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Sana Slow Wine Fair: occasione irripetibile per assaggiare vini italiani e dal mondo

Sana Slow Wine Fair occasione irripetibile per assaggiare vini italiani e dal mondo

Cantine biologiche e rispettose dell’ambiente, piccoli produttori, aziende agricole, vignaioli innovativi: sono 542 le realtà dall’Italia e dal mondo, scelte da Slow Food tra chi ha firmato il Manifesto del vino buono, pulito e giusto, che partecipano da domenica 27 a martedì 29 marzo 2022 alla prima edizione di Sana Slow Wine Fair.

Conferenze online, masterclass, degustazioni e spazi di dialogo per appassionati e professionisti: non mancano le occasioni per incontrarsi – nuovamente in presenza – e condividere con gli esperti del settore riflessioni sul mondo vitivinicolo, le sue sfide e le sue opportunità. Un evento unico nel suo genere che offre ai partecipanti la possibilità di trovare in un solo luogo il meglio della produzione artigiana e sostenibile italiana e internazionale.

La prima edizione di Sana Slow Wine Fair è organizzata da BolognaFiere con la direzione artistica di Slow Food, in partnership con FederBio e Confcommercio Ascom Bologna, con il supporto di Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dell’ICE, con il patrocinio della Regione EmiliaRomagna.

Sana Slow Wine Fair 2022 è possibile grazie al supporto di moltissime realtà, pubbliche e private, che credono in questo progetto, tra cui i main partner FPT Industrial, Reale Mutua e UniCredit.

«Sana Slow Wine Fair – sottolinea Federico Varazi, Vice Presidente di Slow Food Italia – contribuirà a far crescere la vera grande comunità del vino che si è creata a partire dalla Guida Slow Wine e Bologna diventerà nei prossimi giorni la capitale del vino buono, pulito e giusto».

I temi al centro della manifestazione – continua – sono fondamentali per andare incontro alle sfide che il momento di difficoltà attuale ci pone di fronte, a partire dalla crisi climatica e dalla siccità che in questi giorni è un vero dramma per i produttori.

In questo, un ruolo importante è quello dei giovani che si fanno portatori della sostenibilità ambientale nelle loro scelte quotidiane, anche quando scelgono un vino in enoteca».

All’auspicio di Antonio Bruzzone, che ha sottolineato come «la crescita di un appuntamento di questa ambizione necessita che le istituzioni ci credano, non solo nella manifestazione ma anche nel ruolo che il territorio deve avere nel settore fieristico e vitivinicolo, secondo una visione di politica di sviluppo a lungo termine», hanno risposto gli assessori Alessio Mammi, per la Regione Emilia-Romagna, e Daniele Ara, per il Comune di Bologna, confermando l’interesse verso la fiera e invitando BolognaFiere e Slow Food a un incontro per lavorare insieme alle prossime edizioni.

Per Giancarlo Tonelli, Direttore Generale Confcommercio Ascom Bologna, questa manifestazione serve per far crescere anche la qualità intera del mondo dell’enogastronomia bolognese.

GLI ESPOSITORI DI SANA SLOW WINE FAIR

Delle 542 cantine presenti, 63 sono quelle che esprimono una bella biodiversità internazionale. Oltre all’Italia, sono infatti  18 i Paesi rappresentati con i loro produttori nei padiglioni 15 e 20 di BolognaFiere: Albania, Austria, Argentina, Bosnia Erzegovina, Brasile, Bulgaria, Cile, Croazia, Francia, Grecia, Macedonia Del Nord, Montenegro, Perù, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovenia, Spagna, Uruguay.

«Sono cantine che hanno voluto fortemente far parte della Coalizione ed essere presenti alla Fair. E per i produttori che provengono dall’estero non è così scontato in questi tempi. Inoltre, si tratta di aziende di piccole e medie dimensioni che nella maggior parte dei casi non sono nemmeno distribuite in Italia.

Un’occasione irripetibile quindi sia per i professionisti che potranno selezionarle che per il pubblico che potrà assaggiare etichette che nella maggior parte dei casi non sono state mai assaggiate in Italia, e spesso addirittura in Europa» sottolinea Giancarlo Gariglio, coordinatore internazionale della Slow Wine Coalition.

«I produttori emiliano-romagnoli che sono presenti lavorano già seguendo i principi della Coalition, quello che speriamo è che Sana Slow Wine Fair rappresenti un momento di ritrovato orgoglio e una spinta a sostenere la produzione buona della regione da parte dei professionisti».

Più della metà degli espositori – in totale 302 cantine – ha una certificazione biologica o biodinamica o presenta etichette certificate. È un segnale fortissimo perché, come evidenziano i dati del Report Wine Monitor Nomisma, il mercato del vino bio si dimostra in grande crescita con un incremento dei consumi in Italia del 60% negli ultimi tre anni.

Anche la produzione vitivinicoltura biologica registra numeri positivi. Dai dati Sinab Italia, con 117.378 ettari di vite bio, il nostro Paese conta un’incidenza sulla superficie vitata complessiva di oltre il 19%, la più alta in Europa e nel mondo.

Negli ultimi 10 anni la produzione di vino biologico è aumentata quasi del 110% a testimonianza di una maggiore sensibilità dei consumatori verso prodotti di qualità, sostenibili e rispettosi dell’ambiente.

IL VINO BIOLOGICO PROTAGONISTA A SANA SLOW WINE FAIR

«Il vino biologico, che non utilizza pesticidi e sostanze chimiche di sintesi a protezione della fertilità del suolo e della biodiversità – dichiara Maria Grazia Mammuccini, presidente FederBio – conferma il suo ruolo centrale all’interno del processo di transizione ecologica verso un’agricoltura sempre più sostenibile».

I tre pilastri del Manifesto Slow Food per il vino buono pulito e giusto – sostenibilità ambientale, tutela del paesaggio e crescita sociale e culturale delle campagne – sottoscritto anche da FederBio, contraddistinguono il vino biologico insieme al valore dell’identità territoriale delle denominazioni d’origine del nostro Paese con l’unico logo certificato dall’Unione Europea che premia il lavoro di tanti viticoltori».

E poi ci sono le storie. A partire da quella di Rita Babini, produttrice Ancarani Vini Faenza per cui «il buono pulito e giusto rappresenta identità territoriale e visione di un’agricoltura per cui vogliamo veder crescere il nostro lavoro oggi ma anche regalarlo a chi lo vorrà fare domani. Il riferimento al cambiamento climatico e al fatto che non piove ha una serie di ripercussioni concrete sul nostro lavoro sia per questa annata ma anche per la prossima.

Questa fiera riassume tutti gli sforzi quotidiani che facciamo per cercare un equilibrio produttivo che ci permetta di fare il nostro lavoro in onestà e che questo accada in Emilia Romagna è un vero motivo di orgoglio. E infine un invito, è vino buono, pulito e giusto ma è anche buono da bere, noi saremo lì ad accogliervi con i nostri vini e con un bel sorriso».

Come quella di Ivana Simjanovska, co-autrice della guida Slow Wine per la Macedonia del Nord, o quella di Marina Santos, produttrice brasiliana di vino naturale. Ma anche quella di Gregory Perucci, proprietario dell’Agricola Felline a Manduria (Taranto), che coltiva Primitivo all’ombra della vegetazione spontanea, e quella di Alexis e Jannis, greci di origine, che in provincia di Gorizia gestiscono la cantina Paraschos.

Ancora: l’Enantio Riserva 1865 Prefillossera prodotto dalla famiglia Fugatti dell’azienda agricola Roeno, il Rubicone Rosso Igt nato dallo scambio di tecniche e di esperienze fra produttori georgiani ed emiliano-romagnoli, il Cannonau di Mamoiada realizzato dai produttori dell’associazione sarda Mamojà.

A SANA SLOW WINE FAIR NOVE MASTECLASS PER 360 PARTECIPANTI

 Nove le masterclass in programma che permetteranno ai circa 360 professionisti del vino e appassionati che parteciperanno di approfondire la conoscenza dei vini di alcune tra le denominazioni, i Domaines, le Maisons, gli Châteaux e i Weingüter più iconici, grazie alla voce di profondi conoscitori delle zone scelte.

Per esempio, per la prima volta nel panorama italiano, sarà possibile assaggiare i vini cinesi, rappresentati da cinque cantine, e ascoltare i racconti di Lan Liu, curatore della prima guida Slow Wine ai vini della Repubblica Popolare Cinese.

Nonostante alcune siano esaurite, c’è ancora la possibilità di partecipare a una di queste esclusive esperienze, acquistando i biglietti disponibili sul sito della manifestazione.

I MOMENTI DI APPROFONDIMENTO

La manifestazione, aperta virtualmente da una serie di convegni online – sempre disponibili sul sito della manifestazione – prende il via ufficialmente domenica 27 marzo alle 9 con la plenaria di apertura della Slow Wine Coalition, la rete internazionale, inclusiva e collaborativa che unisce i protagonisti del mondo del vino.

Dopo i saluti delle autorità, apre la plenaria Giancarlo Gariglio, coordinatore internazionale Slow Wine Coalition, che presenta i paper dei tre convegni digitali di Sana Slow Wine Fair dedicati a sostenibilità ambientale, difesa del paesaggio e ruolo sociale delle cantine.

Seguono il geologo e divulgatore scientifico Mario Tozzi che illustra gli effetti dei cambiamenti climatici sull’agricoltura e sull’enogastronomia, Carlo Petrini, fondatore e presidente di Slow Food, che interviene sulla transizione ecologica e sul ruolo dell’agricoltura, e il presidente di Libera Don Luigi Ciotti che introduce il tema sempre attuale del rapporto tra produzione agricola e legalità.

La plenaria è su invito, aperta ai delegati della Sana Slow Wine Fair e ai giornalisti. Il pubblico può assistere alla manifestazione attraverso il sito web dell’evento.

Momenti di approfondimento sono gli incontri nella Slow Wine Arena e nello Spazio Slow Food, che intendono fornire un quadro ampio e variegato del panorama vitivinicolo internazionale. Tra i numerosi temi affrontati, ad esempio, la biodiversità dei vitigni, il packaging sostenibile, le carte dei vini, le progettualità sociali e il turismo alternativo.


COME PARTECIPARE A SANA SLOW WINE FAIR
  • I biglietti sono disponibili online sul sito della manifestazione oppure direttamente alle casse di BolognaFiere
  • Sei un professionista del mondo del vino? Puoi partecipare da domenica 27 a martedì 29 marzo.
  • Sei un appassionato? A te è dedicata la giornata di domenica 27 marzo.
  • Se hai acquistato una masterclass in programma nelle giornate di lunedì e martedì puoi acquistare l’ingresso alla fiera anche in queste due giornate dedicate ai professionisti.
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Sana Slow Wine Fair, le date ufficiali: appuntamento a BolognaFiere dal 27 al 29 marzo

La prima edizione di Sana Slow Wine Fair, la manifestazione internazionale dedicata al vino buono, pulito e giusto, si terrà in presenza a Bologna da domenica 27 a martedì 29 marzo 2022. L’evento, organizzato da BolognaFiere con la direzione artistica di Slow Food e la collaborazione di FederBio, era in programma alla fine di febbraio.

Lo slittamento, riferiscono gli organizzatori, «è stato deciso per favorire lo svolgimento in sicurezza e agevolare la partecipazione degli operatori nazionali e internazionali che stanno dimostrando grande attenzione a questo nuovo evento», che esordirà appunto nel 2022.

A Bologna arriveranno cantine provenienti da tutta Italia e dall’estero: Albania, Argentina, Bosnia, Brasile, Bulgaria, Cile, Croazia, Francia, Germania, Macedonia, Montenegro, Perù, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Stati Uniti.

Un giro del mondo insieme ai grandi vini che rispondono ai principi della Slow Wine Coalition e che sono ispirati dal Manifesto Slow Food per il vino buono, pulito e giusto: sostenibilità ambientale, tutela del paesaggio e del ruolo culturale e sociale delle aziende vitivinicole nei propri territori.

SANA SLOW WINE FAIR ALL’INSEGNA DELLA SOSTENIBILITÀ

«Sana Slow Wine Fair – dichiara Gianpiero Calzolari, presidente BolognaFiere – sarà una preziosa occasione di confronto per un settore in forte espansione che fonde la cultura enologica agli aspetti legati alla sostenibilità, all’etica nella produzione e alla biodiversità».

Temi che per produttori e consumatori sono prioritari e sui quali possiamo vantare un’esperienza trentennale con l’organizzazione di SANA, la più importante manifestazione dedicata al mondo del biologico e del naturale.

Considerata l’attuale situazione dell’Emergenza sanitaria – conclude Calzolari – il posticipo di questa prima edizione di Sana Slow Wine Fair consentirà di favorire l’arrivo di operatori e appassionati e ci permetterà di accoglierli in sicurezza».

Sono tutte confermate le iniziative che costituiscono la struttura portante della manifestazione. Per permettere la massima partecipazione a tutti i delegati che fanno parte della Slow Wine Coalition, i convegni sui tre temi del Manifesto Slow Food per il vino buono, pulito e giusto saranno organizzati online nella settimana antecedente alla tre giorni bolognese.

A inaugurare Sana Slow Wine Fair 2022, in presenza a BolognaFiere, sarà un’assemblea plenaria in cui saranno presentati i temi discussi durante i convegni. Una sintesi della rivoluzione nel mondo del vino che desidera portare avanti la Slow Wine Coalition.

GLI APPUNTAMENTI PER PROFESSIONISTI E WINELOVERS

Rimangono confermate le tre giornate dedicate ai professionisti del settore domenica 27, lunedì 28 e martedì 29 marzo. Momenti ideali per ristoratori, enotecari, importatori, distributori, cuochi e sommelier per incontrare, conoscere, confrontarsi con alcune tra le migliori cantine italiane e di un gruppo molto selezionato di aziende internazionali, accomunate dal metodo produttivo virtuoso.

Gli appassionati potranno partecipare alla Sana Slow Wine Fair nella giornata di domenica 27 marzo, per degustare le migliaia di etichette proposte e dialogare con i produttori.

«A tutti i visitatori – conferma Giancarlo Gariglio, coordinatore della Slow Wine Coalition – sono inoltre dedicate le nove Masterclass che, sotto la guida di produttori ed esperti, consentiranno di approfondire le filosofie di produzione che sono dietro ai grandi vini in degustazione».

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Lugana Doc in continua crescita

PESCHIERA DEL GARDA – Cresce il Lugana nei mercati mondiali e chiude l’ultima campagna di commercializzazione con un +27% sull’anno precedente, raggiungendo le 22 milioni di bottiglie vendute. La Doc conferma ancora una volta il proprio primato dell’export, con oltre il 70% di imbottigliato che oltrepassa il confine e quote maggioritarie da attribuire ancora una volta alla capolista Germania e agli Stati Uniti.

Ma sono soprattutto gli USA a mostrare per la Doc performance senza precedenti, con un +15% di bottiglie importate rispetto al 2018, e a confermarsi quindi come mercato di maggior potenziale e interesse per le esportazioni vinicole del Lugana, che continua a guardare a ovest senza timore e anzi con fiducia e ottimismo.

Il Consorzio di tutela ha infatti deciso di aumentare gli investimenti e intensificare le iniziative promozionali che interesseranno le principali piazze del vino degli States, da New York a San Francisco, da Seattle a Denver, da Miami a Boston.

Certamente preoccupa il tema dazi, che rischia di diventare un conto molto salato anche per i produttori gardesani, in una situazione che a tutti gli effetti mina l’intero comparto vinicolo continentale. E il discorso vale soprattutto per il vino italiano, che resta tra i vini imbottigliati più richiesti dal consumatore medio statunitense.

“La temporanea tregua raggiunta in questi giorni tra USA e Francia ci fa sperare – afferma il Direttore del Consorzio Andrea Bottarel – La tendenza sembra infatti quella di prendere il giusto tempo per raggiungere accordi che tutelino i reciproci interessi, come nel caso Brexit. Il vino italiano esportato in USA e UK muove di fatto un indotto importante anche per gli operatori del settore dei paesi di destinazione. È doveroso essere prudenti, ma sarebbe altresì controproducente arrestare ora la promozione in un momento di effettiva crescita”.

La Doc Lugana non registra soltanto un trend di vendite decisamente positivo, ma anche in termini di posizionamento guadagna il podio per essere il vino bianco italiano con il prezzo medio allo scaffale più alto sfiorando quota 8 Euro a bottiglia, con un aumento del 35,7% in valore e del 31% in volume sull’anno precedente (dinamica che in effetti ha interessato l’intero comparto, provocando cambiamenti significativi nei trend di acquisto nazionali e internazionali).

Un grande obiettivo per il Consorzio, che proprio negli ultimi mesi si è esposto in favore di interventi e comportamenti, da parte di ogni attore della filiera produttiva, che salvaguardassero ed aiutassero ad aumentare il valore economico della Denominazione Lugana.

“siamo soddisfatti dei risultati e pronti ad affrontare la prossima campagna in un clima di serenità commerciale, in un mercato che si prospetta equilibrato, a fronte anche delle misure di governo richieste e messe in atto in vista dell’ultima vendemmia” – Dichiara il Presidente Ettore Nicoletto.

Infine il Consorzio del Lugana apre il programma promozionale 2020, come sempre ricco e variegato, al fianco di Slow Wine, nell’ambito degli apprezzati tour che portano l’eccellenza vitivinicola italiana nel mondo, precisamente il 3 febbraio a Monaco di Baviera e dal 18 al 25 febbraio negli Stati Uniti.

Il Lugana torna in scena agli immancabili appuntamenti con Prowein a marzo e Vinitaly ad aprile, per proseguire a maggio con due masterclass aperte a stampa ed operatori ad Amburgo e Vienna – che si aggiungono a due panel di degustazione in collaborazione con la rivista di settore di lingua tedesca Vinum – e con la London Wine Fair (UK).

Il primo e intenso semestre di attività della Denominazione del Garda si chiuderà con l’attesa kermesse itinerante dedicata esclusivamente al Lugana, declinato in tutte le sue tipologie, Armonie Senza Tempo, che quest’anno ha scelto come proscenio l’eclettica e dinamica piazza di Milano.

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Chiaretto di Bardolino, il vino rosa del Garda vola verso Parigi e gli Stati Uniti

Il Chiaretto di Bardolino diventa sempre più internazionale: a partire da febbraio il Consorzio di Tutela del Chiaretto e del Bardolino darà il via ad una serie di appuntamenti oltre confine con l’obiettivo di far conoscere il vino rosa della riviera veneta del lago di Garda ad un pubblico sempre più vasto.

Il tour di presentazione della nuova annata del Chiaretto farà tappa prima a Wine Paris, in programma dall’11 al 13 febbraio nella capitale francese e poi a marzo farà rotta verso gli Stati Uniti con il tour di Slow Wine, toccando le città di San Francisco, Portland, Denver, New York e Boston. Successivamente si torna in Italia con l’Anteprima del Chiaretto in programma il 10 e 11 marzo a Lazise. La quota destinata alle esportazioni della denominazione si aggira attorno al 60 per cento, la produzione di Chiaretto è intorno ai 10 milioni di bottiglie, un dato che posiziona il rosé gardesano al vertice assoluto nel panorama italiano dei rosati.

“Wine Paris si prospetta come un nuovo fondamentale appuntamento dell’establishment vinicolo mondiale – spiega Franco Cristoforetti, presidente del Consorzio di Tutela del Chiaretto e del Bardolino – per questo abbiamo voluto aprire le presentazioni del Chiaretto 2018 in Francia, la patria dei rosé, primo produttore al mondo ma anche primo importatore assoluto della tipologia in rosa, che rappresenta circa il 30% dei consumi interni, contro appena il 6% dell’Italia. Consideriamo poi che già ora quello francese è il secondo mercato di esportazione del Chiaretto dopo quello tedesco. Quello statunitense, invece, è il mercato estero che sta crescendo più velocemente. L’opera di promozione internazionale del Consorzio degli ultimi due anni ha dato i suoi frutti: ora è tempo di essere presenti anche direttamente e dunque ci presenteremo in ben cinque città americane”.

L’ultimo appuntamento nel fitto calendario di eventi legati al Chiaretto di Bardolino della nuova annata 2018 è l’undicesima edizione dell’Anteprima del Chiaretto, in programma alla Dogana Veneta di Lazise e organizzata in collaborazione con il Consorzio Valtènesi e il Comune di Lazise. In degustazione ci saranno oltre 120 vini provenienti dalle Doc “in rosa” della riviera veronese e bresciana del lago. Il banco d’assaggio accoglierà 60 produttori e sarà aperto al pubblico dalle 10 alle 18 di domenica, mentre il lunedì sarà unicamente dedicato agli operatori di settore dalle 14 alle 20.

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Slow Wine, Molise meglio del Veneto: il degustatore lavora per una cantina


CAMPOBASSO –
Italia, Paese di poeti, navigatori. E santi degustatori. Pare infatti che il “conflitto d’interessi” sia l’ultimo dei problemi di chi giudica il vino nel Bel Paese. Almeno è l’impressione che dà Slow Wine, la costola enologica di Slow Food, movimento fondato da Carlo Petrini. Quello che succede in Molise fa il solletico al caso del Veneto portato alla ribalta da WineMag, lo scorso lunedì.

Pierluigi Cocchini, attuale responsabile regionale Slow Wine Abruzzo e Molise, è anche uno dei due fondatori della cantina Vinica di Contrada Costa Bianca 4, a Ripalimosani (CB).

Una realtà vicina al mondo della produzione “sostenibile e naturale”, che per accreditarsi sul mercato sottopone alle Guide il giudizio dei propri vini.

Risultato? La Guida Slow Wine 2017 assegna la menzione di “vino quotidiano” alla Tintilia del Molise “Lame del Sorbo” 2013.

Secondo quanto risulta dal sito web della cantina, si tratta dell’unico riconoscimento nazionale ottenuto. Un vino che Pierluigi Cocchini, da agronomo e wine maker di Vinica, avrà visto nascere, crescere. E premiare con la “Chiocciola” del “vino quotidiano”.

Peraltro, il referente Slow Wine Abruzzo e Molise risulta anche dipendente ARSIA Molise, ex Ente Regionale di Sviluppo Agricolo per il Molise, nella sezione di Termoli (CB), dove attualmente rivestirebbe la qualifica di “Funzionario (area quadri) e specializzato nei settori vitivinicolo, frutticolo, marketing delle produzioni agroalimentari e microfiliere produttive”. Di nuovo in alto le Chiocciole: cin, cin!

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Fisar al Salone del Gusto: più di 100 sommelier impegnati a Terra Madre

TORINO – Sono più di 100 i sommelier Fisar – Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori – impegnati nella conduzione di degustazioni e laboratori esperienziali gratuiti all’Enoteca di Terra Madre Salone Del Gusto, in Piazza Castello (Torino) da giovedì 20 a lunedì 24 settembre.

Dalle ore 12,00 alle ore 19,00, per tutta la durata del Salone, la corte interna di Palazzo Reale si trasforma in cantina dove degustare oltre 600 etichette. Profumi, sentori, aromaticità, consistenza, terroir di provenienza e sfumature di colore sono solo alcune delle caratteristiche di ogni bottiglia che i Sommelier Fisar raccontano al pubblico in un viaggio alla scoperta delle grandi eccellenze enoiche.

Presenti in degustazione 130 Chiocciole della Guida Slow Wine, vini di cantine che sposano e condividono i valori di Slow Food (organolettici, territoriali e ambientali), e oltre 220 vini premiati al Mondial des vins extrêmes, premio organizzato dal Cervim per promuovere e salvaguardare le produzioni di piccole “isole montane della biodiversità viticola“ che si caratterizzano per storia, tradizione e unicità, e privilegiano la coltura di vitigni autoctoni.

Significativa anche l’offerta degli Agricoltori, Artigiani Artisti di Triple A, con 100 etichette della ricca selezione di Velier, impegnata negli ultimi anni nella promozione culturale di vigneron che hanno fatto del contatto diretto con la propria terra, dell’artigianalità dei metodi vitivinicoli e degli interventi naturali il proprio modus operandi.

Tra questi spiccano le bottiglie del Presidio georgiano dei vini in anfora,prodotte secondo un antico metodo di vinificazione che prevede il sotterramento di grandi anfore in terracotta per la fermentazione e l’affinamento di vini bianchi e rossi.

Fisar è presente anche ai Laboratori del Gusto per guidare il pubblico alla scoperta dei vini del Progetto Vino, programma che valorizza l’eccellenza della produzione vitivinicola e la cultura enoica italiana attraverso attività di formazione e comunicazione, dedicando particolare attenzione alle selezioni territoriali come Alta Langa – official sparkling wine di Terra Madre salone del Gusto – Montepulciano d’Abruzzo, Franciacorta, Morellino di Scansano e Puglia in Rosé.

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Slow Wine spara sull’Oltrepò. Produttori, boicottate la Guida 2019!

Nessuno tocchi Slow Wine. Neppure se infanga, con un titolo vergognoso, un territorio meritevole d’attenzione enologica come l’Oltrepò Pavese.

Già. Quando c’è sparare sui supermercati e sulla Grande distribuzione organizzata, i soloni di Slow Wine sono in prima fila. Con il solito stuolo di enofighetti al seguito.

Quando è Slow Wine a combinarla grossa, tutto tace. Tutti tacciono. Noi no. Ecco i fatti.

LA CRONISTORIA
La notizia è di settimana scorsa. Il 23 marzo, “La Redazione” di Slow Wine affronta in un articolo lo scandalo che ha investito, in Francia, lo storico gruppo vitivinicolo Raphaël Michel.

Una frode di ingenti dimensioni, che interessa un potenziale di 66 milioni di bottiglie di vino sfuso. Si parla anche di una seconda indagine delle autorità francesi, che avrebbero scoperto un altro milione di bottiglie contraffatte da Grands Vins de Gironde (GVG), azienda di proprietà della famiglia Castéja.

Rodano e Bordeaux nell’occhio del ciclone, insomma. Nel giro di pochi giorni. Giusto che Slow Wine ne parli. Peccato che il titolo (poi modificato) reciti, testualmente, così: “Scandalo in Francia: 66 milioni di bottiglie false in Rodano e un milione a Bordeaux! Peggio del nostro Oltrepò…”.

Avete riso? Noi no. Immediata, da parte nostra, la segnalazione dell’articolo al direttore del Consorzio di Tutela Vini Oltrepò pavese, tirato in ballo in maniera subdola dagli enofighetti di Slow Wine, pronti a sparare a zero su un territorio che – evidentemente – non conoscono a fondo.

Pronta la risposta di Emanuele Bottiroli, in un messaggio audio che riportiamo integralmente di seguito.

Sono rimasto esterrefatto di fronte alla lettura di un articolo in cui la redazione di Slow Food, e non un giornalista ben preciso, affianca il nome dell’Oltrepò pavese a fatti avvenuti in Francia, che nulla hanno a che vedere con l’Oltrepò.

In questo articolo – e nel post Facebook che lo ha accompagnato e presentato – nonché nel titolo sparato sull’Oltrepò, vedo vilipesi gli sforzi di tanti produttori che nulla hanno a che vedere con un’inchiesta giudiziaria che ancora deve vedere esprimersi i giudici in primo grado.

Vedere associato chi proprio non ha nessuna attinenza né con i fatti dell’Oltrepò né con i fatti avvenuti in Francia, vuol dire dare in pasto un Oltrepò pavese in cui operano 1700 aziende vitivinicole, per di più medio piccole. Gente che si sacrifica, produttori che sono recensiti nella guida Slow Wine e premiati ai massimi livelli.

Buttare tutto assieme perché bisogna suscitare sensazione parlando anche di Italia, quando questa volta l’Italia non c’entra, beh dispiace. Dispiace molto perché in questi 3 anni da direttore del Consorzio ho visto un Cda puntare forte sulle regole. Dal primo aprile comincerà un nuovo corso per la nostra Doc, con il contrassegno di Stato.

Una scelta che per la Docg è obbligatoria, ma sulla Doc è facoltativa: ciò si traduce in massima tracciabilità, massima prevenzione, massima garanzia a tutela dei consumatori e dei buyer. E poi ci sono tante aziende  che stanno lavorando per fare qualità e portare in alto il nome del territorio.

Ecco, questo articolo è proprio pesante, perché nega degli sforzi che si sono dimostrati in concreto quando diversi modelli aziendali e diversi titolari di impresa hanno votato per regole più restrittive, per la qualità, per un abbassamento delle rese persino delle Igt, nell’ambito delle ultime riunioni utili alle modifiche dei disciplinari.

Questo articolo è veramente un’onta, è un modo sbagliato di dare delle notizie e un modo che ravvisa un preconcetto nei confronti di un territorio che è da conoscere e da scoprire.

E mi sorprende che sia proprio Slow Food a rendersi protagonista di questo articolo: l’associazione che più di tutte dovrebbe avere a cuore i modelli aziendali famigliari e qualitativi, che in Oltrepò pavese rappresentano circa l’85 per cento del totale! Non ce l’aspettavamo: è stata una grande delusione e spero che Slow Wine vorrà porvi rimedio.

LA NOSTRA PROPOSTA
Parole da condividere alla virgola, altro che alla lettera. Ma si potrebbe fare di più:

boicottare la prossima guida Slow Wine (2019)

E’ quello che la nostra redazione invita a fare a tutti i produttori dell’Oltrepò offesi in maniera così vigliacca da Slow Wine. Un modo, peraltro, per risparmiarsi delle spese. Da reinvestire sulla promozione della propria azienda e del proprio territorio.

Magari proprio affiancando un Consorzio che sembra aver imboccato – specie negli ultimi round della tornata condotta da Michele Rossetti – il giusto cammino verso l’affermazione nazionale (e internazionale) della più sottovalutata (e stuprata) tra le aree vitivinicole d’Italia: l’Oltrepò pavese, per l’appunto.

Chiudiamo con del simpatico amarcord. In un articolo del 19 luglio 2017, Giancarlo Gariglio della Redazione di Slow Wine elencava (ovviamente ironicamente) i “5 motivi per non dare il vino alle guide. L’ultimo è davvero surreale. Scoprite qual è!”.

Articolo che oggi andrebbe aggiornato – almeno quanto il titolo sparato sull’Oltrepò, oggi scomparso dalla rete – col motivo numero 6: il più grave e il più credibile. Offerto direttamente, ai produttori, dalla stessa redazione di Slow Wine. Nonché da Slow Food Editore.

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Cheese compie 20 anni: a Bra, dal 15 al 18 settembre

A Cheese 2017 c’è solo l’imbarazzo della scelta. Tra una Conferenza e un Laboratorio del Gusto, la proiezione di un film e una degustazione, passeggiare per Bra (CN) durante l’evento internazionale dedicato alle forme del latte è un’esperienza unica e ricca di suggestioni.

Ecco una carrellata di luoghi e appuntamenti da non perdere alla prossima edizione di Cheese (15-18 settembre), che nel 2017 compie 20 anni.

CASA SLOW FOOD
Il consiglio per cominciare bene la visita di Cheese è partire da via Mendicità istruita, sede dell’associazione da oltre tren’anni e indirizzo noto in tutto il mondo agli appassionati della Chiocciola.

Proprio qui è allestita Casa Slow Food, con attività riservate ai soci e agli aspiranti soci. Tra queste gli Incontri Slow…con il latte crudo, un assaggio dei Master of Food, ovvero i corsi educativi che Slow Food propone ai propri soci in tutta Italia.

Per partecipare agli appuntamenti in programma basta verificare la disponibilità in Casa Slow Food. Per le scolaresche e i visitatori desiderosi di mettersi alla prova, niente di meglio che incontrare i produttori e scoprire i segreti del loro mestiere attraverso giochi e laboratori.

Il team di Slow Food organizza lungo via Vittorio Emanuele II la Via Lattea di Slow Food con quiz e momenti di intrattenimento a cura di Circowow. Tra le aree dedicate ai soci Slow Food si trova anche il Baby Pit Stop, riservato alle neo mamme e ai bimbi che hanno bisogno di un momento di relax.

IL MERCATO DEI FORMAGGI
Proseguiamo con il Mercato dei Formaggi, che per la prima volta presenta solo formaggi a latte crudo. Piazza Carlo Alberto ospita una selezione dei migliori prodotti caseari italiani mentre via Audisio è il posto in cui assaggiare e acquistare i caci internazionali provenienti da UK, Olanda, Francia, Svizzera e Slovenia solo per citarne alcuni.

Mentre chi ha apprezzato iformaggi spagnoli nel 2015, Paese ospite due anni fa, sarà contento di dedicarsi alla più ampia esposizione mai registrata in undici edizioni della manifestazione: 12 bancarelle che ben descrivono la vivacità del movimento casaro spagnolo, tra cui anche l’associazione dei casari e formaggiai del Cammino di Santiago de Compostela, per ripercorrere aromi e consistenze della famosa via cristiana.

Nella vicina piazza Roma ci sono gli artigiani della ormai storica Via degli affineur e dei selezionatori. Tra questi anche quattro stand dedicati agli Stati Uniti, ospite d’onore di questa edizione. Il sabato e la domenica c’è anche ilMercato della Terra di Bra, dove trovare prodotti agricoli, freschi e di stagione venduti da chi effettivamente li produce.

Per un bicchiere di bollicine tra una degustazione e un acquisto, vi aspetta nel Mercato di piazza Carlo Alberto il Consorzio Alta Langa, Official Sparkling Wine della manifestazione. Il Mercato apre i battenti tutti i giorni alle 10, e fino a sera è possibile assaggiare e acquistare non solo formaggi a latte crudo ma anche aceti, mieli, mostarde, pani, confetture e tanto altro ancora.

VIA DEI PRESIDI, CASA DELLA BIODIVERSITA’ E SPAZIO LIBERO
Un mercato particolare è quello delle vie Marconi e Principi di Piemonte, dove incontriamo i Presìdi (in tutto 48 italiani e 11 internazionali), il progetto con cui Slow Food tutela tecniche tradizionali, razze autoctone, prodotti artigianali e paesaggi rurali.

Si tratta di un’occasione unica per conoscere questi prodotti, compresi gli ultimi arrivati: il trentingrana di alpeggio, il çuç di mont dal Friuli Venezia Giulia, il pecorino a latte crudo della Maremma, l’abruzzese pecorino di Farindola, il pecorino del Monte Poro dalla Calabria e il Boeren Leyden tradizionale olandese.

Se volete saperne di più sui progetti di salvaguardia di Slow Food, basta partecipare agli appuntamenti della Casa della Biodiversità tra piazzetta Valfrè di Bonzo e via Marconi, dove tra un aperitivo e l’altro Cheese vi fa viaggiare alla scoperta dei Presìdi e dei prodotti dell’Arca del Gusto di tutto il mondo.

Tra le novità c’è lo Spazio Libero, dove assaggiare formaggi a latte crudo liberi da fermenti industriali, salumi liberi da nitrati e nitriti e ancora pane e pizza con lievito madre e birra Lambic a fermentazione spontanea.

LE PIAZZE, LE CUCINE E LA BIRRA
Torna nel cortile delle Scuole Maschili la Piazza della Pizza: un viaggio dal Nord al Sud dell’Italia con quattro maestri che combinano gusti e ingredienti della propria terra. Per conoscere loro e gli altri protagonisti dell’area (e anche le loro creazioni) basta partecipare alle Storie di Pizza e ai Pizza Talk.

I laboratori sono in vendita on line e, durante Cheese, presso la Reception eventi di vicolo Chiaffrini, insieme agli altri appuntamenti su prenotazione ancora disponibili: Laboratori del Gusto, Scuola di Cucina e lo spettacolo di Luca Mercalli e Banda Osiris Non ci sono più le quattro stagioni.

Sempre nelle Scuole Maschili, ci sono i Chioschi regionali, dove degustare realtà gastronomiche provenienti da Lazio, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta. Se tutto questo vi ha stuzzicato l’appetito, è ora di dedicarsi alle Cucine di strada che animano anche piazza Spreitenbach, insieme ai Food Truck e alla Piazza della Birra che presenta decine di realtà brassicole artigianali italiane: impossibile non trovare quella che incontra i propri gusti!

RISOTTO&PASTA: AREA GOURMET GLUTEN FREE
Se siete intolleranti al glutine o semplicemente volete assaggiare piatti speciali e alternativi, spostatevi in piazza XX Settembre dove Cheese ha allestito l’area Risotto&Pasta, in collaborazione con Strada del riso vercellese di qualità, Aurora Naturale e Associazione di volontariato – Braidesi uniti per la celiachia onlus. Nella vicina via Pollenzo si trova la gastronomia No Glu (aperta tutti i giorni con orario continuato) che fornisce pane fresco senza glutine alla Gran Sala dei Formaggi oltre che in tutti i Laboratori del Gusto.

PIAZZA DEL GELATO
Arrivati a questo punto concedetevi un dolce: in piazza XX Settembre vi aspetta la Piazza del Gelato, curata dalla Compagnia dei Gelatieri fondata da Alberto Marchetti e in collaborazione con Inalpi.

Diversi showcooking, su prenotazione ma gratuiti, affiancano lo Spazio gourmet dove, grazie al due stelle Michelin Antica Corona Reale di Cervere, si impara ad accostare il gelato all’alta cucina.

GRAN SALA DEI FORMAGGI ED ENOTECA
Anche l’undicesima edizione di Cheese vuole il suo salotto buono: nella Gran Sala dei Formaggi, sotto l’ala di corso Garibaldi, si trovano centinaia di specialità provenienti da tutto il mondo che potete abbinare a una delle 600 etichette italiane dell’Enoteca, abilmente selezionate dalla Banca del Vino di Pollenzo e dalla guida Slow Wine e sapientemente illustrate dai sommelier Fisar.

Per l’acquisto di cibo e vino debutta la moneta pulita che sostituisce i ticket di carta nei punti cassa gestiti da Slow Food: di legno certificato PEFC, è realizzata da Palm Design – impresa artigianale impegnata nella filiera del legno sostenibile – per conto di PEFC.

POLLENZO E CHEESE
Sempre in corso Garibaldi ecco lo stand dell’Università di Scienze Gastronomiche, con attività organizzate dagli studenti, tra cui i Personal Shopper, percorsi pensati per chi vuole intraprendere un percorso guidato fra i banchi del Mercato, e l’Eat in: un lungo tavolo che ospita chi vuole fare due chiacchiere, ascoltare, imparare e condividere cibo e bevande.

Se siete interessati alle attività formative, potete visitare il campus a Pollenzo e approfittarne per una degustazione di vini e formaggi nelle cantine della Banca del Vino. Se invece volete imparare ad abbinare i formaggi con pasta o verdure e accrescere così le vostre abilità culinarie, iscrivetevi (online o alla Reception Eventi) alle Scuole di Cucina, dove due chef d’eccezione – Sergi de Meià dell’omonimo ristorante di Barcellona e Salvatore Tassa de Le Colline Ciociare di Acuto (Fr) – vi aspettano per mettervi alla prova.

B2B
Cheese ha pensato a tutti, operatori del settore compresi: debutta la Business Area, organizzata da foodMOOD presso il Movicentro, uno spazio concepito per favorire l’incontro tra buyer internazionali, agenti della piccola e grande distribuzione, ma anche formaggiai, osti, start-up e i produttori di piccole e medie dimensioni sia italiani che internazionali selezionati da Slow Food. Per partecipare è sufficiente registrarsi nell’area dedicata.

SPETTACOLI, FILM, CONCERTI
Cheese non si ferma mai, mettendo il programma un cartellone di spettacoli, film e concerti. Il 17 settembre alle 21 sale sul palco del Teatro Politeama Non ci sono più le quattro stagioni con Luca Mercalli e la Banda Osiris: uno spettacolo istruttivo e divertente che unisce arte, storia, scienze, musica e comicità.

Acquistate il biglietto on line o alla Reception Eventi: i proventi raccolti sono destinati a Menu for Change, la campagna internazionale di Slow Food sul cambiamento climatico che sarà lanciata proprio a Cheese. Per gli appassionati del grande schermo invece c’è Cheese on the Screen, un ciclo di film e documentari promosso e organizzato da Cinema Impero e Cinema Vittoria di Bra, in collaborazione con CinemAmbiente, Life e Slow Food, dedicato ai temi dell’agricoltura sostenibile, delle battaglie per la salvaguardia dell’ambiente e della produzione lattiero-casearia artigianale.

Cheese è anche musica grazie a Cheese On Stage con quattro concerti gratuiti che vedono l’electric swing di The Sweet Life Society nell’anteprima di giovedì 14, la fusione tra swing, manouche, folk, tango, rock e musica contemporanea dei Magasin du Café accompagnati per l’occasione dalle Madamé, lo Scottish e Irish punk rock dei The Rumjacks, e il folk occitano dei Lou Pitakass.

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Vini al supermercato

Caviro, il gigante del Tavernello. Tra Slow (Wine) e Rock ‘n’ Roll

Anche Golia ha un cuore. E batte slow. Very slow. Il gigante romagnolo del Tavernello, lo stesso capace di imbottigliare 2 milioni di ettolitri di vino l’anno, si avvale di due enologi attivisti di Slow Food e Slow Wine.

Il gigante in questione di nome fa Caviro, leader indiscusso del mercato nazionale del vino al supermercato. Tra i primi dieci al mondo per fatturato, con 304 milioni di euro. Nulla a che vedere con la Chiocciola di Carlo Petrini? Solo in apparenza. Pietro Cassani e Giacomo Mazzavillani (nella foto, sotto), rispettivamente responsabile del laboratorio enologico e del processo di lavorazione vino alla Caviro di Forlì, sono lì a dimostrare il contrario.

Il volto meno conosciuto della più grande cooperativa agricola italiana. Un impero fondato sui numeri, ma anche sulla qualità. “La costanza nella riconoscibilità dei nostri prodotti sul mercato – spiega Giordano Zinzani, responsabile Normative e Tecniche Enologiche di Caviro – è per noi il primo sinonimo di qualità, che riusciamo a garantire grazie al confronto trentennale con i nostri conferitori di uve e al lavoro dei nostri enologi. Un aspetto che ci viene riconosciuto da 7 milioni e 200 mila famiglie consumatrici in Italia”.

“I nostri standard qualitativi – precisa Zinzani – sono dettati da frequenti panel di assaggio dei prodotti dei nostri competitor internazionali. A livello operativo, invece, stimoliamo le 34 cantine conferitrici, situate da nord a sud del Paese, con un sistema di liquidazione che invogli a fare sempre meglio in vigna, di vendemmia in vendemmia”.

Tredicimila i viticoltori che fanno parte della famiglia Caviro, in sette regioni d’Italia. Trentasette mila gli ettari di vigneti lavorati, in totale. Tradotto: la cooperativa romagnola produce, da sola, l’11% dell’uva italiana. E’ grazie a questa grande disponibilità che i blend Tavernello riescono ad essere sempre uguali negli anni. “Riconoscibili dal consumatore”, per dirla con Zinzani.

Un puzzle, anzi la sintesi, “del meglio della produzione annuale dei vigneti dei conferitori”, assemblati da uno staff di 6 enologi (cinque di stanza a Forlì, uno a Savignano sul Panaro, nei pressi di Modena), tre analisti di laboratorio e quattro impiegati all’Assicurazione qualità.

“Il numero degli enologi, in realtà – spiega Giordano Zinzani – si aggira sulla cinquantina. I primi controlli vengono effettuati dalle nostre cantine associate, in loco. Le uve arrivano a Caviro già vinificate, secondo i rigidi parametri dettati ai viticoltori. Solo in questa fase, si assiste all’intervento diretto del nostro personale, che degusta e testa i campioni e li assembla, dopo aver identificato il blend più consono alle esigenze del mercato di riferimento, che sia italiano o estero”.

Altra faccia della medaglia, la produzione di vini a Indicazione geografica tipica (Igt) e a Denominazione di origine controllata (Doc), “in cui – commenta Zinzani – puntiamo a garantire, valorizzare e conservare la tipicità dei singoli territori”.

LE UVE CAVIRO: IL SISTEMA DI LIQUIDAZIONE
Dal Friuli Venezia Giulia arrivano principalmente Merlot, Cabernet, Refosco, Pinot Grigio, Glera, Chardonnay e Sauvignon (una cantina associata, 1790 ettari). Dall’Emilia Romagna Sangiovese, Lambrusco (principalmente Sorbara), Merlot, Ancellotta, Trebbiano, Chardonnay, Albana e Grechetto Gentile (14 cantine, 19.002 ettari). Dalla Toscana giungono Sangiovese, Brunello, Merlot, Trebbiano e Vermentino (2 cantine, 1.090 ettari).

Dall’Abruzzo Montepulciano, Trebbiano, Pecorino e Chardonnay (9 cantine, 8.218 ettari). Dalla Puglia Primitivo, Negroamaro, Malvasia Nera, Nero di Troia, Chardonnay, Bombino e Verdeca (3 cantine in Salento, 922 ettari). Dalla Sicilia, infine, Nero d’Avola, Syrah, Grillo, Catarratto, Inzolia e Grecanico (6366 ettari, una cantina: la Petrosino di Trapani, seconda per dimensioni in Italia solo a Settesoli).

Uve che hanno un prezzo. Di fatto, è sul terreno della liquidazione dei conferitori che si gioca una delle partite più importanti per Caviro. “Di anno in anno, verso dicembre – spiega Giordano Zinzani – la cooperativa stabilisce un budget per i vini. Viene stabilito un minimo garantito, che viene corretto in base alla conformità agli standard richiesti”.

Le sorti dei viticoltori è delle cantine associate a Caviro sono nelle mani di uno staff di enologi che si riunisce una volta alla settimana, a Forlì. “Tutte le singole partite – evidenzia Zinzani (nella foto) – sono valutate in funzione della qualità specifica di quel campione. Ogni ritiro viene catalogato e degustato da una commissione composta dagli enologi Caviro e da quelli delle stesse cantine associate. Degustazioni che, ovviamente, avvengono alla cieca, sulla base di schede di valutazione Assoenologi, con punteggio in centesimi. Questo punteggio, assieme alla rispondenza dei caratteri analitici, contribuisce alla modifica del prezzo base garantito ai soci”.

Raffaele Drei, presidente della Cooperativa Agrintesa, non ha dubbi. “Oggi Agrintesa è il socio più grande della compagine sociale Caviro e tramite il Consorzio colloca direttamente al consumatore una quota importante del proprio vino. Siamo fortemente impegnati e interessati alla crescita sia come quota di mercato che come modello di filiera vitivinicola integrata”.

“I fattori di successo per i soci Caviro sono stati ben delineati dai direttori delle Cantine intervenuti all’ultimo incontro con la base sociale: Cristian Moretti, direttore generale Agrintesa, Roberto Monti, direttore della Cantina Sociale Forlì e Predappio, Fabio Castellari, direttore della Cantina Sociale Faenza. Tutti hanno sottolineato, come comuni denominatori di crescita e sviluppo, l’avanguardia qualitativa per una buona liquidazione dei soci, l’innovazione e la capacità di differenziare”.

Rispetto alle zone più lontane dalla “base”, ai soci viene riconosciuta una cifra che si aggira attorno ai 35 centesimi al litro. Per i viticoltori dell’Emilia Romagna, si sale sino a 45 centesimi con il Lambrusco. I picchi si toccano con i vini Igt, 60 centesimi al litro, e a Denominazione di origine controllata, valutati in media fino a 1 euro. Cifre che Zinzani snocciola senza timore.

“Fra i principali tratti vincenti – aggiunge Raffaele Drei – sono stati individuati la concentrazione e specializzazione dei centri di vinificazione, la capacità di realizzare velocemente progetti di produzione per vini con caratteristiche diverse e una buona integrazione di pianura e collina. Per i soci di Caviro è di fondamentale importanza poter ragionare in una logica di mercato fatta anche di liquidazioni differenziate su molteplici variabili, come lo stabilimento, l’area di produzione, le giornate di conferimento e l’effettiva qualità. Merito anche di una base sociale caratterizzata da coesione e ricettività, aperta a un ricambio generazionale in grado di garantire uno sguardo sul futuro”.

IL TOUR
E che Caviro sia proiettata al futuro, lo si capisce al primo sguardo dello stabilimento di Forlì. Dall’esterno, gli 82 serbatoi del sito produttivo di via Zampeschi 117 offrono bene l’idea delle dimensioni del business della cooperativa, con i loro 340.578 ettolitri di capacità complessiva. All’interno, altri 133 “silos” contenenti vino, per un totale di 126.670 ettolitri. Caviro, per chi non l’avesse capito, è questo, prima di tutto: una delle maggiori cantine italiane, con serbatoi per un totale di 467.248 ettolitri complessivi. E’ qui che staziona il vino prima delle chiarifiche e delle filtrazioni, che anticipano la stabilizzazione.

Centonovantaquattro milioni di litri le vendite a volume del colosso romagnolo nel 2016, suddiviso tra i brand Tavernello, Castellino, Botte Buona, Terre Forti, Romio, VoloRosso, Salvalai, Cantina di Montalcino, Da Vinci, Leonardo, Monna Lisa e Cesari. Export in 70 Paesi. Due le linee per l’imbottigliamento. Quella nuova, inaugurata a settembre dello scorso anno, ha una velocità di 18 mila bottiglie l’ora. La più vecchia risale agli anni ’90 ed è ancora in funzione, anche se in fase di ammodernamento.

In quest’area dello stabilimento, il prodotto finito viene movimentato su pallet da veri e propri robot. “Le chiamiamo navette – precisa l’enologo Pietro Cassani, che guida il tour -. Si muovono autonomamente su percorsi prestabiliti del magazzino di stoccaggio e sono solo uno degli aspetti all’avanguardia del sito produttivo di Forlì”. In uno degli angoli dello stabile, di fatto, sembra aprirsi una porta temporale sul futuro. Roba da farti sentire – almeno per un attimo – un po’ come Donny Darko, alle prese col suo coniglio gigante.

Un magazzino da 10 mila posti pallet completamente robotizzato, col quale alcune catene della Grande distribuzione (o, meglio, i loro Ce.Di, i centri distributivi delle varie insegne) hanno la possibilità di connettersi via web, emettendo ordini che vengono indirizzati direttamente a una delle 14 “ribalte” del magazzino, in base alla destinazione. Ti pizzichi la guancia mentre osservi quel braccio meccanico, senza il minimo controllo umano, andare a pescare proprio quel pallet, lassù.

La voce dell’enologo Cassani, Cicerone per un giorno, ti riporta alla realtà, poco più in là. Davanti alle bobine di Tetra Pak pronte per la sterilizzazione, prima di essere riempite di vino in impianti simili a quelli utili per “inscatolare” latte. Guardi in faccia i dipendenti uno ad uno, credendo che all’improvviso salti fuori Michael J. Fox. Aguzzi le orecchie per sentire qualcosa d’altro (che so? Johnny B. Good, per restare in tema).

Ma il suono, sottile e monotono, è quello della catena di montaggio dei brik di Tavernello. L’unico elemento che, nel suo piccolo, ricorda quella chitarra rosso fiammante. Altro che quattro quarti. Qui si gira al ritmo di 7-8 mila pezzi l’ora, su un totale di 10 linee. Vino in brik pronto per il consumo, “senza pastorizzazione, bensì con filtrazione sterile”, tiene a precisare Cassani. L’enologo del rock’n’roll di Caviro.

Prima di raggiungere i laboratori d’analisi, dove l’intero staff è all’opera sugli ultimi campioni giunti allo stabilimento, ecco l’unica zona inattiva del magazzino: quella per il confezionamento dei “Bag in Box” da 3 e 5 litri, destinati sopratutto al mercato francese. La grandeur. Come formato, s’intende. Bien sûr.

IL FENOMENO TAVERNELLO
Italiana, italianissima, anzi romagnola (se no si offende), l’inclinazione (linguistica) di Elena Giovannini (nella foto). “L’upgrade qualitativo dei prodotti – commenta la responsabile Marketing Daily di Caviro – è stato uno degli obiettivi perseguiti dalla nostra azienda sin dal 1983, anno in cui abbiamo dato vita al vino in brik. Inizialmente era soltanto Sangiovese o Trebbiano. Poi, chiaramente, i volumi venduti erano talmente elevati che il sourcing non era più sufficiente a coprire la richiesta. I due vitigni sono ancora parte fondamentale dei nostri blend, vino bianco e vino rosso d’Italia”.

Cosa caratterizza questa marca? “Il fatto di garantire uniformità di gusto e una costanza negli anni – replica Giovannini – un grande pregio per i nostri consumatori”. Chi sono? “Il target è ben definito: è chiaro che si parla di quotidianità, ma anche di garanzia di un certo standard qualitativo”. La diversificazione dell’approccio al mercato del vino da parte dei consumatori, anno dopo anno, ha convinto tuttavia Caviro ad allargare la proposta di referenze, riunite sempre sotto lo stesso marchio.

“Nel 2010 lanciamo i frizzanti bianco e rosato – ricorda Elena Giovannini – come naturale prosecuzione della marca generica Tavernello, sempre a base delle nostre cantine sociali socie. Successivamente il lancio dello Chardonnay e, per la prima volta, vini di provenienza siciliana come il Syrah Cabernet: per la prima volta inseriamo vini di provenienza siciliana. Fino ad arrivare alla prima Doc che è il Pignoletto, proveniente dalle colline di Imola. Un vino non molto conosciuto fuori dai confini regionali, che noi abbiamo contribuito a distribuire sul mercato”.

“Facile dunque intendere come sul mercato internazionale il ‘Red blend’ Tavernello giochi un ruolo fondamentale – evidenzia la responsabile Marketing Daily di Caviro – dato che i tanti vitigni italiani non sono semplici da conoscere e da scegliere, per il consumatore straniero. Red blend, dunque, come sintesi della qualità italiana. Ovviamente abbiamo bene in mente qual è il nostro mestiere e il consumatore al quale vogliamo parlare, sia in Italia sia all’estero. E di conseguenza sviluppiamo prodotti adatti a quel tipo di esigenza: quella quotidiana”.

Un’azienda, Caviro, capace di rispondere col Pignoletto al fenomeno Prosecco. Un botta e risposta che lega il vitigno emiliano a quello veneto, anche dal punto di vista dialettico-ampelografico: Glera-Prosecco, Grechetto Gentile-Pignoletto. Inutile precisare che Caviro produca anche il re delle bollicine Charmat, grazie alle rinnovate sinergie con la Viticoltori Friulani La Delizia, in seguito all’inaugurazione della nuova sede di Orcenico Inferiore di Zoppola, il maggiore polo per la spumantizzazione del Friuli Venezia Giulia.

Tra i blend in degustazione segnaliamo, su tutti, il Trebbiano – Pinot Bianco Rubicone Igt 2016. Un mese e mezzo di legno per il Trebbiano, il resto acciaio. Altro vino dall’ottimo rapporto qualità prezzo al supermercato, tra i varietali, il blend tra Sangiovese e Merlot.

GLI ALTRI SEGMENTI DEL BUSINESS
Caviro, in realtà, non significa solo vino. La cooperativa romagnola è un vero e proprio universo circolare. “Il nostro modello di business – commenta Giordano Zinzani, tra l’altro presidente del Consorzio Vini di Romagna – è tale da iniziare in vigna per poi tornarci, con uno scarto sulla produzione quantificabile in un risicato 1%”.

Oltre al vino, la cooperativa romagnola è leader in Italia nel settore distilleria. Una diversificazione che consente a Caviro di inserirsi nel mercato dei farmaci, con la produzione – su tutti – di acido tartarico e delle “basi” alcoliche già addizionate di mentolo per il colluttorio Listerine, commercializzati dall’altro colosso Johnson & Johnson.

“In Francia vendiamo molti alcoli destinati alle liqueur d’expedition degli Champagne”, rivela Zinzani. Non ultimo il business del recupero degli scarti dell’attività di vigna, che consente a Caviro di produrre – oltre a derivati farmaceutici, alimentari e agronomici – anche energia.

Quella prodotta dal sito produttivo di via Zampeschi 117 sarebbe in grado di illuminare a giorno l’intera città di Forlì (120 mila abitanti). Energia che si tramuta in compost e fertilizzanti, chiudendo il cerchio col loro ritorno nelle vigne italiane dei soci. E allora tutto questo è slow, very slow o rock ‘n’ roll? Ai posteri l’ardua sentenza.

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Vino e sabotaggi, dall’Alto Adige all’Oltrepò: contadini e conti uniti per la qualità

Salorno, Alto Adige. Settembre 2015. Tempo di vendemmia per Patrick Uccelli della tenuta Dornach. Il vignaiolo altoatesino viene messo in ginocchio da un gesto vile: i cassoni d’uva conferiti alla nota cantina Alois Lageder vengono sabotati. Le analisi chimiche non lasciano spazio a interpretazioni. Le uve sono contaminate da gasolio. Interviene Slow Wine. Patrick Uccelli, autore di uno straordinario Gewurztraminer, recupera solo una parte dei 33 mila euro di danni causati dal sabotaggio. C’è chi sostiene che i “vandali” non volessero colpire lui, ma direttamente Alois Lageder.

Una delle realtà più prestigiose dell’Alto Adige del vino, non solo nella stretta cerchia della viticoltura biologica e biodinamica. “I responsabili del gesto – commenta Uccelli – non sono mai stati individuati. Ovviamente ho denunciato l’accaduto. Oggi, di fronte a quanto successo ai danni della Tenuta Conte Vistarino, dico che i commenti non servono a nulla. Perché un gesto così non merita commento. Serve sostegno, non commenti”.

Incalzato, Patrick Uccelli entra nel dettaglio. “Non commento – spiega – perché non ho commentato quello che è successo a me e non inizierò a farlo ora. Tra l’altro, nel mio caso, non furono svuotate le vasche, bensì mi fu messo del gasolio in un cassone con dell’uva raccolta che, sversata in pressa assieme a dell’altra, andò a contaminare 90 quintali. Un quantitativo ben lontano dai 5.300 ettolitri della collega dell’Oltrepò. Anche il danno economico – precisa Uccelli – fu di almeno un decimale inferiore a quello presunto nel caso dell’altro giorno in Oltrepò. Insomma: sì, fu un sabotaggio, ma in tutto e per tutto diverso”.

Infine, un’esortazione. Accorata. “Date visibilità alla collega dell’Oltrepò, mettete in piedi una raccolta fondi. Quello vale molto di più che ricordare cosa successe a me”.

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Approfondimenti news

Salone del Gusto 2016, la Chiocciola inciampa a Torino. Mercato confuso, enoteca poco “Slow”

Volevamo sorvolare, sornioni. Ma l’amore per la verità, che è l’unico vero caposaldo di questo portale del vino e dell’enogastronomia italiana, ha avuto la meglio. Anche oggi. E allora non possiamo che commentare, anche noi di vinialsupermercato.it, l’edizione 2016 del Salone del Gusto di Torino. Partecipazione è in primis sinonimo di “acceso”, per tutti. Ci spiace dirlo, ma l’edizione 2016 del Salone del Gusto di Torino è parsa più una riedizione allargata di Cheese di Bra: mal venuta, confusa. Per carità, ottimo livello degli espositori confermata rispetto alle edizioni precedenti. Ma, per dovere di cronaca, il Mercato Slow al Parco del Valentino è parso un’accozzaglia di piccoli produttori (affiancati per la verità da marchi ultranoti) sotto gazebo tutti uguali, che poco potevano valorizzare l’esposizione e la spettacolarizzazione dei presidi Slow, apprezzata al Lingotto nelle precedenti edizioni.

Anche Slow Food cade, insomma, nell’errore della standardizzazione, tipica della più becera Gdo. Per non parlare dell’enoteca self service ‘meccanizzata’ a Palazzo Reale: quattro sommelier Fisar non fanno il ‘monaco’ davanti a una muraglia di sterili dispenser di vino, tristi e anonimi. Neppure se a pagargli lo ‘stipendio’ sono i soliti soloni di Slow Wine, la cui opera migliore, ultimamente, sembra la critica ai vini Lidl. In sintesi: che delusione, Slowfood. L’ennesima occasione persa da questo “movimento” che, negli anni, sta venendo meno in quanto a credibilità. Anche nella sua Torino.

Di fronte alle pompose dichiarazioni di Carlo Petrini, soddisfatto dalla riuscita dell’evento fuori dalle porte del Lingotto, rimaniamo perplessi. E con tante domande. Ma forse, nell’era 2.0 della comunicazione e del fast food, anche chi cammina Slow si accontenta di code chilometriche ai food track che sfornano comunissime piadine (ma Slow), comunissimi panini (ma gourmet), e comunissime birre (ma “artigianali”). L’ennesima dimostrazione che, a parole, son bravi tutti. L’insegna, che vale più dell’assortimento. Addio, Slow life.

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news ed eventi

A ”Scarperia Wine” il Chianti Rufina con Anna Cardin

Dopo il successo della prima edizione svoltasi nel 2015 la Proloco di Scarperia assieme a Slow Wine e Fisar ripropone l’evento dedicato al vino del Mugello e Chianti Rufina.  In programma degustazioni del Chianti Rufina annate 2009-2010-2011-2012 con due cantine diverse per ciascuna annata. La degustazione sarà effettuata Sabato 7 maggio ore 15:00-19:00 presso il Salone dei Tendaggi Palazzo dei Vicari. A guidare la degustazione il Responsabile Regionale della Guida Slow Wine che introdurrà il territorio e le caratteristiche delle varie aziende in degustazione e Anna Cardin miglior Sommelier Fisar 2015 che farà la degustazione tecnica dei singoli vini. Domenica 8 Maggio invece si terrà la mostra mercato con degustazione di vini e prodotti tipici nell’atrio del Palazzo Vicari, al mattino dalle 10:00 alle 13:00 e al pomeriggio dalle 15:00 alle 19:00. Costo 13,00 euro a persona (comprensivo di un calice con tasca porta bicchiere e degustazione di tutti i vini che sono rappresentati oltre un piatto degustazione di prodotti tipici alimentari), sarà presente anche un banco di vendita con tutti i vini presentati.

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Vini al supermercato

Rosso di Montepulciano Doc 2014 Ferrari Corbelli, Tenuta di Gracciano della Seta

(3 / 5) Un vino davvero versatile il Rosso di Montepulciano, da tutto pasto: particolarmente adatto per i primi piatti con sughi di carne, salumi, formaggi di media stagionatura, ma anche da osare con piatti di pesce dal sapore deciso.

Sotto la nostra lente di ingrandimento, questa volta, il Rosso di Montepulciano Doc, annata 2014, prodotto dalla Tenuta di Gracciano della Seta a Montepulciano.

LA DEGUSTAZIONE
Un vino dal colore rosso rubino brillante, luminoso, poco trasparente. Al naso è intenso con aromi di ciliegia e lampone corredate da note erbacee e ferrose. Più accattivante al naso che al palato, nel complesso offre una discreta beva ad un prezzo commisurato. In bocca il sapore  è delicatamente fruttato, ma si rivela poco corposo e anche poco persistente una volta deglutito. Con un titolo alcolometrico di 13% risulta in ogni caso non pesante e godibile. Un ossimoro d’obbligo per il suo retrogusto che è dolcemente amarognolo.

LA VINIFICAZIONE
Il Rosso di Montepulciano Doc 2014 Ferrari Corbelli della Tenuta di Gracciano della Seta è prodotto con un blend composto dal 90% di Prugnolo gentile e dal 10% di uve Merlot. Le vigne del cru Casale, Maramai, sono esposte a sud/sud-est e sud-ovest ad un altitudine di 300-350 metri s.l.m. Il terreno è di tipo limoso argilloso e i vigneti sono allevati a Guyot e a cordone speronato. La fermentazione e la macerazione sulle bucce avvengono in acciaio a temperatura controllata con lieviti indigeni per una quindicina di giorni, con rimontaggi giornalieri. La produzione media del Rosso di Montepulciano Doc è di 30.000 bottiglie annue, quella complessiva di 100.000 con Nobile di Montepulciano, Nobile Riserva e Rosato di Toscana.

La Tenuta di Gracciano, della famiglia della Seta Ferrari Corbelli Greco, si estende su circa 20 ettari vitati. I vigneti sono dislocati in 4 crus: Casale, Toraia, Maramai e Podere Rovisci, ognuno dei quali ha caratteristiche che si differenziano soprattutto per il suolo. Casale è il cru con il terreno più sciolto e produce vini armonici, eleganti e profumati. Il vigneto è stato reimpiantato nel 2008, quindi le uve sono utilizzate per la produzione del Rosso di Montepulciano. Gli altri tre crus hanno una frazione argillosa più importante soprattutto il Podere Rovisci le cui uve sono destinate alla produzione del Vino Nobile Riserva. L’età media delle viti è di 15 anni. Una parte del vigneto Maramai ha più di quaranta anni. La filosofia della Tenuta di Gracciano della Seta è da sempre improntata al rispetto della tradizione e dell’ambiente: non sono utilizzati né concimi chimici né diserbi e i vini cercano di rispettare il più possibile l’espressione del territorio con interventi tecnologici su uve e vini alquanto rispettosi della materia prima.Dal 2015 si sono convertiti all’agricoltura Biologica. Numerosi i riconoscimenti per i loro vini da parte di Gambero Rosso, Slow Wine, Vini di Veronelli.

Prezzo pieno: 5,99 euro
Acquistato presso: Carrefour
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Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc 2014 Vaiolet, Monsupello

Si sviluppa davvero una bella spuma alta nel calice una volta versato il vino oggi sotto la nostra lente di ingrandimento. Bonarda dell’Oltrepò Pavese Frizzante Doc, Vaiolet, prodotta da Monsupello, annata 2014. Azienda pluripremiata con ben 112 medaglie d’oro in concorsi enologici, presente nella ristorazione più qualificata sia in Italia che all’estero, nelle enoteche professionali, ma anche nelle Gdo di qualità che destinano parte degli scaffali a enoteca, come quella a cui ci siamo rivolti per questa degustazione.  Nel calice il colore è rosso intenso con riflessi violacei,  impenetrabile. Il profumo è intenso, schietto e fine tipico della bonarda. I sentori sono semplici di piccoli frutti rossi, il ribes e il gelso predominano, ma anche la violetta non è timida. Vino caldo, piacevolmente rotondo e secco. Il sorso è vivace ed invitante, fresco e leggermente sapido: il retrogusto piacevolmente amarognolo. Un tannino equilibrato, integrato perfettamente nel contesto per un finale sufficientemente persistente che chiude sul frutto. Molto beverino, una Bonarda con una spanna in più, anche per il prezzo decisamente oltre la media che forse non tutti sono disposti a spendere per questa tipologia di vino. La Bonarda dell’Oltrepò Pavese Frizzante Doc, Vaiolet prodotta da Monsupello va stappata al momento del servizio e servita ad una temperatura di 14 /16 gradi. Non si presta ad un lugno invecchiamento, anzi, è ideale il suo consumo nell’arco di 2 o 3 anni. Si accosta a tutto pasto con antipasti a base di salumi, primi piatti strutturati quali ravioli al sugo o tagliolini, secondi a base di carni bianche e rosse, arrosti.

LA VINIFICAZIONE

Prodotta con uve Croatina al 90% e per il restante 10% da uve Barbera. Le uve sono allevate a guyot sulla fascia collinare nei comuni di Torricella Verzate, Redavalle e Pietra de’ Giorgi, in vigneti dell’età di 20 anni esposti a sud-ovest su terreni argillosi-limonosi. La densità di impianto è di 4000 eppi ad ha per una resa di 90 quintali/ha. La potatura secca a Guyot viene eseguita a partire da dicembre, mantenendo un numero di 10-11 gemme per ceppo. Da maggio, con la scacchiatura e la spollonatura vengono eliminati i germogli superflui e legati quelli principali; sono operazioni basilari per mantenere un buon equilibrio vegetativo e produttivo della pianta, soprattutto nel caso di vigneti giovani. A meta agosto, dopo l’invaiatura, viene eseguito il primo diradamento dell’uva per distribuire al meglio la produzione della vite sui tralci più vicini al ceppo e per evitare che si creino affastellamenti di grappoli (causa principale dell’attacco di muffa grigia nelle annate umide); un secondo diradamento dei grappoli, fatto a metà settembre, favorisce una migliore maturazione dell’uva, permettendo di avere una maggior concentrazione di sostanze zuccherine e fenoliche, un ridotto tenore di acidità ed una migliore sanità del prodotto. Da oltre 10 anni viene praticato l’inerbimento dei vigneti per creare un più equilibrato rapporto chioma-radice della vite e per salvaguardare gli insetti utili al vigneto; per lo stesso motivo vengono utilizzati antiparassitari a basso impatto ambientale ed evitato l’utilizzo di diserbanti chimici. La raccolta dell’uva è manuale, ad inizio ottobre, in cassette da 18 kg. La vinificazione ha inizio con la diraspapigiatura, per passare, dopo un periodo di pre-macerazione a freddo, alla fermentazione alcolica. Dopo circa 12 giorni, nella svinatura, si estrae il vino fiore che sarà la base per il Vaiolet. Dopo almeno due travasi ed una stabilizzazione proteica, la Bonarda viene fatta rifermentare in autoclave (previa aggiunta di mosto dolce e lieviti selezionati) per essere poi microfiltrata ed imbottigliata. L’azienda agricola Monsupello nasce nel 1893, fondata dalla famiglia Boatti sulle colline dell’Oltrepò Pavese. Dispone di circa 50 ettari vitati coltivati sia a vitigni autoctoni che internazionali, allevati con rese basse per regalare vini complessi ed equilibrati. Una cantina dotata di moderne attrezzature tecnologiche, ma che applica tecniche di vinificazione tradizionali. La produzione annua è di circa 250.000 bottiglie di cui 60.000 spumanti metodo classico che oggi fanno di Monsupello una delle realtà italiane, dell’Oltrepò, più apprezzate nella spumantistica. Citata dalle maggiori riviste e pubblicazioni enologiche come Gambero Rosso, Slow Wine, Vini di Veronelli, Vini dell’Espresso.

Prezzo pieno: 7,90 euro

Acquistato presso: Iper/Finiper

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Record di presenze ai Roero Days della Reggia di Venaria

Ha attirato oltre 2200 persone la manifestazione ”Roero Days” svoltasi il 20 e il 21 marzo alla Reggia di Venaria e organizzata dal Consorzio di Tutela del Roero. Due giornate nelle quali i visitatori hanno potuto degustare oltre 300 vini provenienti da 60 cantine della zona patrimonio dell’Unesco dal 2014 insieme a Langhe e Monferrato. 500 professionisti di settore ed eno appassionati  hanno potuto partecipare a vari laboratori di degustazione previsti nel programma tra anteprime e verticali di riserve guidate da esperti del mondo del vino come Daniele Cernilli autore della Guida essenziale ai vini d’Italia Doctor Wine, Gianni Fabrizio dei Vini d’Italia del Gambero Rosso, Fabio Gallo dell’Ais (Associazione Italiana Sommelier), Giancarlo Gariglio  di Slow Wine,  Vittorio Manganelli noto critico enogastronomico il giornalista Paolo Zaccaria. Durante l’evento è stato  presentato anche l’e-book scritto in inglese ”Wines of Roero” curato proprio da Paolo Zaccaria, su terroir e produttori, che ha lo scopo di far conoscere nel dettaglio un territorio da sempre vocato alla viticultura. Interessante anche la tavola rotonda ”L’identità del Roero Docg e le prospettive di mercato” svoltasi il 21 Marzo che ha visto tra i relatori anche Oscar Farinetti. Gli ettari vitati della denominazione Roero sono più di 1000, per un totale di circa 6 milioni di bottiglie prodotte. Nell’ultimo triennio la denominazione ha registrato incrementi del fatturato pari al 14% per un giro d’affari di 27 milioni di euro di cui il 55% sviluppati nell’export . Francesco Monchiero, Presidente del Consorzio di Tutela del Roero ha annunciato che la prossima edizione sarà itinerante per raggiungere un numero più elevato di persone e ha anticipato le modifiche che saranno applicate al disciplinare che vedrà l’aggiunta di menzioni geografiche per la valorizzazione delle sottozone e l’inserimento della Riserva per l’Arneis Roero, vino in grado di esprimere elevate potenzialità di invecchiamento, come emerso dalla verticale decennale organizzata durante i due giorni.
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