La Locanda Capolago di Colico (Lecco) e i ristoranti Torcolo di Verona, La Fratta di Verucchio (Rimini), Romanè e Trattoria Santa Pupa di Roma, Al Pescatore di Gallipoli (Lecce), Da Ercole a Crotone. Sono i “magnifici sette” nuovi Ristoranti del Buon Ricordo. Si aggiungeranno, dal 2022, a una lista che comprende in totale 108 locali, di cui 9 all’estero fra Europa e Giappone.
Le new entry dell’Unione Ristoranti del Buon Ricordo, fondata nel 1964 per salvaguardare e valorizzare lo straordinario mosaico delle tradizioni gastronomiche italiane, porteranno con sé altrettante specialità.
LE NUOVE SPECILITÀ DEI RISTORANTI DEL BUON RICORDO
Riso e persico, in un raviolo! (Locanda Capolago di Colico)
Bollito veronese (Ristorante Torcolo di Verona)
Passatelli gratinati con ragù di coniglio, fonduta di formaggio di fossa ed erbette di stagione (Ristorante La Fratta di Verucchio)
Pollo alla cacciatora (Ristorante Romanè di Roma)
Ravioli d’arzilla alla Vittoria (Trattoria Santa Pupa di Roma)
Spaghettone biologico Senatore Cappelli, con tartare di tonno, aglio, capperi e spolverata di bottarga artigianale (Al Pescatore Hotel&Restaurant di Gallipoli)
Carbonara pitagorica (Ristorante da Ercole di Crotone)
Lo Statuto del Buon Ricordo prevede che i ristoranti possano cambiare periodicamente la loro specialità. Per il 2022, lo fanno in quattro. Le nuove proposte sono: il Morone al sale, salsa ai limoni nostrani, sfoglie di patate e caviale del Ristorante Manuelina a Recco (Genova).
E ancora: i Ravioli al San Daniele in salsa Montasio del Ristorante Osteria La Pergola a San Daniele Del Friuli (Udine), i Tagliolini al burro delle vacche rosse e culatello di Al Cavallino Bianco a Polesine Zibello (Parma), i Ferrazzuoli alla Nannarella dell’Hostaria Baccofurore 1930 a Furore (Salerno).
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L’Amatriciana è stata riconosciuta definitivamente Specialità tradizionale garantita (STG) dell’Unione Europea. Un provvedimento volto a tutelarla da imitazioni e falsi. Lo rende noto la Coldiretti, nell’annunciare la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Ue del 13 marzo l’iscrizione nel Registro europeo delle Denominazioni d’origine e Indicazioni geografiche (Dop-Igp) e Specialità tradizionali garantite (Stg) della celebre ricetta.
Si tratta del riconoscimento definitivo da parte dell’Ue di un piatto simbolo del terremoto del Centro Italia, con la salsa Amatriciana tradizionale ottenuta “secondo il metodo di produzione e la ricetta secolare del comprensorio di Amatrice“.
Un riconoscimento che arriva con consenso unanime visto che nei tre mesi a disposizione per eventuali osservazioni nessuno ha sollevato obiezioni di sorta. Il carattere tradizionale dell’Amatriciana è legato agli ingredienti impiegati e al metodo specifico di preparazione utilizzato tradizionalmente nel comprensorio dei Monti della Laga, dai quali la preparazione trae origine.
“Con l’iscrizione nel registro delle STG – rileva Coldiretti – diventa ancora più importante garantire l’utilizzo di ingredienti al 100% Made in Italy, dal grano nazionale per la pasta al pomodoro, dal pecorino fino al guanciale ottenuto da maiali allevati in Italia”.
Di fatto, si riconosce che la popolazione di Amatrice ha dato vita ad uno dei piatti più conosciuti della tradizione italiana rielaborando ed arricchendo un’antica preparazione pastorale, con l’introduzione del pomodoro intervenuta all’inizio del 1800.
“L’amatriciana – ricorda la Coldiretti – era il pasto principale dei numerosi pastori che vivevano sulle montagne di Amatrice che portavano nei loro zaini, pezzi di pecorino, sacchette di pepe nero, pasta essiccata, guanciale e strutto per preparare la cosiddetta gricia che con l’aggiunta del pomodoro è diventata l’amatriciana”.
Con questo riconoscimento l’Italia consolida il primato europeo nelle produzioni di qualità con 301 denominazioni Dop/Igp e Stg, ma anche 415 vini Doc/Docg, 5155 prodotti tradizionali regionali censiti lungo la Penisola.
Leadership italiana che riguarda anche il biologico, con oltre 60 mila aziende agricole biologiche, 40 mila aziende agricole impegnare nel custodire semi o piante a rischio di estinzione e il primato della sicurezza alimentare mondiale. Il tutto a fronte della decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati (Ogm).
“La tradizione gastronomica italiana – sottolinea Coldiretti – è il motore di una filiera agroalimentare estesa, dai campi agli scaffali e alla ristorazione, che raggiunge in Italia una cifra di 538 miliardi di euro, pari al 25% del Pil ed offre lavoro a 3,8 milioni di occupati”.
Le dosi per 4 persone: 500 g di spaghetti, 125 g di guanciale di Amatrice, un cucchiaio di olio di oliva extravergine, un goccio di vino bianco secco, 6 o 7 pomodori San Marzano o 400 grammi di pomodori pelati, un pezzetto di peperoncino, 100 g di pecorino di Amatrice grattugiato, sale.
Mettere in una padella, preferibilmente di ferro, l’olio, il peperoncino ed il guanciale tagliato a pezzetti: la proporzione di un quarto, rispetto alla pasta, è “tradizionale e sacra” per gli esperti.
Inoltre, o si mette il guanciale – vale a dire la parte della “ganascia” del maiale – o non sono spaghetti all’Amatriciana. “Solo con esso avranno una delicatezza e una dolcezza insuperabili”, assicurano ad Amatrice.
Rosolare a fuoco vivo. Aggiungere il vino. Togliere dalla padella i pezzetti di guanciale, sgocciolare bene e tenerli da parte possibilmente in caldo, si evita il rischio di farli diventare troppo secchi e salati e resteranno più morbidi e saporiti.
Unire i pomodori tagliati a filetti e puliti dai semi (meglio prima sbollentarli, cosi si toglierà più facilmente la pelle e poi tagliarli). Aggiustare di sale, mescolare e dare qualche minuto di fuoco. Togliere il peperoncino, rimettere dentro i pezzetti di guanciale, dare ancora una rigirata alla salsa.
Lessare intanto la pasta, bene al dente, in abbondante acqua salata. Scolarla bene e metterla in una terrina aggiungendo il pecorino grattugiato. Attendere qualche secondo e poi versare la salsa. Rigirare e per chi lo desiderasse, passare a parte altro pecorino. [*foto dalla ricetta originale dello chef Cristiano Tomei]
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