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Lugana Doc: registrati tre nuovi cloni di Turbiana

Si chiamano Turbiana Ctl1, Turbiana Ctl3, Turbiana Ctl5 i tre nuovi cloni di Turbiana ufficialmente inseriti nel registro nazionale delle varietà di vite. Ctl sta per Consorzio Tutela Lugana che, in collaborazione con lo Studio Agronomico Sata, ha avviato nel 2010 le indagini nei più antichi vigneti di Lugana per garantire tipicità, affinità territoriale e maggiore sostenibilità alla Denominazione.

La meticolosa analisi nei vigneti storici ha permesso di individuare singole piante con caratteristiche peculiari per qualità, sanità, maturazione e intensità gustativa delle uve. Queste “piante madri” sono state analizzate per la presenza di virosi e solo da quelle risultate sane sono state prodotte barbatelle, tenute separate per ogni pianta madre.

Nel 2012 è stato impiantato il campo di confronto clonale, costituito dalla distinta progenie di circa 70 piante madri e dal 2014 al 2020 sono state realizzate centinaia di microvinificazioni di pochi chili di uva ottenuta dalla parcella della progenie di un’unica pianta madre.

Questo ha permesso di confrontare le caratteristiche agronomiche ed enologiche dei vari candidati cloni. Al termine del percorso, solo ai tre migliori è stata riservata la possibilità di essere ufficialmente registrati.

«Riteniamo che questo sia un ulteriore e importante passo nella definizione identitaria del vitigno Turbiana – dichiara il Direttore del Consorzio, Andrea Bottarel – e nell’avanzamento della ricerca viticola, il cui obbiettivo sarà far confluire nei nuovi cloni i caratteri identitari del vitigno e quelle caratteristiche fisiologiche che permettano alla viticoltura di adeguarsi al cambiamento climatico e di essere sempre più sostenibile».

«Cercare di combinare queste caratteristiche – prosegue il direttore – richiede tempo e dedizione, ma è un passaggio fondamentale perché, paradossalmente, si rischia di perdere più tipicità nei vecchi cloni, selezionati molti anni fa, che in quelli di recente selezione».

«Le caratteristiche del suolo non variano – dice ancora Bottarel – ma il clima sta cambiando e con l’innalzamento delle temperature estive medie, soprattutto per quel che riguarda i vini bianchi, si potrebbe perdere molta di quella freschezza, che deriva dall’acidità, e che definisce il Lugana. Oltre all’adozione di diverse pratiche di gestione del verde è indispensabile poter optare per cloni più tardivi, senza però rinunciare ai caratteri identitari della Turbiana».

«Non meno importante – conclude il direttore – è stata la ricerca dei tratti che conferiscono a un vitigno caratteristiche di minore suscettibilità verso le avversità, che è un dovere etico in primis, ma che ha risvolti economici importanti: riducendo gli interventi in vigneto si tutela l’ambiente e si risparmia allo stesso tempo».

La famiglia dei Trebbiano ha origini molto antiche: questa storia, assieme alla vasta e diversificata area di coltivazione, spiega l’esistenza di tanti sinonimi e varianti locali, fonte di ricchezza ma anche, in alcuni casi, di confusione.

La ricerca “Il Trebbiano di Lugana: aspetti storici e genetici” di Pierluigi Villa, Osvaldo Failla, Massimo Labra e Attilio Scienza del 2001 ha dimostrato che Trebbiano di Lugana (localmente detto “Turbian””) e Verdicchio siano stretti parenti, più vicini tra di loro rispetto ad altre varietà quali il Trebbiano d’Abruzzo e quello Toscano, si tratta di due vitigni geneticamente distinti.

Il Trebbiano di Lugana ha un’attitudine più tardiva e leggermente meno produttiva oltre a essersi adattato, nel tempo e con successive selezioni fatte dai viticoltori locali, alle caratteristiche pedoclimatiche del lago di Garda, significativamente diverse da quelle degli altri areali.

Il Consorzio, nell’esprimere enorme soddisfazione per l’importante traguardo raggiunto, intende ringraziare i Vivai Cantone, Vitis Rauscedo e Vivai Zenato Valerio per aver creduto, sostenuto e fattivamente collaborato al progetto.

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Conta più la vigna, il fatturato o la “felicità” dei dipendenti di una cantina? Tutti e tre


MONTEFANO –
Il fatturato di una cantina conta più dei costi e delle modalità di gestione della vigna? In questo delicato rapporto, che peso ha la soddisfazione dei dipendenti? Se lo è chiesto, nelle Marche, la cantina Conti degli Azzoni. Domande che si sono tramutate in una vera e propria vision aziendale, che ha dato vita al “Bilancio di Sostenibilità“.

“Un documento prezioso”, come lo definiscono i fratelli Aldobrando, Filippo e Valperto degli Azzoni Avogadro Carradori. Lunedì 30 settembre la presentazione dei risultati dello studio, in occasione del “Simposio della Sostenibilità“, al Teatro La Rondinella di Montefano (MC).

Impegnarsi nella sostenibilità aziendale vuol dire dotarsi di un vero e proprio Bilancio – ha dichiarato Valperto degli Azzoni – e così abbiamo deciso di mettere per iscritto tutte le azioni che contraddistinguono la gestione della nostra cantina marchigiana: dai vigneti alle lavorazioni in cantina, dalla tracciabilità del prodotto alla scelta di fornitori etici, dal rispetto dell’ambiente a quello per le persone”.


Un anno di lavoro, per rispondere a una domanda tanto filosofica quanto concreta: “L’etica crea Felicità?“. Il tutto senza megalomania. Perché, come sottolineano i fratelli degli Azzoni, “l’importante non è essere l’azienda migliore ‘al mondo’ ma quella che cerchi di essere la migliore ‘per il mondo’: perché sostenibilità è felicità!”.

Il campo di studio del “Bilancio di Sostenibilità” sono stati gli oltre 850 ettari di superficie della proprietà, tutti in provincia di Macerata, di cui 130 a vigneto: Montepulciano, Sangiovese, Maceratino e Grechetto, ma anche vitigni internazionali come Merlot, Cabernet Sauvignon e Chardonnay.

Circa 50 i dipendenti di Conti degli Azzoni. Il 97% è marchigiano e, a parità di livello, uomini e donne hanno la stessa remunerazione lorda. Nelle novanta pagine del Bilancio emerge l’approccio al business di una cantina all’avanguardia sociale.

È stata una simpatica avventura – ha commentato Valperto degli Azzoni – iniziare a illustrare la vita aziendale secondo dei canoni differenti da quelli tradizionali ci ha costretti a conoscere ancora di più, e nel dettaglio, la nostra azienda e coloro che ci aiutano a crescerla e svilupparla”.

“Un esercizio utile a noi, ma sono certo anche a tutti coloro che lavorano alla degli Azzoni, per assumere consapevolezza di come, anche un piccolo gesto, una semplice parte del processo produttivo è in realtà strategica ed importantissima. È fondamentale rispettare ed essere rispettati non solo per ciò che si fa, ma anche per come lo si fa”, ha concluso degli Azzoni.

Significativo l’intervento del professor Leonardo Valenti, dell’Università degli Studi di Milano: “In ogni campo – ha dichiarato – chi lavora in situazione di benessere produce meglio. Basti pensare al peso del benessere animale nella qualità della produzione, o al benessere del vigneto per ottenere uve migliori. In una cantina che rispetta i propri dipendenti e li valorizza, questi sono più motivati a portare a termine gli obiettivi comuni”.

Dello stesso avviso Lorenzo Limonta, Consulente in strategie di EmployerBranding Lighthouse. “Le strategie della comunicazione – ha sottolineato- aiutano a rendere sempre più sostenibile il rapporto tra azienda e dipendente”.

“Per questo l’Employer Branding rientra a pieno titolo nelle voci della sostenibilità: attrarre e fidelizzare i dipendenti di talento e costruire un luogo di lavoro ideale – ha concluso Limonta – è qualcosa che, un giorno, anche in Italia, potrà tramutarsi in un valore aggiunto ‘a scaffale’ del prodotto finale, che in questo caso è il vino”.

Secondo i risultati della relazione presentata da Stefano Corsi dell’Università degli Studi di Milano, “la biodiversità in vigna è già un valore per molti consumatori, disposti a pagare di più in presenza di etichette di vino biologico”.

Parlano chiaro, di fatto, le previsioni sul consumo mondiale di “organic wine” del maggiore organismo di raccolta dei dati di mercato delle bevande alcoliche internazionali, l’Iwsr, secondo cui il “vino bio” toccherà quota 7,8 milioni di ettolitri entro il 2022.

A testimoniare l’impegno di Conti degli Azzoni su questo fronte c’è l’adesione ad alcuni progetti come Life Vitisom, che ha come obiettivo quello di promuovere una gestione sostenibile del suolo in viticultura, attraverso lo sviluppo e la sperimentazione di una tecnologia per la concimazione organica del vigneto.

Conti degli Azzoni aderisce poi a “Biopass“, utile alla misurazione, alla salvaguardia e all’incremento della biodiversità in viticoltura. Non ultimo “Ita.Ca“, l’unico calcolatore delle emissioni di gas a effetto serra per il settore vitivinicolo italiano, sviluppati in collaborazione con l’Università di Milano e con lo Studio Agronomico Sata.

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