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Guerra Russia-Ucraina, Coldiretti: rincari del 35% per il settore del vino

A causa dei rincari energetici e della guerra tra Russi e Ucraina i costi per il settore del vino italiano sono aumentati del 35%. «Un impatto pesante sulle aziende vitivinicole», riferisce Coldiretti commentando i dati Crea, diffusi ieri in occasione dell’Assemblea di Federvini.

«Le aziende vitivinicole Made in Italy – sottolinea la Coldiretti – si sono così trovate a fronteggiare aumenti unilaterali da parte dei fornitori con le bottiglie di vetro che costano più del 30% in più rispetto allo scorso anno. Il prezzo dei tappi ha superato il 20% per quelli di sughero e addirittura il 40% per quelli di altri materiali».

«I RINCARI DEL VINO SULLE SPALLE DEI VITICOLTORI»

Per le gabbiette per i tappi degli spumanti gli aumenti sono nell’ordine del 20% ma per le etichette e per i cartoni di imballaggio si registrano rispettivamente rincari del 35% e del 45%, secondo l’analisi Coldiretti.

Rincarato anche il trasporto su gomma del 25% al quale si aggiunge la preoccupante situazione dei costi di container e noli marittimi, con aumenti che vanno dal 400% al 1000%. In generale, secondo il global index Freightos, importante indice nel mercato delle spedizioni, l’attuale quotazione di un container è pari a 9.700 dollari contro 1.400 dollari di un anno fa.

«Occorre peraltro ricordare che sino ad oggi – conclude la Coldiretti – l’incremento dei costi è stato scaricato sulle spalle dei viticoltori, come dimostra il fatto che il prezzo di vendita del vino, su dati Istat, è aumentato al dettaglio di appena il 2,5% a maggio 2022 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, mentre gli alimentari sono aumentati in media del 7,1%».

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Esteri - News & Wine news news ed eventi

L’altro volto della guerra Russia-Ucraina: cresce il business del vino in Polonia

Momento d’oro per gli operatori Horeca in Polonia. Importatori e distributori di vino delle principali città polacche stanno incrementando il giro d’affari sino al 40%, grazie all’arrivo in città di nuovi clienti facoltosi, soprattutto dall’Ucraina. È l’altro volto della guerra scatenata dalla Russia. Si tratta infatti di emigrati benestanti, che hanno scelto di trasferirsi in Polonia in attesa del ritorno della pace in madrepatria.

Una destinazione vicina, in un Paese che si è dimostrato sin da subito accogliente. Lo dimostra l’elevato numero di profughi ucraini a cui ha dato il benvenuto il governo guidato da Mateusz Morawiecki. Circa 3 milioni dall’inizio del conflitto.

Secondo autorevoli fonti di winemag.it, le vendite di vini premium nelle principali città polacche è un fenomeno che cambierà volto al settore. Un trend destinato ad avere ripercussioni sull’indotto del vino in Polonia e sulle dinamiche commerciali dell’intero areale vitivinicolo dei Carpazi.

«ENTRANO E CHIEDONO CHABLIS: UNA NOVITÀ»

‌Łukasz Ostrowski si occupa delle vendite per Wino by Best Selection, marchio dello storico colosso danese Amka Comporate. «A Varsavia – spiega a winemag.it – abbiamo registrato una vera e propria impennata nella vendita di vini poco richiesti sino a poche settimane fa. Tutti della fascia premium e super premium».

È ormai un dato di fatto l’arrivo in città di numerosi ucraini, che non hanno certo problemi di “portafogli”. Hanno tutti le idee molto chiare. Le richieste più frequenti sono quelle di vini francesi, in particolare di Chablis.

Sanno quanto vogliono spendere e cosa comprare, ancor prima di entrare in enoteca. Un segmento di clientela molto diverso da quello a cui siamo abituati a Varsavia, concentrato su vini economici, polacchi ma anche italiani».

A breve, Łukasz Ostrowski passerà a un’altra società di importazione, la Mielżyński Wine and Spirits di Varsavia. «Mi aspetto di veder consolidato questo trend anche nella nuova azienda – conclude – dal momento che si tratta di uno degli importatori polacchi di fine wines con il migliore assortimento di vini internazionali».

CRACOVIA COME VARSAVIA: BOOM DI VINI PREMIUM

Cambia la città ma non cambia il registro, in Polonia. Katarzyna Solańska è una giornalista, sommelier, wine blogger (K8K.pl), co-proprietaria della Szkoła Sommelierów e Salon Degustacyjny, manager del wineshop WineLAB di Cracovia e partner dell’importatore Rafa Wino. È anche vicepresidente dell’associazione Kobiety I WinoWomen & Wine, l’associazione delle Donne del Vino della Polonia.

«L’incremento del giro d’affari del wineshop che dirigo a Cracovia – rivela a winemag.it – si aggira attorno al 40%. Corrisponde, di fatto, alla percentuale di nuovi clienti, il più delle volte facoltosi, trasferitisi dall’Ucraina sin dai primi giorni dall’inizio della guerra con la Russia».

La crescita riguarda anche ucraini meno abbienti, che ci chiedono vini economici, da poter utilizzare per cucinare. In questo segmento di pubblico, la richiesta più frequente è legata a vini semi-sweet e semi-dry, soprattutto entry-level.

I nuovi arrivati più abbienti chiedono invece vini ungheresi e vini francesi, con particolare riferimento alla Borgogna e a vini strutturati, potenti. Tutto riscontrabile nel nostro shop in centro a Cracovia, proprio dove molti nuovi ucraini si sono stabiliti».

«FENOMENO DESTINATO A CAMBIARE I CARPAZI»

Molto più di un fenomeno passeggero. «Il mercato del vino della Polonia si evolverà in maniera del tutto inaspettata – confessa Katarzyna Solańska -. Occorrerà rivedere gli assortimenti e inserire nuove referenze di vini ucraini, che saranno sempre più ricercati dalla nuova clientela».

«Nelle ultime settimane – conclude – non riusciamo per esempio a stare al passo delle richieste dell’unico vino ucraino presente nel nostro assortimento, della cantina Koblevo-Bayadera Group. Il vino termina a poche ore dall’ordine e dobbiamo pensare a delle contromosse».

Michał Solański, Ceo della società di consulenza aziendale Kmc Global Solutions e partner di K8K.pl, è in grado di confermare a winemag.it gli effetti dei flussi migratori dall’Ucraina alla Polonia.

Molti ucraini trasferitosi a Cracovia e in altre città polacche, come la capitale Varsavia stanno cercando di convertire in breve tempo il precedente business, andato distrutto o attualmente impraticabile nel paese d’origine».

«Emblematico – sottolinea Solański – il caso di un imprenditore del settore del pet-food, che al confine tra i due Paesi ha trasformato la vecchia azienda in una fabbrica che prepara pasti per i soldati. Questo è certamente un fenomeno destinato a cambiare gli equilibri in diversi Paesi dell’area. Gli ucraini emigrati non sono solo profughi, ma anche investitori e clienti, con capitali da far girare sul mercato».

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Esteri - News & Wine news news ed eventi

Ucraina, deposito importatore vino sotto le bombe: cantina spagnola interrompe rapporti con Russia

Mentre in Italia qualcuno mescola come uova e farina «l’accoglienza ai profughi ucraini» e le «perdite di fatturato» nell’Est Europa, in Spagna una cantina ha interrotto tutti i rapporti con la Russia, dall’inizio del mese di marzo. «Come conseguenza dell’ingiustificata e riprovevole invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, La Rioja Alta S.A. desidera comunicare la sua decisione di sospendere unilateralmente le sue relazioni commerciali con la Russia», comunica la storica azienda di Haro.

In questo modo, il gruppo vinicolo trasmette la sua piena solidarietà al paese ucraino e ai suoi cittadini, che stanno subendo un’azione militare devastante con conseguenze incalcolabili.

La cantina desidera comunicare tutto il suo appoggio e il suo affetto alla direzione e al team dell’importatore in Ucraina, le cui strutture a Kiev (nella foto) sono state selvaggiamente distrutte durante gli attacchi dell’esercito russo».

La Rioja Alta S.A. ha lanciato una campagna tra il suo personale per donare vestiti e calzature calde, abbigliamento termico, coperte, cibo non deperibile e medicinali generici. Generi che sono stati inviati alle frontiere europee con l’Ucraina. L’obiettivo è «alleviare la sofferenza dei milioni di persone colpite da queste incomprensibili barbarie».

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Italgrob, appello al governo: «Horeca in ginocchio tra guerra e rincari»

«Consci del grande impatto economico che la guerra in Ucraina sta scatenando a cascata nel nostro paese, a causa dell’impennata dei prezzi delle materie prime, ci si auspica che il Governo in tempi brevissimi intervenga a favore delle famiglie e delle aziende, già fortemente colpite durante la pandemia». Così Italgrob, Federazione Italiana Distributori Horeca.

Tra le preoccupazioni ci sono l’aumento vertiginoso dei costi dell’energia, verificatosi prima dell’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, nonché il forte rincaro dei carburanti. Elementi, fa notare Italgrob, che «stanno mettendo a dura prova tutta la filiera Horeca».

Per contrastare questo forte rincaro . sottolinea la Federazione – è necessario bloccare le speculazioni, azzerare gli oneri sull’energia, tagliare le accise sui carburanti e, se necessario, anche l’Iva.

In questo momento, l’imperativo è agire in fretta, cercando così di scongiurare l’impatto negativo del caro carburanti e del caro energia sulla ripresa economica e sui consumi degli italiani».

«Lo Stato – continua Italgrob – ha speso tanto per ridurre il costo delle bollette ma purtroppo non è bastato e siamo ancora in una situazione di difficoltà. L’Italia, insieme agli altri Paesi europei, deve agire in fretta».

«Il Governo – commenta il presidente Antonio Portaccio – deve prendere atto della situazione di grave difficoltà in cui versano le aziende della filiera distributiva Horeca. E prevedere, nell’immediato, un intervento normativo per far fronte a questa nuova emergenza che rischia di mettere a terra tutto il settore, con gravi ripercussioni che in questo momento vanno scongiurate in tutti i modi».

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Vino e tartufi sopra i 300 euro: le sanzioni Ue alla Russia colpiscono “pezzi pregiati” Made in Italy

«Le conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina rischiano di aggravare ulteriormente gli effetti dell’embargo deciso da Putin con il decreto n. 778 del 7 agosto 2014, e da allora sempre prorogato, come risposta alla sanzioni decise dall’Unione Europea, dagli Usa ed altri Paesi per l’annessione della Crimea». Così Coldiretti, che sottolinea come nella “lista nera” dell’Ue siano finiti pezzi pregiati del Made in Italy come vino e tartufi sopra i 300 euro.

Tra le denominazioni del vino italiano colpite, fa notare la Confederazione, «ci sono Sassicaia, Barolo, Amarone della Valpolicella e Brunello di Montalcino che possono in alcuni casi superare il limite, con l’esplicita esclusione del solo Prosecco». Il blocco alle esportazioni agroalimentari tricolori è già costato 1,5 miliardi negli ultimi 7 anni e mezzo.

«LE SANZIONI ALLA RUSSIA AGGRAVANO L’EMBARGO»

«Il Decreto di embargo tuttora in vigore – sottolinea Coldiretti – colpisce una importante lista di prodotti agroalimentari con il divieto d’ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia. Completo l’azzeramento delle esportazioni in Russia di prodotti simbolo del Made in Italy: dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano, dal prosciutto di Parma a quello San Daniele».

Quanto ai tartufi (la cavatura in Italia è tra l’altro patrimonio Unesco), le sanzioni Ue tolgono dalla tavola di Putin e degli oligarchi un pezzo pregiato del Made in Italy. Un “ingrediente” particolarmente apprezzato dai russi, con un aumento delle esportazioni del 53% per un valore di ben 30,2 milioni di euro.

Una specialità sempre più ricercata dai ricchi russi, che partecipano da anni in collegamento da Mosca alla tradizionale asta mondiale del tartufo di Alba. Un evento in cui, nel 2021, è stata battuta una trifola da 830 grammi per 103 mila euro.

NON SOLO VINO E TARTUFI NELLA LISTA NERA UE

Nella black list comunitaria, oltre a vino e tartufi, compare anche il caviale. L’Italia è diventata in pochi anni il secondo produttore mondiale delle pregiate uova di storione, subito dopo la Cina. Un prodotto che solo in alcuni casi super la cifra stabilita di 300 euro, per il blocco in Russia.

Un limite che sembra invece escludere dal provvedimento Ue la maggior parte dei vini, la birre. Nonché la stragrande maggioranza dei liquori venduti ad un importo più basso.

«Ma a pesare sulle esportazioni Made in Italy – conclude Coldiretti – sono gli effetti della guerra sulle transazioni commerciali. Oltre alle sanzioni, le difficoltà nelle spedizioni dovute al blocco dei trasporti e gli interrogativi sulla solvibilità degli importatori russi mettono l’economia alle corde».

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Guerra Russia-Ucraina, Nomisma Wine Monitor: Italia top exporter più penalizzato

Nel 2021 la Russia ha importato 345 milioni di euro di vino italiano (+18% rispetto all’anno precedente), facendo del nostro paese il suo primo fornitore. Lo stesso vale per l’Ucraina, con circa 56 milioni. Ecco perché la guerra in corso tra Russia e Ucraina, sottolinea Nomisma Wine Monitor, vede l’Italia del vino in testa alla classifica dei Paesi “top exporter” più penalizzati.

Con 400 milioni di euro, i due paesi dell’Est Europa contano quasi il 6% di tutto l’export di vino del Bel Paese. Ma al di là del dato aggregato, gli effetti del conflitto si riverberano soprattutto sui singoli vini.

Nel caso dell’Asti, Russia e Ucraina pesano congiuntamente per oltre un quarto del proprio export. Per gli altri top exporter, gli impatti sono invece marginali: per il Cava spagnolo o i Cremant francesi, l’incidenza di questi due mercati è inferiore al 2%.

Se il mercato russo è (era) ben consolidato, sono più ridotti ma fortemente in crescita (+200% negli ultimi cinque anni) gli acquisti dall’Ucraina: 56 Milioni di euro, per un valore aggregato, appunto, di circa 400 milioni di euro.

GUERRA RUSSIA-UCRAINA: GLI EFFETTI SUL MERCATO DEL VINO

Per Francia e Spagna, gli altri top exporter che vendono vino a questi due mercati, il “danno emergente” derivante dal conflitto è più ridotto: 217 milioni di euro per i francesi, 146 milioni per gli spagnoli, vale a dire rispettivamente il 2% e 5% dell’export totale di vino.

«Al di là degli impatti aggregati, i danni più consistenti legati a questa tragica guerra sono riconducibili ad alcune denominazioni e categorie di vini italiani. Nel caso dell’Asti Spumante parliamo della potenziale perdita di un quarto del proprio export, così come del 20% delle vendite oltre frontiera di spumanti generici italiani o del 13% di vini frizzanti», dichiara Denis Pantini, Responsabile Agroalimentare e Wine Monitor di Nomisma.

È infatti risaputo come i consumatori russi e dell’est Europa prediligano vini frizzanti e spumanti dolci e con prezzi competitivi. Un gradimento che finisce inevitabilmente per colpire i produttori specializzati in queste tipologie, Italia in primis.

FRANCIA E SPAGNA MENO PENALIZZATE

Andando a vedere gli impatti sulle altre denominazioni o tipologie di vini francesi e spagnoli – conclude Pantini – non si riscontrano infatti analogie simili a quelle italiane.

Cava spagnolo, Cremant francesi o spumanti generici di entrambi i paesi vendono in questi due mercati meno del 2% del relativo export di categoria e lo stesso si evince per i vini fermi Dop come Bordeaux, Borgogna, Rioja dove l’incidenza è inferiore all’1%».

Anche per i vini fermi Dop italiani, Russia e Ucraina presentano fortunatamente incidenze marginali sulle relative esportazioni. Quelle più alte si riscontrano per i vini fermi siciliani Dop (8%) e per i vini bianchi Dop veneti (4%).

Nel caso del Prosecco, prima denominazione italiana esportata nel mondo, il peso di Russia e Ucraina per le relative esportazioni è inferiore al 5%. Anche se va detto che negli ultimi tre anni, in piena pandemia, le vendite della nostra più famosa “bollicina” in questi due mercati erano raddoppiate.

Dall’enoteca del centro di Kiev alle notti in metropolitana: la storia di Alie, nell’Ucraina invasa dai russi

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a tutto volume birra Esteri - News & Wine

La guerra in Ucraina scuote il mercato mondiale degli alcolici

La guerra in Ucraina non risparmia il mercato internazionale degli alcolici. Le azioni di Diageo, la più grande multinazionale del beverage, sono crollate del 10%. Allo stesso modo quelle di Pernod Ricard sono diminuite di un importo simile. Quotazioni che inevitabilmente risentono dell’effetto combinato della guerra Russo-Ucraina, dei timori per l’inflazione globale e dell’aumento dei prezzi per le materie prime.

Calo del 10% anche per Campari, che la scorsa settimana ha modificato le sue aspettative per il 2022. La previsione iniziale sulla marginalità lorda stimata inizialmente a 70 punti è stata ridimensionata affermando che il margine operativo dovrebbe essere stabile per il 2022 a causa dell’aumento dei costi.

«Ci aspettiamo che i primi due trimestri di quest’anno siano duri, ma poi le cose miglioreranno, crediamo che l’inflazione dei costi sia temporanea», aveva comunicato il Cfo di Campari Paolo Marchesini prima dell’inizio delle ostilità.

Fino a giovedì scorso (24 febbraio) Russia ed Ucraina si configuravano come mercati importanti ed in crescita. Zone emergenti nel panorama del consumo mondiale di alcolici, tant’è che a dicembre Pernod Ricard si riferì al «continuo dinamismo dell’Europa orientale» che aveva contribuito a un aumento del 21% delle vendite. Due mercati che saranno mortificati da guerra e sanzioni finanziarie.

LE RESTRIZIONI

Le severe restrizioni bancarie imposte alla Russia renderanno anche molto più problematico ottenere i pagamenti dai distributori. I produttori, probabilmente, si rifiuteranno di commerciare con gli importatori russi fino a quando le linee di finanziamento non saranno risolte.

Le conseguenze dell’invasione e le sanzioni imposte alla Russia andranno comunque molto oltre. Aumenteranno i costi delle materie prime e dell’energia, già alle stelle prima dello scoppio della guerra, colpendo inevitabilmente margini e redditività.

Il petrolio è al suo prezzo più alto dalla crisi finanziaria globale del 2008, con le forniture di gas dalla Russia che rappresentano il 20% delle forniture all’UE. Allo stesso modo, l’interruzione del commercio mondiale aumenterà ulteriormente i costi dei trasporti e dei container.

LA MANCANZA DI MATERIE PRIME

L’Ucraina è tra i primi cinque produttori mondiali di orzo. L’orzo è l’ingrediente principe della birra e le forniture internazionali di materia prima ne risentiranno inevitabilmente. Secondo i rapporti, anche per i produttori di birra che si riforniscono di orzo a livello locale, i prezzi potrebbero aumentare e si verificheranno inevitabilmente interruzioni nella catena di approvvigionamento.

«I prezzi dell’orzo sono aumentati in modo piuttosto significativo – ha dichiara Ankur Jain, amministratore delegato di Bira 91, all’Econimic Times -. L’Ucraina avrà sicuramente un impatto sui prezzi globali dell’orzo nel breve e medio termine. Se le aziende produttrici di birra saranno in grado di reagire rapidamente e aumentare rapidamente i prezzi è ancora da vedere».

Le aziende stanno mettendo a punto piani di emergenza per far fronte all’escalation della crisi Ucraina. Come riportato da TheDrinkBusiness, Coca-Cola Hbc, quotata a Londra, ha dichiarato che sta considerando di fare scorta ingredienti per limitare qualsiasi interruzione in Russia. Informazioni che intensificano le ansie per la carenza di forniture e l’aumento dei costi.

Pesa inoltre la la carenza mondiale di lattine di alluminio causata dall’aumento dei costi energetici e dall’aumento del consumo domestico durante la pandemia. La californiana Monster Energy, che secondo rumors riporatati da TheDrinkBusiness sta valutando possibili accordi con Constellation Brands, ha comunicato che le sue performance prima di Natale sono state ostacolate proprio dalla carenza di imballi.

DALLA BIRRA ALLE MOLOTOV

Secondo quanto riportato da Reuters, il birrificio Pravda Beer di Leopoli (Ucraina) ha convertito il proprio birrificio in una fabbrica di bombe molotov. Dentro le bottiglie, originariamente destinate alla birra, un cocktail infiammabile fatto con benzina e olio. Al posto del tappo una striscia di stoffa. Sull’etichetta un’immagine di Vladimir Putin seduto nudo su di un trono e la scritta «Putin khuylo», insulto diffuso tra i suoi oppositori.

È in gioco la nostra libertà – dichiara lo staff di Pravda Beer dalla sua pagina Instagram -. Abbiamo paura! Non vogliamo la guerra, ma stiamo facendo di tutto ciò che è possibile per difendere il’Ucraina dall’occupazione. Questa è probabilmente l’unica volta nella storia in cui il governo pubblica la ricetta delle molotov. Perché tutti abbiamo un obiettivo: difendere il nostro Paese».

LA GUERRA DELLA VODKA

In Nord America si sta verificando un boicottaggio della vodka e di altri prodotti di origine russa con quella che Fox News ha definito «La ribellione della vodka».

Venerdì 25 febbraio Peter Bethlenfalvy, ministro delle finanze dell’Ontario (Canada), ha ordinato al Liquor Control Board of Ontario (Lcbo) di rimuovere tutta la vodka russa dai 679 negozi della provincia e dagli shop on line. Analogamente La Nova Scotia Liquor Corporation, ha affermato di aver rimosso la vodka russa dagli scaffali dei negozi e dal sito Web a causa dei «terribili eventi in corso».

Azioni simili a quelle di Ontario e Nuova Scozie si stanno verificando anche un atre province, tra cui Manitoba, New Brunswick, British Columbia e Terranova. Anche alcuni stati degli Stati Uniti hanno seguito l’esempio, inclusi Utah, Ohio, New Hampshire e Virginia.

La Virginia Alcoholic Beverage Control (Abc) ha dichiarato in un tweet che «Nello spirito dell’appello del governatore [Glenn] Youngkin a un’azione decisiva a sostegno dell’Ucraina, Virginia Abc sta rimuovendo sette marchi di vodka di origine russa dai nostri scaffali dei negozi. I marchi a tema russo non prodotti in Russia, come Stolichnaya e Smirnoff, non verranno rimossi».

In Italia è Bernabei.it il primo player a comunicare di aver rimoso tutti gli alcolici di fabbricazione e marca russa dal proprio catalogo.

Nonostante tali etichette (principalmente Vodka) rappresentino circa il 25% del fatturato della categoria di riferimento si legge nel comunicato -, in un periodo storico simile, le valutazioni sulle performances devono necessariamente lasciare spazio al valore etico più alto del ripudio di un conflitto bellico».

Nel frattempo il produttore di vodka ucraino Nemiroff, di Nemyriv nela regione di Vinnytsia, è stato costretto a chiudere temporaneamente la sua distilleria a causa della guerra russo-ucraina. Alcuni dipendenti si sono arruolati nell’esercito nel tentativo di contrastare l’invasione russa.

Una cosa è certa: contrariamente alle speranze legate all’allentamento della pandemia il 2022 non sarà un’annata semplice.

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Gli Editoriali news news ed eventi

Dall’enoteca del centro di Kiev alle notti in metropolitana: la storia di Alie, nell’Ucraina invasa dai russi

EDITORIALE – L’ultima volta che ci eravamo sentiti era il 6 novembre 2021. Alie mi chiedeva come fosse andata la giuria della Wine & Spirits Ukraine, il Concorso Vini dell’Ucraina a cui avevo preso parte dall’1 al 3 novembre, assieme ad altri giudici internazionali.

Alie è una giovane sommelier che lavora da diversi anni per una delle enoteche più prestigiose della capitale Kiev: GoodWine, all’ultimo piano del lussuoso centro commerciale TsUM (ЦУМу, in ucraino). È proprio qui che ci siamo conosciuti, per un’intervista sull’andamento dei consumi di vino nel Paese.

Il wine shop ha sede all’ultimo piano di un edificio di 45 mila metri quadrati, in cui hanno trovato casa, dopo il restauro generale del 2016, numerose firme internazionali della moda, dell’abbigliamento e del lusso. Un retail park decisamente “all’Occidentale”, nel cuore di Kyïv (Kiev). A due passi dal Teatro nazionale dell’Opera e a tre dalla Porta d’Oro (Zoloti vorota).

Uno dei tanti luoghi di lavoro rimasti chiusi, ieri mattina, a causa dell’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, ai comandi di Vladimir Putin. Da due notti, Alie e il marito vagano fuori casa. Costretti come decine di migliaia di altri ucraini a nascondersi. Cercando riparo dai colpi di artiglieria delle milizie nemiche.

«Stanotte – mi racconta Alie in un messaggio che fa trasalire – abbiamo trovato un rifugio di fortuna. Siamo su un materasso, per terra, sotto alle coperte. Siamo al caldo, ma non ci sentiamo abbastanza al sicuro. Domani scenderemo nella metropolitana, come hanno già fatto molti. Siamo terrorizzati». Arriva di lì a poco la foto della “stanza da letto”. È ricavata in uno scantinato.

In queste ore, Alie si è già messa alla ricerca di una sistemazione migliore, nelle metropolitane di Kiev. La pancia della città, fino allora simbolo lampante della metropoli internazionale delle contraddizioni – Kyïv per l’appunto – trasformata in un bunker. Fuori, in superficie, all’aria aperta, gli invasori. Sottoterra, i padroni di casa.

«Putin deve pagare caro il prezzo della nostra sofferenza», si lascia scappare Alie in chat. «Non ci saremmo mai aspettati che sarebbe potuto arrivare a tanto. Siamo spaventati, distrutti, sorpresi e arrabbiati. Ogni ucraino che in queste ore si nasconde vuole bene come fossero famigliari ai soldati che stanno tentando di fermare gli invasori».

Il tempo scorre a Kiev, anche quando tutto sembra essersi fermato. La nonna del marito di Allie è morta poche ore prima dell’inizio delle esplosioni nelle capitale. «Se l’è portata via il Coronavirus – spiega – non sappiamo neppure quando potremo seppellirla».

È la tragedia nella tragedia che diventa rabbia a cui aggrapparsi, per dare un senso all’oggi. E, ancor più, al domani. «Torneremo a bere assieme a Kiev, Davide, te lo prometto». Quanto prima, Alie. Budmo!

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Esteri - News & Wine

Aboliti i dazi sui vini italiani ed europei in Ucraina

Ha effetto dal primo gennaio 2021 l’abolizione dei dazi sui vini italiani ed europei in Ucraina. L’annuncio arriva dal Dipartimento per il commercio internazionale e la cooperazione economica e l’integrazione europea, organismo che risponde al Ministero per lo Sviluppo economico, del Commercio e dell’Agricoltura guidato da Igor Rostislavovich Petrashko.

Lo scorso anno, l’ex Repubblica sovietica ha importato vino per un valore di circa 147 milioni di dollari dall’Unione europea. I dazi all’importazione erano compresi tra 0,3 e 0,4 euro al litro.

La loro eliminazione è la ciliegina sulla torta – in ambito vitivinicolo – degli accordi politici e commerciali dell’Ucraina con l’Ue. Un percorso avviato a tutto tondo nel 2014 e divenuto effettivo nel 2017, non senza ostacoli. Di fatto, Kiev ha così segnato in maniera ancora più profonda il solco con la Russia.

L’agreement con Bruxelles liberalizza gradualmente il commercio, consentendo l’accesso illimitato ai 500 milioni di consumatori del blocco, il mercato unico più grande e ricco del mondo.

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Approfondimenti

Il Valpolicella Wine Tour riparte dall’Ucraina

Il Valpolicella Wine tour, l’iniziativa promozionale del Consorzio di Tutela, riparte dall’Ucraina e punta oltre che sulla capitale Kiev (19 settembre) anche su Odessa (17 settembre), città portuale e cosmopolita considerata la ‘perla del Mar Nero’ e tra le mete turistiche più apprezzate in tutta l’Europa Orientale.

In Ucraina la domanda di vino italiano continua a crescere, soprattutto quella di vino premium. Nel quinquennio 2013-2018, le esportazioni di vini rossi dop del Veneto in questo mercato hanno registrato un balzo del 42%, per un valore complessivo di quasi 838 mila euro. Uno sbocco ancora emergente sul fronte dei numeri ma in costante ascesa, in cui i vini della Valpolicella detengono una quota del 70% sul totale dei rossi dop veneti.” – spiega Olga Bussinello, direttore del Consorzio Tutela Vini Valpolicella.

“Il nostro presidio triennale su questa piazza – continua Bussinello – diventa da quest’anno ancora più strategico con l’inserimento di Odessa, snodo commerciale nevralgico e soprattutto centro enogastronomico di riferimento, dove il canale horeca è sempre più di fascia alta”.

Tra le attività del Valpolicella Wine Tour in Ucraina si prevede, oltre alle masterclass, anche walk around tasting con i principali player locali e incontri istituzionali, in collaborazione con Drinks (International Communication Media Group).

Le aziende che partecipano alle attività in Ucraina: Cantina di Soave, Cottini, Monte del Frà, Ilatium di Morini, Roccolo Grassi, Sartori Casa Vinicola, Terre di Leone, Vantorosso, Villa Rinaldi, Zeni.

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Approfondimenti

Premio Qualità Italia 2017: i vini premiati

Diciotto Premi Qualità Italia, 59 menzioni e 43 Speciali attestati regionali. La terza edizione del Premio Qualità Italia sarà ricordata per il record di iscrizioni che sono pervenute in Abruzzo dalle cantine di tutte le regioni italiane.

I degustatori della Scuola di Alta Formazione e Perfezionamento “Leonardo” di Città Sant’Angelo (PE), che organizza il Concorso, incoronano il Veneto (3 Premi Qualità Italia, 8 Menzioni e 3 Speciali Attestati regionali). A seguire l’Abruzzo (2 Premi Qualità Italia, 12 Menzioni e 6 Speciali Attestati regionali), l’Emilia Romagna (2 Premi Qualità Italia, 5 Menzioni e 3 Speciali Attestati regionali) e la Liguria (un Premio Qualità Italia, 5 Menzioni e 5 Speciali Attestati regionali).

“Ma l’edizione 2017 – commentano gli organizzatori – ha evidenziato anche un certo fermento enologico e una maggiore predisposizione alla promozione della qualità da parte di regioni come la Sicilia, la Campania, la Calabria, le Marche, la Puglia, l’Umbria, il Piemonte e la Sardegna, che hanno ottenuto ottimi risultati”.

LE CATEGORIE
Il Premio Qualità Italia ha beneficiato anche quest’anno della supervisione del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Partner istituzionale dell’evento, lCamera di Commercio di Teramo.

Sei le categorie di vini in gara: Igt (Rossi, Bianchi e Rosati), Doc (Rossi annate 2016, 2015, 2014, 2013, 2012 e precedenti, Bianchi annate 2016, 2015 e precedenti, Rosati), Docg (Rossi, Bianchi e Rosati); Vini frizzanti (Rossi DOC e IGT, Bianchi DOC e IGT, Rosati DOC e IGT); Vini spumanti (Rossi VSQ, DOC VSQ e IGT VSQ, Bianchi VSQ, DOC VSQ e IGT VSQ, Rosati VSQ, DOC VSQ e IGT VSQ); Vini passiti (DOC, IGT).

I vini premiati saranno presentati alla prossima Fiera di Odessa, in Ucraina. Di fatto, le degustazioni del Premio Qualità Italia si sono svolte in presenza di una delegazione ucraina, interessata a conoscere da vicino l’enologia italiana.

I VINI PREMIATI
Categoria vini rossi Igt
: “Versosud Susumaniello” Puglia Igp 2013, I Pastini Srl

Categoria vini bianchi Igt: “Clivia” Terre degli Osci Igp Falanghina 2016, Cantina sociale San Zenone Soc Coop Srl

Categoria vini rosati Igt: “Clivia” Terre degli Osci Igp rosato 2016, Cantina sociale San Zenone Soc Coop Srl; “Lumare” Calabria igt rosato 2016, Tenuta Iuzzolini Soc Agr Ari

Categoria vini rossi Doc annate 2016 e 2015: “Contesa” Montepulciano d’Abruzzo Doc 2015, Società agricola Contesa di Rocco Pasetti & C.

Categoria vini rossi Doc annate 2014 e 2013: “Il fondatore” Montepulciano d’Abruzzo Doc riserva 2014, cantina Miglianico Soc Coop Agricola

Categoria vini rossi Doc 2012 e precedenti: “Cà volpare” Valpolicella Doc classico superiore Ripasso, Azienda agricola Bonazzi Dario e Fabio

Categoria vini bianchi Doc 2016: Costa d’Amalfi Doc Ravello bianco 2016, Cantine Marisa Cuomo Srl

Categoria vini bianchi Doc 2015 e precedenti: “U baletta” riviera ligure di ponente Doc Pigato superiore 2015, Vitivinicola Enrico Dario Ss

Categoria vini rosati Doc: “Filieri” Cannonau di Sardegna Doc rosato 2016, Cantina Dorgali Soc Coop

Categoria vini rossi Docg: “Gran maestro” Offida Docg rosso 2012, Cantine di Castignano Scac Soc Coop Agricola

Categoria vini bianchi Docg: Offida Docg Pecorino 2016, Azienda agricola Centanni Giacomo; “Spatuss” moscato d’Asti Docg 2016, Terrenostre Sca

Categoria vini frizzanti rossi Doc-Igt: “Rosso della signoria” Lambrusco mantovano Dop vino frizzante 2016, Cantina sociale di Gonzaga Soc Agricola Coop

Categoria vini frizzanti bianchi Doc-Igt: “Cà duchi” colli di Scandiano e di Canossa spergola Dop vino frizzante 2016, Agricola reggiana di Ferrari e Coloretti sa

Categoria vini spumanti bianchi Vsq, Doc Vsq, Igt Vsq: Colli piacentini Doc Chardonnay spumante 2016, Cantina Valtidone Scarl

Categoria vini passiti doc: “Cimillýa” passito di Pantelleria Doc 2014, Azienda agricola S. D’ancona & f.; “Parco del venda” colli euganei fior d’arancio Docg passito 2015, Vitivinicola Parco del venda

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Da Kiev a Bologna: impazza la Wine Cork Art di Sergey Tkachuk

Abiti di sughero, realizzati interamente mediante l’utilizzo dei “tappi” del vino. Ma anche borse, cornici, collane e accessori. E’ una nuova moda che viene dall’Ucraina quella che risponde al nome di Sergey Tkachuk, che a Kiev dirige il Wine Cork Art Design Studio. Vere e proprie opere d’arte le sue, che saranno presentate anche in Italia, in occasione della Bologna Design Week 2016, in programma in Emilia Romagna dal 28 settembre al 1 ottobre (previews 26-27 settembre). La manifestazione internazionale dedicata alla promozione della cultura e del design, organizzata nel centro storico bolognese in occasione del Cersaie, Salone della Ceramica per l’architettura e dell’arredobagno, mappa e riunisce “le eccellenze culturali, formative, creative, produttive e distributive in un progetto integrato di comunicazione”. Un ambito in cui le realizzazioni dell’ucraino Sergey Tkachuk entreranno a pieno titolo, sdoganando anche in Italia quello che è ormai definito internazionalmente “Cork style”, ovvero lo “Stile sughero”, da cui discende la “Wine Cork Art”. E per una volta chi se ne importa se il vino sapeva di tappo.

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