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Valentina Passalacqua, il leone e la gazzella: è la nuova era del vino naturale industriale

EDITORIALE – Ogni mattina, in Italia, un vignaiolo naturale si sveglia. Sa che deve correre più in fretta di Luca Maroni, o verrà “ucciso”. Ogni mattina, in Italia, Valentina Passalacqua si sveglia. Sa che deve correre più forte del vignaiolo naturale, o “morirà di fame”. Quando il sole sorge, importa eccome se sei un vignaiolo naturale o Valentina Passalacqua. Quando mai Yahoo! Finanza si è cacato di striscio un vignaiolo naturale?

Poche righe di preambolo, scherzandoci su e prendendo spunto dal noto proverbio africano del leone e della gazzella, per raccontare quanto accade in America. Mica nel Gargano. Una storia che segna l’avvio di una nuova era mondiale per il vino naturale: quella del vino naturale industriale.

I FATTI

Con il padre Settimio Passalacqua atteso tra un mese esatto in Tribunale, a Foggia, e con il fascicolo dell’inchiesta che lo vede imputato per caporalato – assieme al braccio destro Antonio Piancone – sulla scrivania del Gup Maria Luisa Bencivenga, la figlia Valentina pensa a rimettere insieme i pezzi della propria azienda di Apricena.

Dopo l’uragano mediatico e la corsa in Camera di Commercio, per cambiare le “attività prevalenti” della cantina e slegarle formalmente da quelle di produzione di ortaggi – le stesse finite sotto inchiesta per la manodopera sottopagata e schiavizzata – la diva dei vini naturali pugliesi pare tornata a fare quello che le riesce meglio: comunicazione. Il suo habitat naturale, a 6 mesi di distanza da un’intervista senza contradditorio su Repubblica.

Attraverso il nuovo importatore Ronnie Sanders – Vine Street Partners, la “vignaiola” ha potuto godere nei giorni scorsi della grande visibilità mediatica offerta dal comunicato firmato Colangelo & Partners e pubblicato su uno dei portali più letti al mondo, in tema di economia e finanza.

Si tratta di Yahoo! Finanza – mica del Corriere del Nero di Troia – che ha ripreso (pari, pari) un testo redatto da Megan DeAngelo di Colangelo & Partners, in cui si dà notizia del nuovo accordo per la distribuzione massiva dei vini di Valentina Passalacqua negli Usa.

LA PUBBLICAZIONE

Natural Wine Leader, Valentina Passalacqua, and Vine Street Imports Partner On a National Distribution of Calcarius and ‘9 Is Enough’ Wines“, recita il titolo del comunicato pubblicato dal portale. Tutto fa presumere a un pubbliredazionale – ovvero a una pubblicazione a pagamento – più che alla divulgazione di una comune press release.

Per chi non lo sapesse, Yahoo! è un colosso “multitasking”, in 20 lingue. Sedi in 25 nazioni e ultimo fatturato di 1,33 miliardi di dollari. Perché investirci? Perché negli Usa, lo scorso anno, Valentina Passalacqua è stata tagliata dai cataloghi dei tre precedenti importatori.

Una «scelta etica», quella maturata per primo da Zev Rovine Selections. Imitato a pochi giorni di distanza anche da Jenny & François Selections di New York e Dry Farm Wines di Napa, in California.

Nel comunicato stampa redatto da Colangelo & Partners, agenzia di comunicazione che si occupa delle relazioni negli Usa di altri noti brand italiani come Duca di Salaparuta, Frescobaldi, Ornellaia e Pio Cesare – tutti “super marchi” del Made in Italy lontanissimi dal mondo del vino naturale – si fa infatti riferimento all’inchiesta. O, meglio, alla versione di Valentina Passalacqua.

«FALSE ACCUSE DI UN PRODUTTORE CONCORRENTE»

Last summer, near the beginning of the pandemic, Valentina Passalacqua was embroiled in a scandal because of false accusations by an unscrupulous natural wine competitor related to labor practices on her father’s vegetable farms unrelated to Valentina’s company. All the accusations were proven and certified to be false».

La scorsa estate, la produttrice sarebbe stata «invischiata in uno scandalo per via delle false accuse di un produttore senza scrupoli di vini naturali, connesse alle pratiche adottate nell’azienda di ortaggi del padre che nulla aveva a che fare con l’azienda di Valentina». Non risultano denunce di super Vale per diffamazione o calunnia, neppure contro ignoti.

Ma fa ancora più clamore la frase successiva: «Tutte le accuse si sono verificate false». Con quel «tutte» che ventila l’ipotesi di una chiusura del procedimento penale. Con assoluzione, s’intende, del padre Settimio e del suo braccio destro Antonio Piancone, in un processo che non vede (e non ha mai visto) Valentina Passalacqua imputata.

A confermare la tesi che una nuova era ha ormai inizio è un altro passaggio del comunicato diramato da Vine Street Partners. «Now, Valentina, is starting fresh with a focus on mainstream distribution», è lo statement dettato a Colangelo & Partners. E allora buona industria del vino naturale a tutti gli amanti degli ossimori. Cin, cin.

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Valentina vende meno vino “per colpa degli invidiosi”, mica di papà caporale presunto

EDITORIALE – Valentina Passalacqua vende meno vino “per colpa di concorrenti e invidiosi“, mica per la maxi inchiesta sul caporalato che ha coinvolto suo papà Settimio nel Gargano, in Puglia. È quanto di più scioccante si legge nell’intervista di Repubblica dal titolo: «Valentina Passalacqua: ‘Adesso parlo io: diffamata da concorrenti e invidiosi’».

Qualcosa di più simile a un “redazionale” commissionato dai legali della vignaiola pugliese a scopo “redentivo”, che a un articolo degno di un quotidiano nazionale. Del resto, la pubblicazione è utile a capire meglio perché la vignaiola si sia nascosta sino ad oggi dietro ai social, evitando di rispondere a WineMag.it che la cerca sin dalle prime ore dallo scoppio dell’uragano sulle 5 aziende famigliari, a inizio luglio 2020.

Se le responsabilità del padre dovranno essere chiarite dagli inquirenti nelle sedi più opportune, l’intervista di Repubblica consente insindacabilmente alla “Diva” del vino naturale pugliese Valentina Passalacqua di sciorinare sentenze inappellabili. Ovvero senza contraddittorio.

Giudizi camaleontici, tutti utili alla causa innocentista. Da un lato la lagna sulla decisione degli importatori americani di smettere di distribuire i suoi vini negli Usa (nell’ordine Zev Rovine Selections, Jenny & François SelectionsDry Farm Wines) giustificata dagli “attacchi social” e non da una reazione etica e deontologica all’inchiesta in corso:

L’eco mediatica, alimentata sia in Italia che in America da una campagna diffamatoria sui social, ha convinto alcuni importatori a sospendere le importazioni, in attesa di chiarire i collegamenti tra la mia azienda e quella di mio padre Settimio Passalacqua, accusato di caporalato a luglio di quest’anno”, commenta Valentina a Repubblica.

Dall’altro, la minaccia nemmeno troppo velata a chi intende ancora occuparsi del “caso”, facendo sapere (sempre grazie a Repubblica) che qualcuno è già stato querelato per aver “sporcato la nostra immagine in un momento per noi fortunato”: “Adesso stiamo affrontando chi ci attacca con fermezza, tramite i nostri legali”.

Sono stata accusata da Glou Glou Magazine, rivista della società di importazione Super Glou LLC, attraverso un articolo pubblicato sul loro sito web. Il movente economico dietro la campagna mediatica diffamatoria da loro promossa è evidente: tentano di sbarazzarsi di un concorrente. Fa notizia e fa comodo, soprattutto ai nostri competitor, una produttrice di vini naturali che sfrutta i dipendenti”.

Frasi che Repubblica non verifica e riporta alla lettera, senza porre ulteriori domande. “L’affermazione che Glou Glou Magazine fosse motivata da un conflitto di interessi da parte della sua consociata Super Glou – spiega a WineMag.it la fondatrice del Magazine americano, Jennifer Green – è palesemente assurda”.

Super Glou è microscopico rispetto a tutti i maggiori importatori di Valentina Passalacqua nel mercato americano (Zev Rovine Selections, Jenny & François, Dry Farm Wines), con solo quattordici produttori e appena due anni di attività alle spalle”.

“Motivato dalla dichiarazione di Zev Rovine del 24 luglio – continua Green – Glou Glou Magazine ha iniziato a scrivere sul caso, il 26 luglio. Zev Rovine Selections, Jenny & François, Dry Farm Wines e tutti gli importatori e distributori internazionali di Valentina Passalacqua operano indipendentemente da Glou Glou / Super Glou. Sono liberi di esprimere i propri giudizi”.

“Invece di cercare di mettere a tacere i media con la paura e le tattiche intimidatorie simili a quelle di Trump, Valentina Passalacqua dovrebbe concentrarsi su un proprio percorso etico”, conclude la fondatrice di Glou Glou Magazine, nella sua intervista rilasciata a WineMag.it.

Ma Repubblica presta il fianco anche su un altro fronte: “Il primo articolo di Glou Glou Magazine è coinciso con la perdita di mia madre e non avevo la lucidità per combattere tutto questo”, racconta la vignaiola al quotidiano.

Come confermato dal post Facebook della sorella di Valentina Passalacqua, Giuliana Passalacqua, la scomparsa di Grana Grazia in Passalacqua, moglie di Settimio, è avvenuta il 3 agosto a San Nicandro Garganico, in provincia di Foggia. L’articolo (o meglio il posti su Instagram) di Glou Glou Magazine è uscito il 26 luglio: ben 9 giorni prima.

Non basta. Nel “monologo repubblicano”, Passalacqua si affida a un leitmotiv ormai abusato nel mondo del vino italiano: quello della donna che deve a tutti i costi sgomitare per farsi largo tra gli uomini, usurpatori in lungo e in largo, senza se e senza ma, della femminea meritocrazia:

Si è supposto che mio padre fosse anche l’amministratore di fatto della mia società: per molti è difficile pensare che una donna possa gestire una realtà imprenditoriale di successo, soprattutto qui nel profondo sud”.

L’affermazione di Passalacqua, più che a “concorrenti e invidiosi”, pare rivolta in questo caso agli inquirenti, accusati di maschilismo e sessismo per aver inserito tra le società colpite dall’indagine sul caporalato anche la “Valentina Passalacqua Srl”, che di fatto è intestata alla sola figlia di Settimio.

A smentirla ci sarebbe pure un video di La7 del 2015 in cui la vignaiola, che all’epoca preferiva forse farsi chiamare “imprenditrice agricola”, presenta le aziende di famiglia districandosi abilmente tra centinaia di ettari di uve, ortaggi e seminativi (vedi sopra, dal minuto 5.36).

Potrebbe allora essere vero anche il contrario, ovvero che il padre abbia usato Valentina e il suo “buon nome” per curare i propri affari, facendosi “scudo” con una donna? Ipotesi infondata e superficiale, al momento, almeno quanto il j’accuse della produttrice nei confronti delle forze dell’ordine e del Tribunale foggiano.

Non sorprende, a questo punto, vedere i vini di Valentina Passalacqua al supermercato, per l’esattezza alla Coop. Forse un modo, per la produttrice che vanta un “approccio biodinamico-olistico alla viticoltura”, per mostrare la propria formula di “imprenditoria femminile all’avanguardia nel territorio”. Oppure la via più breve per raggiungere l’obiettivo di “democratizzazione del vino naturale“, altro concetto repubblicano espresso appunto su Repubblica.

Domanda: saranno contenti di ciò il distributore italiano Les Caves de Pyrene, che continua a mantenere viva la collaborazione con l’azienda pugliese, o VinNatur, l’associazione fondata da Angiolino Maule a Gambellara, in Veneto, che raccoglie 131 vignaioli naturali con una media di 9 ettari di proprietà, tra cui proprio Passalacqua (che ne ha 80 di ettari)? Ai posteri l’ardua sentenza. Del resto, tra compagni, giusto darsi una mano. Se serve, pure due.

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Caporalato, Valentina Passalacqua tagliata da altri due importatori americani

Sembra giocarsi tutta fuori dall’Italia la partita a scacchi di Valentina Passalacqua con i mercati, a un mese dall’inchiesta sul caporalato che ha travolto il padre Settimio Passalacqua, a inizio luglio 2020. Dopo Zev Rovine Selections, la produttrice di vino naturale pugliese è stata tagliata dai cataloghi di altri due importatori americani. Si tratta di Jenny & François Selections di New York e di Dry Farm Wines, colosso da oltre 20 milioni di dollari di fatturato con sede a Napa, in California.

Diversa la situazione in Italia. Les Caves de Pyrene non si smuove di un millimetro dalla posizione garantista assunta nei confronti di Passalacqua sin dalle prime ore della bufera. La vignaiola, del resto, non è indagata. “Gli altri sono liberi di fare le scelte che ritengono più opportune”, commenta Claudio Bronzi, responsabile degli uffici di Rodello (CN) prima di passare la parola al titolare di Les Caves Italia, Christian Bucci.

“Fuori dai denti, il sentimento che mi pervade di più in questo momento è l’invidia – rivela Bucci a WineMag.it – nei confronti di quelle persone che sentono di avere già la verità in tasca. Questa vicenda mi lascia con zero certezze. Valentina Passalacqua sarà colpevole nel momento in cui qualcuno lo proverà: parlando con lei, ho sempre avuto rassicurazioni sul fatto che non c’entrasse nulla con le attività del padre”.

“Sono stato da lei in Puglia tre volte – continua il titolare di Les Caves de Pyrene Italia – un anno prima di iniziare a collaborare, poco prima dell’avvio della distribuzione dei suoi vini, ovvero un anno e mezzo fa e, infine, sette mesi fa. La situazione mi è sembrata molto diversa da quella descritta dagli inquirenti, ma è ovvio che in qualsiasi azienda che si visiti ti mostrino solo quello che vogliono farti vedere“.

Non me la sento di vestire i panni di giudice di Valentina. Cosa succederebbe se decidessi di chiudere con i vini di Passalacqua e lei fosse innocente? Anche per questo parlo di ‘invidia’, nei confronti di chi ha già certezze e ha fatto scelte diverse, come i distributori americani”.

Ciò non significa che non serpeggino dubbi, anche nella testa di Bucci (nella foto, sotto). “Più che fidarci delle persone non possiamo fare, in questo momento. Domani potremmo accorgerci di aver sbagliato, o magari di aver fatto bene”. D’altro canto, la vicenda Passalacqua non giova neppure a Les Caves de Pyrene”.

“Non lasciare Valentina è tutto tranne che una scelta legata all’economia della distribuzione – evidenzia ancora Christian Bucci a WineMag.it – anche perché stiamo subendo un danno di immagine importante a causa della vicenda. Il contraccolpo è pesante e la cosa più semplice sarebbe stata dissociarci, come hanno fatto altri: il punto è che non me la sento”. Una decisione condivisa con la la ‘casa madre’, Les Caves de Pyrene UK.

D’altro canto, è un’estate da dimenticare per la produttrice pugliese iscritta a VinNatur. All’inchiesta che vede protagonista il padre Settimio si è aggiunta in questi giorni la scomparsa della madre Grana Grazia in Passalacqua (nella foto, sotto) avvenuta il 5 agosto a San Nicandro Garganico (FG).

“Ha vissuto una vita al servizio degli altri, sempre come figura di sfondo, in un quadro in cui i personaggi principali erano altri, ben più forti e duri di lei“, ha commentato sui social la sorella di Valentina, Giuliana Passalacqua, allontanata dal nido famigliare dal padre Settimio ormai da diversi anni, a causa di numerose divergenze di vedute.

“Credo di aver solo mostrato come si fa ad essere liberi. Lei mi ha tanto invidiata in questa mia possibilità, non concessa al suo tempo…”, ha proseguito nel suo sfogo la sorella della produttrice pugliese, prima di condividere il testo della canzone “M’abituerò“, di Luciano Ligabue.

Parole che aiutano a comprendere quanto ingombrante fosse la figura di Settimio all’interno di un’anacronistica “famiglia del Sud Italia”, di stampo patriarcale.

Al papà, Valentina Passalacqua ha invece intitolato un vino, il Montepulciano biologico “Don Settimio“. Un modo come un altro, come spiegava nel 2011 Valentina Passalacqua a un giornale locale pugliese, per “creare una continuità ideale tra mia nonna Giulia e mia figlia Giulia. Passato e futuro. Radici e innovazione”.

Oggi tutto, comprese le mosse presso la Camera di Commercio di Foggia, fanno pensare a un cambio di rotta drastico. E al desiderio di togliersi di dosso qualsiasi connessione con un padre “caporale“, ancor presunto.

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L’importatore Usa taglia Valentina Passalacqua: lei corre in Camera di Commercio

Novità Oltreoceano per il caso Valentina Passalacqua, che dal canto suo si muove sui social, ma anche in Camera di Commercio, a Foggia. Dopo l’arresto di Settimio Passalacqua, padre della produttrice pugliese finito ai domiciliari a inizio luglio con l’infamante accusa di caporalato, l’importatore americano di vini naturali Zev Rovine Selections ha deciso di tagliare dal proprio catalogo tutte le etichette della 44enne di San Giovanni Rotondo (FG).

Ben articolato lo statement che ha accompagnato tale decisione, sul sito web ufficiale di Zrs: “Non è mia intenzione condannare Valentina o chiunque desideri continuare a vendere i suoi vini e non credo che né lei né il suo progetto spettacolare debbano essere abbandonati dal mondo del vino”.

Ma noi di Zrs dobbiamo fare ciò che riteniamo giusto per garantire che la nostra etica sia rappresentata in tutto il nostro portafoglio”, sottolinea il noto importatore di Brooklyn.

Nel frattempo, dopo l’inchiesta, qualcosa è cambiato anche nell’assetto dell’azienda di Apricena (FG). Valentina Passalacqua, unica intestataria, ha deciso di stralciare dalle cosiddette “attività prevalenti” dell’impresa quelle non connesse all’attività vitivinicola.

Le “coltivazioni miste di cereali e altri seminativi” e la “coltivazione di ortaggi” – vero e proprio core business delle altre 4 imprese finite nel mirino degli inquirenti per il presunto modus operandi di Settimio Passalacqua – lasciano ora spazio alla sola “coltivazione di uva” e alla “trasformazioni di uve in vino con relativo imbottigliamento“.

Lo si evince dal Repertorio economico e amministrativo (Rea) dell’azienda Valentina Passalacqua, ritoccato proprio il 1 luglio 2020 in Camera di Commercio, a Foggia, nel pieno della bufera. Una decisione in linea con le dichiarazioni social della produttrice pugliese, che si è sempre detta estranea alle accuse rivolte al padre Settimio, nello strenuo tentativo di salvare la propria azienda.

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Nel nome del padre, del figlio e della Valentina Passalacqua

EDITORIALE – Nulla di nuovo. Nulla di diverso. Nulla che si discosti dal campo della fede cieca, necessaria a riempire – persino ai tempi del Covid-19 e del distanziamento sociale – la chiesa sconsacrata del cosiddetto “vino naturale“. Con il padre Settimio agli arresti domiciliari con l’accusa infamante di “caporalato“, Valentina Passalacqua sfoggia la mise elegante e autoreferenziale di sempre.

Fedele a se stessa e al simbolismo legato alla “Madre Terra“, che l’ha trasformata in pochi anni in una delle più acclamate divinità vinnaturiste italiane, la vignaiola pugliese (foggiana del Gargano) non risponde al telefono e si fa trovare sempre “in riunione”.

Non devono essere ore di festa in cantina, in località Posta Nuova ad Apricena (FG). In compenso, la ‘diva Vale’ affida ai canali social (personali e aziendali) un post dai toni melanconici e teatrali. Corredato di foto ad effetto, in bianco e nero.

L’azienda ortofrutticola condotta da mio padre è stata sottoposta a procedimento penale per asserite irregolarità nella gestione della manodopera. Formalmente ci unisce lo stesso cognome, tuttavia le condotte ascritte a mio padre, peraltro tutte in fase embrionale e tutte da accertare, non sono riconducibili alla mia azienda ed al mio operato.

Peraltro, la filosofia gestionale della mia azienda è – da sempre – virtuosa e si è sempre distinta per la correttezza del suo operato, anche con la manodopera. Spero ardentemente che mio padre possa chiarire al più presto la sua posizione e risultare estraneo alle ipotesi di reato che oggi lo vedono indagato.

In ogni caso, ove così non fosse, confido che questa dolorosa esperienza possa offrirgli un’opportunità di cambiamento e di revisione degli schemi. Confido nel supporto di tutte le persone con cui ho condiviso principi ed ideali che mi hanno sempre dimostrato grande fiducia in tutti questi anni di promozione di valori universali nei quali credo personalmente.

Sono perciò disposta a lottare anche per ottenere il cambiamento della mentalità che dilaga nella mia terra. Voglio bene a mio padre, come non potrei? Ma chiedo a tutti voi di sostenermi in questa azione di cambiamento e di riappacificazione con Madre Terra e con quanti se ne prendono cura.

Potrei sentirmi affranta e disperata. Tuttavia, il mio cuore mi dice che, con l’aiuto di chi ha creduto finora in me, sarà davvero possibile fare la differenza e lasciare alle future generazioni un futuro migliore.

#Peaceful living non è solo uno slogan, è la filosofia che mi ha sempre ispirato in questi 20 anni e che, sopratutto ora, mi da la forza per andare avanti con trasparenza, positività e integrità, nella consapevolezza che non camminerò da sola”.

Un coup de théâtre non richiesto, che ha generato reazioni diametralmente opposte tra il pubblico, diviso tra fedelissimi, detrattori e redenti. Tra questi anche il distributore Les Caves de Pyrene Italia di Alba, che in un altro post sui social difende Passalacqua.

La terra è di chi la lavora. Oggi più che mai. Alla luce degli eventi che hanno visto coinvolto Settimio Passalacqua, padre di Valentina Passalacqua, ci sentiamo di ribadirlo con forza.

Da sempre sosteniamo un approccio etico all’agricoltura, con una giusta remunerazione della filiera e soprattutto dei lavoratori agricoli, vero motore del comparto.

Fino a prova contraria, l’azienda di Valentina è cosa distinta e separata da quelle del padre, così come lo sono il suo approccio e la gestione dei collaboratori.

Ove così non fosse, saremmo i primi a dissociarci fermamente da pratiche di sfruttamento e oppressione, prendendo le decisioni del caso. Al giustizialismo abbiamo sempre preferito la giustizia e riteniamo che il luogo deputato per accertare come stanno le cose non siano i social media ma i tribunali”.

Parole che, dagli uffici di Les Caves, vengono confermate oggi a WineMag.it anche dal responsabile Claudio Bronzi. La difesa, però, cozza con le accuse mosse anche all’azienda “Passalacqua Valentina”, una delle cinque finite nella rete dei Carabinieri del Comando Provinciale e del Nucleo carabinieri Ispettorato del Lavoro di Foggia, coordinati dalla Procura della Repubblica di Foggia.

Come spiegano gli inquirenti a WineMag.it, secondo l’accusa, i lavoratori impiegati nelle vigne della ‘diva Vale’ sarebbero infatti gli stessi utilizzati da papà “Don” Settimio nei campi delle altre quattro aziende agricole dedite alla produzione di frutta e ortaggi.

In sintesi, sempre secondo il quadro indiziario, “Tenute Passalacqua Srl Società Agricola”, “Passalacqua Settimio”, “Passalacqua Nazario Guido”, “Passalacqua Pierpaolo” e “Passalacqua Valentina”, tutte con sede legale ad Apricena, si scambiavano i lavoratori (sotto)pagati da un minimo di 3,33 euro a un massimo di 5,71 euro l’ora. Stesse facce, stessi metodi.

Si tratterebbe in prevalenza di manovalanza di origine albanese e africana, reclutata tra gli indigenti e bisognosi del foggiano, tra cui figuravano però anche alcuni italiani. Tutti costretti a operare su turni da 7 a 9 ore giornaliere, senza concessione di alcun giorno di riposo e con una pausa di circa 30 minuti per il pranzo, peraltro non sempre concessa. Ferie e malattia non riconosciute.

Nell’arco temporale coperto dall’indagine, tra il gennaio ed il luglio 2019, Settimio Passalacqua avrebbe maturato un tornaconto di circa 650 mila euro per le parziali retribuzioni, causando all’erario un danno di oltre 280 mila euro.

Nello stesso periodo, le cinque aziende contavano un totale di 222 dipendenti dislocati su oltre 2.500 ettari di proprietà (600 quelli in affitto per la rotazione delle colture) per un volume di affari calcolato in oltre 5 milioni e 800 mila euro, nel 2019. Evidenze che, secondo indiscrezioni, sarebbero solo la punta dell’iceberg di un’indagine ben più ampia, con capitoli ancora da scrivere, tra la Calabria e la Campania.

Valentina Passalacqua non sapeva? Può darsi, il dubbio è d’obbligo. La immaginiamo aggirarsi pensierosa tra le sale e l’ampio giardino della sua maestosa “reggia”, fatta costruire da Rubner House tra le vigne, con la certezza che lo scandalo che non t’uccide, ti fortifica. Il bianco, del marmo e dell’innocenza, dona un sacco ai vignaioli col reame. Cin, cin.

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