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Uva da tavola 2020 tra caporalato, macero e sottocosto: l’appello dei produttori siciliani

Tre opzioni e un pericolo, a sancire un quadro sconfortante, sotto ogni profilo: l’uva da tavola 2020 finisce al macero, resta su pianta o viene venduta a prezzi stracciati, che non garantiscono la giusta remuneratività agli agricoltori, strozzati da fenomeni come caporalato, lavoro nero e “grigio“.

L’allarme, unito a un appello alla ministra Teresa Bellanova, arriva da una delle terre più rappresentative per la produzione dell’uva da tavola italiana: Mazzarrone, teatro dell’omonima Igp, in provincia di Catania.

“La campagna 2020 – denuncia Salvatore Secolo, responsabile della Uila-Uil di Mazzarrone – si è rivelata molto complessa nelle principali regioni produttrici del Paese: mi riferisco a Sicilia e Puglia, che rappresentano il 90% dei 46.000 ettari coltivati in Italia”.

Le inefficienze della filiera dell’uva da tavola stanno mettendo in crisi un comparto strategico per l’agricoltura italiana, danneggiando esclusivamente agricoltori. Molto spesso i produttori sono costretti a lasciare sulle piante i prodotti del loro lavoro e dei loro sacrifici. Oppure devono portare la propria uva da tavola al macero, pagata quel poco che basta per rifarsi delle spese sostenute solo per la raccolta, se non di meno”.

Le soluzioni? “Al Ministro delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova, nonché alle varie istituzioni competenti in ogni Regione italiana – commenta Secolo (nella foto, sotto) – chiediamo innanzitutto un maggior vigore alla campagna di promozione istituzionale per l’uva da tavola; inoltre, di attivarsi allo scopo di ‘risarcire’ tutti quei produttori di uva da tavola che sono costretti loro malgrado di portarla al macero, quando è invendibile per via delle avversità atmosferiche o dalle disastrose malattie che imperversano in agricoltura”.

“L’incentivo – continua il sindacalista della sigla Uila-Uil – dovrebbe essere almeno pari a 0,35 centesimi di euro al chilogrammo. Ritengo sia questo il giusto ‘risarcimento’ in favore dei produttori d’uva che invece devono accontentarsi di una remunerazione molto bassa, che non permette neanche di coprire le spese per la campagna, lavorando sottocosto e senza un giusto compenso, tanto da rischiare il collasso“.

Gli aiuti, secondo Salvatore Secolo, sarebbero anche utili ad “evitare il diffondersi del deprecabile e triste fenomeno del caporalato, certamente alimentato da produttori e aziende che, pur di essere competitive, ricorrono a forme di illegalità per avere manodopera sottocosto“.

Il riferimento del sindacalista è a “tante aziende, anche estere, che riducono all’osso i costi del personale impiegato”. “Il lavoro nero o ‘grigio’, sottopagato – continua il sindacalista Uil – va combattuto e fatto emergere, anche ricorrendo a incentivi come questo, che consentono ai produttori e alle aziende agricole assunzioni regolari, utili a migliorare l’economia”.

Da Mazzarrone arriva anche un invito alla digitalizzazione delle aziende agricole, utile a segmentare il mercato. “I produttori di uva da tavola, tecnicamente bravissimi – evidenzia Salvatore Secolo – non dovrebbero più vendere il proprio prodotto solo tramite la Grande distribuzione organizzata, a meno che il prezzo non venga stabilito dagli stessi produttori di uva da tavola, con remunerazioni non inferiori a un euro al chilogrammo”.

“I produttori debbono organizzarsi e provare a vendere l’uva italiana direttamente agli italiani. L’Italia è un mercato importante, oggi frastornato da frutta di pessima qualità che arriva da chissà dove. Peraltro a prezzi bassi. Servono subito iniziative di natura legislativa ed economica, finalizzate a far uscire dalla crisi le numerose realtà famigliari che hanno fondato la loro attività lavorativa sulla tanto decantata, ma penalizzata, agricoltura italiana”.

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Heineken annuncia 93 esuberi in Italia

Heineken, colosso multinazionale della birra e leader di mercato in Italia con una quota intorno al 30%, ha annunciato 93 esuberi nel nostro paese. La decisone fa parte di un piano di riorganizzazione mondiale varato lo scorso 28 ottobre in occasione della rendicontazione del terzo trimestre, piano che prevede un taglio dei costi del personale del 20% a fronte del crollo delle vendite del canale Horeca.

Gli esuberi, al momento solo teorici dato il Decreto blocca licenziamenti in vigore per l’emergenza Covid, riguarderanno sia il quartier generale di Sesto San Giovanni (MI), con 46 lavoratori interessati, che i quattro stabilimenti produttivi del gruppo – Comun Nuovo (BG), Pollein (AO), Massafra (TA) e Assemini (CA) – in cui verranno avviati piani di esternalizzazione di alcune attività.

LA POSIZIONE DEI SINDACATI
Immediata la reazione delle principali sigle sindacali, che hanno incontrato il Gruppo Heineken lo scorso 24 novembre. “L’azienda – hanno dichiarato Fai-Cisl, Flai-Cgil, Uila-Uil in una nota congiunta – ci ha annunciato una riorganizzazione del gruppo a livello mondo che per l’Italia significa un piano di 93 esuberi e un progetto di terziarizzazione su tutti e quattro gli stabilimenti”.

“L’annuncio di Heineken è inaccettabile – prosegue la nota – ancor più in un momento storico e straordinario come quello che stiamo vivendo, legato ad un’emergenza sanitaria senza precedenti. Da subito abbiamo dichiarato la nostra contrarietà e stigmatizzato come un’azienda di questo livello scelga di mettere in campo come unica soluzione per essere più competitiva e per rimanere leader del settore, gli esuberi”.

“Le difficoltà e il raggiungimento degli obiettivi che si pone una grande multinazionale, ancora una volta ricadono sui lavoratori. Il confronto – conclude la nota – è stato aggiornato per il prossimo 3 dicembre con l’intento di individuare soluzioni volte a tutelare i lavoratori”.

Heineken Italia, filiale italiana del noto gruppo olandese, produce nei quattro stabilimenti oltre 5,7 milioni di ettolitri di birra all’anno, commercializzati coi vari marchi del gruppo come le note Ichnusa, Dreher, Birra Missina e Birra Moretti.

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