Con Natale alle porte, la Sicilia del vino scopre (e promuove) il valore delle “gift box“. “Le confezioni regalo dei vini siciliani” è stato il tema dell’evento promosso ieri a Milano da Assovini Sicilia, per presentare alla stampa le colorate idee regalo. Confezioni, box e cassette che sintetizzano ed esaltano il mosaico della viticoltura siciliana.
Dal Nerello mascalese al Nero d’Avola, dal Grillo al Passito di Pantelleria, tutta la diversità e ricchezza enologica siciliana sintetizzata per raccontare vino, cultura e bellezza artistica. Packaging accattivanti, ceramiche simbolo della tradizione siciliana, creazioni artigianali realizzate da artisti locali, elementi che richiamano alla cultura dell’isola, sono le confezioni scelte dagli associati Assovini Sicilia per celebrare le festività.
Oltre quaranta le etichette proposte dalle diciannove aziende di Assovini Sicilia che hanno aderito all’evento. «Per noi è un’occasione importante – commenta Laurent de la Gatinais, Presidente di Assovini Sicilia – che ci consente di fare conoscere il vino siciliano nelle sue molteplici espressioni, incluse quelle delle confezioni per questo Natale. I nostri vini sono le preziose tessere che compongono il mosaico vitivinicolo della Sicilia. Il binomio vino e arte, in Sicilia, assume un valore sempre più significativo».
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È giunta al termine in Sicilia la “vendemmia più lunga d’Italia”, con cento giorni di raccolta. Iniziata nella parte occidentale dell’Isola, tra la fine di luglio e prima decade di agosto, la vendemmia 2022 si è conclusa a fine ottobre nei vigneti dell’Etna.
Le premesse per ricordare l’annata 2022 come «eccellente» ci sono tutte. Uve sane dal punto di vista fitosanitario e in perfetto equilibrio acido-zuccherino, ottime sensazioni organolettiche, grande qualità. Vini bianchi freschi ed equilibrati e vini rossi che lasciano presagire strutture e complessità importanti.
La congiuntura climatica in Sicilia si è rivelata favorevole per l’intero ciclo vegetativo e determinante per la qualità delle uve. Un autunno piovoso seguito da un inverno con minori precipitazioni e una fredda primavera. Le alte temperature e la siccità dell’estate siciliana hanno inibito la diffusione delle malattie della vite e inciso, solo in alcuni areali, sul calo della produzione per circa il 5-10%.
I cambiamenti climatici – afferma Laurent de la Gatinais, presidente di Assovini Sicilia – non sembrano pregiudicare l’eccellente qualità delle uve siciliane. La Sicilia dimostra, ancora una volta, la straordinaria capacità di fronteggiare le conseguenze del climate change con successo, grazie alla varietà del suo patrimonio vinicolo, in massima parte autoctono, e con grande biodiversità, e agli straordinari microclimi presenti nei diversi areali».
Prospettive confermate anche da Antonio Rallo, presidente del Consorzio di tutela vini Doc Sicilia. «La vendemmia 2022 – spiega – si attesta con un 10% di produzione in meno rispetto al 2021. Un dato leggermente migliore rispetto alle previsioni. Confermate dai vini della nuova annata le aspettative sull’alto livello qualitativo delle uve».
VENDEMMIA 2022 IN SICILIA: LA VOCE DEI PRODUTTORI
Nella zona meridionale di Noto e Vittoria ci sono ottimi riscontri sul Frappato e Grillo mentre il favorevole andamento climatico nella zona di Caltanissetta, con vini a base Grillo e Nero D’Avola, regalerà vini molto buoni per complessità, struttura e freschezza.
A Lipari sono attesi grandi risultati soprattutto dal Nero D’Avola e dalle varietà bianche. Sull’Etna, secondo i riscontri degli enologi locali, sarà un’ottima annata perché le uve sono molto sane e in perfetto equilibrio.
Per l’Azienda agricola Rallo, in Sicilia occidentale, con vigneti a Marsala, Alcamo e Pantelleria, quella che si è appena conclusa è stata «una vendemmia soddisfacente dal punto di vista della qualità, che lascia presagire un prodotto eccellente».
A Butera, in provincia di Caltanissetta, nel cuore della Sicilia, «l’annata si presenta di qualità elevata con bianchi equilibrati e rossi che daranno vita a strutture e complessità importanti”- commenta Antonio Paolo Froio, direttore della Tenuta Principi di Butera.
Buona la qualità delle uve di questa vendemmia 2022 anche per l’azienda Castellucci Miano, che a Valledolmo, tra 700 e 1050 metri, pratica viticoltura di montagna. «Uve sane e di indiscusso valore qualitativo, con un +5% per tutte le varietà coltivate in azienda», aggiunge Marco Parisi, enologo di Feudi del Pisciotto, in Val di Noto.
SICILIA, BENE LA VENDEMMIA 2022 SULL’ETNA
«Qualitativamente credo si possa dire che questo 2022 ci darà grandi soddisfazioni. È un’annata che promette bene, le uve erano veramente perfette con un piccolo aumenta sulla quantità per alcuni vitigni», commenta Achille Alessi di Terre di Giurfo.
Ottime le premesse anche sull’Etna. «Quantità delle uve prodotte superiore alla precedente annata e una qualità eccelsa, con uve perfettamente sane da un profilo sanitario ed a piena maturazione aromatica ed organolettica», evidenzia Nicola Gumina, enologo di Palmento Costanzo, sul versante nord del vulcano, a Castiglione di Sicilia.
A Lipari, nelle isole Eolie, dopo un inizio meteorologico incerto, la vendemmia si è chiusa con grandi risultati. «Sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo sarà una vendemmia di vini importanti che sapranno di sole di mare e di vento come le nostre splendide Isole Eolie», commenta Massimo Lentsch di Tenute di Castellaro.
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Separati in casa. Come moglie e marito che non si parlano più, dopo aver provato più volte a riallacciare. Il futuro del vino Perpetuo è lontano da Marsala, sua terra d’elezione. E quello che trapela dal Perpetuo Wine Fest 2022, prima edizione dell’evento ideato dal sommelier Ais Trapani e ristoratore Giuseppe Vultaggio per dare un’identità al noto vino ossidativo siciliano, è che “lui” abbia un’amante. D’eccezione. Una a cui è difficile dire di no: la Doc Sicilia.
A svelarlo è Renato De Bartoli, figlio di quel Marco De Bartoli a cui si deve il Vecchio Samperi. Ovvero uno dei pochi vini perpetui – già, non è un Marsala – capaci di finire sulle tavole internazionali, sin dalla sua prima annata. La 1980.
«La voglia di fare qualcosa – commenta De Bartoli – è viva da anni. Abbiamo capito che, probabilmente, la strada migliore per il vino Perpetuo sia quella di emanciparsi dal Marsala. Bisogna trovare una casa e si muove qualcosa nell’ambito della Doc Sicilia. Del resto, il tema genera molto interesse e stimola i consumatori. Prima o poi ci sarà la stretta e il vino Perpetuo troverà la sua dimensione».
Sempre secondo Renato De Bartoli, l’intenzione del management della Doc Sicilia, presieduta da Antonio Rallo, riguarderebbe «la legittimazione del Perpetuo all’interno della Doc Sicilia, in cui andrà trovato un nome e stilato un disciplinare tecnico di produzione».
La possibilità che la Doc Sicilia apra le porte al Perpetuo, valorizzando così il “Marsala prima del Marsala”, vino inventato dagli inglesi aggiungendo alcol al nettare a carattere ossidativo della tradizione locale, è confermata anche dal vignaiolo Nino Barraco.
«Nel 2015 – spiega – ho parlato con il dottor Giacomo Rallo. Avrebbe accettato di produrre un vino perpetuo per promuovere questo tipo di prodotto, a condizione che fosse messo sotto il cappello della Doc Sicilia. In quel momento, da produttore marsalese, lo avrei accettato. Ma all’epoca ero anche amministratore di Marsala. E in qualità di assessore all’Agricoltura presi atto di questa apertura e il discorso si chiuse lì».
Oggi penso che il vino Perpetuo possa essere inserito nella Doc Sicilia. Ma solo a condizione che, prima, venga inserito nella Doc Marsala, con la Doc Marsala “a cappello”, sotto la Doc Sicilia. L’accordo è questo, sul territorio».
MARSALA AL BIVIO SUL FUTURO DEL VINO PERPETUO
Il sommelier Ais Trapani e ristoratore Giuseppe Vultaggio, ideatore della prima edizione del Perpetuo Wine Fest
«Il Marsala – rincara la dose il vignaiolo di Contrada Bausa – è fallito per tutti, tranne che per tre, quattro aziende che continuano a sopravvivere col Marsala Fine 6 mesi, che è quello venduto nei box di plastica da 10 ettolitri destinati all’industria alimentare. Devono sopravvivere solo loro, oppure possiamo creare uno sviluppo diffuso?».
Renato De Bartoli è dello stesso avviso: «L’industria del Marsala va in un’altra direzione, quella più veloce, a basso costo. Noi, per vendere ogni anno circa 7 mila bottiglie di Vecchio Samperi, abbiamo in affinamento circa mille litri in cantina, di varie annate».
Le nuove generazioni, i ventenni di oggi, non sanno neanche che cos’è il Marsala. Non hanno in testa la confusione interna allo scenario della Doc. Non sanno se è un vino dolce o secco, da fine pasto, da dessert, da cucina. Per fortuna si è sgombrato un po’ il campo». Quello attuale, sempre secondo il produttore marsalese di Contrada Fornara Samperi, sarebbe dunque il momento perfetto per rilanciare il «vero vino della tradizione locale».
Il Perpetuo ha molto più appeal rispetto al Marsala, che deve fare i conti con la realtà. Non lo dico io, ma i numeri. All’inizio del Novecento si producevano 100 milioni di litri di Marsala, oggi solo 5 milioni. C’è da farsi delle domande su una crisi che dura ormai da 120 anni».
Una scelta dolorosa, che pare tuttavia inevitabile. «Ci abbiamo tentato, io e Nino Barraco, a coinvolgere il mondo del Marsala – sottolinea De Bartoli – ma c’è una chiusura totale. Perché è costellato da vino sfuso destinato all’industria alimentare, appannaggio di pochi. E nessuno ci deve mettere le mani».
«Il Perpetuo, invece, è democratico. Può essere prodotto da tutti i viticoltori che decidono di fare vino in campagna. Non c’è bisogno del deposito di alcol – conclude – del deposito fiscale, della dogana che viene a controllare per l’accisa. Perpetuo, tuttavia, è un vino che non ha disciplina. È frutto di libera interpretazione. Bisognerebbe prima di tutto sgombrare la scena su questo fronte». Il dibattito è appena iniziato.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Con un investimento di 500 mila euro da parte del Gal Valli del Golfo, in Sicilia si pongono le basi per il Parco del Cerasuolo di Vittoria. «Un progetto che contribuirà a valorizzare il territorio», nelle parole di Achille Alessi, presidente del Consorzio di Tutela dei vini Cerasuolo di Vittoria Docg e Vittoria Doc. Una buona notizia che arriva a un anno dal cinquantesimo anniversario della nascita della Doc Cerasuolo di Vittoria.
«Il Parco del Cerasuolo di Vittoria – continua Alessi – sosterrà attività di sperimentazione e dimostrazione di nuove tecnologie, tecniche, processi, pratiche, metodi, soluzioni innovative di prodotto, di servizio, di processo».
Progetti rivolti alla valorizzazione della biodiversità ed alla introduzione di tecniche di risparmio idrico, energetico, riuso delle acque, monitoraggio fitopatologico, valorizzazione delle diversità biologiche presenti nel territorio nonché progetti di promozione e valorizzazione del prodotto vitivinicolo».
In itinere anche la creazione di un «Sistema Marchio Paesaggistico di Qualità Collettivo» legato ai “Paesaggi del Cerasuolo di Vittoria Docg – Vittoria Doc”.
«Il Parco del Cerasuolo di Vittoria – dichiara Francesco Aiello, presidente Gal Valli del Golfo e sindaco di Vittoria – prevede la realizzazione di iniziative rivolte alla valorizzazione della biodiversità e delle tipicità agro-alimentari, potenziando ed innovando le filiere ed i sistemi produttivi di riferimento secondo logiche eco-compatibili, in linea con il nostro Piano di Azione Locale e con l’Agenda Europea 2030».
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Il maltempo, con trombe d’aria, nubifragi, grandinate di dimensioni anomale e precipitazioni violente ha colpito a macchia di leopardo le campagne dal Lazio alla Campania, dalla Puglia alla Sicilia provocando vittime e danni. Le perdite, in alcune zone, sarebbero fino all’80% dei raccolti, come nelle scorse settimane in Lombardia, in particolare nell’Oltrepò pavese.
È quanto emerge dal monitoraggio della Coldiretti che esprime cordoglio per il quarantenne agricoltore siciliano morto colpito da un fulmine mentre andava a controllare le pecore mentre scatta l’allerta della protezione civile in 5 regioni del Sud in riferimento all’ultima ondata di perturbazioni che si è abbattuta sulla Penisola.
Campi allagati e raccolti devastati sono gli effetti del maltempo rilevati nelle campagne dal monitoraggio della Coldiretti con la grandine che è stata l’evento climatico più grave per i danni irreversibili che ha provocato ai raccolti, visto che in una manciata di minuti è in grado di distruggere il lavoro di un anno intero.
CINQUE GRANDINATE IN 3 GIORNI IN CAMPANIA
In Campania negli ultimi tre giorni ci sono state almeno cinque violente grandinate che hanno devastato uva, olive e verdure di stagione tra Avellino, Benevento e Caserta con perdite fino all’80% mentre nel Salernitano una bomba d’acqua ha provocato l’allagamento dei campi di cipollotto azzerando la produzione.
La Puglia ha dovuto fare i conti con un tornado che ha colpito il Salento nel Capo di Leuca e con un nubifragio nel Foggiano. «Oltre a uva e olive – spiega Coldiretti – il maltempo ha colpito anche ortaggi e legumi sono state le coltivazioni più colpite dal maltempo che non ha risparmiato vere e proprie eccellenze del territorio come i fagioli e lenticchie della Tuscia in provincia di Viterbo».
Gli eventi estremi – sottolinea la Coldiretti – si sono abbattuti nel centro sud su terreni secchi che non riescono ad assorbire con l’acqua che cade e tende ad allontanarsi per scorrimento, provocando frane e smottamenti e facendo salire il conto dei danni».
Ma a preoccupare sono anche gli incendi, favoriti dal mix esplosivo caldo e siccità con danni incalcolabili dal punto di vista economico ed ambientale. Tanto che, stima la Coldiretti, ci vorranno almeno 15 anni per ricostruire l’habitat nei boschi andati distrutti dalle fiamme.
E ad essere colpite sono state anche aziende agricole e campi coltivati. «Siamo di fronte – conclude la Coldiretti – a un impatto devastante con danni all’agricoltura che superano i 6 miliardi di euro, pari al 10% della produzione nazionale».
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Uve eccellenti e sane, ottimo stato vegeto-produttivo, assenza di stress idrico. Queste le premesse della vendemmia in Sicilia, stando ai dati raccolti tra le 90 cantine che aderiscono ad Assovini. La vendemmia 2022 è al via proprio in questi giorni nella parte occidentale dell’isola, nei territori che rientrano nelle province di Palermo e Trapani. Sarà la raccolta più lunga d’Italia: oltre 100 giorni, dall’estate sino a Novembre, tra i vigneti di quota dell’Etna.
Al momento l’uva raccolta sarà utile alle basi degli spumanti siciliani. Si prosegue poi con le varietà internazionali, come lo Chardonnay e il Sauvignon Blanc, seguite dai vitigni autoctoni. Le buone notizie per il vino siciliano vengono dal fronte climatico e fitosanitario. Grazie ad un inverno mite, nessuna gelata in primavera, l’andamento meteo è stato regolare, le temperature registrate sono in linea con il 2020 e il 2021.
Le piogge invernali hanno imbibito i terreni e riempito gli invasi, un clima estivo soleggiato e con scarsa umidità ha bloccato la diffusione delle principali malattie della vite, come peronospora e oidio. Tutto ciò ha portato le uve ad uno stato fitosanitario sano e di eccellenza.
Le previsioni parlano di stime di produzione in linea con il 2021. Non sarà un’annata ricchissima, ma sicuramente più produttiva del biennio 2019/2020, che è stato sotto la media regionale.
OTTIMA QUALITÀ PER LA VENDEMMIA 2022 IN SICILIA
«Nonostante il caldo, possiamo dire che sia quantitativamente che qualitativamente le uve sono eccellenti», commenta Filippo Buttafuoco, agronomo di Cantine Settesoli che ha inaugurato il taglio della vendemmia 2022 con la raccolta delle uve di Pinot Grigio.
«Le piante hanno utilizzato molte delle riserve accumulate durante il periodo invernale. In questo momento non notiamo stress idrici – aggiunge Francesco Spadafora, titolare dell’azienda Dei Principi di Spadafora. Per Alessandro di Camporeale, «nel complesso le quantità si attestano nella media e la qualità è molto elevata, data l’assenza di malattie».
I dati delle ultime due vendemmie, con una qualità sempre più alta, e le previsioni della vendemmia 2022 – commenta il presidente di Assovini Sicilia, Laurent de la Gatinais – confermano che la Sicilia mostra una buona resistenza rispetto ai sempre più evidenti cambiamenti climatici, grazie alla sua posizione nel cuore del Mediterraneo, ai suoi microclimi, ai suoi terroir e alle sue varietà indigene».
«Assovini Sicilia – conclude il presidente – vuole essere portavoce e pioniera nel guidare, con nuovi modelli, il futuro della vitivinicoltura siciliana e sviluppare nuove conoscenze e know-how in grado di affrontare le sfide in legate al climate change».
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Addio a Lucio Tasca d’Almerita, tra i primi in Sicilia a credere nel potenziale del territorio come produttore di qualità e di eccellenza e a contribuire profondamente alla conoscenza della viticoltura siciliana nel mondo.
Nato a Palermo nel 1940, Lucio Tasca nel 1961 fonda l’azienda Regaleali, che poi trasforma in Conte Tasca d’Almerita. La sua missione è sempre stata quella di promuovere e migliorare la produzione e lo sviluppo imprenditoriale della Sicilia e rafforzare la competitività della regione all’interno del mercato mondiale.
Agli inizi degli anni ’80 ha scelto di confrontarsi con le grandi varietà francesi producendo vini come Cabernet e Chardonnay, ma è grazie alla sua volontà di diffondere la conoscenza di varietà autoctone, come il Nero d’Avola, che la viticultura siciliana è stata riconosciuta nel mondo.
LA CARRIERA DI LUCIO TASCA D’ALMERITA
Ideatore e fondatore di Assovini Sicilia, il conte Tasca d’Almerita nel 1998 firma l’atto costitutivo dell’associazione, insieme a Diego Planeta e Giacomo Rallo. L’obiettivo è quello di riunire i produttori, grandi e piccoli, attraverso la condivisione degli stessi valori, e al tempo stesso far crescere tra le istituzioni la consapevolezza dell’importanza del mondo del vino.
Appresa la notizia della morte di Lucio Tasca d’Almerita, Assovini Sicilia, Consorzio di Tutela Vini DOC Sicilia e Fondazione SOStain Sicilia si uniscono nel ricordo di uno die padri del vino siciliano.
ADDIO A UN PROTAGONISTA DELLA VITICOLTURA SICILIANA
Assovini Sicilia è nata grazie alla visione di tre grandi uomini – rileva Laurent Bernard De La Gatinais, presidente di Assovini Sicilia – Lucio ne è stato l’ideatore. Se tutti noi, imprenditori e manager delle aziende siciliane, rappresentiamo con forza e prestigio la Sicilia vitivinicola nel mondo intero è perché abbiamo raccolto l’eredità e gli insegnamenti di grandi uomini e maestri come Lucio».
«Se ne va uno dei grandi protagonisti della viticoltura siciliana – commenta Antonio Rallo, presidente del Consorzio di tutela vini Doc Sicilia – Lucio Tasca d’Almerita é stato senza dubbio tra i primi a credere nelle potenzialità dell’isola. Visionario, precursore, innovatore, ha dedicato tutto il suo impegno allo sviluppo della Sicilia del vino, anche attraverso il suo prezioso supporto alla nascita del Consorzio di tutela vini DOC Sicilia».
«Con la morte di Lucio Tasca se ne va un signore del vino, che a mio avviso – sottolinea Alessio Planeta, componente del consiglio direttivo della Fondazione SOStain – insieme a Giacomo Rallo e a nostro zio Diego, ciascuno con la sua visione e il suo stile personale, ha dato un impulso e una spinta decisivi al decollo del vino siciliano. Oggi siamo ciò che siamo anche grazie a Lucio Tasca, alla bella intesa che ha sempre avuto con i suoi due amici di sempre».
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Nel 98% delle cantine associate ad Assovini Sicilia ci sono spazi per la degustazione. Il 50% ha un’attività di ristorazione all’interno della struttura e il 33% delle cantine offre anche ricettività alberghiera. È quanto emerge dall’ultimo sondaggio interno condotto dall’associazione che riunisce 90 aziende vitivinicole siciliane di piccole, medie o grandi dimensioni.
Più della metà delle cantine associate ad Assovini Siclia è in grado dunque di offrire un’esperienza a 360 gradi agli enoturisti. Non solo degustazioni, ma anche corsi di cucina, bike tour, aperitivi in vigna e cooking class. Senza dimenticare wine trekking, yoga, concerti e pic-nic tra i filari, sino alla vendemmia notturna.
«Il vino – commenta Laurent Bernard de la Gatinais, presidente di Assovini Sicilia – è un simbolo di eccellenza del Made in Sicily, nonché un complesso fattore culturale. L’enoturismo diventa well-being e veicolo per promuovere il territorio, il vino di qualità, le bellezze paesaggistiche, l’unicità del patrimonio storico-archeologico della Sicilia».
Sempre secondo il sondaggio, che ha coinvolto 71 associati su 90, negli ultimi 5 anni le aziende di Assovini Sicilia hanno registrato un incremento di presenze di oltre il 30%, con il 58% dei turisti stranieri a guidare l’incoming delle visite in cantina.
La distribuzione geografica vede in testa gli Stati Uniti, la Germania, il Regno Unito, la Svezia e la Francia, tra i paesi di provenienza dell’enoturista che sceglie le aziende di Assovini Sicilia.
«Gli associati hanno un duplice merito – conclude il presidente di Assovini Sicilia – viaggiare nel mondo per far conoscere il brand Sicilia e promuovere il territorio e la cultura siciliana attraverso la wine hospitality and experience. Dietro ogni vino c’è sempre una grande storia da scoprire».
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Custodire il “Vigneto Sicilia“, produrre viti siciliane dotate di certificazione che ne attesti l’integrità sanitaria e l’identità varietale, dare valore e sostegno alla qualità dei vini siciliani: in poche parole, una vera e propria “carta di identità” della pianta. Questi gli obiettivi del progetto “Valorizzazione del germoplasma viticolo“, promosso e sostenuto dal Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia in partnership con il Dipartimento regionale dell’Agricoltura della Regione Siciliana, l’Università degli Studi di Palermo e il Centro regionale per la conservazione della biodiversità viticola ed agraria “F. Paulsen”.
Il progetto ha lo scopo di conservare la biodiversità generata dai 3 mila anni di viticoltura nell’isola e le sue varietà autoctone e di intervenire a monte della filiera vitivinicola, dotando i vivaisti di materiale di base da cui ottenere un prodotto certificato da fornire alle aziende.
Lavorando con viti di cui è certa l’identità varietale e l’integrità sanitaria, è possibile dare valore e sostegno alla qualità dei vini siciliani. Grazie al progetto è in corso la verifica fitopatologica dei campi di piante iniziali esistenti e la ricostituzione di nuovi campi con materiali virus esenti, da cui ottenere il materiale di propagazione per la produzione di barbatelle innestate e certificate.
Un progetto di grande portata. Con quasi 98 mila ettari, il vigneto siciliano è infatti il più grande d’Italia. In Europa ha la stessa estensione del vigneto tedesco e nel mondo misura tre volte il vigneto della Nuova Zelanda, superando addirittura quello sudafricano. Non solo. La Sicilia è la prima regione in Italia per superficie vitata in biologico.
VALORIZZAZIONE DEL GERMOPLASMA VITICOLO: LO STATO DEI LAVORI
Allo stato attuale, le piante prodotte con la prima annualità del progetto sono state impiantate, a cura del Consorzio Vini Doc Sicilia, in due diversi appezzamenti in agro di Mazara del Vallo e Petrosino.
L’intento è quello di «produrre gemme che in via esclusiva saranno cedute alla Regione Siciliana, che potrà distribuirle ai vivaisti per alimentare la filiera del vivaismo viticolo». Il progetto, che ha una sua ciclicità, al momento vede la produzione di ulteriori barbatelle, per la realizzazione di nuovi campi l’anno che verrà.
«Con questo progetto intendiamo porre l’accento sulla grande varietà dell’enologia siciliana – afferma l’assessore dell’Agricoltura, dello Sviluppo rurale e della Pesca mediterranea, Toni Scilla – che rappresenta oggi un altissimo valore aggiunto soprattutto per quanto riguarda l’esaltazione delle identità e riconoscibilità dei nostri prodotti.
Negli ultimi venti anni la Sicilia è diventata un brand di elevato prestigio dell’enologia internazionale, capace di evocare territori di straordinaria vocazione vitivinicola. Ci poniamo dunque degli obiettivi in grado di accentuare la lunga storicità della produzione enologica e la sua relazione con la cultura e il paesaggio del territorio”
«Da sempre – sottolinea il presidente del Consorzio Vini Doc Sicilia, Antonio Rallo – la missione del Consorzio è rafforzare l’identità dei vini siciliani, migliorandone la qualità, l’immagine e il posizionamento sul mercato. Il progetto a sostegno del “Vigneto Sicilia” diventa quindi per noi centrale per lo sviluppo dell’enologia siciliana e siamo orgogliosi di poterlo sostenere a fianco delle altre istituzioni coinvolte, che ringrazio per la collaborazione e supporto».
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Differenze nelle differenze. Nel «continente in miniatura», come definisce la regione Laurent de la Gatinais, presidente di Assovini Sicilia, la zona sud occidentale è a sua volta un mosaico di diversità, che si conferma tale anche a Sicilia en Primeur 2022.
Un areale, quello che si estende fra Noto (SR) e Vittoria (RG), che punta ad affacciarsi sul mercato con vini identitari e riconoscibili. Non solo sulla base dell’internazionale Syrah, ma soprattutto con gli autoctoni Nero d’Avola, Frappato (leggi Cerasuolo di Vittoria) e Grillo.
Sono convinto che questa zona stia parlando di un Nero d’Avola diverso – sottolinea Filippo Mazzei di cantina Zisola – migliore e di più alto livello. All’inizio, fino ad una decina di anni fa, anch’io ero spaventato dalla percezione che c’era del Nero d’Avola».
«Ce n’era molto sul mercato – aggiunge – ed era un prodotto di prezzo. Ora Noto e Pachino si stanno distinguendo come sottozone in cui questo vitigno dà il meglio di sé. Il nostro limite è solo quello di non avere molti produttori».
IL NERO D’AVOLA
Ne è un esempio il Sicilia Noto Rosso Doc “Doppiozeta”, annata 2018, di Zisola. Nero d’Avola in purezza dai due appezzamenti più vocati della tenuta, tra le tappe toccate dal tour di Sicilia en Primeur 2022. Un vino che fa di struttura e freschezza la sua chiave di lettura. Naso ricco che alterna frutto rosso maturo a spezie delicate ed un tocco boisé. Fine ed elegante.
Coltivazione ad alberello per il Nero d’Avola. Forma di allevamento tradizionale che consente alla vite di proteggere i grappoli dai raggi solari grazie alla folta chioma. Un approccio, quello della coltivazione ad alberello, utilizzato anche Feudo Maccari.
L’azienda, sempre nell’areale di Noto, alleva il Nero d’Avola a partire da marze di proprietà. Una scelta ben precisa fatta per mantenere il più possibile l’identità della singola sotto zona finanche al cuore del clone della vite.
Il Sicilia Doc Nero d’Avola “Nerè”, annata 2019, di Feudo Maccari è un rosso agile ma non banale. Naso intenso che apre sul frutto rosso maturo per poi arricchirsi con piacevoli note di macchia mediterranea ed erbette aromatiche. Di buon corpo ha un tannino presente e vivo cui fa da contraltare la grande freschezza, per un sorso piacevole e beverino.
Meno verticalità e più morbidezza per i Nero d’Avola della zona di Vittoria, nel ragusano, altra zona interessata da Sicilia en Primeur 2022. Il Vittoria Doc Nero d’Avola “Sole e Terra” 2019 di cantina Horus apre su note di marasca, fragola e prugna. Segue una vena speziata con liquirizia in primo piano. Sorso rotondo e pieno con tannino molto vellutato.
Maggiore rotondità per il Sicilia Doc Nero d’Avola “Kudyah” 2019 di Terre di Giurfo. È il frutto surmaturo a guidare lo spettro olfattivo, condito da un tocco di cannella. La buona acidità supporta il sorso e fa da contraltare al corpo pieno ed al tannino.
IL FRAPPATO
Se nel ragusano il Nero d’Avola si esprime con pienezza e rotondità è il Frappato a regalare una bevuta più semplice, agile e moderna. Estremamente godibile il Vittoria Doc Frappato “Belsito” 2020 di Terre di Giurfo. Ciliegia, ribes, mirtillo, un tocco di geranio. Il tannino c’è ma è bilanciato dalla viva freschezza.
Il Vittoria Doc Frappato “Sole e Terra” 2020 di Horus si presenta rosso rubino intenso. Fresco già alla vista. Frutti di bosco, geranio ed un tocco di pepe. Morbido e giustamente tannico regala un sorso gradevole, giovane e scorrevole.
CERASUOLO DI VITTORIA
Dall’unione di Nero d’Avola e Frappato nasce il Cerasuolo di Vittoria, unica Docg Siciliana che non poteva mancare all’appello di Sicilia en Primeur 2022. Il Cerasuolo di Vittoria Docg “Maskaria” di Terre di Giurfo tra il nome proprio da dall’utilizzo dei die due vitigni autoctoni che si “mascherano” vicendevolmente lavorando in modo sinergico.
Ne risulta un vino dal colore rosso rubino molto intenso che apre al naso su note di mora, lampone, ciliegia molto matura. Seguono un piacevole sentore erbaceo ed un tocco di spezie scure. In bocca è scorrevole eppur pieno. Il tannino, vellutato, è supportato da una piacevole freschezza.
Parla la stessa lingua il Cerasuolo di Vittoria Docg “Pittore contadino” 2018 di Horus. L’etichetta è un omaggio a Francesco Giombarresi, pittore di Comiso (RG) famoso per i suoi dipinti della dimensione di un francobollo. Nota speziata più marcata, cacao e liquirizia. Caldo al palato mantiene una piacevole bevibilità.
IL GRILLO
Anche la bacca bianca autoctona più rappresentativa racconta una storia che attraversa il territorio, nell’ambito del tour di Sicilia en Primeur 2022. Se ad est, verso Noto, i vini sono più pieni ed aromatici a ovest, verso Vittoria, i vini si fanno più freschi e diretti.
Il Sicilia Doc Grillo “Olli” di Feudo Maccari è pieno al naso. Fiori e frutta bianca in evidenza. Scorrevole e beverino al palato. Il Sicilia Doc Grillo “Family and Friends”, sempre di Feudo Maccari, ha una maggiore rotondità data la passaggio in legno.
Il Sicilia Doc “Azisa” 2021 di Zisola si completa con 15% di Catarratto. Naso simile ad “Olli” ha in più una nota calcarea ed una maggiore sapidità al palato data dai terreni dell’azienda. Il Sicilia Doc Grillo “Sole e Terra” di Horus ed il Sicilia Doc Grillo “Suliccenti” di Terre di Giurfo risultano invece più semplici e diretti al naso. Più erbacei e meno fruttati con una maggiore vena citrica al sorso.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Testimonial d’eccezione per la Sicilia a Beviamoci Sud 2022. Assovini Sicilia ha affidato all’unico Master of Wine italiano, Gabriele Gorelli, la conduzione di due masterclass al Festival sui grandi vini del Sud Italia, in programma il 14 e 15 maggio all’Hotel Villa Pamphili.
Calici alla mano, Gorelli parlerà del “Variegato universo dei bianchi nelle terre dell’Ovest siciliano” e di “Cinque sfumature di rosso nella Sicilia orientale”.
«La Sicilia – commenta Laurent de la Gatinais, presidente di Assovini Sicilia – è portavoce di una realtà vitivinicola importante e unica. Un contenitore di biodiversità, dai diversi terroir ai vitigni autoctoni. L’Isola si contraddistingue sempre di più per la sua offerta ampia, generosa e di qualità. Un mosaico estremamente affascinante e competitivo».
DUE MASTERCLASS SULLA SICILIA A BEVIAMOCI SUD 2022
Dai rossi dell’Est ai bianchi dell’Ovest, Gabriele Gorelli, racconterà la complessità e varietà enoica dell’Isola in due seminari rivolti alla stampa. «Sono particolarmente contento di essere ambasciatore di quella che oggi è probabilmente la regione italiana che ha più possibilità e potenzialità di racconto», commenta il Master of wine.
È così frammentata e, allo stesso tempo, è diventata sempre più contemporanea nei confronti dei mercati e soprattutto dei consumatori più giovani. Avere questa opportunità, per me, è particolarmente significativo».
Le aziende Assovini Sicilia partecipanti saranno Barone di Villagrande, Baglio del Cristo di Campobello, Cantine Nicosia, Donnafugata, Gorghi Tondi, Masseria del Feudo, Rapitalà, Tasca d’Almerita, Tenuta Santo Spirito, Terra Costantino, Tenute Bosco, Torre Mora, Valle dell’Acate, Zisola-Feudo Mazzei.
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La Sicilia registra il 15% degli ettari vitati e l’8% della produzione di vino rispetto all’Italia. È uno dei dati che emergono dallo studio UniCredit-Nomisma “Competitività e scenari evolutivi per il vino italiano e siciliano secondo l’Agri4Index Nomisma-UniCredit”, presentato oggi a Palermo.
«Lo studio Nomisma – ha sottolineato Salvatore Malandrino, Responsabile Regione Sicilia di UniCredit Italia – conferma l’immagine del settore vitivinicolo della Sicilia come un comparto d’eccellenza per l’economia nazionale. L’iniziativa di oggi rientra nel più ampio impegno di UniCredit per il mondo del vino italiano. La banca ha infatti avviato un progetto che si concretizzerà in un evento finale il prossimo 10 aprile al Vinitaly».
I RISULTATI DELLO STUDIO NOMISMA-UNICREDIT
La Sicilia si colloca al primo posto in Italia per superficie dedicata alla coltivazione biologica della vite. In Regione la superficie di vigne a coltivazione biologica è pari a 26.241 ettari (il dato nazionale è pari a 117.378 ettari), pari al 27% della superficie di vigne in Sicilia.
Sul fronte della qualità i vini della Sicilia si confermano anche per il 2021. L’incidenza dei vini Dop è sostanzialmente in linea con la media nazionale (40% Sicilia; 43 % Italia). L’incidenza dei vini Igp è più alta in Sicilia rispetto al dato nazionale (34% Sicilia; 26% Italia).
L’export regionale ha registrato un forte rimbalzo (+16,8%) rispetto al crollo del 2020 e registra un aumento del 20,7% rispetto al 2016. I principali mercati di riferimento dell’export del vino siciliano sono: gli Stati Uniti (21%); la Germania (12,7%); il Regno Unito (8,7%), il Canada (7%).
Rispetto ai dati del 2016 il maggiore incremento si è registrato in Canada (93,1%), Corea del Sud (64,3%), Svezia (52,9%) e Stati Uniti (40,3%). Nell’export i rossi Dop Sicilia registrano un incremento del 2% rispetto al 2019 e i bianchi Dop Sicilia hanno avuto un incremento del 32% rispetto al 2019.
Riguardo al trend nelle vendite di vini nella Distribuzione Moderna in Italia (Iper e supermercati) – nel 2021 rispetto al dato del 2019 -, i vini fermi siciliani sono cresciuti complessivamente dell’8,7% nei valori e del 2,5% nei volumi. Buone le performance per i vini Dop siciliani le cui vendite sono aumentate del 21,5% nei valori e del 15,8% nei volumi.
SICILIA EN PRIMEUR 2022
In occasione dell’incontro odierno è stata presentata l’edizione 2022 di Sicilia en Primeur. L’annuale anteprima dei vini siciliani organizzata da Assovini Sicilia è in programma a Erice dal 27 aprile al 1° maggio. Saranno oltre 50 i giornalisti italiani e stranieri che parteciperanno alla kermesse.
«Il tema scelto per l’edizione 2022 di Sicilia en Primeur è “Back to the roots. La Sicilia che vive il futuro” – commenta Laurent de la Gatinais, presidente di Assovini Sicilia – . Vogliamo condividere e sottolineare il messaggio che la Sicilia vitivinicola è pronta alle sfide del domani facendo tesoro delle sue preziose pratiche del passato, molte delle quali si sono mantenute intatte negli anni, compatibilmente con l’innovazione tecnologica».
«Tutto ciò, ha consentito una evoluzione enologica nel rispetto dell’ambiente e dell’uomo – prosegue de la Gatinais -. La Sicilia, grazie alla sua posizione e alle sue caratteristiche climatiche mediterranee, dimostra grande elasticità ai cambiamenti climatici rispetto ad altri luoghi».
«La scelta di Erice, per l’edizione 2022 di Sicilia en Primeur, è una scelta consapevole, perchè ha un significato profondo legato al suo profilo e alla sua storia: centro culturale e scientifico di fama internazionale, laboratorio di idee», conclude de la Gatinais.
«É un piacere tornare alla presentazione di un evento consolidato come “Sicilia en Primeur” – sottolinea Antonio Rallo, Presidente del Consorzio Vini Doc Sicilia – che dal 2004 si occupa di rendere protagonista la produzione vinicola siciliana. Con i suoi 98.000 ettari di superficie vitata, la nostra Isola è per definizione un Continente vitivinicolo, inclusivo di molteplici influenze territoriali e storiche».
«Il 2021 ha segnato un incremento sostanziale dell’imbottigliamento della Doc Sicilia, per un totale di oltre 95 milioni di bottiglie prodotte, predisponendo uno scenario ottimista anche per il futuro, grazie alla qualità dei prodotti della vendemmia 2021 che ci accompagneranno nei mercati nei prossimi anni», aggiunge Rallo.
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Il vino della cantina del presidente Ais SiciliaCamillo Privitera è stato premiato dalla stessa Ais nella Guida Vitae 2022, con le “Quattro Viti”. Il massimo riconoscimento dell’Associazione italiana Sommelier è stato dunque assegnato a un’etichetta – l’Etna Doc Rosso di Vigneti Primaterra – prodotta da un socio, nonché uno dei suoi massimi rappresentanti nazionali.
Un premio destinato a far discutere in vista del 54° Congresso Nazionale Ais, in programma a Bologna dal 19 al 21 novembre. A confermare che le “Quattro viti” alla cantina di Randazzo (CT) non siano passate inosservate in Sicilia, c’è l’email di alcuni vignaioli siciliani indirizzata a WineMag.it.
LA LETTERA
«Egregio Direttore – recita la missiva – mi chiamo X (omissis, ndr). Insieme ed un gruppo di amici ho deciso di scriverle per comunicare un fatto che ci dà parecchio fastidio e che ci sminuisce in quanto onesti lavoratori della terra e produttori di vino».
Abbiamo appreso che tra i vini con il più alto punteggio nella guida dei sommelier Ais, per la Sicilia è stato premiato il vino rosso della Cantina Primaterra dell’Etna, condotta dal presidente regionale di Ais Sicilia, Camillo Privitera.
Questo fatto pone seri dubbi sulle degustazioni effettuate per la guida dei vini siciliani dei sommelier, dal momento in cui lui stesso, oltre ad essere presidente regionale, è il responsabile effettivo della guida».
Ufficialmente, il responsabile della Guida Vitae per la Sicilia è Orazio Di Maria. Come confermano numerosi video, Camillo Privitera, proprio in virtù del suo ruolo, è sempre presente alle premiazioni, pur non partecipando alle degustazioni.
Un esempio? La diretta Facebook del 5 dicembre 2020, in cui il presidente nazionale Ais Antonello Maietta si collega in streaming con l’isola, per premiare Cantine Nicosia.
In quell’occasione, Graziano Nicosia, rappresentante della famiglia di produttori premiati dall’Associazione italiana sommelier con il Tastevin 2021, è seduto al centro. Proprio fra Orazio Di Maria e Camillo Privitera.
«Noi ogni giorno col nostro lavoro e col nostro sudore ci impegniamo assiduamente a fare vino – continua la mail inviata dai vignaioli siciliani a WineMag.it – e ci vediamo mortificati come piccoli produttori quando vediamo che, addirittura un presidente regionale dei sommelier, vede premiato un suo vino, non potendo far altro che pensare male di questo circuito».
«Perché l’Associazione dei Sommelier fa queste cose, penalizzando piccoli e grandi produttori a vantaggio di chi dovrebbe essere imparziale? La preghiamo cortesemente, direttore, di aiutarci a fare luce su questo avvenimento immorale e per noi ingiusto», è la chiosa alla lettera ricevuta dalla nostra redazione.
LA REPLICA DI CAMILLO PRIVITERA
Raggiunto telefonicamente da WineMag.it, Camillo Privitera, titolare della cantina Primaterra con la moglie Tiziana Gandolfo, si mostra tranquillo e per nulla preoccupato dalle polemiche.
«Non mi devo giustificare con nessuno – commenta il presidente Ais Sicilia – e se qualcuno ha qualcosa da dire, è libero di farlo. È un tema che potrebbe essere sollevato per qualsiasi soggetto che fa comunicazione e che si occupa di vino. Basti pensare a tutto quel comparto dei cosiddetti influencer».
Sono uno che non ha mai chiesto un vino o bevuto un vino che fosse regalato. Cose dette così hanno il sapore della perfidia, della malafede e della cattiveria, ovvero il sapore del “niente”. Sarebbe più opportuno fare queste domande al referente della Guida, Orazio Di Maria».
«Il presidente Ais Sicilia non fa le degustazioni, non sceglie il gruppo dei degustatori e non partecipa minimamente in nessun contesto della Guida Vitae. Questa pubblicazione vive da anni, non da adesso, di una sua autonomia», conclude Camillo Privitera.
Più in generale, l’Etna Doc Rosso 2016 di Vigneti Primaterra è uno dei 18 vini siciliani premiati da Ais. Il massimo riconoscimento delle “Quattro Viti” è stato assegnato anche ad altri 6 vini prodotti sulle pendici del vulcano.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Nasce il Manifesto “Per un Turismo del lusso in Sicilia“. Lanciato in occasione dell’ottava edizione di Taormina Gourmet vuole essere una base di partenza per creare un disciplinare condiviso in cui tutti gli attori della filiera possano collaborare per realizzare le migliori condizioni di crescita per un turismo di alta gamma.
Tra le priorità c’è la necessità di condividere un elenco di interventi da sottoporre alle istituzioni territoriali, regionali ma anche nazionali ed europee. Inoltre la creazione di un circuito e di un marchio connesso che identifichino i soggetti della filiera del lusso e rispondano ad un protocollo di qualità.
LE TEMATICHE
«Siamo sicuri di sapere cos’è la Sicilia e quante ne esistono? Ogni operatore per la sua competenza deve dare una risposta e agire di conseguenza individuando il suo target». Dice provocatoriamente il sindaco di Taormina, Mario Bolognari, all’apertura del Forum “Sicilia e turismo di lusso, un binomio possibile?”.
«Il concetto di lusso si è modificato. Oggi il lusso è rappresentato dalla possibilità di vivere il proprio tempo, l’esperienza, l’autenticità», sottolinea Giovanna Manganaro del Boutique Hotel Monaci delle Terre Nere. Tanti gli punti emersi dal dibattito, all’importanza di ampliare il turismo esperienziale alla necessità di ridurre il gap infrastrutturale.
Puntare sulla competenza delle risorse umane e sull’educazione delle giovani generazioni al rispetto dell’ambiente. Ma anche la necessità di destagionalizzare i flussi turistici rendendo la Sicilia una meta appetibile 12 mesi l’anno. Inoltre puntare sulla sostenibilità, vero lusso del futuro secondo molti, e l’alta qualità dell’offerta nell’intera regione.
IL NUOVO CONCETTO DI LUSSO
Se «la Sicilia è un lusso che non tutti si possono permettere», secondo Umberto Trani general manager Therasia Resort, vero è che il concetto di lusso si è ormai evoluto. Se anche una bottiglia di vino può essere ambasciatore della Sicilia, Salvatore Geraci, proprietario della cantina Palari pone l’accento sull’importanza di fare “vini di lusso”.
«Il lusso non è tanto il denaro ma soprattutto la conoscenza e la ricerca, che sono la chiave per accedere a certi piaceri. In questo senso – dice Geraci – anche un vino poco conosciuto può rappresentare un elemento di lusso».
La nuova definizione di lusso non è semplice. A sottolinearlo è Canzio Marcello Orlando, Ceo di Feedback. «Pensiamo ai millennians – dice – ovvero a quei quarantenni che guadagnano molto, spendono molto, vengono da Paesi evoluti. Cosa cercano? Il lusso è un concetto relativo ed è per questo che dobbiamo costruire un’offerta tailor-made. Offerta fatta di beni culturali vissuti in maniera diversa, esperienze uniche nelle cantine, in angoli incontaminati, in luoghi straordinari e poco conosciuti».
Il lusso è cambiato tantissimo per Massimiliano Puglisi, general manager del Grand Hotel Timeo. «Prima era sinonimo di esclusività o di sfarzo, ora è molto più accessibile. Ed è ora che dobbiamo essere uniti e lungimiranti. Investire sulle persone e realizzare quello che una volta mi disse un cliente: vorrei tornare a casa arricchito umanamente».
LE PROBLEMATICHE
Una delle urgenze è la competenza secondo Michele Zappalà, presidente del porto Marina di Riposto. «Abbiamo necessità – afferma – di avviare un percorso che ci porti ad avere tanta competenza delle aziende che lavorano nel turismo».
«Vanno cancellate le distonie tra settore privato e pubblico – afferma Doriana Briguglio, tour operator L’Isolabella -. Bisogna implementate le infrastrutture, cancellate le montagne di spazzatura ma anche la carta gettata a terra. Bisogna lavorare su tre fronti: educazione nei confronti di chi vive sul territorio, organizzazione dei servizi da parte delle amministrazioni, comunicazione dell’identità di destinazione di lusso».
«Cosa manca? Il networking e la formazione di risorse umane», sottolinea Francesco Diana, Artemis Group Founder Yacht Services. Dal turismo via mare a quello via cielo con Francesco D’Amico, direttore commerciale Sac, Aeroporto di Catania: «La forza della Sicilia è dirompente rispetto a quella dei singoli territori. Bisogna capire che il turismo è un’industria e ha bisogno di grandi numeri, quindi lusso e quantità devono procedere di pari passo come accade nelle Canarie, alle Baleari o sulla Costa adriatica della Croazia».
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I numeri ufficiali dell’annata 2020 confermano una produzione di 4,46 milioni di ettolitri per i vini siciliani. Quantità in media con gli ultimi 5 anni ma con un -11,3% rispetto alla media degli ultimi 10 anni. È quanto emerge dall’analisi elaborata dalla società di consulenza vitivinicola Uva Sapiens, sulla base dei dati degli associati Assovini Sicilia.
I DATI DELL’ANNATA 2020
Grillo e Catarratto, sono le varietà che nel 2020 hanno registrato performance produttive e qualitative migliori, con una produzione media di 110 quintali per ettaro, seguiti da Nero d’Avola e Nerello mascalese (70 gli/ha), Chardonnay e Merlot (50 gli/ha).
Secondo il report di Uva Sapiens, la viticoltura siciliana risulta avere una media produttiva che si attesta intorno ai 65 quintali per ettaro, tra le più basse di Italia seconda soltanto alla Toscana e al Piemonte. Rese che varano in base al vitigno, influenzate da variabili come il sistema di allevamento, irrigazione, microclima, suoli.
Uno dei motivi del calo quantitativo negli ultimi dieci anni, è la riconversione, nell’agricoltura siciliana, degli ettari vitati in altre colture, insieme ad una gestione viticola sempre più rivolta a massimizzare la qualità.
Dalla Sicilia orientale a quella occidentale, passando per il centro-sud dell’Isola, l’ideale andamento della stagione climatica lungo tutta la regione ha consentito alle aziende di sfruttare al massimo la maturazione fenolica.
«La vendemmia 2020 è stata qualitativamente molto importante, come si può riscontrare dall’eleganza, freschezza e struttura dei vini prodotti dai nostri associati in tutte le aree dell’ Isola», commenta il presidente di Assovini Sicilia, Laurent Bernard de la Gatinais.
LE PREVISONI PER LA VENDEMMIA 2021
La vendemmia 2021, che dovrebbe iniziare la prima settimana di agosto nella Sicilia occidentale, per poi proseguire nelle settimane successive nel centro-sud e nella Sicilia orientale, si preannuncia di ottima qualità.
«Si prospetta veramente una grande annata per le uve bianche – sono le previsioni di Uva Sapiens – e se il clima non fa brutti scherzi sarà una grandissima annata per i rossi. Fino ad adesso è stata l’annata ideale, abbiamo avuto un inverno lungo, freddo e abbastanza piovoso, che ha permesso alle viti un ottimo riposo».
«Le miti temperature e le poche piogge primaverili, hanno rinfrescato i suoli, permesso un buon accumulo idrico per le piante e non hanno causato problemi fitoiatrici. L’estate fino ad ora è stata calda – aggiunge Uva Sapiens -ma con venti di nord che mantengono le temperature sotto la media degli ultimi 30 anni, conferma che il clima mediterraneo è naturalmente in equilibrio e non teme il climate change».
VINI SICILIANI SEMPRE PIÙ SOSTENIBILI
Continua a crescere il numero di cantine siciliane cantine che aderiscono a protocolli volontari o a certificazioni legate alla sostenibilità. Da SOStain alle altre certificazioni italiane ed europee.
«In Sicilia è nata Fondazione SOStain Sicilia che ha sviluppato un disciplinare di sostenibilità tarato sulle peculiarità della nostra terra», commenta Alberto Tasca, presidente di SOStain Sicilia.
«Questo ci consente – prosegue il presidente – di calare i risultati della ricerca scientifica nel contesto in cui lavoriamo. Posiamo così le misure più adatte per valorizzare i nostri punti di forza e di lavorare in modo più organico e consapevole su tutte le problematiche che inevitabilmente incontriamo».
«Ad oggi, sono 20 le cantine che seguono il disciplinare SOStain e oltre 50 quelle in fase di analisi. Il nostro sogno – conclude Tasca – è giungere a un intero sistema Sicilia sostenibile riconosciuto in Italia e all’estero. Questo farebbe la differenza e ci porterebbe sempre più in alto nell’olimpo dei territori vitivinicoli del mondo».
La Sicilia detiene il 28,8% della superficie biologica complessiva della viticoltura italiana, pari a 84 mila ettari, seguita dalla Puglia che si attesta al 16%, mentre la superficie viticola biologica siciliana rappresenta il 30,9% di tutta la viticoltura siciliana (convenzionale e biologica).
I fattori che permettono alla Sicilia un approccio così fortemente indirizzato alla sostenibilità e al biologico sono molteplici, ad iniziare dal clima mediterraneo. Clima che non risente particolarmente dell’innalzamento delle temperature medie.
Dalle analisi dei dati, si può sostenere che la Sicilia, nel 2020, «non ha subito innalzamenti di temperatura significativi rispetto alla media degli ultimi 30 anni, al contrario di altre regioni viticole nazionali ed europee».
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Nuova cantina per Mandrarossa Winery. La struttura, nel cuore del Menfishire – nome col quale viene indicata la zona di Menfi, in provincia di Agrigento – si estende per 700 metri quadri, su più livelli.
Gran parte dell’edificio risulta celato nel pendio naturale. Nel cuore di una Sicilia del vino tutta da scoprire, Mandrarossa può contare su una nuova barricaia, due sale degustazione, un wine shop e una terrazza.
L’affaccio è sulla natura selvaggia e sul mare incontaminato di Menfi, Bandiera Blu da 22 anni. In realtà, l’intera costruzione è stata pensata e realizzata come “terrazza”. Tre piani quasi completamente nascosti nel terreno. All’esterno, un basamento colorato orientato a sud ovest, dove poggia il corpo rettangolare con tetto inclinato.
DALLA BARRICAIA ALLA SALA DEGUSTAZIONE
È il livello più alto della struttura, custode della zona di accoglienza e del wine shop. Da qui inizia un percorso sospeso in passerella, a quota intermedia. Il visitatore viene condotto attraverso gli ambienti della bottaia (15 botti da 50 ettolitri e 100 barrique) e delle due zone dedicate a riserva dei vini.
Si arriva quindi nella sala degustazione, con due grandi aperture. Un punto funzionale e al contempo panoramico, con vista tra il mar d’Africa e le verdi colline di Menfi, dove sorgono i vigneti di Mandrarossa.
Materiali e colori interagiscono in simbiosi con il paesaggio naturale circostante. Il legno riveste i volumi della sala degustazione. I pigmenti naturali richiamano l’ocra delle perfette geometrie dei fazzoletti di terra che si distendono a perdita d’occhio.
La copertura è un tetto giardino, in un continuum collinare dove sono state messe a dimora essenze tipiche della macchia mediterranea, con piante ad alto fusto che da terra, come fondale e quinte naturali, si elevano a protezione esterna.
L’ECOSOSTENIBILITÀ
L’edificio ipogeo della nuova cantina Mandrarossa, scavato nel terreno, ottimizza l’uso della radiazione solare in ogni periodo dell’anno. Le facciate a sud sono protette da uno sporto ligneo della copertura, che favorisce l’ingresso dei raggi solari nel periodo invernale e lo impedisce in quello estivo.
Il tetto giardino costituisce una coibentazione naturale delle superfici orizzontali, grazie allo strato di terra che ospita la vegetazione. L’uso di materiali naturali come il legno per tutto il rivestimento della zona di accoglienza diminuisce l’emissione di CO2. Tutti gli impianti della cantina sono alimentati dall’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico.
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Paura, rispetto, speranza, commozione. Poche cose nella vita riescono a suscitare lo stesso turbinio di emozioni dell’Etna in eruzione. Chiedere per credere ai siciliani che vivono alle sue pendici. Chiedere, tra tutti, a Nunzio Puglisi, il vignaiolo di Enò-Trio che a Randazzo (CT) ha famiglia e vigneti, anche a mille metri d’altezza.
Raggiunto telefonicamente da WineMag.it, Puglisi sembra appena uscito da una lavatrice in centrifuga. Nelle sue parole, che riportiamo appositamente senza alcuna revisione, il flusso di coscienza di chi è abituato a mettere le mani nella terra dell’Etna, ogni giorno.
Quella stessa terra che oggi è coperta da lapilli. Come le strade, i tetti delle case, le colture. Uno spettacolo che la Sicilia sta vivendo ora dopo ora senza i suoi turisti, in piena pandemia. Un ritorno alla normalità per i catanesi, nell’eccezione che ha la forma d’una “Muntagna”. ‘A Muntagna.
Veniamo fuori da una situazione “pandemica” poco chiara ma abbastanza “macigna” per le nostre forze. Ritengo che la natura è talmente perfetta che se da un lato ci ha regalato il sole, il freddo, la neve, le eruzioni dell’Etna nello specifico, d’altro canto siamo un po’ stanchi per tutto. Ciononostante, in tempi “normali” tutto poteva essere gustato ed apprezzato, pandemia esclusa.
Mi riferisco alla forza della natura che ci ha regalato e donato il sole, il mare, il freddo, la neve e queste splendide eruzioni di fuoco e di lava. Momenti unici se condivisi con persone da diversi parti del mondo.
Restando in tema Etna, eruzione, vulcano, cosa posso dirti. Noi siamo nati qui. Rispettiamo e temiamo nello stesso tempo a “Muntagna”. Se è li tranquilla, innevata, ben elevata, imponente, godiamo della sua maestosità, ma nello stesso tempo la sua calma ci preoccupa.
Se è “attiva” siamo contenti, o convinti, che non possono esserci terremoti, perché ha trovato il suo sfogo. Ci preoccupa lo stesso sfogo: come potrà sfociare, inteso sia per i fiumi di lava che ne possono derivare, che per il fatto del fiume lavico stesso, quale strada potrebbe percorrere. E sì, tutti felici se nella valle del “Bove”, incrociando le dita per il versante che vorrà percorrere.
Ritornando a quanto sta accadendo in questi giorni, possiamo dire tanto spettacolo, che andava condiviso con tanti turisti, oserei dire stranieri nel senso di turisti per l’Etna e l’enogastronomia sicula. Individualmente, la questione Etna, al momento, è vissuta in maniera personale. Tanto spettacolo, alcuni disagi ma tanta paura nello stesso tempo.
Nello specifico, svegliarsi all’una e trenta di notte per i boati continui fortissimi accompagnati da fiamme di fuoco che si elevano nel cielo… Fa un po’ paura.
O ancor di più svegliarsi per via dei boati e subito dopo delle piogge di lapilli: “pietre” che cadono in qualsiasi parte con rumori assordanti, senza risparmiare nulla, né auto, né tutto ciò che vive fuori, per non parlare dei postumi (tetti pieni di lapilli, pluviali intasati eccetera) credimi non è semplice. Soprattutto se pensi: “Finirà?”.
Il giorno dopo si contano i danni. Si ringrazia Dio per esserci, ma noti un paesaggio “spaziale”. Ceneri vulcaniche dappertutto. Ci si organizza , ci si rimbocca le maniche, si spazza, si pulisce. Perché la vita va avanti.
Danni? In questo periodo, fatto eccezione per auto, per i disagi, per le colture ortive, per fortuna molto limitati. Questa è L’Etna , questo il mio pensiero.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Il Consorzio di tutela vini Doc Sicilia ha registrato una netta ripresa della produzione di vino: ad agosto e settembre, l’incremento dell’imbottigliato Doc Sicilia si è assestato sul 13 e 26 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019.
Una spinta che porta a 75,5 milioni le bottiglie prodotte da gennaio a ottobre 2020, contro gli 80 milioni di bottiglie del 2019. Gli effetti negativi causati dall’epidemia di Covid-19 si confermano quindi “meno penalizzanti per la produzione della Doc Sicilia, che ha recuperato posizioni ed è attualmente a meno 7 % rispetto allo stesso periodo dello scorso anno”, come evidenzia il Consorzio.
Nel primo quadrimestre 2020, quindi in pieno lockdown, la Doc Sicilia aveva registrato un calo di produzione dell’11% rispetto allo stesso periodo del 2019, mentre l’intero comparto del vino italiano di qualità toccava un calo del volume nettamente superiore.
La crescita dell’imbottigliato dell’ultimo trimestre della Doc Sicilia risente quindi in modo positivo dell’allentamento delle misure di contenimento della pandemia, che hanno riguardato tutti i mercati di riferimento per il consumo di vino siciliano.
A ottobre si è invece registrato un calo dell’8% rispetto alla produzione del 2019: 52,705 ettolitri imbottigliati nel 2020 contro i 57,451 ettolitri dell’anno precedente. La quantità di export dei vini della Doc Sicilia è di circa il 56% del prodotto totale.
I dati dell’ultimo trimestre – sottolinea Antonio Rallo, presidente del Consorzio di tutela vini Doc Sicilia – sono in linea con le aspettative del Cda del Consorzio che ha rimodulato negli ultimi mesi le attività di promozione specialmente in Usa, Cina e Canada, calibrandole alle misure di contrasto alla pandemia decise dai singoli Paesi e monitorando i consumi”.
Ad oggi sono più di 460 le aziende che imbottigliano secondo il Disciplinare del Consorzio di tutela vini Doc Sicilia, quasi 25 mila gli ettari rivendicati e più di 8.354 le aziende viticole.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
EDITORIALE – Più che un “successo”, il segno dei tempi che cambiano e di una certa ipocrisia ben radicata nel mondo del vino pugliese. Mentre politica e istituzioni enologiche fanno i salti mortali per difendere il Primitivo (non lo “Zinfandel“) dall’assalto dei predoni siciliani, la cantina Torrevento annuncia in pompa magna l’ingresso di una propria etichetta nel Systembolaget, l’ambitissimo monopolio svedese.
Si tratta di “ZINs“, un Puglia Igt Rosso, vendemmia 2019, pronto ad essere inserito negli oltre 200 wine shop della Svezia. Segni particolari sulla carta d’identità: formato da un litro, screwcap, ovvero tappo a vite e un ottimo “rapporto qualità prezzo”.
Ma cosa salta davvero all’occhio? Al di là del formato superiore ai classici 0,75 cl e del sistema di chiusura a vite – chiesto dagli astuti e modernissimi svedesi addirittura per il Barolo, come evidenziato ad aprile 2020 da WineMag.it – fa breccia la scelta di utilizzare, per questo Puglia Igt Rosso base Primitivo, il nome caro ai californiani, più che ai pugliesi: “Zinfandel”, per l’appunto.
Uno stratagemma commerciale (l’ennesimo, peraltro più che lecito) che si scontra con le proclamate intenzioni del territorio, non solo nella recente querelle per la difesa del Primitivo pugliese dall’autorizzazione all’impianto varata dalla Regione Sicilia.
Una vicenda da annoverare tra le mere questioni legate agli interessi economici, ben condite da barricate ideologiche e demagogiche come la necessità di “difesa delle autoctonie“, tanto per citare (testualmente) la parole di qualche politico Made in Puglia.
“Abbiamo lavorato duramente per portare a termine questo progetto e siamo molto orgogliosi del risultato”, commenta Francesco Liantonio, presidente di Torrevento, nel presentare la nuova etichetta a una stampa di settore acritica e atavicamente avvezza al “copia incolla”.
“La nostra forza – continua il refrain – è sempre stata la valorizzazione del nostro territorio e grazie allo ZINs Puglia Igt Rosso 2019 abbiamo realizzato un prodotto che, con il suo stile accattivante in linea con il gusto del consumatore internazionale e il rapporto qualità prezzo, ha conquistato il mercato svedese”. Sarà.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
La Provola dei Nebrodi è Dop. Ad annunciare l’iscrizione della nuova Denominazione di Origine protetta è la Ministra Teresa Bellanova: “Un’altra eccellenza agroalimentare italiana entra a far parte del registro Ig Food dell’Unione Europea: è la Provola dei Nebrodi Dop, prodotta in alcuni comuni della provincia di Catania, Enna e Messina, in Sicilia“.
È il prodotto numero 306 che ottiene questo importante riconoscimento, ha sottolineato Bellanova, non solo dell’altissima qualità del nostro Made in Italy ma anche del valore fondamentale delle nostre tradizioni agroalimentari”.
“Ancor di più in un territorio che per troppo tempo è stato soggetto alle speculazioni di mafia e criminalità organizzata e che oggi può guardare avanti, puntando sulle sue eccellenze per assicurare a lavoratori e imprese un’importante leva di sviluppo per il futuro. Complimenti a chi ci ha creduto e oggi vede riconosciuto l’impegno e il lavoro”, ha concluso la Ministra. [foto dipasqualeformaggi]
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Si preannuncia un’ottima annata per il Grillo e per i vini rossi in Sicilia, dove la vendemmia 2020 è iniziata da pochi giorni. Lieve calo di produzione per il Nero d’Avola. Le stime di inizio raccolta, per i produttori del Consorzio di tutela vini Doc Sicilia, fanno prevedere un bilancio positivo grazie alle condizioni meteorologiche finora ottimali e alla dedizione al lavoro dei 8.300 viticoltori della Denominazione Doc Sicilia che conta su 25 mila ettari di vigneti rivendicati.
“La Sicilia è una delle regioni italiane tra le maggiori produttrici di vino: nel 2019 abbiamo ottenuto minori quantità ma vini di ottima qualità; sappiamo di avere potenzialità più elevate dato che abbiamo il vigneto più grande d’Italia”, evidenzia Antonio Rallo, presidente del Consorzio di tutela vini Doc Sicilia.
È utile ricordare che nel 2019 la Doc Sicilia ha prodotto 95 milioni di bottiglie. E che negli ultimi mesi, a causa della pandemia che ha colpito tutto il mondo, il calo delle vendite ha interessato anche i vini italiani. La Doc Sicilia è stata colpita in maniera minore e già da luglio ha ripreso la sua corsa”.
LE VOCI DAL TERRITORIO
Maurizio Maurizi, enologo, vigneti in provincia di Agrigento
“Nella zona di Sambuca di Sicilia la raccolta del Pinot grigio è iniziata mercoledì 5 agosto. La vendemmia proseguirà con le varietà Chardonnay e Pinot nero e terminerà a metà settembre con Cabernet e con le uve in appassimento”.
La raccolta è stata avviata con un anticipo di dieci giorni rispetto allo scorso anno: è un dato che rispetta la media degli ultimi cinque anni. Prevediamo un calo di produzione del 10 per cento rispetto allo scorso anno. C’è una diminuzione di quantità di grappoli a causa della primavera più umida rispetto a quella del 2019. La qualità resta alta: prevediamo una gran bella vendemmia anche perché stiamo irrigando le vigne in questi giorni di inizio agosto”.
“Non ci sono problemi di sanità delle uve: un vigneto testimone ha subìto un po’ di pressione per le condizioni atmosferiche, ma grazie agli interventi dei viticoltori le uve sono sane. Il caldo di inizio agosto non sta avendo influenza sulle uve precoci. Per quanto riguarda i rossi è ancora presto per fare previsioni dettagliate ma pensiamo ad un bilancio favorevole”, conclude Maurizi.
Filippo Buttafuoco, agronomo, vigneti nella zona di Menfi.
“A Menfi, nell’Agrigentino, si è iniziato il 30 luglio col Pinot Grigio e dal 3 agosto con Chardonnay, Moscato e Sauvignon blanc. Si prospetta una vendemmia eccellente, con una quantità del 15 per cento di uve in più, sia per i bianchi sia per i rossi. Nella zona di Menfi il clima è stato ottimo anche in relazione alle temperature calde”.
A livello qualitativo ci sono uve sane, perfette grazie al mix di suoli, clima e tecniche colturali come la potatura e la difesa da eventuali malattie. La vendemmia nella zona di Menfi, secondo le previsioni, durerà fino alla prima decade di ottobre. L’ultimo vitigno da vendemmiare sarà il Grecanico dorato”.
Filippo Paladino, Cda Doc Sicilia, vigneti della fascia costiera in provincia di Trapani.
“Lungo la fascia costiera della provincia di Trapani la raccolta appena iniziata lascia prevedere un bilancio positivo dal punto di vista quantitativo, con una perfetta maturazione delle uve ottenuta da chi ha messo in pratica i giusti interventi sui vigneti. La qualità si preannuncia eccezionale”.
Fin da maggio la crescita delle piante è avvenuta in maniera corretta, e anche se le piogge intense registrate a giugno hanno esposto le vigne ad una maggiore pressione fitosanitaria, i trattamenti tempestivi adottati dagli agricoltori hanno consentito di difendere le piante, garantirne lo sviluppo regolare e una crescita consistente, e ottenere le migliori condizioni per una buona maturazione delle uve”.
“Il caldo registratosi nella settimana di fine luglio, con una temperatura che ha raggiunto i 35-38 gradi, ha anticipato di qualche settimana l’inizio della vendemmia di Pinot grigio, Chardonnay, Moscato e delle basi di spumante di Nero d’Avola e Grillo. Tutti i vigneti, in definitiva, stanno bene”.
Gaspare Baiata, Cda Doc Sicilia, vigneti versante nord in provincia di Trapani.
“Nel versante nord della provincia di Trapani, i cui territori comprendono anche Marsala e Mazara, si prevede un calo fisiologico del 10 per cento di raccolta a cui va aggiunto un 10 per cento in meno per la vendemmia verde. Il 3 agosto è stato il primo giorno di vendemmia, le condizioni meteorologiche sono state favorevoli”.
La qualità delle uve è buona: il Pinot Grigio, il Viognier e lo Chardonnay hanno grappoli in salute. Anche il Grillo, la cui raccolta inizierà intorno al 20 agosto, ha le stesse caratteristiche: si prevede un lieve calo di quantità e una buona qualità”.
Alberto Tasca, Cda Doc Sicilia
“Il gran caldo si sta attenuando, le piogge sono state fantastiche e le previsioni del tempo sembrano favorevoli per la maturazione delle uve che al momento sono sane. Come tutte le vendemmie viviamo giorno dopo giorno, però possiamo dire che la panoramica dai vitigni siciliani è omogenea e lascia prevedere un bilancio positivo”.
Laurent Bernard De La Gatinais, Cda Doc Sicilia e presidente di Assovini, vigneti zona Alcamo.
“L’inizio della raccolta nella zona della Doc Alcamo è prevista intorno al 10 agosto. Negli anni scorsi si è anticipato o slittato al massimo di una settimana rispetto a tale data. Le ultime campionature effettuate evidenziano un buono stato di salute delle vigne: la qualità si presenta ottima mentre si prevede una lieve diminuzione di quantità”.
L’aspetto positivo della vendemmia siciliana è che la raccolta dura quasi due mesi il che, in condizioni meteo normali, ci permette di raccogliere man mano ogni cultivar che arriva a maturazione. Ma, come ogni previsione impone, è meglio non sbilanciarsi troppo.
“Negli ultimi dieci anni è successo di tutto e di più durante il periodo di raccolta. Oggi, con questo bagaglio di esperienze, siamo in grado di affrontare qualsiasi situazione dovesse presentarsi”, conclude De La Gatinais.
Francesco Cucurullo, presidente Coldiretti Caltanissetta
“L’areale di Caltanissetta, tranne poche zone che si affacciano sul mare, comprende vigneti che vanno dai 350 metri di altitudine fino ai 500 metri. Ciò comporta che la vendemmia, solitamente, inizi a fine agosto. Non prevediamo anticipi dato che i vitigni precoci come lo Chardonnay seguono il normale calendario di maturazione delle uve”.
Anche il Grillo prosegue il suo percorso senza particolari problemi e il Nero d’Avola è a metà invaiatura e dovrebbe essere pronto per la vendemmia ai primi di settembre. La buona notizia è che nonostante la forte umidità dello scorso mese non registriamo problemi dal punto di vista fitosanitario”.
“Rispetto allo scorso anno caratterizzato da una raccolta poco generosa, quest’anno prevediamo un 30 per cento di quantità in più, sia per i bianchi sia per i rossi. Le temperature in questi giorni si stanno abbassando e se non ci saranno sbalzi o precipitazioni patologiche la qualità delle uve sarà ottima”, conclude l’esponente Coldiretti.
Vigneti del Ragusano
Nel Ragusano, nella zona di Acate, la vendemmia è iniziata l’1 agosto col Pinot nero base spumante e col Pinot grigio. La produzione è nella media. Durante la fioritura del Grillo e del Nero d’Avola una settimana di scirocco ha provocato un rallentamento della maturazione.
Date le dimensioni generose degli acini di queste due varietà, “non è un problema”, evidenziano i tecnici siciliani. Anche in questa zona si prevede una buona annata. La speranza è che il caldo di agosto non sia eccessivo per consentire alle uve di mantenersi belle e sane. Ad Acate si prevede di ultimare la vendemmia a metà settembre.
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Al via la vendemmia 2020 in Italia con una produzione di vino Made in Italy stimata attorno ai 45 milioni di ettolitri in calo di circa il 5% rispetto allo scorso anno che apre un entusiasmante testa a testa con i cugini francesi per il primato mondiale. É quanto emerge da una analisi di Coldiretti in occasione della raccolta del primo grappolo di uva nella provincia di Brescia, in Franciacorta, tra le prime zone – assieme alla Sicilia – inaugura l’inizio della vendemmia lungo tutta la Penisola con le uve Chardonnay per la produzione di spumanti, le prime ad essere raccolte.
Si prospetta dunque una sfida all’ultimo acino con la Francia, dove la produzione è stimata fra 44,7 e 45,7 milioni di ettolitri secondo il Servizio statistica e previsioni del ministero dell’agricoltura d’Oltralpe, mentre in Spagna si stimano fra 43 e i 44 milioni di ettolitri.
Dal punto di vista temporale, l’inizio della vendemmia, secondo Coldiretti, è praticamente in linea con gli ultimi anni, per effetto dei cambiamenti climatici. Si evidenzia però un anticipo di circa un mese rispetto a 30 anni fa, che smentisce il proverbio “ad agosto riempi la cucina e a settembre la cantina”.
Nonostante un meteo pazzo con caldo africano alternato a bombe d’acqua e grandinate, sottolinea Coldiretti, “si prevede per l’Italia una annata di buona/ottima qualità anche se l’andamento della raccolta dipenderà molto dal resto del mese di agosto e da quello di settembre per confermare le previsioni anche sul piano quantitativo”.
Da nord a sud della Penisola la raccolta parte tradizionalmente con le uve Pinot e Chardonnay in un percorso che prosegue a settembre ed ottobre con la raccolta delle grandi uve rosse autoctone Sangiovese, Montepulciano, Nebbiolo e che si conclude addirittura a novembre con le uve di Aglianico e Nerello, su 658 mila ettari coltivati a livello nazionale.
La produzione tricolore sarà destinata per circa il 70% a vini Docg, Doc e Igt, sempre secondo i dati Coldiretti, con 332 vini a Denominazione di origine controllata (Doc), 73 vini a Denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a Indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30 per cento per i vini da tavola.
Sul territorio nazionale ci sono 567 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei cugini francesi a dimostrazione del ricco patrimonio di biodiversità su cui può contare l’Italia che vanta lungo tutta la Penisola la possibilità di offrire vini locali di altissima qualità grazie ad una tradizione millenar la vendemmia in Italia si attiva un motore economico che genera oltre 11 miliardi di fatturato solo dalla vendita del vino.
“Un’opportunità di lavoro nella filiera concessa a 1,3 milioni di persone, impegnate direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, sia per quelle impiegate in attività connesse e di servizio”, ricorda il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare “l’importanza di sostenere un settore che svolge un ruolo da traino del Made in Italy in Italia e all’estero”.
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È iniziata ieri, giovedì 30 luglio, la vendemmia2020 in Sicilia. In particolare è a Gibellina, in provincia di Trapani, che si raccolgono tra i primi grappoli in assoluto in Italia. “Qualche giorno di anticipo rispetto agli anni precedenti, grazie anche alle ultime settimane di luglio che ha portato le uve ad una maturazione anticipata di circa 7-8 giorni rispetto ai normali tempi di raccolta”, racconta a WineMag.it il direttore tecnico di Cantine Ermes, Giuseppe Clementi.
I quasi 2.500 soci hanno già cominciato a raccogliere il Pinot Grigio e la vendemmia avverrà per circa il 40% a mano, il 60% a macchina sui circa 8 mila ettari vitati in Sicilia e gli altri 2 mila controllati da Ermes, tra Veneto e Puglia.
La raccolta delle uve, iniziata a Gibellina, proseguirà nei prossimi giorni su tutta la provincia trapanese, dalla Valle del Belìce a tutta la zona costiera e in particolare Mazara del Vallo e Marsala, poi le attività dell’azienda proseguiranno anche in Veneto con una settimana di anticipo (intorno al 20 agosto) rispetto ai tempi di raccolta (grazie ad un annata con piogge primaverili ma soprattutto al caldo torrido di questi ultimi giorni) ed in Puglia dove si aspetta una stagione normale a fine agosto con la raccolta del Primitivo.
Le attese per la vendemmia 2020 in Sicilia sono ottime. Il caldo di fine luglio ha provocato qualche attacco di peronospora, poi arginato, ma la qualità dell’uva è alta, seppur con una produzione leggermente in calo.
“Un’annata di buone aspettative qualitative e quantitative, con una riduzione del 20% rispetto agli standard produttivi – continua Clementi – caratterizzata da grandi escursioni termiche, con differenze di 10 gradi tra giorno e notte, importantissima per la sintesi degli aromi”.
Dopo il Pinot Grigio, Cantine Ermes proseguirà con la raccolta dello Chardonnay e a seguire Sauvignon Blanc. “Poi si procederà con la vendemmia delle basi spumanti quindi Grillo, Carricante e Catarratto”, conclude il direttore tecnico della cantina trapanese. Durerà circa 100 giorni la vendemmia 2020 in Sicilia, con l’Etna nel ruolo di fanalino di coda.
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“Settesoli Bio è una linea di vini che nasce dall’accurata selezione di uve coltivate secondo pratiche di agricoltura biologica e vinificate nel rispetto delle normative europee. Grazie al perfetto microclima mediterraneo, qui in Sicilia, preservare gli equilibri presenti in natura e custodirne l’essenza, è naturale!”.
Erika Palminteri, Brand Manager di Cantine Settesoli, sintetizza così il progetto che vede protagoniste – per ora – le due uve simbolo della Doc Sicilia: Grillo e Nero d’Avola.
Le due etichette confermano l’attenzione per l’ambiente della cantina di Menfi (AG), enfatizzata dal recente conseguimento della certificazione VIVA – “La Sostenibilità della Vitivinicoltura in Italia”, da parte del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
LA DEGUSTAZIONE
(4,5 / 5) Sicilia Doc Grillo Bio Vegan, Cantine Settesoli
Dal calice, che si tinge di un giallo paglierino luminoso, si sollevano preziose note floreali di zagara, uno dei fiori simbolo dell’isola, oltre a ricordi di macchia mediterranea. Profumi di “terra” ma anche di mare in questo bianco che è capace di portare in tavola la Sicilia, a un prezzo davvero interessante.
Il sorso è pieno, fresco, agrumato: la frutta, perfettamente matura, gioca con una percezione salina che invoglia la beva. Un vino che non teme temperature più alte di quella consona per il servizio (attorno ai 12°). Perfetto l’abbinamento di questo Grillo a tutto pasto, in particolare con antipasti e primi piatti leggeri.
Il Grillo Bio Vegan Settesoli cresce su terreni sabbiosi e calcarei, con una densità d’impianto di 4.500 piante per ettaro e una produzione media di 90 quintali per ettaro. Le uve vengono raccolte tra l’ultima settimana di agosto e la prima decade di settembre e vinificate in solo acciaio, al fine di preservarne gli aromi.
(4,5 / 5) Sicilia Doc Nero d’Avola Bio Vegan, Cantine Settesoli Rosso rubino pieno e luminoso, tipico del vitigno. Il naso mostra le due marce del Nero d’Avola, le due sfaccettature che hanno reso così popolare il vitigno-vino siciliano. C’è tutta la precisione del frutto, con l’amarena facilmente distinguibile accanto alla mora matura e a un tocco di prugna.
Ma non manca un tocco erbaceo, che conferisce nerbo alle note di frutta a bacca rossa e nera. Al palato, di fatto, l’ingresso rivela proprio questi ricordi di erbe mediterranee, prima di lasciare spazio a un sorso fruttato, reso elegante da ritorni di spezie nere che giocano con la succosità del nettare.
Vino “serioso”, autentico, semplice ma tutt’altro che banale, perfetto a tutto pasto e in accostamento con piatti della tradizione siciliana, come la Pasta alla Norma. Perfetto anche con antipasti a base di salumi, primi con sugo e ragù e formaggi semi stagionati.
Il Nero d’Avola Bio Settesoli cresce su terreni a medio impasto e calcarei, con una densità d’impianto di 4.500 piante per ettaro e una produzione media di 90 quintali per ettaro. Le uve vengono raccolte tra fine agosto e metà settembre e vinificate in solo acciaio.
Prezzo: 5,49 euro euro
Acquistabile presso: Coop, Conad
***DISCLAIMER: L’articolo è stato richiesto a Vinialsupermercato.it da Cantine Settesoli ma è stato redatto in totale autonomia dalla nostra testata giornalistica, nel rispetto dei lettori e a garanzia dell’imparzialità che caratterizza i nostri giudizi***
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Torniamo in Sicilia per il sesto appuntamento con i territori del vino: dopo Oltrepò Pavese, Lazio, Campania, Emilia Romagna, Abruzzo e il focus sull’Etna, ci immergiamo nell’isola del sole per raccontare le cantine che offrono ospitalità in provincia di Palermo, Agrigento, Caltanissetta, Ragusa e Trapani.
Sicilia, isola ricca di storia, cultura e bellezze naturali, dove negli ultimi anni l’enoturismoè cresciuto sempre di più grazie anche all’impegno di piccole e grandi aziende del territorio.
Tuttavia, nelle diverse province siciliane – Catania a parte, con l’Etna – si riescono a contare le cantine che offrono ospitalità per dormire e che non accolgono ospiti e viaggiatori soltanto durante gli orari diurni.
La stagione turistica 2020, segnata da Coronavirus, vedrà probabilmente una prevalenza di italiani tra le vigne siciliane. Nelle difficoltà generali, alcune aziende hanno preferito non aprire le porte ad ospiti e viaggiatori.
PROVINCIA DI PALERMO
AGRITURISMO TENUTE POLLARA
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In Sicilia il nostro viaggio inizia da Corleone, in provincia di Palermo. L’Agriturismo Tenute Pollara, dell’azienda vinicola Principe di Corleone, si trova nel cuore dell’isola a due passi dal bosco della Ficuzza.
Situato al centro di un’importante area di interesse storico, culturale e naturalistico, dispone di sei camere arredate con uno stile delicato e con gli affacci sulla rigogliosa campagna siciliana.
Oltre la bella piscina, per gli ospiti anche la possibilità di gustare i piatti tipici grazie al ristorante della famiglia Pollara in abbinamento ai vini di Principe di Corleone.
ABBAZIA SANTA ANASTASIA – RELAIS SANTA ANASTASIA
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A Castelbuono troviamo il Relais Santa Anastasia, all’interno del Parco delle Madonie. I vigneti che circondano l’abbazia danno i nomi alle 29 camere immerse tra i profumi e i colori dell’incontaminata natura siciliana.
Per gli ospiti oltre la possibilità di degustare e gustare i vini dell’azienda vi è anche il ristorante dove è possibile assaporare la cucina tradizionale siciliana, reinterpretata dallo chef Alessandro Battaglia. Abbazia Santa Anastasia dopo tanti anni in regime biologico oggi ha convertito i suoi vigneti in biodinamico.
Abbazia Santa Anastasia – Relais Santa Anastasia
Contrada Santa Anastasia, snc
90013 Castelbuono (PA)
Tel: +39 0921 67 22 33
Mob: +39 331 32 48 148 relais@abbaziasantanastasia.com
AGRIRELAIS BAGLIO DI PIANETTO
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Tra le colline di Piana degli Albanesi troviamo l’Agrirelais Baglio di Pianetto. Un elegante dimora di campagna dove ognuna delle 13 camera portano il nome di uno dei vini dell’azienda. La cantina, che è possibile visitare, si trova nel cuore dell’azienda e il ristorante propone piatti della tradizione culinaria siciliana.
Per i più curiosi è possibile partecipare a dei corsi di cucina e alle degustazioni in cantina, con una proposta di quattro pacchetti diversi. Baglio di Pianetto sviluppa la sua attività aziendale anche nella Tenuta Baroni, in Val di Noto.
A due passi dalla splendida riserva di Torre Salsa troviamo Baglio Caruana. 21 ettari di terreni vitati e sette camere. All’interno del baglio anche un centro benessere con vasca idromassaggio e una piscina all’aperto. Baglio Caruana coltiva varietà autoctone come Nero d’avola, Grillo, Insolia , Fiano e gli internazionali Chardonnay, Cabernet Sauvignon e Merlot.
FEUDI DEL PISCIOTTO WINE RELAIS
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Un boutique hotel nello splendido scenario della Val di Noto: eccolo il Wine Relais Feudi del Pisciotto. Situato in una zona rurale autentica della Sicilia sudorientale, ai margini della Riserva Naturale Sughereta di Niscemi, accoglie gli ospiti in dieci camere con soffitti in legno e caratterizzate da un piacevole connubio tra antico e moderno.
Oltre al ristorante gourmet “Il Palmento di Feudi”, la struttura dispone anche di una postazione di ricarica per le auto elettriche. L’azienda coltiva 44 ettari di vigne nel cuore della Docg Cerasuolo di Vittoria.
Feudi del Pisciotto Wine Relais Contrada del Pisciotto, 93015 Niscemi (CL) Mobile +39 331 216 9241 / 0933 1935186 info@winerelaisfeudidelpisciotto.com
PROVINCIA DI RAGUSA
RIOFAVARA RELAIS
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In provincia di Ragusa si trova il Riofavara Relais con le sue tre suite, all’insegna del vino, della vita e dell’uva. Le camere si differenziano principalmente per la vista su cui si affacciano: una sul vigneto, le altre due hanno vista panoramica sul convento di Gèsu, sul promontorio del Carmine e sul canyon d’ingresso della Cava d’Ispica.
L’azienda con i suoi 16 ettari a conduzione familiare nella Val di Noto e i settei vini prodotti, è una delle realtà più interessanti del panorama vinicolo della Sicilia orientale.
AGRITURISMO BAGLIO DONNA FRANCA – AZ. AGR. ANSALDI
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Baglio Donna Franca è il cuore dell’ Azienda Agricola Ansaldi, simbolo del progetto di riscoperta aziendale. Originariamente appartenuto alla famiglia Florio, il Baglio è oggi sede di un Wine Resort dotato di otto camere, un ristorante e di una bella piscina tra i vigneti, oltre che di una suggestiva cantina.
Affacciato a balcone sulle Isole Egadi gode di una vista panoramica di eccezionale bellezza per i propri ospiti. L’azienda guidata da Giacomo Ansaldi oggi produce 5 vini biologici ed organizza visite didattiche per bambini, sviluppando progetti di avvicinamento ai processi agricoli per scuole e studenti.
Un baglio seicentesco a due passi da Trapani con un’architettura eco-sostenibile per godere di una piacevole wine exeperience: ecco Baglio Sorìa. 11 camere immerse nella campagna, elegante e confortevole per raccontare l’idea di ospitalità di Firriato.
Il tramonto dallo Sky lounge regala uno spettacolo tutto siciliano con una vista privilegiata sull’isola di Mozia e sulle splendide isole Egadi. Lo chef Andrea Macca nel ristorante Baglio Soria propone ricette della tradizione trapanese. Firriato è anche proprietaria di altri due resort: Calamoni a Favignana e Cavanera sull’Etna.
Baglio Sorìa Resort & Wine Experience Contrada, Via Soria, 91100 Trapani (TP) Tel. 0923 861679 info@firriato.it
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Regione Puglia ha approvato all’unanimità la mozione a difesa del vino Primitivo, dopo l’autorizzazione all’impianto del vitigno in Sicilia che ha scatenato polemiche nel Sud Italia. Lo annuncia il Gal Terre del Primitivo, in seguito alla dura presa di posizione dei Consorzi pugliesi e dello stesso ministro Teresa Bellanova, a sua volta contraria all’avallo del provvedimento varato dalla giunta Masumeci.
“Quando parliamo di Primitivo – sottolinea il Gruppo di azione locale pugliese – pensiamo ai tantissimi produttori che rappresentano un ponte tra passato e futuro, ma pensiamo anche all’immagine dei nostri luoghi”.
“Non è solo un vino di altissima qualità – continua il Gal Terre del Primitivo – ma è anche un simbolo di grande valore culturale e identitario riconosciuto in tutto il mondo. Questo territorio sta dimostrando di essere compatto in questa battaglia”.
“Abbiamo raccolto le preoccupazioni del mondo agricolo e le abbiamo fatte nostre. Gli sforzi e gli investimenti delle aziende e degli operatori non possono essere vanificati in questo modo. Sarebbe un precedente gravissimo: la nostra storia non si tocca”, conclude il Gal.
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“Che cos’è il Mediterraneo? Mille cose insieme. Non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre”. Citano Fernand Braudel i “vignaioli del Mediterraneo” protagonisti del nuovo progetto “Halará, vignaioli in Marsala“.
Questo il nome scelto per la “casa comune trovata nel territorio marsalese” da Tanca Nica (Francesco Ferreri, Pantelleria), Bonavita – Vignaioli in Faro Superiore, La Distesa (Cupramontana, Marche), Stefano Amerighi (Cortona, Toscana), Antonino Barraco (Marsala) e ‘A Vita – Vignaioli a Cirò (Calabria).
La Sicilia al centro di un’idea comune di fare vino, con Tanca Nica, Bonavita e Barraco pronti a rotolare verso nord, accogliendo il calabrese Francesco Maria De Franco, i marchigiani Valeria Bochi e Corrado Dottori il toscano Stefano Amerighi, presidente del Consorzio Vini di Cortona.
“Siamo in sei – anticipano i vignaioli – 6 famiglie, amici prima che aziende. Siamo insieme a Marsala per un’idea, un sogno o solo per il piacere di stare insieme”. I dettagli del progetto, come conferma a WineMag.it Francesco Maria De Franco, saranno divulgati nei prossimi giorni.
Quel che è certo è che Halará vignaioli in Marsala esordirà sul mercato con tre etichette, imbottigliate da Nino Barraco: i vini da tavola Halará bianco (13%) e Halará rosato (11,5%) e il Terre Siciliane Igp Halará rosso (12%).
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Il futuro del vino della Sicilia? Sempre più legato alla sostenibilità. Una questione fisiologica, dovuta alle particolari condizioni microclimatiche, che rendono pressoché naturale la coltivazione in regime biologico. “Siamo l’isola del vino sostenibile, al centro del Mediterraneo“, ha detto non a caso il presidente di AssoviniAlessio Planeta, nel presentare l’edizione digitale di Sicilia en Primeur 2020, alle 15 odierne sulla piattaforma Zoom.
Collegati da tutto il mondo circa 200 professionisti del settore, tra stampa e addetti al lavoro, per fare il punto sulla vendemmia 2019. Una raccolta che incastona la Sicilia nell’olimpo della viticoltura biologica del Paese. Non solo: l’isola ha la più vasta superficie di viticoltura di montagna in Italia, dopo il Trentino Alto Adige. Ed è la prima regione per viticoltura di collina, seguita da Toscana e Piemonte.
Con il 34% della superficie viticola biologica, a fronte di un totale ormai prossimo ai 110 mila ettari di vigneto bio italiano, la Sicilia conferma la propria leadership sul fronte della sostenibilità. Seconda regione è infatti la Puglia, col 16%: la metà. Un dato che consente alla Trinacria di risparmiare, ogni anno, 750 tonnellate di rame per i trattamenti.
“Nell’ambito della Doc Sicilia – ha sottolineato Antonio Rallo, presidente del Consorzio Doc Sicilia – sono state prodotte 95 milioni bottiglie, il 19% in più rispetto al 2018. Il Nero d’Avola guida la crescita, col +27%, seguita dallo Zibibbo, con il +17%”.
“Ma quello che ci preme sottolineare è il +11% della menzione Sicilia da parte delle Doc territoriali: un obiettivo che ci eravamo prefissati nel 2012, quando abbiamo dato vita alla Doc Sicilia”, ha aggunto Rallo. Una Denominazione capace, tra l’altro, di reggere il colpo di Covid-19, con un -11% medio “da considerare prezioso, a fronte di un trend nazionale che si assesta sul -35/40%”.
A Mattia Filippi di Uvasapiens il compito di presentare – anche in questa edizione digitale di Sicilia en Primeur – le caratteristiche della vendemmia 2019, nell’ambito del report “L’importanza di essere Isola”. La produzione si è assestata sui 430 milioni di litri, in un trend stabile negli ultimi 5 anni.
La vendemmia 2019, assieme alla 2014 e alla 2011, ha registrato le quantità più basse rispetto alla media degli ultimi 11 anni, con un -13% rispetto alla media delle altre regioni. Le condizioni meteo hanno fatto da spalla ai produttori di vino siciliano.
“Grazie alle condizioni favorevoli del Mediterraneo – ha commentato Mattia Filippi – il climate change, non ha condizionato l’isola dal punto di vista delle temperatura. Basti pensare che, a giugno, le temperature registrate nel Sud Italia erano simili a quelle delle zone alpine e dei Balcani, più basse rispetto media europea”.
Che vini aspettarsi, dunque? La vendemmia 2019, secondo le anticipazioni dei tecnici del Consorzio Doc Sicilia, darà vini bianchi e rossi non eccessivamente alcolici, ma molto ricchi in termini di profumi, freschezza, corpo e struttura.
Ottimi i livelli di polifenoli in tutte le zone di produzione del Nero d’Avola, con medie di 7 tonnellate per ettaro. Bene anche Grillo e Catarrato (Lucido), in un’annata definita senza mezzi termini “eccezionale”. Un discorso che vale anche per l’Etna, dove il Nerello Mascalese è maturato in condizioni microclimatiche pressoché perfette.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
EDITORIALE – Civitella d’Agliano Igt, Colli Cimini Igt, Frusinate Igt e Lazio Igt. Sono le quattro le Igt (Indicazione geografica tipica) in cui figura il Primitivo, nel Lazio. Si aggiunga alla lista anche la Dop Matera, in Basilicata e il Falerno del Massico Doc, in Campania. Eppure, nelle scorse ore, dopo le pressioni ricevute dalla filiera pugliese (Consorzi, Confcommercio, Gal) la ministra Teresa Bellanova ha escluso la possibilità che il vitigno più noto della Puglia venga autorizzato in Sicilia. Un’ottima notizia per la Glera palermitana, i cui ettari vitati sono in crescita sull’isola, dal 2009.
L’uva con la quale si produce il Prosecco (in Veneto e Friuli) continuerà ad essere il vitigno minore più allevato in Sicilia. Senza il rischio della “concorrenza” del pugliese. “Mai consentirò che una bottiglia di vino siciliano Dop o Igp possa chiamarsi Primitivo”, riferisce la titolare del Mipaaf in una nota.
“La legislazione Europea e i corrispondenti Decreti nazionali, come sa chi li conosce – continua Bellanova – proteggono i riferimenti territoriali, le cosiddette indicazioni geografiche, ma non creano la protezione giuridica delle varietà né impediscono che quelle uve possano essere coltivate anche altrove”.
“Purtroppo questa è un’epoca in cui nessuno più studia o semplicemente si documenta ed è ben triste una politica che cavalca qualsiasi cosa pur di guadagnare un po’ di visibilità, ingenerando confusione e peraltro legittimando aspettative di tutti i generi”, è l’attacco della ministra al governo siciliano, guidato da Nello Masumeci.
“Eppure anche sul sito del Ministero è possibile reperire tutte le indicazioni necessarie proprio sulle Indicazioni geografiche che rappresentano un’eccellenza indiscussa della nostra filiera alimentare e il legame inscindibile tra territori e eccellenze produttive, soprattutto nel caso del vini e delle oltre 500 cultivar che fanno del nostro Paese un unicuum“.
La guerra del Primitivo sembra essere così terminata, a pochi giorni dalla chiamata alle armi del consigliere Pd pugliese Dario Stefàno, che senza mezzi termini ha parlato di “abuso” e “insopportabile mistificazione delle autoctonie” da parte della vicina Trinacria.
In Sicilia, come in altre regioni italiane – sottolinea Bellanova – non si può impedire, dopo necessaria sperimentazione, l’impianto di viti Primitivo ma i vini Dop e Igp ottenuti non potranno mai essere etichettati con l’indicazione in etichetta del nome del vitigno Primitivo”.
Nel Dm del 13 agosto 2012 (allegato 2) è infatti indicato senza equivoci come quella varietà “Primitivo” possa essere solo usata nell’etichetta di vini Dop o Igp della Puglia e delle regioni: Basilicata, Campania, Abruzzo, Umbria, Lazio e Sardegna“
“Pertanto – precisa Bellanova – nulla vieta che anche la Sicilia, dopo adeguata sperimentazione, lo classifichi prima in osservazione e poi lo dichiari eventualmente idoneo alla coltivazione. Resta il fatto che la coltivazione del vitigno Primitivo non consente in aree diverse dalle Dop e Igp indicate nel Dm 13 agosto 2012 (allegato 2), l’uso del termine varietale sulla bottiglia di Primitivo”.
Poi, l’ultima staffilata a Masumeci (nella foto sopra): “Una accortezza maggiore sarebbe consigliata anche in questo caso perché non si ingenerino allarmi ingiustificati e conflitti tra Regioni, soprattutto del Mezzogiorno che, anzi, dovrebbero e potrebbero fare della qualità e della valorizzazione delle loro eccellenze una battaglia comune e una strategia di posizionamento globale“.
La questione, in realtà, è ben più profonda e legata, certamente, alla potenzialità (commerciali) che la Sicilia potrebbe esprimere con il Primitivo in una (o più) delle proprie Igt o Dop, rispetto ad altre regioni italiane.
Qualcosa in grado di minare – ed ecco dunque il perché del feroce attacco alla Sicilia da parte della filiera pugliese, che non sembra affatto curarsi del Primitivo in altre regioni – un giro d’affari da 140 milioni di euro. Sono quasi 17 milioni i litri imbottigliati nel 2019: oltre 23 milioni di bottiglie, il +12% in più rispetto al 2018.
MA LA GLERA NO
A onor del vero, non può che essere di natura puramente commerciale la scelta della Sicilia di puntare sul Primitivo. E sarebbe ancora più lecito, se non fosse che l’isola l’isola dimentichi di valorizzare i vitigni già presenti.
Non ultimo il simbolo Nero d’Avola, rientrato in una Doc regionale che ha poco senso (almeno così come concepita oggi) per un vitigno così grandiosamente e diversamente espressivo, in base al singolo terroir in cui è presente: provare per credere la differenza tra un Nero d’Avola agrigentino e uno di Noto e Pachino.
Il management del vino siciliano esclude, peraltro, la necessità stessa di un lavoro di approfondimento sul vitigno, con una zonazione che potrebbe valorizzare le caratteristiche delle singole sottozone ed elevare – realmente – la qualità della produzione, consentendo di poterla esprimere anche in etichetta. Ben oltre, insomma, il divieto alla produzione del Nero d’Avola Igt.
Ma il vero mistero siciliano resta la Glera, autorizzata in diverse Igt sicule senza che il Veneto abbia mai mosso un dito (neppure il mignolo, per intenderci). Il noto vitigno a bacca bianca è stato introdotto in diversi disciplinari siciliani nello stesso anno in cui la varietà ha prendeva una strada diversa dal vino spumante Prosecco, il 2009.
Oggi la Glera è il “vitigno minore” più allevato in Sicilia, con 127 ettari sui 245 complessivi delle varietà prive di storicità, non autoctone o tradizionali. Evidente come la Glera palermitana sia meno “scomoda” del Primitivo pugliese, in Sicilia.
La politica (di destra e di sinistra) farebbe dunque bene a evitare di usare come colluttorio parole quali autoctonia, o formule retoriche come abuso del vitigno o mistificazione del chicchessia. Che ormai, le Dop, in Italia, hanno quasi tutte a che fare con una cosa sola: il commercio.
La solerzia con la quale Bellanova ha messo fine (forse) in poche ore alla “guerra del Primitivo” tra Puglia e Sicilia, non fa che confermarlo. Dall’altra parte della barricata, centinaia di famiglie del comparto vino ancora attendono misure concrete (o anche solo risposte alle proposte) per sollevarsi dalla crisi Covid-19. Cin, cin.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
In una sola parola: “no“. Dura presa di posizione del Gal Terre del Primitivo dopo la notizia di una possibile produzione del prezioso vino in Sicilia. “Il nostro Primitivo non si tocca”. Il Gal si schiera, come già fatto dai Consorzi e dal Senatore Pd Dario Stefàno, a difesa dei tantissimi produttori e dell’immagine dell’intero territorio che, su questo prezioso vitigno, negli anni ha costruito il suo brand.
“A quanto si apprende in queste ore c’è stata l’autorizzazione per l’impianto e la produzione in Sicilia, ma evidentemente a qualcuno stanno sfuggendo le implicazioni che tutto questo può generare. Intanto parliamo di un danno per la nostra identità e, non da ultimo, si rischia di creare un precedente per il futuro: altre varietà autoctone potrebbero essere scippate ad altre regioni, facendo venire meno una storia secolare” dichiara il Gal in merito al vitigno apprezzato in Italia e nel mondo, volano economico per centinaia di famiglie e simbolo della Puglia vitivinicola.
“Il suo valore culturale e identitario appartiene a questi luoghi e nessuno può appropriarsene – dice ancora il Gal che ricorda di aver costruito l’intero Piano di Azione Locale 2014-2020 proprio su questo – In fase di programmazione abbiamo deciso di puntare l’attenzione sul Museo diffuso delle Terre del Primitivo inteso come territorio da condividere. Un connubio tra risorse naturalistiche, artistiche, storiche, enogastronomiche e umane in cui emerge tutta la nostra autenticità, che è la nostra vera ricchezza, e non permetteremo a nessuno di portarcela via”.
“Il vino – conclude – da generazioni, rappresenta l’immagine di questa terra, declinata nei suoi tanti aspetti che vanno dall’enologia all’enogastronomia, dalle tradizioni e alla vita rurale. È per questo che condanniamo con forza la possibilità che altre regioni coltivino questo vitigno autoctono pugliese. Siamo pronti a fare squadra con le istituzioni e le realtà che, come noi, hanno a cuore questo territorio, difendendolo da qualsiasi tentativo di usurpare la nostra storia e la nostra economia”.
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