Si chiama Ethos (dal greco “etica”) e sarà ufficialmente commercializzato a partire dal prossimo Vinitaly (Verona, 7-10 aprile). È il primo vino di Forchir ottenuto da soli vitigni resistenti italiani.
“L’intelligenza dell’uomo supera le difficoltà.” È con queste parole che Gianfranco Bianchini, patron di Forchir, sintetizza il desiderio “green” di produrre “un vino che impatti il meno possibile sull’ambiente”.
Da qui la scelta di utilizzare vitigni che non necessitino di trattamenti in vigneto, perché naturalmente resistenti alle malattie fungine come Oidio e Peronospora. Anni di sperimentazioni che hanno visto coinvolti in primis l’Università di Udine ed i Vivai Cooperativi di Rauscedo. Per arrivare, attraverso vari incroci, ai cinque vitigni che compongono il blend di Ethos.
IL PROGETTO
Si chiamano Fleurtai, Soreli, Sauvignon Kretos, Sauvignon Nepis, Sauvignon Rytos. I primi due derivano da varietà di Friulano (il vecchio Tocai), gli altri tre dal Sauvignon (come, volutamente, suggerisce il nome).
“La scelta di utilizzare come genitori due varietà storicamente ben radicate nella cultura del vino friulano – spiega Gabriele Di Gaspero dell’Università di Udine – è legata al desiderio di mantenere un’identità territoriale anche con dei vitigni nati solo recentemente”.
Un vero e proprio progetto, quello di Forchir: “Sette ettari. Non due filari tanto per provare”. È sempre Gianfranco Bianchini a sottolineare la portata dell’operazione. Sette ettari impiantati due anni fa che, dopo un solo anno di “prove tecniche”, hanno dato vita a ben 10 mila bottiglie, in occasione della vendemmia 2018.
Una cantina completamente eco-friendly, carbon-free e autosufficiente dal punto di vista energetico grazie ad un impianto fotovoltaico e all’utilizzo di geotermia. Cantina dalla quale escono oltre 2 milioni di bottiglie all’anno targate Forchir.
E così, dopo sperimentazioni, prove, difficoltà burocratiche per l’iscrizione al registro ufficiale (ricordiamo che per la legge italiana non si possono produrre vini Doc e Docg da varietà ibride) ed infinite discussioni fra sostenitori e detrattori dei vitigni resistenti, è nato Ethos. Il primo vino da vitigni resistenti “Made in Italy”, in contrapposizione alla “scuola tedesca” dei Piwi.
LA DEGUSTAZIONE
Lo abbiamo assaggiato. Colore paglierino scarico, riflessi verdolini. Al naso è piuttosto intenso con un’evidente nota floreale, cui seguono note fruttate di mela e pera e un leggerissimo sentore di frutta esotica.
Una sottile vena erbacea, di erba tagliata, chiude il quadro olfattivo. In bocca l’acidità la fa da padrona regalando grande freschezza, pur supportata da una buona morbidezza. Combinazione che rende “Ethos” 2018 facile e piacevole da bere.
Lavora bene con alcuni degli abbinamenti proposti, come scampi o prosciutto crudo. Un po’ meno bene con le ostriche, che innescano una sapidità eccessiva. Una buona “prima prova”, nel complesso, per queste neonate varietà di vite.
Resta da chiedersi se vitigni volutamente costruiti per essere poco sensibili alle variazioni climatiche e agli stress idrici riescano, col tempo, a diventare portavoce dei differenti terroir. Un tema sempre più dibattuto e ricercato dal consumatore moderno, sempre più a caccia del territorio nel calice.
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