MONTALCINO – “Una volta c’erano artisti come Michelangelo e Giotto, e i contadini facevano il vino: questi geni oggi non ci sono più e hanno lasciato il posto a sedicenti artisti”. Così, nella sua lectio magistralis “Un’annata ad opera d’arte” il critico d’arte Vittorio Sgarbi, ha aperto oggi a Montalcino la 4 giorni di Benvenuto Brunello, dedicata al grande rosso toscano e all’annata 2015.
“Per contro – ha aggiunto Vittorio Sgarbi a Montalcino – troviamo l’arte tra i produttori di vino, in una sorta di evoluzione psicologica e culturale di valori normalmente riferiti solo all’arte, ora espressi in maniera equipollente dal mondo del vino. Certi nostri prodotti sono universali e rappresentano un’unica identità di civiltà e di cultura”.
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VERONA – Ride la platea. Ride l’intervistatore. Ridono le autorità, in prima fila. Tutto bene, insomma. Bene. Ma non benissimo. “L’Amarone mi sta sul cazzo. Io bevo Lambrusco” è l’ultima sparata di Vittorio Sgarbi.
Una boutade – in verità poi corretta, anzi argomentata – che fa discutere. Soprattutto perché proferita in occasione della giornata inaugurale di Anteprima Amarone 2014, sabato 3 febbraio al palazzo della Gran Guardia di Verona.
Qualche mugugno in sala, mentre l’istrionico critico proseguiva nel suo intervento attaccando anche gli organizzatori di alcune mostre, a cui è stato invitato come ospite d’onore.
“Io sono poco adatto a questa riunione – ha spiegato Sgarbi – perché sono un sostenitore totale, fanatico, universale, europeista del Lambrusco. A me l’Amarone sta sul cazzo. Io non capisco perché agli eventi sul Lambrusco non mi invitano mai: un vino che sembra la Coca Cola, che spumeggia, un vino inutile”.
L’ELOGIO AL LAMBRUSCO. O QUASI
“Il Lambrusco – ha aggiunto Vittorio Sgarbi – è la variante volgare dell’Amarone. Quando pensate che la bevanda più bevuta al mondo è la spremuta di merda che si chiama ‘Coca Cola’, vuol dire che il mondo è pieno di malati mentali. Non puoi chiedere Coca Cola quando c’è l’Amarone. E non dico Lambrusco…”.
La platea sembra gradire. Sgarbi non nota che, nella sala gremita, qualcuno inizia a storcere il naso. E allora rincara la dose.
“Negli ultimi 10 anni mi chiamano a parlare sempre di ‘arte e vino’. Io farei volentieri a meno, ma è come se il vino avesse necessità di essere riportato nell’ambito suo, trovando una radice artistica che prima nessuno cercava”.
“Il contadino non pensa a questo – ha proseguito il critico – ma qui è stata fatta addirittura una mostra con la mia amica dell’Amarone, la Allegrini, che ha avuto minor successo di quanto si poteva attendere”.
“Dopo i primi giorni c’è stato un calo di visitatori, perché la mostra non si chiamava, com’era giusto, ‘Da Tiziano a Picasso’, ma ‘Arte e vino’. Uno pensava che si facesse l’esposizione di bottiglie, con delle fotografie. Un titolo del cazzo, come fanno spesso i curatori di mostre. Chi va a Vinitaly beve e va via per i cazzi suoi. Se ne sbatte i coglioni di arte e vino. Bisogna mantenere gli ambiti”.
Esatto, gli ambiti. Qualcuno allora spieghi a Sgarbi che i “campi di Amarone” non esistono. Mica è Lambrusco.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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