Crescita significativa delle vendite delle bottiglie di vino a denominazione d’origine e degli spumanti; il vino biologico prosegue il suo percorso di uscita dalla nicchia di mercato; flessione dei vini nel brik di cartone e in tutti quei formati che non siano la bottiglia da 75 cl. Queste le anticipazioni della ricerca sull’andamento del mercato del vino nella Grande distribuzione nel 2016 svolta dall’istituto di ricerca IRI che sarà presentata a Vinitaly (a Verona 9/12 aprile).
Quello della Grande distribuzione si conferma il canale di vendita di gran lunga più grande nel mercato del vino con 505 milioni di litri venduti nel 2016 per un valore di un miliardo e mezzo di euro. In un anno di sensibile contrazione dei consumi familiari, il mercato italiano del vino gode di una relativamente buona salute, come testimoniato anche dalle vendite nei supermercati.
I vini a denominazione d’origine (in bottiglia da 0,75lt) aumentano del 2,7% in volume (e del 4,4% in valore) con 224 milioni di litri venduti, proseguendo nel trend già promettente del 2015 (+1,9%). Per il secondo anno consecutivo le vendite in promozioni rimangono statiche ed i prezzi medi sono in risalita. Va sottolineato il successo degli Spumanti che fanno segnare nel 2016 una crescita di oltre il 7% con 54 milioni di litri venduti, bissando l’ottimo risultato del 2015.
“La crescita degli spumanti riflette una destagionalizzazione delle vendite di bollicine conseguenza di un crescente uso nel consumo quotidiano – fa notare Virgilio Romano, Business Insight Director di IRI -. Tale aspetto ci permette di dedurre che lo spumante attira nuovi consumatori e potrebbe rappresentare una tendenza di rottura nelle tradizionali abitudini del bere italiano”.
I VINI BIOLOGICI
I vini biologici fanno registrare una crescita a due cifre impressionante per un mercato ancora giovane, soprattutto nella Grande distribuzione: +25,7% in volume con 2 milioni e mezzo di litri venduti.
“I primi dati sul mercato del vino nella Grande Distribuzione confermano la ripresa del mercato interno del vino in Italia – ha commentato Giovanni Mantovani, Direttore generale di Veronafiere -. I consumatori cercano sugli scaffali sempre più il vino di qualità, con un conseguente aumento dei prezzi medi. E’ un processo che è sempre stato sostenuto da Vinitaly che da 13 anni organizza e promuove l’incontro tra cantine e Grande distribuzione in convegni e incontri B2B”.
VINI IN PROMOZIONE AL SUPERMERCATO Nonostante la leva delle promozioni, che tuttavia si mantiene ferma al 50% da due anni, i valori del vino venduto continuano a salire: le bottiglie a denominazione di 75cl hanno un prezzo medio di poco inferiore ai 5 euro (4,81 euro al litro). Ancora un anno negativo per le vendite del vino in brik (- 2,5%) ed un crollo per tutti gli altri formati: – 8,6% per il vino confezionato da 0,76 a 2 litri e – 9,7% per formati diversi da questi (tutti dati in volume).
Questi dati condizionano il dato complessivo del vino confezionato, che è di -1% a volume e + 1,1% a valore. Tra i formati differenti dalla bottiglia di 75cl si afferma soltanto il Bag in Box con 12 milioni di litri venduti ed una crescita dell’11,7% in volume.
Sul podio dei vini più venduti d’Italia si piazzano i tre inattaccabili campioni, nell’ordine: Lambrusco, Chianti, Montepulciano d’Abruzzo. Si fanno notare le performance del Nero d’Avola (Sicilia), Vermentino (Sardegna), Muller Thurgau e Gutturnio (Lombardia) (che crescono in percentuale più del 4%).
I VINI IN ASCESA Tra i vini ’emergenti’, cioè con una maggiore progressione di vendita a volume salgono sul podio, nell’ordine: Ribolla Gialla (Friuli Venezia Giulia), Passerina (Marche), Valpolicella Ripasso (Veneto). Si conferma la crescita del Pignoletto (Emilia), del Pecorino (Marche/Abbruzzo) e della Passerina (Marche), mentre rientrano in classifica il Grillo (Sicilia) e il Cannonau (Sardegna). Va segnalata la crescita dell’8,2% in volume del Chianti Docg, quindi il top delle denominazioni, che vende quasi 10 milioni di litri per un valore di oltre 45 milioni di euro. I dettagli della ricerca effettuata da IRI per conto di Veronafiere saranno presentati a Vinitaly 2017, lunedì 10 aprile.
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Chiudono oggi a Milano i battenti di LiveWine 2017, salone mercato dei vini artigianali giunto alla sua terza edizione. Evento diventato tappa obbligatoria per winelovers alla ricerca di emozioni nuove nel bicchiere, non sempre positive, talvolta omologate – checché se ne dica – e a volte davvero sconvolgenti. Difficile, per esempio nei panni dei neofiti, approcciare un percorso “lineare” tra i banchi d’assaggio presi d’assalto già dalle prime ore del mattino della prima giornata, sabato 18 febbraio.
“La vite è una pianta anarchica, va assecondata”, parole di Aurelio del Bono di Casa Caterina che intercettiamo al suo banco. Ed è assolutamente anarchico il nostro viaggio a LiveWine. “Via tacchi e taccuini” è il nostro motto della giornata: facciamoci trasportare dall’intuito.
Cominciamo il nostro tour con il vino del momento, il Prosecco. Non quello da spritz e aperitivo pre-serata. Il nostro entrée è un Prosecco fuori dal comune, che tutti quelli che amano Prosecco dovrebbero provare per capire il tipo di evoluzione e la longevità che può avere l’uva Glera. Si tratta del Prosecco Colfondo di Casa Belfi. Vino bianco frizzante prodotto con uve glera 100% fermentato in acciaio con lieviti indigeni ed imbottigliato in primavera secondo il calendario biodinamico di Maria Thun. Una sorta di vinho verde “Made in Veneto“, ma non da consumare entro l’anno, tutt’altro.
Il colore è intenso come il naso, esplosione di frutti e fiori con accentuate note sulfuree. In bocca discreto. Troviamo più interessante la versione in anfora, il naso è ancora più sulfureo e minerale e con invitanti sentori di crosta di pane. Per questa versione, l’uva diraspata viene posta in anfore di terracotta con macerazione sulle bucce per 8 giorni cui segue pressatura soffice e fermentazione, sempre in anfora, a contatto con i propri lieviti fino a primavera . Il fascino dell’anfora fa la sua parte, ma in bocca risulta più equilibrato e godibile. Una buona spalla acida ed un corpo più in carne del precedente.
Passiamo dal Veneto alla vicina Slovenia e raggiungiamo il banco di Movia azienda di ventidue ettari al confine con l’Italia. Stare lì davanti è come partecipare ad uno show. Polona, ammaliante presenza femminile al banco, maneggia con destrezza gli originali decanter. I calici col fondo sembrano crema whisky. Tre i vini proposti in degustazione. Il primo è un Lunar 2008 Ribolla, prodotto con uve da vendemmie tardive, raccolte a mano e messe a macerare ed affinare sulle bucce per otto mesi in botti di rovere. Il secondo uno Chardonnay, stesso tipo di vinificazione.
Il terzo vino è uno spumante. Si tratta di “Puro”, blend di Ribolla e Chardonnay. Il vino base, viene fatto maturare 4 anni in barrique, ma a differenza dei metodo classico tradizionali, il liquer de tirage è semplicemente mosto. Una volta imbottigliato, Puro, nasce e vive a contatto con i suo lieviti fino alla sboccatura che viene fatta al momento di bere. E al dègorgement live, che si fa a testa in giù, con il collo della bottiglia nell’acqua e con l’ausilio di una specie di piede di porco da spumante (anche con l’aiuto di una mano maschile che non guasta) assistiamo. Per i vini di Movia non ci sono parole, schede a punti e parametri. Unici. Da provare.
Dirottiamo verso uno stand piemontese. Scegliamo Ezio Cerruti, piccolo produttore conosciuto in particolare per il suo Moscato Passito. Cerruti produce anche una versione di moscato secco e fermo. L’Asti Spumante e il Moscato d’Asti non gli piacevano, ci racconta, e con la stessa uva ha deciso di produrre qualcosa di diverso. Ha iniziato a produrlo nel 2012 non avendo idea di quanto durasse nel tempo. Ha scoperto recentemente che è anche un vino longevo. Ha prodotto 18 bottiglie per il suo consumo personale durante l’anno e, “pur non volendo bestemmiare”, sostiene che il 2012 che ha appena aperto “rieslingheggia”.
Scherziamo con Ezio Cerruti sul naso del Fol Moscato, che nonostante evidenti note minerali è assolutamente varietale. “E voglio ben vedere – ci risponde – se no sarebbe uno Chardonnay”. Il Moscato Fol di Cerruti in bocca è assolutamente gradevole. Una buona acidità sostiene una beva non banale. In versione passita ammalia con il suo colore ambrato intenso. Il naso è frutta secca pura. In bocca per niente stucchevole, fresco e con un finale ammandorlato e persistente.
Il nostro viaggio anarchico, da nord a sud, approda in Sicilia. Vicini di casa, anche qui agli stand due grandi aziende sicule. Marco De Bartoli di Contrada Samperi a 14 km da Marsala e Nino Barraco, altra contrada, sempre a Marsala. Il primo vino che degustiamo è il Grillo Terre Siciliane Igt di De Bartoli, in parte affinato in anfora. Un vino giovane e fragrante dal colore intenso e dalla spiccata mineralità. Tanta salinità, note iodate e agrumate: una grande freschezza a dispetto dell’alcolicità. Il secondo assaggio lo Zibibbo Terre Siciliane Igt.
Prodotto da vigneti allevati ad alberello pantesco, affina in fusti di rovere francese per almeno dieci mesi sulle fecce fini tenute in sospensione. Al naso “stende” con la sua complessità: note dolci di frutta, pesca ed albicocca disidratata in primis, seguiti, in bocca, da una sferzata sapida e salmastra per un finale dalla persistenza disarmante. Emozionante, in una sola parola. Quasi impossibile acquistarlo, sono in crisi al banco di De Bartoli per accontentare i winelovers.
Prima di spostarci dal vicino Barraco, un goccio del Vecchio Samperi del quale si è già detto tutto quanto si possa dire. Sublime al naso e al palato: caffè, tabacco, caramello, fichi, un gusto ed una finezza inimitabili. Ma non possiamo esimerci dall’esprimere anche due parole su Bukkuram. Un signor vino passito da uva zibibbo. Sontuoso al naso con sentori di miele, datteri, fichi secchi e marmellata di albicocche. Una complessità indubbia che viene confermata in bocca dove stravince per la morbidezza e con la spinta data dall’ottima acidità che bilancia il notevole residuo zuccherino. Persistente fino alla morte. Un vino da abbinare alla piccola pasticceria e dolci tipici siciliani. Dato il grande livello, un vino perfetto con formaggi stagionati oppure da abbinare al “nulla”, ergo, da assaporare in maniera “contemplativa”.
“Seconda stella a destra questo è il cammino…”. E alla destra di De Bartoli troviamo l’azienda Nino Barraco. Non basterebbe un articolo intero per descrivere tutti i suoi vini. A Live Wine si presenta con una squadra e un modulo di gioco da finale di Champions League. Un crescendo di emozioni dai vini bianchi, nei quali sono eccellenti, ai rossi. L’idea aziendale di Barraco non è quella del vino “perfetto”, ma di un vino riconoscibile per personalità, in cui le note dissonanti partecipano prepotentemente alla caratterizzazione dello stesso. Missione compiuta.
Dal primo all’ultimo giocatore, ognuno ha la sua personalità. Il Catarratto in purezza 2015 al naso fonde perfettamente la pesca, l’albicocca, l’arancia e lo zolfo risultando ancora più intrigante al palato. Il Pignatello al naso è un mazzolino di timo e rosmarino. L’apice lo raggiungono due esperimenti, Si tratta di due rossi prodotti in purezza da vitigni autoctoni siciliani riscoperti recentemente del quale Barraco ha già intuito le potenzialità. Si chiamano Vitrarolo e Orisi. All’assaggio il Vitrarolo è una spremuta di liquirizia sostenuta da un buon corpo (molto meglio del Nero d’Avola). Impressionante la facilità della beva. Altrettanto speziato, con sentori di chiodi di garofano e pepe nero l’Orisi. Una beva altrettanto facile, ma un corpo leggermente più debole. Rimandano a Pinot Nero e Nebbiolo per eleganza e finezza. Chapeau. Un battaglione fiero di vini eccellenti.
Tappa imprescindibile di LiveWine è Principiano, azienda tra Langhe e Monferrato. Cominciamo il nostro giro con una bollicina da uve Barbera, di nome“Belen”, Niente a che vedere con le farfalline, Belen è il nome della moglie. Si tratta di uno spumante rosè metodo classico prodotto da uve Barbera di Serralunga e Monforte. Per la presa di spuma viene utilizzato mosto delle stesse uve. Un prodotto tutto centrato sulle durezze. Acidità e mineralità di piacevole freschezza. Il secondo vino è il Nebbiolo che fa solo acciaio. Prodotto dalle uve allevate sulle parti più basse, non vocate per il Barolo. Un Barolo declassato a Nebbiolo. Molto fresco e beverino, con note di rosa e frutti rossi. Buona qualità in un corpo medio.
Ma il prodotto top di Principiano è sicuramente il Barolo. Assaggiamo il Barolo Serralunga 2013: il classico Barolo con un ottimo rapporto qualità prezzo. Prodotto senza inoculo di lieviti e senza solforosa per circa un mese, l’affinamento di ventiquattro mesi avviene in botti di 20 e 40 ettolitri e successivamente nelle circa 20.000 bottiglie prodotte. Ad un prezzo al pubblico di circa 25 euro, Ferdinando Principiano lo ha pensato anche per la coppia giovane che al ristorante vuole prendere un Barolo senza “svenarsi”. Prezzo abbordabile, ma prodotto non banale. Di altra stoffa il Barolo Boscareto 2012, fratello maggiore.
Nel bicchiere il colore è classico del Nebbiolo, di bella trasparenza e luminosità. Il profilo aromatico è di maggiore complessità rispetto al Serralunga 2013. Naso tutto giocato sulla frutta matura, in bocca è energia pura ed agilità pur mantenendo spessore. Un beva ben diversa da quella del Boscareto di annate precedenti, da quando Ferdinando ha cambiato il metodo di vinificazione, utilizzando uve con tutti i raspi. Barolo pronto, ma con ampia prospettiva.
Non possiamo non spendere due parole anche per Thomas Niedermayr, artigiano del vino che si crea addirittura i vitigni. La sua azienda si trova a San Michele Appiano. Con il suo accento altoatesino ci introduce al suo mondo fantascientifico. I suoi sono vini da vitigni Piwi, acronimo tedesco che indica vitigni resistenti contro i crittogami. Si tratta di incroci tra vitis vinifere e viti selvatiche. In etichetta il nome è l’anno di messa in produzione dell’impianto. Il nome, un codice, apparentemente freddo cela invece vini caldi. Tutti semi aromatici che rimandano a tanti vini. Sono tra loro simili eppure diversi per complessità.
Alcuni hanno principalmente rimandi fruttati esotici, spezie dolci. Tra il Gewurtztraminer, il Riesling, il Pinot, indefinibili, ma tutti con una bella cremosità. Molto bevibili, difficile scegliere il migliore. Dopo tutti questi bianchi non possiamo andare via senza Pinot Nero. Lo chiediamo a Thomas che ci guarda stralunato. Gaffe. Per noi il Pinot Nero sta all’Alto Adige come il Lambrusco al salame. Invece il rosso in degustazione è un’altra combinazione misteriosa di vitigni Piwi. Leggero e fruttato, un po’ in fondo ci sembra il Pinot Nero, sarà suggestione, fatto sta che ci conquista.
Non basta una sola giornata al Live Wine. Nel pomeriggio aumenta notevolmente la folla e diventa difficile avere informazioni dai produttori o solo ascoltare per il gran brusio nella sala. Ci vorrebbe una “seconda puntata”, per raccontare tutti i 138 vini che abbiamo degustato. Due appunti sull’organizzazione dobbiamo farli però. Il primo è che non è prevista tasca porta bicchiere, un po’ scomodo portarsi il bicchiere in mano. Prossima volta si porta da casa.
Secondo appunto sul salone-mercato. Di fatto sono pochissimi i produttori a vendere, nonostante il carrello verde indicato su tutti i banchetti (errore di stampa?). La povera Polona di Movia tenta in modo un po’ artigianale di comunicare anche visivamente che non vende.
Quelli che hanno capito tutto del salone mercato sono i francesi del Sauternes. I loro banchetti sembrano la cassa della sala scommesse, addirittura dotati di Pos. Troppo avanti. Chi chiede un’annata a destra, chi a sinistra. I prezzi sono davvero competitivi. 25 euro per una Demi bouteille del 1975: quando ci ricapita a noi italiani?
Vino e cibo vanno di pari passo. Per fare “fondo” ai vini degustati merita una menzione speciale la parte street food di Live Wine. E per noi ha vinto lui su tutto, anche sui vini, il panino alla barese polpo e patate di Pantura.
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L’Associazione Go Wine ha iniziato la stagione 2017 dei suoi eventi a Milano, con il tradizionale appuntamento “Autoctono si nasce”, presso l’Hotel Michelangelo, dedicato al vasto mondo dei vitigni autoctoni italiani, un patrimonio da salvaguardare e da valorizzare.
Erano presenti in degustazioni i vini prodotti da uve autoctone di quaranta cantine da quasi tutta Italia (grandi assenti Toscana e Alto Adige), oltre a una selezione dalla Bottega del vino di Dogliani, dalla Cantina Comunale dei vini Crota d’Caloss, dal Consorzio di tutela e promozione dell’Ovada Docg, dall’Associazione Produttori del Ruché di Castagnole Monferrato. Infine una “enoteca”, a completare il panorama dei vini in degustazione.
I vitigni presenti spaziavano da quelli più famosi e blasonati, come il Nebbiolo, l’Aglianico, il Barbera e il Verdicchio, a quelli molto rari e quasi sconosciuti, uno su tutti la Gamba di Pernice o Gambarossa. Per quanto riguarda le cantine, presenti tutte piccole realtà, ricche di passione e amore verso il proprio lavoro e il proprio territorio. La qualità media degli assaggi è stata valida, con alcuni picchi davvero molto interessanti e altri semplicemente curiosi.
Grande piacevolezza e bevibilità per il tris di proposte di Baglio Aimone da Petrosino (TP): il Sicilia D.O.C. Argalia 2015 (Grillo 100%, solo acciaio), dai profumi freschi di agrumi ed erbe aromatiche, confermati in bocca e corroborati da una freschezza gustativa e sapidità, grazie ai terreni carsici, che chiamano ulteriori sorsi; il Sicilia D.O.C. Ferraù 2015 (Zibibbo 85% e Grillo 15%, solo acciaio), molto aromatico, dove spiccano note di frutta dolce a pasta bianca e uva bianca da tavola, con una bocca avvolgente ed equilibrata e ottima persistenza.
Infine l’Iratu, spumante extra-dry da uve Grillo in purezza vendemmiate 30 giorni prima della piena maturazione e prodotto con Metodo Charmat prolungato per quasi due mesi, dotato di profumi agrumati e minerali, mentre la bocca colpisce per la cremosità della bollicina e per la sua avvolgenza, con il residuo zuccherino ben calibrato.
Un salto in Emilia, precisamente nei Colli Bolognesi, per degustare un vitigno già conosciuto dai Romani e citato nelle opere di Plinio il Vecchio nel I secolo d.C.: il Pignoletto, noto quasi esclusivamente per la produzione di semplici vini frizzanti da pasto, ma che se vinificato con la massima attenzione e cura dona prodotti ricchi di complessità e qualità.
Maranesi da Zola Predosa (BO) conferma la difficoltà di superare l’idea del consumatore medio, tanto da trovare il più ampio riscontro di vendite fuori confine, dove il consumatore non è ancorato al pregiudizio che lo annovera tra i vini di modesta qualità. La sua versione Colli Bolognesi Pignoletto Classico D.O.C.G. 2015 Ferma (Pignoletto 100%, solo acciaio) ci dimostra quanto scritto sopra, grazie a profumi fragranti di mela e pesca bianca, biancospino, agrumi e un tappeto di erbe aromatiche, con bocca come da tradizione fresca e soprattutto sapida, con grande bevibilità e persistenza.
La Cantina Trexenta da Senorbi (CA) è l’unica rappresentante della Sardegna, ma ne tiene alta la bandiera, grazie in particolare a due prodotti di grande interesse. Il Vermentino di Sardegna D.O.C. Contissa 2015 (Vermentino 100%, solo acciaio) spicca per profumi freschi e piacevoli tipici di questa uva e soprattutto per una sapidità letteralmente vibrante, che garantisce una bevibilità eccezionale. Il Cannnonau di Sardegna D.O.C. Baione 2013 (Cannonau 90% e 10% tra Bovale e Monica, 12 mesi in barriques) conquista per i suoi profumi suadenti ma non ruffiani di frutta rossa matura e un’ampia varietà di spezie e tostature, tutto confermato all’assaggio con un tannino presente ma elegante, freschezza e buona morbidezza, con un equilibrio che si perfezionerà negli anni.
Una citazione speciale merita Vigna Petrussa da Prepotto (UD) per la grande qualità complessiva e per la passione e il coraggio mostrati dalla Signora Hilde, simpatica, accogliente e innamorata di ciò che è molto più del suo lavoro. Grande attenzione verso gli autoctoni, tanto da voler espiantare tutto il Sauvignon per sostituirlo con la Ribolla Gialla: “Una piccola azienda come la mia ha il dovere di dedicarsi interamente, per quanto possibile, ai vitigni autoctoni”.
Tra le diverse etichette presentate spiccano 4 vini. Il Friuli Colli Orientali Friulano D.O.C. 2015 (Friulano 100%, 7 mesi in botte grande) si fa apprezzare per le sue piacevolissime note di frutta e fiori freschi e uno sfondo vegetale e minerale delicato; il sorso è ricco di struttura e bevibilità, grazie a una inaspettata morbidezza che da equilibrio alla forza dell’acidità e della sapidità. Il Friuli Colli Orientali Schioppettino di Prepotto D.O.C. 2013 (Schioppettino, chiamato anche Ribolla Nera, 100%, 2 anni in botte grande) stupisce per un corredo aromatico dolce e avvolgente di prugna e frutti di bosco maturi, con un inebriante mix di spezie; bocca con tannino preciso e per nulla invadente, con bella morbidezza e durezze che rendono il sorso facile nonostante la struttura.
Infine due passiti meravigliosi: il Venezia Giulia I.G.T. Desiderio 2014 (blend di Friulano, Riesling Renano, Malvasia Istriana e Picolit, più di un anno in barriques), con sentori di miele millefiori, frutta gialla sia macerata che candita, fiori di acacia, chiodi di garofano e cioccolata bianca, con bocca suadente, fresca e con infinita persistenza e il Picolit D.O.C.G. 2013 (Picolit 100%, 18 mesi in barriques), con profumi di erbe aromatiche, fiori gialli, riso soffiato, frutta esotica e sfondo di tabacco, con una bocca meravigliosamente tesa ed equilibrata. Grande esperienza gustativa e umana. Merita una visita in cantina.
Un vitigno che si conferma degno di grande attenzione è la Tintilia, uva a bacca scura tipica del Molise. Claudio Cipressi da San Felice del Molise (CB), che conferma come l’abbondante nevicata di questi giorni sia fondamentale per la viticoltura, ne ha fatto una ragione di vita e si dedica a questo vitigno con grande attenzione, producendo ben 4 etichette davvero interessanti.
La sua filosofia comprende la pazienza di aspettare la giusta evoluzione dei vini a base Tintillia, poiché reputati troppo scontrosi in gioventù. Si comincia con il Tintilia del Molise D.O.P. Settevigne 2012 (Tintilia 100%, 2 anni in acciaio), da uve coltivate su terreno calcareo, con un colore rosso rubino molto profondo, al naso note fruttate e floreali fresche su sfondo speziato e una bocca con tannino presente ma non invadente e una piacevolissima freschezza che invoglia ad ulteriori assaggi.
Si continua con il Tintilia del Molise D.O.P. Macchiarossa 2012 (Tintilia 100%, 3 anni in acciaio), da uve coltivate su terreno argilloso, con note leggermente più evolute tra le quali spicca una splendida prugna sangue di drago e un sorso meno fresco, ma dotato di maggiore struttura. Si sale ulteriormente di corposità e complessità con il Tintilia del Molise D.O.P. Tintilia 66 2011 (Tintilia 100%, 3 anni in tonneaux), da terreni argillosi, dai profumi speziati e tostati, con note di liquirizia e pepe, con frutta rossa macerata, bocca importante, strutturata ed elegante, con lunga persistenza.
Chiude i rossi il Molise Rosso D.O.P. Macchianera 2011 (Montepulciano 85%, 18 mesi in barriques, e Tintilia 15%, solo acciaio), con riconoscimenti fruttati e floreali evoluti ed eleganti e un inebriante tappeto di erbe aromatiche e officinali, con un sorso tannico e strutturato, dalla lunga prospettiva di vita. Rossi che possono permettersi un lungo riposo in cantina. Da segnalare anche una bella Terre degli Osci I.G.P. Voira Falanghina 2015 (Falanghina 100%, solo acciaio), dalla bellissima florealità al naso e freschezza in bocca.
Per concludere, tre vitigni piemontesi: uno famosissimo, il Nebbiolo, uno in via di affermazione, l’Albarossa e uno sconosciuto ai più, il Gamba di Pernice o Gambarossa. Il Nebbiolo lo incontriamo nel Lessona D.O.C. Tanzo 2010 (Nebbiolo 100%, scelta più unica che rara in questa denominazione, 2 anni in botti grandi) di Pietro Cassina da Lessona (BI), vino che spicca per una balsamicità mentolata talmente importante da pizzicare gli occhi se si soffia dentro al calice, confermata anche in bocca, con un tannino presente ma ben cesellato, grande freschezza e lunghissima persistenza.
L’Albarossa è un vitigno creato dal Professore Giovanni Dalmasso negli anni ’30, mediante l’impollinazione della Barbera da parte del Nebbiolo, non quello più famoso, ma quello di Dronero, conosciuto come Chatus. La vinificazione inizia solo nei primi anni del nuovo millennio e ora comincia ad affermarsi come vitigno dal quale produrre vini degni di nota. L’azienda Poggio Ridente da Cocconato (AT) propone la versione Piemonte D.O.C. Albarossa del Marusè 2014 (Albarossa 100%, 12 mesi in barriques), con un bellissimo rosso porpora molto intenso, tipico del Barbera, con sentori di piacevole vinosità, frutta rossa appena matura, violetta, tocchi balsamici e vegetali, con una bocca carnosa, tannino e struttura tipici del Nebbiolo. Davvero un bel bere.
La Gamba di Pernice, storicamente anche chiamata Gambarossa, deve il suo nome dai raspi rossi dei grappoli maturi ed è il vitigno storico presente a Calosso (AT). L’autorizzazione per la coltivazione è arrivata solo nel 2007 e nel 2011 è nata la D.O.C. Calosso, nella quale si producono solo vini con Gamba di Pernice in purezza. “La storia e il mercato di questo vino sono ancora tutte da costruire”, afferma il rappresentante della Cantina Comunale dei vini Crota d’Caloss.
Il Calosso D.O.C. La Pernice 2014 (100% Gamba di Pernice, solo acciaio) di La Canova si presenta rosso rubino di bella intensità, con riconoscimenti balsamici, di piccoli frutti di bosco e di rosa canina; in bocca la struttura è media, con un tannino fine, buon equilibrio e discreta persistenza. Un vino ideale da pasto. Bisognerà aspettare qualche anno per dare giudizi più precisi, vista la giovane età di questa Denominazione. Per intanto un applauso al coraggio di questi produttori.
Il binomio vitigni autoctoni e piccoli produttori è davvero degno di rilievo, confermando il fatto che la nostra Italia deve sempre porre più attenzione e valorizzare il suo ricchissimo patrimonio ampelografico e che le piccole realtà sono una risorsa inestimabile della nostra vitivinicoltura.
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Per Coldiretti “taglia del 50% il tempo dedicato alla burocrazia, con cento giornate di lavoro che oggi ogni impresa vitivinicola è costretta a effettuare per soddisfare le 4 mila pagine di normativa che regolamentano il settore”. Per il vice ministro all’Agricoltura Andrea Olivero “una legge corretta e completa”. Per Antonio Rallo, presidente di Unione italiana vini (Uiv), “un successo”, anche prima della stesura dei regolamenti attuativi”. Per Fivi, Federazione italiana vignaioli indipendenti, “c’è ancora molto da fare sulla rappresentatività all’interno dei Consorzi”.
Se non fosse chiaro, parliamo del Testo Unico sul Vino, che è legge da fine novembre 2016. L’entrata in vigore della “Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino” è prevista per domani, 12 gennaio. Ma non mette d’accordo tutti.
Riceviamo e pubblichiamo integralmente la lettera che ci ha inviato Marilena Barbera, produttrice siciliana titolare delle omonime Cantine Barbera di Menfi (nella foto sopra) provincia di Agrigento. Parole dure, che non lasciano spazio a equivoci, pronunciate a nome di “tanti piccoli produttori italiani” “pienamente insoddisfatti” dal Testo Unico sul Vino e dalla Dematerializzazione dei Registri vitivinicoli.
La dematerializzazione dei registri vitivinicoli è, in questi giorni, tema caldo per i produttori di vino italiani. In parole semplici, si tratta dell’introduzione di un sistema telematico di comunicazione di tutti i dati relativi alla produzione ed alla commercializzazione dei prodotti vitivinicoli (uva, mosto, vino e sottoprodotti) da parte di ogni produttore vinicolo che effettui produzione diretta o intervenga – come trasformatore o imbottigliatore – in qualunque fase del processo produttivo del vino.
Il sistema di trasmissione dei dati, che fa parte di un più ampio disegno di razionalizzazione del sistema italiano del vino, prevede dunque l’invio (con cadenza mensile) ad un sistema informatico nazionale chiamato SIAN di tutti i dati aziendali relativi alla produzione, agli acquisti, alle vendite ed a ogni movimento di prodotti vitivinicoli.
Un sistema che prevede, per il suo funzionamento, la totale informatizzazione di ogni processo produttivo e commerciale all’interno delle aziende agricole e vinicole italiane.
Molte sono state le critiche al sistema, sia da parte degli sviluppatori di sistemi informatici che da parte delle aziende che dal 1° gennaio 2017 dovranno obbligatoriamente sostituirlo ad altri sistemi di comunicazione utilizzati fino ad ora. Le critiche principali si appuntano sull’instabilità del sistema (e questo sono gli sviluppatori a dirlo) e sulla difficoltà di accesso a idonee reti telematiche (questo lo dice la FIVI – Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti) che consentano la trasmissione. Nulla, o poco più di nulla, hanno obiettato le Associazioni di Categoria, comprese quelle che avrebbero il compito di rappresentare le istanze che provengono dal mondo della produzione di vino, composto in prevalenza da piccoli produttori.Il settore del vino in Italia è costituito da poco meno di 48.000 aziende (fonte: Coldiretti: http://tinyurl.com/hkq24ke). Di queste, circa 45.000 sono di piccola dimensione, ossia hanno una produzione media annua inferiore a 1.000 ettolitri (133.000 bottiglie). Il sistema produttivo italiano è, infatti, molto frammentato e composto in prevalenza da aziende piccole e piccolissime: questo appare evidente se si guarda alla dimensione media delle superfici vitate aziendali, che oscillano fra i tre ettari del Friuli Venezia Giulia e i 0,3 ettari della Valle d’Aosta (fonte: I numeri del vino: http://tinyurl.com/hou7j33). Le aziende grandi e grandissime, quelle che producono più di 1000 ettolitri l’anno, sempre secondo Coldiretti, sono circa 2.500.
Il valore dell’intero sistema-vino in Italia si aggira intorno ai 10,5 miliardi di euro (dati 2014). Ma solo le 136 aziende più grandi (quelle che fatturano oltre 25 milioni di euro ciascuna) generano oltre il 59% del valore dell’intero settore vinicolo: il resto viene diviso in 48.000: grandi – ma non grandissime – aziende comprese (fonte: Mediobanca: http://tinyurl.com/jexkzkc).
Una grande o grandissima azienda vitivinicola è composta da molte persone, ciascuna delle quali ha ruoli differenti: c’è chi va in campagna e chi sta in cantina, c’è chi va a vendere il vino e chi coordina i venditori, c’è chi fa la promozione e chi sta in ufficio. In una grande azienda ci sono interi reparti dedicati solo all’amministrazione, alla contabilità, ai rapporti con le banche e gli Enti di controllo. Una piccola azienda, invece, è composta prevalentemente da lavoratori della terra e dai loro familiari e collaboratori, persone che fanno il mestiere del vignaiolo: persone che sanno come si pota una vite e riconoscono con un’occhiata i sintomi di una malattia, sanno quando è arrivato il tempo di raccogliere l’uva solo masticando un acino, sanno fare il travaso di una botte, sanno ascoltare e rispettare la terra. Una piccola azienda vitivinicola magari ha una segretaria che compila le fatture e forse un magazziniere che si occupa delle spedizioni, ma certamente non genera il volume di affari che le permetterebbe di organizzare un ufficio dedicato esclusivamente alla comunicazione dei propri dati ad una serie di enti diversi.
La struttura e l’organizzazione del lavoro tra una piccola azienda e una grande azienda è molto differente. Ed è per questo motivo che nel 1995 questa differenza è stata riconosciuta dalla legge, che con il D.Lgs. N. 504/95 art. 37 ha istituito la figura del “piccolo produttore di vino”, un soggetto giuridico distinto dai grandi produttori di vino: è piccolo produttore di vino colui che produce in media meno di 1.000 ettolitri di vino all’anno, con riferimento all’ultimo quinquennio. Questa norma ha avuto il merito di comprendere, valorizzare e difendere le specificità del lavoro dei piccoli vignaioli italiani, garantendo loro nel tempo alcune semplificazioni di tipo documentale. Ad esempio, sollevandoli dagli obblighi connessi all’istituzione di un deposito fiscale. Ad esempio, esimendoli dalla redazione del DAA telematico, assumendo il fatto che gli stessi dati vengano comunque trasmessi agli organi di controllo tramite altri sistemi informatici. Ad esempio, consentendo loro di tenere i registri di cantina in formato cartaceo.
Queste semplificazioni di tipo documentale hanno sempre e comunque garantito la possibilità di controllo e la trasparenza nella tracciabilità di tutte le operazioni – sia produttive che commerciali, in quanto fanno parte di un sistema che incrocia i dati della produzione tramite il fascicolo aziendale (che va aggiornato ogni anno e contiene la descrizione di ogni superficie coltivata e i dati dell’iscrizione di ogni vigneto al registro nazionale dei vigneti) e le dichiarazioni vitivinicole annuali relative sia alla produzione di uva e vino sia alle giacenze di prodotti vitivinicoli.
A queste comunicazioni si aggiungono quelle del sistema fiscale e doganale, e quelle che vanno trasmesse ai differenti organi di controllo: Camere di Commercio, Ufficio Repressione Frodi (ICQRF), Enti di controllo sulle Denominazioni di Origine (Valoritalia, IRVOS, etc), Enti di controllo sul biologico per coloro che hanno scelto di assoggettarsi. Una pletora di comunicazioni e una sovrabbondanza di burocrazia che il nuovo testo Unico sul vino e il decreto “Campolibero” hanno tentato di ridurre e semplificare, almeno nelle intenzioni.
Buone intenzioni, dunque. Che, a mio avviso, finiscono col generare una gravissima disparità di trattamento e una situazione di iniquità sostanziale perché equiparano le piccole e piccolissime aziende agricole alle grandi e grandissime senza tener in nessun conto le differenze di struttura, di organizzazione, di consistenza economica e patrimoniale, di solidità finanziaria.
Buone intenzioni di semplificazione che non semplificano affatto, ma aggiungono ulteriore complessità al lavoro quotidiano di 45.000 aziende agricole di piccola dimensione, generando da un lato una situazione di estrema difficoltà e di reale ingestibilità del sistema (che ricordo è obbligatorio e immediatamente applicabile dal 01/01/17), dall’altro contribuiscono non a diminuire e a semplificare le comunicazioni, ma a moltiplicarle ulteriormente.
Facciamo un paio di esempi facili, in cui il SIAN non sostituisce affatto, ma si aggiunge alle comunicazioni che già dovevano essere fatte in precedenza.
Ho imbottigliato 10 ettolitri di vino DOC dopo essere già stato autorizzato a farlo? Lo comunico al mio Ente di controllo e poi lo ricomunico al SIAN.
Ho spedito 300 bottiglie di vino in Francia? Lo comunico prima ai vigili con il documento MVV, poi all’Agenzia delle Entrate con l’Intrastat, poi all’Agenzia delle Dogane con raccomandata, poi di nuovo all’Agenzia delle Entrate con la dichiarazione IVA trimestrale e infine al SIAN. E poi, a fine anno, ovviamente, di nuovo all’Agenzia delle Entrate con la dichiarazione IVA
Cosa accadeva prima? In qualità di piccolo produttore dovevo inviare due (2) comunicazioni all’anno, una per la produzione e una per la giacenza. Da oggi dovrò inviare ALMENO dodici (12) comunicazioni mensili. Almeno, perché un piccolo produttore che svolge anche attività di trasformazione per conto di terzi le comunicazioni dovrà effettuarle quotidianamente, quindi da dodici potrebbero diventare quindici, venti o di più. Una pressione costante, un impegno quotidiano, una complessità gravata anche da potenziali rischi di errore che le grandi aziende risolvono con facilità dedicando un ufficio – fra i tanti – al sistema SIAN.
E i piccoli produttori?
Durante i mesi di relativa tranquillità apparirebbe pure gestibile, anche se ogni mese ti dovrai ricontrollare daccapo tutte le giacenze e tutte le bolle e tutti i rientri di merce per fare questa benedetta comunicazione mensile sul Registro Unico.
Quello che è impossibile è gestire questo sistema IN VENDEMMIA.
Chi non è vignaiolo non sempre capisce cos’è veramente la vendemmia. In vendemmia non si dorme, non si mangia, non si esce con gli amici, non si festeggiano i compleanni, non si va in viaggio di nozze, non ci si riposa il fine settimana, non si va alle fiere né alle cene e spesso nemmeno a consegnare il vino. In vendemmia si vendemmia. E basta.
In vendemmia ci si gioca il futuro dell’azienda. E non solo per l’anno prossimo, ma per molti anni a venire. In vendemmia si pensa a fare il vino, non a comunicare la sfecciatura. In vendemmia si cerca di capire quanti rimontaggi sono necessari per fare il vino più buono di sempre, non se il magazzino del confezionato che devi comunicare corrisponde allo scarico del numero di etichette che hai in giacenza. In vendemmia, chi non ha un bilico in cantina e non ha accesso ad una pesa pubblica nelle vicinanze, il carico dell’uva lo fa ad occhio. L’occhio che dopo tante vendemmie sa quanto tiene il rimorchio, o quanto pesano le cassette. L’occhio che poi si aggiusta sul riempimento delle vasche perché sono graduate, o sul numero delle botti perché il fornitore ti ha detto quanto vino possono contenere.
Io non ho mai avuto paura della vendemmia. E’ pesante, è difficile, è stressante, ma non mi ha mai fatto paura. Quest’anno non lo so. Sto iniziando ad avere paura adesso.
E mi fa paura questo mondo del vino nel quale l’esigenza di controllo sovrasta le umane capacità del vignaiolo di portare a termine un buon lavoro. Un mondo in cui si vogliono applicare le stesse regole a realtà economiche e produttive così differenti che il risultato è di generare ingiustizia e iniquità. Un mondo in cui si fa passare per semplificazione un evidente sovraccarico di adempimenti, molti dei quali sono mere duplicazioni di altri adempimenti. Un mondo in cui al piccolo vignaiolo non si riconosce più la specificità – e dunque la bellezza e l’importanza – del suo lavoro.
Io sono sicura che i vignaioli italiani non abbiano alcuna intenzione di commettere frodi o sofisticazioni, né alcuna volontà di sottrarsi a giusti ed equi sistemi di controllo. Perché, al netto del fatto che questa dematerializzazione ce l’abbiano venduta come un sistema che semplifica gli adempimenti, nella realtà il sistema nasce solo ed esclusivamente per esigenze – giuste e condivisibili esigenze – di controllo.
Come ha detto Stefano Vaccari, Capo Dipartimento dell’ICQRF, durante il suo intervento all’assemblea dell’Unione Italiana Vini del giugno scorso, si tratta di un “cambiamento epocale che porterà l’Italia ad essere il primo paese al mondo ad avere on-line la giacenza e la movimentazione del vino: un elemento di tracciabilità e di controllo delle produzioni che nessun altro sistema produttivo può vantare e che permetterà vantaggi evidenti anche sotto il profilo del contrasto alle frodi, sia per gli organi di controllo, che per gli operatori.” (fonte: Unione Italiana Vini: http://tinyurl.com/h78ct5p).
Non voglio nemmeno soffermarmi a pensare a cosa ne penserebbero i vignerons francesi di un sistema del genere: per molto meno sono scesi in piazza con i rimorchi carichi di letame. E quelli della California e della Nuova Zelanda o dell’Australia o del Cile sono ancora lì che ridono, grandi e piccoli.
Ed è quindi ingiusto e miope non considerare quale prezzo saranno obbligati a pagare i piccoli produttori di vino italiani (45.000 aziende sotto ai 1.000 ettolitri) per permettere che un sistema dominato economicamente da grandi e grandissime aziende non commetta né frodi né sofisticazioni. Ed è un problema politico che né le Associazioni di Categoria, né i partiti, né le istituzioni hanno accettato di sollevare, o di prendere in considerazione.
Perché, se si guarda a chi ha frodato, negli ultimi 50 anni, se si guarda a chi ha generato lo scandalo del metanolo, se si guarda a chi trasforma la “carta” del Nero d’Avola in carta di altre denominazioni più famose non sono i piccoli produttori. Sono i grandi imbottigliatori, sono alcune grandi cooperative, sono i grandi gruppi che hanno investimenti in tutta Italia e all’estero. Il prezzo che 45.000 piccoli produttori pagheranno per consentire a 2.500 aziende che rappresentano oltre i due terzi del valore complessivo del vino italiano di tutelare la rispettabilità del sistema del vino italiano è troppo alto.
Benvenuta semplificazione, dunque, ma non questa. Questa non è una semplificazione, è (come ho detto altrove) una mostruosità che non ci permette di fare il nostro lavoro: che è quello di fare il vino.
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Trovarsi alla Terra Trema ogni anno è come passare una serata con gli amici lontani, con cui ti ritrovi raramente. Legno. Luci soffuse. Musica in sottofondo. Un buon bicchiere di vino. E chiacchiere. Tante chiacchiere. In particolar modo se, per te, è il sesto anno consecutivo. Ma siamo alla 12° edizione. La numero 10 al Leoncavallo di Milano. E si vede. Finalmente il bicchiere non è quello classico, da degustazione della festa del paese. E’ un calice!
Gli amici sono quelli di sempre, ma ogni anno conosci qualcuno di nuovo. Perché la manifestazione conta ben 90 produttori, in media, all’anno. Tutti Vignaioli, contadini, amanti della terra. Del suo profumo e del suo calore. Lo trasmettono. Anche solo da come ti parlano. Tutto attorno, un ambiente che li mette a loro agio. Come in campagna. Nulla di sfarzoso.
Niente distoglie il visitatore da quei faretti. Puntati solo su di loro. I protagonisti. Al fianco dei loro vini. Bisogna solo avvicinarsi e parlare. Non aspettano altro che raccontarti la loro passione. La loro fatica.
LA DEGUSTAZIONE
L’inizio è quello di sempre, con i vignaioli che poi si incontrano anche in cantina, durante l’anno. Si parte col Pecorino dell’Azienda Agricola Fiorano di Cossignano (AP), il Donna Orgilla 2015. Giallo paglierino con riflessi verdognoli, naso floreale ed erbaceo, caldo figlio di un’annata tosta. In bocca sapido e molto minerale. E’ capitato negli anni di degustare magnum con qualche anno sulle spalle. E questa vigna riesce col tempo a sfoderare evoluzioni Riesliniane.
Da lasciare a bocca aperta. Peccato che Paolo, co-titolare dell’azienda, non ne abbia portate in degustazione. Altro Pecorino di casa è il Giulia Ermina, con fermentazione in tonneaux francese e maturazione “sur lies” per 12 mesi, più 8 di affinamento in bottiglia. Una piccola chicca, per chi ama il sentore terziario appena percettibile del legno, sempre ben bilanciato da una buona acidità. Vero e proprio contraltare della freschezza di Donna Orgilla.
Nuova tappa ma ancora Pecorino. Stavolta Il Fiobbo di Vini Aurora ad Offida (AP). Questo è un gioiellino e basta. Perfetto, intrigante, complesso nei sentori gusto-olfattivi ma allo stesso tempo beverino. Anche qui riflessi verdognoli tipici del vitigno. Naso di mela verde, agrumi, fieno ed erbe aromatiche. Finale rinfrescante.
Facciamo un passo più a nord, sempre Marche. Stavolta quella del Verdicchio. Corrado Dottori di Cupramontana (AN). Azienda La Distesa, è in ritardo. Il banchetto è ancora vuoto. E allora ne approfittiamo per assaggiare i Verdicchio di La Marca di San Michele, che porta il Capovolto 2015 e il PassoLento 2014, in magnum. Capovolto 2015 è quello che non ti aspetti. Annata calda, siccitosa. Ma la vendemmia è stata anticipata di più di un mese, con inizio a fine agosto. E qui si trova la chiave di tutto. Qui non c’è macerazione e non c’è passaggio in legno.
Solo acciaio. E 8 mesi sulle fecce nobili. E’ un vino che esprime il varietale del Verdicchio. Da bere a secchi in estate. PassoLento 2014 è invece il fratello maggiore… inizia la fermentazione in acciaio poi passa in botti di rovere da 10 hl dove finisce la fermentazione e matura per 9 mesi sulle fecce fini. Poi attende altri 9 mesi in bottiglia. E’ molto più complesso e strutturato con un corpo caldo nonostante l’annata fresca, di 13% vol. Un vino che ancora deve evolvere.
Lasciamo le Marche e andiamo in Sicilia, regione rappresentata a La Terra Trema da ben 15 produttori. Nino Barraco e Marilena Barbera fanno da capofila. Barraco schiera una batteria di 10 e forse più vini in degustazione. Uno più buono dell’altro. Merita una nota particolare il rosso Milocca 2006 da vendemmia tardiva di Nero D’Avola. Una perla. Affinato in castagno da 205 litri per 24 mesi. C’e tutto: pepe, cacao, ciliegie, anice stellato. In bocca dolce e sapido, suadente. Tra i bianchi, non si può scegliere. Ognuno ha le proprie peculiarità. Il Catarratto, lo Zibibbo in secco, il Grillo. Sono tutti deliziosi. Acidità e sapidità la fanno da padrona, ma non coprono mai i varietali. Qui Nino Barraco ha trovato la giusta alchimia.
Da Marilena Barbera è facile perdere la testa. Per lei, per il suo amore per il proprio lavoro, per la sua terra. E per i suoi vini. Inzolia 2015 è quasi salmastro. E per Marilena questa è la chiave. Ammette infatti che il sale stimola le papille gustative e le rende più recettive ai sentori. Rendendo la beva molto più interessante e appagante. Ma da Marilena Barbera, quest’anno, c’è una sorpresa: l’Arèmi, blend con una piccola percentuale di Zibibbo. Vino imbottigliato quella stessa mattina, come racconta entusiasta la vignaiola, proprio per portarne un campione alla fiera. Niente vendita. Ma è facile immaginare che chiunque l’abbia assaggiato si sia appuntato il numero della cantina. Per ordinarne un bancale. Un vino che non puoi non amare: fresco, sapido, con quella nota aromatica dello Zibibbo di Menfi, nel sud più profondo.
Lasciamo Marilena Barbera ma rimaniamo in Sicilia. Per una scoperta. 2012 Etna Rosso – Eno-trio, Nerello Mascalese in purezza da vigne a piede franco in contrada Calderara. Versante nord-ovest dell’Etna. E’ amore a prima olfazione.
Età media delle piante: 80-90 anni. Rese da 600g/1kg per pianta. Siamo al top. Affinamento in tonneaux e barrique di secondo, terzo passaggio per 12-18 mesi, più altri 6 in bottiglia. Boom. Naso commovente, con frutto dolcissimo e speziato, ciliegia, china, noce moscata, carbone, fumo e questa dolcezza intossicante che fa pensare alle pesche mature.
Notevole, veramente notevole. Bocca (per fortuna) idem: il tannino morbido accarezza il palato, poi è dolce, setoso e lungo. Poi un Traminer Aromatico, da vigne a 1000m d’altezza sull’Etna. Anche qui siamo su rese bassissime, ma con densità di impianto leggermente superiore al Nerello. Vino elegante, aromatico, delicato. Con note floreali, fruttate e con sentori di spezie. Altra bel prodotto.
Risalendo lo stivale cadiamo nella tentazione di qualche bella bollicina. Di Lambrusco, però. Il vino giusto, per spezzare e preparare il palato ai rossi corposi. Denny Bini è un personaggio da amare. Un Emiliano Doc, di Reggio. La Rosa dei Venti lo puoi bere anche a colazione. Lambrusco varietà Grasparossa, rosato rifermentato in bottiglia. Macerazione di 2 ore senza controllo. Secco, leggermente amaro, con un accenno di tannino. Bellissimo. Ponente 270 Lambrusco dell’Emilia, “come lo si fa a Reggio”, ci racconta. Cinque giorni di macerazione, mischiando tutte le varietà di Lambrusco: Lambrusco Grasparossa, Malbo Gentile, Lambrusco Salamino, Lambrusco di Sorbara. Pieno, ma morbido. Libeccio 225, il suo Lambrusco, il Grasparossa. Qui siamo a 10 giorni di macerazione , il colore lo rivela. Rifermentato in bottiglia. Bel corpo e una bevibilità che non ti stanca mai. Un po’ come La Terra Trema. Imperdibile, l’anno prima. Come l’anno dopo.
Medico per vocazione e sommelier per passione. Mi sono poi riscoperto medico per passione e sommelier per vocazione. Sostieni il nostro progetto editoriale con una donazione a questo link.
Non “il risultato di un giro di telefonate”. Bensì “dell’elaborazione di migliaia di rilievi ottenuti da fonti diverse”, tra cui “le valutazioni condotte a livello locale dalle diciassette Sedi periferiche che coprono l’intero territorio nazionale”. Con queste parole, il presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella, sottolinea la scientificità delle previsioni sulla vendemmia 2016, diffuse proprio in questi giorni dall’organizzazione nazionale di categoria dei tecnici del settore vinicolo. Un vero e proprio dossier, diviso in tre parti: al quadro generale della produzione segue il dettaglio, regione per regione. La terza parte comprende invece un giudizio sulle ultime dieci vendemmie e una serie di tabelle da cui si possono verificare i dati riportati.
Complessivamente, secondo il centro studi di Assoenologi, la quantità si attesta tra lo 0 e +2% rispetto alla passata campagna pari a circa 51.500.000 ettolitri di vino. La qualità rimane complessivamente eterogenea ma comunque assai interessante, con punte di maggior interesse per quei vini che hanno potuto beneficiare del positivo andamento dei mesi di settembre e di ottobre. L’annata 2016 si è contraddistinta per i livelli contenuti di stress idrico e termico. Un’annata favorevole a produzioni di qualità per coloro che hanno gestito in modo efficace la difesa.
Nel periodo vendemmiale l’Italia è risultata spaccata in due. La ridotta piovosità e la buona escursione termica che hanno caratterizzato il mese di settembre al Centro-Nord e sulle due isole maggiori hanno favorito il regolare svolgimento delle operazioni di raccolta. Ciò purtroppo non si può dire per il Meridione peninsulare che ha invece goduto di una piovosità abbondante e in molti casi sensibilmente superiore alla norma. Nel complesso si stima una buona annata, con picchi di eccellenza nelle zone meno colpite dal maltempo e laddove la vite è stata soccorsa nel migliore dei modi.
Cambiamenti climatici, dunque. Per via dei quali, come sottolinea sempre la relazione dello staff di Cotarella, “è sempre più richiesta l’opera dell’enologo che deve intervenire per far fronte a nuove esigenze che si creano in vigneto e in cantina e anche per prevenire situazioni che possono influire negativamente sulla qualità del prodotto”. I mesi di settembre e di ottobre decorsi nel modo migliore al Centro Nord e sulle Isole hanno permesso una ottimale maturazione delle uve che, oltre ad essere state conferite alle cantine in un ottimo stato sanitario, hanno potuto beneficiare di importanti escursioni termiche tra il giorno e la notte.
Purtroppo per le regioni del Centro-Sud Italia le cose non sono andate nello stesso modo. settembre è stato costellato da numerose precipitazioni ed abbassamenti repentini della temperatura ed anche il mese di ottobre non ha risparmiato giorni di pioggia. Tutto ciò ha influito sulla qualità delle uve, specie per quelle tardive, la raccolta delle quali è stata vincolata dalle condizioni meteorologiche con ripercussioni sulla fase finale di maturazione.
QUANTITA’ RECORD Al di là delle percentuali matematiche certe, Assoenologi “non ritiene di poter dare dei numeri assoluti, ma stima un quantitativo compreso tra 0 e +2% rispetto allo scorso anno”. L’elaborazione dei dati rilevati dà una produzione di uva oscillante fra i 68 e i 72 milioni di quintali che, applicando il coefficiente medio di trasformazione del 73%, danno tra i 50 e i 52 milioni di ettolitri di vino. L’Abruzzo e la Puglia sono le regioni che hanno fatto registrare i maggiori incrementi di produzione compresi fra il 10 e il 15%, segue con +7% il Veneto e con +3% il Piemonte e l’Emilia Romagna.
Per contro la Campania ha prodotto ben il 20% in meno rispetto al 2015, seguita dal Trentino Alto Adige, dal Friuli V.G., dalla Toscana, dal Lazio/Umbria e dalla Sicilia con decrementi compresi tra il 5 e il 7%. Solo per le Marche e la Sardegna si stima una produzione pressoché uguale a quella della scorsa campagna. Una situazione, pertanto, piuttosto eterogenea caratterizzata da alti e bassi a seconda delle zone, influenzate alcune anche dall’entrata in piena produzione di nuovi vigneti. Un quantitativo che si pone al primo posto nella classifica degli ultimi dieci anni seguito dal 2015 (50,7) e dal 2006 (49,6).
Le quotazioni risultano pressoché uguali a quelle dello stesso periodo dello scorso anno. In leggera crescita solo per alcune tipologie di vini richiesti dal mercato in particolar modo per quelli a denominazione di origine. Consumi interni. In ribasso. Secondo Assoenologi a fine 2016 si scenderà sotto i 36 litri pro-capite, contro i 45 del 2007.
I DATI, REGIONE PER REGIONE
PIEMONTE
Quantità: +3% rispetto vendemmia 2015 L’andamento climatico durante tutto il periodo vendemmiale è stato caratterizzato da giornate calde e luminose, spesso anche ventose con poche e sporadiche piogge che hanno aiutato a completare un’equilibrata maturazione delle uve rosse. Anche nel mese di settembre si sono registrate grandi escursioni termiche tra il giorno (26-28°) e la notte (12-14°) che hanno favorito l’asciugatura dei grappoli. Lo stato sanitario dell’uva è risultato ottimale, caratterizzato da bucce integre, spesse e resistenti e con dimensioni normale degli acini. I mosti ottenuti hanno manifestato un elevato contenuto in zuccheri con punte particolarmente elevate nei vitigni a bacca rossa che, in diversi casi promettono di raggiungere il 16% di alcol.
Per i vini aromatici Moscato e Brachetto si sono registrate gradazioni sopra la media, con aromi difformi ma comunque sempre interessanti a seconda delle zone, probabilmente a causa di terreni siccitosi e aree calde. Nella zona del Gavi, le poche piogge di inizio settembre, anche se un po’ tardive, hanno favorito una buona maturazione delle uve con un grado medio leggermente inferiore rispetto alla scorsa vendemmia, ma con buon equilibrio acido. La Barbera d’Asti e il Nizza hanno potuto beneficiare dell’ottima stagione e, grazie ad una maturazione eccezionale, i primi riscontri di cantina rilevano un’elevata intensità colorante. I Nebbioli da Barbaresco e Barolo evidenziano invece grandi profumi e tannini morbidi grazie alla perfetta maturità fenolica. Complessivamente in tutta la regione si stima una produzione compresa tra i 2,5 e i 2,6 milioni di ettolitri, mentre la qualità è da considerare senza alcun dubbio ottima con molte punte di eccellente. Il mercato ha rilevato un aumento delle quotazioni delle uve rosse (in particolare per il Barbera) a causa delle giacenze in cantina decisamente contenute, mentre il mercato dei vini risulta stabile.
LOMBARDIA Quantità: -15% rispetto vendemmia 2015. In generale l’annata in tutta la Lombardia ha dato delle differenze molto importanti da zona a zona e all’interno delle stesse aree, sia dal punto di vista quantitativo che sanitario. È opinione comune, però, che il 2016 sia un’annata di ottima qualità, superiore sicuramente alla media, con diverse punte di eccellente. La favorevole escursione termica tra giorno e notte ha fatto diminuire le acidità in modo molto regolare. Molto interessanti le aromaticità e le maturazioni fenoliche, tanto che per i vini rossi si prospetta una grande annata. In Oltrepò Pavese si stima una produzione in calo tra il 15% e il 20%. La resa uva/vino è risultata nella media, l’andamento fermentativo è stato buono. Anche in Franciacorta il decremento quantitativo si attesta tra il 15% e il 20%.
I primi riscontri di cantina evidenziano vini base interessanti con acidità stabili. Le aree delle denominazioni di origine “Valcalepio” e “Scanzo” sono state fortemente condizionate da eventi meteorologici avversi durante tutta la stagione, tanto che il calo della produzione si stima superiore al 25% rispetto alla passata campagna con punte in alcune zone anche del 35%. Grazie al buon andamento del mese di ottobre i vini rossi del Valcalepio presentano una discreta struttura, mentre in poche realtà si riusciranno ad appassire le uve per la produzione del Moscato di Scanzo. Nella zona del Garda si stima invece un incremento quantitativo tra il 5% e il 10%. La qualità delle uve è risultata molto interessante, tanto che si prevede una qualità assai interessante per il Lugana, i chiaretti e i rossi. In Valtellina la raccolta delle uve si è chiusa intorno al 10 novembre con un incremento intorno al 10%. Ottima la qualità con diverse punte di eccellente. Complessivamente in Lombardia si stima un quantitativo inferiore del 15% rispetto a quello dello scorso anno, pari a circa 1,2 milioni di ettolitri di vino.
TRENTINO ALTO ADIGE
Quantità: – 7% rispetto vendemmia 2015. In Trentino Alto Adige la vendemmia, conclusasi nei primi giorni di novembre con la raccolta degli ultimi grappoli di Cabernet in provincia di Bolzano, si è distinta per la sua eccezionalità: uve integre perfettamente sane, ottime gradazioni zuccherine ed equilibrio acidico dei mosti. Per le varietà rosse colore intenso e tannini morbidi, un quadro fenolico importante, conseguenza di un andamento climatico favorevole da grande annata. L’andamento climatico regolare durante tutto il periodo vendemmiale ha consentito una corretta programmazione della raccolta permettendo un’efficace e razionale lavoro in cantina. L’eccezionalità della vendemmia 2016, imputabile alla stabile e duratura area di alta pressione che ha interessato il Nord Italia, è stata amplificata da un regime di temperature caratterizzato da un’importante escursione termica con un risvolto molto positivo sulla tenuta dell’acidità dei mosti.
In Trentino la vendemmia delle uve Chardonnay e Pinot nero base spumante è stata perfetta sia per sanità che per rapporto zuccheri/acidità, tanto che i vini ottenuti hanno confermato l’alto livello qualitativo delle basi spumante 2016 per qualità aromatica e struttura. Le varietà per vini bianchi fermi hanno preso il via con il Pinot grigio nella prima decade di settembre per concludersi verso il 10 di ottobre con la Nosiola e il Traminer aromatico. I vini ottenuti esprimono profumi di interessante complessità e freschezza, ottima la rispondenza varietale come nel caso del Müller Thurgau che ha dato luogo a vini di grande equilibrio, strutturati e piacevoli. A fine settembre sono state raccolte le varietà rosse Merlot, Teroldego, Lagrein e Marzemino con eccellenti livelli di qualità ed ottima maturazione fenolica. Anche in Alto Adige i primi riscontri di cantina evidenziano un’ottima qualità sia per il Pinot Bianco, il Sauvignon, il Gewürztraminer e soprattutto per la Schiava, il Merlot e il Cabernet che hanno beneficiato di un andamento climatico del mese di ottobre assai favorevole. Complessivamente in tutta la regione si stima un quantitativo tra 1,1 e 1.2 milioni di ettolitri di vino. Il mercato al momento risulta stabile, con qualche leggero aumento per alcune tipologie grazie all’elevata qualità.
VENETO Quantità: +7% rispetto vendemmia 2015. In tutto il Veneto, quantitativamente, si riscontra un aumento di oltre il 5% rispetto al 2015 con una produzione che sfiora i 10,5 milioni di ettolitri. Il 2016 va sicuramente inserito tra le annate da ricordare grazie ad una maturazione ottimale accompagnata da una gradazione zuccherina elevata e da un supporto acido importante. Il ciclo vegetativo è stato caratterizzato da condizioni ambientali tutto sommato ottimali. L’ultimo periodo della maturazione ha fatto registrare temperature diurne ottimali con un abbassamento significativo delle stesse durante la notte che ha permesso di ottenere ottimi profumi primari e un quadro acido molto interessante. Quest’anno le grandinate sono state limitate in aree circoscritte. La vendemmia ha avuto inizio verso la fine di agosto per terminare nella prima decade di novembre con gli ultimi conferimenti dell’uva Raboso. L’andamento fermentativo si è svolto nella maniera più regolare, aiutato anche dalle temperature ambientali più basse che hanno garantito una gestione del freddo ottimale durante le fermentazioni.
Qualitativamente il Prosecco presenta un quadro acido molto equilibrato e un interessante profilo aromatico. Per il Pinot Grigio la qualità è mediamente buona, mentre risulta ottima per il Merlot e il Cabernet specialmente per quei vini ottenuti dalle uve raccolte nell’ultima parte della vendemmia che hanno potuto fruire del perfetto andamento climatico. Nel veronese si sono raccolti grappoli sani e giustamente spargoli per le Doc Soave e Valpolicella, consentendo anche una perfetta cernita per le uve da mettere a riposo per il Recioto di Soave, ma in particolare per l’Amarone che dalle prime analisi risulta di una qualità sicuramente superiore a quella già buona dell’annata 2015. Ottima pure la qualità delle uve precoci da vitigni internazionali Pinot Grigio e Chardonnay, così come quelle a bacca rossa Cabernet Sauvignon e Merlot. Il mercato sta assorbendo bene tutta la produzione registrando quotazioni stabili e in alcuni casi in leggero rialzo rispetto allo stesso periodo del 2015.
FRIULI VENEZIA GIULIA
Quantità: -5% rispetto vendemmia 2015. Un ottimale andamento climatico per la vite, registrato soprattutto durante il periodo estivo, ha permesso di ottenere uve perfettamente sane e anche gli insetti più comuni: tignola, cicalina e ragno rosso, non hanno dato origine a problematiche particolari. L’epoca di vendemmia, per le uve destinate alla produzione di vino base spumante, è iniziata nell’ultima settimana di agosto mentre, per alcune varietà precoci: Pinot Nero, Traminer Aromatico, Pinot Grigio e Sauvignon, la raccolta è avvenuta a partire dalla prima settimana di settembre. La quantità di uva è risultata inferiore del 5% rispetto allo scorso anno a causa di una primavera fredda e piovosa che ha creato alcuni problemi durante la fioritura generando grappoli spargoli e acini disformi. Inoltre, alla fine di agosto e durante i primi venti giorni di settembre, le alte temperature e l’apprezzabile ventilazione hanno contribuito ulteriormente ad abbassare il quantitativo di uva raccolta.
Il calo produttivo si è registrato soprattutto nelle varietà precoci, quali il Pinot Grigio, Tocai Friulano e Chardonnay mentre, la Glera (Prosecco) e la Ribolla Gialla, fanno registrare un incremento produttivo grazie anche ai nuovi vigneti entrati in piena produzione. I vini ottenuti, grazie anche ad una buona escursione termica tra il giorno e la notte, fanno registrare delle gradazioni alcoliche sostenute, un buon corredo acido e un’interessante e complesso quadro aromatico. Anche le uve a bacca rossa si sono rilevate di ottima qualità. Le operazioni di raccolta si sono concluse con le varietà tardive quali Verduzzo, Refosco e Picolit. Per quanto riguarda il mercato un certo interesse è rivolto alle varietà a bacca bianca tipo Glera e Ribolla Gialla, mentre per il Pinot Grigio si attendono gli sviluppi della nuova Doc interregionale. Per le tipologie rosse, purtroppo ridotte a un solo 20% dell’intera produzione viticola regionale, le contrattazioni riguardano il Refosco, il Merlot e il Cabernet Sauvignon.
EMILIA ROMAGNA
Quantità: +3% rispetto vendemmia 2015 In tutta la regione la campagna vitivinicola è stata sicuramente positiva e si stima una produzione complessiva di 7,6 milioni di ettolitri. In Romagna la vendemmia è iniziata a ridosso di Ferragosto con le basi spumanti mentre per lo Chardonnay destinato ai vini fermi e per le uve di Sauvignon i conferimenti sono iniziati nell’ultima settimana di agosto. Le produzioni di queste varietà precoci si sono rivelate ottime sia dal punto di vista sanitario che da quello qualitativo. Ottima annata anche per le uve di Grechetto Gentile (Pignoletto); le basi presentano buone note aromatiche e acidità maliche interessanti. Bene anche le Albane che hanno però generato prodotti meno strutturati rispetto alle precedenti vendemmie ma più freschi e fruttati. Per il Trebbiano la vendemmia è iniziata verso la metà di settembre; le produzioni sono risultate più abbondanti rispetto allo scorso anno, perfettamente sane e con ottimi pH, presupposti per una buona produzione di vini base spumante. Bene anche le uve a bacca rossa: il Merlot presentava contenuti zuccherini inferiori allo scorso anno ma una buona freschezza aromatica con produzioni pressoché invariate rispetto allo scorso anno.
La vendemmia della Cagnina (vitigno Terrano), primo vino romagnolo ad essere messo in vendita, risulta essere particolarmente gradevole e profumato. Ottimi anche i Sangiovesi che quest’anno, nella maggior parte dei casi, non hanno subito fenomeni di siccità ed evidenziano livelli qualitativi buoni con diverse punte di eccellenza. Anche in Emilia la vendemmia ha avuto un decorso positivo con un aumento della produzione rispetto allo scorso anno. Bene si stanno comportando i vini rossi provenienti dalle uve di Ancellotta come i rossissimi con tenori di colore e profumi eccellenti. Anche i Lambruschi, nonostante la maggiore quantità, sono stati caratterizzati da uno stato sanitario eccellente e da un ottimo grado di maturazione sia per il Salamino, il Sorbara e il Grasparossa. Molto bene anche le produzioni tipiche del Nord dell’Emilia; dove le Malvasie presentano aromi e acidità importanti, così come la Bonarda. Buone le reazioni dei mercati che, a causa della scarsa produzione mondiale, mostrano segni di quotazioni in rialzo.
TOSCANA
Quantità: -7% rispetto vendemmia 2015 La campagna 2016 è stata contraddistinta da un inverno mite e da una primavera con precipitazioni superiori alla media stagionale, mentre da luglio la situazione si è capovolta con assenza di piogge. Questo cambiamento ha generato differenziazioni di sviluppo e stress fisiologico in alcuni areali. La raccolta delle uve è stata dunque eterogenea e caratterizzata da maturazioni scalari all’interno dello stesso appezzamento vitato. Tutto ciò ha determinato una vendemmia lunga e mirata ad ottimizzare le maturazioni polifenoliche. Una giusta ed equilibrata gestione del vigneto si è rilevata più che mai determinante permettendo di ottenere uve sane e con parametri analitici eccellenti. La vendemmia è iniziata con la raccolta delle uve bianche precoci che, favorite da buone e regolari escursioni termiche, hanno prodotto vini equilibrati, con buone acidità e con un complesso patrimonio aromatico.
A inizio settembre è stata la volta delle uve a bacca rossa a Bolgheri e nella zona del Morellino di Scansano. Dal 19 settembre è iniziata la vendemmia delle uve bianche per la Docg Vernaccia di San Gimignano e, a seguire, quelle di Sangiovese per la produzione di Chianti, Chianti Classico, Carmignano, Nobile di Montepulciano e Brunello di Montalcino. Le operazioni vendemmiali si sono concluse intorno al 20 ottobre con gli ultimi conferimenti di Sangiovese e Cabernet Sauvignon. Le cinetiche fermentative sono decorse in modo regolare e i risultati in termini qualitativi sono molto interessanti. I primi dati analitici confermano le attese di annata equilibrata ed elegante, infatti le buone acidità e i pH bassi sono delle ottime premesse per vini longevi e di personalità. La resa uva/vino è risultata leggermente inferiore alla norma a causa della morfologia degli acini e dell’andamento climatico. Si stima una quantità di poco superiore ai 2,6 milioni di ettolitri di vino in calo di oltre il 5% rispetto alla campagna 2015. Per quanto concerne il mercato si evidenziano quotazioni in leggera flessione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
MARCHE
Quantità: uguale rispetto vendemmia 2015. Il mese di settembre dal punto di vista climatico ha avuto un ottimo decorso, con buone escursioni termiche che si sono ripetute sino alla seconda decade di ottobre consentendo all’uva di raggiungere il giusto grado di maturazione. Solo dopo metà ottobre si sono verificati eventi climatici avversi che hanno rallentato la vendemmia. Quest’anno si è rilevata su più varietà una “acinellatura dolce” dei grappoli, probabilmente causata dalle continue piogge cadute nella fase di allegagione che hanno contribuito alla riduzione della produzione. Vitigni come Verdicchio, Pecorino e Sangiovese hanno raggiunto normalmente il loro grado di maturazione zuccherina e fenolica. Qualche difficoltà in più, invece, si è riscontrata per i vitigni tardivi, come Passerina e Montepulciano, i quali hanno subito condizioni climatiche avverse nel periodo della raccolta. Quest’anno l’epoca di maturazione delle uve è risultata nella norma rispetto alla media delle ultime 10 vendemmie, ma posticipata, se rapportata alla scorsa campagna, di una settimana per le varietà a bacca bianca (Trebbiano, Passerina, Pecorino, Verdicchio) e di dieci giorni per quelle a bacca rossa (Sangiovese, Montepulciano, Merlot e Cabernet).
La raccolta delle uve è iniziata nell’ultima decade di agosto per le varietà precoci base spumante, Incrocio Bruni e Chardonnay. Per il Verdicchio e il Sangiovese i conferimenti hanno avuto il via dalla metà di settembre, mentre alla fine dello stesso mese è stata la volta del Montepulciano la cui raccolta è proseguita sino al 21 ottobre. Qualitativamente parlando i vini bianchi (Verdicchio, Pecorino e Passerina) risultano molto equilibrati, ricchi in aromi primari (tioli) e dotati di notevole freschezza. Anche per i vini rossi si prospetta un’annata assai interessante con prodotti che evidenziano una buona dotazione acidica, tenori elevati di antociani e polifenoli, presupposti ideali per ottenere vini adatti all’invecchiamento. Complessivamente si stima una quantità in linea con quella dello scorso anno pari a circa 960.000 ettolitri con punte anche di +15% in alcuni areali mentre in altri , per contro si registra una diminuzione del 10-15%.
LAZIO E UMBRIA
Quantità: -5% rispetto vendemmia 2015 I mesi riguardanti la vendemmia sono stati solo parzialmente benevoli dal punto di vista climatico; in quanto settembre è stato costellato da numerose piogge ed abbassamenti repentini della temperatura ed anche il mese di ottobre non ha risparmiato giorni di pioggia. Tutto ciò ha notevolmente influito sulla qualità delle uve, specie quelle tardive, che nel Lazio e in Umbria rappresentano la stragrande maggioranza e, ovviamente, anche sulla quantità che si è ridotta notevolmente. In particolare, lo stato sanitario, molto buono fino a metà ottobre, è precipitato in seguito ad attacchi di muffa grigia e marciume acido, determinando in alcuni mosti bianchi, una difficoltà nelle decantazioni statiche. Di conseguenza la raccolta è risultata molto lunga intervallata da numerose soste e riprese, con qualità estremamente eterogenee a seconda delle zone geografiche e del momento della vendemmia. Pertanto si evidenzia una grande differenza tra i vini bianchi e rossi ottenuti con varietà precoci, che risultano profumati, strutturati e ben bilanciati, e quelli provenienti da varietà tardive che appaiono meno espressivi, sebbene anch’essi di buona struttura e di gradazione alcolica elevata.
Le ultime fermentazioni alcoliche hanno avuto un decorso molto lento in virtù delle basse temperature iniziali delle uve. Dal punto di vista quantitativo le due regioni si confermano in controtendenza l’una sull’altra, in quanto nel Lazio, a parità di superfici vitate vendemmiate, si registra un aumento del 5% relativamente all’annata precedente, mentre in Umbria si rileva un -10%. Il riferimento alle superfici vitate è d’obbligo in quanto la regione Lazio continua a spiantare vigneti a favore di altre coltivazioni e ciò determina lo spostamento in negativo dei numeri assoluti. Per questo motivo, volendo trarre un dato definitivo e comprensivo, Lazio e Umbria si attestano ad un -5%, rispetto alla scorsa stagione con una produzione di circa 2.340.000 ettolitri di vino.
ABRUZZO
Quantità: +12% rispetto vendemmia 2015. Anche in Abruzzo le ultime annate sono state caratterizzate da numerose anomalie meteoriche, a causa del cambiamento climatico in atto già da alcuni anni. Lo stesso si è verificato anche per la vendemmia 2016. La raccolta è iniziata intorno al 20 di agosto per le varietà precoci (Chardonnay e Pinot Grigio), con i vigneti più vicini alla costa e per quelli più giovani, per proseguire, successivamente, verso l’interno. Nell’ultima settimana di agosto si sono registrate temperature nella norma del periodo con la presenza di vento che ha asciugato le abbondanti precipitazioni dei giorni precedenti. Le varietà Pecorino, Trebbiano, Cococciola, Falanghina, Sangiovese sono state raccolte da metà settembre in poi, a partire dai vigneti più giovani, fino alla prima decade di ottobre. I conferimenti delle uve Montepulciano sono iniziati anch’essi dall’ultima settimana di settembre in anticipo rispetto alla norma a causa dell’andamento climatico che ha fatto registrare precipitazioni quasi giornaliere.
Ciò ha permesso di portare in cantina grappoli per la maggior parte sani, più pesanti, ma con una parziale maturità fenolica e quindi con un grado zuccherino medio di circa 1-2 gradi Babo più basso rispetto allo scorso anno. Considerando l’andamento stagionale piuttosto anomalo, la vendemmia 2016 si può complessivamente considerare di buon livello con diverse punte di ottimo. Il quantitativo risulta superiore, rispetto al 2015, tra il 10 e il 15%, il che significa una produzione di vino pari a circa 3.350.000 ettolitri. Per quanto concerne il mercato si è registrato, fin dalla fine della vendemmia scorsa, un ottimo interessamento sia per le tipologie di vini a Igt autoctoni che a denominazione di origine. Discorso diverso invece per i vini generici che risentono della forte concorrenza, al ribasso, dei vini di altri Paesi comunitari ed extra comunitari per i quali le richieste risultano minime e soltanto per i prodotti di media-alta qualità.
CAMPANIA
Quantità: -20% rispetto vendemmia 2015. Dalla seconda decade di maggio e per tutto giugno, il manifestarsi di piogge abbondanti ha determinato un aumento della pressione della peronospora, che ha reso più difficile e impegnativa la gestione dei vigneti. La fioritura è avvenuta tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, in linea con gli altri anni, ma ha avuto un decorso abbastanza irregolare, con un’allegagione più prolungata che ha prodotto grappoli più spargoli. Dalla terza decade di giugno le temperature medie sono notevolmente aumentate e, fino alla fine di agosto, l’estate è trascorsa con una buona ventilazione, con temperature comunque non eccessive, intervallate da qualche temporale estivo e con importanti escursioni termiche tra il giorno e la notte. Pertanto nei vigneti si è avuto un ottimo sviluppo della vegetazione. I tempi di raccolta, rispetto all’anticipo dello scorso anno, si sono svolti nella media dei periodi classici delle varie zone.
Si è iniziato con le uve per le basi spumante e i vitigni a bacca bianca del Cilento nella prima decade di settembre. Le piogge cadute nella prima metà di settembre hanno determinato un’accentuata eterogeneità nella fase finale di maturazione delle uve, spostando di qualche giorno in avanti l’inizio della raccolta. La vendemmia delle varietà a bacca bianca è terminata nell’ultima decade di ottobre e i primi riscontri confermano vini interessanti sotto il profilo olfattivo, snelli, freschi e sostenuti da elevate acidità. Per l’Aglianico invece i conferimenti sono terminati intorno al 10 di novembre. Per le uve rosse in generale è stata una vendemmia più difficile; la selezione dei grappoli in vigna è risultata fondamentale per conseguire buoni risultati; i vini sono meno concentrati del solito, con maggiori tenori di acidità ma con buone espressioni olfattive. Si conferma una produzione inferiore allo scorso anno del 20% pari a circa 1,3 milioni di ettolitri di vino.
PUGLIA
Quantità: +12% rispetto vendemmia 2015. L’andamento climatico in Puglia è stato caratterizzato da piogge regolari in tutta la regione. I mesi di giugno e luglio sono stati all’insegna del caldo interrotto da alcuni periodi più freschi che hanno favorito un’accelerazione della maturazione in particolare delle varietà precoci soprattutto nel Salento. Rari i focolai di peronospora e di infezione da oidio tenuti facilmente sotto controllo. Nel mese di agosto si è registrato un caldo eccessivo intervallato da abbondanti e brevi piogge che hanno interessato la zona del Tavoliere (Nord Puglia) e del Salento e ridotto in parte il prodotto finale. Le operazioni di raccolta sono iniziate già a fine luglio con la vendemmia delle uve a base spumante per poi proseguire con lo Chardonnay, il Pinot e il Sauvignon. Per le uve autoctone bianche come il Bombino Bianco (Tavoliere), la Verdeca e il Bianco d’Alessano (Valle d’Itria) i primi grappoli sono stati staccati nella prima decade di settembre, per poi proseguire con gli altri vitigni quali il Trebbiano e la Malvasia.
Per i vitigni autoctoni a bacca rossa come il Primitivo (Salento e Valle d’Itria) i conferimenti sono iniziati nella seconda metà di agosto, mentre per il Negroamaro (Salento) intorno alla seconda decade di settembre. A fine settembre si è proseguito con il Bombino Nero (Tavoliere) e quindi con il Montepulciano e il Susumaniello (Alto Salento), mentre a metà dello stesso mese la vendemmia si è conclusa con il Nero di Troia (Tavoliere). A causa delle abbondanti piogge di metà settembre, l’uva ha subito danni nella sua integrità, ma fortunatamente non rilevanti. Dai primi riscontri di cantina i vini risultano di buona qualità, equilibrati e ben strutturati. Complessivamente in tutta la regione si stima un quantitativo superiore allo scorso anno tra il 10 e il 15% a seconda delle zone, pari ad una produzione di vino di circa 8,9 milioni di ettolitri.
SICILIA
Quantità: -7% rispetto vendemmia 2015 La vendemmia per le varietà bianche precoci è iniziata con il Pinot grigio, il Sauvignon blanc e lo Chardonnay nella prima settimana di agosto, con un ritardo di qualche giorno rispetto alla scorsa vendemmia. Nella seconda settimana di agosto si sono raccolti il Viognier e Muller Thurgau ed il Moscato bianco, mentre nella terza settimana dello stesso mese è stata la volta delle uve di Catarratto e Grillo basi spumante. La vendemmia delle uve rosse, in particolare per il Merlot, è iniziata nella terza decade di agosto, a seguire tutte le altre varietà come Syrah, Nero d’Avola e Frappato, per concludere con il Cabernet sauvignon nella prima settimana di settembre. Per quanto riguarda le varietà autoctone a bacca bianca i conferimenti di Grillo e Zibibbo sono iniziati nella terza decade di agosto mentre per il Catarratto e l’Insolia la raccolta è avvenuta a partire dalla prima decade di settembre. Nella zona dell’Etna la vendemmia ha preso il via alla fine di settembre con il Carricante e a seguire con il Nerello Mascalese che si protratto sino alla fine di ottobre. Complessivamente la sanità delle uve conferite è risultata buona, così come la resa uva/vino.
Durante la raccolta e le vinificazioni non si sono registrate problematiche particolari e i primi dati analitici evidenziano vini con una qualità assai interessante con diverse punte di ottimo ed alcune di eccellente. Quantitativamente parlando nella zona del Moscato di Noto e di Siracusa e nell’area della Docg Cerasuolo di Vittoria si registra un calo del 10%. Nell’isola di Pantelleria, a causa delle scarsissime precipitazioni, la produzione dello Zibibbo ha registrato un decremento di ben il 45%. In tutta l’Isola si stima un decremento medio di oltre il 5% rispetto alla campagna vitivinicola 2015 dovuto soprattutto ad un ammanco delle varietà a bacca rossa. Pertanto si stima una produzione complessiva di vini e mosti di poco superiore ai 5,8 milioni di ettolitri. Per quanto concerne il mercato le contrattazioni evidenziano un leggero aumento dei prezzi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
SARDEGNA
Quantità: uguale rispetto vendemmia 2015. Dopo un’estate arida, Giove Pluvio, nella prima decade di settembre, ha finalmente portato acqua in Sardegna, dando quindi un po’ di sollievo agli “assetati” vigneti isolani. Acqua utile soprattutto per quei vitigni a maturazione tardiva, in primis Cannonau e Carignano. Si sono poi alternate giornate soleggiate e mai torride, che hanno permesso alle viti di arricchirsi di un buon corredo di sostanze aromatiche e polifenoliche. A metà settembre e nel successivo periodo la Sardegna è stata attraversata da una perturbazione atlantica che ha fatto crollare le temperature portando altresì copiose piogge. In varie macrozone dell’isola, si sono abbattute delle vere e proprie bombe d’acqua, che hanno compromesso in parte la sanità delle uve in fase di raccolta, con qualche accenno di muffa grigia, che è stata però limitata da tempestive operazioni vendemmiali, che hanno riportato il tutto alla normalità.
Per i vitigni più tardivi invece non si lamentano problemi sanitari. Infatti, le luminose giornate di fine settembre hanno permesso un decorso regolare della maturazione. La gradazione delle uve è risultata mediamente inferiore di un grado alcolico rispetto all’ultima vendemmia. Analizzando le produzioni dei vitigni per quanto riguarda le uve a bacca bianca (in primis Vermentino, Nuragus e Vernaccia) i quantitativi risultano in linea con la precedente vendemmia. Lo stesso dicasi per le varietà a bacca rossa. La chiusura delle operazioni vendemmiali è avvenuta intorno al 10 di novembre con la raccolta delle ultime uve di Nasco e Malvasia, base dei vini da dessert. Quantitativamente in tutta la Sardegna si stima una produzione pressoché simile a quella dello scorso anno pari a poco più di 790.000 ettolitri. Il mercato risulta stabile senza particolari variazioni rispetto all’ultima vendemmia.
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Accolta la richiesta di “non esclusione” del Consorzio di Tutela del Vino Marsala dai benefici della legge sui consorzi vitivinicoli. La richiesta è stata avanzata dal senatore Tonino D’Alì, che ha ottenuto, all’unanimità il parere favorevole alla modifica del decreto, con inequivocabile inclusione del Consorzio per la Tutela del Vino Marsala.
“Non è pensabile – ha sostenuto d’Alì – che nel nostro Paese si possa penalizzare una produzione che è stata la prima a ottenere il riconoscimento DOC, la produzione italiana più conosciuta nel mondo intero e l’unica DOC di vino liquoroso”.
Il Consorzio nato nel 1963 è stato riconosciuto nel 2003 come unico organismo votato alla tutela e la valorizzazione del Marsala Doc, primo vino italiano Doc riconosciuto nel 1969.
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Dalla Sicilia alla Lombardia, dalla Calabria al Veneto, dall’Emilia Romagna all’Umbria torna sabato 12 e domenica 13 novembre in tutta Italia Cantine Aperte a San Martino, l’appuntamento autunnale del Movimento Turismo Vino che quest’anno sostiene le popolazioni colpite dal terremoto del Centro Italia con “MTV per Amatrice”. Grazie alla campagna promossa da MTV, che terminerà a maggio 2017 con Cantine Aperte, parte del ricavato delle degustazioni sarà destinato infatti ad un progetto dedicato ai bambini delle scuole elementari di Amatrice. Cantine Aperte a San Martino sarà anche l’occasione per brindare al ‘capodanno agrario’ e rivivere con i vignaioli l’antica tradizione del giorno di San Martino. L’usanza vuole che l’11 novembre nelle campagne si festeggiasse il raccolto e, con la nuova annata agraria, il rinnovo dei contratti. Ed è con questo spirito che le cantine MTV apriranno le porte agli appassionati con numerose attività tra degustazioni, visite guidate, passeggiate nei vigneti, assaggi di vini nuovi e castagne, lezioni di potatura e mostre.
“Anche con Cantine Aperte a San Martino – dichiara il presidente del Movimento Turismo Vino, Carlo Pietrasanta – MTV intende valorizzare i territori vitivinicoli, promuovendo la cultura del vino attraverso proposte di qualità. Una missione portata avanti dalla nostra associazione da oltre 20 anni, pur in assenza di una legge quadro sull’enoturismo, che permetta al mondo vitivinicolo di trasformare questo asset in vera risorsa”.
I DETTAGLI
La kermesse si apre già il 12 novembre nella Marche, in Campania e in Friuli Venezia Giulia con iniziative che spaziano dai tasting abbinati alla musica live (provincia di Benevento) a quelli alla cieca (provincia di Udine), fino alle cene e ai pranzi con il vignaiolo nelle cantine sparse per il territorio friulano. Nel resto d’Italia, per scoprire i territori vitivinicoli più conosciuti ma anche quelli più insoliti con tutto il fascino dei colori autunnali, la giornata clou è invece domenica 13 novembre.
Si va dalla visita ai “crotin” sotterranei in Piemonte (Monteu Roero – CN) a quella nella grotta scavata a mano nel tufo nel Lazio (Zagarolo – RM), al tour nello storico Baglio affacciato sul mare in Sicilia (Marsala – TP). In Umbria sarà il tema ‘WineArt – Arte in Cantina’ ad accompagnare le attività previste in 19 aziende, che esporranno opere di artisti locali ispirate al vino, alla vita in cantina e al territorio, mentre giochi e intrattenimenti per bambini animeranno Cantine Aperte a San Martino in Veneto, Lombardia e Toscana. Musica, light lunch in azienda e degustazioni di vino e prodotti tipici sono inoltre in programma in 5 cantine della Puglia, raggiungibili anche a bordo di enobus (partenza da Bari e Molfetta).
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“La percentuale del vino italiano che viene venduta all’estero è in crescita e per molte aziende ha oltrepassato la soglia del 50% della produzione. Questo implica che all’interno delle azienda vitivinicola ci siano delle persone con delle competenze specifiche per seguire il lavoro di vendita e promozione sui mercati esteri”. Steve Kim, managing director di Vinitaly International, ha moderato oggi il settimo seminario internazionale di marketing del vino organizzato dalla Fondazione Edmund Mach (Fem) a San Michele all’Adige (Trento) e centrato sui nuovi modelli per l’export.
L’evento, rivolto ad esperti di marketing del vino, produttori e studenti, si inserisce all’interno del percorso formativo di eccellenza “executive master wine export management”, che forma gli specialisti dell’export vini. Professionisti in grado di supportare le aziende del vino nel complesso processo di internazionalizzazione. Oggi, al termine del seminario, si è svolta anche la consegna degli attestati a 24 nuovi manager del vino.
“Abbiamo analizzato quali sono queste competenze, i mercati storici del vino italiano, ma soprattutto quelli nuovi e la Cina in particolare, dove l’Italia del vino non è ancora riuscita ad affermarsi come hanno fatto i cugini d’Oltralpe, ma si stanno facendo enormi sforzi per recuperare terreno” ha detto Kim, l’esperta coreana a capo del braccio strategico internazionale di Vinitaly e impegnata ad utilizzare i canali innovativi per comunicare e celebrare “il vino italiano” all’estero – con un’enfasi creativa sui social media – sempre con un occhio di attenzione per aiutare i produttori italiani a vendere di più di una semplice bottiglia di vino.
LA CRESCITA L’export vitivinicolo italiano è fortemente cresciuto in quest’ultimo ventennio a dimostrazione del grande appeal internazionale della nostra vitienologia. E’ cresciuta però anche la concorrenza sui mercati internazionali, sono aumentate le problematiche organizzative, si sono fortemente modificati i sistemi distributivi e la stessa rete di importazione si è decisamente evoluta in quest’ultimo quinquennio. Grandi evoluzioni che stanno obbligando le imprese enologiche italiane a grandi sforzi organizzativi e ad aumentare fortemente la loro capacità di gestire la loro presenza sui mercati internazionali.
“Occorre puntare sulla qualità del vino, ma anche creare marchi in grado di esprimere uno stile di vita. Se riusciamo a fare questo le opportunità sono enormi”, ha detto Matteo Lunelli, presidente di Cantine Ferrari nonché direttore dell’International Wine and Spirits Competition IWSC, intervenuto assieme ad Antonio Rallo, presidente di Unione Italiana Vini e titolare della cantina Donnafugata, Emilio Pedron, amministratore delegato di Bertani Domains, Raffaele Boscaini, responsabile Marketing Masi, Francesco Ferreri, presidente di Assovini Sicilia, Matilde Poggi, presidente Fivi e titolare di Le Fraghe, Roberta Crivellaro dello studio legale Whiter.
A conclusione della tavola rotonda si è svolta la consegna degli attestati ai 24 nuovi export manager del vino, provenienti da varie regioni italiane e selezionati da una commissione che ha valutato oltre 70 candidature. Intanto, è tutto pronto per il prossimo corso: il 31 dicembre scadono i termini per iscriversi alla quinta edizione del corso di wine export management.
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E’ il primo vino della vendemmia, ma non fa (più) impazzire gli italiani. E’ un trend destinato a peggiorare di anno in anno quello della produzione e della vendita del “vino novello”. Reperibile anche nei supermercati italiani dal 30 ottobre, come da disposizione del Ministero delle Politiche agricole, si colloca quest’anno sul minimo storico di appena 2 milioni di bottiglie. Il deblocage, per la vendemmia 2016, è stato anticipato di quasi tre settimane rispetto al concorrente Beaujolais nouveau francese, in vendita solo a partire dal 17 novembre. La produzione del vino novello in Italia è iniziata verso la metà degli anni ’70, in risposta ai vignaioli francesi della zona di produzione del Beaoujolais. I ‘cugini’, per superare una stasi di mercato, misero sul mercato il Beaoujolais nouveau, volto a rivalorizzare il vino da uve Gamay meno pregiate della Borgogna meridionale. In Italia il vino novello ha avuto una rapida espansione, come evidenzia il fatto che dieci anni fa si producevano ben 17 milioni di bottiglie made in Italy.
LE RAGIONI DEL CROLLO “Ironia della sorte – evidenzia Coldiretti – a mancare quest’autunno saranno anche le castagne italiane, con il crollo del raccolto che si è verificato in Campania, la prima regione produttrice, dove si prevede un taglio fino al 90%, ma cali sono segnalati in tutto il Meridione mentre una leggera ripresa dei raccolti si stima al Nord, però, con alcune zone critiche a causa della siccità”.
All’origine del calo della produzione nazionale di vino novello, c’è una serie di fattori, a partire dalla limitata conservabilità, che ne consiglia il consumo nell’arco dei prossimi 6 mesi fino alla tecnica di produzione, la macerazione carbonica, che è più costosa di circa il 20% rispetto a quelle tradizionali. Ma sopratutto, come spiega la Coldiretti, “gli stessi vitigni che negli anni passati rappresentavano la base del novello vengono oggi spesso utilizzati per produrre vini ugualmente giovani, ideali per gli aperitivi, ma che non presentano problemi di durata”. Il ‘vino da bere giovane’ deve le sue caratteristiche al metodo di vinificazione utilizzato, che è stato messo a punto dal ricercatore francese Flanzy ed è fondato sulla macerazione carbonica. Leggero, con bassa gradazione (11 gradi) e bouquet aromatico, il novello viene consumato soprattutto in abbinamento con i prodotti autunnali come le caldarroste.
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“Scusate la domanda un po’ da ‘ignorante’. C’è da fidarsi ad acquistare un Planeta Santa Cecilia scontato così tanto? Di solito lo vedo in qualche enoteca a 22 euro circa”. E’ la domanda apparsa su un noto social network nei giorni scorsi, all’interno di un gruppo di appassionati di vino e sommelier professionisti.
Ad accompagnarla, una fotografia dello scaffale di un supermercato che mostra il Nero D’Avola Doc Noto “Santa Cecilia” in promozione al 37%. Acquistabile, dunque, per soli 12,50 euro. Avete capito bene? L’enoappassionato chiede ai sommelier se può “fidarsi” (usa esattamente il verbo “fidare”) ad acquistare uno dei migliori Nero D’Avola di Sicilia a prezzo scontato in Gdo. Chiede insomma agli esperti di illuminarlo sulle oscure ragioni che potrebbero nascondersi dietro a quel prezzo, così stranamente al ribasso.
Facciamo qualche ipotesi: rischio di contaminazioni da mucca pazza, ebola, vaiolo? O – forse peggio – qualcuno può aver scoperto che quelle bottiglie di Santa Cecilia sanno di tappo, prima ancora di averle aperte? La verità è un’altra. Ecco perché abbiamo deciso di spiegarvi come, quando e perché potete trovare il vino in promozione nel vostro supermercato di fiducia.
SCONTI E PROMOZIONI: PERCHE’? Le catene della Gdo (da Esselunga a Lidl, da Carrefour ad Auchan, passando per Conad, Iper la Grande I, Eurospin e Coop, per citarne qualcuno) acquistano ingenti quantitativi di merce sulla base di piani promozionali che, nella maggior parte dei casi, vengono stilati una volta all’anno dalle centrali di acquisto. Piani che servono a far quadrare margini di ricavo e bilanci al termine dell’anno fiscale.
Tali piani promozionali, spesso, vengono concordati con fornitori e distributori di beni – tra cui anche i produttori di vino – addirittura al momento della stipula dei contratti. Il buyer della Gdo cerca di abbassare il prezzo d’acquisto di un bene, promettendo la spinta promozionale del prodotto.
Ma ci sono anche altri due casi: l’insegna acquista merce e gestisce autonomamente il prezzo di vendita, senza ‘rendere conto’ al fornitore ; oppure gli garantisce un prezzo concordato, non inferiore a una certa soglia, per tutelarne l’immagine.
Gli acquisti di merce da parte delle centrali della Gdo si basano fondamentalmente sulla presunzione di vendita del bene. E, dunque, sul presunto successo – per rimanere in tema vino – della singola etichetta sugli scaffali del supermercato. Per questo, una delle possibili ragioni alla base degli sconti ‘shock’ è l’eccessivo stock di una determinata etichetta di vino nei magazzini della catena.
Lo stoccaggio di merce invenduta, come è facilmente immaginabile, comporta dei costi. Così, l’insegna preferisce ‘svendere’ un prodotto (garantendosi comunque un minimo di margine, riducendolo dal 30-45% originario) piuttosto che conservarlo nel ‘retrobottega’ senza il minimo profitto.
I prezzi sorprendenti del vino al supermercato possono essere inoltre giustificati dall’immissione in commercio, da parte dei fornitori, di nuove annate. Per intenderci, la stessa operazione a cui assistiamo quando una casa automobilistica ‘svende’ un modello di auto, dopo aver annunciato la produzione del successivo.
In concomitanza con la presentazione ufficiale delle nuove vendemmie da parte delle aziende vitivinicole aderenti ai consorzi delle Doc e delle Docg italiane (ma il discorso vale anche per le Igt), le rimanenze della precedente annata vengono poste in promozione dalle insegne dei supermercati, costrette ad operare al ritmo forsennato del consumatore moderno, sempre più consapevole e informato (ricordate, a tal proposito, il caso del Novello della Valcalepio in promozione a 90 centesimi nei supermercati Il Gigante?). Tutto ciò, ovviamente, non incide sulla qualità della bottiglia, a meno che non si tratti di vini da bere giovani o giovanissimi.
PRODOTTI “FUORI ASSORTIMENTO”
Il prezzo del Nero D’Avola Doc Santa Cecilia Planeta può essere spiegato, infine, da un’ultima ragione. L’offerta risulta valida – come evidenzia l’etichetta prezzo – fino al 31/12/2016: la catena della Gdo si concede insomma tre mesi di tempo per terminare le scorte a magazzino.
Tale vino, dunque, rimarrà scontato per un periodo che va oltre la scadenza del volantino. Molto probabilmente, il buyer, tenendo conto delle scarse rotazioni (vendite) del vino in questione, ha deciso di eliminarlo dall’assortimento, a partire dal 2017. Provando dunque a terminare le rimanenze spingendo le vendite con il 37% di sconto.
Così facendo, la catena guadagna comunque: senza compromettere in alcun modo la salute del consumatore, libera uno spazio a scaffale che destinerà a un nuovo prodotto – magari della stessa casa produttrice? – su cui intende puntare dal nuovo anno. In sintesi? Niente paura, fidatevi degli sconti. Soprattutto se il prezzo pieno del vino supera i 7-8 euro: da questa soglia – ve lo assicuriamo noi di #vinialsuper – si può bere bene. Anche al supermercato.
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(3,5 / 5) Il classico vino dell’estate, made in Sicilia. Non impegnativo, ma capace comunque di soddisfare chi ci si accosta. E’ il Catarratto Terre Siciliane Igt 2015 Fazio, casa vinicola in Erice.
Nome particolare per questo vitigno a bacca bianca originario della provincia di Trapani, che ricorda quanto sia “abbondante” la produttività delle singole viti. Un’abbondanza benevola, dal momento che gli acini sono ricchi di acidi ferulici, dalle note proprietà antiossidanti.
LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, il Catarratto Terre Siciliane Igt Fazio si presenta di un giallo paglierino non particolarmente carico, ma dai riflessi di colore verdolino. Al naso i tipici sentori di fiori bianchi e frutta fresca, che spazia dalla pesca all’esotico.
Al palato il meglio di questo prodotto: la buona intensità e finezza delle note fruttate già riscontrate al naso, si esprime nel quadro di un’acidità spiccata, che conferisce grande e piacevole freschezza alla beva, assieme a una buona sapidità. Un vino d’estate, appunto.
Corretto consumarlo come aperitivo, anche se il Catarratto Fazio ambisce (giustamente) ad accompagnare piatti di pesce e crostacei, con cui certo non sfigura. L’ennesimo prodotto dall’ottimo rapporto qualità prezzo che possiamo reperire sugli scaffali dei supermercati italiani.
LA VINIFICAZIONE La zona di produzione delle uve è quella occidentale della Sicilia, nel territorio collinare a Nord della provincia di Trapani. I vigneti crescono a un’altezza compresa tra i 400 e i 450 metri sul livello del mare. Dopo la raccolta e la diraspatura, le uve vengono sottoposte a una macerazione a freddo, con le bucce a contatto con il mosto.
Segue una pressatura soffice degli acini e una fermentazione a temperatura controllata, compresa tra i 14 e i 16 gradi. Prima della commercializzazione, il Catarratto Terre Siciliane Igt affina in vetro per 4 mesi circa. Fazio è ormai una realtà ben consolidata nel mondo della grande distribuzione organizzata italiana.
Tra i prodotti top di gamma, molti hanno ricevuto riconoscimenti, anche a livello internazionale. Premi che si sommano al merito d’aver contribuito in maniera determinante al riconoscimento della Doc Erice in Sicilia. Contesto nel quale Fazio opera ormai da quattro generazioni.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
L’estate raccontata attraverso le fotografie degli amanti del buon vino. Casa vinicola Fazio, cantina di Erice, Trapani, lancia sui social network il contest fotografico #EstateconFazio, un concorso in cui gli utenti di Facebook, Instagram e Twitter potranno condividere le proprie foto scattate durante l’estate e vincere una visita nell’azienda vinicola alle pendici del monte Erice, in provincia di Trapani. Il concorso, totalmente gratuito, si apre oggi e continuerà fino al 31 agosto. Gli scatti verranno poi selezionati dall’azienda e i vincitori saranno proclamati il 7 settembre. Partecipare è semplice: basta avere compiuto 21 anni, possedere un account Facebook, Instagram o Twitter ed essere follower – o mettere “Mi piace” nel caso di Facebook – della pagina “Fazio Casa vinicola in Erice”. Nel caso di Facebook, basterà pubblicare sulla pagina della cantina Fazio una foto che raffiguri una delle bottiglie dei vini dell’azienda in un contesto estivo, accompagnato l’hashtag #EstateconFazio.
Lo stesso vale per Instagram e Twitter, ma in questo caso bisognerà pubblicare la foto taggando @Faziowines e utilizzando l’hashtag #EstateconFazio. Ogni foto dovrà ritrarre un momento di spensieratezza estiva insieme a una bottiglia a scelta di vini Fazio: un aperitivo con gli amici, un calice del vino da sorseggiare al mare o in montagna, un piatto estivo abbinato ad un bicchiere di vino, un tramonto mozzafiato da guardare in compagnia di un buon vino, e tutto quello che richiami l’estate. Le foto verranno condivise sui profili social dell’azienda e al termine del concorso verrà creata una gallery con gli scatti dei partecipanti. Il migliore vincerà una visita guidata alla casa vinicola Fazio con degustazione dei vini della selezione Erice Doc. Il secondo classificato si aggiudicherà, invece, una selezione dei bianchi Erice Doc Fazio: Aegades Grillo, Calebianche Catarratto, Chardonnay e Müller Thurgau, più il cavatappi aziendale.
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“Dall’importante lavoro svolto da Ismea e di Wine Monitor – Nomisma, sull’export vinicolo delle regioni italiane, emerge quella che a mio avviso è un’evidente ingiustizia, tutta a scapito del Sud e soprattutto a svantaggio di regioni come la Puglia o la Sicilia. I codici di nomenclatura possono aiutare a ‘tracciare’ gli scambi e ricostruire dati più aderenti al vero”.
Lo ha dichiarato ieri, in occasione della conferenza stampa convocata per le 11:30 nella Sala Nassirya di Palazzo Madama, il senatore Dario Stefàno (Sel) a proposito del calcolo dei dati export del vino, attraverso cui si evidenzia una mancata corrispondenza tra il luogo di origine del prodotto e la località di sdoganamento.
“Non mettiamo in discussione il prezioso e puntuale lavoro di Ismea – precisa Stefàno – puntiamo invece i riflettori su quella che appare come una ‘pigrizia burocratica’ che va a pregiudicare le performance di alcune ragioni tra le quali la Puglia”.
“Basta osservare – ha proseguito Stefanò – dal punto di vista statistico, l’incremento della propensione all’export della regione dove avviene lo sdoganamento, a scapito appunto di quella di origine. È il caso palese di regioni come il Piemonte e il Trentino, dove tale propensione è a 3 cifre percentuali (rispettivamente 141% e 173%).
“Quindi – continua Stefàno – se è logico che una regione non possa esportare più del 100% di quanto produce, come opportunamente segnalato nello stesso report di Ismea, tuttavia da questa percentuale ‘dopata’ scaturiscono e si determinano ricadute penalizzanti e pesanti per interi territori”.
Una su tutte, la ripartizione dei fondi Ocm vino che costruisce le sue determinazioni avvalendosi anche dei dati Istat (come quelli in questione) fino ad arrivare a possibili interessi di appeal commerciali o per investimenti che i privati potrebbero realizzare e che le attuali evidenze statistiche, per alcuni casi, potrebbero addirittura scoraggiare”.
“Per sanare questa distorsione della lente statistica – aggiunge Stefàno – intendo proporre la convocazione di un tavolo tecnico presso il Mipaaf, coadiuvato da Ismea, Agenzia delle Dogane e Istat affinché vengano redatti, per le regioni mancanti, i codici di nomenclatura combinata mediante i quali sarà possibile ricostruire il vero dato circa la propensione all’export delle regioni nonché contribuire a migliorare il sistema di informazioni su tali scambi”. “Un’iniziativa – conclude Stefàno – che ribadisce la centralità e l’importanza dell’origine dei prodotti, sulla quale l’Italia non può permettersi alcun tentennamento”.
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“L’Italia, per due giorni, è diventata la capitale europea del vino”. Antonio Rallo, presidente di Unione Italiana Vini (Uiv), ha accolto con queste parole il ritorno in Italia del Comité Européen des Entreprises Vins (Ceev), l’organismo che raccoglie le associazioni dei produttori vitivinicoli comunitari. L’obiettivo del Ceev, che raccoglie 23 organizzazioni in rappresentanza di migliaia di imprese, capaci di esprimere oltre il 90% dell’export europeo di vino, è quello di organizzare la propria Assemblea Generale proprio nel Belpaese. “Una testimonianza concreta del ruolo e del peso che l’Italia attraverso l’Unione Italiana Vini – commenta ancora Rallo – conquistato nel comparto tra i Paesi membri”. E proprio in occasione dell’Assemblea Generale del Comité Européen des Entreprises Vins, organizzata in Sicilia il 20 e 21 giugno presso le aziende Donnafugata (Marsala) e Planeta (Sambuca), Rallo è intervenuto in merito della riforma organizzativo-statutaria, sollecitando a nome dell’Unione Italiana Vini “una presenza più forte delle imprese nella gestione politica del Comité Vins”. Come? “Con l’istituzione di un ‘club dei CEOs’ di alcune grandi imprese produttrici europee – ha evidenziato il presidente Uiv – che affianchino, con potere consultivo, l’azione del Presidente, del Segretario Generale e del Board”. Una proposta già avanzata da Domenico Zonin durante la sua presidenza, che ha incontrato subito il consenso di tutte le altre associazioni nazionali. “Perché rappresenta una modalità innovativa di dialogo diretto fra Ceev e soci – ha commentato Rallo – valorizzando la testimonianza diretta degli imprenditori che operano quotidianamente sui mercati internazionali. La nostra posizione punta a configurare un’associazione più inclusiva capace di rappresentare verso le Istituzioni in modo efficace, dinamico e moderno, tutte le imprese della filiera, private e cooperative, riproponendo la formula vincente sperimentata in questi anni all’interno di Unione Italiana Vini”.
L’ASSEMBLEA IN SICILIA Due le tematiche prioritarie trattate durante i lavori, che decideranno le sorti del comparto per i prossimi anni: il nuovo assetto normativo che regolerà la vitivinicoltura europea dopo la conclusione della Pac nel 2020 e la riforma organizzativo-statutaria che dovrà tenere conto della nuova geografia di rappresentanza espressa dalle associazioni nazionali dei produttori e della moderna realtà produttiva e di mercato della vitivinicoltura europea. “È urgente elaborare una proposta politica che privilegi la competitività del nostro settore per arrivare in tempo alla scadenza del 2020 – dichiara ancora Antonio Rallo, nella foto – favorendo un orientamento che assicuri la specificità normativa sul vino non solo legata al budget finanziario, ma anche alla gestione e protezione delle DO e delle IG, oltre che all’etichettatura. L’impegno di Unione Italiana Vini, al fianco di Comité Vins, si muoverà per impedire che la specificità normativa del vino si ‘smarrisca’ nella più ampia regolamentazione agroalimentare, come vorrebbero le istituzioni europee, e per sollecitare una revisione al rialzo del budget previsto per il settore. Non possiamo e non vogliamo che il vino europeo rischi di perdere la propria leadership – spiega sempre Rallo – danneggiando pesantemente un comparto che, all’interno della relativa dinamica economico-produttiva, interpreta valori sociali occupazionali e di sostenibilità dei territori estremamente importanti, contribuisce alla conservazione delle tradizioni e alla valorizzazione delle identità culturali”.
Oltre ai vertici del Ceev, rappresentati dal presidente Jean-Marie Barillère (presidente Union des Maisons de Champagne e direttore delle attività champagne di Moët & Chandon), dal vicepresidente Domenico Zonin e dal segretario generale Ignazio Sanchez Recarte, erano presenti all’Assemblea numerosi esponenti del comparto vitivinicolo nazionale (Frescobaldi, Ruffino, Zonin, Tasca d’Almerita oltre ovviamente a Donnafugata e Planeta) ed europeo (Miguel Torres s.a. – Spagna, Dao Sul e Sogrape Vinhos s.a. – Portogallo, Pernod Ricard – Francia). Significativa anche la presenza delle Istituzioni italiane con Andrea Olivero, vice ministro delle Politiche agricola alimentari e forestali; Felice Assenza, direttore generale delle politiche internazionali del Mipaaf; Antonello Cracolici, assessore all’Agricoltura della Regione Sicilia; Alberto Di Girolamo, sindaco di Marsala.
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Vinialsupermercato.it non poteva mancare, quest’oggi, a Torre a Mare. La frazione del Comune di Bari ha ospitato una delle più importanti rassegne sui vini del Sud. Parliamo ovviamente di Radici del Sud, manifestazione internazionale dedicata ai soli vini meridionali. Alle loro mille facce e sfaccettature. Dall’Aglianico della Basilicata al Primitivo della Puglia, passando per la Falanghina della Campania e al Nero d’Avola della Sicilia, per citarne solo alcuni (qui i vini 2016 premiati dalla giuria). Un’iniziativa lodevole, che vede finalmente i produttori meridionali – ormai affermatissimi nel panorama mondiale per la qualità dei loro vini – riunirsi sotto lo stesso “tetto” per un evento comune, in cui sfoggiare le proprie perle. Tutto bellissimo. Se non fosse che la location, una delle sale dell’Una hotel Regina, sia parsa piuttosto “ristretta” per una manifestazione di tale portata. Vero è che i 15 euro previsti per l’ingresso, con degustazioni illimitate, sono risultati ai più un prezzo ‘onesto’ per accedere alla stupenda sala da cerimonie in pietra. All’interno, ecco i vari banchi d’assaggio, sistemati in maniera un po’ confusa: poca la chiarezza nella distinzione tra i produttori delle varie regioni. Con un po’ d’impegno, abbiamo avuto comunque la possibilità di scoprire interessantissime realtà. A conferma che i produttori del Sud abbiano ormai intrapreso la strada della qualità, dimostrando di essere bravi vinificatori, nonostante mille difficoltà.
I MIGLIORI ASSAGGI
E non ci riferiamo soltanto ai ‘grandi nomi’ quali Feudi di San Gregorio, con le cantine vassalle Basilisco e Ognissole, o a marchi importanti pugliesi come Antica Masseria Jorche, una delle regine del Primitivo di Manduria, o ancora a Colli della Murgia, cantina biologica di Gravina in Puglia che presentava due spumanti metodo Charmat e un rosato pugliese ‘atipico’, di un eccellente rosa tenue, oltre ai vari bianchi di Minutolo. Grandi conferme anche quelle riservate dai vini lucani, con la nota Cantine del Notaio a sfoggiare – otre ovviamente ai vari Aglianico del Vulture – un metodo classico di Aglianico vinificato in bianco, molto interessante. Tra i vini che meritano una menzione particolare, ecco un bianco vinificato come un vino rosso, in otri di terra cotta: quello dell’azienda Lunarossa di Giffoni Valle Piana, provincia di Salerno, Campania. Quartara è il nome di questo gioiello, che prende il nome dal recipiente che lo culla sino a diventare un nettare così prelibato: un Fiano dei colli Salernitani che rimane a contatto con le bucce per 2 mesi. Abbastanza per regalare un bianco fresco e brillante, non trattato, nel rispetto della filosofia dei più famosi vignaioli friulani. Insomma: sono ormai tante le realtà vitivinicole meridionali che meritano di essere raccontate su palcoscenici di tutto rispetto. Anche – e soprattutto – fuori dai confini di un Sud Italia che sta sempre più ‘stretto’ al cuore e alla passione di questi produttori. Un cuore che, il più delle volte, batte al ritmo della qualità assoluta.
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Non certo la migliore espressione dei vini rossi della casa vinicola siciliana Donnafugata, Sedàra Sicilia Doc Rosso 2013 si presenta da sé sull’etichetta”d’autore” posta sul retro bottiglia: peraltro di difficile lettura, non solo per i caratteri troppo “piccoli” ma anche per la scelta di stampare le note descrittive su una raffigurazione delle cantine di Contessa Entellina (tutto bellissimo – per carità – ma difficile da apprezzare appieno tra le corsie di un supermercato). Vino “piacevole e informale”, si può leggere, “dalla pizza al barbecue”. Insomma, il vino “base” Donnafugata. Da apprezzare non per particolari doti, ma proprio per la sua intrinseca trasversalità nell’accompagnare le pietanze di tutti i giorni. Un vino, Sedàra Sicilia Doc Rosso, che si presenta nel calice di un rosso profondo, poco trasparente. Il suo punto forte? Quell’essere timido in entrata e forte in chiusura, sia al naso sia al palato. Con la frutta rossa (ciliegia) che si esprime intensa prima di lasciare spazio a una speziatura decisa, di pepe nero e chiodi di garofano. Sentori che, all’olfatto, si fanno tuttavia sempre meno eleganti nel calice, col passare dei minuti. Vino fresco e di facile beva nonostante i 13 gradi, risulta morbido e rotondo in bocca. Caratteristiche, queste, che lo rendono l’accompagnamento perfetto per piatti non troppo elaborati: la cucina di tutti i giorni, senza troppi fronzoli, sembra insomma il territorio prediletto di questo vino rosso siciliano. A una temperatura di servizio tra i 16 e i 18 gradi.
LA VINIFICAZIONE
A comporre il ‘quadro’ di Sedàra Sicilia Doc Rosso Donnafugata sono Nero d’Avola (prevalente), Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah. La zona di produzione è quella della Sicilia sud occidentale, più precisamente quella della Tenuta di Contessa Entellina e dei territori limitrofi. Le vigne sono tutte collocate a un’altitudine che varia dai 200 ai 600 metri sul livello del mare, con orografia collinare e suoli franco-argillosi a reazione sub-alcalina (pH da 7,5 a 7,9). Ricca la presenza di elementi nutritivi (potassio, magnesio, calcio, ferro, manganese, zinco) mentre il calcare totale varia dal 20 al 35%. Il vigneto è allevato con il sistema della controspalliera, con potatura a cordone speronato, lasciando da 6 a 10 gemme per pianta. La densità d’impianto varia da 4.500 a 6 mila piante per ettaro e rese di circa 85 quintali per ettaro (1,6 kg per pianta). La vendemmia delle uve destinate al Sedàra inizia a fine agosto con il Merlot e prosegue nelle prime due settimane di settembre con la raccolta di Syrah, Nero d’Avola e Cabernet Sauvignon. La fermentazione è svolta in acciaio con macerazione sulle bucce per circa 10 giorni alla temperatura di 25-28° gradi e per circa 6- 8 giorni alla temperatura di 24-25°C. A fermentazione malolattica svolta, segue l’affinamento per 8 mesi in vasca e poi in bottiglia per almeno altri 5 mesi. La longevità di Sedàrà, una volta messo in commercio, è di 4-5 anni. Immortale, invece, la raffigurazione in etichetta che riporta alla memoria Angelica Sedàra e l’affascinante sua interprete Claudia Cardinale, protagonista del film “Il Gattopardo” di Luchino Visconti.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Sarà affidata all’abilità degli “osti del Mezzogiorno” la cena che chiuderà l’undicesimo salone del vino meridionale. Saranno 6 i protagonisti della cucina del Sud che parteciperanno insieme alla preparazione della cena conclusiva di Radici del Sud 2016 (qui il menu) alla quale è invitato lunedì 13 giugno tutto il pubblico degli appassionati di enogastronomia. Acquistando il coupon comprensivo di 6 ticket, in aggiunta al kit di degustazione col quale si accede al Salone del Vino in programma durante l’intero arco della stessa giornata (10.00 – 20.00), sarà possibile gustare i piatti che ognuno degli chef creerà pensando alla sostenibilità e a materie prime del loro territorio di provenienza per esaltarne al massimo le peculiari caratteristiche qualitative e assaggiare le 432 etichette (delle 184 cantine iscritte al salone) partecipanti a Radici del Sud. La cena si svolgerà a buffet negli accoglienti spazi all’aperto dell’Una hotel Regina (BA) per esaltare in gran stile i vini da vitigno autoctono meridionali cui è dedicata la manifestazione che da 11 anni coinvolge i massimi esperti internazionali del settore che puntualmente accorrono ad osservare la continua evoluzione di un comparto rappresentato da centinaia di importanti e qualificati produttori.
I PROTAGONISTI
I sei chef, in postazioni riservate nella zona degli stand dei vini, lavoreranno alla realizzazione di piatti che prevedano il meno possibile la manipolazione degli ingredienti ma giochino piuttosto sui sorprendenti risultati di leggerissime cotture, marinature ed altre tecniche di preparazione. Nando Salemme (Abraxas osteria/Pozzuoli) dalla Campania, Bianca Celano (Qqucina Qui/Catania) dalla Sicilia, Mariantonietta Santoro (Al Becco della Civetta/Castelmezzano) dalla Basilicata, Giuseppe Gatto (Da Lucrezia/Trebisacce) dalla Calabria, Stefano D’Onghia (Botteghe Antiche/Putignano) e Roberto Caputo (Una Hotel Regina/Bari) dalla Puglia, sono gli osti che Radici del Sud 2016 ospiterà e a cui affida il compito di rendere fedelmente l’essenza dell’autentica gastronomia italiana del Sud. Ognuno di loro si dedica giornalmente con ambizione, passione e sacrificio alla conoscenza e comprensione delle generose materie prime disponibili nei nostri territori e sa combinarle in una cucina che nel pieno rispetto dei loro naturali sapori riesca a esprimersi in modo assolutamente speciale, a volte imprevedibile. I risultati ottenuti, e spesso premiati, ne fanno degli autorevoli interpreti e ambasciatori della più identitaria cucina del Sud.
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Menfi è vino: 7 mila ettari di terreno vitato, il 40 per cento dell’export di tutta la produzione vinicola dell’isola, una tradizione vitivinicola millenaria. Inycon, la festa del vino, torna, a Menfi, nel weekend dal 17 al 19 giugno 2016 per la ventunesima edizione. Quest’anno la manifestazione si pone come clou di una programmazione di eventi che coinvolgono complessi il territorio di Menfi lungo il corso di tre stagioni: le Stagioni del Gusto. La programmazione, inserita nel Calendario regionale delle manifestazioni di grande richiamo turistico della Regione Siciliana, mira a promuovere il territorio di Menfi e le sue risorse paesaggistiche, culturali ed enogastronomiche, aumentando l’attrattività dell’area in primavera e autunno e potenziando l’offerta di intrattenimento nella stagione estiva. La ventunesima edizione di Inycon, organizzata dal Comune di Menfi, Cantine Settesoli, SI.S.TE.MA. Vino e Strada del Vino delle Terre Sicane, avrà, come da tradizione, nel vino locale, eccellenza del territorio, il suo perno tematico. La tre giorni si dipanerà seguendo un serrato avvicendarsi di eventi. I Wine Tasting, rivolti ad un pubblico enologicamente qualificato, si terranno a Casa Planeta. Saranno l’occasione, per le case vinicole locali, di presentare le proprie novità produttive. I Dialoghi del Vino, coordinati da Giacomo Pilati, porteranno a Menfi scrittori di fama che intratterranno il pubblico con la presentazione delle loro ultime opere letterarie. Protagonisti dei dialoghi di quest’anno saranno Katia Ricciarelli, Simonetta Agnello Hornby ed Antonio Caprarica. Gli splendidi cortili di Via della Vittoria si trasformeranno in Cortili del gusto. Gli allestimenti saranno affidati ai produttori locali ed ai Comuni del Belìce e delle Terre Sicane per far degustare le loro eccellenze gastronomiche in un’atmosfera emozionale e dall’alto valore artistico. I Percorsi del gusto, organizzati lungo la via Garibaldi, sono stati pensati come un viaggio fra i sapori dei territori siciliani. Le serate di Inycon saranno animate dagli Showine. La piazza Vittorio Emanuele si trasformerà in un elegante, gigantesco wine bar. Gli spettacoli sono stati pensati per coinvolgere, ogni sera, un pubblico differente. Presentatori e animatori delle tre serate saranno Fede & Tinto, icone storiche della manifestazione; insieme a loro, il conduttore menfitano, Giacomo Tarantino. Francesco Pensovecchio condurrà invece i talk show con i produttori di vino. Tanti gli ospiti degli Showine. La sera del 17 si esibirà il comico Roberto Lipari. Il 18 sul palco il gruppo Al Manzil. Il 19, serata conclusiva, il cantante Davide “Shorty” Sciortino accenderà la piazza fino al momento culminante, lo spettacolo multimediale “Sale della Terra”, di Francesco Bondì.
Programma
Venerdì 17 Giugno
10:00 Convegno sul progetto Magon, organizzato in collaborazione con la Strada del Vino delle Terre Sicane, a Casa Planeta
17:00 Wine Tasting, organizzato in collaborazione con la Strada del Vino delle Terre Sicane, all’Enoteca delle Terre Sicane
19:00 I Dialoghi del Vino, Katia Ricciarelli presenta, con Giacomo Pilati, il libro “Da donna a donna”, a Casa Planeta
Dalle 20 Tra sorsi di vino e cortili in festa, Degustazioni di vino e specialità gastronomiche delle Terre Sicane, Via della Vittoria
Dalle 20 Percorsi del Gusto, Itinerario gastronomico fra i sapori dei territori siciliani, Via Garibaldi
21:00 Lumiere, performance di live painting di Petra Trombini, Palazzo Tito
21:00 L’albero della vita, videomapping di Deep Sheet, Piazzetta San Giuseppe
Dalle 21 Showine, con Fede&Tinto e Giacomo Tarantino e la partecipazione di Francesco Pensovecchio. Intrattenimento, interviste e personaggi del mondo del vino. Ospiti: Roberto Lipari, Piazza Vittorio Emanuele.
Sabato 18 Giugno
10:00 Prima edizione del Premio Terr@, in collaborazione con la LURSS e Banca Mediolanum, a Casa Planeta
17:00 Wine Tasting, organizzato in collaborazione con la Strada del Vino delle Terre Sicane, all’Enoteca delle Terre Sicane
19:00 I Dialoghi del Vino, Simonetta Agnello Hornby presenta, con Giacomo Pilati, il libro “Caffè Amaro”, a Casa Planeta
Dalle 20 Tra sorsi di vino e cortili in festa, Degustazioni di vino e specialità gastronomiche delle Terre Sicane, Via della Vittoria
Dalle 20 Percorsi del Gusto, Itinerario gastronomico fra i sapori dei territori siciliani, Via Garibaldi
21:00 Lumiere, performance di live painting di Petra Trombini, Palazzo Tito
21:00 L’albero della vita, videomapping di Deep Sheet, Piazzetta San Giuseppe
Dalle 21Showine, con Fede&Tinto e Giacomo Tarantino e la partecipazione di Francesco Pensovecchio. Intrattenimento, interviste e personaggi del mondo del vino. Ospiti: Al Manzil, Piazza Vittorio Emanuele.
Dalle 24 Dj Set, Piazza Vittorio Emanuele
Domenica 19 Giugno
10:00 Camminata fra gusto e storia, organizzata dai camminatori di Menfi lungo le vie della città.
17:00 Wine Tasting, in collaborazione con la Strada del Vino delle Terre Sicane, all’Enoteca delle Terre Sicane
19:00 I Dialoghi del Vino, Antonio Caprarica presenta, con Giacomo Pilati il libro “Intramontabile Elisabetta”, a Casa Planeta
Dalle 20 Tra sorsi di vino e cortili in festa, Degustazioni di vino e specialità gastronomiche delle Terre Sicane, Via della Vittoria
Dalle 20 Percorsi del Gusto, Itinerario gastronomico fra i sapori dei territori siciliani, Via Garibaldi
21:00 Lumiere, performance di live painting di Petra Trombini, Palazzo Tito
21:00 L’albero della vita, videomapping di Deep Sheet, Piazzetta San Giuseppe
Dalle 21 Showine, con Fede&Tinto e Giacomo Tarantino e la partecipazione di Francesco Pensovecchio. Intrattenimento, interviste e personaggi del mondo del vino. Ospiti: Davide “Shorty” Sciortino, Piazza Vittorio Emanuele.
23:00 “Sale della Terra”, spettacolo multimediale dedicato alle Stagioni. Ideato e diretto da Francesco Bondì
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Più di 6 milioni e mezzo di euro sono stati stanziati per la promozione dei vini siciliani nel mondo. Queste le cifre del bando pubblicato dall’assessorato regionale all’Agricoltura che punta ad incrementare la competitività dei vini siciliani sui paesi terzi. “Il vino siciliano alla conquista del mondo. Queste risorse permetteranno ai nostri produttori di promuovere campagne di marketing volte a rafforzare l’export del vino siciliano. C’è una domanda crescente che chiede qualità, tracciabilità e identità. I nostri vini devono rientrare in una strategia di promozione condivisa da tutti i soggetti in campo per massimizzare l’impatto del brand Sicilia” ecco quanto ha dichiarato l’assessore regionale all’Agricoltura Antonello Cracolici. Ulteriori risorse pari a circa 2 milioni di euro si aggiungeranno per le quote annuali dei progetti in corso già avviati. L’erogazione del contributo non potrà superare il 50% delle spese sostenute. I progetti dovranno avere una durata minima di 12 mesi e massima di 24 mesi e a parità di punteggio in graduatoria verrà data priorità ai consorzi di tutela riconosciuti, alla maggiore presenza di piccole e medie imprese, al numero di aree e paesi terzi presenti nel progetto. La scadenza per la presentazione delle domande è stata fissata al prossimo 27 giugno.
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Sono 183 le aziende produttrici di Puglia, Basilicata, Campania, Calabria e Sicilia che parteciperanno con oltre 420 diverse etichette a Radici del Sud 2016 in scena a Bari, dal 7 al 13 giugno. Il gran numero di adesioni conferma, secondo gli organizzatori, “la piena fiducia da parte delle cantine all’evento di marketing e promozione che negli ultimi 10 anni ha dato un prezioso contributo al comparto dei vini da vitigno autoctono di Puglia e del meridione”. Novità sarà l’assetto della giuria. Quest’anno, infatti, varia in modo sostanziale rispetto al passato. Invece di essere divisi in gruppi diversi, quello estero e quello nazionale, tutti i giornalisti degusteranno insieme i vini in concorso nella stessa giuria. L’altra sarà invece composta dalla compagine dei compratori e degli importatori, anche in questo caso sia italiani che stranieri provenienti da 13 paesi esteri (Svezia, Finlandia, Norvegia, Danimarca, Gran Bretagna, Olanda, USA, Canada, Giappone, Lituania, India, Polonia e Brasile). Per arricchire la già ampia selezione dei vini, per la prima volta Radici del Sud accoglierà in concorso, anche gli spumanti ottenuti da uve autoctone, con metodo charmat o classico, suddivisi in bianchi, rosé e rossi.
Radici Del Sud 2016 contempla una serie di attività che si svilupperanno nell’arco di più giornate, alcune dedicate agli incontri BtoB (8-10 giugno) fra i buyer e gli esperti esteri con i produttori di vino, altre dedicate alla conoscenza delle realtà produttive del meridione attraverso la visita diretta delle cantine da parte della stampa estera. Il 13 giugno sarà la giornata dedicata al pubblico enoappassionato. Dalle 10 fino alle 20, presso l’Una Hotel Regina di Bari, circa 150 aziende di vino accoglieranno il pubblico di settore italiano e straniero. I visitatori potranno così, presso i banchi d’assaggio, conoscere le diverse produzioni delle cantine e dialogare direttamente con il produttore informandosi sulle peculiarità delle etichette. Inoltre, ci saranno anche gli stand di piccoli produttori locali di salumi e formaggi e i giovani chef dell’Istituto Eccelsa che durante la prima parte del Salone proporranno piatti a i visitatori.
Alle 19.30 andrà in scena la conferenza conclusiva “Alle origini della sostenibilità” e per l’occasione interverranno numerosi ospiti stranieri e italiani tra cui i rappresentanti delle associazioni pugliesi di settore come Assoenologi, Le Donne del Vino, Vinarius, Slow-wine e DeGusto Salento. “Ci sarà l’occasione di trovare punti di convergenza riguardo alla sostenibilità – spiega Nicola Campanile, patron di Radici del Sud – confrontandoci tra i vari attori del settore vino e dell’agroalimentare. Preservare il bene della terra significa garantirgli lunga vita, migliorare la qualità e il valore identitario della vite e del suo habitat per salvaguardare l’unicità della nostra agricoltura come valore culturale tra i più apprezzati al mondo; è in questo ambito che si consuma la sfida dei prossimi anni”. A fine conferenza saranno resi noti e premiati i vini vincitori dell’XI edizione di Radici del Sud e poi, a partire dalle 20,30, inizierà la grande festa dedicata ai 420 vini in libera degustazione insieme alla cucina di osti e chef tra i migliori del sud Italia.
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Arriva un nuovo premio nel medagliere dei vini della Casa vinicola Fazio: il Gabal Nero d’Avola Doc Sicilia annata 2014 si è aggiudicato la Medaglia d’argento al Concours Mondial de Bruxelles, uno dei più prestigiosi concorsi internazionali del vino.
Quest’anno la competizione si è svolta Plovdiv, in Bulgaria, con oltre 8.750 vini provenienti da 51 paesi che si sono affrontati davanti a una selezione dei migliori degustatori del mondo. Per l’edizione 2016 del concorso, la cantina Fazio ha scelto di presentare una selezione di vini di altissima qualità e dall’ottimo rapporto qualità prezzo.
Il Nero d’Avola in purezza prodotto alle pendici del monte Erice, in provincia di Trapani, ha stregato la platea formata da sommelier, buyer e giornalisti del settore. Prodotto da uve che crescono a 300 metri sul livello del mare, il Gabal deve il suo nome al modo con cui gli arabi chiamavano Erice.
Un rosso fruttato, che fa un breve élevage in botte di rovere francese e continua l’affinamento in bottiglia per tre mesi. Il suo colore è rubino vivace intenso, con note olfattive di frutti a bacca rossa come ribes nero, mirtillo e ciliegia, che fanno del Gabal uno dei vini della Fazio più apprezzati e richiesti nei mercati esteri.
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Il vino rosso siciliano non è solo buono, fa anche bene alla salute. Alcuni studi scientifici dimostrano, infatti, come alcune sostanze contenute nelle uve dei vitigni autoctoni siciliani a bacca rossa abbiano funzioni cardioprotettrici fondamentali per la salute dell’uomo. Di questo e degli aspetti salutari del vino si parlerà domani al Vinitaly di Verona, nel corso della convegno scientifico ”Vino, salute e stili di vita”, che si svolgerà alle ore 13 nella sala conferenze IRVOS del Padiglione 2 Sicilia. L’’incontro è organizzato dalla Strada del Vino Erice Doc, l’associazione che comprende le aziende vinicole e agroalimentari di eccellenza del territorio della Sicilia occidentale, con la collaborazione scientifica dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Trapani, Assovini Sicilia ed Irvos, AIS Sicilia, ONAV, Federazione Strade del Vino, Slow Food TP, Idimed, Distretto Tecnico Agrobiopesca e Casa Vinicola Fazio. Lo scopo dell’incontro è quello di far riscoprire i valori fondanti del vino e dell’alimentazione nella nostra società, soprattutto in relazione ad un consumo consapevole ed equilibrato che favorisca la prevenzione delle malattie cardiovascolari e induca le persone ad un corretto stile di vita. Al convegno interverranno due tra i più importanti medici/ricercatori siciliani che hanno studiato a fondo il legame tra vini rossi autoctoni siciliani e salute: il prof. Giuseppe Carruba, oncologo e presidente dell’Idimed, e il dott. Arian Frasheri, cardiochirurgo dirigente dell’U.O. dell’ospedale S.A. Abate di Trapani. Si parlerà soprattutto degli studi clinici che hanno dimostrato il valore benefico per la salute derivato dal consumo dei vini siciliani, in particolare delle uve provenienti da alcuni vitigni a bacca rossa, che in migliaia di anni di evoluzione genetica e di adattamento all’habitat hanno mostrato la tendenza ad accumulare maggiore quantità di stilbeni. I rossi autoctoni siciliani, infatti, contengono un’elevata concentrazione di resveratrolo e piceatannolo, composti poco diffusi in natura e presenti nella nostra alimentazione prevalentemente nell’uva e nel vino, fondamentali nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e tumorali. ”E’ importante sottolineare il valore salutare del consumo moderato di vino – spiega il presidente dell’associazione Strada del vino Erice Doc, Vincenzo Fazio – non solo per indurre i nuovi consumatori ad un uso più consapevole del prodotto, ma anche perché una corretta informazione sulle proprietà benefiche dei vini rossi siciliani può fungere da traino per la valorizzazione dei prodotti della Sicilia nei mercati italiani e internazionali”.(foto Adkronos)
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Il vino rende bene in Veneto e Toscana, regione italiana che risulta fortemente proiettata anche al mercato estero. Ma se il Friuli ha chiuso il 2014 in pareggio, la Sicilia arranca e perde quota. Mentre l’Emilia Romagna appare appesantita dal modello cooperativo. E’ una delle fotografie che emergono dall’indagine sul settore vinicolo italiano, pubblicata nei giorni scorsi dall’Ufficio Studi Mediobanca. Centotrentasei le società coinvolte sul territorio italiano, concentrate però in alcune aree. Emerge così che in alcune regioni (6) la performance economica è relativamente più brillante rispetto alla media nazionale: è il caso della Toscana, le cui aziende segnano margini industriali molto elevati (41,9% il Mon sul valore aggiunto), tali da consentire una cospicua redditività del capitale (roi al 7,5%, contro il 6,6% dell’aggregato generale), pur in presenza di un turnover relativamente basso (17%) attribuibile alla natura fortemente integrata lungo tutta la filiera (raccolta/vinificazione/invecchiamento). Nonostante quest’ultimo aspetto, la patrimonializzazione è adeguata e i debiti finanziari rappresentano il 29,1% del capitale investito (contro il 42,4% dell’aggregato). Le aziende toscane segnano anche una forte proiezione internazionale, con export al 65,8% sopra il dato medio del 50,6%. Anche il rapporto tra costo del lavoro e valore aggiunto netto (Clup) è particolarmente favorevole (48,3%). Il migliore roi regionale è tuttavia quello delle imprese venete (9,9%), favorite dall’elevato tasso di rotazione del capitale investito (25,1%). Veneto e Toscana coprono posizioni di vertice in termini di roe, pari rispettivamente all’11,6% e al 6,2%. Ha chiuso quasi in pareggio il Friuli, la regione con il costo del lavoro per addetto più elevato, e in lieve perdita la Sicilia. Sono relativamente meno soddisfacenti le performance dell’Emilia-Romagna, ove prevale il modello cooperativo che porta, come già visto, ad una maggiore incidenza del debito finanziario (56% le coop, 36,3% le non coop) e a margini industriali più modesti (Mon su valore aggiunto al 15,5% per le coop, 41,8% le non coop). Non particolarmente brillante, infine, il profilo della Lombardia con redditività modesta (roi al 4,1%, roe al 3,2%) e bassa propensione all’export (13,8%).
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
In occasione del Vinitaly, che si terrà dal 10 al 13 aprile 2016 a Verona Fiere, alle 16.45 del 10 aprile presso il Padiglione 2/ Area Istituzionale Regione Sicilia, sarà presentato il romanzo “Campanella” di Maria Cristina Sarò, edito da Torri del Vento Edizioni. Interverranno, insieme all’autrice, Donatella Cinelli Colombini, Presidente Associazione Nazionale Le donne del vino, Lilly Ferro Fazio, Delegata Regione Sicilia Associazione Nazionale Le donne del vino, Elena Martusciello, Presidente emerita Associazione Nazionale Le donne del vino, Produttrici Associazione Nazionale Le donne del vino – Regione Sicilia. Letture a cura dell’attore Vito Bartucca (dal progetto teatrale “Campanella. Vendemmia di parole/Harvest of words”).
IL LIBRO Sicilia. Sciacca e vigneti tra Menfi e il Belice. Ina e Campanella sono giovani e innamorati. Ina appartiene alla famiglia Pensabene, la famiglia mafiosa che controlla l’economia e il territorio. Campanella è un giovane avvocato, ha un cugino di nome Franco che parla con la vigna ed è matto. È il 1984 quando ha inizio il processo Campanella, chiamato così perché il giovane avvocato viene trascinato in tribunale dalla famiglia Minchialuzzo, che rivendica un matrimonio e il danno di un lotto di vigne bruciate. Durante il processo, Ina scompare e il suo corpo viene ritrovato in mare. Il processo dura trent’anni e si ripete come la vendemmia. Le storie s’intrecciano come le viti, si piegano e si accasciano l’una sull’altra. Le cinque fasi del vino diventano le fasi della vita di quest’uomo che rimane solo contro tutti e senza Ina; rimane con la promessa di un fiore dentro alla bocca, una campanella, che getta ogni sera in mare per lei.
L’AUTORE Maria Cristina Sarò (Messina, 1983) è autrice e regista teatrale. Ha pubblicato: Maria Paiato. Un teatro del personaggio (Titivillus edizioni, 2011); il racconto Salvo e Sara. Palermo 92 (Caracò, 2014); il racconto Accussì-Giampilieri, sull’alluvione messinese del primo ottobre 2009 (antologia La giusta parte, Caracò Editore, 2011); il monologo Donna dell’Italia, racconto-inchiesta di donne e operaie (volume Fiori dal cemento, Caracò-Fillea/Cgil, 2013). Campanella è il suo primo romanzo (www.lestoriediCampanella.it).
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(5 / 5) E’ dal 1992 che Ben Ryé passito di Pantelleria Doc Donnafugata si aggiudica premi e riconoscimenti a livello mondiale. Si tratta di un bianco naturale dolce da uve Zibibbo, ovvero Moscato, che assume tinte uniche nel suo genere, prodotto sin dal 1989. Non a caso lo troviamo sulla carta dei vini dei più rinomati ristoranti, in Italia come all’estero. Ed è anche reperibile in diverse catene della grande distribuzione organizzata.
In particolare da Iper Coop, dove registra un prezzo sino a 6-7 euro inferiore rispetto ad altre catene della grande distribuzione organizzata italiana: un aspetto che sottolineiamo solo per “dovere di cronaca”, dal momento che ogni singolo centesimo è speso bene per pezzi pregiati come Ben Ryé.
Eccolo dunque finire sotto la nostra lente di ingrandimento la vendemmia 2012. A colpire per primo è lo straordinario colore di questo Passito di Pantelleria Doc: di un ambrato cristallino, trasparente e intenso, che scorre denso, oleoso e invitante nel calice.
LA DEGUSTAZIONE
Al naso regala emozioni – più che sentori – di uvetta, albicocca e pesca sotto sciroppo, scorza d’arancia candida. E ancora: melassa, caramello, brioche. Il tutto sostenuto da una mineralità evidente, regalata a questo prezioso nettare dai terreni vulcanici di Pantelleria. Ben Ryé Donnafugata 2012, intenso e di grande finezza, sontuoso al naso, si conferma tale anche all’esame gustativo.
Di struttura tale da conferire una sensazione di pienezza mai appagata, di alcolicità calda, risulta rotondo al palato, di una dolcezza chiara ed evidente ma perfettamente bilanciata con la freschezza di un’acidità ben vestita, che va a braccetto con una piacevolissima sapidità. Ed è proprio questo che distingue Ben Ryé passito di Pantelleria Doc Donnafugata da molti altri prodotti della stessa tipologia: la capacità di non stancare mai, di non risultare mai stucchevole, anzi di invitare al sorso successivo per riassaporare il quadro di perfetto equilibrio sensoriale. L’armonia del dolce con l’acido, del salato col fruttato.
Ma, come sappiamo, un buon vino si giudica anche dopo averlo deglutito. Cosa resta al palato? Risponderemmo “tutto”. Quella che tecnicamente vengono definite “sensazioni retro olfattive”, in Ben Ryé non sono altro che la riproduzione fedele del primo sorso e dell’ultimo. La fotocopia di un’emozione, di cui resterà un ricordo indelebile. Appagante. Un passito infinito, profondo, di pregevole eleganza. Molto persistente, per tornare ai tecnicismi, e soprattutto con margini di evoluzione futura impressionanti, sino a 30 anni.
Provatelo a 14 gradi circa – banalmente – con il cioccolato fondente o la pasticceria a base di pasta di mandorla, le crostate alla frutta fresca o con granella di frutta secca. Ma anche, raffinatamente, con formaggi alle erbe freschi o stagionati. Senza dimenticare che siamo al cospetto di uno straordinario vino da meditazione, da degustare ascoltando musica o leggendo un buon libro.
LA VINIFICAZIONE La zona di produzione di Ben Ryé è ovviamente quella dell’isola di Pantelleria, situata nella Sicilia sud-occidentale. Le uve provengono dalle contrade Khamma, Mulini, Mueggen, Serraglia, Gibbiuna, Barone, Martingana, Bukkuram, Favarotta, Punta Karace, Bugeber, Monastero, tutte situate a un’altitudine variabile tra i 20 e i 400 metri sul livello del mare. Un’area dall’orografia complessa, tipicamente vulcanica, con terreni coltivati prevalentemente su terrazzamenti. E suoli sabbiosi, di origine lavica a reazione sub-acida o neutra, profondi e fertili, molto ricchi di minerali. Le viti sono coltivate all’interno di conche, ad alberello pantesco basso.
La vite ad alberello di Pantelleria è stata iscritta nella Lista del Patrimonio dell’Umanità Unesco, in quanto pratica “creativa e sostenibile”. “Per la prima volta una pratica agricola viene considerata bene immateriale e culturale”, come sottolinea la stessa casa vitivinicola siciliana. La densità d’impianto è da 2.500 piante per ettaro, con una resa di circa 40 quintali per ettaro: circa 1,6 Kg a pianta. La raccolta delle uve destinate alla produzione del Ben Ryè 2012 è iniziata a partire dal 17 agosto, con le uve destinate all’appassimento. Le buone escursioni termiche tra il giorno e la notte hanno contribuito a dar vita a una carica aromatica fine ed elegante dello Zibibbo.
La fermentazione è avvenuta in acciaio, a temperatura controllata, con aggiunta al mosto in fermentazione – a più riprese – di uva passa sgrappolata a mano e selezionata. Durante la macerazione l’uva passa rilascia il suo straordinario patrimonio di dolcezza, freschezza e personalissima aromaticità. L’affinamento è stato condotto in vasca per 7 mesi e almeno 12 mesi in bottiglia prima di essere commercializzato. E, come di consueto, Donnafugata ama mescolare arte e vino. Ecco che Ben Ryé significa in arabo “Figlio del vento”.
“Perché il vento che soffia fra i grappoli – spiega la casa siciliana – è una costante a Pantelleria. Ed il vento dell’isola porta con sé un carico di profumi così intensi da poterli toccare. L’etichetta d’autore celebra l’amore, la cura e la fatica della viticoltura eroica su un’isola unica e affascinante. Un ritratto dolce ed avvolgente che ne svela l’essenza”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Il treno del vino è in partenza sul binario 1. Tutti in carrozza il 15 Maggio 2016 per una degustazione su rotaia a bordo di un treno storico che condurrà da Sulmona fino a Roccaraso lungo i binari della Transiberiana d’Italia, andata e ritorno. A partecipare all’evento, promosso da Movimento Turismo del Vino Abruzzo, Ferrovie dello Stato Italiane e dall’associazione Le Rotaie ci saranno 20 aziende vitivinicole abruzzesi. Un viaggio attraverso il Parco Nazionale della Majella con due soste, a Cansano e Palena durante l’andata e a Campo di Giove e Pettorano sul Gizio al ritorno per assaggiare i vini delle aziende partecipanti. Non sarà necessario portare alcun bagaglio, solo munirsi di calice e borsina alla partenza e, per chi lo desidera, acquistare il pranzo al sacco organizzato presso il Pratone di Roccaraso. La manifestazione, nasce come anteprima dell’ormai storico appuntamento ”Cantine Aperte” in programma sabato 28 e domenica 29 maggio. Dal 1993, l’ultima domenica di Maggio, le cantine socie del Movimento Turismo del vino, da Nord a Sud, aprono le porte agli enoturisti dando la possibilità non solo di degustare ed acquistare il vino, ma anche di visitare le vigne, le cantine e di scoprire cosa c’è dietro questo mondo. Sullo stesso binario, si fa per dire, anche la Sicilia che dal 30 Aprile lancia il suo primo ”treno del vino” che permetterà ai visitatori e ai turisti di percorrere le pendici dell’Etna a bordo dell’automotrice a scartamento ridotto della Ferrovia Circumetnea, per inoltrarsi poi, con il Wine Bus, nelle strade del vino a scoprire le più belle cantine dell’Etna e i migliori vini locali attraverso degustazioni guidate.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
(5 / 5)La finezza e i profumi del Carricante, unita alla potenza strutturale del Cataratto. C’è riuscita Firriato a produrre un vino “di territorio” con l’Etna Bianco Doc 2014 Le Sabbia dell’Etna. Un vino bianco serio, impegnato, elegante. E allo stesso tempo divertente, sorprendente, gustoso. Quasi da mordere. Un po’ come racchiudere in bottiglia lo spirito tumultuoso e volatile di un vulcano, per godersi lo spettacolo che sa offrire Madre Natura. Etna Bianco Doc 2014 Le Sabbie dell’Etna Firriato scende scorrevole e cristallino in un calice che si tinge d’un giallo paglierino chiaro, con riflessi verdognoli. Al naso è intenso, schietto, fine. Di quella complessità fatta dall’unione ordinata delle piccole cose: fiori di mandorla, ginestra e mimosa, frutti a polpa bianca come la pera e la pesca, oltre a immancabili richiami agli agrumi di Sicilia. Ricorda il mare e, forse per questo, l’impronta tipicamente salina che sarà il punto di forza al palato è già ben evidente, tra i profumi di frutta matura. In bocca, Sabbie dell’Etna Firriato si scopre vino di corpo, caldo, rotondo, tanto fresco da tendere al “vivo”, splendidamente sapido e di un equilibrio salino in perfetta armonia con le note di frutta che solo certi vini blend di Sicilia sanno regalare. Intenso, fine e persistente anche una volta deglutito. L’abbinamento migliore? Quello con l’estate. E con tutto ciò che parli di mare. A una temperatura di 10-12 gradi. Ottimo, insomma, il rapporto qualità prezzo.
LA VINIFICAZIONE
L’Etna Bianco Doc Le Sabbie dell’Etna 2014 Firriato è il frutto della vinificazione delle uve Carricante e Cataratto prodotte nel Comune di Castiglione di Sicilia, in provincia di Catania. Il terreno è di tipo sabbioso, di matrice vulcanica, con elevata capacità di drenare le acque. L’esposizione dei vigneti è sul versante nord orientale dell’Etna, a un’altezza compresa tra i 500 e i 600 metri sul livello del mare, con allevamento a controspalliera. Poco più di quattromila piante per ettaro, per una resa di circa 7 mila kg. La vendemmia manuale ha inizio nella seconda decade del mese di ottobre. La pressatura delle uve è soffice e la fermentazione ha luogo a una temperatura controllata, tra i 16 i 18 gradi, per 15 giorni. Importanti per gli aromi e i profumi conferiti al vino i tre mesi di affinamento sulle fecce nobili, in serbatoi di acciaio inox con rimontaggi giornalieri. Segue una fase di affinamento in bottiglia, della durata di 2 mesi, prima della commercializzazione.
Prezzo pieno: 8,99 euro
Acquistato presso: Esselunga
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(4 / 5) La grande distribuzione organizzata ha sdoganato i prodotti Bio in vari reparti. Non ultimo quello del vino.
Oggi dunque degustiamo per voi il Grillo Terre Siciliane Igt Vento di Mare Bio imbottigliato dalla Cantine Ermes di Santa Ninfa, in provincia di Trapani, vendemmia 2014.
LA DEGUSTAZIONE
Nel calice presenta qualche leggera particella in sospensione, il colore è giallo paglierino con riflessi verdolini, non è particolarmente denso, va detto che è un vino di 12,5% alcol in volume.
Al naso sentori di agrumi ed erbacei davvero fini, ma in bocca è comunque fresco, fruttato, leggermente sapido e dotato di buona acidità.
L’equilibrio di tutte queste caratteristiche, pur non essendo Grillo Terre Siciliane Igt Vento di Mare Bio un vino pretenzioso, ne fa un vino genuino e beverino, ma soprattutto con un rapporto qualità prezzo più che interessante, abbinabile soprattutto a portate di pesce.
LA VINIFICAZIONE
E’ prodotto con uve Grillo, uve a bacca bianca coltivate soprattutto in Sicilia e nella zona di Marsala. Le Cantine Ermes con 5000 ettari vitati e circa 1200 soci.
Pur essendo relativamente giovani, in quanto nate solo nel 1998, hanno intrapreso con determinazione un progetto di rinascita grazie ad un gruppo di viticultori che dopo il terremoto che ha colpito la Valle del Belice ha voluto unire le forze per risollevarsi e dare anche nuova vita all’economia del territorio.
Nel giro di pochi anni sono riuscite a farsi notare anche da occhi e palati considerati eccellenti, come quelli del Gambero Rosso e dei Vini Veronelli, che hanno menzionato alcune loro produzioni nelle guide 2015.
Prezzo pieno: 3,95 euro
Acquistato presso: Famila, gruppo Selex
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(4 / 5) Mai pensato di abbinare un vino rosso al pesce? Il Frappato Doc Vittoria fa al caso vostro. Per le sue caratteristiche è abbinabile a scampi, tonno, spigola, sushi. Ma non per questo disdegna l’accostamento a carpacci di vitello e formaggi freschi. Un vino eclettico, insomma, il Frappato Doc Vittoria dell’Azienda Vitivinicola Judeka, giovane realtà siciliana che si è affacciata prepotentemente sul panorama della distribuzione organizzata italiana. Etichette colorate e accattivanti, ma anche solidi contenuti: come dimostra il bronzo al Decanter World Wine Award 2014 e la segnalazione sulla guida Berebene 2015 del Gambero Rosso, conquistati dalla bottiglia che finisce oggi sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it. Versato nel calice, il Frappato Doc Vittoria Judeka si veste di un rosso rubino tenue, ma acceso. Al naso giungono dapprima note floreali (rosa e viola) e fruttate di ciliegie, more e fragole, che poi lasciano spazio a sentori speziati di liquirizia dolce e zafferano. In bocca è asciutto, di corpo, caldo a livello d’alcolicità e rotondo. Ottima l’acidità, che rende questo Frappato fresco. Molto piacevole la sensazione salina data da una sapidità capace di aggiungere freschezza alla beva, che richiama nuovamente i frutti rossi. Il tannino è elegante, in un quadro giustamente tannico. Il finale persistente, sapido. Ottimo prodotto per qualità prezzo, il Frappato Doc Vittoria Judeka è in definitiva molto più di una semplice bottiglia acquistabile al supermercato, costituendo per i neofiti una bella occasione di sperimentare un vino rosso col pesce. La vinificazione avviene in maniera tradizionale, con macerazione delle bucce per 6-8 giorni a 20-22°, in vasche d’acciaio inox. Seguono 6 mesi di affinamento in cemento. L’azienda Vitivinicola Judeka nasce nel 2007 a Caltagirone, Catania, dall’idea di un gruppo di giovani imprenditori siciliani, guidati da Valentina Nicodemo, a cui viene riconosciuta “una leadership da vero battistrada”. “L’azienda – si può leggere sul sito Internet aziendale – in origine si caratterizza per la sua struttura leggera. Tale forma viene man mano modificata, all’inizio con l’acquisizione dei primi terreni, subito dopo con l’impianto dei vigneti, ed infine con la realizzazione della cantina”. Un gruppo di giovani che oggi una certezza in più: quella di aver costruito il proprio vissuto “in una terra magica”, con l’auspicio “che si trasformi nella speranza per tutti i giovani siciliani” come loro.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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