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Alcol dannoso per la salute, come le sigarette: l’Irlanda tira dritto


L’Irlanda tira dritto nella sua decisione di equiparare l’alcol, vino compreso, alle sigarette. Ieri il governo di Dublino ha notificato all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) la bozza di regolamento della legge irlandese sulla salute pubblica (Ireland’s Public Health / Alcohol Act 2018) che stabilisce le regole per l’etichettatura delle bevande alcoliche, compreso l’uso di avvertenze sanitarie (health warnings). Il tutto nonostante la forte opposizione di diversi Paesi europei, tra cui Italia, Francia e Spagna, che giudicano le misure «incompatibili con il diritto dell’Unione europea». La procedura dell’OMC è l’ultimo passo procedurale prima che l’Irlanda possa adottare la legislazione.

«L’Irlanda – commenta Ignacio Sánchez Recarte, segretario generale del CEEV Comité Européen des Entreprises Vins – ha deciso di non cambiare una sola virgola della bozza notificata all’OMC, nonostante il fatto che ben 13 Stati membri (Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia e Spagna) abbiano espresso commenti critici sul disegno di legge irlandese durante il processo di consultazione dell’Ue nell’ambito della procedura TBT. Ci si potrebbe chiedere a cosa serva la procedura di consultazione TRIS!».

LEGGE SULL’ALCOL: IRLANDA CONTRO 13 STATI MEMBRI

La bozza di regolamento irlandese è chiaramente incompatibile con il diritto dell’UE e persino le autorità irlandesi lo hanno riconosciuto, con umorismo, durante un evento sul cancro organizzato dalla Presidenza svedese il 1° febbraio. Anche winemag.it dimostra come il Drinks Calculator – strumento ufficiale del governo irlandese – consideri il consumo moderato di alcol non dannoso e addirittura favorevole alla salute.

Vino ed Health Warnings in Irlanda: così il cane si morde la coda su consumo e abuso di alcolici

«Di recente siamo stati sottoposti a un processo di valutazione da parte dell’UE perché chiaramente ciò che stavamo facendo violava in qualche modo il mercato unico. […] Siamo molto grati e in qualche modo sorpresi che la nostra proposta abbia superato con successo il processo di valutazione dell’UE. In qualche modo sorpresi è un eufemismo», ha spiegato il rappresentante irlandese. La legislazione armonizzata e il mercato unico dell’UE sono due delle più grandi conquiste dell’Unione europea e dei principali vantaggi per le imprese e i cittadini dell’UE.

«Sono la pietra miliare della sostenibilità economica delle aziende vinicole dell’UE – ricorda Ceev – il 99% delle quali è costituito da piccole e microimprese che non possono affrontare regimi di etichettatura diversi in ogni singolo Stato membro. Le parti interessate, gli Stati membri dell’UE e la stessa Irlanda sono consapevoli che la bozza di regolamento mette a rischio il mercato unico dell’UE. Tutti, tranne la Commissione europea».

IL SILENZIO DELLA COMMISSIONE EUROPEA

Un terzo degli Stati membri dell’UE ha esortato la Commissione, attraverso una lettera comune inviata qualche giorno fa, a impegnarsi in «discussioni approfondite con le autorità irlandesi al fine di evitare barriere commerciali e mantenere l’uniformità e la fluidità del mercato unico, garantendo al contempo un’adeguata informazione ai consumatori».

Ma in questo caso, denuncia il Comité Européen des Entreprises Vins, la Commissione «non ha dimostrato alcuna volontà di agire in difesa dei Trattati UE, del mercato unico e della propria legislazione comunitaria».

«È giunto il momento – attacca ancora Ignacio Sánchez Recarte – che i partner internazionali a livello di OMC sollevino nuovamente le loro preoccupazioni in merito alla proposta irlandese. L’Irlanda li ascolterà o rimarrà sorda come lo è stata ai commenti dei partner dell’UE? Ho forti dubbi su qualsiasi reazione. In assenza di un’azione da parte della Commissione europea, si può fare ben poco. Credo che solo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea sia in grado di difendere l’UE in questa fase».

PALLINI (FEDERVINI): «APPORCCIO DEMONIZZANTE DELL’IRLANDA»

Per un’Europa immobile, un’Italia che inizia a fare nuovamente la voce grossa. Ad intervenire sull’argomento è Micaela Pallini, presidente di Federvini, che fa appello al Governo italiano: «Dopo avere guidato la battaglia in Europa invitiamo il Governo Meloni a fare altrettanto al livello di OMC, creando una coalizione di Paesi a sostegno delle nostre posizioni».

«La proposta irlandese – attacca Pallini – è basata su un approccio demonizzante delle bevande alcoliche, con indicazioni sanitarie che non distinguono tra consumo moderato e abuso. Non a caso questa proposta, presentata alla Commissione Europea nei mesi scorsi, ha ricevuto il parere contrario di ben 13 Stati Membri».

«Purtroppo – continua Pallini – l’immobilismo della Commissione Europea ha di fatto creato un via libera alla normativa irlandese che oggi, come ultimo ostacolo, deve superare solo le eventuali riserve dell’organizzazione che gestisce il commercio mondiale. L’Irlanda ha deciso di non modificare una sola virgola della bozza notificata all’OMC, nonostante la forte contrarietà di molti Paesi».

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Vino cancerogeno come sigarette, Ue al voto il 14 febbraio: Oiv incontra l’Oms

Anche l’Oiv, l’Organizzazione internazionale della Vigna e del Vino, interviene sul dibattito in corso alla Commissione europea sul BecaBeating cancer Plan. Lo fa incontrando l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) a Ginevra.

Un incontro, tenutosi nel pomeriggio, per discutere «il ruolo del vino nelle politiche sull’alcol» dell’Unione europea. Fondamentale, secondo l’Oiv, «differenziarlo da altre bevande industriali o da prodotti come le sigarette», nonché «delimitare i confini tra abuso e consumo di alcol».

«Nel dicembre 2021 – ricorda l’Oiv – la Beca, la commissione speciale del Parlamento europeo per la lotta contro il cancro, ha approvato il suo rapporto che afferma che “non esiste un livello sicuro di consumo di alcol”».

Ci avete mai pensato? L’Europa che ha paura del vino è quella di film e serie tv

«Ora – continua Oiv – il Parlamento europeo voterà il 14 febbraio l’adozione del rapporto. Questo potrebbe raccomandare l’inclusione di “etichette di avvertimento per la salute”. Pertanto, il vino potrebbe essere considerato come una potenziale bevanda cancerogena, insieme ad altre bevande alcoliche, proprio come vediamo oggi con il tabacco.

Un pericolo che l’Organizzazione internazionale della Vigna e del Vino vuole scansare. Pur ricordando quanto abbia «sempre incoraggiato il bere responsabile», pubblicando tra l’altro «molte ricerche sugli effetti positivi del consumo moderato di vino sulla salute».

«Pertanto, e dati gli obiettivi comuni con l’Organizzazione Mondiale della Sanità nella promozione di uno stile di vita sano – conclude Oiv – la cooperazione deve essere cruciale tra entrambe le organizzazioni. Dobbiamo favorire uno spazio di partecipazione pienamente trasparente».

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Ci avete mai pensato? L’Europa che ha paura del vino è quella di film e serie tv

EDITORIALE – Se il problema fosse quello del serial killer cannibale che ama il Chianti, aka Hannibal Lecter de Il Silenzio degli innocenti, saremmo a cavallo. L’Europa che ha paura del vino al punto da paragonarlo alle sigarette nella lotta al cancro, mescolando Bacco col tabacco, è piuttosto quella dei film e delle serie tv Netflix che spopolano ormai da anni anche in Italia.

Quella che riflette frustrazioni e contraddizioni di una classe politica evidentemente incapace di promuovere la cultura dell’alcol. Ricorrendo – per ora solo nelle presunte intenzioni – ad un anacronistico ritorno al proibizionismo.

Ci avete mai pensato? Nella filmografia europea ed internazionale, le scene in cui il vino – e gli alcolici in generale – sono raffigurati come il piacevole e misurato accompagnamento a un momento di gioia e “condivisione all’italiana” si contano sulle dita di una (mezza) mano.

Quante sono, invece, le rappresentazioni del manager depresso, della madre e della moglie insoddisfatta, del detective al cospetto di un caso irrisolto, oppure dell’adolescente ribelle che abusa dell’alcol, ingoiandolo a sorsate larghe? Tante. Troppe. Quasi tutte.

È di questa iconoclastia del nettare di Bacco ed affini che si nutre l’Europa della politica ubriaca (lei sì). La stessa capace di mettere nero su bianco, come ha fatto a inizio dicembre 2021 la Commissione Beca, The Special Committee on Beating Cancer, che «non esiste un livello sicuro di consumo di alcol».

Per Bruxelles siamo tutti alcolizzati travestiti da wine expert e sommelier: una cazzata roboante. Bei tempi quelli in cui il problema era un piatto di fegato e fave «con un buon Chianti». Fhfhfhfhfhfhfhfhfh.

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Lotta al cancro: per l’Europa vino, sigarette e Coca Cola sono la stessa cosa

Il nuovo spauracchio del vino italiano (ed europeo) ha nome e cognome e non arriva dall’altra parte dell’Oceano, come i dazi di Trump. Si chiama Europe’s Beating Cancer Plan e prevede, tra le altre misure volte appunto alla lotta al cancro, l’intensificazione del «sostegno dell’Ue agli Stati membri e agli stakeholders nel rafforzamento delle capacità di ridurre il danno correlato all’alcol». Nulla di preoccupante, solo a prima vista.

Per comprendere la preoccupazione del settore vitivinicolo occorre consultare agli allegati del documento presentato oggi dalla Commissione europea, alla vigilia del World Cancer Day. Tra le “list of action”, l’attenzione si concentra sul punto 3.3, “Reducing harmful alcohol consumption”.

Tra le misure previste, la «revisione della legislazione dell’Ue relativa alla tassazione dell’alcol e all’acquisto transfrontaliero di prodotti alcolici; la proposta di etichettatura obbligatoria dell’elenco degli ingredienti, della dichiarazione nutrizionale sull’etichetta delle bevande alcoliche (leggasi Kcal, ndr) e delle avvertenze per la salute».

Inoltre, l’Ue prevede di «ridurre l’esposizione dei giovani al marketing online di alcolici bevande attraverso il monitoraggio dell’attuazione dell’Audiovisual Media Service Directive», ovvero la Direttiva sui servizi dei media audiovisivi.

Al punto 3.4 dell’allegato, l’altra potenziale stangata per il settore vitivinicolo e degli Spirits, nell’ambito delle iniziative volte alla promozione della salute attraverso l’accesso a la dieta e l’attività fisica.

Sempre tra il 2021 e il 2025 è infatti prevista la «pubblicazione di uno studio di mappatura delle misure fiscali e delle politiche di prezzo su bevande zuccherate, bibite e bevande alcoliche».

Nello stesso calderone, per intenderci, potrebbero finire Coca Coca e pregiate denominazioni del vino italiano ed europeo, con conseguenze fiscali anche sulla libera circolazione delle merci all’interno dell’Unione europea.

Eppure, nel testo ufficiale del documento presentato oggi in Commissione europea, l’unico riferimento agli alcolici è vago. Forse strategicamente. Il team guidato da Ursula von der Leyen, che ha tra gli obiettivi strategici nel campo della salute proprio la lotta al cancro, parla esclusivamente di «harmful alcohol consumption», tra gli ambiti di prevenzione.

L’alcol viene infatti chiamato in causa tra le ragioni che giustificano l’esorbitante impatto economico complessivo del cancro in Europa, superiore ai 100 miliardi di euro all’anno.

«Senza un’azione conclusiva – sottolinea la Commissione europea – si stima che entro il 2035 i casi di cancro aumenteranno di quasi il 25%, diventando la principale causa di morte nell’Ue. Inoltre, la pandemia Covid-19 ha avuto un grave effetto sulla cura del cancro, interrompendo il trattamento, ritardando la diagnosi e la vaccinazione e influenzando l’accesso ai farmaci».

Sul piede di battaglia le maggiori associazioni agricole e della filiera vitivinicola italiana. La prima a lanciare l’allarme è stata Coldiretti: «L’Unione Europea vuole cancellare i fondi per la promozione di carne, salumi e vino – evidenzia il presidente della Confederazione, Ettore Prandini – prevedendo addirittura etichette allarmistiche sulle bottiglie come per i pacchetti di sigarette».

Con la scusa di tutelare la salute, che va invece salvaguardata promuovendo una dieta equilibrata e varia senza criminalizzare singoli alimenti, si propone di introdurre allarmi per la salute nelle etichette delle bevande alcoliche prima del 2023, eliminando altresì dai programmi di promozione i prodotti agroalimentari, come specificatamente le carni rosse e quelle trasformate, che vengono associati ai rischi di tumore».

Sempre secondo Ettore Prandini, quella dell’Ue è una vera e propria «provocazione nei confronti dell’Italia a dieci anni dal riconoscimento Unesco della dieta mediterranea, fondata proprio su una alimentazione diversificata che con pasta, frutta, verdura, carne, extravergine e il tradizionale bicchiere di vino consumati a tavola in pasti regolari, che hanno consentito fino ad ora agli italiani di conquistare il primato europeo di longevità».

È di oggi la reazione stizzita di Confagricoltura Toscana. Così Francesco Colpizzi, presidente regionale della Federazione Vitivinicola: «Sulla Toscana rischia di abbattersi una stangata epocale, l’Europe’s Beating Cancer Plan intende cancellare i fondi destinati alla promozione di vino, carni e salumi e introdurre etichette dissuasive su questi prodotti, segnalati come cancerogeni».

Confagricoltura chiede immediatamente un intervento di tutela da parte del Governo e della Regione: il presidente Eugenio Giani e i vertici di Stato si facciano sentire. Questo è un colpo diretto alla nostra economia, all’identità gastronomica e produttiva del Paese. Non possiamo accettare alcuna etichetta allarmistica.

Davvero stiamo paragonando un panino al prosciutto o un bicchiere di vino – continua Colpizzi – spesso indicato anzi come salutare, al consumo delle sigarette? Un piano di azione, quello europeo, che si spaccia a tutela della salute senza avere solide basi medico-scientifiche. L’unica conseguenza certa sarebbero le ripercussioni devastanti sulla nostra economia”.

Dura anche Unione Italiana Vini. «La comunicazione del Piano di azione della Commissione europea per combattere il cancro – commenta Sandro Sartor, responsabile tavolo vino e salute di Uiv – è preoccupante. Troviamo forviante il principio per il quale il consumo di alcol sia considerato dannoso a prescindere da quantità e tipologia della bevanda».

«Ancora più inique di questa premessa – conclude – sono le proposte del piano che vedono assimilare il consumo di vino al fumo, con la conseguenza di azzerare un settore che solo in Italia conta su 1,3 milioni di addetti e una leadership mondiale delle esportazioni a volume».

Intanto, proprio negli ultimi minuti, arriva dall’Ue aria di disgelo. La Vicepresidente della Commissione europea Margaritīs Schinas riconosce che è «del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità ed a più bassa gradazione come la birra e il vino in Italia».

Schinas va oltre e sottolinea che nel Bel paese «il consumo consapevole è diventato l’emblema di uno stile di vita “lento”, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol». Il dibattito, insomma, è aperto. Anche all’interno dell’Ue.

Ma l’ultimo intervento, in ordine temporale, è del Segretario generale del Comité Européen des Entreprises Vins (Ceev), Ignacio Sánchez Recarte: «Rimarremo attenti allo sviluppo delle azioni proposte nel campo della tassazione e dell’informazione dei consumatori per garantire che la riduzione del consumo dannoso di alcol rimanga veramente l’obiettivo e la priorità principale».

Quanto alla promozione, «consente ai produttori di vino di trasmettere al meglio l’immagine qualitativa dei propri prodotti e il legame con un determinato territorio e l’idea di ridurre i danni alcol correlati riducendo il consumo di alcol di per sé è semplicistica, particolarmente pericolosa e incoerente con la politica di qualità dell’Ue».

Fa eco a Ceev Sandro Boscaini, in qualità di presidente di Federvini: «L’informazione e l’educazione sono i principali strumenti a disposizione per contrastare abusi ed eccessi, anche in un contesto nel quale il consumo di alcol già risulta in costante declino in Europa e in Italia».

«Sono invece da respingere – aggiunge – misure fiscali e regolamentari che tendono a demonizzare la nostra cultura del bere e della socialità e che, lungi dal contrastare efficacemente l’abuso, colpiscono, oltre che l’intera filiera vitivinicola, la stragrande maggioranza dei consumatori che si rapportano in maniera corretta e responsabile al mondo dei vini, degli aperitivi, degli amari, dei liquori e dei distillati».

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