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Pinot Grigio delle Venezie: un “caterpillar” che può crescere ancora. Ecco come

Pinot Grigio delle Venezie un caterpillar che può crescere ancora. Ecco come ricci curbastro albino armani convegno udine Tra nuovi modelli e sfide di mercato
Il Pinot Grigio delle Venezie “Tra nuovi modelli e sfide di mercato” è una denominazione in salute, che guarda al futuro con ottimismo, da diverse angolature; non senza qualche grattacapo da risolvere, per continuare a volare nell’export e crescere in Italia, anche grazie a nuove strategie da adottare in collaborazione con la grande distribuzione organizzata nazionale. È quanto emerge dall’omonimo convegno andato in scena in mattinata, al Castello di Udine. A fare gli onori di casa il presidente del Consorzio Tutela Vini Doc delle Venezie, Albino Armani, che per il secondo anno consecutivo ha raccolto gli stakeholder della prima denominazione italiana per estensione: 27 mila ettari di vigneto tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Provincia Autonoma di Trento.

Territori viticoli che producono l’85% del Pinot Grigio italiano. E il 43% di quello mondiale. Un caterpillar che può crescere ancora, adottando (forse) scelte “impopolari”. Il destino è nelle mani dell’ente di tutela costituito nel 2017, che assume un ruolo ancora più centrale a fronte della riforma del sistema delle Indicazioni geografiche, che rafforza il ruolo dei Consorzi.

«AGGREGATEVI»: L’INVITO DI RICCI CURBASTRO AL SISTEMA PINOT GRIGIO DELLE VENEZIE

Ed è proprio su questo fronte che è arrivato l’intervento più sferzante del convegno, da parte di Riccardo Ricci Curbastro. «Se analizziamo tutte le denominazioni del vino italiano – ha dichiarato il presidente di Efow, European Federation of Origin Wines – ci accorgiamo che alcune funzionano e altre no. Probabilmente funzionano meno quelle i cui produttori, nella stesura del disciplinare, non hanno voluto assumersi sufficienti responsabilità rispetto a un piano di produzione, di qualità e di promozione. Ogni tanto ci vuole il coraggio di fare quello che nessuno ha mai pensato di fare, come nel caso dell’operazione Glera-Prosecco, molto simile per dimensioni a quelle del Pinot Grigio delle Venezie. Ci vuole il coraggio, dei produttori da una parte e della politica dall’altra, per fare questo salto».

«ISTITUTO MARCHIGIANO VINI – IMT, UN ESEMPIO DA SEGUIRE»

Parole poi chiarite meglio da Ricci Curbastro: «Dobbiamo metterci in testa che dobbiamo fare massa critica. Il Pinot Grigio è un esempio, da questo punto di vista. Non è facile gestire Consorzi troppo piccoli. Anzi, oggi è diventato impossibile. Esempi di aggregazione come l’Imt, l’Istituto marchigiano Vini, sono purtroppo ancora troppo rari. Aggregarsi – è l’invito sussurrato dal presidente di Efow alle tante anime del Pinot Grigio – non significa rinunciare alla denominazione o alla propria identità […]. Fare fronte comune, o pensare di diventare una sottozona di una denominazione più ampia, preserva il legittimo desiderio di comparire in etichetta con il proprio “campanile”, aggregando compiti e facendo massa critica, nell’ambito di una denominazione più ampia». Un passo indietro per farne dieci avanti, consolidando ulteriormente una denominazione da 230 milioni di bottiglie, per il 95% destinate all’export. Frutto del lavoro di 6.141 viticoltori, 575 imprese di vinificazione e 371 aziende di imbottigliamento.

VERSO UN “PIANO MARSHALL DEL PINOT GRIGIO” TRA DOC E REGIONI

Il commento del presidente Albino Armani non si è fatto attendere. «Tra gli impegni che ci prendiamo per il futuro – ha dichiarato il numero uno dell’ente che ha sede operativa a Verona – c’è quello di continuare ad essere visionari. All’inizio sembrava pazzesco traslare un’Igt in una Doc, alla quale abbiamo addirittura assicurato il valore aggiunto della fascetta di stato, che certifica la filiera ed è molto apprezzato dai buyer internazionali. Arriveranno novità anche sul fronte della gradazione alcolica e delle calorie in etichetta».

«E siamo pronti a un piano di coordinamento tra Doc e Regioni – ha aggiunto Armani -. Una sorta di Piano Marshall del Pinot Grigio, a cui non si era mai pensato e grazie al quale saranno affrontati i temi nodali, senza toccare gli interessi di altre Doc. Un altro fronte di dialogo fondamentale sarà quello con la Gdo, coordinandoci con le insegne su promozione e comunicazione e rendendo il Consorzio un attore primario nel segmento. Tutte scelte che mostrano il nostro dinamismo, nell’ambito del mosaico culturale che sta alla base della nostra denominazione».

PINOT GRIGIO DELLE VENEZIE RE AL SUPERMERCATO

Un segmento, quello della Grande distribuzione italiana, dove il Pinot Grigio performa (già) bene, pur con numeri risicati rispetto al potenziale della Doc. Con il 30% delle quote, il “Delle Venezie” si conferma leader di mercato nei numeri snocciolati da Tiziana Sarnari di Ismea – Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, seguito dalle Dop Friuli (23%, aggregate), Trentino (20%) e Alto Adige (11%). L’analisi delle performance del vitigno tra le corsie dei supermercati italiani rivela «forti incrementi» nei primi mesi 2024, ma volumi ancora bassi.

«Ampio, dunque, il margine di crescita», garantisce l’esponente di Ismea. Rispetto alle Dop che includono il Pinot Grigio, la ripartizione delle vendite delle Igp è molto più variegata, con la Igp Dolomiti molto forte in Gdo, con un peso del 58%. Segue a grande distanza la Lombardia, nello specifico con il Pinot Grigio Igp Provincia di Pavia (6%). Terzo gradino del podio per l’Abruzzo, con il 5% della Igp Terre di Chieti.

GRANDI GRUPPI E COOPERATIVE INVESTONO NEL PINOT GRIGIO

L’analisi di “competitor su base varietale”, nello specifico dello Chardonnay – dinamiche e performance decisamente peggiori, sia sul fronte delle Dop che delle Igp – conferma il grande ruolo assunto in un periodo relativamente breve dal Pinot Grigio (e, in particolare, dal Pinot Grigio delle Venezie). Non a caso, anche gli interventi di Silvano Nicolato di Cantine Vitevis e Pierluigi Guarise di Collis Veneto Wine Group hanno dimostrato quanto i grandi gruppi e le cooperative italiane credano in futuro roseo per il vitigno nella grande distribuzione organizzata italiana. Nicolato lo definisce «un vitigno che è ormai considerabile un autoctono del nostro territorio, il Veneto».

VOLA IL VALORE DEL PINOT GRIGIO SFUSO: +30% IN 4 ANNI

«Dei nostri 2.700 ettari complessivi – ha sottolineato – 400 sono di Pinot Grigio, in grado di produrre 5 dei 15 milioni di bottiglie complessive del gruppo. Il Pinot Grigio è al centro del nostro progetto vitivinicolo sin dal 2010». Guarise ha invece puntualizzato che dei 6 mila ettari complessivi a disposizione, oltre 1.100 sono di Pinot Grigio delle Venezie. «Tra questi – ha sottolineato – ben 483 aziende agricole sono certificate Equalitas, con responsabilità che vanno dunque oltre alla sostenibilità ambientale, interessando anche la sfera sociale ed economica». Cresce anche il valore dello sfuso: +30% sul mercato europeo negli ultimi 4 anni – dai 0,80 euro del 2020 a 1,10 euro al litro a fine 2024 – secondo le analisi di Patric Lorenzon di Med.&A. – Associazione nazionale agenti d’affari in mediazione e agenti di commercio.

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Villa Corniole batte Barons de Rothschild (Lafite): in Tribunale vince “Sagum”


La
piccola (ma solo per dimensioni) cantina italiana Villa Corniole ha battuto in tribunale nientemeno che il colosso francese Barons de Rothschild (Lafite). I francesi avevano portato in corte i trentini per via del nome fittizio di uno dei loro Pinot Nero: “Sagum” avrebbe imitato la linea di Bordeaux “Saga R”. Il giudice ha però dato ragione all’azienda italiana. Stabilendo che «non c’è alcun rischio di confusione tra le due etichette, da parte dei consumatori». Il nome “Sagum”, d’altro canto, deriva da “Jugum” – poi traslato appunto in “Sagum” – antico nome con cui veniva identificato il comune di Giovo, in cui vengono coltivate le uve Pinot Nero di Villa Corniole. Domaines Barons de Rothschild (Lafite) dovrà pagare le spese legali del procedimento, per un ammontare che sfiora i 4 mila euro.

«Dopo un lungo percorso – commenta la cantina guidata da Maddalena Nardin – possiamo dire che la nostra piccola cantina vince finalmente il ricorso contro il colosso francese che contestava il nome del nostro Pinot Nero Sagum. È stato difficile, ma la giustizia ha prevalso. Continueremo a produrre il nostro vino con lo stesso amore e impegno, fieri di portare avanti il nostro nome. Tutto questo ci insegna che a volte anche Davide può vincere contro Golia, il piccolo può vincere contro il colosso. Non ci resta che brindare a questo trionfo, che ci rende ancora più orgogliosi delle nostre radici e del nostro territorio cembrano. Ringraziamo di cuore lo studio legale Botteon che ci ha assistiti al meglio in questo percorso».

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Grappa del Trentino protagonista al Trento Film Festival 2024

Grappa Cocktail, Montagna e Musica. La Grappa del Trentino e i suoi miscelati. Trento 28 Aprile Palazzo Roccabruna © foto Daniele Mosna

Anche la Grappa del Trentino sarà tra i protagonisti della 72° edizione del Trento Film Festival (già Festival della Montagna) che si svolgerà dal 26 aprile al 5 maggio nella città. Il 26 aprile, giornata di apertura, a Palazzo Roccabruna, sede delle eccellenze enologiche e non solo del territorio, una degustazione di grappe e soprattutto di cocktail a base di grappa del Trentino.

«La grappa è forse il prodotto più rappresentativo del nostro territorio di montagna e da qualche anno vogliamo celebrarla in una delle vetrine forse più appropriate, il festival dedicato proprio al territorio montano – spiega il presidente dell’Istituto Tutela Grappa del Trentino, Alessandro Marzadro – continuiamo a farlo parlando naturalmente attraverso i nostri prodotti, ma anche in una chiave più futurista che è quella di inserire la grappa come ingrediente principale di cocktail di qualità, in questo caso realizzati da uno dei mixologist più famosi in Italia e non solo, Leo Veronesi».

COCKTAIL A BASE DI GRAPPA AL TRENTO FILM FESTIVAL

“Ve.nto”, “Sembra Pera”, “Ginger Jazz”, “Colomba’s (Territorial Paloma)” e “Di Colori del Trentino”, saranno i cocktail a base di grappa del Trentino realizzati da Leo Veronesi, famoso mixologist che già da qualche anno collabora con l’Istituto Tutela Grappa del Trentino. La Grappa del Trentino, uno dei distillati più conosciuti al mondo, bevanda spiritosa prediletta come accompagnamento dei momenti conviviali e dopo il pasto. Oggi questo prodotto è invece entrato nel mondo della mixology e grazie alle sue caratteristiche, la Grappa del Trentino ha dimostrato come si presti anche come ingrediente principale in cocktail particolari, capaci di regalare emozioni intense e uniche. La degustazione inizierà alle ore 18 fino alle 21.30 e sarà accompagnata da musica live in sottofondo.

Il Trento Film Festival, ovvero il Festival della Montagna, è in calendario a Trento dal 26 aprile al 5 maggio 2024. Fondato nel 1952, il Trento Film Festival è il primo e più antico festival internazionale di cinema dedicato ai temi della montagna, dell’avventura e dell’esplorazione. Per questa 72° edizione il Manifesto è firmato da Ludovica Basso, in arte Clorophilla. La sezione Destinazione di quest’anno è dedicata all’Irlanda, terra di migrazioni e paesaggi incantevoli, con uno sguardo inedito sulla contemporaneità. Il progetto Destinazione all’interno del Trento Film Festival ha ricevuto il patrocinio dell’Ambasciata di Irlanda in Italia e di Turismo Irlandese. Trento così si prepara ad accogliere il Festival della Montagna nei cinema, nelle piazze e in altri luoghi della città con proiezioni, presentazioni letterarie, laboratori per bambini e serate alpinistiche. 

L’ISTITUTO TUTELA GRAPPA DEL TRENTINO

L’Istituto Tutela Grappa del Trentino è stato fondato nel 1960 con l’obiettivo di tutelare e promuovere il prodotto. Oggi conta 24 soci che rappresentano la quasi totalità della produzione trentina ed ha il compito di valorizzare la produzione tipica della Grappa ottenuta esclusivamente da vinacce prodotte in Trentino e di qualificarla con un apposito marchio d’origine: il tridente con la scritta “Trentino Grappa”.

Quello della grappa in Trentino è un settore di non piccolo conto, soprattutto se calato nell’economia locale. Ogni anno vengono prodotti in Trentino circa 7.500 ettanidri di grappa (il 10% del totale nazionale in bottiglie da 70 cl) vale a dire circa 2,5 milioni di bottiglie equivalenti, distillando 13000 tonnellate di buccia d’uva. Tre le tipologie principali di grappa prodotta: quella da uve bianche e aromatiche (60% del totale) e il restante 40% uve a bacca rossa.


72° Trento Film Festival

dal 26 aprile al 6 maggio 2024 – Trento
info@trentofestival.it

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Vendemmia 2023 in Trentino: cala la quantità dell’8%

Produzione leggermente inferiore alla media dell’ultimo decennio (- 2%) per la vendemmia 2023 in Trentino. Il raccolto delle cantine che fanno capo al Consorzio Vini del Trentino ha raggiunto i 1.146.042 quintali di uva, con una riduzione dell’8% rispetto all’annata 2022. Le uve bianche rappresentano il 78% della produzione trentina, mentre le uve nere costituiscono il restante 22%.

Oltre il 70% della produzione totale di uve trentine è costituito da tre varietà bianche: Pinot grigio (36%), Chardonnay (26%) e Müller Thurgau (9%). Le principali varietà a bacca nera sono invece risultate nell’ordine: Teroldego (7%), Merlot (5%), Pinot nero (3%), Lagrein e Marzemino (2%). Le uve della vendemmia 2023 delle varietà di vite cosiddette “resistenti” o Piwi (come Solaris e Johanniter) ammontano a circa 3500 quintali.

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Istituto Tutela Grappa del Trentino: il nuovo presidente è Alessandro Marzadro

Alessandro Marzadro è il nuovo presidente dell’Istituto di Tutela Grappa del Trentino. Già vicepresidente nel precedente mandato, è stato eletto all’unanimità.  Classe 1986, trentino Doc, laureato in Scienze Gastronomiche all’Università di Pollenzo, è padre di due figli. Nel paese in cui è cresciuto, Nogaredo (Trento) ha cominciato a respirare grappa fin da piccolo, nell’omonima azienda di famiglia di cui oggi è uno degli amministratori delegati. «Un incarico che mi onora – sono le sue prime parole – e al contempo mi investe di una grande responsabilità nel rappresentare non solo uno dei marchi del settore più conosciuti in Italia e nel mondo, ma soprattutto i tanti colleghi con i quali spero di poter condividere gli obiettivi di questo mandato». Alla vicepresidenza Bruno Pilzer, presidente uscente.

Dalla promozione alla tutela, passando per la formazione con uno sguardo ai nuovi consumatori: queste le prossime sfide dell’Istituto di Tutela Grappa del Trentino. «Il nostro obiettivo – spiega Alessandro Marzadro  – è quello di guardare sempre al futuro, senza perdere tuttavia di vista la tradizione e con grande attenzione all’ innovazione. Vogliamo allo stesso tempo dialogare con il consumatore di oggi e di domani. Per farlo avremo sicuramente bisogno di puntare su un concetto di promozione più dinamico, un linguaggio diverso e per certi versi rinnovato, senza mai perdere il contatto con i nostri punti di forza che sono la tradizione e la qualità».

TURISMO E FORMAZIONE AL CENTRO DEL PROGRAMMA

«Guardiamo anche ai tanti turisti che potranno diventare dei “grappa lovers” – continua il neo presidente dell’Istituto Tutela Grappa del Trentino – il tutto sfruttando da un lato il lavoro già svolto da tante distillerie, con l’obiettivo di creare un percorso emozionale alla scoperta della grappa trentina che a differenza di altri distillati internazionali può contare su storie di persone e di territori tutte diverse tra di loro».

La formazione, l’altro aspetto fondamentale per il miglioramento continuo della qualità. «Formare e mantenere i giovani professionisti del nostro settore con un continuo confronto tra noi soci distillatori al fine di garantire agli appassionati del nostro prodotto quella continuità e quella eccellenza che da sempre ci ha permesso di fare la differenza», chiude Alessandro Marzadro, per i prossimi tre anni alla presidenza dell’Istituto di Tutela Grappa del Trentino.

IL NUOVO CDA DELL’ISTITUTO TUTELA GRAPPA DEL TRENTINO

Oltre al presidente Alessandro Marzadro e al vicepresidente Bruno Pilzer, compongono il Cda dell’Istituto gli altri consiglieri Rudy Zeni (Distilleria Zeni), Bernardino Poli (Casimiro), Carlo Pezzi (Pezzi), Giuliano Pisoni (Distilleria Pisoni), Luigi Cappelletti (Cappelletti Nova Salus), Fabio Andreis (Distillerie Trentine), Franco Bertagnolli (Bertagnolli).

L’Istituto di Tutela della Grappa del Trentino è stato fondato nel 1960 con l’obiettivo di tutelare e promuovere il prodotto. Oggi conta 25 soci che rappresentano la quasi totalità della produzione trentina ed ha il compito di valorizzare la produzione tipica della Grappa ottenuta esclusivamente da vinacce prodotte in Trentino e di qualificarla con un apposito marchio d’origine: il tridente con la scritta “Trentino Grappa”. Quello della grappa in Trentino è un settore di non piccolo conto, soprattutto se calato nell’economia locale.

Ogni anno vengono prodotti in Trentino circa 7.500 ettanidri di grappa (il 10% del totale nazionale in bottiglie da 70 cl) vale a dire circa 2,5 milioni di bottiglie equivalenti, distillando 130 mila quintali di vinaccia. Tre le tipologie principali di grappa prodotta: quella da uve bianche e aromatiche (60% del totale) e il restante 40% uve a bacca rossa.

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Nosiola e Rebo: gli Hänsel e Gretel della viticoltura trentina


EDITORIALE –
Basso tenore alcolico, ottimi livelli di acidità, discreta resistenza alle malattie e, udite bene, alla siccità. È più facile elencare i pregi della Nosiola che i suoi difetti, unico tra i quali sembra essere l’incomprensibile gap tra i pregi stessi e la scarsa considerazione di cui gode il vitigno. Nosiola e Rebo, varietà a bacca rossa ottenuta a fine anni Quaranta dall’incrocio di Merlot e Teroldego da parte dell’agronomo Rebo Rigotti, sono fratello e sorella in Valle dei Laghi, a una ventina di minuti da Trento. Gli Hänsel e Gretel della viticoltura trentina, distratta dal successo dei vitigni internazionali, anche nelle carte dei vini dei ristoranti locali.

A denunciarlo, per l’ennesimo anno consecutivo, è l’Associazione Vignaioli del Vino Santo Trentino Doc, protagonista lo scorso weekend di DivinNosiola – quando il Vino si fa Santo” 2023, culminata con il tradizionale “Rito della spremitura” a Santa Massenza (sotto il video). Il passaggio di consegne alla presidenza da Enzo Poli (Maxentia) al subentrante Alessandro Poli (Az. Agr. Francesco Poli) si è svolto nel solito clima di incredulità rispetto alle sorti della Nosiola e del Vino Santo. Un sentimento condiviso anche da Roberto Anesi, sommelier Ais che ha condotto una masterclass dal sapore nuovo.

DALLA NOSIOLA SECCA AL VINO SANTO DEL TRENTINO

Per la prima volta, accanto a quattro etichette di Vino Santo delle annate 2008 (Pravis), 2003 (Gino Pedrotti), 1998 (Francesco Poli) e 1983 (Fratelli Pisoni) sono state presentate due Nosiola secche. I vini, prodotti da Giovanni Poli e Maxentia, entrambi dell’annata 2022, hanno mostrato la grande versatilità del vitigno, capace di regalare vini freschi e tesi, con potenziale assoluto di affinamento. Vini che entrano perfettamente nelle corde del consumatore moderno, a caccia di etichette dal basso tenore alcolico, immediate ma non banali, fresche e che privilegino la facilità di beva.

Un contraltare perfetto per i più ricchi e complessi Vino Santo, che nell’orizzontale hanno confermato l’attesa longevità, nonché sottolineato – ancora una volta – l’incredibile occasione persa dai ristoratori locali (e nazionali), che indugiano a presentarli in mescita nelle loro carte vini. E non è una questione di prezzo, considerando che il Vino Santo “d’annata”, in cantina (dunque tasse incluse), si aggira attorno ai 34 euro. «Vini – ha sottolineato Roberto Anesi – che si conservano a lungo una volta aperti, il che non fa altro che sottolineare l’occasione persa da molti ristoranti».

LA NOSIOLA NELLA SFIDA DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI


Con la giusta comunicazione a livello internazionale, la Nosiola potrebbe diventare la “New thing” del Trentino del vino. Anche perché, come dimostrano alcune versioni – da provare, su tutte, quella dell’Azienda agricola Francesco Poli di Santa Massenza – il vitigno si presta pure in versione “bollicina”, in particolare come rifermentato in bottiglia. Quanti altri vitigni possono contare su una trasversalità tale, dalle versioni “frizzanti” ai vini fermi, chiudendo con vini dolci di gran pregio? Su tutti, il paragone della Nosiola con il Furmint di Tokaji è immediato, nonostante il secondo sia molto più noto, ricercato e ben considerato su scala globale.

Diverso è anche il “peso” del vigneto di Nosiola, che conta poco più di 70 ettari, meno dell’0,1% degli ettari vitati complessivi del Trentino (la varietà più allevata, con 2.550 ettari, è il Pinot Grigio). «Eppure – commenta Erika Pedrini (nella foto, sopra) dell’Azienda agricola Pravis – è un’uva incredibile. Ha il grande vantaggio di mantenere una bella acidità, anche in annate molto calde e siccitose come queste ultime, ed è dunque una varietà a cui i cambiamenti climatici fanno meno paura. Ed è proprio grazie a questa bella freschezza che si presta bene all’appassimento e a lunghi affinamenti».

DAL REBO AL REBORO

E il Rebo? Come detto, è il “fratello” trentino della Nosiola, con cui non condivide il patrimonio genetico, bensì le sorti di “vitigno-vino di nicchia“. In Valle dei Laghi, l’associazione locale lo propone soprattutto nella sua versione “Reboro“, marchio registrato che indica i vini rossi ottenuti da leggero appassimento del Rebo sfruttando, per l’appassimento naturale su graticci, lo stesso vento che favorisce la produzione del Vino Santo: l’Ora del Garda. Il Reboro trascorre un lungo periodo di permanenza sulle bucce e passa in rovere, prima di essere imbottigliato. Ne nasce un vino piuttosto corpulento, che necessita di abbinamenti importanti a tavola.

Eppure, a sorprendere ancor più del Reboro, sempre in ottica di modernità e capacità (potenziale) di catturare il gusto dei consumatori internazionali del giorno d’oggi, sono le versioni più semplici e beverine del Rebo, che non subiscono alcun appassimento, con vinificazione in acciaio. Vini dal colore mai troppo carico, capaci di mostrare appieno le caratteristiche dei due vitigni originari, Merlot e Teroldego. Varrebbe la pena parlarne di più, anche a livello locale. Perché se il “vino dolce” e il “passito” non sono (più) per tutti, un buon rosso “da piscina” è quello che il consumatore chiede, al giorno d’oggi. Specie se, alle spalle, ha una bella storia da raccontare. Anche attraverso i volti dei vignaioli del Trentino.

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“DiVin Nosiola, quando il vino si fa santo”: in Trentino si celebra il tradizionale passito


È l’unico vitigno autoctono a bacca bianca del Trentino e dà vita, in una delle sue interpretazioni, a uno dei vini simbolo della regione: il Vino Santo del Trentino. La Nosiola e il suo
straordinario passito saranno protagonisti, dal 30 marzo all’8 aprile, di “DiVin Nosiola: quando il Vino si fa Santo“, edizione 2023 dell’annuale appuntamento che raggiungerà il culmine con il tradizionale Rito della Spremitura delle uve Nosiola. Il tutto nella splendida cornice della Valle dei Laghi, a circa un quarto d’ora da Trento.

Da non perdere, a “DiVin Nosiola: quando il vino si fa santo” 2023, anche il Trekking tra i vigneti della Nosiola e le degustazioni in diverse location. Oltre a quelle in cantina e nella Casa Caveau Vino Santo di Padergnone (TN), da non mancare i tasting a Palazzo Roccabruna di Trento, sede dell’Enoteca Provinciale del Trentino. Un’occasione unica per testare la longevità della Nosiola e del Vino Santo, indietro nel tempo anche di 30 anni.

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«L’eclettica Nosiola protagonista tra i bianchi italiani»: l’ultima scommessa di Proposta Vini


Non teme le scalate, Gianpaolo Girardi. L’ultima scommessa del patron di Proposta Vini, a Roma nel weekend per la presentazione del Catalogo 2023 con il suo esercito di 137 agenti, è «L’eclettica Nosiola». Un vitigno-vino che accompagna la storia umana, oltre che professionale, del 68enne fondatore della nota distribuzione di vini e spirits di Pergine Valsugana (Trento). Una scelta coraggiosa, che ha un po’ il sapore della crociata; in linea con i dettami di una selezione che, in quasi 40 anni, ha saputo coniugare cultura e gusto. Visione e sapore. Già perché, per Proposta Vini, con la Nosiola, è un po’ come giocare in casa. Ma col pubblico contro. O quasi.

«Quest’anno – spiega Girardi a winemag.it – abbiamo deciso di dare spazio a un vino che fa parte della storia del Trentino, il nostro territorio più prossimo. Le scelte commerciali dei grandi gruppi cooperativi hanno condizionato e condizionano la Nosiola, custodita tuttavia da parecchie aziende agricole di piccole dimensioni. Per Proposta Vini è sempre stata un cavallo di battaglia. Contribuiamo al suo inserimento nelle carte vini sin dal 1984, anno della nostra fondazione».

Diciotto le etichette presenti nel Catalogo 2023, dalla “classica” alla macerata, dagli spumanti alle vendemmie tardive. «Con il progetto “L’eclettica Nosiola” – precisa Gianpaolo Girardi – vogliamo far emergere le caratteristiche e i pregi di questo vitigno che matura piuttosto tardi, ha una buona acidità e si presta per diversi tipi di vinificazione, a partire dal Metodo classico fino al grande Vino Santo Trentino, il vino con il più lungo appassimento sui graticci al mondo. Regala vini che si sposano, chiaramente, con la cucina trentina, non troppo ricca. Ma è molto versatile e può abbinarsi bene a molti piatti della tradizione italiana ed internazionale».

Fuori dal Trentino, fa parte di quel numero vastissimo di vitigni poco conosciuti che aspirano a un ruolo più centrale. Certo, non è un vitigno fortunato come il Timorasso, il Verdicchio o la Ribolla, ma solo per le mille variabili commerciali che caratterizzano il settore, non necessariamente legate alla qualità reale del prodotto, in questo caso generalmente molto alta».

NOSIOLA DEL TRENTINO, UN VINO-VITIGNO SOTTOVALUTATO


Secondo il patron di Proposta Vini, «oggi la Nosiola è sottovalutata nel mercato italiano, ma non escludo che nei prossimi anni possa scalare qualche gradino». Bisogna crederci però, innanzitutto in Trentino. Una regione in cui la comunicazione e la riconoscibilità della Nosiola sui mercati è pressoché interamente sulle spalle dei Vignaioli del Trentino della Valle dei Laghi, zona d’elezione del vitigno.
Risale al periodo pre-pandemia l’appello del gruppo di piccoli produttori di Vino Santo del Trentino ai ristoratori locali, per un inserimento più cospicuo del pregiato nettare nelle carte vini.

Un invito caduto nel vuoto, a favore di etichette e denominazioni più commerciali e note ai consumatori. «Un tasto dolente», chiosa Gianpaolo Girardi (nella foto, sopra). «Anche se in Trentino stanno cambiando molte cose, grazie soprattutto ai giovani, più preparati e più capaci di dedicarsi alla comunicazione, è evidente a tutti come alcuni prodotti più di altri abbiamo bisogno di essere raccontati. Questo purtroppo non avviene, per una serie di questioni».

In Trentino, una buona parte degli addetti della ristorazione e dell’ospitalità è straniero e questo, per le piccole aziende, come quelle rappresentate da Proposta Vini, è un vero disastro. L’enotecario, il ristoratore, l’albergatore, dovrebbe essere l’ambasciatore del territorio, la prima persona a cui affidarsi per consigli. Purtroppo questo non avviene, o avviene marginalmente. Senza voler offendere nessuno, il numero di persone che sentono questa attitudine come un dovere professionale, è ancora troppo limitato in Trentino».

CATALOGO PROPOSTA VINI 2023: LE NOVITÀ

Quella sulla Nosiola non è l’unica novità-conferma di Proposta Vini. Nel Catalogo 2023 presentato a Roma nel weekend – sulla spinta di un fatturato 2022 di oltre 25 milioni di euro (+25% sul 2021) – hanno fatto il loro esordio 31 cantine, 19 italiane e 12 straniere, che portano a 252 i produttori italiani e a 158 gli stranieri della carta vini della distribuzione.

«Le nuove aziende – spiega Gianpaolo Girardi – sono piccole tessere del nostro mosaico, che arricchiscono il quadro, ognuna con le sue sfumature. Sono vini che cesellano grandi tematiche, oppure completano ricerche avviate da molti anni da Proposta Vini». In particolare, nel 2023 Proposta Vini ha approfondito ulteriormente il Nebbiolo, inserendo in selezione Lessona (Alto Piemonte). Lo stesso approccio riguarda i territori del Sangiovese (Chianti), del Vermentino (Gallura) e della Malvasia (Piacenza), prima del tuffo nell’Aglianico, protagonista il prossimo anno.

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Approfondimenti

Gruppo Mezzacorona, record fatturato 2022 a 213,4 milioni di euro


Gruppo Mezzacorona
saluta l’anno con il nuovo record del fatturato a 213,4 milioni di euro. Il dato è emerso oggi, in occasione della 118ª Assemblea generale. Sono 66,8 i milioni di euro liquidati ai soci. Numeri che convincono il presidente Luca Rigotti e il direttore generale Francesco Giovannini a parlare di «risultati eccellenti, pur in un contesto generale complicato da numerosi fattori, che hanno messo in seria difficoltà tutta l’economia e quindi anche il settore vitivinicolo».

Il bilancio evidenzia «la forza del Gruppo sia dal punto di vista economico che finanziario». Per il settimo anno consecutivo, Mezzacorona ha poi ottenuto la Certificazione della produzione dei soci secondo il Sistema di Qualità Nazionale per la Produzione Integrata (SQNPI) e la Certificazione dei vini, «a conferma dei grandi risultati sulla strada della sostenibilità». Mezzacorona è stata tra le prime aziende in Trentino negli anni Settanta a puntare sulle Doc e, dagli anni Novanta, a sperimentare con successo le pratiche più avanzate per la produzione integrata.

Il fatturato raggiunge un nuovo record storico. I 213,4 milioni di euro costituiscono un +8,60% sui 196,5 milioni di euro del 2021. Il patrimonio netto del Gruppo è pari a 104,6 milioni di euro, con un utile netto di 1.512.050 euro in ulteriore rafforzamento rispetto ai 104.221.759 euro dello scorso anno. Il valore del conferimento si è attestato sui 66.764.133 euro, «nonostante un’annata produttiva 2021 davvero inclemente a causa dei gravi eventi climatici che hanno condizionato la stagione come il freddo primaverile e le grandinate estive», fa notare il mangement.

MEZZACORONA, BENE LE RESE E L’EXPORT

Le rese per ettaro hanno superato i 18 mila euro di media, in linea con l’anno precedente anche se in presenza del netto calo di produzione. I collaboratori, alla chiusura del bilancio al 31 luglio 2022, sono risultati 491. A spingere il fatturato è anche l’export, che si assesta oltre l’80% delle vendite in 69 Paesi del mondo.

Forte la presenza negli Stati Uniti, il mercato più importante e strategico per il Gruppo, dove Mazzacorona opera da più di trent’anni con la controllata Prestige Wine Imports Corp. In Germania il compito spetta alla controllata Bavaria Wein Import GmbH. Sempre in vetta, tra i mercati chiave, figurano poi Olanda, Austria e Svizzera, Scandinavia, Regno Unito, Canada, Belgio, Europa dell’Est, Estremo Oriente (Giappone, Corea del Sud, Cina). Ma anche mercati nuovi come Australia, Israele, Sud America, Caraibi e Vietnam.

Numerose le iniziative commerciali attuate nel corso dell’anno in tutto il mondo, così come i nuovi prodotti lanciati insieme al restyling di etichette e materiali, «per rendere ancora più interessante per i consumatori l’incontro con i vini Mezzacorona».

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Trento Doc, «bollicine di montagna»? Inchiesta winemag.it: 96% vigneti in quota collina


Trento Doc
, «bollicine di montagna»? Eppure, il 92% dei vigneti si trovano sotto alla quota di collina. Ovvero ad altitudini inferiori ai 600 metri sul livello del mare. Il dato emerge da un’inchiesta esclusiva di winemag.it. Solo in 5 dei 62 Comuni in cui sono presenti vigne iscritte alla produzione dello spumante Metodo classico del Trentino si supera questa soglia. La media del vigneto Trento Doc si assesta piuttosto su 420 metri sul livello del mare.

Si tratta di dati ufficiali, elaborati dall’Organismo di Controllo dalla Camera di Commercio di Trento (CCIAA), sulla base delle evidenze della Provincia Autonoma di Trento, riferite alla vendemmia 2021. Lecito chiedersi se la comunicazione impostata negli anni dall’Istituto Trento Doc possa essere lesiva dei diritti dei consumatori? Il claim «bollicine di montagna» non è l’unico elemento a poter confondere le acque e creare un immaginario poco realistico.

«BOLLICINE DI MONTAGNA»: LA COMUNICAZIONE DEL TRENTO DOC

Il video pubblicato qui sopra a corredo dell’inchiesta di winemag.it accompagna l’apertura del sito web ufficiale dello spumante Trento Doc. In grande evidenza una serie di immagini che fanno riferimento ad altitudini elevate, in cui la viticoltura è impraticabile. Vette innevate e pendii inarrivabili utili però ad avvalorare la tesi di una produzione Trento Doc di “alta montagna”, più che a raccontare il territorio in cui, realmente, prendono vita gli spumanti trentini.

I dati raccolti da winemag.it confutano anche diverse informazioni presenti sul portale del Trento Doc. Si legge che le «bollicine di montagna» nascono da «vigneti situati ad un’altitudine fra i 200 e i 900 metri sul livello del mare, in un ambiente con climi caratterizzati da forti escursioni termiche giornaliere in grado di conferire alle uve complessità aromatica, eleganza e freschezza».

A RIVA DEL GARDA VIGNETI A 102 METRI SUL LIVELLO DEL MARE

Il vigneto più “basso” dello spumante trentino si trova nel Comune di Riva del Garda, ad appena 104 metri sul livello del mare (54.164 metri quadrati di Chardonnay). Il più “alto” è nel Comune sparso di Altopiano della Vigolana: appena 372 metri quadrati di Pinot Bianco, a 876 metri.

Per trovare gli altri vigneti di (vera) “montagna” bisogna spostarsi a Bleggio Superiore (30.053 m² a 647 m slm), Tenna (8.813 m² a 612 m slm), Stenico ( 326.256 m² a 609 metri) e Vallarsa (9.869 m² a 606 m slm). Tirando le somme, solo 50,4 ettari del vigneto Trento Doc si trovano ufficialmente in “montagna”, sui 1.294,82 ettari complessivi. Appena il 3,8% della superficie totale di produzione: 8 vigneti sui 127 iscritti in occasione della vendemmia 2021.

DOC TRENTO – VENDEMMIA 2021
SUPERFICI RIVENDICATE PER COMUNE E VARIETÀ
Comune Varietà Sup. raccolta
(metri quadrati)
Altitudine media
(metri)
ALTOPIANO DELLA VIGOLANA PINOT BIANCO                 372 876
PINOT BIANCO              4.173 724
CHARDONNAY         109.546 679
BLEGGIO SUPERIORE CHARDONNAY           30.053 647
PINOT NERO           15.141 639
TENNA CHARDONNAY              8.813 612
STENICO CHARDONNAY         326.256 609
VALLARSA CHARDONNAY              9.869 606
TRENTO DOC, «BOLLICINE DI MONTAGNA»? L’INCHIESTA DI WINEMAG.IT

Sempre secondo i dati ufficiali forniti a winemag.it dall’Organismo di controllo della Camera di commercio di Trento, appena 28 vigne si trovano tra 500 e 582 metri sul livello del mare. Molte di più quelle a 400 m: sono 41, per l’esattezza situate tra i 404 e i 487. Ventiquattro i vigneti tra i 301 e i 397 m slm. Altrettanti quelli presenti tra 104 e i 289 metri di “altitudine” (7 quelle sotto i 200). Da notare che in “vetta” ci sono due vigneti di Pinot Bianco. Ma è interessante anche il focus sulla produzione nelle varie fasce.

Se i numeri del reale “vigneto di montagna” del Trento Doc sono impietosi, fa ancora più effetto scoprire che solo 183,96 ettari si trovano tra 500 e 582 metri. La maggior parte del vigneto delle cosiddette «bollicine di montagna» si trova piuttosto tra i 500 e i 582 metri sul livello del mare (6.645.164 m², ovvero 664,51 ettari, con appena 9 appezzamenti sopra i 550 m slm). Sono poi 273,79 gli ettari tra i 300 e i 400 m; 122,12 gli ettari tra 104 e 289. Tradotto: dei 1.294,82 ettari rivendicati per la vendemmia 2021, 1.244 si trovano sotto la quota di “montagna”.

Grazie ai dati raccolti in esclusiva da winemag.it è possibile stilare la “Top 10” dei Comuni con la maggiore superficie vitata raccolta a Trento Doc lo scorso anno. Al primo posto Trento (258,21 ettari a 404 m di media slm). Medaglia d’argento a Madruzzo (89,38 ettari a 382 metri). Bronzo per Cembra Lisignago (51,39 ettari a 517 m). Seguono Mori (48,73, 414 m), Lavis (92,8 ettari fra 301 e 464 m), Rovereto (43,09 a 379 m slm) e Cavedine (41,91 ettari a 432 m). In coda Volano (39,09 a 254 metri), Vallelaghi (33,83 ettari, 409 m slm medi) e Stenico (32,62 a 609 m slm).

DOC TRENTO – VENDEMMIA 2021
SUPERFICI RIVENDICATE PER COMUNE E VARIETÀ
Comune Varietà Sup. raccolta
(metri quadrati)
Altitudine media (metri)
TRENTO CHARDONNAY      2.582.168 404
MADRUZZO CHARDONNAY         893.806 382
CEMBRA LISIGNAGO CHARDONNAY         513.958 517
MORI CHARDONNAY         487.386 414
LAVIS CHARDONNAY         480.498 301
ROVERETO CHARDONNAY         430.907 379
CAVEDINE CHARDONNAY         419.166 432
VOLANO CHARDONNAY         390.973 254
VALLELAGHI CHARDONNAY         338.374 409
STENICO CHARDONNAY         326.256 609
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Cavit, consolidamento del fatturato a 264,8 milioni

Si è riunita oggi, presso il Centro Congressi di Riva del Garda l’assemblea annuale dei soci Cavit che ha approvato il bilancio consolidato del Gruppo per l’esercizio 2021–2022, chiusosi a maggio 2022. Il Gruppo Cavit è oggi composto dal Consorzio Cavit Sc cui fanno capo le società Cesarini Sforza SpA, Casa Girelli SpA e GLV Srl (quest’ultima all’80%) acquisite nel dicembre 2019, oltre che la società tedesca Kessler Sekt & Co KG controllata al 50,1%.

Nel corso dell’assemblea è stata espressa «unanime soddisfazione da parte dei Soci per il livello apprezzabile delle remunerazioni, oltre che per la qualità del servizio ricevuto in termini di consulenza e assistenza agronomica e viticola, che rappresentano un chiaro valore per il sistema trentino delle Cantine sociali».

I DATI PRINCIPALI DEL BILANCIO CAVIT

Dopo due anni “fuori dell’ordinario” per l’economia globale, dove Cavit ha beneficiato degli effetti della pandemia sulla crescita dei consumi di vino in casa, il Gruppo registra un consolidamento del fatturato che si assesta su quota 264,8 milioni di euro, in flessione del 2,3% rispetto al forte aumento registrato nell’esercizio precedente. «È da notare – commenta l’azienda – che il trend rispetto al periodo pre-covid risulta in decisa crescita costante (+26,3% esercizio 2021/2022 vs esercizio 2019/2020)».

In linea con le previsioni di budget, la lieve flessione di fatturato ha riguardato innanzitutto la società Cavit Sc, segnata dal progressivo assestamento post-pandemia (con un ritorno dei consumi fuori casa e una conseguente contrazione di quelli in casa), dal ridimensionamento del balzo in avanti registrato in epoca Covid dal mercato NordAmericano e dall’impatto sul bilancio dei primi 5 mesi del 2022, contraddistinti da una grave e generalizzata pressione dei costi.

LE SOCIETÀ DEL GRUPPO CAVIT

Per quanto riguarda le consociate di recente acquisizione, nel corso dell’anno è stata perseguita un’opera di razionalizzazione delle attività a favore di una migliore marginalità. In particolare: Casa Girelli, che svolge la propria attività nel settore dell’imbottigliamento e della commercializzazione di vini italiani sui mercati esteri, registra una contenuta contrazione del fatturato, con un risultato operativo condizionato dall’aumento dei costi a fronte di accordi commerciali già definiti prima dell’impennata.

Per la commerciale GLV è stata adottata una strategia mirata al riposizionamento e alla valorizzazione delle produzioni di Cantina La-Vis e Cembra Cantina di Montagna. In particolare, il 2022 ha segnato il rilancio completo della gamma di quest’ultima nella direzione della qualità e del pieno riconoscimento del valore di una viticoltura di eccellenza da remunerare opportunamente.

Anche nel caso di Cesarini Sforza, dopo il passaggio della cantina sotto la guida di Cavit, «si è provveduto ad una razionalizzazione delle attività, accompagnata da importanti investimenti per rafforzare le linee di sboccatura e confezionamento della pregiata linea di spumanti TrentoDoc». Infine, sempre nell’area della spumantistica, ottimi risultati per la società tedesca Kessler Sekt, che ha registrato un aumento del fatturato superiore al 25% grazie al recupero del canale Horeca post-pandemia e il crescente innalzamento dell’immagine di marca, salendo a 11,9 milioni di euro.

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In Trentino torna la Notte degli alambicchi accesi


L’antica arte di trasformare la “povera” vinaccia in prezioso distillato. Torna La notte degli alambicchi accesi, speciale spettacolo teatrale itinerante organizzato dall’Associazione culturale “Santa Massenza piccola Nizza de Trent“.

Un evento, quest’anno in programma da giovedì 8 a domenica 11 dicembre, diventato ormai una tradizione in Trentino. Ogni anno accorrono centinaia di visitatori da tutta Italia nel piccolo borgo di Santa Massenza di Vallelaghi, “capitale della grappa artigianale”, grazie alla maggiore concentrazione in Italia di distillerie artigianali a conduzione familiare.

Ed è proprio in queste distillerie, prezioso patrimonio storico-culturale del borgo, che vanno in scena i diversi episodi dello spettacolo itinerante degli attori della compagnia teatrale Koinè, guidati dalla divertente voce narrante di Patrizio Roversi.

LA NOTTE DEGLI ALAMBICCHI ACCESI 2022

Sette le performance previste nell’arco di quattro giorni (2 al giorno l’8, il 9 e il 10 mentre una l’11 dicembre). Gli spettatori saranno divisi in 5 gruppi, dotati di radiocuffie e condotti all’interno delle cinque distillerie del paese: Distilleria Casimiro, Distilleria Francesco, Distilleria Giovanni Poli, Distilleria Giulio & Mauro e Maxentia.

Ad ogni tappa anche una piccola degustazione, con assaggi delle varie versioni del distillato. Tra queste la grappa di Nosiola, vitigno rappresentativo della Valle dei Laghi e unica varietà a bacca bianca autoctona della provincia.

Non mancherà la grappa di Vino Santo, vera chicca ottenuta dalle vinacce degli acini di Nosiola lasciati appassire fino a primavera. In abbinamento, dolci e specialità del territorio. Info e prenotazioni: turbineealambicchi@libero.it.

La notte degli alambicchi accesi 2019: cinque distillerie da non perdere in Trentino

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Addio a Giovanni Poli, uomo simbolo della grappa trentina

È m0rt0 Giovanni Poli, uomo simbolo della grappa trentina. Ne dà notizia la famiglia, ricordando il pioniere della Giovanni Poli Santa Massenza con poche, ma profonde parole: «Non ci sono addii per noi, resterai sempre nei nostri cuori». Aveva 87 anni e nella propria carriera di vignaiolo e produttore di grappa del Trentino è riuscito come pochi a far parlare della Valle dei Laghi, dopo aver preso le redini dell’azienda di famiglia a Santa Massenza, in provincia di Trento.

Per Giovanni Poli, il ramiere Tullio Zadra ha costruito il suo ultimo alambicco, sistema discontinuo a bagnomaria a “colonna”. Uno strumento che lo stesso Poli ha arricchito con un particolare “duomo”, ricostruito sul modello di un antico alambicco trovato nel lago.

La forma sinuosa consente una migliore prima deflemmazione, tanto da convincere altre distillerie a riprodurre lo stesso sistema. Un Giovanni Poli, dunque, che fu pioniere e innovatore, col mestiere nelle vene.

Nel 1914 Francesco Poli aprì una distilleria e i sui tre figli seguirono l’esempio, aprendone altre tre. Fino agli anni 50, Giovanni Poli lavorò nella distilleria nella casa paterna, per poi decidere di dar vita ad una nuova distilleria a Santa Massenza. Cominciò così una carriera dedita alla ricerca della qualità, nel segno della tradizione.

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Concorso Internazionale Vini Müller Thurgau: tutti i premiati alla 19° edizione

Svelati i vini che si sono aggiudicati le medaglie in palio alla 19° edizione del Concorso Internazionale Vini Müller Thurgau. Tra i 24 vini premiati, 12 sono prodotti in Trentino, 2 in Alto Adige, uno in Valle d’Aosta. Nove le etichette estere sul podio: 6 dalla Germania, 2 dalla Svizzera e una dalla Repubblica Ceca.

MÜLLER THURGAU: I VINI PREMIATI AL CONCORSO INTERNAZIONALE 2022
  • Vigneti delle Dolomiti Müller Thurgau 2021, Azienda Agricola Casimiro
  • Igt Vigneti delle Dolomiti Müller Thurgau 2019, Azienda Agricola F.lli Giorgio e Federico Paolazzi
  • Doc Trentino Müller Thurgau Laetitia 2021, Azienda Agricola Fratelli Romanese
  • Doc Trentino Müller Thurgau 2021 Bio, Azienda Agricola Villa Piccola
  • Doc Trentino Müller Thurgau 2021 di Azienda Soc. Agr. Semplice Toniolli
  • Doc Trentino Müller Thurgau Athesim Flumen 2021 di Cantina Aldeno
  • Doc Trentino Müller Thurgau 2021, Cantina Rotaliana di Mezzolombardo
  • Doc Trentino Müller Thurgau Ritratti 2021 di Cantina La Vis
  • Doc Trentino Müller Thurgau 2021, Cantina Toblino
  • Doc Trentino Müller Thurgau 2021, Fondazione Mach
  • Doc Trentino Superiore Valle di Cembra Müller Thurgau Pietramontis 2020 e 2021, Villa Corniole
  • Doc Alto Adige Valle Isarco Müller Thurgau 2021, Cantina Produttori Valle Isarco, ovvero
  • Doc Alto Adige Valle Isarco Müller Thurgau Aristos 2021, Cantina Produttori Valle Isarco
  • Doc Valle d’Aosta Müller Thurgau 2021, Cave des Onze Communes
  • Meersburger Lerchenberg Müller Thurgau Trocken 2021, Staatsweingut Meersburg
  • Iphöfer Müller Thurgau Trocken 2021, Hans Wirshing
  • Pfalz “In the Mood of Müller” Trocken 2021, Weingut Hammel & Cie Gmbh
  • Müller Thurgau Classic 2020, Weingut Hornstein
  • Begerischer Bodensee Nonnehornes Müller Thurgau 2021, Winzerhof Gierer
  • Qualitatswein Baden – Bodensee Müller Thurgau Sonnenufer Trocken 2020, Winzerverein Hagnau
  • Riesling Sylvaner Rebgut 2020, Jacob Schmid Kaspar Wetli
  • Aos Müller Thurgau 2021, Wolfer
  • Müller Thurgau 2021 Select harvest sweet, Lahofer
EDIZIONE RECORD PER NUMERO DI CAMPIONI ISCRITTI

“Un’altra conferma – ha commentato Renzo Folgheraiter, Presidente del Comitato Mostra Valle di Cembra, che organizza il Concorso – dell’elevato standard qualitativo che ormai caratterizza le etichette concorrenti a questa competizione internazionale, sempre più apprezzata e partecipata».

Va infatti sottolineato che quest’anno erano ben 82 le proposte in concorso. Un numero davvero importante e nettamente superiore alla media degli ultimi anni. Con un’alta presenza di cantine straniere, ben 26, che di conseguenza ci ha consentito di premiare più vini rispetto al passato, Anche se, va detto, sempre con il  limite del 30% del totale partecipanti».

«Un regolamento – ricorda ancora Renzo Folgheraiter – in base al quale non abbiamo potuto consegnare Medaglie d’Oro e d’Argento a diverse cantine, che le avrebbero meritate per il punteggio conquistato. Ricordiamo infatti che l’ultimo dei premiati ha ottenuto 85,5 punti».

Müller-Thurgau, lo studio: «Le note vegetali da Sauvignon Blanc sono tipiche»

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Viticoltura eroica: il Trentino riscopre le «98 Terrazze della Vallarsa»

Arriveranno anche dalla Valtellina e dalla Valle di Cembra i vignaioli protagonisti dell’ultimo tentativo di rilancio delle «98 Terrazze della Vallarsa». Un capitolo poco noto della viticoltura eroica italiana, che vede già impegnato – da oltre 10 anni – uno dei vigneron simbolo dell’arco alpino italiano: Eugenio Rosi.

Al convegno “Vite di Montagna“, in programma alle ore 15 di sabato 2 luglio presso le ex scuole di Valmorbia (TN), interverranno Barbacan (Valtellina) e Nicola Zanotelli della Società Agricola Zanotelli (Val di Cembra), proprio accanto ad Eugenio Rosi, viticoltore artigiano in Vallarsa.

«Sarà una riflessione sulla viticoltura di montagna – anticipano gli organizzatori – sui diversi metodi di espressione e di coltivazione, dai vitigni autoctoni alle nuove esperienze Piwi».

Al termine del convegno è prevista la “Degustazione 98 terrazze + 3”. Un viaggio di salite e discese fra Valtellina, Val di Cembra e Alto Adige, senza dimenticare i “Vin de Caneva” dei viticoltori della Vallarsa.

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Consorzio Vini del Trentino in pole position sul Bilancio di sostenibilità

FOTONOTIZIA – Il Consorzio Vini del Trentino ha presentato a Vinitaly 2022 le linee guida verso il primo bilancio di sostenibilità stilato da un Consorzio di Tutela del vino italiano. «Siamo di fronte ad un momento epocale – ha evidenziato il direttore Graziano Molon – si passa da una sostenibilità di slogan ad una sostenibilità monitorabile, misurabile e calcolabile».

«In Trentino – continua – abbiamo fatto tanto e comunicato poco. Ora è tempo di divulgare l’impegno dei nostri produttori. Il bilancio di sostenibilità è la cartina tornasole del territorio trentino».

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TRENto YOU: due furgoni elettrici per il vino nel centro storico di Trento


FOTONOTIZIA – È partita martedì 22 marzo la prima spedizione del Consorzio Vini del Trentino che utilizza il servizio “TRENto YOU“. Il servizio mira a ridurre il traffico nella Ztl del centro storico di Trento e, di conseguenza, le emissioni di CO2. Il Comune di Trento supporta il progetto garantendo l’accesso h24 alla zona a traffico limitato a due furgoni elettrici.

«Accogliamo con grande entusiasmo e senso di responsabilità “TRENto YOU” – commenta Graziano Molon, direttore del Consorzio Vini del Trentino -. Il nuovo servizio ci consente di abbracciare in modo ancora più completo il grande tema della sostenibilità ambientale».

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Cooperative vinicole italiane, spagnole e francesi a confronto a Cantine Mezzacorona

Le organizzazioni delle cooperative vinicole italiane, spagnole e francesi si sono incontrate in Italia per discutere della situazione del mercato del vino alla luce della guerra in Ucraina e dello scenario politico ed economico internazionale.

Ospitati da Cantine Mezzacorona (Mezzocorona, Trentino) e dal presidente Luca Rigotti, i rappresentanti delle tre organizzazioni cooperative hanno discusso l’andamento del mercato interno ed extra-europeo del vino. Un dibattito iniziato con l’analisi delle esportazioni verso Ucraina e Russia e le potenziali conseguenze che potrebbero derivare dall’attuale delicata situazione.

La situazione di forte aumento dei prezzi delle materie prime e soprattutto dell’energia evidenzia quanto sia importante il ruolo svolto dai produttori (di vino, ma anche di tutti gli altri prodotti agricoli) all’interno della filiera alimentare.

COOPERATIVE DEL VINO A CONFRONTO IN TRENTINO

Per il momento, l’aumento dei prezzi viene assorbito esclusivamente dalla parte produttiva, che ora vede diminuire i suoi margini. Le cooperative si sono interrogate su come reagire a questa crisi e sugli interventi che la Commissione Europea e gli Stati membri dovrebbero mettere in atto.

Tra le altre questioni affrontate, la possibile revisione della strategia Farm to Fork alla luce della sicurezza alimentare e le possibili strategie e scelte politiche volte a rafforzare la produzione interna.

Le tre organizzazioni cooperative hanno inoltre sottolineato che questa crisi dimostra che la Politica Agricola Comune debba essere innanzitutto una politica economica in grado di sostenere la produzione agricola, pur prestando attenzione alla sostenibilità ambientale.

L’incontro si è concluso con un dibattito sulla carbon farming, le sfide e le potenzialità che rappresenta per il settore vitivinicolo. Insieme, Alleanza cooperative Agroalimentari, Cooperativas Agro-alimentarias de España e La Coopération Agricole – Vignerons Coopérateurs rappresentano il 25% della produzione mondiale di vino.

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Lorenzo Cesconi nuovo presidente della Federazione vignaioli Fivi


Lorenzo Cesconi
è il nuovo presidente di Fivi, Federazione italiana vignaioli indipendenti. Il vignaiolo del Trentino sarà quindi il successore di Matilde Poggi. L’assemblea dei soci, che si è riunita nel primo pomeriggio, ha dapprima eletto il nuovo Cda.

In ordine di preferenze: Babini Rita (Emilia Romagna) 442, Cesconi Lorenzo (Trentino) 416, Morella Gaetano (Puglia) 365, Botti Ludovico Maria (Lazio) 354, Maffini Luigi (Campania) 354, Ferraro Luca (Veneto) 335, Nember Diletta (Lombardia) 322.

IL NUOVO CONSIGLIO DEI VIGNAIOLI INDIPENDENTI

E ancora: Vaja Stefan (Alto Adige) 309, Pizzamiglio Stefano (Emili Romagna) 307, Beretta Paolo (Marche) 285, De Franco Francesco Maria (Calabria) 273, Pavese Esrmes (Valle d’Aosta) 256, Raspi Monica (Toscana) 175, Monti Pietro (Piemonte) 139, Massa Walter (Piemonte) 131.

Esclusi, invece, Picchioni Andrea (Lombardia) 113, Pieropan Andrea (Lombardia) 105, Natale Fino Simona (Puglia) 86, Corazza Cesare (Emilia Romagna) 78, Gaspari Celestino (Veneto) 71, Parma Davide (Liguria) 38.

Oltre alla nomina del nuovo consiglio e del nuovo presidente Fivi Lorenzo Cesconi, i soci della Federazione hanno approvato il rendiconto finanziario con oltre 550 voti favorevoli, 20 contrari e 2 astenuti. Presentato e approvato anche il bilancio preventivo 2022.

IL COMMENTO DEL NUOVO PRESIDENTE FIVI LORENZO CESCONI

«Ringrazio i vignaioli e i consiglieri – sono le prime parole di Lorenzo Cesconi – che mi hanno dato fiducia e hanno scelto di affidarmi il ruolo di presidente di questa grande famiglia che è Fivi. Una famiglia che è cresciuta in numero di associati, siamo ormai quasi a 1400 soci, ma anche come autorevolezza.

Fivi è ormai riconosciuta sia a livello politico che sindacale come un interlocutore serio e affidabile. Credo nei valori che il concetto di Vignaiolo esprime: lavorare nel e per il territorio, applicando la stessa filosofia, legata ai valori della terra, dal vigneto alla cantina fino alla vendita».

«Il mio impegno come presidente – conclude Lorenzo Cesconi – è di continuare il lavoro di chi mi ha preceduto, Costantino Charrere e Matilde Poggi. Conto sull’aiuto di tutti per farlo al meglio perché Fivi è fatta di braccia, tante braccia e teste che lavorano per raccogliere i frutti che ci dona la terra».

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degustati da noi vini#02

Trentodoc Cime di Altilia LeVide: gli ultimi arrivati, con l’autorità dei padri fondatori

C’è l’abisso che passa tra il conquistadores e il magnate. Tra la propaganda dell’egocentrico e l’intellettualismo del visionario. Tra il tentativo di cavalcare con opportunismo un’onda favorevole e il calcolo decimale delle possibilità di arrivare a convincere tutti, da subito. Incentrando la quotidianità sulla qualità, maniacale. La linea di Trentodoc Cime di Altilia della cantina LeVide è l’ultima arrivata tra le “bollicine di montagna” del Trentino. Ma ha già l’autorità degna dei vini dei padri fondatori.

Brut Millesimato, Extra Brut MillesimatoBrut Rosé e Riserva Nature. Quattro spumanti Metodo classico Trento Doc che convincono dentro e fuori dal calice. Merito delle scelte e dell’approccio coerente e rispettoso di Degli Azzoni Wines, azienda di proprietà della famiglia Conti degli Azzoni Avogadro Carradori, risultato dell’incontro di tre casate nobiliari di altrettante regioni: Conti Carradori nelle Marche, Conti degli Azzoni Avogadro in Veneto e Toscana e Conti Riccati in Veneto.

È proprio in Trentino, in particolare nella dimensione artigianale della piccola-medio impresa operosa che costituisce l’ossatura qualitativa del Trentodoc, che il gruppo Degli Azzoni Wines sembra aver trovato il proprio habitat ideale e naturale.

Una nuova casa in realtà ancora da costruire, con il progetto di ristrutturazione di Maso Alesiera che sarà il fiore all’occhiello della cantina di Borgo Italia 22, a Predaia (TN), comune sparso poggiato su un altopiano del gruppo montuoso della Mendola.

LA RISTRUTTURAZIONE DEL MASO ALESIERA

A lavori conclusi, ad accogliere gli ospiti sarà una struttura integrata con l’ambiente esterno, a 700 metri d’altitudine. Una sorta di “monumento agli spumanti di montagna”, raggiungibile solo attraverso una vecchia mulattiera e capace di richiamare il bosco circostante, grazie alla scelta degli elementi d’arredo.

Il punto forte sarà la sala degustazione con ampia vetrata sul cru Alesiera, che dà vita al vino di punta di LeVide, il Riserva Nature. «Un luogo che dovrà emozionare i nostri ospiti e trasmettere il nostro approccio al Trentodoc, dove siamo gli ultimi arrivati», chiosa Valperto Degli Azzoni.

La produzione procede già a ritmi serrati. «Con l’obiettivo – spiega ancora il patron – di raggiungere le 100 mila bottiglie annue, rispetto alle 20-30 mila sboccature a cui siamo arrivati sino ad oggi dal 2018, anno d’avvio formale del progetto». A seguire la parte enologica è Massimo Azzolini, l’uomo che ha consentito alla famiglia Degli Azzoni di conoscere i vecchi proprietari dei vigneti, di origini milanesi.

Tra le particolarità della linea di Trentodoc Cime di Altilia di LeVide, la scelta di tappare con il sughero gli spumanti in affinamento. Molto più di un vezzo, come dimostra il successo internazionale di cantine come la catalana Recaredo, che da anni impiega il sughero naturale al posto del tappo corona, anche durante la fase di presa di spuma degli spumanti Corpinnat (ex Cava).

TRENTODOC CIME DI ALTILIA LE VIDE: LA DEGUSTAZIONE
Trentodoc Brut Millesimato 2015 Cime di Altilia, LeVide

Chardonnay in purezza, circa 6,3 grammi di residuo zuccherino. È l’ariete di una batteria di Trento Doc dalla marcata personalità e caratterizzazione. Giallo paglierino, perlage fine. Convince per la cremosità del perlage e la gran purezza delle note di frutta a polpa gialla. Ben amalgamate a dosati rintocchi di pasticceria e crosta di pane.

Ricordi gelidi di erbe di montagna controbilanciano la suadènza glicerica. Dando “il cinque” alla componente fresco-acida. E creando un ensemble di assoluta piacevolezza ed equilibrio. Beva spasmodica senza rinunciare al carattere, specie nell’abbinamento a tavola.

Trentodoc Extra Brut millesimato 2015 Cime di Altilia, LeVide

Altro Chardonnay in purezza, con dosaggio ridotto a 3,2 grammi per litro. Nel calice si presenta d’un giallo paglierino, più chiaro rispetto a quello del Brut. Un esercizio in “sottrazione” in cui non ci rimette alcuna delle componenti.

Se è vero che al minor apporto glicerico corrisponde un’altrettanto inferiore percezione del frutto, diventa ancora più fondamentale quello che si scoprirà essere uno dei marcatori principali dei Trentodoc di LeVide: la cremosità esponenziale del perlage.

In questo quadro, l’agrume sostituisce la frutta a polpa gialla e la pasticceria. Ancor prima, al naso, i fiori bianchi fanno da sfondo alle venature minerali e saline tipiche dei migliori spumanti del Trentino base Chardonnay, a basso dosaggio.

Trentodoc Nature Riserva millesimato 2015 Cime di Altilia, LeVide

Giallo paglierino più carico rispetto ai due precedenti. Il Trento Doc di punta degli «ultimi arrivati» tra le bollicine di montagna trentine, incanta per la pienezza del frutto. Qualcosa di non comune per la tipologia.

Ed esalta, ancora una volta, l’altro file rouge della gamma. Ovvero l’appena percettibile percezione dei lieviti. Segno (anche) dell’assoluta gioventù e prospettiva del nettare. Un “singola vigna” di assoluto valore nel panorama delle bollicine trentine.

Trentodoc Brut Rosé Cime di Altilia, LeVide

Colora il calice di un bel rosa corallo chiaro, luminoso, frutto della cuvée Chardonnay-Pinot Nero. Perfetta corrispondenza gusto olfattiva, su preziose note di piccoli frutti di bosco, a bacca rossa. Si avvertono chiaramente ribes e fragolina.

Buon apporto fresco acido e consueta vena cremosa del perlage, a rendere ancora più beverino un rosé di precisione millimetrica, anche nello sviluppo delle note nel retro olfattivo. Buona anche la persistenza, su ritorni fruttati e minerali-salini.

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Cantina Toblino deve reintegrare enologi licenziati: «Decisione storica per categoria»

Cantina Toblino deve reintegrare gli enologi licenziati a ottobre 2020. Lo ha stabilito la duplice ordinanza del Tribunale civile di Trento, accogliendo il ricorso di Lorenzo Tomazzoli e Marco Pederzolli, assistiti dall’avvocato Osvaldo Cantone.

I due winemaker sono tornati sul libro paga della cooperativa trentina il 28 dicembre, per effetto della decisione del giudice del Lavoro Giorgio Flaim. Una chiusura di sipario 2021 indigesta per la cantina della Valle dei Laghi presieduta da Bruno Luterotti e diretta da Carlo De Biasi. Il testo del provvedimento è durissimo: il licenziamento è stato dettato da «fatti inesistenti».

«L’ordinanza del Tribunale civile di Trento – commenta in esclusiva a WineMag.it l’avvocato Osvaldo Cantone – parla da sé. Quello che ci rende più soddisfatti, al di là del reintegro sul posto di lavoro, è che le motivazioni addotte da Cantina Toblino per giustificare il licenziamento sono state definite “inesistenti”. Il giudice ha restituito dignità professionale a due enologi di chiara fama, dopo un licenziamento fortemente lesivo per la loro reputazione».

CANTINA TOBLINO, ENOLOGI LICENZIATI PER «FATTI INESISTENTI»

Oltre al pagamento delle mensilità e dei contributi previdenziali arretrati, la cooperativa dovrà pagare le spese di giudizio. Rigettata, invece, la domanda di risarcimento del danno per diffamazione e ingiuria, generato dalle accuse alla base del licenziamento.

Calcolatrice alla mano, l’ammontare complessivo del risarcimento supera i 150 mila euro. Cantina Toblino stimava invece in 420 mila euro il danno causato dai due enologi, per aver declassato circa 2.500 quintali di uve destinate alla produzione di vini Igt Vigneti delle Dolomiti: Nosiola, Schiava e Müller-Thurgau della Valle dei Laghi.

«Come evidenziato nei mesi scorsi anche dal presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella – commenta Lorenzo Tomazzoli – l’enologo di una cantina si rifà alle decisioni dei titolari. Nel nostro caso, come confermato dall’ordinanza, abbiamo eseguito alla lettera le direttive del Cda, declassando le uve conferite dai soci con un grado inferiore a 9% naturali».

In questo senso, la decisione del giudice del Tribunale civile di Trento entra nella storia e fa giurisprudenza. Non è solo una vittoria nostra, ma di tutta la classe degli enologi e degli enotecnici italiani».

TOMAZZOLI: «GLI ENOLOGI? SPESSO SOLO TOPI DI CANTINA»

«Persone che lavorano nelle retrovie – chiosa Lorenzo Tomazzoli – veri e propri “topi di cantina” a cui spesso non vengono riconosciuti i meriti, attribuiti ad altri. Io e il collega Marco Pederzolli non vediamo l’ora di tornare sul nostro posto di lavoro, per ricominciare da dove avevamo lasciato. A testa alta».

Parole tutt’altro che scontate quelle del noto e pluripremiato enologo trentino. «Sono stati 14 mesi durissimi per me e per la mia famiglia – confessa ancora l’enologo a WineMag.it -. In attesa della decisione del giudice mi sono proposto alle due maggiori cantine trentine, Mezzacorona e Cavit».

«Entrambe si sono dichiarate disposte ad accogliermi a braccia aperte, una volta chiuso definitivamente il capitolo giudiziario. Tornerò invece a Cantina Toblino, forte del fatto che le accuse mosse nei nostri confronti siano state ritenute infondate. Fra tre anni andrò in pensione senza macchie sul curriculum».

LICENZIAMENTO ENOLOGI CANTINA TOBLINO: GLI STRASCICHI

Ad occuparsi della vicenda del licenziamento degli enologi di Cantina Toblino era stato anche il Consiglio provinciale di Trento. Come riportato da WineMag.it – unica testata nazionale di settore ad aver dato spazio al caso, ndr – nel novembre 2020 il consigliere Filippo Degasperi (Gruppo Consiliare Onda Civica Trentino) chiamava in causa la cooperativa di Sarche di Madruzzo, attraverso un’interrogazione rivolta al presidente Walter Kaswalder.

Oggi, a commentare l’esito della duplice ordinanza firmata dal giudice Giorgio Flaim è la Flai-Cgil, sindacato di categoria di riferimento per i lavoratori agricoli e dell’industria di trasformazione alimentare.

Non solo i licenziamenti sono stati annullati – evidenzia il segretario generale del Trentino, Elisa Cattani – ma Cantina Toblino è stata condannata al reintegro sul posto di lavoro di Lorenzo Tomazzoli e Marco Pederzolli, ad un cospicuo risarcimento economico, al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegra e alla refusione di tutte le spese legali sostenute dagli enologi».

«Riteniamo si tratti di un’enorme vittoria per tutte le lavoratrici e i lavoratori, enologi in primis in questo caso, che non debbono mai smettere di credere nella possibilità di vedere rispettati e tutelati i propri diritti», conclude Elisa Cattani.

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Gruppo Mezzacorona, fatturato record nel 2021

Fatturato record a 196,5 milioni di euro (+1,5%) per il Gruppo Mezzacorona, che ingloba i marchi Rotari, Tolloy e Feudo Arancio. Il dato giunge dalla 117ª assemblea generale dei soci tenutasi questa mattina, in cui è stato presentato il bilancio 2020/2021 della cooperativa trentina. L’utile netto è di 3,2 mln di euro (+32,5%).

Emergono anche altri dati definiti «molto positivi» dal presidente Luca Rigotti e dal direttore generale Francesco Giovannini. Il valore complessivo del conferimento si assesta sui 67,5 milioni di euro. Le rese medie per ettaro ad ottimi livelli, con 18.800 euro. Il patrimonio netto del Gruppo Mezzacorona ha toccato i 104,2 mln euro.

Dal confronto con le precedenti gestioni, emerge come il fatturato consolidato segni il nuovo record aziendale. Per l’esattezza la cifra è di 196.525.198 euro, contro i 193.597.747 euro del 2020 (+1,5%), frutto della sola gestione caratteristica. L’utile netto di 3.207.135 euro  è superiore del 32,5% rispetto ai 2.419.267 euro del 2020.

EXPLOIT NELL’EXPORT PER MEZZACORONA

Benissimo l’export, oltre l’80% delle vendite complessive, in ben 65 Paesi del mondo. Forte la presenza negli Stati Uniti, il mercato più importante e strategico per il Gruppo Mezzacorona, dove opera con successo da più di trent’anni con la controllata Prestige Wine Imports Corp.

Ottimi risultati anche in Germania, tramite la controllata Bavaria Wein Import GmbH. In vetta ci sono poi Olanda, Austria e Svizzera, Scandinavia, Regno Unito, Canada, Belgio, Europa dell’Est e Russia in particolare. E ancora, l’Estremo Oriente (Giappone, Corea del Sud, Cina) ma anche mercati nuovi come l’Australia, Israele, i Caraibi ed il Vietnam.

Il presidente Luca Rigotti ha voluto ringraziare tutti i collaboratori «che hanno dimostrato, in un anno così difficile per la pandemia di Covid-19, il loro impegno e senso di responsabilità verso l’azienda».

IL COMMENTO

I risultati – ha aggiunto – sono stati eccellenti pur in un contesto generale complicato, che ha messo in seria difficoltà non solo la salute delle persone ma anche tutta l’economia e quindi anche il settore vitivinicolo. Il bilancio evidenzia la forza del Gruppo sia dal punto di vista economico che finanziario».

Molto importante per il Gruppo Mezzacorona è stato anche l’ottenimento per il sesto anno consecutivo della Certificazione della produzione dei soci secondo il Sistema di Qualità Nazionale per la Produzione Integrata (Sqnpi). E, in stretto raccordo, della Certificazione dei vini, «a conferma dei grandi risultati sulla strada della sostenibilità ottenuti dal Gruppo Mezzacorona».

Una politica, quella della sostenibilità, attuata «con grande determinazione, non solo in chiave ambientale ma anche sociale, economica, culturale e territoriale». Non a caso, Mezzacorona è stata tra le prime aziende in Trentino a puntare sulle Doc negli anni Settanta e, dagli anni Novanta, a sperimentare con successo le pratiche più avanzate per la produzione integrata, come la confusione sessuale.

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Cavit approva il bilancio: Gdo e Müller Thurgau portano il fatturato a 271 milioni

Cavit brinda a un fatturato consolidato che sale a 271 milioni di euro (+29%). Si rafforza la posizione finanziaria netta (38,3 milioni di euro). Crescono le vendite nel canale Gdo, che compensano le criticità del settore Horeca. E volano le vendite della spumantistica Metodo Classico TrentoDoc. Queste, in sintesi, le voci che confermano il buono stato di salute del gruppo trentino.

L’assemblea annuale dei soci Cavit, riunitasi oggi presso il Centro Congressi di Riva del Garda, ha approvato il bilancio consolidato del Gruppo per l’esercizio 2020–2021, chiuso a maggio 2021.

Un anno definito senza mezzi termini «fuori dell’ordinario», ma che segna una crescita molto rilevante. «Complice – ammette la dirigenza – la situazione eccezionale generata dall’emergenza Covid-19, che ha visto mutare profondamente le abitudini di consumo a livello globale», in favore dei vini in vendita al supermercato.

L’assemblea ha confermato la Presidenza vigente, conferendo un secondo mandato triennale a Lorenzo Libera. Scandagliando le carte, il fatturato consolidato del Gruppo è cresciuto del 29% passando da 209,7 milioni di euro dello scorso esercizio a 271 milioni di euro. Un risultato ottenuto sia per crescita organica che per effetto del consolidamento a 12 mesi delle società di recente acquisizione.

Il Gruppo è oggi composto dal Consorzio Cavit Sc a cui fanno capo le società Cesarini Sforza SpA, Casa Girelli SpA e Glv Srl (quest’ultima all’80%) acquisite nel dicembre 2019, oltre che la società tedesca Kessler Sekt controllata al 50,1%. Si rafforza ulteriormente la posizione finanziaria netta del Gruppo Cavit (Pfn: al 31/05/21 38,3 milioni di euro) che ritorna ai livelli preacquisizione, nonostante l’impiego di risorse finanziarie utilizzate per l’operazione.

I COMMENTI

«Molto soddisfacente anche quest’anno la remunerazione delle Cantine Associate da parte del Consorzio – evidenzia la dirigenza – che ha continuato ad assicurare un elevato livello di servizio e di supporto. Dando prova di rappresentare, anche e soprattutto nel difficile scenario della pandemia, un chiaro valore per il sistema trentino delle Cantine sociali».

Nel contesto generalizzato di sofferenza dei mercati a causa della crisi Covid-19, Cavit ha potuto contare su una «consolidata diversificazione del portfolio prodotti e dei canali distributivi presidiati, nonché sull’ampio ventaglio di Paesi di esportazione».

«Siamo particolarmente soddisfatti dei risultati raggiunti – dichiara Lorenzo Libera – che, seppure in un contesto complesso e difficile, hanno garantito anche quest’anno buone remunerazioni dei vini conferiti dai Soci viticoltori. In un periodo critico come quello che abbiamo vissuto, Cavit ha dimostrato quanto il suo ruolo sia cruciale per l’intera filiera vitivinicola trentina.

«Il nostro modello cooperativo, in questo momento più che mai prezioso – conclude il presidente – ha la missione di sostenere le Cantine sociali di 1° grado e i viticoltori ad esse collegati a prescindere dalla situazione contingente. Sono lieto di essere stato riconfermato alla Presidenza del Consorzio e continuerò a impegnarmi per garantire il miglior supporto alle Cantina associate».

«La strategia di forte diversificazione di prodotti, canali e Paesi di esportazione implementata in questi anni – aggiunge il direttore generale Enrico Zanoni – insieme alle acquisizioni compiute  con un preciso obiettivo strategico, hanno reso il Gruppo Cavit una struttura organizzata e diversificata, capace di cogliere le opportunità del mercato e di difendere le posizioni raggiunte».

I MERCATI DI CAVIT

In Italia, così come nei mercati esteri, Cavit ha incrementato notevolmente le vendite nel canale Gdo (il mondo dei supermercati), che è stato il principale driver di crescita del fatturato, grazie all’aumento dei consumi in casa generato dagli stili di vita adottati durante i periodi di lockdown e di smart working diffuso.

In particolare, Cavit ha consolidato ulteriormente la propria posizione come brand di riferimento per l’offerta di vini trentini, segnando in particolare ottimi risultati con il vino Müller Thurgau. Nel canale Horeca, nonostante la chiusura prolungata di bar e ristoranti e la conseguente riduzione dei consumi “fuori casa”, si evidenzia un trend decisamente positivo nel segmento della spumantistica premium con un +27%.

Ottimi risultati anche per Cesarini Sforza Spumanti Spa, che con i suoi metodo Classico TrentoDoc registra un fatturato di 5,7 milioni di euro nei due canali Horeca e Gdo, segnando una crescita complessiva del +30%. La controllata tedesca Kessler Sekt & Co Kg, nonostante la flessione del canale Horeca in cui si concentra prevalentemente, chiude l’anno fiscale con un giro d’affari di circa 9,5 milioni di euro. Mantiene così la sua posizione, stabile rispetto all’anno precedente.

L’EXPORT

Nei mercati internazionali, che rappresentano oggi il 75% del fatturato del Gruppo Cavit, l’emergenza sanitaria ha prodotto le medesime conseguenze osservate in Italia relativamente al cambiamento degli stili di vita e di consumo, spingendo i consumi domestici e penalizzando il canale del “fuori casa”.

Ottima la performance del Gruppo Cavit sul mercato nordamericano (Stati Uniti e Canada +25%), che rappresenta storicamente la destinazione primaria delle esportazioni del Consorzio: i consumatori d’oltre oceano hanno premiato i marchi più consolidati generando per le etichette di Cavit risultati superiori all’andamento del mercato.

Buoni risultati anche in diversi altri mercati di esportazione, come Belgio, Olanda, Svezia, Danimarca, Germania, Repubblica Ceca, Svizzera, Austria e Russia, mentre non sono mancate le criticità in alcuni mercati specifici, come la Cina e il Regno Unito.

In Asia, a differenza che in Occidente, le restrizioni alla circolazione delle persone e il regime di smart working diffuso hanno provocato infatti una perdita netta di fatturato, non compensata da un maggiore ricorso degli acquisiti nella Gdo. D’altro canto, il fenomeno della Brexit ha causato una forte contrazione della domanda e numerose difficoltà nella logistica, penalizzata dalle criticità subite dai servizi di trasporto.

Nel corso dell’esercizio è continuato con particolare impegno il programma di supporto organizzativo e tecnologico offerto dal team di agronomi Cavit agli oltre 5.250 viticoltori associati, con l’obiettivo di garantire assistenza anche nei periodi di maggiore criticità per l’emergenza sanitaria, nonché di migliorare costantemente il livello qualitativo del prodotto, all’insegna della sostenibilità e dell’innovazione.

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Agricola Mos, Miglior cantina Nord Italia 2022 WineMag.it: il Trentino del futuro

Valle di Cembra, profondo Trentino. Sponda sinistra del fiume Adige, su per le viottole strette che si aprono su un palco di vigneti eroici, a picco sul torrente Avisio. È qui che Luca Moser e il cugino Federico Ferretti hanno deciso di realizzare il sogno della loro vita: una cantina artigianale, capace di valorizzare terroir, varietà, filosofie e persone come loro: genuine.

AGRICOLA MOS: IL TRENTINO DEL FUTURO

Agricola Mos è una realtà relativamente nuova. È stata fondata nel 2018 dai due giovani cugini, che lavorano a mano tutti e 5 gli ettari di vigneti di proprietà. Terre aspre, dure, difficili, impossibili da immaginare “a frutto” senza passione, quelle che si trovano a Cembra-Lisignago. Un gioco da ragazzi, in confronto, condurre l’altro appezzamento più a valle a Terre d’Adige (Zambana).

È con i propri vini di montagna che Mos guadagna il riconoscimento di cantina dell’anno Nord Italia 2022 per Winemag.it, all’interno della Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022. Schiava, Riesling Renano e Chardonnay convincono per la verticalità moderna del sorso, la lavorazione autentica, la precisione enologica che diventa caposaldo per proporre un terroir ancora poco noto al grande pubblico.

È il Trentino del futuro, quello di Luca Moser e Federico Ferretti. È il Trentino dei giovani che fanno impresa col sudore e la fatica. Il Trentino che crede nelle proprie forze e parte da zero, dalla vigna alla rete commerciale
ancora pressoché inesistente.

È il Trentino che noi di WineMag.it ci auguriamo di vedere nei migliori ristoranti e winebar della nostra Milano, così come a Roma, Firenze, Palermo… Non sarà un gioco da ragazzi. O forse sì.

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XXXIV rassegna Müller Thurgau Vino di Montagna: si potrà ammirare i vigneti eroici da un elicottero

Meno di quarantott’ore all’avvio della XXXIV rassegna Müller Thurgau: Vino di Montagna. La kermesse, nata per valorizzare il Müller Thurgau e il territorio della Valle di Cembra, celebra la culla della viticoltura eroica trentina e gli oltre 700 km di muretti a secco.

In programma nel piccolo comune di Cembra, in provincia di Trento, degustazioni libere e guidate dentro e fuori Palazzo Maffei. Oltre 60 vini in rassegna, oltre a momenti di approfondimento, visite nelle cantine del territorio, trekking e biciclettate tra i vigneti.

Tra gli appuntamenti da non perdere, anche la cena sotto le stelle lungo il viale di Cembra e la possibilità di ammirare i terrazzamenti vitati della Valle di Cembra, a bordo di un elicottero. Il tutto partire dalle ore 18 del 29 luglio e fino al 1 agosto 2021.

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La Panchina gigante del Groppello in Val di Non, per salvare il vitigno dalla scomparsa

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Pietro Pancheri non è un Watusso, ma sulla Panchina gigante del Groppello anche la sua stazza imponente viene messa in discussione. Alta quasi due metri e mezzo, è la prima in Trentino Alto Adige e si trova in Val di Non. Non per caso. L’hanno voluta lì proprio Pancheri e la moglie Silvia Tadiello, titolari della cantina LasteRosse di Novella.

Un vero e proprio monumento gigante alle bellezze della vallata della provincia di Trento, reso ancora più speciale dalla vicinanza a un piccolo vigneto di montagna, coltivato con la rara uva Groppello di Revò.

Un modo per porre ancor più l’attenzione degli italiani e dei turisti internazionali sulla necessità di salvare questo vitigno, a rischio scomparsa. Proprio come fa LasteRosse, che ne ricava in purezza un pregiato rosso, uno spumante Metodo classico, una grappa e un altro vino rosso, “Privato“, in uvaggio con il Pinot Nero.

La Panchina del Groppello è raggiungibile a piedi, attraverso una passeggiata semplice di 10 minuti, partendo dal centro del paese di Romallo (TN) e dirigendosi verso via per San Biagio (coordinate sono: 46.391742,  11.068670). La si scorge a centinaia di metri di distanza, grazie al suo colore giallo, che simboleggia la luce della Val di Non.

Una novità per il Trentino Alto Adige, ma non per l’Italia. Le grandi panchine del progetto Big Bench Community Project sono tutte “fuori misura” e caratterizzate da colori vivaci.

Val di Non, allarme per il Groppello di Revò: “Il vitigno trentino rischia di sparire”

Ideatore e promotore è Chris Bangle, designer americano che ha pensato così di promuovere le comunità locali, il turismo e le eccellenze artigianali, tra cui figura proprio il vino.

Un progetto no profit che vive grazie alle donazioni fatte da chi realizza una nuova panchina e dalla vendita in merchandising degli articoli ufficiali, souvenir originali e concreti per dire “Io ci sono stato!“.

Per l’esattezza, la Panchina della Val di Non, o del Groppello di Revò, è la numero 132. Il ricavato sarà devoluto annualmente, alle scuole e gli studenti del Comune del Trentino.

Il Groppello – sottolineano Pietro e Silvia Pancheri – nell’ultimo anno è stato oggetto di un progetto di salvaguardia lanciato da Cantina LasteRosse, attraverso l’adozione a distanza dei filari di vite».

Un’iniziativa che continua e che ha visto nascere un vero movimento di amore per questo vitigno: “You are Groppello“, di cui la panchina gigante è la ciliegina sulla torta.

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Rito della Spremitura del Vino Santo del Trentino 2021: il video e le immagini

La pandemia non ferma il Rito della Spremitura del Vino Santo del Trentino. Le Aziende Agricole Pedrotti, Pisoni, Giovanni Poli, Maxentia, Pravis e Francesco Poli hanno deciso di celebrare il momento incontrandosi, alla giusta distanza, attorno a un piccolo tornio, nella Casa Caveau Vino Santo, a Padergnone.

Un Rito che i Vignaioli hanno voluto raccontare per immagini, condensando in poco meno di un minuto una storia lunga secoli. «Un invito a festeggiare insieme il tempo dell’attesa che si fa vino nobile, di dolce eleganza e di straordinaria longevità», spiega il gruppo di produttori.

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Trento Doc verso la Docg? La (mezza) proposta della Lega in Trentino

Non la cita mai, direttamente. Ma il riferimento alla Docg sembrerebbe piuttosto chiaro. Dopo aver «scoperto che il Trento Doc è la prima denominazione italiana interamente dedicata al Metodo classico, già dal 1993», la consigliera provinciale della Lega Salvini Trentino Alessia Ambrosi è riuscita a far approvare all’unanimità (32 voti favorevoli) la mozione 256/XVI «per l’ulteriore valorizzazione» del Metodo classico Made in Trentino.

L’impegno assunto dal Consiglio provinciale della regione autonoma è quello di attivarsi a tutti i livelli, di concerto con gli attori della filiera, per rendere ancor più il Trento Doc la vera gemma della produzione vitivinicola trentina.

E come, se non attraverso un passaggio dalla Denominazione di origine controllata (Doc) alla Denominazione di origine controllata e garantita (Docg)? Una richiesta che, se formalizzata, avrebbe tutte le basi legislative. Sono infatti decorsi, anzi quasi triplicati, i 10 anni minimi dall’approvazione della Trento Doc, necessari per il grande salto.

Decisivi gli accenni nella parte finale del discorso della consigliera Alessia Ambrosi, nel pomeriggio di mercoledì 3 febbraio. «Con questo documento – ha dichiarato l’esponente della Lega per Salvini Premier – si vuole promuovere un’ulteriore valorizzazione del sistema vino Trentino, anche grazie proprio alla sua punta di diamante, il Trento Doc».

Bisognerebbe fare ancora di più per far conoscere sia l’importanza e l’unicità di inalterate tradizioni culturali, tramandate di generazione in generazione, sia la stessa area di produzione vinicola di questo prezioso nettare.

In tal modo – ha aggiunto Ambrosi – si conferirebbe quindi ulteriore e giusta visibilità ad un prodotto che, come detto, non solo eccelle nella sua categoria, ma funge pure, permettetemi di dire, da gemma preziosa.

Da splendida cartolina che, automaticamente, rinvia alle bellezze del nostro territorio e apporterebbe un enorme valore aggiunto al Trentino, con molteplici immaginabili ricadute, anche sul comparto turistico».

La consigliera leghista ha quindi invitato la giunta provinciale «ad attivarsi in sinergia con associazioni e operatori del settore per promuovere una maggiore valorizzazione delle produzioni vitivinicole, autoctone, identitarie e del territorio che le produce: produzioni che hanno nel Trento Doc, prima denominazione italiana riservata esclusivamente al Metodo classico, una loro punta di diamante».

«Ritengo il documento approvato rilevante, perché traccia un orizzonte verso il quale è quanto mai opportuno lavorare», ha commentato la consigliera all’indomani della seduta del Consiglio provinciale.

Intanto, lontano dalle stanze attentamente distratte della politica, un vitigno autoctono del Trentino rischia letteralmente la scomparsa. È il Groppello di Revò, una varietà antica, riscoperta e valorizzate oggi da appena 4 cantine, in Val di Non. Auguri.

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Casaliva, l’olio del Garda Trentino con il “certificato di nascita”

Per le olive del Garda Trentino c’è ora una “carta di identità” che traccia in modo univoco l’origine dell’olio extravergine, ma anche il “certificato di nascita” dalla varietà Casaliva. In particolare, il legame della varietà Casaliva con il territorio dell’Alto Garda è evidenziato da una serie di analisi genetiche condotte nei laboratori di Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, che hanno riguardato oltre cento piante di olivo tra i 204 e 584 anni e 151 alberi più giovani, facendo luce sulla composizione varietale.

La forte prevalenza della varietà Casaliva sia nei vecchi oliveti che negli impianti più recenti, inclusi i più antichi patriarchi, sostiene quindi l’impegno a produrre un olio di fatto monovarietale.

L’indagine genetica è stata attuata nell’ambito di un accordo di ricerca sottoscritto tra Fondazione Edmund Mach e Agraria Riva del Garda che ha permesso di far emergere chiaramente l’antica presenza della Casaliva nell’areale più a nord della coltivazione tradizionale di olivo in Europa.

Considerando la scarsa propensione dell’olivo a generare frutti per autofecondazione è necessario il polline di altre cultivar per portare a termine la fruttificazione. La ricerca pubblicata sulla rivista Genes e per la quale ha collaborato il Centro Agricoltura Alimenti Ambiente (Unitrento–FEM) ha inoltre indagato la provenienza del polline che porta alla formazione delle olive dai fiori di Casaliva.

L’analisi degli embrioni estratti da 550 noccioli di Casaliva ha rivelato che oltre il 90% delle olive si sviluppa dalla fecondazione con polline di altre varietà presenti sporadicamente nella zona.

Tra queste compaiono cultivar note, come il Pendolino (10% dei casi) ma soprattutto varietà di olivo che non corrispondono a cultivar conosciute, con frequenze diverse nelle varie località considerate (Monte Brione, Arco, Torbole, Linfano, Fraveggio).

I risultati di questo studio introducono nuovi elementi per l’interpretazione dei fenomeni di scarsa o abbondante produzione delle olive nell’Alto Garda trentino, suggerendo l’adozione di piante impollinatrici di identità certa con caratteristiche di fioritura contemporanee a quelle della Casaliva ai fini di favorire la fecondazione efficace della varietà predominante.

Fem ha inoltre avviato una sperimentazione sulla gestione sostenibile della mosca olearia, in collaborazione con Agraria di Riva e Pat. L’obiettivo è quello di cercare soluzioni tecniche di controllo migliorative, la gestione ottimale dell’irrigazione nei periodi di siccità che talvolta si verificano in prossimità della raccolta.

Non ultima, la carta di identità isotopica che è in grado di identificare univocamente l’olio extravergine d’oliva del Garda Trentino, nonché il protocollo di produzione per esaltare le caratteristiche nutrizionali e sensoriali dell’olio Casaliva.

Tutte queste attività sono contenute e valorizzate in una recente pubblicazione edita da Fondazione Edmund Mach, che sintetizza le ultime ricerche e sperimentazioni sviluppate negli ultimi anni.

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