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Metodo Classico Extra Brut Nobilis Naturae, Rossi de’ Bellagente Torrevilla

(3,5 / 5) Sotto la lente di ingrandimento di vinialsuper, un Metodo Classico dell’Oltrepò pavese. E’ l’Extra Brut Nobilis Naturae di Rossi de’ Bellagente, azienda di Stradella del gruppo Torrevilla.

LA DEGUSTAZIONE
Colore giallo paglierino pieno e brillante. Il perlage è abbastanza fine, vigoroso e molto persistente. Al naso, lo spumante Nobilis Naturae è intenso. Ben marcata la nota di lievito e crosta di pane. Un poco di frutta secca, accompagnata da sentori di frutta molto matura. In bocca caldo ed ampio, riempie bene il sorso.

Al palato la “bollicina” non infastidisce, per quanto tenda a smorzare la morbidezza del vino. Il finale, poco persistente, regala tuttavia una piacevole sensazione a metà tra i lieviti e il fruttato. In definitiva, un Metodo classico piuttosto equilibrato, non complesso, che trova nella sua immediatezza il punto forte, unita alla forza e persistenza del perlage e alla fine compattezza del bouquet. Un buon compagno in cucina, per abbinamenti non troppo elaborati.

LA VINIFICAZIONE
Nobilis Naturae è una cuvée composta da Pinot Nero e Chardonnay, di cui non sono dichiarate le percentuali in etichetta. I vigneti sono quelli dell’Oltrepò Pavese di fascia medio collinare, nei comuni di Rocca de Giorgi e Montalto Pavese. L’affinamento sui lieviti è pari a 18 mesi.

Realtà votata alla spumantizzazione Metodo classico, come da grande tradizione dell’Oltrepò, Rossi de’ Bellagente elabora, assembla ed affina i propri spumanti a Stradella. Le radici storiche della cantina affondano nel lontano XVII secolo, ma è dalla sua storia recente che nascondo i prodotti attualmente in commercio, distribuiti i modo più capillare dal 2014, quando l’azienda è entrata a far parte del gruppo Torrevilla.

Prezzo: 8,45 euro
Acquistato presso: Esselunga

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Radici del Sud 2017: i migliori vini degustati

Riflettori accesi sul vino del Meridione d’Italia a Radici del Sud. Alla XII edizione del Salone dei vini e degli oli meridionali, in scena il 4 e 5 giugno al Castello di Sannicandro di Bari, in passerella la viticoltura delle regioni Puglia, Basilicata, Campania, Calabria e Sicilia.

Un livello medio alto quello riscontrato ai banchi di degustazione, allestiti dall’associazione ProPapilla, capitanata da Nicola Campanile, in tre sale dello splendido maniero Normanno-Svevo.

Novantaquattro aziende rappresentate, capaci presentare in concorso 350 vini, settanta dei quali approdati alle finalissime di fine mese. Questi, invece, i migliori vini degustati a Radici del Sud dalla redazione di vinialsuper

SPUMANTI
1)
Un assortimento completo, profondo, pregiato, fa di Colli della Murgia – realtà da 200 mila bottiglie l’anno certificata biologica con base a Gravina in Puglia (BA) – la cantina più interessante dell’intera costellazione di Radici del Sud 2017. Sbaraglia a mani basse la concorrenza nella sezione spumanti, con lo statuario Metodo Classico Brut 2012 “Amore Protetto”.

“Si tratta dell’evoluzione della scommessa della nostra azienda – spiega Saverio Pepe – dai risvolti ‘sociali’: produrre una bollicina che contrastasse il proliferare del Prosecco, ormai divenuto anche in Puglia sinonimo di ‘bollicina’. Siamo partiti così da uno Charmat, per poi evolverci nella direzione di questo Metodo Classico, a completamento del nostro percorso”.

Una manovra più che riuscita, con la marcia della qualità ingranata. “Amore Protetto” è una chicca da conservare per le migliori occasioni. Prodotto con uve Fiano Minutolo raccolte a mano e pressate direttamente, svela nel calice un perlage finissimo, in un tripudio giallo paglierino brillante, con riflessi verdolini.

Naso marcato di miele millefiori, con richiami a metà tra l’agrumato, l’esotico e la frutta candita, in un quadro di grande finezza che si ritrova anche al palato. Qui, a sorprendere, è la freschezza quasi balsamica della beva, unita a una buona sapidità. Ciliegina sulla torta? Una persistenza pressoché infinita.

VINI BIANCHI
1) Il Basilicata Bianco Igt 2016 “Accamilla” di Camerlengo è l’unico vino bianco dell’azienda agricola di Antonio Cascarano a Rapolla, in provincia di Potenza. Un mix di tre uve a bacca bianca trattate in vinificazione alla stregua dei rossi, alla maniera degli “Orange wine”.

L’apporto predominante (60%) è quello della Malvasia, raccolta in vigna una volta raggiunta una leggera surmaturazione. Completano il blend un antico clone di Fiano, il Santa Sofia, e il Cinguli, altro clone di Trebbiano Toscano. Tini di castagno per la macerazione, con le prime ore di follature che interessano anche i raspi delle tre uve.

Che dire? Il Castello di Sannicandro di Bari sembra sparire tra i profumi di questo calice che porta idealmente al Collio friulano e alla Slovenia. Un apporto, dunque, di tipo aromatico e tannico ben costruito, per un vino messo in bottiglia da circa cinque mesi. Non manca, anzi è ben marcata, la firma del terroir vulcanico in cui opera la cantina Camerlengo. Un sorso di eccezionale rarità.

2) Secondo gradino del podio per il Fiano di Avellino Docg 2014 “Numero Primo” di VentitréFilari, preziosa realtà di “artigiani del vino” di Montefredane, in provincia di Avellino. “Ventitré come l’anno 1923 – spiega Rosa Puorro – in cui nonno Alfonso nasceva. E ventitré come il numero di filari del nostro vigneto”. Un marketing efficace, che regge.

Anche (e soprattutto) in un calice che mostra un’evoluzione sostanziale rispetto al primo vino proposto: la stessa etichetta di Fiano, vendemmia 2015 (appena messa in commercio, ma con altrettante potenzialità d’affinamento). Il giallo dorato di cui si tinge il vetro è un inno al buon bere in Campania.

L’equilibrio tra acidità e sapidità fa il resto, in un contesto tutto sommato rotondo, morbido. Il segreto di questo Fiano? Nove mesi sulle fecce, che ne fanno un vero e proprio concentrato dell’essenza del grande vitigno irpino.

3) Sul bigliettino da visita di Mario Notaroberto c’è scritto in chiare lettere: “Contadino”. Un marchio di fabbrica genuino, che si ritrova anche nel Fiano Cilento Dop Valmezzana 2015 della sua cantina, Albamarina. Siamo in località Badia nel Comune di Centola, una sessantina di chilometri a Sud di Agropoli, in provincia di Salerno. Un progetto “contadino”, quello di Mario Notaroberto, che mira al rilancio del Cilento nel nome di un’enogastronomia fondata sul valore della “terra”.

E di “terra” ne troviamo tanta nel suo Fiano. Due le annate in degustazione, con la 2015 che – rispetto alla 2016 – evidenzia un’evoluzione già netta, tutt’altro che completa. Note floreali e fruttate si mescolano a richiami erbacei decisi, naturali. Sembra d’essere in piena campagna quando al naso giungono richiami d’idrocarburo, spiazzanti. In bocca gran calore e pienezza: l’acidità rinfrescante ben si calibra con una mineralità degna di nota. Un vino da aspettare, il Fiano Cilento Dop Valmezzana di Albamarina, come dimostrerebbe – secondo Notaroberto – il vendemmia 2012, “ancora in progressione in bottiglia”.

VINI ROSSI
1) E’ di Elda Cantine il miglior rosso di Radici del Sud 2017: si tratta del Nero di Troia Puglia Igp 2014 “Ettore”. Lo premiamo per la grande rappresentatività del vitigno che sa offrire nel calice e per l’utilizzo moderato di un legno che, in altri assaggi, ha distolto l’attenzione dalla vera potenzialità del Nero di Troia: il binomio tra frutta e spezia.

Giova a Elda Cantine la scommessa pressoché totale su questo uvaggio, con il claim aziendale “dalle radici al suo profumo” che, in realtà, è la sintesi della scoperta della “vocazione innata” di Marcello Salvatori. Un progetto del 2000 dedicato alla madre Elda.

Siamo sui Monti Dauni, più precisamente a Troia, in provincia di Foggia. Qui Elda Cantine ha recuperato ed alleva uno dei vigneti più alti dell’intera regione Puglia, situato a 400 metri sul livello del mare. Il Nero di Troia Puglia Igp 2014 “Ettore” è vinificato in acciaio, prima di passare in botti di rovere per 12 mesi.

2) Riscomodiamo Antonio Cascarano per il racconto dell’Aglianico del Vulture Doc 2012 Camerlengo, vino simbolo della sua cantina di Rapolla, in Basilicata. Una sintesi perfetta tra potenza ed eleganza: forse tra le più belle espressioni del vitigno attualmente in commercio in Italia. La corrispondenza gusto-olfattiva è pressoché perfetta: naso e bocca assistono a un rincorrersi tra note marasca, ribes, lamponi, prima di una chiusura delicata di vaniglia, che nel retrolfattivo vira su terziari di cacao e tabacco dolce.

Al palato l’impronta del terroir più evidente: una spiccata mineralità che allarga lo spettro dei sentori, chiamando il sorso successivo e accompagnando verso un finale lunghissimo, tra il fruttato e il sapido. Dodici mesi in barrique di primo, secondo e terzo passaggio, più un affinamento di 8 mesi in bottiglia. Nessuna chiarifica e nessuna filtrazione. Da provare.

3) Per la piacevolezza della beva ecco il Syrah Vino Rosso Doc Sicilia 2014 di Fondo Antico, azienda agricola di proprietà della famiglia Polizzotti Scuderi situata in frazione Rilievo, a Trapani. Un vino dall’interessantissimo rapporto qualità prezzo, che dimostra come il Sud del vino possa concedersi anche prodotti non troppo elaborati, “quotidiani”, ma di qualità. Gran bel naso di frutti rossi puliti, con richiami caratteristici di pepe e macchia mediterranea. In bocca una piacevole morbidezza giocata di nuovo sui frutti rossi, unita a una grande freschezza che chiama il sorso successivo.

VINI ROSATI
Altra menzione per Colli della Murgia, tra i vini rosati. E non solo per il coraggio di mettere in bottiglia, in Puglia, un rosè dallo stile provenzale. Profumi intensi, acidità, freschezza. Questi i tratti distintivi del Rosato Igp Puglia 2016 Sellaia, ottenuto al 100% da uve Primitivo. Colore cerasuolo didattico, colpisce al naso per la pulizia delle note di frutta rossa e floreali di rosa. Una finissima delicatezza che ritroviamo anche al palato, in perfetto equilibrio tra durezze e morbidezze. Buona la persistenza. Uno schiaffo alla Puglia dei rosati ruffiani, che stancano al secondo sorso.

IL FUTURO DI RADICI DEL SUD
Già si conoscono le date della prossima edizione di Radici del Sud, che dal 5 all’11 giugno 2018 tornerà ad occupare le sale del Castello Normanno Svevo della cittadina barese. Già confermato l’impianto, con i consueti incontri BtoB dedicati alle aziende, il concorso dei vini e la due giorni dedicata al pubblico.

La vera novità riguarderà il panel di degustazione, che si amplierà anche all’olio con tre diverse giurie: una composta da tecnici olivicoli, una da massaie e l’ultima da studenti delle scuole alberghiere. “Un modo nuovo di avere a disposizione punti di vista diversi su un mondo, quello dell’olio, con un potenziale ancora fortemente inespresso”, commentano gli organizzatori del Salone.

Altra novità riguarda la due giorni dedicata al pubblico. Il Salone si trasformerà in un vero e proprio mercato del vino e dell’olio, durante il quale i visitatori, oltre ad assaggiare, potranno anche comprare i prodotti delle aziende.

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Una Docg per il Moscato di Canelli: partita aperta in Piemonte

Quattromila aziende coinvolte complessivamente nella filiera, su 9.700 ettari di superficie nelle province di Alessandria, Asti e Cuneo. Una capacità produttiva di 80 milioni di bottiglie, tra Asti e Moscato Docg, in cui la sottozona Canelli chiede di avere “maggiore peso”.

E’ il tema caldo delle elezioni del nuovo presidente del Consorzio Asti Docg, in corso da ieri nel sud del Piemonte, che non termineranno prima di sabato 22 aprile. Il gruppo di produttori nato più di 10 anni fa attorno a Canelli, in una zona compresa tra i Comuni di Castel Boglione, Bubbio e Loazzolo, ha avanzato in Regione la proposta di riconoscimento di una Denominazione di Origine Controllata e Garantita a sé stante. Una Docg in grado di valorizzare un “cru” che prenderebbe il nome di “Moscato di Canelli Docg”, o “Canelli Docg”.

“La nostra iniziativa – spiega Gianfranco Torelli, a capo dell’omonima cantina – non mira tout court a un’uscita dal Consorzio di Tutela dell’Asti Docg. Intendiamo piuttosto staccarci da questo grande mondo che è l’Asti: grande e importante, ma dentro al quale noi ci sentiamo un po’ stretti. Un mondo che non ci rappresenta più come vigneron del Moscato”.

“UN MILIONE DI BOTTIGLIE”
Oltre a Cantine Torelli di Bubbio, aderiscono alla richiesta di Docg importanti realtà della zona come Astoria, Ignazio Giovine, Cascina Barisel, Ezio Cerruti. Avrebbero mostrato interesse e già dato appoggio anche Tenuta Il Falchetto di Santo Stefano Belbo, l’Azienda Agricola Paolo Saracco di Castiglione Tinella, nonché Gianni Doglia e i Vignaioli di Santo Stefano. Aziende che, sommate assieme, garantirebbero alla nuova Docg una potenza sul campo “di circa un milione di bottiglie”.

“Nomi come questi – continua Torelli – ci consentirebbero in una decina di anni di modificare il nome della denominazione da ‘Moscato di Canelli Docg’ a, più semplicemente, ‘Canelli Docg’. Un’operazione possibile, grazie alla forza che potrebbero mettere in campo assieme le aziende in termini di marketing e comunicazione”. L’esempio a cui guarda il gruppo di produttori del sud Piemonte è quello del “Cortese di Gavi”, oggi noto a tutti col semplice nome “Gavi”. Al pari, il Nizza Docg.

I TEMPI
Gianfranco Torelli (nella foto) ha le idee chiare anche sui tempi necessari per realizzare il progetto. “Ci siamo dati come limite il 2018 – spiega il produttore – proprio perché siamo consci che non si tratta di un’operazione semplice. La sottozona Canelli è già prevista dal disciplinare di produzione. Il passaggio a Docg necessita l’appoggio della Regione, già ampiamente confermato dall’assessore Giorgio Ferrero, oltre all’avallo del Consorzio di Tutela, che deve far partire l’iter legislativo. Una volta eletto il nuovo presidente ed entrato in carica il nuovo direttivo, attenderemo un mese prima di chiedere un incontro ufficiale, nella speranza che sia portata avanti la linea già confermata dall’attuale direttivo”.

Il gruppo di promotori del Moscato di Canelli Docg è già stato accolto a Palazzo Gastaldi in Piazza Roma 10 dall’attuale direttore del Consorzio, Giorgio Bosticco. “Che in linea di massima – conclude Torelli – ha garantito il suo assenso e appoggio all’istituzione della nuova Docg”. Entro qualche settimana, dunque, le sorti del nobile Moscato di Canelli saranno segnate.

IL MOSCATO D’ASTI DOCG
Riconosciuto Docg nel 1993, il Moscato d’Asti deve essere prodotto secondo il disciplinare esclusivamente con il vitigno Moscato Bianco. La resa massima è di 100 quintali di uva per ettaro. Il Moscato d’Asti Docg è un vino di colore giallo parglierino brillante, che nel calice evidenzia una spuma fine e persistente. Al naso è fragrante, floreale. Il tratto distintivo è il sentore di salvia. Il sapore è delicatamente dolce, aromatico, caratteristico. La gradazione minima complessiva è 11 gradi, con alcool svolto minimo a 4,5.

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Metodo Classico Trentodoc Brut Allini, Lidl

(2,5 / 5) Torniamo a parlare della cantina Lidl, questa volta addentrandoci nel mondo degli spumanti con il Metodo Classico Trentodoc Allini. Di limpidezza cristallina, si presenta di un giallo intenso con riflessi dorati. La grana del perlage è mediamente fine e persistente: le “catenelle” di bollicine scorrono in maniera piuttosto ordinata dal basso verso l’alto.

Al naso, il Trentodoc Allini è intenso e tutto sommato schietto: le note preponderanti richiamano il lievito e la classica crosta di pane. Non mancano sentori di agrumi e un accenno di mineralità. Una qualità, quella olfattiva, che definiremmo mediamente fine, per una complessità sottile.

Le premesse di uno spumante “nella media”, aderente alla fascia prezzo in cui è stato collocato dagli attenti selezionatori Lidl, vengono confermate anche al palato. In bocca, di fatto, il Trentodoc Allini – Brut ottenuto da sole uve Chardonnay – conferma le note fruttate, prima di una mineralità piacevole e una chiusura ammandorlata. Il corpo è di buona struttura, l’alcolicità calda. Buona anche l’acidità, capace di rinfrescare il sorso. A disturbare la beva è piuttosto l’anidride carbonica: troppo aggressiva, al punto da disturbare l’intero pasto.

Al secondo calice, la sensazione sarà quella d’aver bevuto mezza bottiglia d’acqua gassata. Un difetto che, forse, andrà ad attenuarsi nel tempo, col permanere di questo Trentodoc in bottiglia. Uno spumante questo Allini, al netto della sensazione appena descritta, da stappare in occasione di un aperitivo. O da abbinare a tutto pasto a piatti non troppo strutturati della cucina italiana e internazionale, ad eccezione – ovviamente – del dolce.

Prezzo: 6,99 euro
Acquistato presso: Lidl

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Analisi e Tendenze Vino

60° Trattato di Roma: brindisi Ferrari Riserva Lunelli Trentodoc

È un brindisi Ferrari a suggellare le celebrazioni dedicate al sessantesimo anniversario del Trattato di Roma, che segnò il primo passo verso l’Unione Europea e firmato nella capitale italiana nel 1957.

Il pranzo offerto sabato 25 marzo dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ai rappresentanti dei 27 Stati membri dell’Unione Europea, ha infatti visto il Ferrari Riserva Lunelli Trentodoc protagonista del brindisi ufficiale e abbinato anche al primo piatto del menù.

“Ferrari – commenta la nota casa spumantistica trentina – ha l’onore di essere scelto come brindisi ufficiale di tutti i maggiori  appuntamenti istituzionali del nostro paese, tra i quali vogliamo ricordare proprio il cinquantenario del Trattato di Roma nel 2007 e ancor prima, nel 2004, la firma della nuova Costituzione Europea, nonché, più recentemente, le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia e l’insediamento del Presidente Mattarella”.

Le bollicine Ferrari Trentodoc “si confermano, quindi, il brindisi italiano per eccellenza, che da oltre un secolo celebra i momenti più significativi della vita istituzionale, culturale e sportiva del nostro paese”.

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L’Impertinente Crémant de Limoux Aoc Brut, Sieur d’Arques

(4,5 / 5) Capita spesso di leggere, prima di stendere la recensione di un vino, le impressioni della casa produttrice riportate sulla controetichetta. A tal proposito il vino in questione, come tanti reperibili sugli scaffali dei supermercati Lidl, non regala un ventaglio dignitoso di informazioni. Ma da una più attenta analisi sul web, il sito tedesco della catena di (ex) discount, suggerisce un accostamento de L’Impertinente Crémant de Limoux Aoc Brut (sboccatura gennaio 2016) agli antipasti.

Umili, almeno per una volta, i tedeschi. In realtà, questo Metodo Classico acquistabile per meno di 6 euro da Lidl, supera alla grande la nostra prova del calice. Candidandosi “sul campo” ad abbinamenti ben più strutturati d’un semplice entrée. E, non ultimo, a una menzione particolare tra le bottiglie “qualità-prezzo” acquistabili nel panorama italiano della Gdo.

Una spuma corposa, bianca, lascia presto spazio al giallo paglierino di uno spumante che rivela – già alla vista – buone caratteristiche. Il perlage, ovvero la “bollicina”, è fine e l’effervescenza è persistente. Al naso, L’Impertinente Crémant de Limoux Brut si presenta spavaldo: una carica intensa di sentori che richiamano, assieme, l’esotico e l’agrumato. Il leitmotiv è quello della crosta di pane e del burro, tipico dei lieviti. Poi cocco per la parte esotica; pompelmo e scorza di arancia e limone per la parte “acre”, unita a sentori (più vaghi) che ricordano il sidro di mele.

L’impronta minerale all’olfatto non manca, ma sarà ancora più evidente al palato. E’ qui che L’Impertinente da il meglio di sé. Giustificando il nome. Di fatto, eleganza mista a carattere: ecco spiegata l’accattivante etichetta. La “bolla” di questo Brut francese è di quelle che si fanno sentire, ma senza infastidire. A sorprendere è soprattutto la struttura di uno spumante che rischia davvero di essere preso sottogamba, per il prezzo al pubblico. E non è un discorso legato all’alcolicità, che si limita ai canonici 12,5%. Acidità viva, rotondità al limite della “poca morbidezza” e uno spunto minerale di rilievo spostano la lancetta verso durezze che raccontano un’equilibrio non canonico, quasi da ossimoro. L’equilibrio dell’impertinenza, per l’appunto.

Di nuovo le note fruttate d’agrume, che s’uniscono stavolta a una chiusura tutt’altro che facile, capace di riportare alla mente tra le più austere delle nocciole. Il finale è lungo, persistente. Debitamente e coerentemente impertinente. Detto ciò, quanto all’abbinamento: beh, fatene un po’ ciò che vi pare, a una temperatura di servizio tra i 6 e gli 8 gradi. Purché non si tratti d’un banale aperitivo, che finirebbe sovrastato. D’impertinenza.

LA VINIFICAZIONE
Poco nulla è dato a sapersi sulle specifiche relative alla vinificazione de L’Impertinente Crémant de Limoux Aoc Brut. Quello che sappiamo per certo è che la base di questo spumante Metodo Classico francese è costituita da uve Chardonnay, con la possibile aggiunta – a completamento della cuvée – di Mauzac (nota a livello locale col nome di Blanquette) e Chenin Blanc, così come previsto dal rigido disciplinare della denominazione Crémant Aoc (Appellation d’origine contrôlée), diffusa nella zona sudovest della Francia, ai piedi dei Pirenei, nota appunto col nome di Limoux.

La produzione di Cremant è tuttavia consentita anche in Alsazia, Loira, Jura, Die Bordeaux e Borgogna. Non si tratta ovviamente di Champagne, ma le caratteristiche del clima e del terreno consentono la produzione ottimali di ottimi vini bianchi.

Interessante, oltre al prodotto L’Impertinente, anche il produttore. Si tratta di La Cave Sieur d’Arques, bella realtà con base nel Limoux che commercia vini di tutte le fasce prezzo, arrivando a punte di eccellenza riconosciute dalle maggiori guide nazionali francesi.

Sieur d’Arques si trova a 25 km dal borgo medioevale di Carcassonne ed è un player importante nel mondo del vino della Linguadoca-Rossiglione, dove è considerata una dei pionieri. La Cave des Vignerons di Sieur d’Arques ha sviluppato sin dagli 80 gli attuali 2800 ettari di vigneto, tutti appartenenti all’AOC.

Prezzo: 5,99 euro
Acquistato presso: Lidl

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“Autoctono si nasce”: i migliori vini dell’evento Go Wine

L’Associazione Go Wine ha iniziato la stagione 2017 dei suoi eventi a Milano, con il tradizionale appuntamento “Autoctono si nasce”, presso l’Hotel Michelangelo, dedicato al vasto mondo dei vitigni autoctoni italiani, un patrimonio da salvaguardare e da valorizzare.

Erano presenti in degustazioni i vini prodotti da uve autoctone di quaranta cantine da quasi tutta Italia (grandi assenti Toscana e Alto Adige), oltre a una selezione dalla Bottega del vino di Dogliani, dalla Cantina Comunale dei vini Crota d’Caloss, dal Consorzio di tutela e promozione dell’Ovada Docg, dall’Associazione Produttori del Ruché di Castagnole Monferrato. Infine una “enoteca”, a completare il panorama dei vini in degustazione.

I vitigni presenti spaziavano da quelli più famosi e blasonati, come il Nebbiolo, l’Aglianico, il Barbera e il Verdicchio, a quelli molto rari e quasi sconosciuti, uno su tutti la Gamba di Pernice o Gambarossa. Per quanto riguarda le cantine, presenti tutte piccole realtà, ricche di passione e amore verso il proprio lavoro e il proprio territorio. La qualità media degli assaggi è stata valida, con alcuni picchi davvero molto interessanti e altri semplicemente curiosi.

Grande piacevolezza e bevibilità per il tris di proposte di Baglio Aimone da Petrosino (TP): il Sicilia D.O.C. Argalia 2015 (Grillo 100%, solo acciaio), dai profumi freschi di agrumi ed erbe aromatiche, confermati in bocca e corroborati da una freschezza gustativa e sapidità, grazie ai terreni carsici, che chiamano ulteriori sorsi; il Sicilia D.O.C. Ferraù 2015 (Zibibbo 85% e Grillo 15%, solo acciaio), molto aromatico, dove spiccano note di frutta dolce a pasta bianca e uva bianca da tavola, con una bocca avvolgente ed equilibrata e ottima persistenza.

Infine l’Iratu, spumante extra-dry da uve Grillo in purezza vendemmiate 30 giorni prima della piena maturazione e prodotto con Metodo Charmat prolungato per quasi due mesi, dotato di profumi agrumati e minerali, mentre la bocca colpisce per la cremosità della bollicina e per la sua avvolgenza, con il residuo zuccherino ben calibrato.

Un salto in Emilia, precisamente nei Colli Bolognesi, per degustare un vitigno già conosciuto dai Romani e citato nelle opere di Plinio il Vecchio nel I secolo d.C.: il Pignoletto, noto quasi esclusivamente per la produzione di semplici vini frizzanti da pasto, ma che se vinificato con la massima attenzione e cura dona prodotti ricchi di complessità e qualità.

Maranesi da Zola Predosa (BO) conferma la difficoltà di superare l’idea del consumatore medio, tanto da trovare il più ampio riscontro di vendite fuori confine, dove il consumatore non è ancorato al pregiudizio che lo annovera tra i vini di modesta qualità. La sua versione Colli Bolognesi Pignoletto Classico D.O.C.G. 2015 Ferma (Pignoletto 100%, solo acciaio) ci dimostra quanto scritto sopra, grazie a profumi fragranti di mela e pesca bianca, biancospino, agrumi e un tappeto di erbe aromatiche, con bocca come da tradizione fresca e soprattutto sapida, con grande bevibilità e persistenza.

La Cantina Trexenta da Senorbi (CA) è l’unica rappresentante della Sardegna, ma ne tiene alta la bandiera, grazie in particolare a due prodotti di grande interesse. Il Vermentino di Sardegna D.O.C. Contissa 2015 (Vermentino 100%, solo acciaio) spicca per profumi freschi e piacevoli tipici di questa uva e soprattutto per una sapidità letteralmente vibrante, che garantisce una bevibilità eccezionale. Il Cannnonau di Sardegna D.O.C. Baione 2013 (Cannonau 90% e 10% tra Bovale e Monica, 12 mesi in barriques) conquista per i suoi profumi suadenti ma non ruffiani di frutta rossa matura e un’ampia varietà di spezie e tostature, tutto confermato all’assaggio con un tannino presente ma elegante, freschezza e buona morbidezza, con un equilibrio che si perfezionerà negli anni.

Una citazione speciale merita Vigna Petrussa da Prepotto (UD) per la grande qualità complessiva e per la passione e il coraggio mostrati dalla Signora Hilde, simpatica, accogliente e innamorata di ciò che è molto più del suo lavoro. Grande attenzione verso gli autoctoni, tanto da voler espiantare tutto il Sauvignon per sostituirlo con la Ribolla Gialla: “Una piccola azienda come la mia ha il dovere di dedicarsi interamente, per quanto possibile, ai vitigni autoctoni”.

Tra le diverse etichette presentate spiccano 4 vini. Il Friuli Colli Orientali Friulano D.O.C. 2015 (Friulano 100%, 7 mesi in botte grande) si fa apprezzare per le sue piacevolissime note di frutta e fiori freschi e uno sfondo vegetale e minerale delicato; il sorso è ricco di struttura e bevibilità, grazie a una inaspettata morbidezza che da equilibrio alla forza dell’acidità e della sapidità. Il Friuli Colli Orientali Schioppettino di Prepotto D.O.C. 2013 (Schioppettino, chiamato anche Ribolla Nera, 100%, 2 anni in botte grande) stupisce per un corredo aromatico dolce e avvolgente di prugna e frutti di bosco maturi, con un inebriante mix di spezie; bocca con tannino preciso e per nulla invadente, con bella morbidezza e durezze che rendono il sorso facile nonostante la struttura.

Infine due passiti meravigliosi: il Venezia Giulia I.G.T. Desiderio 2014 (blend di Friulano, Riesling Renano, Malvasia Istriana e Picolit, più di un anno in barriques), con sentori di miele millefiori, frutta gialla sia macerata che candita, fiori di acacia, chiodi di garofano e cioccolata bianca, con bocca suadente, fresca e con infinita persistenza e il Picolit D.O.C.G. 2013 (Picolit 100%, 18 mesi in barriques), con profumi di erbe aromatiche, fiori gialli, riso soffiato, frutta esotica e sfondo di tabacco, con una bocca meravigliosamente tesa ed equilibrata. Grande esperienza gustativa e umana. Merita una visita in cantina.

Un vitigno che si conferma degno di grande attenzione è la Tintilia, uva a bacca scura tipica del Molise. Claudio Cipressi da San Felice del Molise (CB), che conferma come l’abbondante nevicata di questi giorni sia fondamentale per la viticoltura, ne ha fatto una ragione di vita e si dedica a questo vitigno con grande attenzione, producendo ben 4 etichette davvero interessanti.

La sua filosofia comprende la pazienza di aspettare la giusta evoluzione dei vini a base Tintillia, poiché reputati troppo scontrosi in gioventù. Si comincia con il Tintilia del Molise D.O.P. Settevigne 2012 (Tintilia 100%, 2 anni in acciaio), da uve coltivate su terreno calcareo, con un colore rosso rubino molto profondo, al naso note fruttate e floreali fresche su sfondo speziato e una bocca con tannino presente ma non invadente e una piacevolissima freschezza che invoglia ad ulteriori assaggi.

Si continua con il Tintilia del Molise D.O.P. Macchiarossa 2012 (Tintilia 100%, 3 anni in acciaio), da uve coltivate su terreno argilloso, con note leggermente più evolute tra le quali spicca una splendida prugna sangue di drago e un sorso meno fresco, ma dotato di maggiore struttura. Si sale ulteriormente di corposità e complessità con il Tintilia del Molise D.O.P. Tintilia 66 2011 (Tintilia 100%, 3 anni in tonneaux), da terreni argillosi, dai profumi speziati e tostati, con note di liquirizia e pepe, con frutta rossa macerata, bocca importante, strutturata ed elegante, con lunga persistenza.

Chiude i rossi il Molise Rosso D.O.P. Macchianera 2011 (Montepulciano 85%, 18 mesi in barriques, e Tintilia 15%, solo acciaio), con riconoscimenti fruttati e floreali evoluti ed eleganti e un inebriante tappeto di erbe aromatiche e officinali, con un sorso tannico e strutturato, dalla lunga prospettiva di vita. Rossi che possono permettersi un lungo riposo in cantina. Da segnalare anche una bella Terre degli Osci I.G.P. Voira Falanghina 2015 (Falanghina 100%, solo acciaio), dalla bellissima florealità al naso e freschezza in bocca.

Per concludere, tre vitigni piemontesi: uno famosissimo, il Nebbiolo, uno in via di affermazione, l’Albarossa e uno sconosciuto ai più, il Gamba di Pernice o Gambarossa. Il Nebbiolo lo incontriamo nel Lessona D.O.C. Tanzo 2010 (Nebbiolo 100%, scelta più unica che rara in questa denominazione, 2 anni in botti grandi) di Pietro Cassina da Lessona (BI), vino che spicca per una balsamicità mentolata talmente importante da pizzicare gli occhi se si soffia dentro al calice, confermata anche in bocca, con un tannino presente ma ben cesellato, grande freschezza e lunghissima persistenza.

L’Albarossa è un vitigno creato dal Professore Giovanni Dalmasso negli anni ’30, mediante l’impollinazione della Barbera da parte del Nebbiolo, non quello più famoso, ma quello di Dronero, conosciuto come Chatus. La vinificazione inizia solo nei primi anni del nuovo millennio e ora comincia ad affermarsi come vitigno dal quale produrre vini degni di nota. L’azienda Poggio Ridente da Cocconato (AT) propone la versione Piemonte D.O.C. Albarossa del Marusè 2014 (Albarossa 100%, 12 mesi in barriques), con un bellissimo rosso porpora molto intenso, tipico del Barbera, con sentori di piacevole vinosità, frutta rossa appena matura, violetta, tocchi balsamici e vegetali, con una bocca carnosa, tannino e struttura tipici del Nebbiolo. Davvero un bel bere.

La Gamba di Pernice, storicamente anche chiamata Gambarossa, deve il suo nome dai raspi rossi dei grappoli maturi ed è il vitigno storico presente a Calosso (AT). L’autorizzazione per la coltivazione è arrivata solo nel 2007 e nel 2011 è nata la D.O.C. Calosso, nella quale si producono solo vini con Gamba di Pernice in purezza. “La storia e il mercato di questo vino sono ancora tutte da costruire”, afferma il rappresentante della Cantina Comunale dei vini Crota d’Caloss.

Il Calosso D.O.C. La Pernice 2014 (100% Gamba di Pernice, solo acciaio) di La Canova si presenta rosso rubino di bella intensità, con riconoscimenti balsamici, di piccoli frutti di bosco e di rosa canina; in bocca la struttura è media, con un tannino fine, buon equilibrio e discreta persistenza. Un vino ideale da pasto. Bisognerà aspettare qualche anno per dare giudizi più precisi, vista la giovane età di questa Denominazione. Per intanto un applauso al coraggio di questi produttori.

Il binomio vitigni autoctoni e piccoli produttori è davvero degno di rilievo, confermando il fatto che la nostra Italia deve sempre porre più attenzione e valorizzare il suo ricchissimo patrimonio ampelografico e che le piccole realtà sono una risorsa inestimabile della nostra vitivinicoltura.

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Analisi e Tendenze Vino news

Spumante a Capodanno? Le “regole d’oro” per gustarlo

Per le feste correnti in Italia salteranno circa 60 milioni di tappi di spumante Made in Italy. Con consumi in aumento del 9%. E’ quanto stima la Coldiretti nel sottolineare che quasi nove italiani su 10 (l’89%) non rinunciano a fare un brindisi Made in Italy a fine anno. In Italia si consolida l’inversione di tendenza, dopo anni di progressive riduzioni con appena l’11% che sceglie lo champagne. Il comparto nazionale dei vini spumanti chiuderà il 2016 con una produzione di circa 625 milioni di bottiglie in aumento del 18% sull’anno precedente e un export di oltre 450 milioni di bottiglie se fosse confermato il trend gennaio-settembre dell`anno, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ismea.

La stragrande maggioranza dello spumante italiano si beve dunque all’estero dove a pesare è il fatto che con il successo – sottolinea la Coldiretti – crescono le imitazioni in tutti i continenti a partire dall’Europa dove sono in vendita bottiglie di Kressecco e di Meer-Secco prodotte in Germania che richiamano palesemente al nostrano Prosecco che viene venduto addirittura sfuso alla spina nei pub inglesi. Circa 3 bottiglie di spumante Made in Italy su 4 – spiega la Coldiretti – sono di Prosecco con Asti, Franciacorta e TrentoDoc a seguire. Gli spumanti italiani annoverano in totale 153 tipologie DOC, 18 DOCG, 17 IGT oltre a diverse decine di altri tra varietali autorizzati, generici e di qualità.

LE REGOLE D’ORO PER OFFRIRE E GUSTARE LO SPUMANTE
Non offrirlo ghiacciato, ma tirato fuori dalla cantina un paio d’ore prima e raffreddato in un secchiello con ghiaccio tritato, acqua fredda e sale grosso.

  • La temperatura migliore è compresa fra gli 8 ed i 12 gradi
  • Berlo esclusivamente in una flûte a forma di tulipano che consente agli aromi di svilupparsi liberamente
  • Per gustare al meglio l’effervescenza sciacquare i bicchieri con acqua calda e sapone neutro
  • Stapparlo tenendo con una mano il tappo e facendo ruotare con l’altra mano la bottiglia leggermente inclinata accompagnando sempre l’espulsione del tappo
  • Far uscire lentamente il gas e versarlo tenendo la bottiglia dal fondo e non dal collo per evitare che lo spumante si riscaldi con il calore della mano
  • Mai utilizzare del ghiaccio nel bicchiere
  • Conservarlo in una cantina buia, fresca e senza sbalzi di temperatura, in posizione orizzontale
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news ed eventi

Tutte le bollicine di Natale della Gdo: Esselunga Trento, Iper Prosecco. Auchan su Rocca dei Forti

Il Prosecco “chic”. Viene presentato così, in una massiccia campagna pubblicitaria, il Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Sanvito e Maset, bollicina veneta del marchio privato “Grandi Vigne” di Iper, La Grande i. E i punti vendita della catena Iper Montebello Spa si vestono a festa per l’occasione.

Enormi manifesti ricoprono in questi giorni le facciate principali, mostrando la bottiglia, due flute, e un piatto di gamberi. Quindici giorni di tempo per approfittare della promozione, valida fino al 31 dicembre, che vede il Prosecco Grandi Vigne ribassato del 35%: da 7,95 euro a 4,99 euro (6,66 euro al litro). Troppo per un Prosecco? O troppo poco? Noi che l’abbiamo assaggiato vi diciamo che – in linea generale – è un buon prodotto: fatevi scivolare addosso la botta di solforosa iniziale (quel tipico sentore di zolfo che caratterizza al naso l’utilizzo dei solfiti, i ‘conservanti’ del vino) e lasciate un attimo lì il calice, prima di iniziare a bere. Perlage mediamente fine e persistente che in bocca si tramuta in una bolla presente e piacevole, poco aggressiva, su tinte di mela verde.

E poi c’è chi punta decisamente più in basso. Come Carrefour, che propone a volantino il Prosecco Doc Campo del Passo a 2,99 euro, rispetto all’iniziale 5,99 euro (-50% netto). Da Esselunga, il Prosecco Superiore di Valdobbiadene Docg è quello dei Produttori di Valdobbiadene, sugli scaffali dello storico retailer milanese a 4,61 euro (40% di sconto sul prezzo pieno di 7,69 euro). Spazio anche alla Franciacorta, con la Cuvée Imperiale di Berlucchi ‘tagliata’ a 7,99 euro. A vestire la maglia delle bollicine trentine l’ottima Cesarini Sforza, con lo Spumante Metodo Classico Millesimato a 6,83 euro, rispetto gli iniziali 11,39: roba da mettersene in cantina (come minimo) un cartone.

Sull’altra faccia della falce e del carrello ecco Coop, che batte tutti con il “Sottocosto” e sceglie Ferrari per la tavola di Natale degli italiani. Il Metodo Classico Brut astucciato della nota casa vinicola di Trento è in promozione fino al 24 dicembre a 7,58 euro, con un ribasso del 30% rispetto agli iniziali 10,83 euro.

Conad, a volantino, riporta tutti in Veneto. Con il suo 40% di sconto sul Prosecco Superiore Docg Valdobbiadene Astoria (3,90 euro), ma soprattutto con il top di gamma veneta Cartizze Oro Valdo (8 euro). La risposta della Franciacorta al Trento Doc di Ferrari in promo nei supermercati Coop è affidata al Metodo Classico Contadi Castaldi, a casa vostra per “soli” (citiamo appunto il volantino) 12,90 euro.

Auchan, in pieno stile francese declinato al Natale 2016 (vedi Prosecco al Carrefour) punta tutto sulla base della base con Rocca dei Forti, forte anche della spinta che, come ogni anno sotto Natale, arriva dalla campagna pubblicitaria televisiva del gruppo di Serra San Quirico, Ancona: appena 1,99 euro per portarsi a casa la bollicina.

Non mancano però offerte interessanti sull’asse Trento-Verona: fino alla Vigilia di Natale, Cesarini Sforza a 7,99 euro (1,16 euro in più rispetto alla promozione di Esselunga) e Prosecco Superiore di Valdobbiadene Docg Brut Scudo Verde Val D’Oca a 4,99 euro, in risposta al Grandi Vigne di Iper, La grande i.

Curiosa la scelta di Lidl, che preferisce privilegiare vini rossi fermi e importanti come l’Amarone della Valpolicella (taglio prezzo di 3 euro dal costo iniziale di 15,99 euro) e il Bolgheri Doc Toscana (da 11,99 a 8,99 euro), bianchi come il Pinot Griglio Veneto Igt (ribasso di un euro, per un prezzo al pubblico di 3,99 euro) e birra artigianale (in questo caso la promo è un 3×2: 2,98 euro al posto di 4,47). [sg_popup id=”1″ event=”onload”][/sg_popup]

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vini#1

Metodo Classico Brut Rosé 2010, Casa Vinicola Aldo Rainoldi

La Valtellina è una rinomata terra di vini rossi fermi, prodotti principalmente da uve Nebbiolo (localmente chiamato Chiavennasca), a partire da quelli da tavola – non complessi – fino ai grandi Sforzati, vini strutturati e di grande qualità. Cercando attentamente ci si può imbattere in produzioni davvero interessanti. Come questo spumante Metodo Classico Brut Rosé millesimo 2010 (sboccatura 2016) prodotto dalla Casa Vinicola Aldo Rainoldi, da un 92% Nebbiolo, un 4% di Pignola e un 4% Rossola (queste ultime uve assolutamente autoctone della lombarda Valtellina).

Il vino mostra una veste rosa con tonalità ramate vivaci e con bollicine discretamente fini. Il naso ha un’ottima intensità, con piacevoli profumi agrumati soprattutto di arancia rossa, di fragoline di bosco, note floreali dolci di fiori di arancio, con i classici sentori di crosta di pane da Metodo Classico e un intrigante sfondo di erbe aromatiche.

In bocca spicca la freschezza gustativa e una bella sapidità, con buona struttura e una morbidezza presente che da equilibrio, invogliando ad altri assaggi. Ottima persistenza, con aromi coerenti ai sentori olfattivi, soprattutto quelli agrumati.

LA VINIFICAZIONE
Lo spumante Brut Rosé Rainoldi è prodotto da uve coltivate nei comuni di Ponte in Valtellina e Teglio, in vigneti situati tra i 600 e 730 metri sul livello del mare, esposti a sud e con terreno sabbioso-limoso derivato da rocce granitiche sfaldate. La vendemmia viene effettuata nella seconda metà di ottobre. Per ottenere il colore rosato sopra descritto, viene effettuata una veloce macerazione delle uve a freddo, con successiva pressatura. Il vino base rimane per qualche mese in acciaio a maturare e viene poi imbottigliato con i lieviti, con la quale ha inizio la seconda fermentazione e il seguente affinamento che si protrae per almeno 36 mesi.

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degustati da noi vini#02

Pinot Nero Metodo Classico Pas Dosé Roccapietra Zero, Cantina Scuropasso

Ci sono bottiglie di cui t’innamori al primo sorso. E ce sono altre di cui, poi, non faresti più a meno. Questa è la storia di un vino da avere sempre in cantina. Magari a partire dalle prossime feste di Natale. E’ la storia del Pinot Nero Metodo Classico Pas Dosé Roccapietra Zero, di Cantina Scuropasso (Scorzoletta di Pietra dè Giorgi, Pavia). Quarantotto mesi sui lieviti per questo spumante dell’Oltrepò Pavese, privo di dosaggio zuccherino. Una di quelle etichette che, calice tra sorso e olfatto, ti portano con la mente altrove. Magari ai banchi di una degustazione alla cieca, dove – ne siamo certi – si mimetizzerebbe al cospetto di una batteria di Champagne. Già, lo Champagne. Quel prodotto che ci fanno pagare caro, tanto in enoteca quanto al supermercato. Ma che, in realtà, in Francia, si porta a casa con poche decine di euro.

Piccole produzioni di piccoli vigneron, capaci di assicurare (ma solo al consumatore più attento e, soprattutto, curioso) “poca spesa e tanta resa”. Non a caso l’Oltrepò e l’area dello Champagne si trovano tra il 40° e il 50° parallelo, l’area più prolifica al mondo per la viticoltura, in termini di qualità. E allora è impossibile non accostare seriamente questo Metodo Classico di Pinot Nero oltrepadano alle produzioni francesi. Anche perché – udite, udite – questa bottiglia si mette in frigorifero (quello di casa propria) per soli 10-12 euro. Come lo Champagne dei vigneron.

Di francese, il produttore Fabio Marazzi – un omone tanto grande quanto buono – ha l’eleganza e l’educazione, che poi trasferisce al proprio vino. Un vino, lo immaginiamo, coccolato grappolo per grappolo, in vigna, prima e durante la vendemmia. E pupitre dopo pupitre, in cantina. Coccole e parole: Marazzi deve proprio essere uno di quei viticoltori che parlano alle bottiglie. Amore e umiltà. Due vitamine che sembrano trasferite in purezza nel Pinot Nero Metodo Classico Pas Dosé Roccapietra Zero di Cantina Scuropasso.

Il colore, nel calice, è quello della paglia d’un fienile, su cui una nobile lussuriosa deve aver smarrito polvere d’oro, distratta dal mugnaio. Il perlage è meravigliosamente fine e persistente. Le catenelle riluccicano come gli ornamenti natalizi delle città del Nord Europa: ordinate, precise. In un contorno di limpidezza brillante.

Al naso la schiettezza del Pinot Nero, spiccata, penetrante. Capace di assumere tinte balsamiche, con l’aiuto dell’ossigeno. Al palato una freschezza invidiabile (sboccatura 6/14), lunga, che accompagna un finale al contempo minerale e (nuovamente) velatamente balsamico. Il compagno perfetto, a tavola: quello che riesce ad essere formale, se gli viene richiesta la compostezza, la struttura e la complessità degna di portate sublimi. Ma allo stesso tempo – poliedrico Metodo Classico come pochi – la capacità di scendere in gola facile, semplice, tutto sommato beverino (merito della straordinaria freschezza). La bollicina di Natale. La bollicina dell’Oltrepò della qualità.

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Al via “TrentoDoc: bollicine sulla città”

Nella   cornice   rinascimentale   di   Palazzo   Roccabruna   –   sede   dell’Enoteca provinciale del Trentino – giovedì 17 novembre ad ore 18.00 prenderà il via per il dodicesimo anno consecutivo “Trentodoc: bollicine sulla città”, kermesse di   appuntamenti   e   degustazioni   riservata  alle  bollicine   del   metodo   classico trentino a denominazione di origine. L’evento è organizzato dalla Camera di commercio   di Trento, dall’Istituto Trento  Doc, dal Consorzio tutela   vini del Trentino in collaborazione con la Strada del vino e dei sapori del Trentino, la Strada dei Formaggi delle Dolomiti, la Strada della mela e dei sapori delle Valli di Non e Sole e con la partecipazione del Comune e dell’Apt di Trento. Dal   17   novembre   all’11   dicembre   da   giovedì   a   domenica   l’Enoteca provinciale del Trentino proporrà un fitto calendario di degustazioni,laboratori enogastronomici, menù a tema che faranno scoprire l’eleganza e la piacevolezza delle bollicine di montagna. Ogni sabato nella cucina dell’Enoteca un ristorante si cimenterà con l’abbinamento fra un presidio Slow Food locale e la collezione del Trentodoc. Si parte il 19 novembre dalle 19.00 alle 22.00 con un   menù   curato   dalla  Locanda   delle   3   chiavi   di   Isera  che   coniugherà broccolo di Torbole e metodo classico (su prenotazione, tel 0461/887101).

IL PROGRAMMA
Da Palazzo Roccabruna la manifestazione si irradierà in tutta la città e in tuttala   provincia   coinvolgendo   cantine,   bar,   ristoranti   con   eventi   culturali   ed enogastronomici, e perfino il  Muse  dove sabato 19 novembre ci saranno in degustazione ben 115 etichette. Quest’anno il Trentodoc sarà abbinato a tre originali   iniziative:  la   mostra   i   Foulard   delle   Montagne,   organizzata   a Palazzo Roccabruna da Cciaa e Museo montagna di Torino che espone circa 70 esemplari   d’alta   moda   a   tema   montano   dagli   anni   Trenta   ad   oggi.  La premiazione del Miglior sommelier d’Italia 2016 – Premio Trentodoc, domenica 20 novembre ad ore 10.30 al Grand Hotel Trento nell’ambito del Congresso   nazionale   e   del   concorso   organizzati   dall’Associazione   italiana sommelier.  Infine  La   via  del  Gusto, un’idea del Comune di Trento che  in occasione dei Mercatini di Natale trasformerà via Santa Trinità in un itinerario a tappe alla scoperta del gusto e dei sapori tipici. Grazie alla collaborazione con la Strada del vino e dei sapori del Trentino ben 14   locali   del   centro   città   organizzeranno  dal   19   novembre  all’11  dicembre Happy Trentodoc. L’aperitivo 100% trentino, un momento conviviale per far incontrare prodotti gastronomici tradizionali e bollicine.

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Dalle Marche il Pinot Nero vinificato in bianco che fa incazzare l’Oltrepò Pavese

Dici Pinot Nero e pensi all’Oltrepò Pavese. E invece no. Paradigma ribaltato ieri sera alla degustazione alla cieca organizzata in provincia di Pavia da Vinum Narrantes. Non un’associazione ma un “esperimento sociale”, come piace definirlo ai promotori Luca Bergamin e Cinzia Montagna (lui sommelier Ais, lei giornalista), volto a “promuovere la cultura del vino attraverso uno sguardo che consideri tanto il consumatore inesperto quanto i tecnici e i critici del settore, con un approccio professionale ma non per questo esclusivamente formale”. All’incontro “numero zero” c’eravamo anche noi di vinialsupermercato.it. Ospiti super partes a un tavolo che ha visto sedersi uno accanto all’altro imprenditori, artisti, degustatori, produttori vitivinicoli e neofiti del vino. Segni particolari: tutti residenti e operanti in Oltrepò Pavese. In batteria, una verticale di 6 annate diverse di quello che, tolta la stagnola, si è rilevato essere “L’Impero” Blanc de Pinot Noir di Fattoria Mancini (strada dei Colli 35, Pesaro). Un Pinot Nero vinificato in bianco, dunque. Prodotto nelle Marche. L’outsider. Anzi l’intruso. O, ancora meglio, il cavallo di Troia con cui la coppia Bergamin-Montagna ha voluto – letteralmente – provocare una discussione che, dal tavolo di Vinum Narrantes, aspira a raggiungere tutti i produttori della zona. Bussando anche alle porte del Consorzio di Tutela Vini dell’Oltrepò Pavese e del Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò: i due organismi ‘politici’ del vino oltrepadano, che vivono in uno stato di paradossale convivenza pacifica armata in quel di Pavia. “Se non siamo capaci di fare le cose in grande da soli – ha dichiarato Luca Bergamin – allora copiamo chi è riuscito e riesce a farle meglio di noi. Perché in Oltrepò Pavese, terra del Pinot Nero italiano, non siamo in grado di concentrare le forze su un prodotto che renda grande il nostro territorio? Perché Fattoria Mancini ci riesce nelle Marche, esportando anche all’estero migliaia di bottiglie di un vino come il ‘L’Impero’ Blanc de Pinot Noir, bagnando il naso a una terra storicamente vocata per la coltivazione del Pinot Nero come l’Oltrepò?”.

PAROLA AI PRODUTTORI
Domande, anzi provocazioni, che non sono passate inosservate al tavolo di degustazione. Il parere di Fabio Marazzi di Cantine Scuropasso non lascia spazio a interpretazioni: “In Oltrepò stiamo producendo ormai da anni un Pinot Nero di altissimo livello. Il problema è che non lo stiamo comunicando efficacemente al pubblico. La verità è che l’Oltrepò è storicamente una terra di conquista: la mia azienda, per esempio, dal 1963 ai primi anni 2000 ha fornito a Berlucchi le basi per le cuvée che hanno contribuito al consolidamento di quello che oggi è un grande marchio della spumantistica italiana”. Secondo il titolare della cantina di Pietra dé Giorgi, “è mancata nella zona un’azienda leader che trascinasse tutte le altre sulla via di un successo di territorio”. “In Oltrepò – ha aggiunto Marazzi – abbiamo paura della sola idea di avere le cantine piene: siamo contadini un po’ ignoranti, che guardano con invidia allo spirito imprenditoriale di viticoltori come i vicini bresciani, che con il Franciacorta hanno dimostrato che l’unione fa la forza”. “E’ impossibile internazionalizzare facendo affidamento alle sole energie che riescono a esprimere i piccoli produttori – ha aggiunto Paolo Percivalle, vignaiolo bio a Borgo Priolo -. In una zona in cui il 70% delle uve viene venduto alle cantine sociali, quale voce in capitolo può avere, nella stanza dei bottoni, chi mira a innalzare il livello qualitativo?”. Amaro anche il commento di Ettore Cribellati dell’Azienda Agricola Anteo di Rocca de’ Giorgi: “Terre D’Oltrepò conta numericamente in Consorzio e detta legge. Noi piccoli produttori siamo relegati al ruolo di mezzadri. E un calcio in culo se reclami… Qualcuno, in passato, mi disse che in Oltrepò siamo come arabi con il petrolio sotto al sedere, ma incapaci di venderlo e, quindi, di distribuire ricchezza al territorio. Tutto il mondo sa cosa produciamo in Oltrepò Pavese e a che livello qualitativo siamo giunti. Il problema è che parliamo del mondo dei tecnici e non di quello della gran parte dei consumatori. Insomma: non siamo in grado di comunicare la grandezza di queste terre”.

IL VINO IN DEGUSTAZIONE
La chiave di lettura dei produttori alla provocazione lanciata da Vinum Narrantes non lascia spazio, insomma, a interpretazioni. Per noi di vinialsupermercato.it è impensabile che un territorio come l’Oltrepò rinunci alle “bollicine” Metodo Classico per iniziare a produrre un Pinot Nero fermo, vinificato in bianco, come ‘L’Impero’ Blanc de Pinot Noir di Fattoria Mancini. Ottimo tuttavia lo spunto offerto da Luca Bergamin e da Cinzia Montagna a un Oltrepò del vino che potrebbe puntare alla produzione di un vino bianco fermo longevo, capace di evolversi in bottiglia negli anni, passando dalla grande freschezza e sapidità espressa in degustazione dal calice della vendemmia 2013 de “L’Impero” (22 euro in cantina!) alle tinte sempre più avvolgenti e ‘glicerinose’ delle annate 2012 (25 euro), 2011 (28 euro), 2008 (28 euro) e 2006 (30 euro). Purché – ma questo è un giudizio puramente soggettivo e purista – non si trasformi (anche) il Pinot Nero in un concentrato di vaniglia che piacerà pure al pubblico europeo e internazionale, ma che snaturerebbe, al posto di valorizzare, l’intero Oltrepò.

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Vino in promozione al supermercato: ecco perché

“Scusate la domanda un po’ da ‘ignorante’. C’è da fidarsi ad acquistare un Planeta Santa Cecilia scontato così tanto? Di solito lo vedo in qualche enoteca a 22 euro circa”. E’ la domanda apparsa su un noto social network nei giorni scorsi, all’interno di un gruppo di appassionati di vino e sommelier professionisti.

Ad accompagnarla, una fotografia dello scaffale di un supermercato che mostra il Nero D’Avola Doc Noto “Santa Cecilia” in promozione al 37%. Acquistabile, dunque, per soli 12,50 euro. Avete capito bene? L’enoappassionato chiede ai sommelier se può “fidarsi” (usa esattamente il verbo “fidare”) ad acquistare uno dei migliori Nero D’Avola di Sicilia a prezzo scontato in Gdo. Chiede insomma agli esperti di illuminarlo sulle oscure ragioni che potrebbero nascondersi dietro a quel prezzo, così stranamente al ribasso.

Facciamo qualche ipotesi: rischio di contaminazioni da mucca pazza, ebola, vaiolo? O – forse peggio – qualcuno può aver scoperto che quelle bottiglie di Santa Cecilia sanno di tappo, prima ancora di averle aperte? La verità è un’altra. Ecco perché abbiamo deciso di spiegarvi come, quando e perché potete trovare il vino in promozione nel vostro supermercato di fiducia.

SCONTI E PROMOZIONI: PERCHE’?
Le catene della Gdo (da Esselunga a Lidl, da Carrefour ad Auchan, passando per Conad, Iper la Grande I, Eurospin e Coop, per citarne qualcuno) acquistano ingenti quantitativi di merce sulla base di piani promozionali che, nella maggior parte dei casi, vengono stilati una volta all’anno dalle centrali di acquisto. Piani che servono a far quadrare margini di ricavo e bilanci al termine dell’anno fiscale.

Tali piani promozionali, spesso, vengono concordati con fornitori e distributori di beni – tra cui anche i produttori di vino – addirittura al momento della stipula dei contratti. Il buyer della Gdo cerca di abbassare il prezzo d’acquisto di un bene, promettendo la spinta promozionale del prodotto.

Ma ci sono anche altri due casi: l’insegna acquista merce e gestisce autonomamente il prezzo di vendita, senza ‘rendere conto’ al fornitore ; oppure gli garantisce un prezzo concordato, non inferiore a una certa soglia, per tutelarne l’immagine.

Gli acquisti di merce da parte delle centrali della Gdo si basano fondamentalmente sulla presunzione di vendita del bene. E, dunque, sul presunto successo – per rimanere in tema vino – della singola etichetta sugli scaffali del supermercato. Per questo, una delle possibili ragioni alla base degli sconti ‘shock’ è l’eccessivo stock di una determinata etichetta di vino nei magazzini della catena.

Lo stoccaggio di merce invenduta, come è facilmente immaginabile, comporta dei costi. Così, l’insegna preferisce ‘svendere’ un prodotto (garantendosi comunque un minimo di margine, riducendolo dal 30-45% originario) piuttosto che conservarlo nel ‘retrobottega’ senza il minimo profitto.

I prezzi sorprendenti del vino al supermercato possono essere inoltre giustificati dall’immissione in commercio, da parte dei fornitori, di nuove annate. Per intenderci, la stessa operazione a cui assistiamo quando una casa automobilistica ‘svende’ un modello di auto, dopo aver annunciato la produzione del successivo.

In concomitanza con la presentazione ufficiale delle nuove vendemmie da parte delle aziende vitivinicole aderenti ai consorzi delle Doc e delle Docg italiane (ma il discorso vale anche per le Igt), le rimanenze della precedente annata vengono poste in promozione dalle insegne dei supermercati, costrette ad operare al ritmo forsennato del consumatore moderno, sempre più consapevole e informato (ricordate, a tal proposito, il caso del Novello della Valcalepio in promozione a 90 centesimi nei supermercati Il Gigante?). Tutto ciò, ovviamente, non incide sulla qualità della bottiglia, a meno che non si tratti di vini da bere giovani o giovanissimi.

PRODOTTI “FUORI ASSORTIMENTO”
Il prezzo del Nero D’Avola Doc Santa Cecilia Planeta può essere spiegato, infine, da un’ultima ragione. L’offerta risulta valida – come evidenzia l’etichetta prezzo – fino al 31/12/2016: la catena della Gdo si concede insomma tre mesi di tempo per terminare le scorte a magazzino.

Tale vino, dunque, rimarrà scontato per un periodo che va oltre la scadenza del volantino. Molto probabilmente, il buyer, tenendo conto delle scarse rotazioni (vendite) del vino in questione, ha deciso di eliminarlo dall’assortimento, a partire dal 2017. Provando dunque a terminare le rimanenze spingendo le vendite con il 37% di sconto.

Così facendo, la catena guadagna comunque: senza compromettere in alcun modo la salute del consumatore, libera uno spazio a scaffale che destinerà a un nuovo prodotto – magari della stessa casa produttrice? – su cui intende puntare dal nuovo anno. In sintesi? Niente paura, fidatevi degli sconti. Soprattutto se il prezzo pieno del vino supera i 7-8 euro: da questa soglia – ve lo assicuriamo noi di #vinialsuper – si può bere bene. Anche al supermercato.

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Vini al supermercato

Brut De Meyran Blanc de Blancs Méthode Traditionnelle, Caves Elisabeth

(3,5 / 5) Sotto la lente di Vinialsuper il Brut De Meyran Blanc de Blancs Méthode Traditionnelle (Metodo Classico) in vendita nei supermercati Esselunga. Uno spumante, il “Caves Elisabeth”, prodotto da Veuve Amiot, attiva sin dal 1884 a Saint-Hilaire-Saint Florent, Saumur Cedex.

Positivo il giudizio della degustazione. Una bollicina profumata, fresca e fragrante quella prodotta dalla maison Veuve Amiot per i supermercati di Caprotti. Il nome “Caves Elisabeth” ricorda la vedova di Armand Amiot, Elisabeth per l’appunto, che diede avvio al successo dell’azienda, sul finire dell’Ottocento. Un appunto a Esselunga: giusto pretendere dai propri fornitori retro etichette in italiano.

Prezzo: 7,90 euro,
Acquistato presso: Esselunga

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Un prosecco da guinness: è record a Brooklyn

Sabato scorso il Prosecco, vino dei record commerciali, ha ottenuto un nuovo primato, il Poppin Prosecco & Breaking Records entrando così nel Guinness World Record per il maggior numero di bottiglie stappate in sequenza. Ben 291 le bottiglie stappate senza soluzione di continuità davanti ai membri della giuria. Il “super pop”, si è svolto al Pig Beach di Brooklyn davanti ad un pubblico di 350 persone . Superato il record precedente conseguito a Londra lo scorso anno con 285 bottiglie di Champagne. A fornire le bottiglie quattro aziende associate al Consorzio Prosecco Doc: Astoria, La Marca, Mionetto, e Zonin. Quando si dice un prosecco tira l’altro…anche se il record di apertura con sciabolatura conquistato recentemente a Santo Stefano Belbo è più pittoresco.
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Ferrari Perlé 2005 Metodo Classico Trento Doc

Abbiamo trovato per caso questo prodotto di un’annata non più in commercio. Impossibile resistere alla tentazione. Il rischio si è trasformato in una gradevolissima sorpresa. Parliamo di quello che ormai è uno dei prodotti più rappresentativi della famiglia di produttori Lunelli: il Ferrari Perlé. Annata indicata in etichetta: 2005. Sboccatura effettuata nel 2011. Una scommessa, come dicevo, vinta praticamente in partenza. Una “bollicina” evidentemente differente rispetto ai suoi ‘fratelli minori’: 2007, 2008, 2009 non hanno queste caratteristiche. Un vino che ha un suo carattere, facilmente riconoscibile. E anche il prezzo lo ha reso estremamente interessante. Ferrari, insomma, conferma ancora una volta di non avere nulla da invidiare ai cugini francesi. Rendendo questi grandi prodotti alla portata di tutti: una garanzia.

LA DEGUSTAZIONE
Di colore giallo vivo con riflessi dorati, Ferrari Perlé 2005 mostra una spuma compatta e persistente, un perlage elegante, di filari ordinati e fini. Al naso miele di acacia, tanta frutta matura, crosta di pane molto riconoscibile. Un vino armonico, reso ancora più speciale da sentori di melassa da canna da zucchero. Al palato la beva è piena. Una bollicina che centra letteralmente in pieno tutte quelle che sono le caratteristiche da soddisfare per una bevuta piacevole. Armonico ed equilibrato, il Ferrari Perlé 2005 ben bilancia sapidità, acidità e morbidezza del perlage sulla lingua. La mandorla amara domina il retro olfattivo, seguita da sentori di miele e pasta lievitata.

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news ed eventi

Fare il “botto” con lo spumante può essere un reato

Aprire la gabbietta mantenendo rigorosamente il pollice sul tappo. Inclinare la bottiglia per facilitarne la stappatura evitando che la spuma finisca addosso ad un commensale. Togliere il tappo con un movimento rotatorio ed evitare assolutamente il botto, molto scenografico, ma poco da etichetta. Ecco alcuni passaggi della modalità adottata dai sommelier per aprire correttamente una bottiglia di spumante. Protocollo che applicato evita anche una denuncia per lesioni colpose. Chi infatti, nello stappare una bottiglia di bollicine colpisce qualcuno anche involontariamente con il tappo, è passibile di accusa di  reato di lesioni colpose con risarcimento del danno arrecato sia fisico che morale.  A stabilirlo è una sentenza della Cassazione emessa a seguito della denuncia di una donna, colpita gravemente all’occhio da un tappo, stappato impropriamente dal proprietario di un locale. Un gesto involontario che da oggi, in caso di incidente, può far incorrere in una denuncia con buona pace della voglia di festeggiare.

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Cantine news

Arnad, oltre al lardo c’è di più: lo Chardonnay della Cooperativa La Kiuva

Grasso che cola. E per una volta non è quello dell’unico lardo a Denominazione d’origine protetta d’Italia. Ad Arnad, villaggio di 1.300 anime della bassa Valle D’Aosta, protetta da una gincana di stradine strette che conducono sulla riva di un torrente, opera la società cooperativa La Kiuva. Frazione Pied de Ville, civico 42, per i pignoli. Trecentosessantuno metri sul livello del mare, per i curiosi. E uno Chardonnay da far invidia alle più prestigiose case vitivinicole italiane, per chi mastica pane e vino. Sabrina Salerno e Jo Squillo per la colonna sonora: qui, ad Arnad, canterebbero che “oltre al lardo c’è di più”. Lo sa bene Ivo Joly, 43 anni, il dinamico presidente de La Kiuva. Una cooperativa che, oltre a competere con le prestigiose realtà private del vino valdostano, si è ormai inserita nel business della ristorazione, servendo menu a base di prodotti tipici proprio sopra i locali adibiti a cantina. Per trovare l’eccellenza vera, basta spostarsi nell’ampio wine store dotato di un moderno bancone per la degustazione dei vini. E chiedere uno Chardonnay. Anzi, due. La Kiuva produce infatti uno Chardonnay “base”, che definire “base” non si può. E un secondo, affinato in barriques: altro calice con cui varrebbe la pena di fissare un tête-à-tête. Prima o poi, nella vita.

Di colore giallo paglierino mediamente carico, lo Chardonnay La Kiuva presenta al naso note di frutta fresca a polpa bianca e gialla. Il caratteristico richiamo esotico all’ananas fa spazio con l’ossigenazione a sentori grassi, tipici del burro di montagna spalmato sul pane croccante. Una sorta di contrasto dolce-salato che si fa solido nel suo materializzarsi concreto. Preannunciando una beva di grande mineralità, struttura e persistenza. Per una “base” che “base” non è, come annunciato. Ed è questo il punto di partenza (d’eccezione) dell’altro capolavoro della cooperativa: lo Chardonnay barrique La Kiuva. Con la sua beva sapida e minerale resa ancora più morbida e rotonda dal legno cui è affidato l’affinamento del prezioso nettare, in grado di conferirgli inoltre un’apprezzabilissima vena balsamica. Vini che, bevuti giovani o più maturi (il barrique è un vendemmia 2011 perfettamente in auge), offrono il meglio dell’accoppiata costituita da terroir ed escursione termica, in questo angolo di Valle d’Aosta reso grande da Madre Natura. Lo stesso si può dire del Muller Thurgau, che sfodera senza ritegno una spalla acida invidiabilissima e una mineralità accentuata, ben calibrata con la piacevolezza delle note fruttate fresche. Meno significativi Pinot Gris e Petite Arvine, proposti in apertura di degustazione. Nettari comunque in grado di comunicare, seppur in maniera più soffusa, le peculiarità del marchio La Kiuva.

SPUMANTI E VINI ROSSI
Non mancano, per gli amanti delle bollicine, due metodo classico come il Seigneurs de Vallaise – 40% Chardonnay, 30% Pinot Noir e 30% Pinot Gris – dal perlage accattivante al palato e dal buon corpo (forse un po’ a discapito delle note fruttate) e l’ancora più interessante Traverse La Kiuva, spumante ottenuto al 100% da uve Nebbiolo. Quaranta mesi minimo di permanenza sui lieviti che conferiscono a questo “rosè” sentori di agrumi e crosta di pane, oltre agli accenni immancabili a piccoli frutti a bacca rossa. In bocca colpisce la gran sapidità, che gioca sottile su note eleganti di lime e pompelmo, nonché su una linea (rieccola) vagamente balsamica che richiama la mentuccia. Un corpo e una sostanza diversa da quella dei Nebbiolo rosé prodotti nel vicino Piemonte (per esempio nella zona di Ghemme, Novara), forse per quel calore nella beva espresso dai 13,5 gradi di percentuale d’alcol in volume. Capitolo rossi della Cooperativa La Kiuva di Arnad? A spiccare su tutti, ma agli antipodi tra loro, sono il Nebbiolo Picotendro e l’Arnad Montjovet Superior. Un Nebbiolo da assaporare giovane, il primo, che nel calice si mostra d’un rosso rubino intenso e che al naso evidenzia note di lamponi, fragoline di bosco e more mature. Corrispondente al palato, risulta morbido e avvolgente e dal tannino delicato, che ha comunque bisogno di qualche minuto per slegarsi completamente e conferire una dignitosissima eleganza alla beva. Ma se il Picotendro della Cooperativa La Kiuva è ottenuto mediante macerazione prefermentativa a freddo di 3-4 giorni e fermentazione a 30-32°, con macerazione delle bucce per 5/7 giorni e svinatura dolce, più complessa è l’elaborazione del Valle d’Aosta Doc Arnad Montjovet Superior. Vino rosso top di gamma de La Kiuva, è costituito da un 70% minimo di Nebbiolo, cui vengono aggiunti Gros Vien, Neyret, Cornalin e Fumin. La vinificazione è tradizionale, a cappello emerso, con lunga macerazione delle vinacce: sino a 15-20 giorni, a temperatura controllata, variabile tra i 28 e i 30 gradi. Fondamentale l’affinamento in legno per un periodo tra i 10 e i 12 mesi, cui vanno a sommarsi altri 6 mesi di maturazione in bottiglia, prima della commercializzazione. Un vino che nel calice si mostra d’un rosso rubino con riflessi granati, dal quale si sprigionano eleganti note fruttate (confettura), balsamiche e speziate. In bocca esprime tutta la potenza elegante del Nebbiolo: misurate ma intense le note balsamiche e speziate che ritornano anche al palato. E di nuovo un’accentuata sapidità, che chiama il sorso successivo. Solo cinquecento le bottiglie prodotte mediamente ogni annata, numero che sale a 5 mila per la “base” (che “base” non è).

“VIGNAIOLI PER PASSIONE”
Curioso scoprire dopo la degustazione che La Kiuva, nonostante il buon livello dei vini prodotti, costituisca l’attività “secondaria” dei quaranta soci della Cooperativa. “La maggior parte di noi – spiega il presidente Ivo Joly (nella foto) – non è dedita alla produzione di vino a tempo pieno. Si tratta di un’attività collaterale, affiancata a quella principale che può essere nel ramo dell’agricoltura o dell’artigianato. La sede principale è stata edificata nel 1975, una delle prime cantine concepite dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta. I primi conferimenti di uve e dunque la prima  vinificazione risalgono al 1979″. Dal 2008, anno nel quale La Kiuva ha deciso di produrre lo spumante metodo classico 100% Nebbiolo, la coop ha ridato vita ad alcune cantine storiche dislocate sul territorio di Arnad, oggi utilizzate principalmente come luogo per lo stoccaggio del vino in maturazione. “La sfida per il futuro – dichiara ancora il presidente Ivo Joly – è quella di offrire un prodotto che risulti concorrenziale sul mercato. Abbiamo prodotti di nicchia dei quali vantarci, capaci di conquistare anche mercati diversi da quello italiano. Esportiamo già negli Usa 20 mila bottiglie delle 100 mila prodotte complessivamente. L’interesse è crescente all’estero, sia sui vini da tavola sia sul nostro Picotendro. Sarebbe interessante, quindi, riuscire a consolidare ulteriormente la nostra presenza in Italia. Magari puntando tutto sul nostro Traverse. Superficie e potenzialità per incrementare ulteriormente la produzione ci sono – conclude Joly – ma dobbiamo innanzitutto tener conto della nostra realtà, tutto sommato giovane e costituita, appunto, da vignaioli per passione, più che per professione”. Basti pensare che, fino a 10 anni fa, i vigneti che conferivano alla Kiuva erano ancora a pergola. Oggi solamente filari. Splendidi. Pronti a perdersi, a vista d’occhio, con le montagne a fare da sfondo. O magari all’ombra del Forte di Bard. Tra i 13 ettari vitati che vanno da Hone a Montjovet.

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vini#1

Metodo Classico Buvoli Extra Brut 10 e mezzo, Opificio del Pinot Nero

“Il dubbio è la nostra passione e la passione è il nostro compito”. Cita Henry James, Marco Buvoli, per sintetizzare il senso di una vita (la sua): produrre vino di qualità. Possibili “dubbi” fugati in un baleno. Grazie alla degustazione del Metodo Classico Buvoli Extra Brut “10 e mezzo”, cifra che sta a indicare l'”età anagrafica” delle bollicine in questione, frutto dell’elaborazione effettuata nell’Opificio del Pinot Nero, il “laboratorio creativo” del viticoltore che opera tra Gambugliano e Vicenza, in Veneto. Un ottimo prodotto, soprattutto considerando che il produttore, persona squisita e appassionata, produce fantastici prodotti da poco tempo nella sua magnifica cantina, nata quasi per gioco (per scommessa) adibendo appositamente un’ala della propria abitazione. Sicuramente una lunga vita per questo vino, che poteva andare ben oltre i suoi 10 anni e mezzo:; torneremo dunque a degustarlo nei prossimi anni. Limitandoci, per ora, alla consacrazione di un mito liquido che nel calice si veste d’un giallo carico, molto brillante , con riflessi dorati. Perlage estremamente fine e “catenelle” molto persistenti. Al naso, a primo impatto, un piacevole sentore di miele di castagno. L’ossidazione dei mosti regala uno spirito pungente all’olfatto, unico nel suo genere, cui fanno da contraltare note di vegetale fresco. In bocca eleganza assoluta nella beva, note di frutta esotica e crosta di pane, pienezza sostenuta da una buona spalla acida. Nel retrogusto una leggera nota amara, oltre a richiami di fichi e mandorle. Ottimo a tutto pasto, la bollicina Buvoli è anche un ottimo vino “da conversazione”.

LA VINIFICAZIONE
Lo spumante Metodo Classico “10 e mezzo” Extra Brut nasce dall’assemblaggio di basi di annate diverse, di cui una piccola parte affinata in legno. La rifermentazione in bottiglia ha una durata – come suggerisce il nome stesso del vino – di oltre 10 anni e mezzo. “È senza dubbio il mio spumante con maggiore personalità e carattere – spiega Marco Buvoli – anche se sono consapevole che molti lo ritengono un po’ troppo estremo per via delle spiccate note evolutive. Nelle degustazioni alla cieca è però quello che quasi sempre ottiene il punteggio maggiore grazie alla sua straordinaria potenza e persistenza aromatica. Come al solito, sta a voi giudicare e qualunque cosa ne pensiate di questo spumante, voi avete ragione e lui non cambierà”. Chapeau.

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Analisi e Tendenze Vino

Naonis Collection, La Delizia: il Prosecco Doc si fa “chic”

Nuove tendenze nel mercato degli spumanti italiani, con il pubblico, soprattutto quello estero, che cerca sempre più vini selezionati per occasioni speciali: una richiesta dei consumatori che riguarda pure il Prosecco Doc, leader del settore capace di trainare l’intero movimento vitivinicolo nazionale. Da queste premesse nasce la nuova Naonis Collection dei Vini La Delizia, la cantina più grande del Friuli Venezia Giulia con sede a Casarsa della Delizia, capace di esportare il 60% della sua produzione. Il Prosecco Doc Extra Dry Millesimato si pone come versione pregiata di questo vino: insieme alla rivisitazione dello storico Il Nostro Brut, è l’elemento di punta della nuova Naonis Collection che si affianca alla conosciuta Naonis, che con le sue bollicine negli ultimi anni ha conquistato i mercati da New York a Mosca passando per Roma, Parigi e le altre grandi capitali europee. “Con la Naonis Collection – ha spiegato il presidente dei Vini La Delizia Flavio Bellomo – abbiamo intercettato un’esigenza dei consumatori, i quali vogliono conoscere sempre nuovi spumanti d’eccellenza. Grazie a una bassa resa per ettaro e alla pigiatura soffice delle uve, con queste etichette diamo loro vini esclusivi, pensati per le occasioni speciali. Troveranno il loro spazio non solo all’estero ma anche sul mercato nazionale, dove abbiamo già avuto i primi positivi riscontri da parte dei nostri clienti in alcune anteprime”.

LA NAONIS COLLECTION
Nello specifico si sono tenute degustazioni in ristoranti della Germania, in esclusivi locali della riviera napoletana e in altre zone d’Italia: le bollicine casarsesi hanno superato brillantemente l’esame del pubblico. La Naonis Collection nasce nei terreni di ghiaia e argilla della zona Doc Friuli Grave, area dalla vocazione naturale per la produzione di grandi vini bianchi e spumanti. Grazie a una resa per ettaro di massimo 100 quintali, utilizza solo uve selezionate, che vengono poi pigiate delicatamente e fermentate per oltre 6 mesi. Si ottengono così vini dal perlage fine e persistente. Il Prosecco Doc Extra Dry Millesimato proviene da uve di una singola annata: adatto per i brindisi più raffinati, ha un’elegante etichetta che gioca con il bianco e l’argento. Il Nostro Brut, che nasce dalla sapiente unione delle migliori uve di Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Nero, è il cavallo di battaglia della cantina friulana da oltre 30 anni: perfetto per gli aperitivi, vede una nuova etichetta nera ricca di stile. Gli spumanti della Naonis Collection saranno sul mercato da luglio 2016.


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Cantine news

Quatar Pass per Timurass: i migliori vini degustati tra i Colli Tortonesi

Slow Food Piemonte e Valle D’Aosta fa centro, un’altra volta. Si è conclusa con un successo la grande domenica tra le cantine della Doc Colli Tortonesi, lo scorso 19 giugno. Quatar Pass per Timurass, quarto appuntamento del ricco programma di Cantine a Nord Ovest, ha visto la partecipazione di 210 persone. E mentre la macchina organizzativa di Slow Food è già all’opera per il prossimo appuntamento (il 23 luglio per “Scopri il Canelli”, incentrato sull’Oro Giallo, il Moscato d’Asti) Leo Rieser, responsabile eventi della banda piemontese della chiocciola, gongola per il risultato raggiunto. “E’ stata l’edizione di Quatar Pass per Timurass di maggiore successo – evidenzia – pur essendo questo appuntamento uno dei meno storici dell’intero candelario. Abbiamo incontrato persone che erano già state qui nelle edizioni precedenti, a dimostrazione della grande attrattività di questo territorio, che oltre al Timorasso offre grandi vini rossi e specialità gastronomiche eccezionali, come il formaggio Montebore e il salame Nobile del Giarolo”. Un ‘microclima’ particolare, dunque, anche per i rapporti tra viticoltori. “La peculiarità dei Colli Tortonesi – sottolinea Rieser – è che l’esponente d’eccellenza Walter Massa ha saputo recuperare un vitigno autoctono come il Timorasso e creare, assieme ad altri grandi pionieri della zona, un sistema di sincera collaborazione tra viticoltori. Una collaborazione fattiva, tutt’altro che di facciata. Non so quanto sia sincera o puramente provocatoria la dichiarazione che nel 2018 smetterà di fare vino, a voi rilasciata. Quello che mi sento di dire – conclude l’esponente Slow Food – è che qualsiasi cosa farà, la saprà fare benissimo. Walter Massa è un grande, non hai mai sbagliato un colpo. Ma è anche l’uomo dei grandi annunci, dunque staremo a vedere”.

CLAUDIO MARIOTTO

Non è iniziato da Walter Massa il tour di vinialsupermercato.it tra le cantine dei Colli Tortonesi. Bensì da un altro grande riferimento della zona: Claudio Mariotto. Lo abbiamo raggiunto nella cantina di strada per Sarezzano 29, proprio a Tortona, dopo aver ritirato il nostro calice al banchetto Slow Food allestito presso “Il Dì Cafè” di corso Leoniero, angolo piazza Duomo. Grande ressa già alle 11 alla cantina di Mariotto. “Il Timorasso – dichiara il viticoltore – ha fatto sì che un territorio pressoché sconosciuto avesse visibilità. Oggi il Timorasso è a New York, Tokyo, Londra e in tutto il mondo. in vigna l’attività viene portata avanti nel rispetto dell’ambiente, senza entrare però nella partitocrazia del mondo del vino di oggi: mi riferisco alle bandierine del ‘biologico’ o del ‘vino etico’. Facendo vino buono, senza avere soldi per fare pubblicità, si diventa dei riferimenti: il marketing nel vino si fa con le bottiglie buone, bicchiere dopo bicchiere. In una parola, il mio vino è vero”. Oltre a uno splendido Derthona 2010, vino delizioso che promette ancora parecchi anni di evoluzione in bottiglia, degustiamo Pitasso 2004: ottenuto dalla vigna storica di Timorasso, esposta a sud est sul territorio di Vho, colpisce per la potenza espressa dalla struttura, ma anche per le note fruttate che esaltano una beva lenta e voluttuosa, in un sorso che pare di glicerina pura. Le radici profonde della vecchia vecchia pescano gli elementi nutritivi da un suolo che regala un’espressione fantastica di Timorasso, da provare. Ottimi anche i rossi di Mariotto. La Freisa 2014 Braghé è un esempio di quanto questo antico vitigno autoctono piemontese possa essere (anzi debba essere) ulteriormente valorizzato in Italia e nel mondo. Un naso elegante e fine di rosa e piccole bacche rosse, precede un palato in cui le note fruttate di marasca e lampone – chiare, distinte, pulite – chiudono un sorso di grande corpo e sapidità. Chiudono il cerchio i vini Barbera di Mariotto, vero trait d’union di un terroir capace di regalare grandi bianchi, ma anche eccellenti rossi. Non a caso Poggio del Rosso è il vino preferito del viticoltore tortonese, quello che considera la migliore espressione della sua intera produzione. E non solo per una questione di cuore, dal momento che “Il Rosso” è il soprannome col quale veniva chiamato il padre Oreste. Il Poggio del Rosso affina 3 anni in cantina, per la maggior parte in rovere. Risulta così un vino dal tannino morbido ma vivace, impreziosito da note di ciliegia e cioccolato. Sentori terziari di grande pregevolezza già percepibili al naso: dalla cannella al tabacco dolce, dal caffè alla liquirizia.

LA COLOMBERA

Non è dello stesso impatto “emotivo” la visita all’azienda Agricola Semino Piercarlo “La Colombera” di strada comunale per Vho, 7, a Vho per l’appunto. Degustiamo Derthona e Il Montino, entrambi ottenuti da uve Timorasso. Viene proposta una mini verticale che mette in luce le grandi capacità di invecchiamento del vitigno, anche se i prodotti de La Colombera paiono meno ‘pronti’ in gioventù rispetto ad altri degustati domenica 19 in zona Tortona. Le annate 2014 e 2013 suggeriscono di bere Cortese piuttosto che Timorasso, per trovare soddisfazioni immediate sia al naso sia al palato. Merita invece una menzione il Derthona 2009: caldo, complesso, finalmente corposo e strutturato. Capace di regalare i tipici idrocarburi e sentori minerali del vitigno. Lascia perplesso il prezzo di vendita della vendemmia 2009 Derthona: soli 9 euro, a dispetto degli 8 euro delle vendemmie ‘giovani’. In una zona vinicola capace di fare squadra come in poche altre in Italia, una tale disparità di prezzi tra le stesse annate di diversi produttori rischia di sconcertare il consumatore. E deviarlo verso la ricerca del prezzo, più che della qualità. Un punto, questo, su cui devono lavorare in concerto i produttori di Timorasso, pur nell’autonomia delle singole aziende vitivinicole. Alla Colombera apprezziamo anche il naso di Suciaja, rosso ottenuto da uve Nibiò, vitigno autoctono dei colli tortonesi, ‘parente’ del Dolcetto. Ottimo invece nel complesso Arché 2011, altro vino rosso de La Colombera, ottenuto questa volta da uve Croatina. Dopo un breve appassimento sulla pianta, i grappoli vengono raccolti e vinificati. Il vino matura 14 mesi in tonneaux, regalando un naso speziato (pepe) e di piccoli frutti a bacca rossa. Al palato buona la struttura e il corpo: tannino piuttosto elegante e alcolicità sostenuta (14,5%) ma tutt’altro che fastidiosa, impreziosita da una sapidità non banale.

WALTER MASSA
Il filosofo del vino, il pioniere e marinaio che ha condotto Tortona a Hong Kong, passando per Londra, New York e Tokyo. Dire Timorasso senza citare Walter Massa è come parlare di calcio senza aver mai toccato un pallone. Lo raggiungiamo all’ora di pranzo nel suo quartier generale di piazza Capsoni 10, a Monleale. Quando arriviamo, Massa sta dicendo messa. E’ al centro di una lunga tavolata, affollata di ospiti che lo ascoltano come se stesse parlando il Messia. Perché Walter Massa è il verbo del Timorasso e il Timorasso è il verbo di Walter Massa. Per questo, chi non c’era, provi a portarsi a casa un Costa del Vento (dalla vendemmia 2014 in giù, finché il portafogli lo consente); o uno Sterpi 2013, un Timorasso che pare per certi versi Vermentino di Gallura. “Io prendo quello che la natura mi dà e cerco di portarlo in bottiglia”, dice Walter Massa mentre invita Pigi, la sua graziosa “badante”, a smettere di riempire i piatti di cassoeula e brodo con i ceci: “Sono qui per il vino, mica per mangiare!”. “Qui abbiamo l’acqua ligure, il vento piacentino, ma ci troviamo in Piemonte: siamo bastardi pieni”, scherza (ma non troppo) Massa, sollevando l’ilarità generale. E tra un sorriso e l’altro spuntano i vini rossi. E che rossi. Pertichetta 2010, 14,5%, ottenuto da uve Croatina, e soprattutto Bigolla 2001, 14,5% di Barbera granata, da definire con una sola parola: eccezionale.

OLTRETORRENTE
Dal mito alla new entry. Il passo è breve tra i Colli Tortonesi. Approdiamo così in via Cinque Martiri, a Paderna, dove Chiara Penati e Michele Conoscente, marito e moglie di 35 e 38 anni, sono espatriati da Milano per inseguire il loro sogno, dopo la laurea in Agronomia e diverse esperienze in aziende del settore. Tutto inizia nel 2010, con l’acquisto dell’attuale cantina su tre piani, un edificio storico nel centro del paese, parzialmente ristrutturato. Vengono condotte qui nei primi anni, per la vinificazione, le uve provenienti dal primo ettaro e mezzo di Oltretorrente, che prende il nome “da un romantico episodio di resistenza nell’omonimo quartiere di Parma – spiega Chiara – durante il ventennio fascista: alcuni abitanti, grazie a fantasiosi espedienti, fecero credere di essere armati fino ai denti, barricandosi in un palazzo e scacciando così le milizie. Un episodio che dimostra come, a volte, basta poco per fare le cose in grande e raggiungere grandi obiettivi”. In effetti la produzione di Oltretorrente è degna di nota. Oggi l’azienda può contare su un’altra struttura, sempre a Paderna, in grado di sostenere la lavorazione dei 3,5 ettari complessivi sin ora acquistati. “Si tratta di vigne vecchie – spiega Chiara – dai 20 anni ai 100 anni, con una media di 60”. Un aspetto fondamentale per comprendere la maturità di questa piccola ,e interessantissima realtà. In degustazione non troviamo (purtroppo) una grande varietà di prodotti. L’antipasto è il Cortese 2015, ottenuto dalla pressatura soffice delle uve intere, seguita da un affinamento di 8 mesi in acciaio sui propri lieviti, senza malolattica. Un’attenzione che offre un ottimo naso, fragrante, floreale e fruttato. Al palato vince invece lo spunto minerale, apprezzabilissimo. Sorprendente il Timorasso 2014, che regala note eleganti di fiori bianchi (camomilla). Al palato grande acidità e bel corpo, sorretto anche da una sapidità e da una mineralità che fanno presagire le grandi potenzialità del prodotto. Sulla via di una buona evoluzione anche il Timorasso 2013, l’unico in occasione di Quatar Pass a mostrare venature di uva passa e frutta candita. Buoni prodotti anche i due Barbera dei Colli Tortonesi, con quella Superiore (vendemmia 2012) che si eleva nettamente sulla prima per la grande pulizia delle note fruttate, sia al naso sia in bocca, impreziosite dalle spezie (liquirizia) e da un tannino levigato. “Accorpando vigne di anno in anno – annuncia Chiara – non siamo ancora riusciti a certificarci come produttori biologici, ma questo è il progetto per il futuro”.

POGGIO AZIENDA VINICOLA
Un capitolo a parte merita l’azienda vincola Poggio di Vignole Borbera, sempre in provincia di Alessandria ma all’estremo confine con la Liguria: per intenderci, siamo a pochi chilometri dall’outlet dell’abbigliamento di Serravalle Scrivia (buon motivo per combinare le due visite). Ci troviamo nella preziosa sottozona delle “Terre di Libarna”. Ezio e Mary Poggio, fratello e sorella, lui enologo, lei farmacista, rappresentano la terza generazione di una famiglia che vive nel mondo del vino da 50 anni, che da circa 15 anni ha iniziato a produrre in proprio, appoggiandosi anche su una filiera di piccole aziende agricole limitrofe, alcune delle quali condotte da giovani viticoltori. “Il Timorasso nasce qui come vitigno, in Val Borbera – sottolinea Mary – poi è stato portato nel Tortonese. A un certo punto scomparve per via delle malattie della vite e dello spopolamento delle valli, con gli abitanti della zona attirati dalle industrie, nelle grandi città come Genova, nel dopoguerra. Negli anni 90 Walter Massa ha avuto il merito di cominciare la riscoperta di questo autoctono. Noi siamo arrivati un po’ più tardi, nel 2002, avviando la produzione”. Nella Valle Borbera e nella limitrofa Valle Spinti, negli anni 40, c’erano 275 ettari di vigneto, tutti persi. Oggi in produzione ce ne sono una decina, tutti inseriti nella sottozona Terre di Libarna della Doc Colli Tortonesi. Quella della famiglia Poggio è stata una scommessa: “Abbiamo iniziato a impiantare Timorasso nella speranza che di lì a pochi anni fosse riconosciuta la Doc, altrimenti avremmo dovuto estirpare – sottolinea Mary -. Fortunatamente l’abbiamo ottenuta e abbiamo deciso di chiamare questa sottozona ‘Terre di Libarna’ in onore del sito archeologico di Libarna, che si trova a 4 Km da noi: un’antica cittadella romana, del II secolo avanti Cristo, che godeva di una fiorente viticoltura in Val Borbera e Spinti”.

I vigneti del Poggio si trovano tutti a un’altezza compresa tra i 450 ai 550 metri sul livello del mare. Le viti, come nel Tortonese, affondano le radici in un terreno argilloso e calcareo. Ma le grandi escursioni termiche permettono di produrre un Timorasso da degustare a tutti i costi. Diverso da quello di Tortona e Vho: un Timorasso dall’acidità ancora più spiccata. Con una gradazione alcolica inferiore anche di due gradi rispetto alla media tortonese, che si aggira sui 14 – 14,5%, compensata però da una balsamicità magicamente avvolgente. I risultati ottenuti dal Poggio dalla prima vendemmia del 2008, fa pensare ai coraggiosi Ezio e Mary che avrebbero potuto produrre con successo anche una versione spumantizzata. Ed è così che nel 2010 nasce Lusarein, ottenuto in purezza da uve Timorasso, raccolte precocemente, ottenendo una “base” da 11,5 gradi. Uno charmat d’autoclave lunga (6 mesi), imbottigliato a 12,5 gradi. Di colore giallo paglierino con riflessi verdognoli, Lusarein sfodera una spuma leggera con perlage fine e persistente. Al naso note minerali e agrumate. In bocca una sapidità piuttosto spiccata, cui fa eco un’acidità notevole: caratteristiche che invitano al sorso successivo, che si chiude con un retrogusto amarognolo. Ottimo come aperitivo, può essere abbinato a primi e secondi di pesce, ma anche alle carni bianche. Di Lusarein 2014 sono state prodotte 4 mila bottiglie. Ottimi, del Poggio, anche L’Archetipo e il Caespes, ottenuti sempre da uve Timorasso 100%. Caespes è il base, di cui degustiamo l’annata 2014, già pronta a sorprendere per la grande acidità che regala una beva facile, ma tutt’altro che banale. Si sale ulteriormente di livello con L’Archetipo 2013, dalla notevole vena balsamica, che diventa ancora più profonda e fresca nella vendemmia 2011, davvero degna di nota. Tutti vini ottenuti da rese per ettaro basse, sotto i 50 quintali. Un numero che, per la vendemmia 2015, è sceso addirittura a 35 quintali. Diciottomila le bottiglie prodotte complessivamente dal Poggio, tutte all’insegna di una grande qualità.

AZIENDA AGRICOLA RICCI
Di grande pregio anche la produzione dell’azienda Azienda Agricola Ricci, situata in via Montale Celli 9, Costa Vescovato. Una realtà alla quale ci siamo avvicinati in occasione del Vinitaly 2015. Carlo Daniele Ricci, il titolare, si è ormai specializzato nella produzione di un Timorasso senza pari. Il viaggio tra i sapori (e i colori) di questo uvaggio inizia con Terre del Timorasso 2013, vinificato in acciaio. Vino di un giallo dorato, sfodera un naso non particolarmente intenso, preludio tuttavia di un palato caldo e persistente. Si passa dunque a San Leto 2009, ottenuto mediante fermentazione e affinamento in acacio. San Leto 2006 stupisce per l’intensità olfattiva, che sfiora le tinte balsamiche. Giallo di Costa 2011 scorre nel calice tingendolo di un ambra allettante, che in bocca diventa piacere puro, tanto risulta morbido e rotondo il nettare, nonostante il calore dei suoi 14 gradi di alcol in volume. Giallo di Costa 2007, è l’eleganza fatta vino. E San Leto 2004 la ciliegina su una torta di una produzione di altissimo livello. “Lavorare bene in vigna – commenta il produttore Carlo Daniele Ricci – è il primo passo per ottenere vini di grande equilibrio. Conosco ogni singolo componente dei terreni che coltivo, avendo effettuato per anni delle ricerche accuratissime che mi permettono di capire come sarà il vino ancor prima di produrlo. Nell’area di produzione del Timorasso c’è grande rispetto per l’ambiente e unità tra produttori. Siamo partiti come carbonari, contro tutti i commercianti di vino e le cantine sociali. Dopo 20 anni di fatiche e battaglie, possiamo finalmente affermare che il territorio ce l’abbiamo in mano noi, produttori attenti alla terra e all’ambiente”. Quale immagine migliore per la Doc Colli Tortonesi?

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Veneto, Centomiglia sulla Strada del Prosecco Superiore Conegliano Valdobbiadene

Sono aperte le iscrizioni alla undicesima edizione della Centomiglia sulla Strada del Prosecco Superiore, l’evento che sabato 10 settembre 2016 porterà splendide auto d’epoca a percorrere la Strada del Vino più antica d’Italia, che proprio quest’anno compie 50 anni. Un viaggio nello straordinario scenario paesaggistico delle colline trevigiane di Conegliano Valdobbiadene (già candidate a sito patrimonio dell’umanità UNESCO) tra vigneti e borghi storici con soste presso le rinomate cantine del Prosecco Docg. Un’occasione unica per conoscere ed apprezzare i vini, i cibi ed i luoghi di valore di un territorio nominato quest’anno Città Europea del Vino e di recente iscritto nel ‘Registro Nazionale del paesaggio rurale storico’ istituito dal Ministero per le politiche agricole. Modulo di adesione alla manifestazione sul sito www.coneglianovaldobbiadene.it.

IL PROGRAMMA

Venerdì 9 settembre
Ore 15,30 – 19,00 Pieve di Soligo, centro storico. Raduno delle auto d’epoca. Aperitivo di accoglienza. Verifiche tecniche e sportive
Ore 20,30 Cena di Benvenuto

Sabato 10 settembre 
Ore 08,00 Valdobbiadene, raduno presso Piazza Marconi
Ore 09,00 Valdobbiadene, partenza primo concorrente
Ore 12,30 Buffet con prodotti tipici locali
Ore 17,30 Conegliano, arrivo primo concorrente
Ore 20,30 Cena Finale con premiazioni

Domenica 11 settembre
In mattinata visita guidata con degustazione presso una rinomata cantina della zona.

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Export di vino italiano: da gennaio a marzo 1,3 miliardi

Inizia sotto una buona stella l’avventura di Antonio Rallo alla presidenza dell’Osservatorio del Vino italiano. Il firmamento è quello dell’export di vino made in Italy. Che da gennaio a marzo vale 1,3 miliardi. Per gli amanti delle statistiche, una cifra che significa un +3% del comparto comparto, rispetto al 2015. “Il 2016 – commenta Rallo, succeduto da pochi giorni a Domenico Zonin – si prospetta un anno molto interessante per il vino italiano. E’ presto per parlare di bilanci, ma la tendenza è decisamente positiva. L’export cresce in valore del 3% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, raggiungendo 1,23 miliardi di euro. In particolare, è in salita la domanda estera di vini italiani a denominazione che fa registrare +11% a valore e +7% a volume”. Qualche numero in più? Le bollicine confermano l’appeal di sempre per un valore di 230 milioni di euro (+21%) e 678 mila ettolitri (+26%). Il Prosecco guida questa domanda con un incremento del 31% a valore (174 milioni di euro) e del 33% a volume (461 mila ettolitri). Buoni risultati si registrano anche sui vini fermi Dop testimoniando come il successo degli spumanti italiani stia contagiando anche altri prodotti vinicoli, che continuano la crescita seppur a ritmi più sostenuti. Cifre diffuse da Istat ed elaborati da Ismea, partner dell’Osservatorio del Vino, relativamente all’export del vino nel primo trimestre 2016. “Anche se siamo solo al principio dell’anno, questi dati parlano chiaro – continua Antonio Rallo – è evidente che la qualità italiana sui mercati stranieri venga recepita in modo netto e che i nostri prodotti siano riconosciuti come ambasciatori del miglior made in Italy. Il calo ormai strutturale dell’export dei vini comuni e sfusi in favore dei prodotti di qualità, sollecita uno sforzo ulteriore che dobbiamo fare come sistema paese per conquistare nuove quote di mercato per i nostri vini a Denominazione di Origine (DO), non accontentandoci di crescere solo a valore proprio in virtù del fatto che la richiesta di vino è orientata verso prodotti i qualità. Il 2016 dovrà essere l’anno in cui si ricomincerà a vedere incrementi sui volumi dei vini a DO, migliorando ulteriormente le performance del valore delle esportazioni”. 

“La progressione dell’export – conclude il presidente Rallo (nella foto) – incide positivamente anche sulle quotazioni dei vini nel mercato interno, segno che la catena del valore del vino sta portando risultati positivi su tutti gli anelli della filiera. La cultura del consumatore sta cambiando in modo radicale, sia nel mercato interno sia in quello estero. L’imperativo, pertanto, è continuare a percorrere la strada della qualità per affermare, insieme al nostro vino, i nostri valori e le nostre tradizioni, unici al mondo e apprezzati da un pubblico sempre più ampio”. Vini e mosti nel complesso fanno rilevare ottime performance nelle esportazioni di questi primi 3 mesi 2016. Gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato in termini di esportazioni, che continua a crescere (sullo stesso periodo 2015) con un incremento in valore del 5% per un corrispettivo di 330 milioni di euro. Per il Regno Unito l’export vale 152 milioni di euro (+7%) mentre l’Austria fa registrare un lusinghiero +13% in valore (22,5 milioni di euro). Buone notizie dalla Cina dove il vino italiano cresce in valore del 15% (21 milioni di euro) e in volume del 17% (65 mila ettolitri). Nota positiva dalla Russia, che ha ripreso a crescere con un +6% in valore (11 milioni di euro) e un + 11,6% in volume (47 mila ettolitri). L’Import dei primi 3 mesi del 2016 vede una frenata significativa, segnando un -10% in valore (57 milioni di euro) e un -48% in volume (380 mila ettolitri).

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Analisi e Tendenze Vino news

Radici del Sud, tutti i vini premiati

Ecco i vincitori di Radici del Sud 2016. Si sono chiuse le degustazioni dell’XI edizione della rassegna dei vini del Meridione d’Italia. Sono ottanta i vini premiati in occasione della rassegna internazionale, che vede protagonista il Sud Italia. La giuria composta da giornalisti stranieri e da buyer provenienti da 13 Paesi esteri (Svezia, Finlandia, Norvegia, Danimarca, Gran Bretagna, Olanda, USA, Canada, Giappone, Lituania, India, Polonia e Brasile) oltre che da operatori e stampa nazionale, ha decretato i migliori vini da vitigni autoctoni iscritti alla competizione. Nella rosa salita sul podio ci sono quest’anno anche i vini spumanti, nuova categoria inserita che completa il panorama enologico del Meridione. I blind tasting si sono svolti sabato 11 e domenica 12 con quattro sessioni di assaggio e come giudici hanno anche degustato i rappresentanti di AssoEnologi Puglia, Basilica e Calabria. Una edizione da record quella del 2016: sono stati 432 i vini in concorso, 183 le aziende partecipanti (23 produttori siciliani, 18 produttori calabresi, 16 produttori lucani, 32 produttori campani e 94 produttori pugliesi).

Giuria Press 1: Maurizio Valeriani (presidente); Remy Charest; Simon Woolf; Tomasz Prange – Barczyจฝski; Warren Edwardes; William Zacharkiw; Erin Stockton; Maria Grazia Melegari: Francesco  Soleti. Press 2: Pierluigi Gorgoni (presidente); Aneesh Bhasin; Arto Koskelo; Charles Scicolone; James Melendez; Mayumi Nakagawara; Elisabetta Tosi; Davide Sarcinella. Buyer 1: Ole Udsen (presidente); Mariusz Majka; Mehmet Adanir; Steen Højgård Rasmussen; Warren Edwardes; Nana Wad; Giorgio Cotti. Buyer 2: Chiara Giorleo (presidnete); Alessandro Pagano; Andrzej Kostyk; Brian Gwynn; Daiva Mumgaudiene; Erica Nonni; Bernardo Conticelli; Fernando Zamboni; Giuseppe Bino.

RADICI DEL SUD 2016, I VINCITORI

SPUMANTI BIANCHI – GIORNALISTI
1) CAPRETTONE, CASA SETARO; 2) RISERVA NOBILE 2012, D’ARAPRÌ

BUYER
1) NOI DUE, TENUTA VIGLIONE; 2) MACCONE SPUMANTE BIANCO BRUT, PUGLIA IGP, ANGIULI DONATO. Ex aequo 2: TIATI METODO CLASSICO, PUGLIA IGP, CANTINE TEANUM

SPUMANTI ROSATI – GIORNALISTI
1, BRUT ROSÈ, D’ARAPRÌ; 2) LEGGIARDO ROSATO, CONSORZIO PRODUTTORI VINI MANDURIA. Ex aequo 2: DOVÌ ROSÈ, FERROCINTO

BUYER
1) LEGGIARDO ROSATO, CONSORZIO PRODUTTORI VINI MANDURIA; 2) BUYER, LA VIE EN ROSE’, PUGLIA IGP, TENUTA COPPADORO. Ex aequo 2: DOVÌ ROSÈ, FERROCINTO

FALANGHINA – GIORNALISTI
1) BENEVENTANO FALANGHINA IGP 2015, SANPAOLO; 2) COSÌCOMÈ 2014, IGP PUGLIA, VALENTINA PASSALACQUA

BUYER
1) CRUNA DELAGO 2014, CAMPI FLEGREI DOC, LA SIBILLA; 2) MAIOR 2012, FALANGHINA DEL SANNIO DOP, CANTINA FOSSO DEGLI ANGELI

CATARRATTO – GIORNALISTI
1) ANTISA CATARRATTO 2015, SICILIA DOC, TASCA D’ALMERITA. 2) VIGNA CASALJ 2015, ALCAMO DOC, TENUTA RAPITALÀ

BUYER
1) TERRE ROSSE DI GIABBASCIO 2014, TERRE SICILIANE IGT, CENTOPASSI. 2) ANTISA CATARRATTO 2015, SICILIA DOC, TASCA D’ALMERITA

GRILLO – GIORNALISTI
1) BLUES 2015, TERRE SICILIANE IGP, PAOLO CALÌ; 2) GRILLO 2015, SICILIA DOC, FEUDO DISISA

BUYER
1) APOLLO 2014, TERRE SICILIANE IGP, FAUSTA MANSIO; 2) ROCCE DI PIETRA LONGA 2014, TERRE SICILIANE IGT, CENTOPASSI

MISTO BIANCHI DEL SUD – GIORNALISTI
1) BIANCO DI SEI 2014, ETNA DOC, PALMENTO COSTANZO: 2) BUCECI BIANCO 2015, TERRE SICILIANE IGT, BUCECI VINI. 3) KORE 2015, TERRE SICILIANE IGT, CANTINE COLOMBA BIANCA

BUYER
1) STRIALE 2015, PUGLIA IGP, TENUTA PATRUNO PERNIOLA; 2) MALVASIA BIANCA 2015, SALENTO IGP, CONTI ZECCA; 3) BIANCO DI SEI 2014, ETNA DOC, PALMENTO COSTANZO

GRECO – GIORNALISTI
1) GRECO DI TUFO DOCG 2015, DI MEO; 2) LE PAGLIE 2015, MATERA DOC, CANTINE CERROLONGO

BUYER
1) JENTILINO 2015, TERRE DI COSENZA DOP, LA PESCHIERA: 2) GRECO DI TUFO DOCG 2015, SOCIETÀ AGRICOLA NATI

FIANO – GIORNALISTI
1) FIANO DI AVELLINO DOCG 2015, DI MEO; 2) BIANCOFIORE 2014, DAUNIA IGP, KANDEA

BUYER
1) TRENTENARE 2015, PAESTUM IGP, SAN SALVATORE 1988; 2) TORRE DEL FALCO 2015, PUGLIA IGP, TORREVENTO

ROSATI DEL SUD – GIORNALISTI
1) CIRÒ DOC ROSATO 2015, SCALA CANTINA E VIGNETI: 2) OSA! 2015, TERRE SICILIANE IGP, PAOLO CALÌ; 3) LE ROTAIE 2015, VALLE D’ITRIA IGP, I PASTINI

BUYER
1) NAUSICA 2015, SALENTO IGP, CARDONE; 2) NERO DI TROIA ROSÈ, ROSSO DI CERIGNOLA DOC, BIOCANTINA GIANNATTASIO; 3) SPEZIALE 2015, SALENTO IGP, TRULLO DI PEZZA

NERO DI TROIA – GIORNALISTI
1) OTTAGONO 2013, CASTEL DEL MONTE DOCG, TORREVENTO; 2) NERO DI TROIA 2014, PUGLIA IGP, VALENTINA PASSALACQUA

BUYER
1) GRAN TIATI GOLD VINTAGE 2010, PUGLIA IGP, CANTINE TEANUM; 2) LUI 2012, PUGLIA IGP, CANTINA MUSEO ALBEA

NEGROAMARO – GIORNALISTI
1) COPERTINO ROSSO DOC RISERVA 2008, CUPERTINUM – ANTICA CANTINA DEL SALENTO 1935; 2) DANZE DELLA CONTESSA 2014, NARDÒ DOC, CANTINA BONSEGNA

BUYER
1) VECCHIO SOGNO 2014, SALENTO IGP, TENUTA GIUSTINI; 2) POSTA PIANA 2014 PUGLIA IGP, CANTINE PARADISO. Ex aequo 2: NERÌO 2013, NARDÒ DOC, SCHOLA SARMENTI

PRIMITIVO – GIORNALISTI
1) PRIMITIVO 2013,PUGLIA IGP, PIETREGIOVANI; 2) IL RACCOMANDATO 2014, PUGLIA IGP, FIORE AZIENDA AGRICOLA

BUYER
1) PAPALE LINEA ORO 2013, PRIMITIVO DI MANDURIA DOP, VARVAGLIONE VIGNE E VINI; 2) PRIMITIVO DI MANDURIA DOP 2012, ANTICA MASSERIA JORCHE

NERO D’AVOLA – GIORNALISTI
1) CURMA 2010, SICILIA IGT, A R M O S A; 2) VUARIA 2010, SICILIA IGT, FEUDO DISISA

BUYER
1) SANTA CECILIA 2011, NOTO DOC, PLANETA; 2) VUARIA 2010, SICILIA IGT, FEUDO DISISA

GRUPPO MISTO VINI ROSSI DEL SUD – GIORNALISTI
1) TAURASI S.EUSTACHIO 2008, TAURASI DOCG, BOCCELLA; 2) GHIAIA NERA 2013, SICILIA DOC, TASCA D’ALMERITA; 3) DON VINCENZO 2013, LACRYMA CHRISTI DEL VESUVIO DOC ROSSO, CASA SETARO

BUYER
1) ERUZIONE 1614 2013, SICILIA DOC, PLANETA; 2) LIBICI 2012, CALABRIA IGP, CASA COMERCI. Ex aequo 2:  TAURASI 2011, TAURASI DOCG, TENUTA SCUOTTO. 3) BOCCA DI LUPO 2011, CASTEL DEL MONTE DOC, TORMARESCA

GAGLIOPPO – GIORNALISTI
1) CIRÒ RISERVA 2012, COTE DI FRANZE; 2) DUCA SANFELICE 2013, CIRÒ RISERVA, LIBRANDI

BUYER
1) ARCANO RISERVA 2009, CIRÒ ROSSO CLAS. SUP. RISERVA, SENATORE VINI; 2) DOM GIUVÀ 2013, CIRÒ ROSSO CLASSICO SUPERIORE DOC, DU CROPIO VINERY. Ex aequo 2: JACCA VENTU SUPERIORE 2012, MELISSA DOP, LA PIZZUTA DEL PRINCIPE

AGLIANICO – GIORNALISTI
1) RASOTT 2012, IRPINIA CAMPI TAURASINI DOP, BOCCELLA; 2) MILES 2012 CILENTO AGLIANICO DOC, CANTINE BARONE

BUYER
1) BORGOMASTRO 2007, COLLI DI SALERNO IGP, LUNAROSSA VINI E PASSIONE; 2) AGLIANICO 2MILA10 2010, COLLI DI SALERNO IGP, MILA VUOLO

AGLIANICO DEL VULTURE – GIORNALISTI
1) LIKOS 2012, AGLIANICO DEL VULTURE DOC, VIGNE MASTRODOMENICO; 2) AQUILA DEL VULTURE 2012, AGLIANICO DEL VULTURE DOC, LAGALA

BUYER
1) IL SIGILLO 2010, AGLIANICO DEL VULTURE DOC, CANTINE DEL NOTAIO; 2) CAMERLENGO 2009, AGLIANICO DEL VULTURE DOC, CAMERLENGO.

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Giugno, it’s Franciacorta time: The Floating Piers prima del Festival d’Estate

È sempre più vicino il 18 giugno, giorno dell’inaugurazione di The Floating Piers, ultima e attesissima opera di Christo, nome col quale è noto il progetto artistico dei coniugi Christo Vladimirov Yavachev. Tutta la Franciacorta è in fermento per il grande evento, soprattutto ora che il bel tempo permette di ammirare l’installazione che prende forma, espandendosi un pezzo alla volta, nelle acque del lago d’Iseo.

I comuni lacustri – non senza qualche polemica dei residenti – sono già da tempo preparati ad accogliere curiosi e turisti, attirati dalla spettacolare passerella lunga 3 km per una superficie di circa 70 mila metri quadrati. Grazie alla stretta collaborazione con il Comune di Sulzano, il Consorzio per la Tutela Franciacorta sarà protagonista per tutta la durata dell’evento con l’esclusivo Wine Bar, ospitato sul lungo lago di Sulzano (Lido di Sulzano) in una struttura autoportante di 55 mq coperti, creata nel 2015 per l’evento di Expo Milano. Il grande pubblico potrà trovare qui e nell’ampio patio frontale il luogo perfetto per degustare varie tipologie di Franciacorta, in abbinamento a raffinati piatti del territorio a cura della Lanzani Bottega & Bistrot.

Per meglio comprendere l’opera evento di Christo risulta imperdibile la visita al Museo Santa Giulia, dove è stata inaugurata il 7 aprile la mostra Water Project, realizzata da Germano Celant. Fino al 18 settembre saranno presentati i progetti realizzati dall’artista ungherese e dalla moglie Jeanne-Claude, legati all’elemento dell’acqua. In perfetta sintonia con l’atmosfera di festa, anche gli appuntamenti con i concerti di Note di Franciacorta, dove la magia della musica e la poesia del vino si incontreranno nel cuore delle più suggestive cantine di Franciacorta. Ma le proposte non finiscono qui: spettacoli, happening, mostre e degustazioni avranno il loro clou nel weekend del 25-26 giugno con il Festival Franciacorta d’Estate, che coinvolgerà  cantine, ristoranti, chef e musicisti per la realizzazione di eventi a tema dedicati alla scoperta del territorio, dei suoi vini, cibi e prodotti.

I prati della nobile dimora di Palazzo Monti della Corte faranno da cornice alla grande festa conclusiva del Festival, dove domenica 26 giugno, gli ospiti potranno stendersi per un raffinato pic nic e provare le tante prelibatezze proposte nelle aree dedicate allo street food realizzato da rinomati chef, al barbecue e, ovviamente, al banco d’assaggio per la degustazione dei Franciacorta di oltre 60 cantine.

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Il Festival Franciacorta torna a Bari

Sarà la Città di Bari ad accogliere il 16 Maggio prossimo la seconda tappa della stagione 2016 del Festival Franciacorta itinerante, l’appuntamento alla scoperta del vino prodotto col metodo della rifermentazione in bottiglia che in Italia e, sempre più, anche all’estero, è riconosciuto come uno dei più influenti ambasciatori del miglior Made in Italy. ”Bari è il riferimento privilegiato per le novità e le tendenze del ”buon gusto” che diventano poi motore di eventi e iniziative capaci di entusiasmare e coinvolgere non solo la Puglia ma anche le regioni limitrofe” – dichiara Vittorio Moretti, presidente del Consorzio Franciacorta. ”Sono certo che il calore della Puglia saprà accogliere il Franciacorta coinvolgendo il grande pubblico di appassionati, esperti, operatori, che fanno di questa regione una delle più rappresentative in materia di gusti e sapori”. Villa Menelao alle Cummerse sarà la prestigiosa location dove il Franciacorta si presenterà al pubblico di appassionati ed esperti: banchi d’assaggio, seminari e ventinove produttori, insieme ai migliori Sommelier Ais della Puglia, accoglieranno, dalle 18.00 alle 22.00, appassionati di vino, stampa, operatori del settore e curiosi per degustazioni delle tipologie: Brut, Extra Brut, Satèn, Rosé, Pas Dosé, Riserva. L’appuntamento sarà per tutti un’occasione per approfondire la conoscenza e il gusto del Franciacorta, ma anche di incontrare la cultura pugliese in una fusione di sapori e profumi, tradizione e innovazione, all’insegna della qualità e della raffinatezza. Due i seminari di degustazione previsti:

– 17.00 ”Franciacorta una terra un vino” – Degustazione guidata alla scoperta delle diverse tipologia di Franciacorta

– 19.00 ”La Franciacorta incontra la Puglia” – Degustazione guidata di tre tipologie di Franciacorta in abbinamento a tre eccellenze gastronomiche pugliesi.

Prenotazione obbligatoria, posti limitati.Per prenotazioni: http:/franciacorta.eventbrite.com. Per informazioni: eventi@franciacorta.net.

I banchi di assaggio per le degustazioni saranno aperti in due momenti distinti per stampa, operatori e visitatori:

• Dalle 16.00 – 18.00: ingresso riservato a stampa e operatori (accredito stampa a stampa@franciacorta.net)

• Dalle 18.00 – 21.30: apertura al pubblico (ingresso per il pubblico € 20; per i soci Ais, Onav, Fis, Slow Food e Fisar € 15).

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degustati da noi vini#02

Oltrepò Pavese: va a ruba “Atmosfera”, primo spumante della Bagnoli Vini di San Damiano al Colle

Profumo delicato ma intenso, gusto secco e fruttato, lunghissima persistenza. Il panorama delle bollicine dell’Oltrepò Pavese si arricchisce di un nuovo protagonista a base Pinot Nero vinificato in bianco: Atmosfera, della società agricola Bagnoli Vini di San Damiano al Colle, Pavia. Un Brut di cui sono state prodotte per la prima annata circa 5 mila bottiglie. Due terzi delle quali sono già andate a ruba. Un prodotto autentico, che racconta la dedizione con la quale i fratelli Luigi e Fausto Bagnoli si occupano dell’azienda di famiglia e dei suoi filari. Versato nel calice, Atmosfera sfodera un perlage molto fine, per nulla invadente o fastidioso al palato. In bocca ripresenta le note fruttate di pesca e pera già percepite al naso, sfoderando una buona struttura e un finale che tende lievemente all’amarognolo del pompelmo. La persistenza è il piatto forte: Atmosfera e le sue fragranze sembrano non finire mai. “Quello di quest’anno – spiega Luigi Bagnoli – è stato un esperimento. Molti dei nostri clienti, ovvero ristornati, enoteche e gastronomie, ci chiedevano di completare la nostra gamma di vini dell’Oltrepò con una bollicina. Li abbiamo accontentati ed è stato un successo”. E la ciliegina sulla torta è l’etichetta, stampata su un materiale speciale, simile al tessuto, testato per resistere all’erosione dell’acqua marina. Per di più di colore cangiante, in base alla luce.

LA VINIFICAZIONE
Atmosfera nasce da uve Pinot Nero pigiate e poste in autoclave senza aggiunta di lieviti. La fermentazione avviene a temperatura e pressione controllata, una tecnica diffusa particolarmente in Germania piuttosto che in Italia. Una tecnica rischiosa, dal momento che l’accumulo di pressione nella vasca può finire per incidere sulla vitalità dei lieviti, durante la fermentazione.

Producendo per altro odori o deviazioni che espongono il prodotto tanto al rischio di essere gettato via, quanto a risultare eccellente. “Come tutte le cose buone – commenta Luigi Bagnoli – la componente rischio è fondamentale e a noi piace metterci in gioco. Il ‘paziente’ potrebbe decedere durante l’intervento, insomma”. Ecco dunque l’importanza, ancora una volta, di portare in vinificazione “solo uve sanissime”.

“La vigna è il fulcro di tutto – spiega il produttore pavese – sarei falso se vi dicessi che i risultati sono dovuti solo alla mia bravura. Il segreto di un’azienda che lavora bene, non solo in Oltrepò ma in tutto il mondo, è avere terreni e vigneti buoni o eccellenti: grazie a mio padre e ai miei nonni, tutto questo è possibile nella nostra azienda”.

Le uve Pinot Nero sono state monitorate accuratamente sin dall’inizio della maturazione e raccolte – ecco un’altra particolarità – a un grado di maturazione perfetto. Per gli spumanti convenzionali, invece, si preferisce vinificare uve non ancora perfettamente mature, sfruttandone l’acidità.

“Siccome non sono un grande amante degli spumanti – dichiara Luigi Bagnoli – quando a luglio dello scorso anno abbiamo deciso finalmente di produrne uno nostro, ci siamo anche detti che sarebbe stato differente dagli altri. Un prodotto che piacesse a me, innanzitutto: fruibile e bevibile senza avere mal di testa o bruciori di stomaco, anche esagerando con un paio di bicchieri in più”.

Altra scelta, quella di non aggiungere zuccheri o aromi. Un Brut metodo Charmat di gradazione complessiva 12,40%. “Abbiamo così prodotto uno spumante vicino alla nostra idea di azienda vitivinicola – commenta Fausto Bagnoli – da bere a tutto pasto, dall’aperitivo agli antipasti, dai primi di pesce, molluschi e crostacei sino alla carne. Una bollicina tutt’altro che ‘pasticciata’, che ha nella facilità di beva e nella grande pulizia i suoi valori aggiunti”.

L’OLTREPO’ VISTO DAI FRATELLI BAGNOLI
Un prodotto, lo spumante Atmosfera, differente da molte bollicine dell’Oltrepò Pavese. Una realtà che, a detta dei fratelli Bagnoli, “penalizza” spesso i produttori. “Fare i numeri è un po’ il marchio di fabbrica di questa zona vitivinicola – dichiara Fausto Bagnoli – che spesso si dimentica della qualità. Noi stessi paghiamo lo scotto di produrre in quest’area sferzata negli anni da tanti, troppi scandali. Fortunatamente noi siamo riusciti a farci un nome. Ma se mi metto nei panni di un giovane che intenda accostarsi oggi, nel 2016, al panorama vitivinicolo con l’intenzione di fare qualità, non posso che prevedere per lui una strada in salita”.

Per la Bagnoli, il passaparola tra i clienti che hanno toccato con mano la qualità e la salubrità dei prodotti è un motivo di vanto. “Ma anche noi siamo penalizzati – aggiunge Luigi Bagnoli – dal momento che fuori dalla zona, al di là del passaparola, veniamo penalizzati dalla nomea dell’Oltrepò, senza che neppure i nostri prodotti vengano assaggiati. Questo è ovviamente un limite dell’interlocutore, ma speriamo che le cose cambino non solo per noi, ma per l’intero Oltrepò”.

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