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Rubinelli Vajol è Cantina italiana dell’anno per la Guida Top 100 Migliori vini italiani 2023

Rubinelli Vajol è Cantina italiana dell anno per la Guida Top 100 Migliori vini italiani 2023 winemag.it valpolicellaRubinelli Vajol è la Cantina italiana dell’anno 2023 per winemag.it. Il massimo riconoscimento dell’annuale Guida Top 100 Migliori Vini italiani della nostra testata va all’azienda agricola di San Pietro in Cariano (VR), uno dei comuni della Valpolicella Classica.

Premiata la famiglia Rubinelli e la sua capacità di valorizzare il “Vajol“, la zona dove si trova la cantina, tra vigneti, “marogne” (muretti a secco) e un patrimonio di biodiversità rimasto intatto negli anni, costellato di olivi, mandorli e ciliegi. Un areale che si colloca tra Marano e Fumane, individuato e circoscritto anche dal “re delle mappe dei vigneti “, Alessandro Masnaghetti.

BELLEZZA E BONTÀ, I CAPISALDI DI RUBINELLI VAJOL

Una cantina, Rubinelli Vajol, che fa della “Bellezza” e della “Bontà” i propri capisaldi. Una filosofia produttiva che si riflette nella capacità di regalare al pubblico una gamma di altissimo livello qualitativo. Ai vertici – e non poteva che essere così – l’Amarone della Valpolicella, proposto in diverse etichette, tutte capaci di condensare tradizione e slancio al futuro.

Rubinelli Vajol è certamente una cantina che interpreta ai massimi livelli l’Amarone Revolution. Quel “ritorno alle origini” che è la vera sfida attuale intrapresa da molti soci del locale Consorzio di tutela, come risultato evidente dall’ultima edizione dell’Anteprima (Amarone Opera Prima 2022).

I VINI RUBINELLI VAJOL, CANTINA ITALIANA DELL’ANNO 2023 WINEMAG.IT

I calici della cantina di San Pietro in Cariano colpiscono, e convincono, per precisione ed espressività della componente fruttata, premiando e valorizzando la tipicità delle uve autoctone della Valpolicella.

Il legno, ove utilizzato, mostra savoir fair e conferma l’intento di premiare la voce delle varietà locali, dimostrando come si possano produrre “vini di metodo” che sono fotografie di uno spaccato del territorio. Freschezza, giusta rotondità, spezia e prospettiva.

L’eccellenza nell’apparente semplicità, come dimostra la cifra stilistica delle lettere iniziali minuscole dei vini, sulle etichette: «Il nostro no alle sovrastrutture e il nostro sì alla beva», come spiegano all’unisono i titolari (i fratelli Renzo e Alberto Rubinelli e Nicola Scienza) con i soci, che oggi guidano l’azienda di famiglia con la stessa passione del capostipite Gaetano.


RUBINELLI VAJOL

Via Paladon 31
37029 San Pietro in Cariano
Verona – Italia

tel: +39 045 6839277
email: info@rubinellivajol.it

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Approfondimenti

Advision sul podio del label design italiano con il XXVI° Premio Mediastar


Advision sul podio del label design italiano. La creatività e la professionalità dell’agenzia di comunicazione specializzata in Packaging e Label Design per il settore wine & spirits, con sede nel cuore della Valpolicella, ha fatto breccia alla XXVI° Edizione di Mediastars.

Si tratta di uno dei più autorevoli riconoscimenti assegnati in Italia per le campagne di Advertising, Corporate Promotions e Comunicazione Multimediale. Nella serata di premiazione alla Casa degli Artisti a Milano, Advision ha ricevuto numerosi premi, tra cui 9 nomination in Short List e 8 riconoscimenti Special Stars per la Direzione creativa, la Regia e il Graphic Design.

Advision si attesta così tra le più autorevoli realtà italiane di pack e label design, aggiudicandosi gli ambiti premi Mediastar nella Sezione Packaging Design per i lavori UPM Vermouth (I classificato Premio Mediastar e I classificato Categoria Food) e UPM London Gin (II classificato Mediastar).

A questi si aggiunge il Premio Speciale “Valore al territorio” per la campagna Farina Transparency. Un riconoscimento di particolare significato per Advision. Il riconoscimento, nato dalla collaborazione tra Mediastars e Apicom (associazione di professionisti della comunicazione), testimonia la vocazione e la dedizione al territorio dell’agenzia veronese.

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Approfondimenti

Pierangelo Tommasi nuovo presidente de Le Famiglie Storiche


Pierangelo Tommasi
è il nuovo presidente de Le Famiglie Storiche. Dopo tre anni alla guida del gruppo di cantine della Valpolicella, Alberto Zenato passa a Pierangelo Tommasi il testimone di guida dell’Associazione nata nel 2009 e che oggi riunisce tredici storici produttori di Amarone (Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre d’Orti, Venturini e Zenato).

Tommasi avrà come vicepresidenti Giuseppe Rizzardi dell’azienda Guerrieri Rizzardi e Luca Speri dell’azienda Speri, con Alberto Zenato e Marilisa Allegrini nel CdA.

«La scelta di Pierangelo Tommasi – afferma il presidente uscente, Alberto Zenato – rappresenta un naturale avvicendamento all’interno dell’associazione che prevede l’alternarsi delle Famiglie nelle cariche di presidenza e vicepresidenza. Anche questo è l’espressione di un gruppo unito e coeso, ognuno con il proprio stile ma accomunati dalla stessa filosofia produttiva».

«Sono onorato di presiedere un gruppo di stimati colleghi e amici – sono le prime parole di Pierangelo Tommasi – aziende storiche e custodi del proprio territorio, e proseguire il percorso iniziato tredici anni fa, con il progetto di testimoniare i valori che ci accomunano e quelli di una denominazione unica al mondo. Lo faremo con molte attività in Italia e all’estero, sviluppando l’incoming verso le nostre aziende e facendo rete con altre realtà locali».
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È iniziata l’Amarone revolution: come cambia (e cambierà) il Re dei vini della Valpolicella

EDITORIALE – L’obiettivo è talmente alto da costringere tutti a fare, prima, un passo indietro. L’Amarone revolution non è, e non sarà, qualcosa di cui vedremo i risultati – nel calice – domani. Almeno in larga scala. È, e sarà, un processo lento. Di cui oggi si iniziano a scorgere le (solide) fondamenta. Amarone Opera Prima, grande evento che ha accompagnato la presentazione in anteprima del millesimo 2017 del Re dei vini della Valpolicella, non passerà dunque alla storia come il punto d’arrivo. Piuttosto, come l’appuntamento che sancisce il (presumibile) giro di boa collettivo del gruppo di produttori legati al Consorzio.

La nuova direzione? Quella di un Amarone che resta, sì, “vino di metodo“. Ma si interroga, forse per la prima volta così profondamente, sui nuovi “gusti” del consumatore e sulle tendenze dell’alta cucina internazionale. Nonché sul “terroir”.

Ecco dunque che la tecnica dell’appassimento, prossima al riconoscimento a Patrimonio dell’Unesco, diventa un “mezzo” e smette di essere un “fine”. Giusto percepirne i sentori caratteristici, nel calice. Sbagliato rinunciare alla freschezza o, meglio, all’equilibrio.

Il tutto nel nome di un nuovo concetto di Amarone della Valpolicella, adatto ad accompagnare anche crostacei e pesce (ebbene sì, dalla capasanta all’anguilla). Scrollandosi di dosso la nomea di “vino da meditazione”, da abbinare necessariamente a piatti molto strutturati, di carne, oppure a un buon sigaro.

L’AMARONE A TAVOLA: ABBINAMENTI CON L’ALTA RISTORAZIONE

Esemplificativa, in tal senso, la riuscitissima masterclass condotta da Davide Scapin con i piatti (geniali) dello chef duestellato Nicola Portinari del ristorante La Peca di Lonigo (VI), nella giornata di apertura di Amarone Opera Prima.

I quattro stili di Amarone identificati per gli abbinamenti (fresco, “reciotato”, elegante / austero e potente), possono essere considerati solo a prima vista come un rischio di confondere (ulteriormente) il consumatore sul reale profilo dell’Amarone della Valpolicella (che, al momento, non è certo univoco).

A conti fatti, si tratta piuttosto di un colpo di scena (geniale) del Consorzio, per mostrare ai soci la via da seguire: quella di un Amarone che rinuncia alla pomposità, al residuo zuccherino sbilanciato, alle note di legno preponderanti.

Un “vino di metodo” che resti tale, ma riduca il gap (della bevibilità e dell’attaccamento a terroir e varietale, nonché dell’ampiezza del ventaglio del pairing) con il Valpolicella Rosso, vero cavallo di Troia della zona per irrompere nei mercati e tra i nuovi trend di consumo internazionale. In due parole, la strada verso l’Amarone revolution.

Un passo indietro, di fatto, mostrando stili differenti. Per indicare, sommessamente ma chiaramente, in punta di piedi ma dal palco istituzionale di Amarone Opera Prima, la stilistica da seguire, per non perdere il treno del mercato e dell’alta ristorazione, suggerita dal presidente del Consorzio, Christian Marchesini, come La Mecca dell’Amarone del futuro.

AMARONE E STORYTELLING

Un po’ meno centrati i vini scelti «in totale autonomia» da JC Viens per la seconda masterclass di Amarone Opera Prima. Scontroso e soprattutto poco giustificato e appagato dai calici l’invito, rivolto alla stampa dall’italian wine ambassador e wine educator, ad abbandonare le “grandi cantine” della denominazione per concentrarsi, invece, su «piccole realtà della Valpolicella che producono meno di 100 mila bottiglie» (poche bottiglie uguale qualità? Un retaggio del passato, ormai ampiamente sdoganato).

Quello che è mancato ad almeno quattro dei 6 vini in degustazione (per l’esattezza tre e e mezzo, come spiegherò più avanti) è proprio la luce in fondo al paventato baratro di quella che Viens ha definito «miopia» dei media: «Parlate di queste cantine – ha dichiarato, rivolgendosi alla platea di ospiti professionali di Amarone Opera Prima – o non farete altro che riprodurre e replicare una visione miope della Valpolicella ai vostri lettori». Tra i calici di Villa Spinosa, Romano Dal Forno, Ca’ la Bionda – Ravazzol, Le Guaite di Noemi, Vigneti di Ettore e Villa San Carlo, brillano (solo) i primi due.

DAL PASSATO IL FUTURO: VILLA SPINOSA E DAL FORNO

L’Amarone della Valpolicella Doc Classico 1998 Villa Spinosa (Negrar) è un concentrato di freschezza che non mostra neppure lontanamente lo scorrere delle lancette sotto al sughero. Quello che si libera dal vetro è un vino che parla, a fine anni Novanta, delle necessità e delle speranze di oggi della denominazione. Un vino già interprete dell’Amarone Revolution che sarà.

Fa lo stesso l’Amarone della Valpolicella Doc 2003 di Romano Dal Forno (vigneto Monte Lodoletta), pur con altri canoni e non essendo la bottiglia al top degli standard della cantina di Cellore d’Illasi (VR). Al consueto sorso profondo e materico risponde più il tannino che la freschezza, ma la figura finale è comunque centrata e, a sua volta, innovativa e caratteristica. E gli altri quattro calici?

Ancora troppo legati, nonostante il ricambio generazionale in corso e il numero “risicato” di bottiglie indicato da Viens come la panacea alla “miopia”, a uno stile che guarda più alla concentrazione e ai terziari che ai canoni dell’Amarone revolution (fa eccezione l’Amarone Ravazzol 2007 di Ca’ la Bionda, sbilanciato sull’acidità e scarno in centro bocca; la cantina, tuttavia, sembra aver trovato la quadra nelle annate più recenti, guidata da uno dei winemaker più appassionati della denominazione, Alessandro Castellani). La prova provata che lo storytelling non basta. A maggior ragione quando provano a convincerti che “storytelling” non è.

LA SORPRESA DI ANTEPRIMA AMARONE 2017 È NOVAIA

Che l’Amarone revolution sia iniziata, lo confermano anche alcuni calici in degustazione ad Anteprima Amarone 2017, domenica 19 giugno al Palazzo della Gran Guardia di Verona.

Il dettaglio di tutti i campioni sarà pubblicato nei prossimi giorni, ma vale la pena di spendere subito due parole sulla cantina che, realmente, quasi da “ousider”, ha sorpreso più di tutte con un Amarone finalmente pulito – rispetto ad altre annate – e decisamente “rivoluzionario”.

Il riferimento è a Novaia Organic Wines, capace di mettere nel calice un nettare davvero convincente, dal frutto alla struttura, al pari di alcuni nomi noti e garanzie della denominazione.

L’Amarone della Valpolicella Docg Classico 2017 “Corte Vaona” segna un grande passo avanti nella cifra stilistica della cantina di Marano di Valpolicella. Una realtà da sempre votata al “Bio”, tema caldo per la viticoltura italiana ed internazionale rimasto invece piuttosto ai margini di Amarone Opera Prima. La “Revolution” non potrà farne a meno.

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Food Lifestyle & Travel

L’Amarone per tutti i palati: quattro abbinamenti con la cucina internazionale

Quattro “stili” di Amarone, a illuminare la strada della nuova comunicazione del Re dei vini della Valpolicella: un vino capace di mettere d’accordo tutti, a tavola. Amarone Opera Prima si è aperta in mattinata con quattro abbinamenti stravaganti ma piuttosto centrati con piatti della cucina Mitteleuropea, del Sud Est Asiatico, del Nord Europa e di Usa e Canada.

Grandi protagonisti della masterclass condotta da Davide Scapin sono stati i piatti dello chef Nicola Portinari, bistellato del ristorante La Peca di Lonigo (VI).

«L’obiettivo – commenta il presidente del Consorzio Tutela Vini Valpolicella, Christian Marchesini – è stato centrato pienamente. La versatilità dell’Amarone negli abbinamenti ci ha stupito e aiuta a capire che riusciamo a soddisfare tutti i palati. L’Amarone si lega sempre più all’alta ristorazione. Ed è questa la direzione in cui l’Amarone vuole andare nel prossimo futuro. Posso sbilanciarmi e dire che il futuro è positivo ed estremamente roseo».

L’AMARONE E I PIATTI DELLO CHEF NICOLA PORTINARI (LA PECA)

  • Nord Europa: capesante atlantiche arrosto, succo di crostacei, asparagi fermentati e carpaccio di cervo marinato. Per l’abbinamento si sceglie un Amarone di stile “fresco”, servito a una temperatura più bassa rispetto a quella canonica. Il “gioco” dell’abbinamento funziona su tutti i fronti, anche se l’asparago genera una leggera stonatura nel retro olfattivo.

  • Sud Est Asiatico: anguilla in forno di braci, anguria e angostura. Quello con l’Amarone di stile “Reciotato”, ovvero dalla tendenza dolce che ricorda il Recioto, è l’abbinamento più convincente della prima masteclass di Amarone Opera Prima. L’appassimento è protagonista del naso e del sorso, in cui si aggiunge la componente del residuo.Uno stile prevalente fino agli anni Novanta, in cui appassimenti marcati e residuo zucchero residuo percettibile la facevano da padroni. Elemento fondamentale del pairing è la presenza, nel piatto, dell’anguria disidratata, che si sposa con le note dolci del vino. L’angostura stuzzica invece la speziatura dolce, tanto quanto la laccatura dell’anguilla. Piatto capolavoro e abbinamento a dir poco delizioso.

  • Mitteleuropa: ravioli di bretzel, cavolo capuccio, cren, senape, succo di stinco concentrato. Il terzo abbinamento è con un Amarone definito “Austero”, anche se sarebbe meglio chiamarlo “Elegante”. Protagoniste le scelte del vigneron nell’affinamento e nella perfezione della materia prima vinificata. Poco spazio per note estrattive e concentrazione, decisamente in secondo piano.Oltre alle consuete note primarie delle uve dell’Amarone, ecco dunque richiami agrumati rossi che conferiscono tensione ed eleganza alla beva. L’abbinamento convince in progressione, dato che in ingresso è il piatto a vincere sul calice. Dal centro bocca, invece, il nettare si lega bene a un piatto che si racconta (anche) su tendenze umami. Pairing intrigante, intellettuale. Non certo per tutti.

  • Usa e Canada: cheek cherry pie. Quarto ed ultimo abbinamento con un Amarone di stile “potente”, chiaro sin dal naso. Il tortino presenta una farcitura di guancia di manzo, arricchita da ciliegie cotte, a richiamare il marcatore dei primari della Corvina. C’è del residuo zuccherino nel vino, inferiore comunque a quello dell’Amarone “Reciotato” precedente. Aiuta, nella riuscita dell’abbinamento, la presenza di cacao, che si lega alle note fruttate scure dell’Amarone. Pairing impegnativo, ma goloso.
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Amarone Opera Prima è già un successo: «Così la Valpolicella cambia volto»

Proporre la Valpolicella come territorio in grado di produrre eccellenti “vini di metodo” ed altrettanto eccellenti “vini di terroir“. Questo l’obiettivo di Amarone Opera Prima, grande evento organizzato dal Consorzio Tutela Vini Valpolicella, che ha preso avvio ieri con la cena di gala a Giardino Giusti di Verona. Un esordio in pompa magna, capace di raccogliere il plauso unanime della stampa internazionale, come dimostrano i pareri raccolti da winemag.it.

Si tratta dell’evoluzione (o meglio, rivoluzione) di “Anteprima Amarone”. Una nuovo modo di vivere l’annuale “En-Primeur” del grande vino rosso del Veneto. Mai così centrale il ruolo del Valpolicella Doc e del Valpolicella Doc Ripasso, accanto al protagonista indiscusso della kermesse, che resta l’Amarone della Valpolicella (in anteprima domani per la stampa il millesimo 2017, al Palazzo della Gran Guardia).

Sullo sfondo la città stessa di Verona, sempre più centrale nella comunicazione del “brand Amarone“. «Verona – ha ricordato il presidente del Consorzio, Christian Marchesini – può essere considerata l’hub della nostra Valpolicella. La città ha un vigneto urbano unico al mondo: ben 1.300 ettari sugli oltre 8.600 vitati complessivi della denominazione ricadono nel Comune di Verona».

Il clou sarà nel piatto. In programma al Palazzo Verità Poeta, a partire dalle 11.30 di questa mattina, due masterclass che vanno ben oltre la semplice degustazione e abbinamento.

Quattro piatti di altrettante aree di mercato (230 milioni di euro il valore del giro d’affari complessivo) saranno proposte agli addetti del settore «per rompere lo schema – spiega il Consorzio – che classifica l’Amarone come vino da meditazione, relegandolo ad accompagnare perlopiù portate a base di cacciagione o laboriosi stufati e arrosti».

AMARONE IN VIAGGIO CON I PIATTI DELLO CHEF NICOLA PORTINARI

Con la masterclass “Amarone 4wd, off the beaten track“, l’Amarone della Valpolicella affronterà «una vera e propria prova di stile». Sarà chiamato a confrontarsi con la cultura gastronomica di quattro macroregioni internazionali – Mitteleuropa, Sud Est Asiatico, Nord Europa, Usa e Canada – interpretate da Nicola Portinari, chef bistellato del ristorante La Peca di Lonigo (VI) che ha ideato la sfida con il Consorzio.

Per il Nord Europa saranno preparate capesante atlantiche arrosto con succo di crostacei, asparagi fermentati e carpaccio di cervo marinato. Per il Sud Est Asiatico: anguilla in forno di braci, anguria e angostura. Per l’area del Mitteleuropa: ravioli di bretzel, cavolo capuccio, cren, senape, succo di stinco concentrato. Infine, per Usa e Canada: cheek cherry pie.

La masterclass guidata dal critico gastronomico e wine expert Davide Scapin, contempla quindi quattro piatti, uno per ogni mercato, abbinati a una selezione (blind) di diverse espressioni di Amarone: fresco, “reciotato”, austero e potente.

È arrivato il momento di far emergere la versatilità dell’Amarone – spiega ancora il presidente del Consorzio Marchesini – e di liberarlo da un preconcetto che non tiene conto dell’evoluzione stilistica e poliedrica del nostro vino premium. Si tratta di un percorso che, senza rinunciare all’identità, intende valorizzare un cambiamento già in atto tra i produttori della Valpolicella».

«Siamo convinti che l’Amarone possa essere interpretato in maniera innovativa – aggiunge Marchesini – attraverso l’esplorazione di nuovi canoni del gusto. Un passaggio fondamentale per rispondere all’esigenza condivisa di riportare il settore Horeca, e in particolare l’alta ristorazione, al centro della nuova strategia di azione e di promozione del Consorzio».

Lo spettacolo finale della cena di gala di apertura di Amarone Opera Prima

L’ESCALATION MONDIALE DELL’AMARONE

La sessione per i 100 giornalisti (80 dall’estero) prosegue nel pomeriggio con la seconda masterclass “The boom generation: gli ultimi decenni dell’Amarone dalla sua escalation al successo mondiale“, condotta da JC Viens, italian wine ambassador e Wset educator.

Un tasting che guarda al futuro e alla new wave in Valpolicella dettata sia dal passaggio generazionale che da giovani aziende. In degustazione gli Amarone di 6 cantine con millesimi dal 1998 al 2016: Villa Spinosa (1998), Romano Dal Forno (2003), Cà La Bionda (2007), Le Guaite di Noemi (2010), Vigneti di Ettore (2012) e Villa San Carlo (2016).

Amarone Opera Prima continua poi domenica 19, al Palazzo della Gran Guardia, con la presentazione dell’annata 2017 e dell’indagine “Amarone: analisi di un’eccellenza italiana. Un confronto comparato in uno scenario di incertezza”, condotta da Banco BPM – Funzione Studi & Ricerche.

A seguire “Amarone e i miti dell’ospitalità veneta, tra storia e leggenda” (dalle ore 11), con gli interventi di Mauro Lorenzon, l’eclettico oste della Mascareta di Venezia, ora all’avvio di una nuova avventura professionale nella sua Enoiteca Guesteria sempre nella città lagunare.

Presente anche Giacomo Sacchetto, chef del ristorante La Cru di Romagnano (Grezzana – VR) una stella Michelin e Chiara Pavan, chef del Ristorante Venissa (1 stella Michelin). Dal pomeriggio (ore 16.00) spazio anche ai wine lover e agli operatori. A loro è riservata anche la giornata di lunedì 20 giugno.

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Le Guaite di Noemi compie vent’anni in Valpolicella

Le Guaite di Noemi festeggia 20 anni dalla fondazione. Tanto è passato dall’entrata in produzione del vigneto di Stefano Pizzighella e della moglie Giulietta Dal Bosco, a Mezzane di Sotto (VR), in Valpolicella. Le Guaite sono diventate “di Noemi” nel 2015, anno in cui la figlia ha assunto le redini dell’azienda. Noemi Pizzighella, classe 1994, è la più giovane produttrice di Amarone e degli altri vini tipici della denominazione.

«Festeggiare i vent’anni dell’azienda – spiega Stefano Pizzighella – è per me una grande soddisfazione. Un traguardo che parla di determinazione, tenacia e passione. L’amore per questo lavoro e per la Valpolicella ha dato vita negli anni a vini che esprimono il territorio e la nostra identità familiare. Vini che sono cresciuti insieme all’azienda, raccontandone la storia».

«Prendere in mano le redini di questa azienda – commenta Noemi Pizzighella – è per me motivo d’orgoglio. Fin da bambina ho sentito il forte legame con la Valpolicella e con la sua tradizione vincola. Ora continuo il lavoro iniziato dai miei genitori, che mi accompagnano nella crescita dell’azienda, verso il futuro e verso il panorama internazionale».

L’azienda agricola comprende oggi 10 ettari di vigneti e 3 ettari di uliveti di proprietà, per una produzione che si assesta tra le 25 e le 30 mila bottiglie l’anno. Sono cinquanta, invece, i quintali di olio assicurati dalle piante di Grignano, Leccio di Corno e Casaliva.

Le verticali di Valpolicella Superiore e Amarone della Valpolicella, i primi vini prodotti dall’azienda, hanno accompagnato le celebrazioni dei vent’anni de Le Guaite di Noemi, lunedì 6 giugno. Il percorso di crescita dell’azienda e la ricerca di una cifra stilistica volta a freschezza ed eleganza è risultato chiaro dall’annata 2002 alla 2011 del Valpolicella Superiore, sino alla 2014 dell’Amarone.

I VENT’ANNI DE LE GUAITE DI NOME: IL MEGLIO DELLA DEGUSTAZIONE
Valpolicella Superiore 2012, Le Guaite di Noemi

Uve Corvina, Rondinella e Croatina. Tre anni di barrique di primo passaggio. Colore rosso rubino scarico. Al naso intensi profumi di frutti rossi concentrati, alcuni accenni di spezie. Croccante e delicato al palato, acidità caratteristica, ma con buona struttura e piacevolezza, richiamata dai ritorni della frutta avvertita al naso.

Valpolicella Superiore 2011, Le Guaite di Noemi

Sempre Corvina, Rondinella, Croatina, ma annata più calda. Alla vista, il vino si presenta di un rosso rubino intenso. More e frutti rossi concentrati al naso. Le note balsamiche accompagnano il sorso, segnando il lungo percorso affrontato dal vino, sino ad oggi.

Amarone della Valpolicella 2010, Le Guaite di Noemi

Corvina, Rondinella, Croatina. Colore rosso rubino tendenzialmente purpureo. Presenti al naso note concentrate di prugna, susina, accenni balsamico e foglie di tè. Palato coerente col naso: il vino presenta una gran complessità, una struttura molto elegante, una lunga persistenza.

Amarone della Valpolicella 2009, Le Guaite di Noemi

Corvina, Rondinella, Croatina. Alla vista di un colore rosso rubino con riflessi purpurei. Al naso prugna matura, note balsamiche ed richiami erbacei. Rotondità e carattere al palato. Il vino presenta un’ottima evoluzione, con complessità e struttura elegante. Sorso preciso, di lunga persistenza.

Amarone della Valpolicella 2002, Le Guaite di Noemi

È il primo Amarone de Le Guaite, dall’entrata in produzione dei vigneti. Il vino perfetto per celebrare i 20 anni de Le Guaite di Noemi. Frutto e gran complessità accompagnano dal naso al sorso, connotato da una gran freschezza. Un vino ancora giovane, come Noemi Pizzighella. Una donna del vino dal futuro tutto da scrivere.

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Amarone Opera Prima: il re dei vini della Valpolicella duetta con l’Aida, all’Arena

Oltre 100 giornalisti accreditati di cui l’80% provenienti dall’estero e 40 cantine pronte a stappare sulle note della marcia trionfale dell’Aida. È l’istantanea di Amarone Opera Prima, l’evento straordinario e fuori stagione del Consorzio Vini Valpolicella in programma a Verona dal 17 al 20 giugno, che winemag.it seguirà in presa diretta.

Un’occasione speciale che sfida il tabù del calendario estivo per presentare il millesimo 2017 al di fuori della tradizionale collocazione dell’Anteprima a febbraio, portando in scena anche il sodalizio tra i due simboli della città scaligera nel mondo: l’Arena e l’Amarone.

Dopo il gala dinner del 17 giugno a Giardino Giusti riservato alla stampa (solo su invito), il cartellone di Amarone Opera Prima si apre il 18 giugno con due masterclass a Palazzo Verità Poeta (Vicolo San Silvestro, 6), per scoprire la versatilità del grande Rosso e le annate top, che hanno contribuito al suo posizionamento in oltre 80 nazioni del globo.

IL PROGRAMMA DI AMARONE OPERA PRIMA

Si parte alle 11.30 con “Amarone 4wd, off the beaten track: diversi stili di Amarone abbinati a piatti di alta cucina di vari paesi del mondo”, un’iniziativa ideata con La Peca, il ristorante due stelle Michelin di Lonigo (VI) e la narrazione del critico gastronomico e wine expert, Davide Scapin.

Si prosegue poi alle 15.00, con la sessione “The boom generation: gli ultimi decenni dell’Amarone dalla sua escalation al successo mondiale”, condotta da JC Viens, italian wine ambassador e Wset educator.

Per la stampa nazionale e internazionale da 20 nazioni – dagli Usa agli Emirati Arabi, dalla Corea del Sud al Canada fino a Israele, Singapore e ai principali mercati europei – la giornata si chiude in Arena per assistere all’Aida di Giuseppe Verdi, l’opera simbolo dell’anfiteatro romano sotto le stelle fin dalla sua prima edizione nel 1913.

DOMENICA 19 GLI ASSAGGI DELL’AMARONE 2017

Domenica 19 giugno, Amarone Opera Prima si trasferisce al palazzo della Gran Guardia (piazza Bra), per la degustazione dell’Amarone 2017 (dalle 10 alle 17 per la stampa specializzata; apertura dei banchi delle aziende dalle 12.30 e dalle 16.00 fino alle 20.00 ingresso consentito anche a wine lover e operatori).

È anche il momento della conferenza stampa sullo stato di salute della denominazione e il focus su “Amarone e i miti dell’ospitalità veneta, tra storia e leggenda”, dalle ore 11. Lunedì 20 giugno, ultimo giorno di Amarone Opera Prima, la manifestazione è aperta a pubblico e operatori dalle 10.00 alle 20.00.

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Amarone Opera Prima 2022: l’Anteprima del re della Valpolicella ha un nuovo volto

FOTONOTIZIA – Si terrà al Palazzo della Gran Guardia di Verona, domenica 19 e lunedì 20 giugno 2022, Amarone Opera Prima. Si tratta del riposizionamento di Anteprima Amarone, evento con cadenza annuale organizzato e promosso dal Consorzio per la Tutela dei Vini Valpolicella.

La manifestazione, giunta nel 2020 alla 17esima edizione, è considerata la punta di diamante nel calendario della denominazione veronese. Vede infatti come protagonista esclusivo il “Grande Rosso della Valpolicella”.

Anteprima Amarone 2021 non è andata in scena a causa della pandemia, sostituita dall’evento digitale “Valpolicella Annual Conference“. Amarone Opera Prima è dunque il nuovo “volto” di Anteprima Amarone 2022.

La kermesse era in programma al Palazzo della Gran Guardia di Verona il 4 e 5 febbraio scorsi, ma è stata a sua volta posticipata a giugno. Lo slittamento è stato comunicato dal Consorzio a gennaio 2022. Oggi l’annuncio delle nuove date e del “restyling”. I dettagli dell’evento saranno comunicati dagli organizzatori nelle prossime ore.

Anteprima Amarone posticipata a giugno

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Addio a Franco Allegrini, padre della Valpolicella moderna

Lutto nel mondo del vino italiano e della Valpolicella. La scorsa notte è scomparso l’enologo Franco Allegrini, fratello di Marilisa, tra i principali fautori dell’Associazione de Le Famiglie Storiche. Le cause della morte sono legate a una malattia.

Fautore di importanti innovazioni, Franco Allegrini ha promosso in vigna l’aumento dei ceppi per ettaro in Valpolicella, sostituendo la pergola trentina con altre forme di allevamento, mentre le sue sperimentazioni sull’uva Corvina sono ancora oggi apprezzabili nel vino cult La Poja.

In cantina ha ricercato l’integrità del frutto tramite l’uso di diversi tipi di legno per l’affinamento. Ha contribuito alla revisione della tecnica del Ripasso con l’introduzione della seconda fermentazione, nonché alla modifica della tecnica di appassimento con la creazione di “Terre di Fumane”, fiore all’occhiello della Valpolicella.

«Schietto nell’esprimere il suo punto di vista, combattivo nel sostenerlo, ma generoso e sempre aperto al dialogo costruttivo, Franco Allegrini lascerà un vuoto incolmabile anche ne Le Famiglie Storiche», commenta l’associazione veronese che si stringe  a Marilisa e Silvia Allegrini nel suo ricordo.

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Amarone superstar del 2021: cresce e traina la Valpolicella

Ultimo anno da incorniciare per il vino in Valpolicella e, in particolare, per l’Amarone. Una crescita in doppia cifra in tutti gli aspetti chiave. È quanto emerge dall’outlook 2021 del Consorzio tutela vini Valpolicella. Cresce di poco il vigneto, ora a 8.573 ettari (+2%). E aumenta significativamente la produzione (+8,6% sul 2020).

Ma arriva soprattutto dal mercato il dato più eclatante, con un risultato sulle vendite che registra un incremento di oltre il 16% sul 2020, in linea con la crescita complessiva dell’imbottigliato (+15,3%).

Secondo l’indagine compiuta da Nomisma Wine Monitor su un campione di imprese rappresentativo del 50% della produzione imbottigliata, il rimbalzo che si è registrato lo scorso anno ha interessato in particolare la domanda italiana. Lo scatto rispetto al 2020 è del 31% a valore. L’export è in crescita dell’8% anche grazie ad un incremento del prezzo medio.

«Tale discrasia nelle performance delle imprese – evidenzia il Consorzio – discende dagli impatti della pandemia e dalle restrizioni di natura sanitaria che avevano portato le vendite 2020 dei vini della Valpolicella a registrare un calo di quasi il 10% sul mercato nazionale rispetto al 2019».

VINI DELLA VALPOLICELLA: AMARONE SUPERSTAR DEL 2021

La miglior performance la fa segnare l’Amarone, protagonista di un autentico boom di vendite (+24%) ben oltre la media nazionale sia nelle esportazioni (+16%) che soprattutto in Italia, dove segna un +39% a valore.

Per il re della Valpolicella, il cui prodotto prende la strada per l’estero per oltre il 60% delle bottiglie vendute, i top mercati sono stati Canada, Stati Uniti e Svizzera, seguiti a ruota da Regno Unito e Germania.

Il trend nelle singole piazze vede in forte crescita la domanda dei Paesi anglosassoni, con Usa a +27%, Canada a +22% e Uk a +18%. Sopra la media anche le vendite in Germania e nel sempre più consolidato Benelux, entrambi a +17%.

IL COMMENTO DEL CONSORZIO

«I risultati presentati oggi – spiega il presidente del Consorzio tutela vini Valpolicella, Christian Marchesini – confermano l’ottimo stato di salute di una denominazione che ha saputo reagire nel migliore dei modi all’emergenza».

Il lavoro però non è finito, soprattutto relativamente alla promozione del nostro vino identitario. Per questo valore, qualità e rilancio del Valpolicella saranno al centro della politica del Consorzio anche per quest’anno».

«Il forte rimbalzo delle vendite sul mercato nazionale – aggiunge Denis Pantini, responsabile Nomisma Wine Monitor – sposta leggermente in basso il grado di propensione all’export dei vini della denominazione, che si assesta sul 61% del fatturato totale contro il 69% del 2020».

Stati Uniti, Cina e altri Paesi del Sud-Est Asiatico come Corea del Sud, Vietnam e Tailandia sono i mercati esteri che, a detta dei produttori, mostreranno le migliori prospettive di crescita per i vini della Valpolicella nei prossimi anni.

VALPOLICELLA RIPASSO IN SCIA

Bene, sempre secondo il focus commissionato dal Consorzio, anche il Valpolicella Ripasso che chiude l’anno a +15%, complice anche qui l’exploit sul mercato interno (+34%; dato che si alza al +43% per le piccole imprese).

Il tutto a fronte di una variazione più timida dell’export (+5%) e di un prezzo medio sostanzialmente stabile. Il Canada domina la domanda, con il 22% del totale delle vendite a valore. Seguono Svezia, Regno Unito e una Germania cresciuta del 44% nell’import di Ripasso in un solo anno.

Aumenti importanti anche per Usa (+24%) e Danimarca (+19%), mentre si riducono gli acquisti in Norvegia dopo la forte crescita che si era registrata nel corso del 2020. Meno luminoso il quadro per il Valpolicella, che chiude a +1,2% a valore (+3% a volume).

Anche in questo caso l’Italia registra un segno positivo (+9%, con le piccole aziende a +29%), mentre l’export frena a -4%. Le maggiori richieste arrivano ancora una volta dal Canada, con oltre un terzo degli ordini. Seguono Usa e Benelux. In netta crescita la Russia, che fa segnare un +31%.

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degustati da noi vini#02

Amarone della Valpolicella Docg 2016, I Tamasotti

«L’abbraccio del relais e il calore della famiglia», recita il claim de I Tamasotti. Un abbraccio, caldo e stretto, sembra anche l’Amarone della Valpolicella Docg 2016 prodotto da questa giovane realtà (con le idee chiarissime) di Mezzane di sotto, in Valpolicella.

Giacomo Brusco e Sabrina Zantedeschi, uniti nella vita e nel lavoro, tornano nella Top 100 Migliori vini italiani di WineMag.it a distanza di due vendemmie, dopo l’esordio in guida con l’Amarone 2014. Il “millesimo” 2016 si presenta alla vista di un rosso impenetrabile.

Naso sulla confettura di prugna e ciliegia, con pregevoli sferzate di spezia nera (pepe) e dolci carezze di cannella. In bocca, l’Amarone della Valpolicella Docg 2016 I Tamasotti rivela una stratificazione rara, nell’incedere di frutto, terziari e sapidità.

Chiusura infinita, su ricordi eleganti di vaniglia, vegetali di fava Tonka e caldi, di cioccolato. Un manifesto all’Amarone, re dei vini rossi del Veneto, e a una complessità in grado di non stancare mai.

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Gerardo Cesari, nuova cantina per Amarone e Ripasso in Valpolicella Classica

Nuova cantina a Fumane per Gerardo Cesari, storica azienda veronese fondata nel 1936 e dal 2014 di proprietà del Gruppo Caviro. Il nuovo stabilimento si trova nel cuore della Valpolicella Classica ed è dedicato all’appassimento, alla pigiatura e alla fermentazione dell’Amarone e del Ripasso. Il tutto grazie a un investimento di circa 20 milioni di euro, che consentirà di raggiungere un volume produttivo di 4 milioni di bottiglie all’anno.

I lavori di costruzione sono cominciati quattro anni fa. Nella prima fase è stato realizzato un fruttaio all’avanguardia, tra i più grandi della Valpolicella, dotato di avanzate tecnologie di controllo dell’umidità che incanalano l’aria naturale della valle per massimizzare la qualità dell’appassimento delle uve.

Al fruttaio sono state poi affiancate una cantina di vinificazione, per poter vinificare direttamente in loco e una cantina di stoccaggio interrata, in grado di ospitare fino a 5 annate di Amarone. Completano la struttura un magazzino di imbottigliamento, due sale degustazione e un negozio, progettato e arredato con gli elementi distintivi che richiamano il territorio, come gli espositori semicircolari in legno e ferro, che ricordano l’Arena di Verona.

L’INAUGURAZIONE DELLA NUOVA CANTINA GERARDO CESARI

A tagliare il nastro oggi alle ore 11.00 è stato il Sottosegretario al Ministero delle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio, accompagnato dal Presidente di Alleanza Cooperative Agroalimentari Giorgio Mercuri, dal Presidente del Consorzio Valpolicella Christian Marchesini.

«La nuova Cantina di Fumane – ha dichiarato – unisce insieme la tradizione e l’innovazione. Un esempio di come si possa coniugare la sostenibilità ambientale con quella economica, con un’attenzione anche al paesaggio dal punto di vista estetico e architettonico.

L’importante investimento di questa storica azienda non potrà che consolidare la sua posizione in Italia e all’estero, contribuendo a promuovere il Made in Italy di qualità in tutto il mondo e a far conoscere sempre di più i vini pregiati di Verona e della Valpolicella. Al contempo rappresenta una nuova opportunità dal punto di vista occupazionale e dell’indotto del territorio».

«La Nuova Cantina Gerardo Cesari – ha aggiunto Carlo Dalmonte, presidente Gruppo Caviro – rappresenta prima di tutto un atto di fiducia verso il futuro, il territorio e le persone. Il Gruppo ha deciso di investire 20 milioni di euro.

«Un impegno significativo dunque – ha aggiunto il numero uno di Caviro – per realizzare un progetto all’avanguardia perfettamente integrato nel cuore della Valpolicella che ponesse al centro la qualità dei prodotti firmati Cesari nel pieno rispetto delle risorse e dell’ambiente. Sostenibilità e valorizzazione di ciò che proviene dalla terra, ecco i grandi pilastri su cui si regge la nostra struttura».

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Valpolicella: volano domanda e valore, calano le giacenze

Vola il mercato dei vini della Valpolicella, con gli imbottigliamenti in crescita in doppia cifra come pure il prezzo medio delle uve e dello sfuso. Una chiusura di anno da ricordare, che rischia però di trasformarsi in agrodolce a causa dell’aumento senza precedenti delle materie prime legate alla produzione e alla commercializzazione del vino.

È il quadro tracciato dal Consorzio vini Valpolicella con l’analisi degli ultimi dati di filiera. Dati che restituiscono una denominazione in piena salute ma minacciata da una congiuntura che rischia di provocare distorsioni di mercato.

I DATI DELLA CRESCITA

Secondo il Consorzio, gli imbottigliamenti complessivi per l’immissione del prodotto sul mercato sono cresciuti del 16% nei primi 10 mesi di quest’anno rispetto al pari periodo 2020. È l’Amarone a fare la parte del leone (+30,2%, l’equivalente di 15 milioni di bottiglie nei primi 10 mesi dell’anno). Seguono il Valpolicella Ripasso a +14,7% e il Valpolicella a +7,1%.

Un exploit che ha determinato un calo netto delle giacenze di quasi 100 mila ettolitri pari a circa 13 milioni di bottiglie, di cui la metà afferenti ad Amarone e Recioto. Un combinato disposto che, complice anche una vendemmia eccellente, ha fatto lievitare nell’ultimo anno il prezzo medio dello sfuso di Amarone di oltre il 20% e del 13% il Doc atto a Ripasso.

Negli ultimi anni la Doc Valpolicella, denominazione che conta in 19 comuni 8398 ettari per 1677 soci, ha operato scelte contenitive. In particolare sulle rese e attraverso il blocco degli impianti. Il giro d’affari complessivo al consumo supera i 600 milioni di euro.

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Matteo Tedeschi nuovo direttore del Consorzio Vini Valpolicella

Matteo Tedeschi è il nuovo direttore del Consorzio Vini Valpolicella. Veronese, laureato in Scienze forestali ed ambientali, Matteo Tedeschi (classe 1978) ha maturato una lunga esperienza ricoprendo incarichi pubblici di rilievo.

Dal 2003 è attivo presso il Servizio forestale regionale di Verona. Dal 2005 e fino all’incarico al Consorzio Vini Valpolicella, anche in Avepa, l’Agenzia Veneta per i pagamenti.

«Si tratta di un profilo altamente qualificato e specializzato che ha trovato piena coesione nel Consiglio di amministrazione dell’ente», commenta il presidente del Consorzio veronese, Christian Marchesini.

«Oltre alle competenze tecniche – aggiunge – Matteo Tedeschi vanta una profonda conoscenza della denominazione e delle specificità delle aziende che la compongono. Un valore aggiunto e indispensabile per perseguire gli obiettivi del Consorzio, sempre più orientato alla qualità e alla sostenibilità, anche economica, della Valpolicella».

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Valpolicella: al via la vendemmia 2021

Tutto pronto in Valpolicella per la vendemmia 2021, al via da metà settembre. L’uva si presenta sana sotto ogni punto di vista, di ottima qualità e quantitativamente equilibrata. Inoltre il mercato 2021 promette di chiudersi molto bene per i vini della doc. Nei primi 8 mesi dell’anno infatti si registra un imbottigliato al +10% per il Valpolicella (Superiore incluso), + 17,8% per il Ripasso e +29% sull’Amarone rispetto al 2020.

«le curve di maturazione dell’uva, realizzate dal Consorzio – spiega Christian Marchesini, Presidente del Consorzi – non lasciano dubbi. Le analisi mostrano gradazioni zuccherine ottimali, con medie superiori agli scorsi anni e già oltre i requisiti minimi, bilanciate inoltre da dotazioni acidiche, eccellenti, con ottimi tenori di acido malico e tartarico».

«Non ultimi, anche gli antociani si rivelano abbondanti e con una buona estraibilità, lasciando pregustare calici con colorazioni molto intense, oltre che di elegante profilo. L’annata – conclude Marchesini – 2021 sarà senz’altro memorabile».

Un’annata che si preannuncia eccellente, dunque, merito certamente della perizia dei viticoltori del territorio, ma anche di un andamento climatico straordinariamente favorevole. Un un agosto caldo e asciutto e ad un’ottimale escursione termica giornaliera hanno permesso di recuperare il ritardo fenologico iniziale.

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Valpolicella-Cortina: il Consorzio punta sulla ristorazione di fascia alta

La Valpolicella si siede nel salotto delle Dolomiti e guarda ai Giochi Olimpici invernali Milano-Cortina 2026. I prossimi 11 e 12 settembre il Consorzio di Tutela Vini Valpolicella sarà infatti il partner “in rosso” di The Queen of Taste. Manifestazione gourmet dell’estate ampezzana organizzata dall’associazione Cortina for Us e Chef Team Cortina.

Il posizionamento dei nostri vini nella ristorazione di fascia alta è tra gli obiettivi prioritari della nuova politica di promozione del Consorzio Vini Valpolicella. In questo contesto – spiega il presidente, Christian Marchesini – l’inserimento del nostro evento nel palinsesto del festival gastronomico di Cortina rientra in un percorso propedeutico che ci proietta anche verso le Olimpiadi invernali del 2026».

Nella due giorni di “Valpolicella-Cortina andata e ritorno“, il progetto del Consorzio per la quinta edizione del festival, Amarone, Valpolicella Superiore, Ripasso e Recioto saranno abbinati ai menù proposti dai maestri del gusto di alcuni locali selezionati in rappresentanza della Dolce Vita gastronomica della perla delle Dolomiti.

Piatti contemporanei, sapientemente interpretati da una squadra di chef veneti, anche stellati, oltre che dai rispettivi titolari delle cucine. Dopo questa prima tappa, “Valpolicella-Cortina” farà ritorno in Valpolicella. Un programma di incoming che coinvolgerà il team di chef protagonisti di The Queen of Taste.

LE AZIENDE PARTECIPANTI ALL’EVENTO

Cantina Valpolicella Negrar, Corte Canella, Costa Arente, Le Guaite di Noemi, Mezzo Ettaro, Piccoli. Rubinelli Vajol, Sartori di Verona, Secondo Marco, Tenuta Chiccheri, Torre di Terzolan, Vigneti Villabella.

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Gli Editoriali news news ed eventi

Valore delle uve, mediatori e speculazioni: Valpolicella e Oltrepò pavese così lontani, così vicini

EDITORIALE – Cosa accomuna Valpolicella e Oltrepò pavese? Poco o nulla, a prima vista. Eppure, a poche ore di distanza, dalle due terre del vino si leva lo stesso allarme: quello sui prezzi delle uve, sui mediatori e sulle speculazioni. Cronaca di un caldo 25 agosto, risvolto amaro della medaglia di un’Italia che, proprio in questi giorni, sorride ai dati positivi del primo semestre 2021, tra riaperture e revenge spending.

«Oggi più che mai – commenta Christian Marchesini, presidente del Consorzio Vini Valpolicella – il confronto sulle dinamiche produttive e di mercato è fondamentale. Con le aziende e le associazioni di filiera dobbiamo spingere sempre di più su qualità e posizionamento per vincere la guerra contro le speculazioni, a partire dai valori delle uve. Solo così potremo sostenere il sistema Valpolicella e, in generale, il made in Italy enologico».

A parlare per l’Oltrepò, come accade con tale frequenza solo in Oltrepò, è la politica. Nello specifico, l’assessore all’Agricoltura e Sistemi verdi di Regione Lombardia, il bresciano Fabio Rolfi. «La bottiglia deve essere venduta a un prezzo dignitoso – ha sottolineato l’esponente della Lega – e il lavoro agricolo deve essere riconosciuto. Deve essere redditizio».

«Senza un ritorno non ci sono promozione, investimento e ricettività. Da qui – ha aggiunto – la mia proposta di istituire un Osservatorio dei prezzi delle uve, per mettere in chiaro il costo di produzione e il prezzo che deve essere pagato. Per porre fine a fenomeni speculativi favoriti da un sistema nebuloso di mediatori che caratterizza l’attuale sistema di fissazione del prezzo».

UN OSSERVATORIO DEI PREZZI DELLE UVE IN OLTREPÒ PAVESE?

Due affermazioni, quella del presidente Marchesini e dell’assessore Rolfi, che sembrano parte dello stesso convengo, mentre la vendemmia 2021 entra sempre più nel vivo. E invece no. Le parole del presidente del Consorzio Tutela Vini Valpolicella arrivano da Villa Brenzoni Bassani.

È lì che si è tenuto il consueto incontro fra i rappresentanti del Consorzio, delle aziende e delle associazioni di categoria. Obiettivo? La «valutazione congiunta sui valori delle uve in vista dell’imminente vendemmia». Qualcosa che potrebbe essere utile, forse, anche all’Oltrepò pavese. Con o senza l’«Osservatorio» calato dal solito palazzo (quello di Regione Lombardia, ça va sans dire).

Sul tavolo, Christian Marchesini ha spalmato i trend degli ettari rivendicati, delle produzioni di uva. Degli imbottigliamenti e delle giacenze. Nonché i prezzi camerali delle uve Valpolicella degli ultimi anni. Tra le priorità del Consorzio, «premiare in termini di prezzo il prodotto di eccellenza».

Un riferimento esplicito all’Amarone della Valpolicella Docg, ma non solo. «Proporre prodotti diversi tra loro e in grado di coprire molti segmenti di mercato» è un’altra priorità emersa nell’incontro del 25 agosto. La Valpolicella, del resto, muove un giro d’affari annuo di oltre 600 milioni di euro, ben segmentati.

AMARONE VS “BONARDONE”

Oltre la metà è da ascrivere alle vendite del vino simbolo di Verona e del veronese, l’Amarone, che viene esportato per il 67%. Tra i paesi target, Usa(14%), Svizzera (12%), Regno Unito (11%), Germania e Canada (10%). Seguono Svezia (8%), Danimarca (7%), Norvegia e Paesi Bassi (6%).

Cina e Giappone pesano congiuntamente circa il 3%, sebbene il valore dell’export in questi due Paesi sia «cresciuto notevolmente nell’ultimo quinquennio». Dall’incontro tenutosi a Montescano, in Oltrepò pavese, filtrano invece pochi numeri. E tanti proclami. I soliti.

E mentre i prezzi di uve come il Riesling italico scivolano a circa 28 euro al quintale dai circa 32 del 2020 (Riesling renano a circa 45 e Pinot nero a 60 euro), ciò che conta in Oltrepò pavese è la «soddisfazione» della presidente del Consorzio, Gilda Fugazza.

«Di strada ne abbiamo fatta – commenta a Lombardia Notizie – consapevoli di avere tutti i vini che vanno dall’antipasto al dolce, sia per il metodo classico che per altri prodotti come la Bonarda frizzante e il Sangue di Giuda, che ci sta dando buone soddisfazioni commerciali e in questo momento ci rappresentano». Del resto, chi s’accontenta gode. Soprattutto se ha le idee terribilmente confuse. Prosit.

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Consorzio Valpolicella: meno produzione, più sostenibilità

Il Consorzio di tutela vini Valpolicella ha presentato il primo report annuale sulla denominazione. Uno strumento che ha l’obiettivo di inquadrare caratteristiche e trend della Denominazione veneta. Una realtà forte di 2.271 viticoltori, 6 cantine sociali, 322 imbottigliatori e un giro d’affari annuo di oltre 600 milioni di euro generato per il 70% dall’export verso 87 Paesi del mondo.

«Abbiamo voluto dotarci di uno strumento di monitoraggio della denominazione che affineremo sempre di più nel prossimo futuro – ha detto il presidente del Consorzio di tutela vini Valpolicella, Christian Marchesini – convinti che dallo studio dell’ecosistema socioeconomico della denominazione debbano derivare le scelte da percorrere».I

I NUMERI DELLA DENOMINAZIONE

Con una superficie vitata di 8.398 ettari, vitati con varietà autoctone nel 97% dei casi, il territorio è stato in grado di produrre, lo scorso anno, quasi 65 milioni di bottiglie tra Valpolicella Doc, Ripasso Doc, Docg Amarone Docg e Recioto Docg.

Le recenti politiche di contenimento della produzione proposte dal Consorzio e condivise dalle imprese hanno contribuito da una parte ad aumentare la qualità media, dall’altra a generare un maggiore equilibrio sui mercati. I prezzi dello sfuso di Amarone sono aumentati dal 6% al 13% per effetto di una produzione di uve scesa negli ultimi 2 anni del 12% sul biennio precedente, a fronte di una crescita della vigna sul pari periodo del 5%.

«Competitività, sostenibilità ambientale ed economica, qualità, sono valori che oggi i Consorzi di tutela hanno il dovere di perseguire per mantenere in equilibrio la filiera. A tal proposito – ha concluso Marchesini – abbiamo la fortuna di poter contare su un tessuto di imprese lungimiranti e responsabili».

I DATI DELL’ANNUAL REPORT

Nel complesso, la superficie vitata ha visto negli ultimi 20 anni un incremento di oltre il 60%. Il 43% afferisce alla zona Classica, il 54% alla Doc e il 3% alla Valpantena. Sostanziali le variazioni nella scelta delle tipologie da parte delle aziende. Per le medio piccole il paniere dell’imbottigliato è composto da Ripasso (44,6%), Valpolicella (30,7%), poi e Amarone/Recioto (24,7%).

Per le medio-grandi il Ripasso sale al 57,8% dei volumi, con Amarone/Recioto al 24,7% e il Valpolicella al 17,6% della produzione. Nell’Annual Report è presente le analisi sul terroir con la mappatura dei vigneti e la carta dei suoli, oltre alle azioni di tutela con i casi e le attività legali in corso, le attività di promozione e la certificazione RRR (Riduci, Risparmia, Rispetta).

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Il Valpolicella Doc Superiore: il vino su cui puntare per il 93% dei produttori

Il Valpolicella Doc Superiore è il prodotto su cui puntare per il 93% dei produttori della Denominazione. A dirlo, l’indagine interna dell’omonimo Consorzio di tutela vini presentata oggi in occasione di “Valpolicella Superiore – A Territory Opportunity“. Si tratta del secondo evento digitale, dopo la Valpolicella Annual Conference.

«Vogliamo valorizzare il vino che più si identifica con il territorio – ha spiegato il presidente del Consorzio tutela vini Valpolicella, Christian Marchesini – a partire dalla ricostruzione di una identità di prodotto e di una vision condivisa tra tutti i produttori».

In particolare, un segnale di svolta è dato dall’appassimento: 6 imprese su 10 non intendono farlo. I rimanenti ritengono utile solo un breve passaggio. Complessivamente, il 94% delle aziende rispondenti producono o commercializzano Valpolicella doc Superiore.

IL POTENZIALE INESPRESSO

Ma c’è ancora potenziale inespresso, «a partire dalla riconoscibilità e dal posizionamento». Stando ai risultati della survey, che ha coinvolto un campione di circa un terzo dei produttori/imbottigliatori del Consorzio, c’è infatti molto da lavorare sul fronte della conoscenza.

Per il 62,4% dei produttori, i consumatori italiani ignorano o quasi il prodotto, dato che sale a 7 su 10 quando si prendono in considerazione i mercati esteri. Leggermente meglio la stampa italiana, che ha una conoscenza insufficiente per il 43,6% delle aziende, sufficiente per il 41,6% e buona per il restante 14,9%.

Valpolicella alla Beaujolais accanto a Ripasso e Amarone sempre più di terroir

Sempre secondo il punto di vista dei produttori, i principali punti di forza del Valpolicella Doc Superiore sono il profilo organolettico (indicato dal 52,5% delle imprese per il mercato interno e dal 46,5% per quello estero) e la versatilità di abbinamento (47,5% in Italia e 38,6% all’estero).

Tra gli elementi di debolezza sotto il profilo commerciale nel mercato domestico, più della metà delle imprese (54,5%) riconosce il peso della molteplicità di stili all’interno della tipologia.

Conta anche la concorrenza di altri vini della Valpolicella (43,6%, con il Ripasso come principale indiziato) o la mancanza di un segmento commerciale definito (43,6%), fattori che sembrano avere un peso importante anche sui mercati esteri.

L’EXPORT E I PREZZI DEL VALPOLICELLA DOC SUPERIORE

E se l’Italia è il primo mercato di sbocco, principale destinazione per oltre i 3/4 dei rispondenti (con l’Horeca che assorbe l’84,2% delle vendite), ad occupare il più alto gradino del podio nella classifica per export è la Germania (meta per un quarto delle imprese).

Seguono Usa (23,2%) e Danimarca (17,9%), mentre Olanda e Svizzera condividono a parimerito il 4° posto. Sul fronte degli investimenti futuri, la metà delle aziende punta a potenziare la presenza negli Usa. Quasi un terzo (31,6%) scommettono su Germania e Svizzera.

Per quanto riguarda i prezzi, il 38,9% delle aziende posiziona il suo prodotto nella fascia oltre i 10 euro a bottiglia (prezzo ex cellar), il 23,2% tra i 6 e gli 8 euro, il 20% tra gli 8 e 10 euro, il 17,9% a meno di 6 euro.

ENOTURISMO: UN’ALTRA OPPORTUNITY

Un posizionamento che si conta di migliorare in futuro, con il 44,2% dei rispondenti che aspirano alla fascia oltre i 10 euro. Per andare poi a scalare progressivamente nelle fasce di prezzo sottostanti.

«Lo spostamento verso la Gdo – ha precisato il presidente Christian Marchesini – continuerà anche dopo la pandemia Covid-19. Diventerà un fattore importante, di confronto, sempre più rilevante. Ma è altrettanto vero che l’ospitalità avrà un incremento per le piccole aziende verticali».

Una Valpolicella, dunque, che crede e punta sull’enoturismo. Un settore che potrà cogliere l’opportunità dell’inserimento nella Lista dei Paesaggi storici, deciso dal Ministero dell’Agricoltura a fine maggio 2021.

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Valpolicella Doc Superiore protagonista online con il Consorzio

Valpolicella Doc Superiore sugli scudi. Il 24 giugno prossimo, dalle 14.00 alee 16.00, andrà in onda la prima edizione di “Valpolicella Superiore – A Territory Opportunity“. Il format riunirà online produttori, operatori e stampa nazionale e internazionale. Una vera e propria prima volta per la denominazione più giovane e fresca dell’area vinicola del Veneto.

Tra gli obiettivi di questo inedito percorso, «riportare all’attenzione del mercato tutta la piramide qualitativa». Dai «vini di metodo», come Amarone, Valpolicella Ripasso e Recioto, a quelli «di territorio». Rappresentati appunto dal Valpolicella e dal Valpolicella Superiore.

Riteniamo che sia arrivato il momento – spiega Christian Marchesini, presidente del Consorzio tutela vini Valpolicella – di chiarire ai buyer e ai consumatori l’ampia gamma dei nostri vini.

Dopo il successo della Valpolicella annual conference di febbraio, ora proseguiamo il cartellone digitale con il Valpolicella Superiore. Un vino fresco e nello stesso tempo complesso anche al netto della tecnica dell’appassimento, che può intercettare nuovi trend di consumo”.

DUE SESSIONI PER “VALPOLICELLA SUPERIORE – A TERRITORY OPPORTUNITY”

Sono due le sessioni del “Valpolicella Superiore – A Territory Opportunity” che saranno trasmesse in diretta streaming su Zoom e sui principali canali social del Consorzio (Facebook e Instagram).

Nella prima, il Consorzio presenterà a stampa, trade e aziende il primo Valpolicella Annual Report, il dossier completo dei trend di produzione e clima degli ultimi 50 anni, oltre che di mercato.

Tra i contenuti anche i risultati dell’indagine interna sul Valpolicella doc Superiore. L’obiettivo è stato quello di «individuarne profilo stilistico, organolettico e di mercato e tracciare le prospettive future di questo vino».

In programma, anche uno special tasting di 8 Valpolicella doc Superiore (selezionati alla cieca da una commissione tecnica) guidato da Gabriele Gorelli, primo Master of Wine italiano; Filippo Bartolotta, wine educator conosciuto anche come “Il sommelier delle star” e JC Viens, giornalista e Italian wine expert.

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Dalla Valpolicella no secco alla dealcolazione del vino

«La proposta di Bruxelles di una dealcolazione parziale o totale del vino, che verrebbe sostituito con l’acqua, oltre ad essere rischiosa per garantire la qualità dei prodotti del settore, è un’idea assurda e senza senso». Lo dichiara in una nota Andrea Sartori, Presidente di Casa Vinicola Sartori, storica realtà della Valpolicella.

La tradizione enologica italiana – spiega – è prima nel mondo e le aziende vitivinicole a essa collegate sono un patrimonio, non solo nazionale ma internazionale, che fan parte delle eccellenze “Made in Italy”.

Una folle idea che potrebbe cancellare 120 anni di storia della nostra cantina, che ha fatto della territorialità, della qualità, della ricerca del prodotto e dell’innovazione un’eccellenza mondiale».

Per Sartori: «Se l’Ue accogliesse questo indirizzo i nostri vini classici veronesi, etichette doc come la Valpolicella, il Soave, il Bardolino, il Bardolino Chiaretto o il Corte Brà Amarone della Valpolicella Classico Docg sarebbero solo degli antichi ricordi, che verrebbero sostituiti da surrogati che potrebbero essere prodotti da chiunque, favorendo la contraffazione e arrecando all’enogastronomia italiana un danno economico incalcolabile».

Vini Dop e Igp senza alcol: Coldiretti promette battaglia all’Europa

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Jako Wine: la “cantina che non c’è” di Berti e Barzan, i globetrotter del vino italiano

Tutto, in fondo, è iniziato attorno a una “bollicina”. Uno spumante Metodo classico dell’Oltrepò pavese, per l’esattezza. Era il 2011. Oggi, a 10 anni di distanza, solo GianlucaLucaBerti e Severino Barzan sanno cosa può accadere quando un imprenditore del ramo della logistica e un noto ambasciatore del vino italiano mettono assieme l’unica cosa più forte delle idee: i sogni. Jako Wine è nata così. Dall’incrocio fortunato di due (e più) calici.

Un progetto innovativo, che si basa su tre capisaldi: niente cantina, niente vigneti di proprietà e ricerca della qualità assoluta, dal campo alla bottiglia. Da veri globtrotter del vino italiano, Berti e Barzan danno la caccia alle migliori parcelle, le affittano e le affidano allo staff agronomico ed enologico oggi capeggiato dal prof Leonardo Valenti e dal giovane winemaker veronese Lorenzo Dionisi.

Sono loro a supervisionare la vinificazione che avviene all’interno di cantine partner, prescelte nei vari territori (le stesse che affittano i terreni): Oltrepò pavese, Lago di Garda, Valpolicella e Montefiascone, nel Lazio.

Una volta imbottigliato, il vino viene trasportato nel magazzino all’avanguardia di Jako Wine, a Verona. Cinque Metodo classico, due bianchi e due rossi, per un totale di circa 30 mila bottiglie e un fatturato cresciuto lo scorso anno sino a quota 400 mila euro.

Passi da gigante, insomma, rispetto all’idea iniziale di produrre solo «Wine for Friends», con il brand name “Jako” elaborato dal nome di figlio di Luca Berti, Jacopo; e il fenicottero – per meglio dire il flamingo, simbolo di Miami – a celebrare lo sguardo internazionale del duo di eno-globetrotter.

Proprio a Miami e negli Usa finisce una buona fetta della produzione, distribuita in esclusiva anche in Danimarca, Inghilterra, Germania e Cina. Il mercato italiano è invece affidato a pochi selezionati ristoranti, enoteche e locali delle principali città: da Verona a Milano, da Roma a Firenze, passando per piazze “in” come Capri e Forte dei Marmi.

JAKO WINE: 6 VINI IN ASSAGGIO

  • Metodo classico Pas Dosé 2015: 90/100
    Sboccatura 4/2020, 12.5% vol. Vitigno: Chardonnay 60%, Garganega 40%. Alla vista di un bel giallo paglierino con riflessi dorati, perlage fine e persistente. Naso largo, sulla frutta matura: pesca gialla, esotico, un tocco di agrume, sempre maturo. Bel bouquet di fiori che spazia dalla camomilla al biancospino. Sorso di buona tensione, sapido in centro bocca, prima dei ritorni setosi pennellati dai ritorni di frutta matura, già avvertita al naso. Finale di buona persistenza, ancora una volta nel segno dell’equilibrio fra le tonalità tipiche dei due vitigni. Un Metodo classico che nasce da 5 ettari di terreno morenico, nella zona del lago di Garda.
  • Oltrepò pavese Docg Metodo classico Brut Rosé 2015: 89/100
    Sboccatura 12/2020, 12,5% vol. Vitigno: Pinot Nero in purezza. Alla vista un bel rosa salmone, tipico dei Cruasé oltrepadani. Perlage fine e persistente. Tanto floreale al naso, che lascia spazio anche ad agrumi e piccoli frutti rossi. Un quadro preciso e intrigante che si ripresenta anche al palato, con un’ottima corrispondenza. Il finale è piuttosto cremoso, con il dosaggio che arrotonda la beva, placando la tensione agrumata iniziale. Un Metodo classico ottenuto da 3 ettari di Pinot Noir in Oltrepò pavese e terreni di medio impasto calcareo.
  • Pinot Grigio delle Venezie Doc 2018 “Griso Venèxian”: 87/100
    13% vol. Giallo paglierino alla vista. Al naso le note esotiche tipiche del vitigno. Si avvertono ricordi di pesca e pera perfettamente matura, nonché agrumi come il mandarino, che spaziano dal succo alla buccia. Il sorso è agile, altrettanto tipico, di buon equilibrio acido-glicerico. I vigneti da cui nasce questa etichetta sono situati lungo le sponde del Lago di Garda, con terreni prettamente morenici.
  • Vino Bianco Igp Lazio 2017 “Campocasa”: 92/100
    12,5% vol. Rossetto 100%, varietà autoctona molto diffusa nella zona dei Castelli Romani. Alla vista un bel giallo paglierino, luminoso. Naso generoso, non solo in termini di intensità, ma soprattutto dal punto di vista della complessità. Si spazia dai fiori di camomilla secchi alla frutta a polpa bianca e gialla matura; da una speziatura leggera ai ricordi di radice di liquirizia, passando per la macchia mediterranea (alloro, rosmarino). Ingresso di bocca che abbina leggerezza e profondità, su note concordi col naso. L’accento agrumato iniziale, unito a una corroborante vena sapida, lascia spazio a un finale morbido, su vaghi ritorni vanigliati, ben combinati al resto del corredo. La chiusura è lunga e consistente, tanto da ampliare lo spettro di abbinabilità gastronomica di questo nettare. Un Rossetto che prende vita da terreni a 300 metri d’altezza, individuati dallo staff di Berti e Barzan nella zona di Montefiascone, friabili e ricchi di scheletro.
  • Rosso Veronese Igt 2018 “Ruber”: 89/100
    16% vol, uvaggio Corvina e Merlot. Rosso rubino dall’unghia violacea, alla vista. Al naso le note verdi e speziati dei due vitigni, ben abbinate a ciliegia e frutta di bosco matura: lampone, ribes, mora. Al palato una gran generosità e “abbondanza”, data soprattutto dall’alcol (non disturbante) e dai precisi ritorni di frutta matura. Buona la freschezza, che riequilibra la morbidezza del sorso. Vino in definitiva piacevole, da godersi anche con qualche grado di temperatura in meno rispetto alla media dei rossi importanti. “Ruber” nasce da terreni morenici, nella zona a sud del Lago di Garda.
  • Rosso Veneto Igt 2015 “Siresol”: 90/100
    16% vol, uvaggio Corvina, Rondinella, Oseleta, Croatina e Cabernet Sauvignon. Un piccolo “Amarone della Valpolicella”, in cui il Cabernet gioca il ruolo di mediatore, arrotondando le asperità (tannino, speziature, note verdi e durezze) dei vitigni tipici del “Re dei rossi” del Veneto. Alla vista un bel rubino dall’unghia granata. Naso molto interessante e stratificato. Si passa dalla frutta rossa, come ribes, ciliegia e lampone, all’agrume rosso, una sanguinella succosa. Non mancano ovviamente le spezie nere, oltre a una spolverata di cumino. Sorso teso in ingresso, con un bel ritorno fresco regalato dai tironi speziati, scuri. Vino strutturato e decisamente gastronomico che nasce dalle colline della Valpolicella, in particolare da vigneti posti fra i 100 e i 350 metri sul livello del mare e terreni di composizione argilloso-calcarea.

*** DISCLAIMER: La recensione di queste etichette è stata richiesta a WineMag.it da Jako Wine. I giudizi sono stati comunque espressi in totale autonomia, nel rispetto dei nostri lettori ***

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Amarone della Valpolicella in brik: il “pesce d’aprile” di Allegrini

FOTONOTIZIA – «Un nuovo incredibile packaging per il nostro Amarone! Così incredibile che fai bene a non crederci. Buon pesce d’aprile!». Allegrini esorcizza il 1 aprile sui propri canali social, scatenando l’ilarità dei follower con l’immagine di un finto Amarone della Valpolicella in brik da un litro.

Qualcosa, per l’appunto, di “Unbelivable!”. Decine i commenti e le reazioni al post, tra cui spicca la proposta del nome da dare al nuovo fantomatico vino: «Allegrello». Prosit!

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Nuovo traguardo per Casa Vinicola Sartori: status di Riserva per l’Amarone Corte Brà

Corte Bra, l’Amarone che nasce dalla “vigna giardino” di Villa Sartori, splendida dimora del Seicento sede fin dal 1898 della storica casa vinicola veronese, taglia un nuovo traguardo: raggiunge cioè lo status di Amarone della Valpolicella Docg Classico Riserva, con la vendemmia 2013 oggi sul mercato. Solo 12 mila le bottiglie prodotte.

«Una nuova tappa del nostro percorso volto alla costante ricerca della massima qualità – commenta il presidente Andrea Sartori – raggiunta con lo status di Riserva di uno dei nostri vini storici, il Corte Brà Amarone della Valpolicella Classico Docg».

Un vino, prodotto fin dagli anni ’80, che nasce e porta il nome del nostro primo vigneto, esposto a sud e racchiuso tra le mura della proprietà di villa Sartori che, dal 1898, ospita la sede aziendale a Verona». Spiega Andrea Sartori, Presidente di Casa Vinicola Sartori.

IL VIGNETO
Il podere Corte Brà, da cui prende il nome questo vino, si trova su una collina situata nel cuore della Valpolicella Classica, a Negrar (VR). È coltivato perlopiù a Pergola Veronese e gode di un’ottima esposizione a sud, oltre che di un terreno di composizione calcarea e argillosa.

Il Corte Brà è il risultato di un’annata degna di nota, grazie alle condizioni climatiche particolarmente favorevoli per le uve autoctone che danno vita alla nuova Riserva: 60% Corvina Veronese, 20% Corvinone e 15% Rondinella, completate da un 5% di Oseleta.

«Il Corte Brà Riserva 2013 – sottolinea Sartori – nasce da un’attenta selezione dei migliori grappoli messi a riposo nel fruttaio della villa e racchiude tutta la magia delle tradizionali tecniche enologiche che l’azienda ha saputo migliorare e affinare in oltre 120 anni di attività. Il tempo è il profondo valore di questo vino».

Un prolungato e delicato appassimento delle uve e un periodo di maturazione di sei anni in botti di piccole e medie dimensioni, danno vita a un vino dal bouquet ampio, fine e complesso con caratteristiche note di confettura di frutta rossa e spezie. Spiccano fragranze di ciliegia, frutta passita e tabacco».

LA DEGUSTAZIONE
All’assaggio, il Corte Brà abbina un’eccezionale potenza ad un’estrema eleganza. Di colore rosso intenso, che tenderà al granato con l’invecchiamento, si rivela sofisticato e persistente. Un vino da meditazione per antonomasia, in grado di accompagnare perfettamente ricette elaborate a base di carni saporite, selvaggina e formaggi stagionati.

L’emozione di Andrea Sartori per il nuovo “status” è evidente: «Ci piace pensare che in una bottiglia si possano ritrovare non soltanto la qualità e il territorio, ma anche la dedizione e l’amore investiti dalla nostra famiglia per arrivare a questo traguardo. In tal senso, Casa Vinicola Sartori ha una storia da raccontare e una tradizione da tramandare».

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Valpolicella: 7 aziende su 10 intendono investire in enoturismo

Sette aziende della Valpolicella su 10 intendono investire in enoturismo nei prossimi anni. A dirlo l’indagine interna del Consorzio di tutela vini della dop veneta realizzata in occasione della Valpolicella annual conference, la due giorni di convegni, degustazioni e approfondimenti live in formato completamente digitale del 26 e 27 febbraio.

Secondo i dati raccolti su un campione di circa un terzo delle aziende del territorio, dopo un 2020 chiuso a -9,6% sul fronte delle vendite di vino made in Valpolicella, sarebbe proprio l’ospitalità la chiave di volta per la ripartenza nello scenario post-Covid. Un asset importante, su cui l’area vitivinicola ha ancora molto potenziale inespresso.

Se infatti la vendita diretta al pubblico è una prassi diffusa su tutto il territorio e in ogni tipologia di azienda, praticata dal 98% dei rispondenti, rappresentano solo il 28% le realtà che si sono lanciate nell’hospitality, per lo più con B&B (nel 39% dei casi) e visite e degustazioni in cantina (32%), e ancora meno (il 13%) quelle che offrono servizi di ristorazione. Si tratta inoltre di formule attivate in media da 15 anni, tanto che 2 su 3 tra quelle già inserite nel circuito enoturistico prevedono nuovi investimenti.

«La propensione all’investimento è un dato molto positivo per l’economia di tutto il nostro territorio – dice il un presidente del Consorzio, Christian Marchesini – segnale di rilancio forte che, per concretizzarsi, ha bisogno del supporto di tutti gli attori istituzionali che ruotano attorno alla gestione del prodotto turistico. Il Consorzio sarà in prima fila per supportare le aziende che decideranno di investire in questa direzione attraverso un cospicuo lavoro di rete, ma anche attraverso la formazione e la promozione».

Valutando l’incidenza sul fatturato, le aziende hanno stimato un impatto medio dell’enoturismo pari al 17%, dato che sale oltre al 21% per le aziende con una produzione inferiore a 100 mila unità che, con un terzo già impegnato in attività enoturistiche, sono quelle a dimostrare il più alto tasso di ricettività. La quota scende invece rispettivamente all’11% e 4% per le medie e grandi aziende.

Il Consorzio Vini Valpolicella vanta oltre l’80% della rappresentatività della denominazione. La Valpolicella detiene quasi 8.400 ettari vitati dislocati nei 19 comuni della Doc veronese ed esprime ogni anno un giro d’affari di circa 600 milioni di euro. Aperta a tutte le aziende del territorio, l’indagine censimento ha coinvolto un centinaio di realtà vitivinicole che sono state suddivise in piccole (fino a 100 mila bottiglie prodotte, 71% del campione), medie (100-500 mila bottiglie, 18% del campione) e grandi (più di 500mila bottiglie, 11% del campione).

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Covid-19, tiene l’Amarone ma calano Valpolicella e Ripasso

Tiene l’Amarone, calano Valpolicella e Ripasso. Va meglio l’export rispetto al mercato interno, sorridono le grandi aziende ma non le piccole, con il prezzo medio che cala un po’ per tutti. La Valpolicella va in altalena sui mercati nell’anno del Covid-19 e tutto sommato chiude l’anno tirando un sospiro di sollievo.

La principale denominazione rossa del Veneto regge infatti l’urto dell’emergenza e chiude le vendite di vino a valore nel 2020 con un -3,3%, frutto di un risultato stabile dell’export (-0,1%) e di un calo sulla domanda italiana del -9,6%.

È il quadro di sintesi presentato oggi dal responsabile di Nomisma-Wine Monitor, Denis Pantini in occasione della Valpolicella annual conference, la 2 giorni digitale organizzata dal Consorzio tutela vini Valpolicella in chiusura oggi.

L’indagine, condotta su un campione di aziende che rappresenta circa la metà della capacità produttiva dell’area e una media pro-capite di 1,1 milioni di bottiglie vendute, segnala per l’Amarone un mercato double face, con una crescita importante (+7%) nel valore dell’export a fronte di una contrazione del 13% sulla piazza nazionale.

Le destinazioni internazionali, che rimangono meta dei 2/3 delle vendite, accusano un calo nel prezzo del re della Valpolicella di circa il 5%.

«In generale – ha sottolineato il presidente del Consorzio tutela vini Valpolicella, Christian Marchesini – considerata la congiuntura la performance è da considerare positiva per il nostro vino di punta, che chiude l’anno meglio rispetto al trend nazionale».

Ma ciò che preoccupa sono le disparità all’interno del dato generale, con le piccole imprese di qualità che pagano pesantemente la chiusura dell’horeca, con perdite medie del 10% per l’export e del 28% sulla domanda interna. Dinamica questa che colpisce direttamente il dna del nostro tessuto produttivo e che si riflette anche nelle altre Doc osservate dall’indagine».

Sul fronte delle vendite per canale in Italia è evidente come la presenza in Gdo (principale canale di sbocco con un’incidenza del 44% sul totale) delle piccole aziende sia limitata al 10% del totale del loro business, a fronte di una quota elevatissima (47%) di vendite effettuate attraverso la figura del grossista, in gran parte destinata alla ristorazione.

In linea con la media nazionale, l’influenza delle vendite dirette (7%) e di quelle online (3%). Sul fronte export, gli Usa si confermano primo buyer per l’Amarone con una quota di mercato del 14%; a seguire Svizzera (12%), Regno Unito (11%), Canada e Germania (10%). Bene il trend della piazza statunitense a valore (+9%), positive anche le performance nelle altre top 5 piazze, con incrementi dal 4% al 7%.

Valpolicella alla Beaujolais accanto a Ripasso e Amarone sempre più di terroir

Ancora più alta (73%) la propensione all’export per il Ripasso, dove però si registra un calo del 5% a valore. In rosso anche le vendite in Italia che segnano un -6%. Cali pesanti, rispettivamente del 23% e del 25% per le piccole aziende.

Il Canada (+1% le vendite nel 2020) si conferma di gran lunga prima destinazione per il Ripasso con il 23% degli acquisti totali, seguito da Svezia (quota all’11%) e a pari merito da Svizzera, Germania e Regno Unito (9%). In Italia la Gdo è nettamente il primo canale, con il 62% delle vendite a valore.

Vira in negativo anche il Valpolicella, che paga a valore un -3% all’estero (67% l’incidenza export) e un -8% sul mercato nazionale, dove la Gdo rappresenta quasi 2 bottiglie vendute su 3 ma che vale solo il 9% del fatturato delle piccole imprese, in evidente difficoltà sia sulle piazze interne (-21%) che negli scambi internazionali (-21%). Anche qui il Canada si conferma sbocco principale con oltre 1/3 delle vendite totali, seguita dagli Usa (19% la quota) e Norvegia (9%).

Per il responsabile di Nomisma-Wine Monitor, Denis Pantini: «La pandemia ha generato uno scenario di mercato spaccato in due, dove la linea di demarcazione è data principalmente dalle dimensioni aziendali che a loro volta determinano il posizionamento dei propri vini nei diversi canali distributivi».

Quello che è accaduto per la Valpolicella trova analogie in tutti i vini del Belpaese e «sta portando i produttori – ha aggiunto Pantini – a rivedere le proprie strategie commerciali in un’ottica di maggior diversificazione sia di mercato che di canale, come anche emerso dalla stessa indagine svolta nell’ambito dell’Osservatorio sui vini della Valpolicella”.

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Ristoranti chiusi, Zaia: «Covid non è Dracula». Attriti Veronafiere-Uiv su ripartenza

I 222 miliardi di euro del Recovery Fund? Dovranno servire ad aiutare anche le imprese del vino, che hanno giacenze di magazzino importanti per via delle chiusure della ristorazione internazionale. È quanto sottolineato dal presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, in collegamento poco fa alla Valpolicella Annual Conference 2021. Non solo.

«Gli operatori dell’Horeca sono stati massacrati – ha aggiunto Zaia – ma rappresentano il settore in sui le nostre imprese vitivinicole generano il loro fatturato. Dobbiamo mettere le imprese nelle condizioni di ripartire. Non si capisce poi perché la ristorazione debba rimanere chiusa la sera, come se il virus, come Dracula, col buio uscisse allo scoperto».

Zaia ha poi affrontato il nodo dei vaccini: «Alla fine avrò ragione io. Sono della teoria che “male non fare, paura non avere”, per questo bisogna andare al Vedo. Non è possibile che 20 intermediari continuino a dire che i vaccini ce li hanno».

«Con questo ritmo – ha concluso Zaia alla Valpolicella Conference – finiremo di vaccinare tra 2 anni, mentre noi in 100 giorni saremmo in grado di vaccinare 5 milioni di veneti. Serve fare in fretta perché chi si vaccina per primo acquisirà i mercati».

Restando in Veneto, il presidente del Consorzio tutela Vini Christian Marchesini ha annunciato un «accordo con un noto istituto bancario, grazie al quale sarà garantito del credito alle piccole imprese in difficoltà, non meno di 258 cantine sulle 329 totali.

I dettagli saranno forniti nelle prossime settimane, ma potrebbe trattarsi di una misura simile a quella intrapresa nelle Langhe dal Consorzio di Tutela di Barolo e Barbaresco.

LA RIPRESA
Sul fronte delle tempistiche della ripresa, da segnalare le differenti visioni di Veronafiere e Unione italiana vini. Mentre Giovanni Mantovani, general manager di Veronafiere, continua a ritenere strategico lo svolgimento di Vinitaly dal 20 al 23 giugno prossimi, il segretario generale di Uiv, Paolo Castelletti, individua nella fine del 2022 il momento nel quale si riuscirà a uscire dalla pandemia, tornando alla situazione pre Covid-19.

«Il sistema sta reggendo – ha affermato Castelletti – dal momento che il settore vitivinicolo italiano è fatto di aziende ben patrimonializzate. Ma il perdurare della crisi le porterà in sofferenze. Per questo, il migliore auspicio è una pronta ripresa dell’Horeca: un segmento che, su scala mondiale, vale 176 miliardi di dollari, ovvero il 52% del valore complessivo. Calcoliamo che il danno cumulato dal 2020 al 2022 supererà i 100 miliardi di dollari».

Castelletti ha annunciato inoltre un incontro con il ministro Patuanelli, in cui Uiv ribadirà – tra gli altri argomenti – la sua contrarietà al divieto di asporto di vino da parte delle enoteche, dalle ore 18.

VINITALY 2021

«Stiamo registrando da parte di nostri interlocutori sui mercati europei e internazionali una grande aspettativa di poter partecipare a Vinitaly, perché Vinitaly manca», ha sottolineato Giovanni Mantovani intervenendo alla Valpolicella Annual Conference.

Pensiamo a un Vinitaly a fine giugno diverso da quello visto in passato a cui hanno preso parte oltre 100 mila visitatori. L’intensità sarà diversa da quella a cui siamo abituati».

«Una manifestazione – ha precisato Mantovani – in cui a partire dagli stand, ovvero allo spazio riservato agli espositori, ci sia il più grande rispetto delle misure di distanziamento e, in generale, sia garantita la massima salubrità per le persone».

«Per cogliere il vantaggio competitivo con i mercati già vaccinati, immaginiamo un evento molto focalizzato a ospitare buyer selezionati dall’Europa e soprattutto capace di guardare con molta attenzione ai mercati extraeuropei che potranno essere presenti in quel momento», ha concluso il rappresentante di Veronafiere.

FRONTE EUROPA
Sempre alla Valpolicella Wine Conference, l’intervento dall’europarlamentare Paolo De Castro, sul tema dei dazi Usa, del piano anti cancro della Commissione Ue, e sulla Brexit, definita «una enorme sciocchezza dei cittadini britannici, che noi comunque rispettiamo per la loro decisione».

«Sul tema dei dazi Usa-Ue – ha detto il primo vice presidente della commissione Agricoltura – proprio in questi giorni abbiamo avuto un confronto in commissione con il responsabile del Commercio, Valdis Dombrovskis che ha assicurato l’impegno europeo per una moratoria di 6 mesi su tutti i dazi che intercorrono tra i 2 alleati. La speranza è ora che la richiesta europea sia accolta dall’amministrazione Biden, con cui lavoreremo non appena la sua squadra si insedierà definitivamente».

Sul discusso piano anticancro delle Commissione Ue, che punirebbe alcolici e carni rosse, equiparandole a sigarette p bevande gassate ricche di zuccheri: «Si tratta di un piano sacrosanto che però può avere declinazioni pericolose per alcuni prodotti del made in Italy e della dieta mediterranea, come carne rossa e vino».

Abbiamo in atto una serie di iniziative a partire da quella importante in programma nei prossimi giorni a Bruxelles assieme a Coldiretti e Filiera Italia con esperti da tutta Europa per far capire quanto è importante affrontare questo tema in maniera seria.

Come Parlamento europeo e commissione Agricoltura lavoreremo per evitare che ci siano conseguenze sia sul versante promozione che sull’etichettatura su un piano che a oggi non ha alcuna proposta legislativa”.

Sul nodo della la Brexit, che per Paolo De Castro «si sta rivelando un dramma, non solo per noi ma soprattutto per i britannici, che se ne stanno accorgendo ogni giorno di più, registriamo molte problematiche di ordine burocratico-amministrative, quali strascichi che a fronte del positivo no-deal».

L’europarlamentare ha infine annunciato che con l’Intergruppo vino ha richiesto «una sospensione fino alla messa a sistema di una piattaforma elettronica per i certificati di esportazione, accettati ora solo in forma cartacea, che risolva i grandi problemi che stiamo accusando nell’export vitivinicolo».

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Valpolicella alla Beaujolais accanto a Ripasso e Amarone sempre più di terroir

Sono terminate da poco le tre sessioni di degustazione della Valpolicella Annual Conference 2021, l’evento digitale organizzato dal Consorzio che tutela i vini rossi veneti capeggiati dall’Amarone. Diversi gli spunti di riflessione anche sul “base” Valpolicella e sul Ripasso, tutti sotto all’ombrello della parola “cambiamenti“: climatici, di mercato e d’approccio, sia sul fronte dei consumatori che della produzione.

Come nei film di successo, dove il finale è inatteso e tiene incollati allo schermo gli spettatori, gli spunti più interessanti sono arrivati dall’ultimo dei tre tasting. Merito, soprattutto, dell’intervento di Gabriele Gorelli, il primo Master of Wine italiano (nomina avvenuta proprio in mattinata), che ha parlato delle prospettive per il vino “base” della zona, il Valpolicella per l’appunto.

Secondo Gorelli, l’esempio da seguire è in Francia. Il Valpolicella avrebbe la grande opportunità di divenire “vino di terroir” guardando all’esempio del Beaujolais, ovvero attraverso un lavoro sui cru. Un percorso, c’è da dirlo, già avviato brillantemente da un’altra (vicina) denominazione del Veneto, quella del Bardolino e delle sue sottozone.

Si può essere “uncomplicated” (semplici, ndr) ma al contempo molto interessanti – ha suggerito il primo Master of Wine d’Italia – cambiando il paradigma e usando il concetto di “village” come opportunità. La Valpolicella, di fatto, viene considerata zona di produzione di vini da ricetta, di metodo, più che di terroir: attraverso il vino che sta alla base della piramide qualitativa, si potrebbe dare valore alla Denominazione».

Non a caso, come annunciato in occasione del secondo tasting in programma quest’oggi, il Consorzio ha varato la modifica del disciplinare che consente ai produttori di utilizzare lo screwcap, ovvero il tappo a vite, non solo sui Valpolicella – come consentito dal 2019 – ma anche sui vini con menzioni quali “Classico”, “Superiore” e “Valpantena”.

«L’obiettivo – ha spiegato Alberto Brunelli, enologo e advisor del Consorzio – è quello di aumentare le potenzialità dei vini in alcuni mercati». Il riferimento, per rimanere in Europa, è chiaro: Paesi come la Norvegia, dove un quinto dei rossi consumati annualmente proviene dal Veneto (parola di Tone Veseth Furuholmen, senior product manager del Vinmonopolet As, il monopolio norvegese) accoglie già senza ritrosie questa tipologia di chiusura.

Durante i tasting sono state ribadite poi le modifiche che riguardano il disciplinare del Ripasso (denominazione cresciuta del 128% nel decennio 2008-2018) introdotte sempre nel 2019 ma ancora poco note, anche tra i 100 professionisti collegati alla Valpolicella Annual Conference da 25 Paesi del mondo.

Tra queste, nell’ottica di una sua migliore qualificazione nell’ambito della piramide qualitativa che vede in testa l’Amarone, l’eliminazione del cosiddetto “contoterzismo” delle uve/vinacce atte alla produzione (devono provenire tutte da pertinenze aziendali); la presenza di una percentuale obbligatoria di un minimo del 10% e di un massimo del 15%, di vino atto a diventare Amarone e/o Recioto lasciato sulle vinacce dopo la loro svinatura.

O, ancora, l’obbligo di effettuare la pratica del “ripasso” in un’unica soluzione, con macerazione di almeno 3 giorni. «Regola che assicura l’estrazione delle componenti più nobili – ha ricordato Alessandro Bellotto, winemaker e advisor di Giotto Consulting – ma che non vieta di procedere oltre, in base alle scelte stilistiche dei produttori».

E l’Amarone? Se ne è discusso in occasione del tasting di apertura, alle ore 14. Alta la qualità dei vini presentati in forma anonima in batteria, ognuno con le proprie specificità, utili a dimostrare le diverse sfaccettature di un vino che è sì “di metodo”, ma che è in grado di preservare le caratteristiche intrinseche del terroir della Valpolicella.

Territorio e scelte dei produttori, come confermato dall’enologo Enrico Nicolis e dal professore di Enologia dell’Università degli Studi di Verona, Maurizio Ugliano, consentono infatti di presentare sul mercato vini rossi capaci di incontrare il gusto dei consumatori moderni.

La vera sfida dell’Amarone della Valpolicella è di fatto questa: restare al passo dei consumatori che prediligono sempre più vini rossi connotati dalla freschezza e da una beva non troppo impegnativa.

Tratti che possono essere assicurati anche dal “re dei vini del Veneto” (lo dimostrano le scelte stilistiche delle ultime Anteprime alla Gran Guardia di Verona), attraverso un attento lavoro in vigna volto alla ricerca della perfetta maturazione e a uno stile che predilige la freschezza all’abbondanza e opulenza glicerica.

Le altitudini non mancano nelle valli della Valpolicella e la presenza di uve autoctone naturalmente ricche di “rinfrescanti” componenti speziate, gioca dalla parte dei produttori. La sfida al mondo è aperta, senza perdere di vista la tipicità.

Al via la Valpolicella Annual Conference: il vino italiano ha retto alla pandemia

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Al via la Valpolicella Annual Conference: il vino italiano ha retto alla pandemia

Al via alle 11 odierne la Valpolicella Annual Conference 2021, con la prima sessione dedicata ai trend internazionali del vino italiano nel 2020, con focus su Horeca, Grande distribuzione ed e-commerce. Il quadro multicanale è a tinte tutto sommato positive per i rinomati vini rossi veronesi. A confermarlo Christian Marchesini, presidente del Consorzio Tutela vini che organizza l’evento digitale.

«Il sistema Valpolicella – ha dichiarato – ha risposto bene al 2020. Possiamo dirci felici, anche se fino a un certo punto, dal momento che abbiamo assistito a uno spostamento delle vendite da determinate aziende ad altre. Gli imbottigliamenti sono in linea con il 2019 e confermano la Valpolicella tra i sistemi più importanti a livello nazionale e mondiale, dal momento che l’80% dei vini prodotti nella nostra zona viene esportato».

In particolare, il 2020 chiude con 18 milioni e 200 mila bottiglie di Valpolicella, 30.3 milioni di Ripasso e 15.3 milioni di bottiglie tra Amarone e Recioto. Numeri che regalano fiducia anche quelli snocciolati da Denis Pantini di Nomisma Wine Monitor.

«L’Italia – ha annunciato – chiuderà il 2020 con un calo dell’export in valore di circa 200 milioni di euro, passando dalla cifra record di 6,4 miliardi a 6,2. Quanto ai mercati principali l’Italia, anche grazie ai dazi applicati ad altri Paesi, ha risposto meglio alla Pandemia da Coronavirus».

Il Paese più colpito, di fatto, è la Francia, che lascia sul campo un 10,8%. L’Italia si ferma a un -2,5% (dato novembre 2020) e riduce così il proprio gap dell’export in valore proprio nei confronti del transalpini, con la cifra record del – 40%, il miglior risultato degli ultimi 10 anni.

Cresce a livello mondiale solo l’export della Nuova Zelanda: +4,5%. Un dato, come spiegato da Denis Pantini, dettato soprattutto dai volumi del vino sfuso esportati nel mercato inglese. Eppure, proprio gli Uk segnano un dato drammatico nei bilanci delle imprese del settore Horeca: -80% rispetto al 2019.

GDO E ONLINE, IL PUNTO
Più in generale, a crescere in Italia sono la Grande distribuzione e l’e-commerce. La prima con un +7%, tasso record da decenni, dovuto in gran parte all’exploit dei discount; l’online invece raddoppia nel 2020, con vendite stimate in 203 milioni di euro.

I pure player, ovvero i siti specializzati nella vendita di vino online, hanno registrato un +83%. Un 2020 col botto anche quello di Amazon, le cui vendite “enologiche” crescono del 141%.

E il futuro? Il vino, come attendibile, sarà sempre più “digital”. Secondo una ricerca compiuta ancora una volta da Nomisma Wine Monitor su un campione di mille consumatori, gli acquirenti aumenteranno i loro clic sul web, assicurandosi a domicilio i vini preferiti, scelti online.

«Sono 8 milioni le persone che hanno compiuto acquisti di vino online nel 2020 – ha precisato Denis Pantini – pari al 27% del totale dei consumatori. Forte predominanza dei Millennial, anche se l’età media si spinge fino ai 50 anni. Hanno tutti un buon reddito medio e hanno spostato online i mancanti acquisti fuori porta, dettati dai lockdown e dalle misure anti Covid-19».

Non sta a guardare la Grande distribuzione organizzata, che lo scorso anno ha superato la soglia del 64% delle vendite complessive totali di vino in Italia, proprio grazie alle chiusure dell’Horeca (ristoranti, wine bar, enoteche).

COOP: PORTE APERTE AI PICCOLI PRODUTTORI
A confermalo Francesco Scarcelli, category buyer di Coop Italia. «L’aumento del segmento vini si assesta sul 5,5%, dato da un +4,8 dei fermi e da un +10,5% degli spumanti. È aumentata anche la battuta media, di circa 1 punto e mezzo, ma non per un fenomeno di speculazione su materia prima, bensì per due ordini di ragioni: in primis, i consumatori hanno deciso di bere un po’ meglio; è poi diminuita la pressione promozionale, di circa il 3%».

I clienti della Gdo sono oggi sempre più consapevoli e chiedono alle insegne brand riconoscibili e riconosciuti per qualità e garanzie di bontà, come è il caso della Valpolicella. Per vini con queste caratteristiche, sono disposti a spendere di più rispetto al passato».

Proprio per questo, Coop sta riorganizzando per quanto possibile il proprio assortimento locale. Scarcelli ha infatti confermato quanto già dichiarato a vinialsupermercato.it nei mesi scorsi, ovvero l’intenzione di ragionare su un assortimento più “local” e attendo alle produzioni medio-piccole, diverso di regione in regione (o provincia).

Abbiamo già isolato i vini da tavola dai vini di qualità superiore, avvicinandoli sempre più al food in logica cross category. Ed ora procederemo all’integrazione di nuove realtà su scala locale, garantendo un polmone a tante aziende penalizzate dalle chiusure dell’Horeca e delle perdite di quote export.

Un percorso, avvisa Scarcelli, non certo semplice: «Le piccole cantine devono essere consce di entrare in un mercato complesso – ha concluso il buyer vini di Coop Italia – dal momento che negli ipermercati contiamo già tra gli 800 e le mille referenze. Non sarà facile per le new entry farsi riconoscere velocemente e sarà molto importante creare un rapporto di fiducia e chiarezza, che ci consentirà di qualificare ulteriormente il nostro assortimento».

Valpolicella alla Beaujolais accanto a Ripasso e Amarone sempre più di terroir

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