello di “ottenere tannini soffici e preservare le note fruttate”. La fermentazione malolattica, utile alla trasformazione del ‘duro’ acido malico nel ‘morbido’ acido lattico, avviene prima dell’inverno per tutte e tre le varietà. All’inizio del 2014, il Chianti Classico Docg Pèppoli 2013 Antinori è stato assemblato e immesso in legno grande, dove è rimasto a riposare per circa un anno. L’ulteriore maturazione è avvenuta in botti di rovere di Slavonia, mentre un 10% è stato affidato a piccole barriques. L’imbottigliamento è avvenuto nella primavera 2015. L’annata 2013 è stata caratterizzata da frequenti precipitazioni durante i mesi invernali e temperature sotto la media durante i mesi primaverili. Il germogliamento della vite è avvenuto in ritardo di 10-15 giorni rispetto alla media. Il caldo, sopraggiunto intorno alla metà di luglio, ha accelerato i processi di maturazione delle uve, che sono proseguiti con regolarità durante l’estate. Le alte temperature e le ottime escursioni termiche de mese di settembre hanno permesso di arrivare a una corretta maturazione delle uve. Pèppoli è stato introdotto nel 1988 da Marchesi Antinori, in seguito alla prima vendemmia 1985.

Prezzo: 18,49 euro
Acquistato presso: Iper la grande I, Finiper

Categorie
Vini al supermercato

Rosso Riserva Colli Euganei Doc 2010, Vignalta

Ottimo vino, soprattutto nel rapporto qualità prezzo, il Rosso Riserva Colli Euganei Doc della Società Agricola Vignalta di Arquà Petrarca, Padova. Sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it, la vendemmia 2010. Nel calice si presenta di un rosso intenso con riflessi granati. Buona consistenza e intensità. Al naso questo rosso del Veneto si rivela vino molto intenso. Nonostante due anni in botte, conserva una certa freschezza e vinosità. Eppure riesce a essere molto armonico ed elegante, grazie a note marcate di sottobosco e bacche mature. Il Merlot, vitigno predominante, utilizzato nel blend con il Cabernet Sauvignon, conferisce all’olfatto il giusto spunto vegetale e speziato. Al palato, il Rosso Riserva Colli Euganei Doc Vignalta 2010 conferma le attese: buona struttura, vino avvolgente caldo. Il terreno si fa sentire prepotentemente: il suolo vulcanico dà la giusta mineralità, la botte lo rende rotondo, ma comunque conserva una certa ripetibilità nella bevuta. Un rosso importante, anche nell’alcolicità (14%) che tuttavia non stanca, né risulta pesante. La tannicità ben si lega comunque a una freschezza inaspettata e sorprendente per un vino Riserva. I ritorni di confettura di frutta e peperone verde, oltre alla buona persistenza, sono i tratti distintivi del quadro retro olfattivo. Un rosso che può addentrarsi sicuramente in un medio lungo invecchiamento. Questo importante rosso veneto si abbina a portate di carne, sia bianche sia rosse, servito a una temperatura ideale di 18 gradi.

LA VINIFICAZIONE
L’area di produzione del Rosso Riserva 2010 Vignalta è quella dei Colli Euganei, tra Arquà Petrarca, Baone, Cinto Euganeo e Teolo. Prende vita da vigneti di età media compresa tra i 13 e i 21 anni, con esposizione Sud Sud-Ovest. Il suolo è ricco di calcare e argilla calcarea, con sabbia di lava disgregata. La tecnica d’impianto è quella del cordone speronato e Sylvaz, con una densità di 2000-4000 piante e una resa di 70 quintali per ettaro. Come anticipato, le varietà che compongono il blend sono il Merlot per il 60% e il Cabernet Sauvignon per il 40%. La vinificazione prevede 14 giorni di fermentazione e macerazione in serbatoi d’acciaio con lieviti selezionati. Vengono dunque effettuati quattro rimontaggi al giorno, mentre la temperatura non si discosta dai 27 gradi. L’affinamento del Rosso Colli Euganei Vignalta ha luogo in botte di rovere (Allier e Slavonia) da 500 litri, per 24 mesi. Terminato questo periodo, il vino non subisce alcuna stabilizzazione. La filtrazione grossolana e gli ulteriori 6 mesi di affinamento in bottiglia, anticipano la commercializzazione. Ogni anno, ne vengono prodotte in media 100 mila bottiglie da 750 ml, ma la cantina produttrice lo rende disponibile anche nei formati da 0.375 e da 1.5 litri.

Acquistato presso: Alìper Ipermercati
Prezzo: 12.90 euro

Exit mobile version