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Domopak salverà il mondo? No, ma pare aiuti contro l’odore di tappo

Partiamo dalla fine: è una di quelle volte in cui è bello sapere il risultato ancor prima di godersi i 90 minuti di gioco. Pare infatti che il film plastico, quello che tutti abbiamo in casa e che molti chiamano semplicemente pellicola o Domopak, sia utile contro l’odore di tappo nel vino. Basterebbe lasciarlo a contatto per «rimuovere in modo parzialmente selettivo» il Tricloroanisolo (Tca).

Pressoché nessuna controindicazione. Le analisi condotte rivelano che «non vi sono conseguenze significative sulla qualità organolettica del vino». Anche se il film plastico trattiene anche alcuni esteri, ovvero alcuni dei classici profumi del vino, è stato confermato che «la loro diminuzione non influenza la percezione del fruttato».

I risultati ottenuti nei test vengono definiti «incoraggianti per il settore vitivinicolo», perché «questo trattamento, efficace nel ridurre significativamente il “difetto di tappo”, è facile da implementare e potrebbe aiutare a ripristinare un potenziale organolettico qualitativamente accettabile nei vini contaminati da anisoli».

Peraltro, «poiché il film plastico utilizzato è per uso alimentare, il suo impiego non comporta rischi per la salute del consumatore». Game, set, match. Ora però è tempo di vedere come è andata la partita, analizzandola al Var.

La scoperta degli effetti positivi della pellicola sui vini con odore di tappo deriva da uno studio condotto dai ricercatori María Reyes González-Centeno, Sophie Tempère, Pierre-Louis Teissedre, Kleopatra Chira, pubblicato lo scorso anno dalla rivista Food Chemistry nell’articolo dal titolo “Use of alimentary film for selective sorption of haloanisoles from contaminated red wine“.

Un approfondimento rilanciato dalla rivista Ives Technical Reviews dell’Institut des Sciences de la Vigne et du Vin, nel novembre 2020. Si tratta di un’associazione fondata nel 2017 da un gruppo di università e istituti di ricerca che puntano «a condividere gratuitamente i risultati della ricerca scientifica del settore con i ricercatori e i professionisti».

Il punto di partenza della team “anti odore di tappo” è semplice: «Oggi – recita la pubblicazione – la messa a punto di una soluzione rispettosa del vino che sia efficace nell’eliminazione degli anisoli, senza danneggiare il potenziale organolettico del prodotto, è più che mai necessaria e attesa nel settore».

Lo studio, condotto in Francia, ha preso in considerazione un vino rosso dell’annata 2013 (70 % Cabernet Sauvignon, 30 % Merlot), affinato per 24 mesi in barrique da 225 litri di tostatura medio-alta, naturalmente contaminato da differenti concentrazioni di anisoli.

Il vino è stato sottoposto a un trattamento con un film plastico per uso alimentare (dose: 20 m2/hl) per 48 ore ed è stato campionato prima del trattamento e dopo 8, 24 e 48 ore.

L’efficacia del film – recita lo studio – è stata valutata in relazione ai tenori di anisoli dei vini non trattati. Per valutare l’impatto del trattamento sui parametri chimici e sulla qualità organolettica dei vini, sono state condotte analisi relative al colore, ai parametri enologici di base, alla composizione fenolica e aromatica, nonché l’analisi sensoriale».

Il “Domopak” ha permesso di ridurre significativamente e progressivamente il livello di Tca (2,4,6-tricloroanisolo) presente nel vino iniziale. «L’efficacia del trattamento – prosegue la pubblicazione – è tanto più elevata quanto maggiore è il tempo di contatto vino-film». Nel caso delle Barriques B e C, l’immersione del film plastico nel vino per 8 ore consente di ridurre il contenuto di Tca di una percentuale dal 47 al 57%.

Dopo 24 e 48 ore di trattamento, sono state osservate rispettivamente diminuzioni del 74% e dell’82% circa della concentrazione iniziale di Tca contaminante. Nel caso della Barrique A, non è stato possibile quantificare il tasso di decontaminazione per via di un «contenuto di Tca inferiore al limite di quantificazione».

Tuttavia va notato che dopo 48 ore di “trattamento Domopak”, «il contenuto in Tca raggiunge valori al di sotto del limite di rilevabilità». «Nel nostro studio – continua la pubblicazione – il contenuto in Tca dei vini al termine del trattamento appare inferiore o prossimo al valore più basso di soglia di percezione riportato in letteratura».

La soglia di percezione dell’odore di tappo nel vino varia infatti tra 1,5-3,0 ng/l, a seconda della sensibilità e della competenza degli assaggiatori, nonché della matrice e dello stile del vino contaminato.

Quanto ai tipi di anisoli, Pca (pentacloroanisolo) e Tba (2,4,6-tribromoanisolo) non sono stati rilevati nei vini analizzati. D’altra parte, tutti hanno mostrato tracce di TeCA (2,3,4,6-tetracloroanisolo) che sono state eliminate durante le prime 8 ore di trattamento. Sorprendente, infine, l’impatto sulla composizione chimica dei vini trattati.

L’uso del film plastico non ha avuto effetti significativi sui parametri enologici di base (pH, densità, grado alcolico, acidità totale e volatile, rapporto glucosio/fruttosio, contenuto di acido malico, lattico e tartarico), sugli aromi legnosi, anche “speziati” e “affumicati”, e sul contenuto in composti fenolici totali e tannini totali nei vini trattati, indipendentemente dalla durata del trattamento».

Oltre le 24 ore di “trattamento Domopak” è stato invece osservato un leggero aumento del contenuto iniziale di antociani totali, in due delle barrique (A e C). «Poiché gli antociani svolgono un ruolo fondamentale nel colore dei vini rossi – spiegano i ricercatori – sarebbe interessante seguirne l’evoluzione durante l’invecchiamento in bottiglia, al fine di valutare se questo leggero aumento abbia o meno un impatto sul prodotto finale».

Più “film” per tutti, insomma. Ce n’è abbastanza per una serie tv ad hoc, su Netflix. Ché se non salverà il mondo, almeno Domopak ci preserverà dall’odioso “sentore di tappo”. Forse.

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Vino, tappi naturali sicuri al 99,85%: dal Portogallo la novità Innocork di Cork Supply

Prima il controllo di un naso umano ipersensibile. Poi il check definitivo, grazie all’utilizzo di macchinari super sofisticati. La novità arriva dal Portogallo ed è firmata Cork Supply. Il produttore promette “un livello di sicurezza record” su sentore di tappo e affini, pari al 99,85% sui tappi naturali per vino prodotti con l’innovativo sistema Innocork. E si spinge oltre.

DS100 e DS100+ sono i nomi coi quali Cork Supply identifica il sistema ormai brevettato. Ogni singolo sughero viene testato e analizzato per il Tca da professionisti “annusatori”, nel caso di DS100, e mediante un programma computerizzato altamente sensibile nel caso di DS100+. C’è di più.

Dopo aver completato queste procedure, Cork Supply rilascia la “Garanzia di riacquisto della bottiglia“. Se viene scoperto un tappo di sughero difettoso, l’azienda portoghese si impegna a riacquistare la bottiglia, pagando il prezzo al dettaglio.

Una svolta dovuta allo spirito instancabile di ricerca e sviluppo del tedesco Jochen Michalski, patron e fondatore di Cork Supply negli Usa, nel 1981. Un uomo che ha dedicato la sua vita professionale “alla purezza del vino“.

Ad assicurare che i tappi di sughero naturali del produttore portoghese non ospitino più alcun componente di Tca – responsabile del classico aroma dei vini “tappati” – sono in primis due processi tecnici sequenziali e complessi.

  1. PureCork. Innanzitutto i tappi vengono riscaldati a 85°, in un ciclo di ventiquattro ore. La distillazione a vapore rimuove Tca e altri aromi sgraditi
  1. InnoCork. Quindi, in un ciclo di un’ora, i tappi vengono nuovamente riscaldati a 65°, usando vapore e un distillato di etanolo, rimuovendo così eventuali particelle residue

Prima che un sughero subisca il nuovo processo InnoCork, deve superare una serie di ostacoli. Proprio come per il vino buono, “fatto in vigna” e non in cantina, la qualità del sughero inizia all’aperto e si perfeziona in laboratorio.

“Il monitoraggio costante delle querce da sughero – spiega Jochen Michalski – assieme a un’intensa collaborazione e consulenza con le aziende partner e a una meticolosa selezione delle singole querce, sono alla base della nostra mission”.

Per fare questo occorre camminare per miglia attraverso le foreste di sughero, dove vengono prelevati numerosi campioni. Le analisi vengono eseguite ben prima che la corteccia di sughero arrivi al sito produttivo.

“Dalla foresta al prodotto finito – sottolinea ancora Michalski – questi tappi sono sottoposti a più test analitici, sensoriali e visivi. In totale, Cork Supply conduce oltre mezzo milione di test e ispezioni ogni anno, ben al di sopra della media del settore.

Dopo che il sughero ha attraversato il circuito di InnoCork con i due processi tecnologici InnoCork e PureCork, i sugheri hanno dimostrato di essere privi del Tca e degli aromi sgraditi sino a livelli di sicurezza pari al 99,85%.

“Questa – garantisce il patron del sugherificio portoghese – è una cifra che non è mai stata raggiunta in nessun’altra parte del mondo! Tutti i tappi di sughero naturale di Cork Supply sono attualmente sottoposti a entrambi i processi tecnologici, senza costi aggiuntivi per il cliente”.

Trentanove anni dopo la fondazione di Cork Supply, l’azienda conta oltre 500 dipendenti in diversi Paesi vocati alla viticoltura come Australia, Sudafrica, Portogallo, Spagna, Stati Uniti, Italia, Francia, Cina e Argentina.

E alla mission principale di produrre e distribuire sugheri si sono affiancati negli anni altri campi d’azione. Cork Supply ha aperto la società di etichette Studio Labels in Australia nel 2007 e, dal 2008, il gruppo guidato da Jochen Michalski produce botti di rovere con Tonnellerie Ô, negli Stati Uniti.

Ognuna delle tre società ha una propria identità distinta, ma dall’inizio del 2020 i tre pilastri – chiusure, contenitori per l’affinamento in legno ed etichette – sono uniti dal nome di Harv81, fedeli al motto: “Eccellenza a tutti i livelli”.

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