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Tommaso Inghirami e Fattoria di Grignano: un po’ sintesi, un po’ romanzo

Tommaso Inghirami e Fattoria di Grignano sintesi romanzo poggio dei gualtieri chianti rufina camicie ingram michele ferrero franco bernabei
Michele Ferrero
per l’attitudine di guardare oltre alle cose, senza fermarsi all’apparenza. Franco Bernabei per la capacità di rendere liquido (d’eccellenza) un territorio, in maniera altrettanto visionaria. L’imprenditore “papà della Nutella” da una parte. L’enologo noto come “Mr Sangiovese”, dall’altra. Se è vero che ogni persona è al pari sintesi e romanzo, Tommaso Inghirami potrebbe essere preso ad esempio lampante. Dopo essersi fatto le ossa in diverse multinazionali – Moncler, Bolton e, appunto, Ferrero, come junior brand manager – il rampollo della famiglia a capo del colosso fiorentino Ingram Camicie è tornato a Pontassieve, a cavallo tra il 2017 e il 2018. Per fare vino. Dedicandosi anima e corpo a Fattoria di Grignano, Tenuta degli Inghirami attiva da oltre 50 anni nella cittadina a 12 chilometri da Firenze.

FATTORIA DI GRIGNANO: DA BERNABEI A CHIOCCIOLI, IN “STILE” FERRERO

Da allora, grazie alla collaborazione con il nuovo enologo Stefano Chioccioli, i vini di Grignano hanno preso un’altra via. Emblematica la vendemmia 2019 di Poggio Gualtieri, Chianti Rufina Docg Riserva che condensa le migliori caratteristiche del Sangiovese d’alta collina, in una veste fresca e dai tannini meno graffianti rispetto alle annate precedenti. Un cambio di passo che non significa rinnegamento del passato. Bensì evoluzione. «Franco Bernabei, l’enologo che ha accompagnato Fattoria di Grignano sin dagli anni Ottanta – spiega Tommaso Inghirami – è per me uno zio. Molto più di un “semplice” professionista: è parte della famiglia. Al mio ritorno in azienda, ho sentito di dover iniziare a produrre vini più affini al mio gusto».

VINI GRIGNANO: GRANDI (VECCHIE) ANNATE E NUOVA IDENTITÀ

«Da grande amante dei vini bianchi friulani – continua il 34enne – ho trovato un’immediata intesa con l’enologo Stefano Chioccioli, che proprio in Friuli ha fatto grandi cose». La mano di Chioccioli, consulente enologo – tra gli altri – della Livio Felluga, segna il cambio di rotta dei vini di Grignano: più immediati e rotondi, godibili sin dalla gioventù. Pur con ottime prospettive, in termini di lungo affinamento. Le terre da cui nascono sono, di fatto, le stesse che hanno dato vita al Chianti Rufina Riserva Docg Poggio Gualtieri 2000, ancora in forma straordinaria (freschezza, purezza del frutto, ulteriore capacità di evoluzione) a distanza di 24 anni dalla vendemmia. Tra le annate più recenti in commercio, inizia ora a farsi apprezzare, più delle altre, una 2013 dalla spiccata acidità. Un’annata – c’è da scommetterci – pronta a dare immense soddisfazioni nel lungo periodo.

PINOT NERO E TREBBIANO NEL FUTURO DI FATTORIA DI GRIGNANO

Tommaso Inghirami non vuole però fermarsi qui. E per comprenderne le ragioni, basta alzare gli occhi verso l’orizzonte di Pontassieve. L’Appennino Tosco-Romagnolo domina il circondario della cittadina medievale, considerata la capitale del Mugello. «Negli ultimi anni – spiega l’erede dell’impero Ingram Camicie – abbiamo acquistato diversi terreni nelle vallate che circondano Pontassieve. Credo che il potenziale ancora inespresso a quelle quote sia immenso. Mi riferisco in particolare al Casentino, una delle quattro vallate della provincia di Arezzo, in direzione Romagna, poco lontana da Pontassieve. A mio avviso una zona interessantissima, in prospettiva, per il Pinot Nero. Ma anche alla Val Tiberina, più ad est. Qui abbiamo acquistato una vigna vecchia di Trebbiano e i primi risultati di vinificazione in anfora hanno dato risultati incredibili». Il primo vino da una varietà a bacca bianca di Fattoria di Grignano sarà presentato nei primi mesi del 2025. L’ennesimo capitolo firmato Tommaso Inghirami. Un po’ sintesi. Un po’ romanzo.


Grignano – Tommaso Inghirami

Via di Grignano, 22
50065 Pontassieve (Firenze)
Tel. 0558398490
Email: info@fattoriadigrignano.com

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Vendemmia 2024 Montalcino: annata d’oro per Brunello e Rosso?


La vendemmia 2024 a Montalcino si presenta sotto i migliori auspici, richiamando alla memoria i tempi passati in cui la raccolta del Sangiovese avveniva proprio nel mese di ottobre. «L’epoca di vendemmia spostata a ottobre ci fa ritornare indietro con la memoria ad anni passati, quando il Sangiovese si trovava ancora in pianta proprio in questo periodo», commenta Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino. Quest’anno, la raccolta si preannuncia favorevole sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Un aspetto che ogni produttore sogna di raggiungere.
La vendemmia durerà circa una ventina di giorni. Fa seguito a un’estate che ha favorito una maturazione progressiva delle uve.

LA QUALITÀ DELLA VENDEMMIA 2024 A MONTALCINO

Come rilevato dall’analisi del Consorzio, il mese di settembre ha portato un abbassamento delle temperature e piogge che hanno contribuito a rallentare l’accumulo degli zuccheri e a riequilibrare la componente fenolica delle uve. Questo ha garantito uno stato fitosanitario ottimale e un peso medio dei grappoli significativamente superiore rispetto all’anno precedente. Nonostante i diradamenti effettuati per mantenere un equilibrio vegeto-produttivo, si prevedono quantitativi superiori rispetto al 2023. Un altro elemento interessante riguarda le aspettative per quanto riguarda le gradazioni alcoliche, che saranno probabilmente più contenute. I mosti ottenuti, invece, si distinguono già per la loro aromaticità e la finezza dei profumi.

ROSSO DI MONTALCINO IN FORTE CRESCITA

Montalcino si conferma un territorio vitivinicolo di eccellenza, con oltre 3.400 ettari di vigneti iscritti a Doc e Docg e tutelati dal Consorzio del Brunello di Montalcino. Di questi, più di 2 mila ettari sono dedicati alla produzione del celebre Brunello, un’estensione che è rimasta invariata dal 1997. Interessante è anche la crescita del Rosso di Montalcino, con quasi 900 ettari destinati a questa denominazione, frutto di un incremento della superficie vitata del 67% approvato lo scorso settembre.

Tuttavia, tale ampliamento non implica nuovi impianti. Gli ettari aggiuntivi sono già inclusi nelle mappe del territorio e rappresentano vigneti di Sangiovese che, pur essendo già coltivati, non erano ancora compresi negli albi contingentati. Con queste premesse, la vendemmia 2024 si prospetta come una delle più promettenti degli ultimi anni, grazie all’attenzione dedicata sia alla qualità che alla sostenibilità.

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Associazione Viticoltori Greve in Chianti: Classico e… attuale

Un comune: Greve in Chianti. Quattro Uga (Unità Geografica Aggiuntiva): Greve, Montefioralle, Panzano, Lamole. Ben otto sottozone: Strada, San Polo, Chiocchio, Greti, Montefioralle, Destragreve, Dudda e Lucolena, Panzano. Lo scorso 29 agosto l’Associazione Viticoltori di Greve in Chianti ha voluto raccontare il mosaico del “terroir” grevigiano attraverso il proprio Chianti Classico, vino che ha più volte dimostrato la sua abilità nel reggere il tempo. Una degustazione al contempo orizzontale e verticale; annate storiche affiancate a vini giovani per enfatizzare al contempo le diverse sfaccettature del territorio e la capacità di invecchiamento del Sangiovese di Greve. A guidare gli assaggi Cristina Mercuri, DipWset e unica donna italiana candidata al titolo di Master of Wine.

IL CHIANTI CLASSICO DI GREVE IN CHIANTI

Greve è, di fatto, il comune più esteso nell’areale del Chianti Classico. Circa 17 mila ettari che racchiudono ben 8 sotto zone diverse. Zone diverse sia per tipologie di terreno, più marnoso ad ovest e più calcareo verso est, che per altitudine, più pianeggiante e a nord e con altitudini più sensibili man mano che si procede verso sud. Si passa così dalle colline dolci e dai suoli fertili della sottozona “Strada”, ai 600m s.l.m. e terreni poveri di “Destragreve”. Dal calcare di “San Polo” alle argille di “Chiocchio” alla roccia grigia di “Dudda e Lucolena”. Caratteristiche che fanno dei vini di Greve un incontro di robustezza e finezza.

I VINI DELL’ASSOCIAZIONE VITICOLTORI GREVE IN CHIANTI

Sei vini “d’annata”, da sei sottozone, e dieci annate storiche a rappresentare in modo trasversale il territorio, le sue sfumature ed il modo in cui queste si comportano nella sfida col tempo. Ecco i vini dell’Associazione Viticoltori Greve in Chianti, alla prova del calice.

I CHIANTI CLASSICO D’ANNATA: GREVE IN CHIANTI IN GIOVENTÚ

Chianti Classico “Il Tarocco” 2021, Torraccia di Presura (Strada). Colore tenue e naso ricco di note di frutto rosso. Prugna e mora in prevalenza. Seguono note verdi e speziate di finocchietto, pepe e liquirizia. Voluminoso e largo alla beva con un’acidità non troppo spiccata.

Chianti Classico “Casa di Colombo” 2019, Tenuta la Novella (San Polo). Molto “terroso” al naso. Emergono da prime le note terziarie di tabacco e pepe solo successivamente una viva freschezza floreale accompagnata da un piacevole sentore di fieno. Al sorso è più austero del precedente. Molto fresco e verticale regala una sensazione di pienezza a centro bocca

Chianti Classico 2022, Viticcio (Montefioralle). Grande succosità di frutto rosso, prugna e ciliegia, forse dovuta alla presenza di un 5% di Merlot. Finocchietto, erbe secche ed una nota leggermente. Tannini molto ben integrati, morbido ma con un certo grip. Più “muscoloso” dei precedenti.

Chianti Classico 2021, Terreno (Destragreve). Naso timido, silente, ma quando si apre nel calice regala un esplosione floreale accompagnata da note minerali di sasso bagnato e pietra focaia. Grande verticalità. Tannino molto vivo finale, ancora giovane ma non invasivo.

Chianti Classico 2022, Antico Borgo di Sugame (Dudda e Lucolena). Naso che gioca prevalentemente su note speziate di anice stellato, pepe e noce moscata. Tannino molto vivo. Molto caldo al sorso.

Chianti Classico 2021, Ca di Pesa (Panzano). Naso sottile per questo vino, ultima espressione “giovanile” del Chianti Classico prodotto dalle cantine aderenti all’Associazione Viticoltori Greve in Chianti. Si concentra sulle note di piccoli frutti rossi: un frutto molto ben definito. Acidità vibrante, succoso e croccante, con tannini gentili al palato.

ANNATE STORICHE: IL CHIANTI CLASSICO DI GREVE ALLA PROVA DEL TEMPO

Chinati Classico Riserva 1979, Castello di Verrazzano (Montefioralle). Evoluto con importanti note terziarie di tabacco, china, potpourri, scora di arancia amara, fichi secchi e liquirizia. Note fruttate ancora presenti in sottofondo. Acidità ancora ben presente, un vino “ancora in piedi”. Tannino lineare, quasi risolto, e di grandissima grazia.

Chianti Classico Riserva “La Forra” 1981, Tenuta di Nozzole (Chiocchio). Al naso, molto differente dal precedente, il frutto rosso è ancora vivo e croccante con leggero tocco floreale. Solo in un secondo momento emergono note affumicate e speziate. Un quadro olfattivo che maschera la vera età del vino. Tannino ancora vivace.

Chianti Classico Riserva “Il Picchio” 1988, Castello di Querceto (Dudda e Lucolena). Naso intenso, quasi aromatico. Frutto molto ben definito sia nelle note di frutta rossa che in quelle agrumate. Tocco mentolato e speziato. Beva ancora un pochino ritirata, cupa, compatta. Tannino “giovane”. Largo al palato. Un vino dalla spina dorsale salda.

Chinati Classico Riserva “La Prima” 1993, Castello di Vicchiomaggio (Greti). Fresco, spiccatamente mentolato con note di menta, mentuccia ed eucalipto. Arancia rossa netta. Acidità lineare e viva. Tannino polveroso che “frena” il sorso a centro bocca e dona ciccia al vino.

Chianti Classico 1994, Querciabella (Destragreve). Naso delicato e austero, timido. Quando si apre mostra i primi segni di evoluzione. Accanto al frutto rosso e all’agrume ecco note di prugna sunsweet, fichi secchi e spezie morbide. In bocca il tannino si espande su palato e gengive accompagnando un cetro bocca succoso. Anch’egli un Chianti Classico che nasconde molto bene i suoi anni.

Chianti Classico Riserva 1995, Carpineto (Dudda e Lucolena). Naso vivace dove prevalgono note affumicate e di frutta matura. Tannino vivo, quasi aggressivo. Molto caldo ma con un’acidità che tiene testa all’alcool.

Chianti Classico Riserva 1998, Vignamaggio. (Destragreve). Naso definito ed espressivo, intenso, frutta scura mista a frutto rosso, spezia gentile. Al palato regala più soddifazione che al naso. Vivi i sentori primari nel retro olfattivo con solo un leggero accenno di evoluzione. Tannino piacevolmente gastronomico.

GLI ANNI 2000 DEL CHIANTI CLASSICO DI GREVE IN CHIANTI

Chianti Classico 2000, Fattoria Santo Stefano (Greti). Naso evoluto nonostante la giovane età, rispetto ad altri campioni selezionati per la verticale-orizzontale dell’Associazione Viticoltori Greve in Chianti. Fiori secchi, frutta matura ed un tocco affumicato. Sorso elegante con tannino polveroso a centro bocca che non frena la bevuta lasciando una piacevole sensazione.

Chianti Classico Riserva 2004, Villa Calcinaia (Montefioralle). Il 5% di Montepulciano presente nel blend si fa sentire, regalando un naso più opulento rispetto ai compagni di cordata. Susina, mora, fava di cacao, salvia, alloro, pepe ed un tocco resinoso. In bocca il tannino è granuloso ed accompagna un sorso ricco e potente. Un vino decisamente pronto.

Chianti Classico 2008, Pieve di San Cresci (Montefioralle). Nonostante sia il più giovane della batteria è anche il più stanco. Naso troppo evoluto con frutta rossa e nera surmatura ed una spezia che fatica ad emergere. Anche il sorso è poco accattivante. L’acidità, seppur presente, stenta a dare slancio gustativo ed il tannino risulta un po’ troppo “seduto”.

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Migliori Sangiovese di Romagna Sottozona: tutti i punteggi a Vini ad Arte 2023


Ricerca del frutto, della freschezza, di una beva slanciata ma non banale, che premi la tipicità della varietà, dei suoli e l’espressione dell’annata. È questa l’ottima direzione che sembra aver preso il Sangiovese di Romagna delle Sottozone: qui tutti i punteggi e i migliori a Vini ad Arte 2023. Grazie all’annuale rassegna organizzata dal Consorzio Vini di Romagna il 20 luglio, è stato possibile degustare decine di campioni dell’annata 2022. Protagonisti assoluti, oltre all’Albana (qui i migliori assaggi) i 16 areali in cui è stato suddiviso il Romagna Sangiovese Doc, a partire dal 2011:
Serra, Brisighella, Modigliana, Marzeno, Oriolo, Castrocaro, Predappio, Meldola, Bertinoro, Cesena, Mercato Saraceno, Longiano, Imola, Coriano, San Clemente e Verucchio.

Si tratta di una produzione di nicchia, grazie alla quale i produttori romagnoli possono raccontare le specificità dei singoli terroir, che spaziano dalla fascia più vicina al mare Adriatico ai pendii eroici prossimi agli Appennini. Fasce longitudinali in cui cambia la composizione dei terreni, l’esposizione e l’altimetria, dando risultati spesso molto diversi nel calice. Su una superficie totale di 6.235 ettari, nel 2020 sono state prodotte 11,5 milioni di bottiglie di Romagna Sangiovese Doc. Numeri ben più risicati quelli delle Sottozone, ma in decisa crescita: si è passati dalle 363.467 bottiglie del 2019 alle 517.067 bottiglie del 2022.

IL SANGIOVESE DI ROMAGNA DELLE 16 SOTTOZONE: SGUARDO AL FUTURO

La vera sfida per il futuro della denominazione è dunque la massa critica sulle 16 Sottozone, capaci di raccontare – in prospettiva anche sul fronte del turismo e dell’enoturismo – una Romagna lontana dallo stereotipo delle infinite spiagge di sabbia e delle lunghe file di ombrelloni. La Romagna dell’entroterra. Della gastronomia lenta, da contrapporre al mordi e fuggi di una piadineria della Riviera. La Romagna degli scorci mozzafiato sugli Appennini e dei suoli di matrice vulcanica, tanto inaspettati in una regione che fa della sabbia uno dei suoi simboli internazionali. Lo scoglio è quello rappresentato dall’Igt, che in Romagna pesa ancora come un macigno sull’evoluzione () della Doc. A dirlo sono i numeri, che riguardano ovviamente anche il Sangiovese.

La Rubicone Igt è in testa con 87.621.067 milioni di bottiglie. A seguire Ravenna Igt con 600.533, Forlì Igt con 484.933 e Sillaro Igt con 165.867. Vini con prezzi spesso modesti, collocabili alla base della piramide qualitativa romagnola e destinati al mondo della grande distribuzione organizzata e alle promozioni “aggressive” dei discounter. Volumi movimentati in gran parte da imbottigliatori e cooperative che, nel tempo, si stanno avvicinando con curiosità alle espressioni del Sangiovese di Romagna delle Sottozone. Il futuro dirà chi ha ragione. All’orizzonte, una potenziale crescita del valore medio, a cascata, di tutte le tipologie, grazie ad attività di marketing e comunicazione finalizzate a un posizionamento prezzo sempre più elevato delle Sottozone. La qualità? C’è tutta.

LA VENDEMMIA 2022 IN ROMAGNA E I MIGLIORI SANGIOVESE SOTTOZONA A VINI AD ARTE 2023


Tornando ai calici, passando prima dalla vigna, come è stata la vendemmia 2022 in Romagna? In sintesi, secondo quanto riferisce il Consorzio, «una vendemmia concentrata in pochi giorni, non abbondante (- 1% rispetto alla media degli ultimi 5
anni e +3% rispetto al 2021), ma di buona qualità, con vini bianchi spumanti di buona struttura e longevità, se
ben posizionati nella raccolta delle uve, e vini rossi che potrebbero uscire con punte di eccellenza per equilibrio ed eleganza». Vediamo dunque i migliori Sangiovese Sottozona a Vini ad Arte 2023.

 

NOME ANNO DENOMINAZIONE AZIENDA MENZIONE/ZONA DESCRIZIONE SCORE
Moro di Dozza 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc ASSIRELLI IMOLA Colore piuttosto carico, ma luminoso. Bel fiore, bel frutto denso, che si conferma anche al palato. Molto tipico, fruttato e con una leggera vena sapida ad accompagnare il sorso. Vino che abbina peso e agilità di beva. 87
Contragrande 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc BRANCHINI IMOLA Vino giocato sull’eleganza e una certa austerità, giovane e si sicura prospettiva. Rinuncia alla potenza e alle concentrazioni per esaltare una freschezza e vena sapida. 88
Barone Bartolomeo 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc CANTINA DI CESENA – TENUTA AMALIA CESENA Bel colore, tinte violacee. Versione di Sangiovense agile e beverina, semplice. 84
Benedictus 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc CANTINA FIAMMETTA SAN CLEMENTE Tanta macchia mediterranea e spezia, un bel frutto, ciliegia appena matura. In bocca corrispondente. Versione easy, beverina, piacevole. 85
Tratti d’Autore 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc CANTINA FORLÌ
PREDAPPIO
PREDAPPIO Altro bel frutto goloso, tannini vivi ed eleganti, leggera sapidità. Vino che premia beva e agilità, in maniera molto ben congegnata. 87
S zero solfiti aggiunti 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc FATTORIA DEL MONTICINO ROSSO IMOLA Vino di beva molto agile. Fiore, frutto croccante e vena glicerica ad arrotondare, senza squilibri. 85
Tre Rocche 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc FATTORIA NICOLUCCI PREDAPPIO Bel colore, rubino con unghia violacea, luminosa. Naso-bocca tra spezia e frutto golosissimo, ciliegia ma anche mora, una leggera percezione di mirtillo. Allungo sapido-minerale, tannini elegantissimi e prospettiva. 88
Petali di Viola 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc MERLOTTA IMOLA Primo naso su fiore e frutto molto ben espresso. In bocca mostra di aver bisogno di tempo, con moderata fiducia. 85
NOELIA RICCI – Il Sangiovese 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc PANDOLFA – NOELIA RICCI PREDAPPIO Bellissimo colore, luminoso. Naso golosissimo, denso e al contempo slanciato. In bocca un’ottima corrispondenza, tannini vivi ad asciugare tanta materia, succosissimo. Finale persistente. 90
PANDOLFA – Federico 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc PANDOLFA – NOELIA RICCI PREDAPPIO Naso dominato dalla macchia mediterranea (netto il rosmarino) nonché dalla grande precisione del frutto croccante, di bosco. In bocca eleganza da vendere, tannini finissimi che esaltano ulteriormente la perfetta corrispondenza gusto olfattiva. Vino all’inizio di una vita molto promettente. 91
Mazapegul 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc PODERE DELLA GROTTA CESENA Note speziate e marine, sin dal naso, sul frutto croccante, elegante. Gran bei tannini al palato, ad asciugare un frutto goloso, denso e al contempo slanciato. 91
Prugneto 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc PODERI DAL NESPOLI PREDAPPIO Naso sulla frutta matura e su note di terziari di cioccolato, toffee, leggera mou. In bocca goloso, ciliegia e ancor più fragola, al limite della confettura. Vino giovane, buona prospettiva. 89
Gualdo 2022 Romagna Sangiovese Predappio Doc PODERI DAL NESPOLI PREDAPPIO Naso tutto sul frutto, con grande eleganza e precisione. Molta eleganza anche al palato, grazie a tannini lavorati divinamente e di prospettiva. Golosissimo dall’ingresso alla chiusura. 91
Le More 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc RONCHI DI CASTELLUCCIO MODIGLIANA Bella progressione naso bocca, su ciliegia e spezie, in chiusura. Beva e prospettiva, anche grazie a tannini vivi. 88
Vigna Palazzina 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc TENUTA CASALI MERCATO SARACENO Netta speziatura al naso, oltre a note mentolate al limite del balsamico. Palato che segue a ruota. Vino sull’eleganza, con ritorni di timo e mentuccia sul frutto, preciso, croccante. Al sorso un po’ meno di concentrazione del frutto rispetto al naso. 89
Oddone 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc TENUTA LA VIOLA BERTINORO Bel rubino luminoso, invitante. Ciliegia croccante, matura il giusto, lampone, un tocco di mora di rovo. Vino molto semplice, sulla beva, tra i migliori in questo senso. 88
Beato Enrico 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc TENUTA SANTINI CORIANO Non degustato per questioni tempistiche X
Samore 2022 Romagna Sangiovese Superiore DOC TENUTA UCCELLINA RAVENNATE Non degustato per questioni tempistiche X
Campo di Mezzo 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc TRE MONTI SERRA Non degustato per questioni tempistiche X
2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc ZAVALLONI CESENA Frutto denso naso-bocca. Vino apprezzabile per la bella vena morbida del frutto e il lavoro sui tannini. Buona eleganza e beva. 87
Sigismondo 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc ROCCHE MALATESTIANE CORIANO Non degustato per questioni tempistiche X
I diavoli 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc ROCCHE MALATESTIANE SAN CLEMENTE Frutto goloso e ancora quella bella nota speziata e di macchia mediterranea, avvertita in altri campioni. Gran bell’espressione del frutto, tannini elegantissimi. Chiusura sul frutto e su leggera vena sapida. 90
Tre Miracoli 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc ROCCHE MALATESTIANE VERRUCCHIO Non degustato per questioni tempistiche X
Crepe 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc CA’ DI SOPRA MARZENO Non degustato per questioni tempistiche X
PANDOLFA – Pandolfo 2022 Romagna Sangiovese Superiore Doc PANDOLFA – NOELIA RICCI PREDAPPIO Naso pieno, classico “ciliegione”, molto goloso. In bocca agile, beverino, goloso. 89
Cadisopra 2021 Romagna Sangiovese Marzeno Doc CA’ DI SOPRA MARZENO Non degustato per questioni tempistiche X
Il Costone 2021 Romagna Sangiovese Bertinoro Doc CANTINA BRASCHI BERTINORO Vino goloso naso-bocca, sul frutto, manca anche qui un po’ di concentrazione del frutto, sapido in chiusura, sin dal centro bocca, ma con ritorni di frutta e di macchia mediterranea (timo) in retro olfattivo, molto precisi. Versione che abbina carattere e gran agilità di beva. 90
Le Case Rosse 2021 Romagna Sangiovese Superiore Doc CANTINA DI CESENA – TENUTA AMALIA CESENA Rubino granato luminoso, molto penetrabile alla vista. Gran bella ciliegia naso bocca, bella vena sapida, bei tannini eleganti. Con un po’ più di polpa in chiusura sarebbe stato perfetto. Molto bello 89
Al Caleri 2021 Romagna Sangiovese Superiore Doc CONDE’ PREDAPPIO Naso sul tamarindo, granatina, ciliegia. Un po’ di selvatico al palato, insieme a spezie della macchia e a una cileigia e lampone molto maturi, quasi densi. 89
Chiara Condello 2021 Romagna Sangiovese Predappio Doc CONDE’ PREDAPPIO Bellissimo colore, rubino. Naso su ciliegia matura, ricordi di fragola, frutti di bosco, nota zolfata leggera, minerale. Gran bel frutto e tannino al palato. Beva, elegantissima. 91
Notturno 2021 Romagna Sangiovese Predappio Doc DREI DONA’ PREDAPPIO Colore piuttosto carico. Espressione di Sangiovese molto tipica sul frutto naso-bocca, con ricordi di liquirizia e menta in chiusura, oltre a burro salato e di arachidi. Vino di prospettiva. 91
Caciara 2021 Romagna Sangiovese SuperioreDoc ENIO OTTAVIANI SAN CLEMENTE Bel colore, granato luminoso. Tanta spezia e macchia mediterranea (alloro, timo) sul frutto croccante, che ricorda la ciliegia. Frutto e tannini molto ben espressi. Gran bel vino anche in prospettiva. 90
Poggio Vicchio 2021 Romagna Sangiovese Marzeno Doc FATTORIA ZERBINA MARZENO Non degustato per questioni tempistiche X
Rosso della Torre 2021 Romagna Sangiovese Superiore Doc LA SABBIONA ORIOLO Non degustato per questioni tempistiche X
NOELIA RICCI – Godenza 2021 Romagna Sangiovese Predappio Doc PANDOLFA – NOELIA RICCI PREDAPPIO Bel colore, naso goloso, ciliegione. Tannini sottili, ben integrati, beva agile, leggiadra, certamente golosa. 88
Il Bosco 2021 Romagna Sangiovese Superiore Doc PERTINELLO PREDAPPIO Vino connotato da leggere note selvatiche, d’un Sangiovese ruspante e fruttato, classico nettare romagnolo da tutto pasto. 85
Pietro 1904 2021 Romagna Sangiovese Predappio Doc PICCOLO BRUNELLI PREDAPPIO Splendido frutto, ciliegia, lampone, fragola, ricordi di agrume rosso, tamarindo leggero in retro olfattivo. Spezia, sapidità, tannini elegantissimi. 91
Cesco 1938 2021 Romagna Sangiovese Predappio Doc PICCOLO BRUNELLI PREDAPPIO Naso golosissimo sul frutto, che sfiora la confettura di lamponi e ciliegie. Pregevole speziatura e note di erbe aromatiche più in sottofondo, sin dal naso: timo, rosmarino. Vino che al palato abbina concentrazione e slancio, golosissimo e dai tannini di prospettiva. 93
Canovaio 2021 Romagna Sangiovese Superiore Doc PODERI DELLE ROCCHE IMOLA Naso molto elegante, va su note goudron. Tannini eleganti, bella ciliegia e chiusura agrumata, rossa (sangionella). Elegante e di prospettiva. 89
Arlesiana 2021 Romagna Sangiovese Brisighella Doc POGGIO DELLA DOGANA BRISIGHELLA Naso dominato da ricordi di ciliegia, o meglio di visciola. Sorso teso, sapido, anche sul frutto. Vino snello e leggiadro, dai tannini rotondi, tutto sulla beva, senza disdegnare un certo carattere. 88
I 4 Bastioni 2021 Romagna Sangiovese Superiore Doc POGGIO DELLA DOGANA CASTROCARO Non degustato per questioni tempistiche X
Vigna Baruccia 2021 Romagna Sangiovese Mercato Saraceno Doc TENUTA CASALI MERCATO SARACENO Bel colore. Naso profondo su goudron e spezia, oltre al frutto come la ciliegia, perfettamente matura. In bocca una gran bella vena dolce sui tannini. Frutto maturo, beva ed eleganza.  Splendido in retro olfattivo su ritorni goudron e fruttati. 91
Rondo’ 2021 Romagna Sangiovese Superiore Doc TENUTA DE STEFENELLI BERTINORO Bel colore luminoso, giovanile, violaceo. Naso tra spezia e frutto rosso maturo (fragola, lampone, la classica ciliegia) Qualche ricordo di frutta secca. 85
Colombarone 2021 Romagna Sangiovese Bertinoro Doc TENUTA LA VIOLA BERTINORO Bel colore, luminoso, vivo. Molto profumato, di violetta, frutta rossa. Balsamico più in sottofondo. In bocca è elegante: classico “ciliegione”, ma su vena sapida e su tannini vivi e di prospettiva. Vino che può decisamente migliorare nel tempo. 90
InTerra Rosso 2021 Romagna Sangiovese Bertinoro Doc TENUTA LA VIOLA BERTINORO Frutto goloso, naso bocca, tanta ciliegia, lampone, fragola. Tannini eleganti che contribuiscono alla bella beva. Vena sapida che domina il palato e accompagna fino al croccantissimo retro olfattivo, su ritorni della frutta avvertita al naso. Vino di assoluta prospettiva. 93
Bacana 2021 Romagna Sangiovese Superiore DOC TENUTE BACANA BRISIGHELLA Bel colore, frutto tendente al maturo, mora più che ciliegia. Bella speziatura di fondo, macchia mediterranea. Tannini eleganti, beva agile 88
Classe 33 2021 Romagna Sangiovese Serra Doc TRE MONTI SERRA Non degustato per questioni tempistiche X
Papesse 2021 Romagna Sangiovese Modigliana Doc VILLA PAPIANO MODIGLIANA Naso sul frutto croccante (ciliegia) con leggero risvolto rustico-selvatico e una nota minerale e di erbe aromatiche, balsamiche. Buona eleganza e carattere al palato. Vino che privilegia la beva, senza rinunciare a tannini vivi, di prospettiva. Una prova stilistica da incoraggiare. 88
Vigna Beccaccia 2021 Romagna Sangiovese Modigliana Doc VILLA PAPIANO MODIGLIANA Naso splendido, sul frutto, goloso, perfettamente maturo. Prugna, susina, anguria, mora, amarena. Macchia mediterranea in sottofondo. Esemplare anche al palato, lungo, slanciato, sapido. Tannini che giocano meravigliosamente sul frutto e sulla vena glicerica. Ottima persistenza. Sangiovese “vero”, puro. 93
Primo Segno 2021 Romagna Sangiovese Superiore Doc VILLA VENTI LONGIANO Non degustato per questioni tempistiche X
Solaris 2021 Romagna Sangiovese Superiore Doc ZAVALLONI CESENA Esordisce al naso su un bel frutto rosso e su note goudron, che si ripresentano anche in un palato denso, in confettura. Tannini eleganti a riequilibrare. Chiusura ricca, polposa. Vino a cui dare tempo. 88
138 2021 Romagna Sangiovese Superiore Doc TENUTA MASSELINA SERRA Non degustato per questioni tempistiche X
Manano 2020 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc BIONI CASTROCARO Non degustato per questioni tempistiche X
Bissoni Riserva 2020 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc BISSONI RAFFAELLA BERTINORO Colore piuttosto carico, pur luminoso. Gran naso di tamarindo, ciliegia, legno molto integrato. Splendido palato, nell’ottimo bilanciamento di primari e terziari di vaniglia e caramella mou. Gran persistenza e struttura. Vino golosissimo, ancora molto giovane. 91
Vigna Ca’ del Rosso 2020 Romagna Sangiovese Marzeno Riserva Doc CA’ DI SOPRA MARZENO Non degustato per questioni tempistiche X
Vigna Montale 2020 Romagna Sangiovese Marzeno Riserva Doc CA’ DI SOPRA MARZENO Non degustato per questioni tempistiche X
Pergami 2020 Romagna Sangiovese Riserva Doc CANTINA DI CESENA – TENUTA AMALIA CESENA Naso goloso, sulla ciliegia. Profilo vinoso al palato, con il frutto pur presente da centro a chiusura. Tannino al momento un po’ pungente, di prospettiva. 87
Nero Eron 2020 Romagna Sangiovese San Clemente Riserva Doc CANTINA FIAMMETTA SAN CLEMENTE Bel granato luminoso, mediamente penetrabile. Nota di moro di rovo, molto centrata e riconoscibile, oltre a ciliegia, fragola, lampone e lampone in un quadro piuttosto denso, stratificato tra frutto e spezie. Palato su frutta che si conferma molto golosa e tannini ben svolti. Allungo su arancia rossa, ciliegia e mora, leggermente sapido. Vino di prospettiva. 91
Volo d’Aquila 2020 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc CANTINA FORLÌ
PREDAPPIO
PREDAPPIO Vino dal colore piuttosto carico. Intensa speziatura al naso, su ricordi di cannella e vaniglia. Il frutto è maturo, tra la ciliegia e la mora Palato in perfetta corrispondenza. 87
Bron & Ruseval 2020 Romagna Sangiovese Bertinoro Riserva Doc CELLI BERTINORO Naso netto sulla ciliegia e sulla viola mammola. Sapidità e trama tannica a fare da spina dorsale a una bella progressione sul frutto (ciliegia, lampone e fragola). Vino molto elegante, soprattutto sui primari, a denotare una perfetta epoca di raccolta delle uve e un’ottimale valorizzazione in cantina. Bella mano. 90
Predappio 2020 Romagna Sangiovese Predappio Doc CONDE’ PREDAPPIO Colore luminoso, giovanile. Leggere note selvatiche perfettamente integrate e gran carattere per questo Sangiovese. Tamarindo, agrume rosso, spezie. In bocca un concerto, in perfetta corrispondenza, su tannini elegantissimi. Chiude sapido, su ritorni golosissimi di frutta fresca. Vino all’inizio di una lunga vita. 93
Le Lucciole 2020 Romagna Sangiovese Predappio Riserva Doc CONDE’ PREDAPPIO Tra i migliori “nasi” dell’ampia batteria, polposo, sul frutto croccante, sulle spezie, sulle aromatiche della macchia mediterranea. Al palato più austero di quello che farebbe presagire, ma è solo un peccato di gioventù (da vendere). Un vino giocato sull’eleganza estrema, sulla raffinatezza e sul terroir. Un filo di polpa in più, anche al palato, e rasenterebbe la perfezione. 92
Raggio Brusa 2020 Romagna Sangiovese Predappio Riserva Doc CONDE’ PREDAPPIO Colore piuttosto carico ma luminoso, frutto molto maturo. Bel palato teso, su vena minerale zolfata, a fare da spina dorsale all’espressione piena del frutto, sferzata da tannini in cravatta. Lunga chiusura. Vino molto elegante, ancora giovane. 94
Vigna del Pruno 2020 Romagna Sangiovese Predappio Riserva Doc DREI DONA’ PREDAPPIO Frutto e importante presenza di terziari al naso. Al palato più equilibrio tra le due componenti, su uno splendido frutto croccante ben controbilanciato dal legno (fondo di caffè e leggera vaniglia bourbon). Gran prospettiva. 91
Sole Rosso 2020 Romagna Sangiovese Superiore Doc ENIO OTTAVIANI SAN CLEMENTE Ciliegia, spezia, erbe aromatiche come l’alloro e il timo, mineralità salina. Un vino che ha tutto, elegante e beverino, oltre a una sicura prospettiva. 92
Frutti Rossi 2020 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc FATTORIA DEL MONTICINO ROSSO IMOLA Frutto molto compiuto al naso, così come al palato. Bello anche il fiore, violetta più che rosa. Vino muscolare al palato, tra tannino e acidità viva. D conservare in cantina. 89
Predappio di Predappio Vigna del Generale 2020 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc FATTORIA NICOLUCCI PREDAPPIO Colore splendido. Naso goloso, su ciliegia, lampone. Bel sottofondo speziato, macchia mediterranea in gran vista. Palato straordinariamente aperto, golosissimo, su frutto pieno e tannini di estrema eleganza. Allungo fresco-sapido-fruttato e prospettiva da vendere. Come usare il legno: istruzioni per l’uso. 95
Legio 2020 Romagna Sangiovese Serra Doc FERRUCCI SERRA Non degustato per questioni tempistiche X
Domus Caia 2020 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc FERRUCCI SERRA Non degustato per questioni tempistiche X
Fiorone 2020 Romagna Sangiovese Castrocaro Doc FIORENTINI CASTROCARO Non degustato per questioni tempistiche X
Fermavento 2020 Romagna Sangiovese Superiore Doc GIOVANNA MADONIA BERTINORO Leggermente selvatico al primo naso, poi frutto come mora di rovo, ancor più che ciliegia, ed erbe aromatiche mediterranee e spezie. In bocca molto tipico, tannino lavorato molto bene, bella croccantezza e decisamente ottima la beva. Prova da incorraggiare. 90
Ombroso 2020 Romagna Sangiovese Bertinoro Riserva Doc GIOVANNA MADONIA BERTINORO Stesso primo naso sulla spezia e su un leggero risvolto selvatico. Ciliegia più matura del precedente e più concentrazione al palato. Cantina sulla strada giusta, verso il bilanciamento tra freschezza e frutto. Per molti versi, la rivelazione di Vini ad Arte 2023. 91
Mammutus Oriolo 2020 Romagna Sangiovese Oriolo Doc LA SABBIONA ORIOLO Non degustato per questioni tempistiche X
Fondatori PG 2020 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc MERLOTTA IMOLA Colore piuttosto impenetrabile, naso e bocca condizionate al momento dal legno. Frutto polposo, ricco sulle note di goudron, biscotto, mou e fondo di caffè. Un vino di struttura, giovane, all’inizio della sua vita. 91
Il Pertinello 2020 Romagna Sangiovese Superiore Doc PERTINELLO PREDAPPIO Tanta macchia mediterranea al naso, oltre alla classica ciliegia e al lampone maturo. Bella progressione al palato, a cui manca però un po’ concentrazione. Beva comunque premiata. 87
Il Sasso 2020 Romagna Sangiovese Superiore Doc PERTINELLO PREDAPPIO Colore leggermente più carico del precedente. Bel naso su ciliegia e tamarindo. Bocca molto ben espressa su un frutto golosissimo e su tannini molto ben lavorati, ad “asciugare” e dare prospettiva. Bella vena sapida che accompagna da apertura a chiusura. Lunghissima la persistenza. 93
Dante 1972 2020 Romagna Sangiovese Predappio Riserva Doc PICCOLO BRUNELLI PREDAPPIO Bel naso su ciliegia e lampone. Frutto che conferisce morbidezza in un palato in cui, tuttavia, ruggisce al momento il tannino. L’ossigenazione apre a leggeri a risvolti selvatici. Vino molto giovane, da attendere con fiducia. 89
Il Nespoli 2020 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc PODERI DAL NESPOLI PREDAPPIO Legno e frutto stramaturo, mora di rovo più che ciliegia. Tanta sapidità unita a ritorni di legno che. al momento, condizionano il sorso. Retro olfattivo sul burro salato. 88
Castellano 2020 Romagna Sangiovese Superiore Doc PODERI DELLE ROCCHE IMOLA Vino su note fruttate dolci, dall’ingresso alla chiusura. 86
Ora 2020 Romagna Sangiovese Superiore Doc SAN PATRIGNANO CORIANO Non degustato per questioni tempistiche X
Avi 2020 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc SAN PATRIGNANO CORIANO Non degustato per questioni tempistiche X
Vigna Quartosole 2020 Romagna Sangiovese Mercato Saraceno Riserva Doc TENUTA CASALI MERCATO SARACENO Spezia e macchia mediterranea al naso, oltre al frutto rosso. Particolarmente salino al palato, dall’ingresso alla chiusura. Bel frutto, croccante. Buona espressione di Sangiovese, in fase di amalgama. 87
Cerbiano 2020 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc TENUTA DEL GELSO BERTINORO Colore rubino-granato carico, pur penetrabile alla vista. Al naso frutta matura, precisa e senza sbavature: ciliegia, lampone, fragola, mora, prugna. In bocca una gran bella tensione acida e sapida – quasi inattesa – cui fa seguito un allungo elegante, su toni balsamici, mentolati. 90
2020 Romagna Sangiovese Superiore Doc TENUTA FRANZONA IMOLA Colore piuttosto carico per questo Sangiovese 2020. Naso sulla liquirizia, oltre che su un bel frutto. Al palato tannini che asciugano elegantemente l’abbondante materia. Vino piacevole, all’inizio del suo percorso di vita. 89
Orione 2020 Romagna Sangiovese Coriano Doc TENUTA SANTINI CORIANO Non degustato per questioni tempistiche X
Iko 2020 Romagna Sangiovese Superiore DOC TENUTE TOZZI BRISIGHELLA Granato luminoso alla vista. Leggera nota selvatica al primo naso, che si ritroverà poi al sorso, in maniera meno accentuata. Palato teso, soprattutto sulla sapidità, ma il frutto non manca affatto. Un Sangiovese di Romagna caratteriale, tipico e dalla gran personalità. 91
Thea 2020 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc TRE MONTI SERRA Non degustato per questioni tempistiche X
Petrignone 2020 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc TRE MONTI SERRA Non degustato per questioni tempistiche X
Amarcord d’un Ross 2020 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc TRERE’ BRISIGHELLA Naso molto intrigante, su mora, ciliegia e potpourri. A convincere ancor più è il palato da Sangiovese di razza, con la sola “pecca” d’essere al momento ancora troppo giovane. Gran carattere e struttura, solo da attendere per una maggiore armonia, soprattutto sul fronte della componente alcolica. 91
Laurento 2020 Romagna Sangiovese Riserva Doc UMBERTO CESARI IMOLA Naso su ciliegia e violetta. Palato al momento un po’ condizionato dai terziari, che comunque non avviliscono il varietale, accompagnandolo. 89
Pre’ 2020 Romagna Sangiovese Predappio Doc VILLA PAPIANO PREDAPPIO Colore mediamente carico, luminoso. Vino molto condizionato da sentori selvatici, sotto ai quali si cela un bel frutto di bosco. Necessita tempo per aprirsi e dare il meglio di sé. 87
Longiano particella 10 2020 Romagna Sangiovese Longiano Doc VILLA VENTI LONGIANO Non degustato per questioni tempistiche
Amedeo 2020 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc ZAVALLONI CESENA Colore molto carico ma luminoso. Frutta molto matura, amarena. In bocca ottima corrispondenza, tannini molto eleganti. Ottimale utilizzo del legno, integrato ma percettibile su note di vaniglia e toffee. Goloso. 90
Masselina Riserva 2020 Romagna Sangiovese Serra Riserva Doc TENUTA MASSELINA SERRA Non degustato per questioni tempistiche X
2020 Romagna Sangiovese Riserva Doc BRANCHINI IMOLA Naso e bocca su agilità e verticalità, nel segno di una delle versioni più “cruncy” del frutto. Gran beva, senza perdere un millimetro di tipicità. Al corredo dei primari fa eco un agrume rosso (sanguinella) che accompagna dal naso al retro olfattivo. 87
Monte de Re 2019 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc ASSIRELLI IMOLA Naso su radice di liquirizia, rintocchi di rabarbaro e frutto rosso maturo, preciso, goloso. Vino in una buona fase evolutiva, molto godibile. 88
Vigna Colecchio 2019 Romagna Sangiovese Bertinoro Riserva Doc BISSONI RAFFAELLA BERTINORO Frutto tra i più precisi di Vini ad Arte 2023, su gelso, mora di rovo, ciliegia matura, croccante. Tannini lavorati divinamente, ancora una volta a segnare la strada della tipologia. Legno appena percettibile in retro olfattivo. Vino che può certamente dare ancora molto, nei prossimi anni. 94
1502 Da Vinci in Romagna – Rocca di Cesena 2019 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc CAVIRO FAENZA Non degustato per questioni tempistiche X
Le Morine 2019 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc FATTORIA DEL MONTICINO ROSSO IMOLA Bel rubino luminoso, penetrabile alla vista. Gran eleganza naso bocca, frutto golosissimo, tannini splendidi, acidità viva. Giovane e di prospettiva. 91
Mammutus 2019 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc LA SABBIONA ORIOLO Non degustato per questioni tempistiche X
Le Armi 2019 Romagna Sangiovese Imola Riserva Doc PALAZZONA DI MAGGIO IMOLA Al naso note di confettura di ciliegia e mora, risvolti mielati. Corrispondente al palato, in un centro bocca che si arricchisce di ricordi di rabarbaro sui tannini dolci. Chiusura morbida, nel buon bilanciamento tra primari e terziari. Vino corpulento, ancora molto giovane. 90
Luis 2019 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc PODERE DELL’ANGELO VERUCCHIO Non degustato per questioni tempistiche X
Cleto 2019 Romagna Sangiovese Cesena Riserva Doc PODERE DELLA GROTTA CESENA Primo naso timido, che presto si apre su un  frutto rosso croccante, molto preciso. Al palato una buona corrispondenza gusto olfattiva. Tannini eleganti, ancora una volta sulla ciliegia golosa. Vino molto giovane e di prospettiva. 90
Augustus 2019 Romagna Sangiovese Riserva Doc PODERE PALAZZO CESENA Legno e frutto ben amalgamati al naso. In particolare, frutto golosissimo al naso, molto maturo, senza cedere un filo di eleganza. Bei tannini fitti e sottili. Vino di beva. 88
Signorello 2019 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc PODERI DELLE ROCCHE IMOLA Frutto surmaturo almeno parzialmente, un po’ pastoso. In bocca tannini vivi e conferma delle note surmature. Chiusura tendente all’amaricante e sbilanciata sui terziari. Fase complicata, quella attuale, per questo vino che ha comunque tutto per migliorare e armonizzarsi. 86
P.Honorii 2019 Romagna Sangiovese Bertinoro Riserva Doc TENUTA LA VIOLA BERTINORO Rubino mediamente penetrabile. Bellissimo frutto, balsamicità, allungo, tensione. Sangiovese ruggente, vero, caratteriale e di gran prospettiva. 92
Il Mastino 2019 Romagna Sangiovese Riserva Doc ROCCHE MALATESTIANE CORIANO Non degustato per questioni tempistiche X
Michelangiolo 2018 Romagna Sangiovese Oriolo Riserva Doc CALONGA ORIOLO Non degustato per questioni tempistiche X
Torre di Ceparano 2018 Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc FATTORIA ZERBINA MARZENO Non degustato per questioni tempistiche X
Armonia 2018 Romagna Sangiovese Bertinoro Riserva Doc TENUTA DE STEFENELLI BERTINORO Note di fiori secchi al naso, piuttosto invadenti sul frutto. Al palato risulta corrispondente, su un fruttato timido e su note macerative-erbacee. Tannino ruggente. Giusto aspettarsi più equilibrio, anche se l’annata 2018, in Romagna, non è stata delle più semplici. 84
Caesena 2018 Romagna Sangiovese Cesena Doc PODERE PALAZZO CESENA Colore molto carico, ma luminoso. Leggero verde-fenolico al naso, ancora una volta a sottolineare un’annata complicata. Nota che si ritrova anche al palato, a discapito di un frutto rosso piacevolmente croccante. Chiusura tendenzialmente equilibrata, pur leggermente amaricante. 85
Cuvéè La Collinaccia 2017 Romagna Sangiovese Riserva Doc FIORENTINI CASTROCARO Non degustato per questioni tempistiche X
Nonno Rico 2017 Romagna Sangiovese Oriolo Riserva Doc PODERI MORINI ORIOLO Non degustato per questioni tempistiche X
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Chianti Classico Gran Selezione, si cambia: Sangiovese al 90% e Uga in etichetta


Cambia il Chianti Classico
Gran Selezione in seguito alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il 1° luglio, del decreto di approvazione delle modifiche al disciplinare della denominazione. Due le novità: la possibilità di inserire in etichetta il nome di una delle 11 Unità Geografiche AggiuntiveUga (aree più ristrette e dotate di maggiore omogeneità); e l’obbligo di modificare la base ampelografica, a partire dalla vendemmia 2027, con la percentuale minima di Sangiovese che sale al 90% dall’80% e con l’eventuale apporto di soli vitigni autoctoni ammessi  fino al 10%.

«È un traguardo storico per la denominazione – dichiara il presidente Giovanni Manetti – adesso tutti i consumatori potranno finalmente scegliere vini provenienti dalle diverse UGA e apprezzare le sfumature del territorio del Gallo Nero. Un ulteriore passo per la valorizzazione delle caratteristiche distintive del Chianti Classico».

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Approfondimenti

I vini del territorio di Montefalco


Montefalco Green non è solo un’iniziativa volta alla sostenibilità. È anche un’opportunità per degustare tutte le tipologie che vengono realizzate in questo angolo dell’Umbria.

Vini Bianchi: Montefalco Bianco Doc, Montefalco Grechetto Doc, Spoleto Doc Trebbiano Spoletino, Spoleto Doc Trebbiano Spoletino Superiore, Trebbiano spoletino passito.

Vini Rossi: Montefalco Rosso Doc, Montefalco Rosso Riserva Doc, Montefalco Sagrantino Docg, Montefalco Sagrantino Docg passito.

IL TREBBIANO SPOLETINO

Tra i bianchi particolare importanza viene data al Trebbiano Spoletino, che si differenzia molto dai Trebbiani toscani e dalle altre famiglie dei Trebbiani, declinato in varie tipologie e tecniche di affinamento. Si va dal bianco affinato in acciaio per pochi mesi, profumato, piacevole, accattivante, molto indicato per aperitivi o per antipasti poco corposi a quelli che passano diversi mesi in barrique o in anfora. Vini che risultano molto diversi per colore, profumi e gusto (qui una cantina da non perdere). Ci sono poi i Trebbiano spoletino passito, che nulla hanno da invidiare ai passiti più blasonati. Non mancano i Trebbiano spoletino spumante, vinificati con Metodo classico.

IL SAGRANTINO DI MONTEFALCO DOCG

Nei rossi dominano Sagrantino e Sangiovese. Il Sagrantino di Montefalco Docg è realizzato con Sagrantino in purezza. Si tratta di un vino che ha come caratteristica tannicità, muscolarità e note speziate. È sincero e molto apprezzato per i profumi e per i gusti intensi, per i tannini forti e impetuosi, attenuati solo da un robusto piatto di abbinamento. Negli ultimi anni è di tendenza la produzione di vini più immediati, che nelle migliori interpretazioni non lasciano a desiderare in termini di tipicità.

La bravura dei produttori sta proprio nella capacità di rendere il vino il più equilibrato possibile, elegante al naso e in bocca. Un aspetto molto importante è la rimodulazione delle produzioni nei cru, sulla falsariga di quanto si fa da anni nelle Langhe. In molte cantine, le varie etichette sono frutto di un progetto interno di zonazione del vigneto. L’obiettivo è rendere il Sagrantino di Montefalco Docg un vino più identitario possibile, aggiungendo così tasselli all’indubbia qualità (qui una cantina da non perdere). Anche il Sagrantino è prodotto in versione passito.

IL SANGIOVESE A MONTEFALCO

Il Sangiovese è il vitigno presente in percentuale sostanziosa nei Montefalco Rosso e nei Montefalco Rosso Riserva. Si tratta di vini intensi per colore, al naso risultano immediati con note molto evidenti di frutta rossa e ciliegie sotto spirito. Molto versatili e molto comuni sul territorio, rappresentano una fetta consistente del cosiddetto “vino quotidiano”, nella tradizione umbra. Il Sangiovese conferisce all’uvaggio note profumate e fruttate, mentre il Sagrantino il corpo, il tannino e le note speziate.

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Romagna Doc Predappio: next generation Sangiovese


Chi può “sfidare” il Sangiovese della Toscana? Ci hanno provato addirittura in Ungheria, con un vino chiamato “Tabunello” (no, non c’è scritto Brunello). A produrlo (tuttora) è un vignaiolo ungherese, Csaba Török, che coltiva poco più di due ettari a nord del Lago Balaton, poco lontano da Budapest.
Convincere il Consorzio Vini di Montalcino che si trattasse di una «scelta d’amore per il Sangiovese Grosso» è stata un’impresa fallimentare. Anche perché il sito web della cantina, denominata 2HA, era “brunello.hu”, ed è stato eliminato dopo una causa legale avviata dal Consorzio. Non si è arrivati neppure in Tribunale.

Come documentato qui da winemag.it, l’impressionante lista di avvocati internazionali messa in campo dall’ente toscano ha spento ogni velleità dell’appassionato vignaiolo Csaba Török. Che resta comunque, tutt’oggi, un grande fan del Brunello di Montalcino. Ma la battaglia per la “next generation Sangiovese“, capace di stare al passo della qualità di quelli toscani, non è finita. La nuova sfida per i produttori tradizionali non è più in Ungheria, ma si trova esattamente dall’altra parte della collina, in una sorta di revival delle guerre tra città e città che hanno costellato la storia della Toscana.

LA “NUOVA” ROMAGNA DEL SANGIOVESE

A sfidare il Sangiovese più famoso del mondo – quello toscano, per l’appunto – ci pensano i vicini di casa dell’Emilia Romagna. Il salto di qualità della regione del centro Italia è stato impressionante negli ultimi anni. E sta iniziando a dare i suoi primi frutti, in particolare, a Predappio. Il Comune di 6.200 abitanti della provincia di Forlì-Cesena è tra i più promettenti delle 16 Sottozone del Romagna Sangiovese Doc, create nel 2011 dal Consorzio Vini di Romagna.

Un’opportunità che Predappio – famosa per ospitare la casa natale di Benito Mussolini, oltre alla cripta di famiglia e a un numero ingente di edifici di grande pregio architettonico, alcuni dei quali ancora da riqualificare – sta cogliendo appieno, grazie alle ultime generazioni di viticoltori.

All’interno della sottozona, che si allunga longitudinalmente da nord-ovest a sud-est, dall’areale pianeggiante di Forlì al tortuoso entroterra di Galeata e Strada San Zeno, racchiusa tra le altre tre sottozone di Castrocaro, Bertinoro e Meldola, si producono vini molto diversi tra loro. Ma tutti in grado di mostrare le peculiarità di un’areale che ha le carte in regola per competere con la Toscana.

SANTANDREA: «PREDAPPIO TRA I PRIMI A CREDERE NELLE SOTTOZONE DEL SANGIOVESE»


«Predappio – sottolinea Ruenza Santandrea, presidente del Consorzio Vini di Romagna – è una delle zone che per prima ha manifestato interesse allo status di “sottozona” ed è tuttora una delle più vivaci. Nel futuro della regione c’è il racconto delle peculiarità del Sangiovese dell’entroterra, una zona poco raccontata e ancora poco conosciuta, che vogliamo rendere sempre più nota a turisti e a amanti del vino italiani ed internazionali. Il rigido disciplinare, con il 95% minimo di Sangiovese, aiuta a legare ancor più questa uva al territorio, sottolineando come in Romagna, da sempre, il Sangiovese venga vinificato in purezza, a differenza dei blend più comuni in Toscana».

I Romagna Doc Sangiovese di Predappio, promossi dall’Associazione Terre di Predappio (nella foto sopra i produttori aderenti) risultano più corpulenti e larghi nella zona nord-orientale, per poi tendersi sempre più come la corda di un arco man, mano che ci si avvicina alla dorsale dei monti Appennini. Qui, esattamente “al di là della Toscana”, nascono caratterizzati da venature ancora più minerali e speziate. Cambiano i vini perché cambiano i suoli. E il Sangiovese di Romagna si dimostra, come tutti i più grandi vitigni del mondo, capace di leggere all’ennesima potenza le peculiarità microclimatiche e pedologiche, in una parola del “terroir”.

ROMAGNA DOC SANGIOVESE: I SUOLI DELLA SOTTOZONA PREDAPPIO

All’interno della stessa Predappio possono essere infatti identificati almeno quattro differenti conformazioni di suolo, che tagliano la sottozona da nord a sud, in maniera piuttosto verticale. Spostandosi dalla zona costiera verso gli Appennini, si trovano i Terrazzi di Fondovalle composti da sabbie, ghiaie e argille alluvionali (Olocene) al caratteristico “Spungone“, nome con il quale in Romagna si definiscono le sabbie cementate con vene di calcare arenaceo poroso (Pliocene medio). Il cuore di Predappio è costituito da arenarie tenere, ovvero marne arenacee (Tortoniano).

Di grande interesse, sempre in quest’area, la formazione gessoso-solfifera dei sedimenti evaporitici (Messiniano). Infine, appena al di là della Toscana – o appena al di qua della Romagna, a seconda dei punti di vista – ecco le arenarie a strati che danno vita a una sorta di effetto torta millefoglie (epoca del Tortoniano e del Serralunghiano).

Una geografia, quella delle 16 “Sottozone del Romagna Sangiovese Doc” che stravolge l’immaginario collettivo della Romagna, considerata da molti una terra “piatta”, contraddistinta da forme di coltivazione intensiva, a un passo dalla costiera del mare Adriatico. Nulla di più sbagliato. Il territorio di Predappio è un crocevia di curve che si aprono su paesaggi collinari incantati, in cui regna la biodiversità. Spesso i vigneti, che si spingono fin oltre i 400 metri di altitudine, sono affiancati da oliveti e boschi.

ROMAGNA DOC SANGIOVESE PREDAPPIO: I VINI DA NON PERDERE

E se c’è una cantina su tutte che può mostrare quanto variegato sia il territorio di questa fetta di Italia, quella è l’Azienda agricola Pandolfa, che destina i vigneti “di quota” alla produzione dei vini della linea Noelia Ricci. Il nome rende onore alla donna che, tra le prime, diede impulso alla viticoltura a Predappio, costruendo negli anni Settanta una cantina nei sotterranei della Pandolfa, villa del Settecento situata a Fiumana (FC), nella zona nord-orientale della sottozona. Oggi l’azienda si è dotata di un polo produttivo a sé stante, ai piedi della collina dominata da Villa Pandolfa, ed gestita da Marco Cirese e dalla moglie Alice Gargiullo.

Si raggiunge la vetta, a circa 350 metri sul livello del mare, solo a bordo di un fuoristrada. Qui il territorio pianeggiante lascia spazio a ripidi vigneti e a un pianoro di Sangiovese ad alberello, fortemente voluto da Marco Cirese. L’uva giova di un’escursione termica importante e i vini Noelia Ricci si riconoscono a vista, dal colore meno scuro e dalle note che delineano un Sangiovese d’Appennino. Lo stesso stile che contraddistingue i due vini prodotti dalla giovane Chiara Condello, tra le viticoltrici italiane più dinamiche oggi presenti nel variegato mondo del Sangiovese. Una star emergente, capace di regalare un Predappio 2020 che abbina pienezza del succo e verticalità minerale, con la delicatezza del petalo di viola e di un tannino fitto ma finissimo.

LA SVOLTA GIOVANE DEL SANGIOVESE DI ROMAGNA

Altro giovane da non perdere, in zona, è Pietro Piccolo-Brunelli, che con il suo “Cesco” 2020 da Sangiovese allevato a 350-400 metri sul livello del mare, suggerisce accostamenti concettuali con la stilistica dei grandi Pinot Nero internazionali: eleganza è la parola d’ordine assoluta. Per trovare una mineralità quasi vulcanica, certamente sulfurea, il riferimento è Fattoria Nicolucci: il “Tre Rocche” 2020 di Alessandro Nicolucci fa da degno contraltare alla Riserva “Vigna del Generale”, con ricordi umami a giocare attorno a un succo polposo e ai ricordi di erbe aromatiche.

Tra le cantine da non perdere nell’annata della svolta (la 2020, per l’appunto) utili a comprendere quanto reali siano le chance di Predappio nella “Next generation Sangiovese”, ci sono poi Drei Donà di Ida ed Enrico Drei Donà, con il loro caldo e polposo “Notturno”; Stefano Berti, con l’intrigante e slanciato “Ravaldo”; Rocca Le Caminate di Antonio Fabbri, con il suo “Sbargoleto”, sapido e goloso.

E ancora: Cantina La Fornace delle famiglie Pazzi e Valentini, con il saporito e ben estratto “Cassiano”; Francesco Zanetti Protonotari Campi di Villa i Raggi, col suo “Colmano di Predappio”, che nel suo essere ancora contratto mostra tutta la longevità del Sangiovese di Predappio. E Filippo Sabbatini con “Mezzacosta”, tutto frutto rosso e fiori. La Toscana è avvisata.

LOCANDA APPENNINO: OVVERO DOVE MANGIARE (E DORMIRE) A PREDAPPIO

Locanda Appennino (via Strada Nuova, 48) è la location da scegliere ad occhi chiusi come base per la scoperta del territorio di Predappio e del Romagna Doc Sangiovese. Un immobile del 1958 completamente ristrutturato dal titolare, Jacopo Valli, imprenditore che vanta numerosi locali di successo anche all’estero. Locanda Appennino è il frutto della passione per la ristorazione e l’ospitalità di un gruppo di professionisti del settore, che lavorano in grande sinergia per regalare agli ospiti un’esperienza a 360 gradi.

Alla base del progetto c’è il ristorante, che sotto la direzione dello chef Alan Bravaccini offre – ça va sans dire – una cucina tradizionale romagnola con prodotti stagionali e selezionati del territorio. Gettonatissimo anche il “reparto” pizzeria, con forno a legna. La cantina della Locanda, curata dal sommelier Roberto Celli, è il vero cuore pulsante del locale, con ampia scelta di vini delle migliori realtà locali (e non solo).

La panoramica sul Sangiovese romagnolo, in primis su quello di Predappio, è davvero profonda. Non mancano ovviamente le denominazioni italiane ed estere più ricercate, tra cui lo Champagne. Cinque le camere di Locanda Appenino, ognuna pensata per far rivivere un «angolo di casa».

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Nasce l’Associazione dei Viticoltori di Montespertoli: «Cuore Dinamico del vino toscano»


L’Associazione dei Viticoltori di Montespertoli è realtà. Costituitosi lo scorso 28 maggio, il gruppo che raccoglie 17 cantine si è presentato ufficialmente alla stampa ieri mattina, presso il Museo della Vite e del Vino di Montespertoli. A unire i membri della nuova compagine toscana è il “Patto del Viticoltore di Montespertoli“, che ha l’obiettivo di «promuovere e formare una nuova figura di Viticoltore».

«Un artigiano – spiegano le aziende – che coltivi e trasformi le proprie uve all’interno del Comune di Montespertoli e, così facendo, tuteli non soltanto il proprio vino e il vigneto dal quale lo produce ma, allo stesso tempo, anche il paesaggio, il territorio, la cultura». Montespertoli è uno dei comuni più vitati della Toscana, con una tradizione millenaria in ambito vitivinicolo.

L’Associazione dei Viticoltori di Montespertoli vuole «soprattutto riportare all’attenzione di tutti gli aspetti qualitativi legati a questi luoghi, caratterizzati da quella straordinaria biodiversità – vigneti, seminativi, oliveti, bosco – che concorre alla bellezza della campagna toscana». L’uva maggiormente coltivata è il Sangiovese. Ma sono presenti anche gli altri vitigni autoctoni, come il Trebbiano.

Aderiscono all’Associazione: Podere all’Anselmo, Tenuta Barbadoro, Casa di Monte, Tenuta Coeli Aula, Le Fonti a San Giorgio, Podere Ghisone, Podere Guiducci, Fattoria La Leccia, La Lupinella. E ancora: Marzocco di Poppiano, Montalbino, Tenuta Moriano, Fattorie Parri, La Querce Seconda, Tenuta Ripalta, Castello Sonnino e Valleprima.

Tra i vini dell’Associazione si possono riscontrare caratteristiche comuni quali la giovanile freschezza e la vena floreale propria del Sangiovese, quando viene interpretato con uno stile di vinificazione più contemporaneo. «Stile che – evidenziano i membri dell’Associazione dei Viticoltori di Montespertoli – dopo gli eccessi del recente passato, torna a valorizzare il vitigno di partenza e la sua più autentica espressione varietale, declinata nelle molte sfaccettature di cui questo grande vitigno è capace.

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Donato Lanati: «Vi spiego perché dobbiamo portare Nebbiolo, Sangiovese e Aglianico nello Spazio»

«Portare vino e vite nello spazio rappresenta un’enorme opportunità per comprendere e risolvere alcune problematiche che si verificano sulla Terra. Una nuova e rivoluzionaria frontiera per la ricerca scientifica». Così l’enologo Donato Lanati, nel suo intervento al 15° Forum Internazionale della Cultura del Vino della Fondazione Italiana Sommelier svoltosi ieri, lunedì 4 luglio, a Roma.

Per l’occasione, riflettori accesi su “Il vino nello spazio”, grazie al partenariato siglato tra l’Agenzia Spaziale Italiana e la stessa Fondazione Italiana Sommelier, per dare il via ad una nuova sperimentazione avanzata.

Un tema di enorme interesse per una delle più importanti Patrie del vino nel panorama internazionale qual è l’Italia. Durante la mattinata, si è così tenuta la cerimonia di affidamento di tre varietà di vini e di barbatelle destinati alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS).

«Il vino accompagna la nostra cultura da 8500 anni – ha ricordato Lanati – e ha saputo adattarsi ai cambiamenti di gusto e di stile. Oggi, andare nello spazio per fare ricerca è una delle imprese più affascinanti che l’uomo stia compiendo e, anche in questa circostanza, vite e vino non potevano che stargli accanto, per aiutarlo a studiare e a prevedere i cambiamenti che stanno avvenendo in natura».

Con temperature che si avvicinano ai 35 °C (quindi 45-50 °C all’interno degli acini), da una parte, si registra un aumento della fotosintesi, con conseguente produzione elevata di zuccheri, mentre dall’altra si ha  il crollo di acidità con l’aumento di pH.

Sopra i 40 °C la fotosintesi viene bloccata e la pianta entra in stress. Si determina una conseguente ossidazione degli aromi, dei precursori dei profumi e dei tannini. Quest’ultimi, quando ossidati, formano dei polimeri morbidi e poco reattivi che, una volta passati nel mosto e nel vino, avranno una limitata possibilità di reagire e di formare gruppi cromofori stabili con gli antociani».

«Tali polimeri dei tannini, in affinamento o in bottiglia, spesso, vanno incontro a dimerizzazione (spaccatura), che si esprimerà nel vino con un gusto secco e asciutto, certamente lontano dal percepito di qualità e di armonia», ha precisato Donato Lanati.

Il noto winemaker si è concentrato anche su un tema di grande attualità: i consumi idrici e le emissioni di CO2. «Per ogni litro di vino prodotto – ha spiegato – la pianta evapora dai 350 ai 700 litri di acqua; mentre rispetto alla CO2, malgrado ogni ettaro di vigneto, in un anno, possa assorbirne anche 4 tonnellate, va considerato che ogni litro di vino di 12 gradi, che parte da 180 grammi di zucchero, ne produce 45 litri».

«Per raggiungere una migliore sostenibilità – ha evidenziato Lanati – è necessario partire da una viticoltura di maggior precisione, che permetta di ridurre il numero dei trattamenti e di ottenere uve che assicurino qualità, luminosità/stabilità di colore e, soprattutto, longevità. Caratteristiche, fondamentali per il mercato, raggiungibili con piante che resistano agli stress di calore e idrici».

NEBBIOLO, SANGIOVESE E AGLIANICO NELLO SPAZIO

Nello spazio verranno, così, spediti vini di Nebbiolo, Sangiovese e Aglianico di diverse annate, per comprendere quali reazioni verranno stimolate. Si tratta di varietà diverse tra di loro sia sotto l’aspetto degli antociani (bisostituiti come la Peonidina) sia del quadro aromatico e decisamente diverse da quelle considerate internazionali, come Merlot, Cabernet, Petit Verdot, varietà che hanno una forte componente di antociani trisostituiti e acilati molto stabili come la Malvidina.

«In bottiglia – ha evidenziato Donato Lanati – il vino non è mai statico. In esso continua una serie di reazioni, dall’idrolisi dei profumi alle reazioni accoppiate di riduzione e ossidazione e dalla polimerizzazione fino alla copolimerizzazione dei polifenoli. Là dove i giochi tra tannini e antociani non avessero raggiunto un equilibrio di stabilità in stadio di affinamento sarà, quindi, interessantissimo capire cosa succederà, di diverso, nello spazio».

Rispetto alle barbatelle (sempre di Nebbiolo, Sangiovese e Aglianico), invece, l’obiettivo è valutare come, in una condizione di microgravità e pressione dei campi magnetici, reagiscano nei confronti delle malattie fungine, come la Peronospora, o alle punture di insetti, come la Fillossera; ovvero, se saranno in grado di esprimere caratteri di resistenza nei confronti di tali parassiti».

Se questo avvenisse, «potremmo iniziare ad utilizzare piante franche di piede, in grado di dialogare direttamente col territorio (che è la vera ricchezza della nostra enologia), senza più passare attraverso intermediari, quali, i portinnesti americani. Sarebbe una grande rivoluzione nel mondo della viticoltura».

«Lo posso confermare con certezza – ha aggiunto Donato Lanati – avendo una decennale esperienza in Kazakistan a sull’altipiano del Karakemer (1000 slm), dove si coltivano piante franche di piede. Non dobbiamo dimenticare che le viti agiscono come una penna ottica in grado di leggere il paesaggio e che la loro vita biologica avviene per l’80% nel terreno, in un dialogo continuo con microrganismi attraverso le micorrize».

Lanati ha infine sottolineato come «facendo fermentare il mosto nello spazio si potranno stimolare mutazioni nei lieviti e isolare quelli che hanno una più bassa resa in alcol e, per tanto, minor produzione di CO2. Un grande passo avanti, anche, in termini di sostenibilità da riprodurre sulla Terra».

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Montecucco, la vendemmia 2021 regala Sangiovese da lungo affinamento e Vermentino al top

Sangiovese da lungo affinamento e Vermentino al top della qualità assoluta. Secondo le previsioni di Giovan Battista Basile, presidente del Consorzio Tutela Vini Montecucco, la vendemmia 2021 è stata un successo.

«Andiamo sicuramente verso Sangiovesi da lungo invecchiamento – dichiara – e anche per il Vermentino è stata un’annata favolosa. Siamo più che soddisfatti dell’ottimo stato fitosanitario dell’uva portata in cantina. Nessuna traccia di peronospora né di oidio, a parte qualche lievissimo accenno a inizio luglio ma subito rientrato grazie alle temperature estive molto calde».

A favorire questi risultati è soprattutto il lavoro “pulito” in vigna, che è proprio del Dna della nostra Denominazione, in cui l’85% delle aziende è certificato BIO».

La vendemmia 2021 si è conclusa proprio in questi giorni nell’areale del Montecucco, con la raccolta del Sangiovese allevato nelle aree più alte della Denominazione. Poca uva, con una diminuzione media pari al 20-25% sul 2020. Ma il Sangiovese arrivato in cantina «è a dir poco eccellente».

MONTECUCCO: L’ANDAMENTO CLIMATICO DELLA VENDEMMIA 2021

Un’annata senz’altro di difficile gestione, a partire dalla gelata dell’8-9 aprile che ha rappresentato un duro colpo per la regione – in particolare per le aziende sotto i 220/240 metri sul livello del mare.

Poi, un maggio freddo che ha causato un germogliamento un po’ irregolare, fino allo stress idrico estivo che ha contribuito ad abbassare ulteriormente i volumi di produzione. Una siccità a dir poco anomala che, dati alla mano, ha fatto registrare da gennaio 2021 al 30 settembre solo 204 mm di pioggia rispetto alla media ventennale di 450 mm, ovvero meno della metà.

Parlando di temperature, hanno accompagnato bene la fioritura prima e la maturazione dell’uva dopo, già a partire da giugno – quando si sono già registrati 30 gradi – fino alle decisive escursioni notturne partite intorno al 25 agosto e durate per tutto settembre (con anche 15/16 gradi di variazione), che hanno aiutato notevolmente i tannini ad ammorbidirsi e hanno potenziato molto il profilo aromatico.

Alcune aziende del Montecucco hanno potuto intervenire con irrigazione di soccorso, raggiungendo anche quest’anno i 70 q/ha destinati al Sangiovese Docg, fino a 90 q/ha per il Doc.

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Alleanza Alto Adige – Toscana per il Metodo classico Brut Rosé di Donatella Cinelli Colombini

C’è la mano di Josef Reiterer, patron della celeberrima cantina Arunda, nel Metodo classico Brut Rosé di Donatella Cinelli Colombini. Un’alleanza Alto Adige – Toscana per il primo spumante prodotto dalla cantina di Trequanda, che ha fatto il suo esordio assoluto al matrimonio della figlia Violante Cinelli Colombini con Enrico Pelagatti, a luglio 2021.

Si tratta di un Metodo classico base Sangiovese (vendemmia 2018, 24 mesi sui lieviti, sboccatura 2021) prodotto nei vigneti certificati biologici di Fattoria del Colle. Una “bollicina” in tiratura limitata (1.433 bottiglie) pensata per l’abbinamento al tartufo bianco delle Crete Senesi. L’etichetta fa il suo esordio sul mercato a tre anni dall’avvio del progetto.

IL PACKAGING D’AUTORE

Con la consulenza di Josef Reiterer, produttore di alcuni tra i migliori Champenoise italiani nella sua cantina di Meltina (BZ), a 1.200 metri sul livello del mare, Donatella Cinelli Colombini ha preparato una vigna di Sangiovese da dedicare alla spumantizzazione. «Quando Josef Reiterer mi disse di produrre più uva per me fu uno shock», racconta la produttrice toscana. Per il Brut Rosé Metodo Classico di Donatella Cinelli Colombini è stata inoltre costruita una sala buia e fredda (12°C) nella cantina della Fattoria del Colle.

Le bottiglie sono state poste nelle tradizionali pupitre, per il remuage manuale. Anche il packaging ha un tocco d’autore. L’etichetta è firmata da Alessandro Grazi, pittore senese di fama internazionale. Non mancano ulteriori dettagli: dalla tela di Pienza nella texture dell’etichetta, alla coiffe ecologica. Fino alla capsula con la tradizionale colomba, simbolo di Donatella Cinelli Colombini, e la scatola serigrafata.

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Piccini Collezione Oro Special Edition: Orvieto Classico e Rosato Toscana si vestono d’estate

Un’elegante Special edition serigrafata per due etichette della linea premium Piccini Collezione Oro. Orvieto Classico Doc e Rosato Toscana Igt vestono i colori dell’estate per allietare gli appassionati nella stagione più spensierata dell’anno.

Una novità che ravviverà gli scaffali del vino dei migliori supermercati italiani. E se è vero che l’occhio vuole la sua parte, anche il calice non fa eccezione: i vini Collezione Oro sono stati infatti premiati da Vinialsupermercato.it per l’ottimo rapporto qualità prezzo, nonché per il rispetto della tipicità delle uve e dei territori di produzione.

«Questa edizione speciale serigrafata – commenta Mario Piccini, amministratore delegato di Piccini 1882 – è un piccolo omaggio che rivolgiamo a tutti i winelovers. L’auspicio è che possano finalmente degustare ottimi ed eleganti vini, in compagnia delle persone più care e degli amici».

«Le etichette sono raffinate e prodotte attraverso un’antica tecnica artigiana che consentiva di imprimere un’immagine sui più preziosi tessuti in seta. Ma soprattutto rievocano la spensieratezza dell’estate. Una leggerezza d’animo che ci siamo meritati dopo i difficili mesi passati e che ci auguriamo possa allietare i pranzi, le cene e gli aperitivi di tutti noi».

ORVIETO CLASSICO DOC COLLEZIONE ORO

Le due etichette Collezione Oro Special Edition non sono state scelte a caso da Mario Piccini. Orvieto Classico Doc nasce dalla collaborazione con l’enologo Riccardo Cotarella, originario delle terre orvietane.

Un vino che si distingue per complessità e fresca piacevolezza. Una nobile espressione del territorio e della selezione dei migliori cloni di Grechetto, vinificato con Procanico e Chardonnay.

Fine ed elegante, è un vino dal colore giallo paglierino. Al naso un profumo delicato e complesso, con note floreali e frutta a polpa gialla. Al palato rivela la sua morbidezza ed intensità aromatica.

La frutta matura, con accenni esotici, trova supporto in freschezza e sapidità. Orvieto Classico Doc è perfetto per ogni cena estiva. Accompagna antipasti, risotti a base di verdure, carni bianche e pesce.

ROSATO TOSCANA IGT COLLEZIONE ORO

Rosato Toscana Igt è un vino fresco e profumato. Piccini 1882 lo dedica ai winelovers più giovani. Il vino è un blend di Sangiovese, Merlot e Malvasia che racchiude in sé la moltitudine di suoli e climi della Toscana.

Un insieme che, dalla zona costiera mitigata dalle brezze marine, giunge fino alle grandi escursioni termiche tipiche del Chianti. Il Rosato si presenta delicato, dal colore rosa tenue ottenuto grazie a una breve macerazione del mosto sulle bucce.

Al palato mostra la sua freschezza ben bilanciata da note di frutta rossa matura. Il finale è intenso e persistente. Rosato Toscana Igt è un vino perfetto per l’estate. Ottimo per accompagnare aperitivi, antipasti, pesce e carni bianche.

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Chianti Classico Docg, svolta storica con le undici Unità Geografiche Aggiuntive (Uga)

Undici Unità Geografiche Aggiuntive (Uga) e una quota di Sangiovese rialzata al 90% nell’uvaggio della Gran Selezione. La tipologia ammetterà solo vitigni autoctoni a bacca rossa (bando, dunque, agli internazionali). Sono le due grandi novità approvate oggi dal Consorzio Vino Chianti Classico, a larghissima maggioranza. Una svolta storica, quella del progetto di modifica al disciplinare di produzione della denominazione toscana.

Il tutto, nell’ottica di una «sempre più ampia valorizzazione delle caratteristiche che distinguono e rendono unica la denominazione del Gallo Nero». Le Unità Geografiche Aggiuntive – Uga del Chianti Classico sono il culmine del progetto di zonazione del territorio di produzione del Chianti Classico.

Aree più ristrette, dotate di maggiore omogeneità. «Per arrivare ad indicare in etichetta il nome del borgo o villaggio», spiega il Consorzio. Le norme nazionali ed europee consentono infatti che per i vini Dop si possa fare riferimento a unità geografiche aggiuntive, identificate all’interno della zona di produzione della denominazione.

Fra gli obiettivi della proposta di modifica, quello di «rafforzare la comunicazione del binomio vino-territorio, aumentare la qualità in termini di identità e territorialità». E «consentire al consumatore di conoscere la provenienza delle uve e, non ultimo, stimolare la domanda attraverso la differenziazione dell’offerta».

L’introduzione del nome del villaggio in etichetta servirà infatti «ad intercettare e soddisfare l’interesse dei consumatori che, in numero sempre maggiore, desiderano approfondire la conoscenza del rapporto fra i vini del Gallo Nero e il loro territorio di origine».

I CRITERI DELLE 11 UGA DEL CHIANTI CLASSICO

Per questo sono state individuate e delimitate alcune aree all’interno della zona di produzione del Chianti Classico, distinguibili in base a criteri specifici. Tra questi, la riconoscibilità enologica, la storicità, la notorietà e la significatività in termini di volumi prodotti: Castellina, Castelnuovo Berardenga, Gaiole, Greve, Lamole, Montefioralle, Panzano, Radda, San Casciano, San Donato in Poggio (comprensivo dei territori di Barberino Tavarnelle e Poggibonsi), Vagliagli.

Da sottolineare che in questa prima fase, le Unità Geografiche Aggiuntive saranno applicate alla sola tipologia Gran Selezione, con la disponibilità e l’apertura all’utilizzo anche per le altre due tipologie in un prossimo futuro.

IL CHIANTI CLASSICO GRAN SELEZIONE CAMBIA VOLTO

La seconda proposta di modifica al disciplinare, approvata dall’Assemblea dei Soci del Consorzio, riguarda l’uvaggio del vino Chianti Classico Gran Selezione. Ad oggi, le tre tipologie di Chianti Classico – Annata, Riserva e Gran Selezione – attingono alla stessa base ampelografica: 80-100% Sangiovese e fino al 20% massimo di vitigni a bacca rossa autorizzati, autoctoni e/o internazionali.

Con il nuovo disciplinare, per la tipologia Gran Selezione cresce la percentuale minima di Sangiovese (minimo 90%). Scompaiono, in caso di blend con altri vitigni, quelli internazionali. Saranno ammessi solo gli autoctoni a bacca rossa, fino ad un massimo del 10%.

Fondamentale è infatti il legame con il territorio per questa tipologia, l’unica ad essere prodotta con uve esclusivamente di competenza aziendale.

La tipologia Gran Selezione, introdotta con l’ultima revisione del disciplinare di produzione del 2013, è prodotta oggi da ben 154 aziende per un totale di 182 etichette. Rappresenta circa il 6% dell’intera produzione di Chianti Classico.

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Romagna Doc Trebbiano, Vigneti Romio: l’ultimo arrivato in casa Caviro

Romagna Doc Trebbiano Vigneti Romio è la nuova referenza dell’omonima collezione di Caviro, ideata per celebrare il patrimonio vitivinicolo romagnolo attraverso i vini Doc più caratteristici.

La linea, come spiega il gruppo di Forlì, è destinata al canale della grande distribuzione , ovvero il mondo dei supermercati. Vuole essere «espressione della Romagna più autentica, intesa non solo come luogo ad alta vocazione vinicola, ma anche come uno stile di vita».

LA WEB-SERIE CON PAOLO CEVOLI

Come tutte le referenze di Vigneti Romio, la bottiglia racconta un tratto distintivo della cultura romagnola attraverso la sua raffigurazione in etichetta, per mano di un’artista del territorio.

Tra i principali archetipi della tradizione di Romagna – il Sognatore, il Romantico, il Leggendario, lo Spensierato, l’Audace – c’è la figura dell’Audace, il soggetto del nuovo episodio di “Ti verso una storia”.

La web-serie, nuovo progetto di comunicazione digitale prodotto da Caviro, vede l’attore romagnolo Paolo Cevoli nella veste di storyteller e gli stereotipi delle etichette della collezione nel ruolo di protagonisti.

Nel nuovo appuntamento, Cevoli conduce lo spettatore in un’officina meccanica, cornice di una storia in cui rock, motori e sentimenti si intrecciano. Un racconto in cui si alternano grandi passioni, aspirazioni e legami autentici che sorprendono lo spettatore sul finale per la loro spontaneità.

È così che l’uomo dei motori, dopo aver intrapreso un viaggio solitario, si rivela nella sua natura più romantica e fa ritorno a casa dove ad attenderlo c’è l’abbraccio della sua musicista. Lo stesso Romagna Doc Trebbiano, grande classico del territorio, diviene un simbolo del legame alla vita e alla terra.

LA LINEA VIGNETI ROMIO

Alla vista si presenta con un colore giallo paglierino deciso e riflessi tendenti al verde. Al naso rivela profumi floreali delicati e persistenti dove prevalgono fresche note di mela seguite da fiori d’acacia.

Sentori familiari e riconoscibili che riportano alla memoria sensazioni conosciute e mai sopite, confortanti e accoglienti, come il sapore di casa. Primo vino della linea Vigneti Romio è stato il Romagna Doc Sangiovese Superiore Riserva, vino iconico della tradizione enologica del territorio.

È stata poi la volta del Romagna Novebolle Doc Spumante Bianco, referenza nata dalla riscoperta e reinterpretazione della tradizione spumantistica romagnola di inizio ‘900, con l’approccio contemporaneo dei viticoltori più esperti della zona.

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Il Lago Balaton come il Garda: l’Ungheria scommette sul binomio vino e olio

C’è chi finisce sui libri di storia per un episodio e chi per una vita di imprese. Dopo aver portato il Sangiovese in Ungheria per produrre “Tabunello“, l’unico vino ungherese che fa “rima” con Brunello, Török Csaba ha raggiunto un altro primato: produrre il primo olio d’oliva ungherese. Un’altra dimostrazione dell’innato amore per l’Italia del vignaiolo di Hegymagas, che avvicina – almeno idealmente – il Lago Balaton all’italianissimo Lago di Garda.

Similitudini, quelle tra i due specchi d’acqua, più che mai azzeccate. Considerato “il mare degli ungheresi”, il Lago Balaton costituisce una delle maggiori attrattive turistiche internazionali del Paese magiaro.

Lungo i 197 chilometri di sponde si sviluppa una larga fetta del fatturato del turismo ungherese, anche grazie alla vicinanza alla capitale Budapest, distante appena 100 chilometri: un’ora d’auto.

Largo spazio anche per la viticoltura da suoli vulcanici, tanto che il Balaton dà il nome a una vasta regione vinicola che ingloba 6 sottoregioni (Badacsony, Balatonboglár, Balaton-felvidék, Balatonfüred-Csopak, Nagy-Somló e Zala) per un totale di 32 mila ettari, di cui 10.718 vitati. Il tutto all’insegna di un vitigno principe: l’Olaszrizling, ovvero il Riesling italico.

Nome che rende già questo angolo d’Ungheria una sorta di succursale italiana. Oggi più di ieri, con il progetto rivoluzionario ideato da Török Csaba: accostare vino e olio alla cantina di sua proprietà, la 2HA Szőlőbirtok és Pincészet.

«Così come per il Sangiovese – spiega il vignaiolo ungherese a WineMag.it – sono l’unico e il primo in Ungheria a produrre olio di oliva! Non lo faccio per gloria, ma soprattutto perché mi piacciono queste piante per la forma magica, la loro longevità, nonché per la loro rilevanza culturale atavica».

D’altro canto, il cambiamento climatico non è un’invenzione fantasiosa. Da 20 anni in Ungheria abbiamo annate sempre più calde e questo aspetto gioca un ruolo fondamentale nel mio progetto legato all’ulivo.

I due ettari e mezzo di Török Csaba nella regione del Balaton, del resto, paiono un ecosistema a sé stante rispetto alla realtà magiara. «Ho subito diversi attacchi per la mia scelta di piantare qui varietà come il Sangiovese – commenta – ma le prove della mia coerenza sono evidenti: ho fichi, mandorle, un po’ di melograno e anche dell’oleandro».

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Da lì agli ulivi, il passo è stato breve. Il patron della cantina 2HA Szőlőbirtok és Pincészet ha acquistato dapprima 120 piante dalla Toscana, oltre 10 anni fa: «Moraiolo e Leccino – riferisce – ma ho commesso molti errori, tra cui la consegna a giugno e una piantumazione poco professionale. Per di più, l’inverno è stato più freddo del solito».

Il 90% è morto, ma non mi sono arreso. Negli anni successivi ho acquistato altri ulivi dal nord della Spagna, con lo stesso risultato. Ho quindi virato su alberi più piccoli, sperando in un adattamento migliore e ho avuto finalmente più fortuna».

Diverse le cultivar che hanno trovato casa sul Lago Balaton, molte delle quali parlano italiano. È il caso della Dolce Agogia e della Nostrale Rigali, originarie dell’Umbria. Spazio anche per la francese Moufla, nota anche come Mouflal.

«Ho comunque insistito anche con gli alberi vecchi, non solo per il colpo d’occhio estetico – rivela il vignaiolo magiaro – ma anche perché, al contrario delle piante giovani, hanno già superato diversi inverni rigidi. Anche queste sono ancora vive, con mia grande soddisfazione».

Nel mese di marzo scorso, il primo imbottigliamento storico di olio di oliva ungherese, interamente biologico. Solo 2,5 litri, ma quello che sembra un piccolo passo è un risultato gigante per l’Ungheria.

«Non ho velleità da olivicoltore professionista, ma voglio continuare a credere in questo progetto e produrre sempre più olio. Le quantità di quest’anno sarebbero potute essere superiori, ovvero attorno ai 10 litri, ma ho spremuto le olive senza un’attrezzatura adeguata. La qualità? Tutto sommato buona!».

Il nuovo oro giallo del Lago Balaton è al momento a disposizione solo in Ungheria, nella rete di un retailer gourmet. Anche alcuni ristoranti di alta cucina sono riusciti ad accaparrarsi qualche “goccia” del prezioso nettare.

Ma a Török Csaba interessa poco il business: «Grazie a questa nuova tappa, il mondo è ancora più rotondo attorno a me e degusterò il mio olio in cantina, assieme al Sangiovese e a un buon tagliere di salumi, con chiunque voglia venire a trovarmi, non appena sarà possibile viaggiare». L’invito è aperto, soprattutto agli amati italiani.

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L’unicità del Brunello Vigna Schiena d’Asino di Mastrojanni, il cru senza toponimo

Dicono sia un errore voler dare un nome a tutte le cose. Catalogarle. Racchiuderle nei confini dell’umana comprensione. Dicono. Ma se così non fosse, la vigna Schiena d’Asino di Mastrojanni non esisterebbe. Chiedere per credere ad Andrea Machetti, deus ex machina della cantina di Montalcino, oggi fiore all’occhiello del Gruppo Illy. La storia di uno dei cru di Brunello più noti e apprezzati al mondo affonda le radici nel 1992.

«Ero appena approdato a Matrojanni, dopo l’esperienza a Villa Banfi – racconta l’ad Machetti a WineMag.it – quando in cantina vidi una singola botte accantonata, con una scritta: “Vigna Schiena d’Asino”. Chiesi all’avvocato Giuseppe Mastrojanni di cosa si trattasse. Poi assaggiai il vino e capii che era speciale».

Quel nettare, ottenuto dalla vigna piantata nel 1975 da Mastrojanni nella frazione Castelnuovo dell’Abate di Montalcino, era noto anche a Gualtiero Marchesi. L’interprete rivoluzionario della nouvelle cuisine lo serviva come “Vino Rosso da tavola Schiena d’Asino”.

«Feci di tutto per registrare ufficialmente quel nome – rivela Andrea Machetti – approfittando dello scollamento che c’era all’epoca tra le attività della Camera di Commercio e l’amministrazione provinciale. Oggi il Brunello di Montalcino “Vigna Schiena d’Asino” è l’unico vino da cru senza toponimo in Italia e forse al mondo, regolarmente riconosciuto come tale».

Il nome non è legato ad una località, ma alla caratteristica forma “a dorso d’asino” di una porzione del vigneto, pari a 1,1 ettari dei 2,6 complessivi. La conformazione garantisce un’esposizione a Est e a Ovest, a un’altezza di 390 metri sul livello del mare. Le particolarità della Vigna Schiena d’Asino sono nascoste anche nel sottosuolo.

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«Si tratta ovviamente di Sangiovese grosso da Brunello – spiega Machetti – di età media di 45 anni, le cui radici affondano in un terreno di tipo argilloso e sassoso, con una presenza di calcare che non si ravvisa negli altri 40 ettari della tenuta. In presenza di fallanze, si reimpiantano le barbatelle ottenute dalla selezione interna al vigneto».

Le viti, grazie ad un «approccio più biodinamico dei biodinamici certificati», come ama descriverlo Andrea Machetti, hanno raggiunto un equilibrio naturale e sono in grado di regalare uve sane, vinificate come cru solo negli anni migliori. Oggi a disposizione la 2015 in 6 mila bottiglie, dopo 2007, 2008, 2010, 2012 e 2013.

Una volta in cantina, il lungo affinamento in legno grande (42 mesi) e l’ulteriore anno di bottiglia conferiscono al Brunello di Montalcino Schiena d’Asino di Mastrojanni note uniche, anche (anzi, soprattutto) nel tempo.

Esemplare l’assaggio di un vendemmia 1997 perfettamente integro, preciso nella succulenza del frutto e freschissimo. Tutto questo per la voglia di dare un nome alle cose di Andrea Machetti. L’uomo che ha cambiato il futuro di Mastrojanni, con appena tre lettere. Cru.

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degustati da noi vini#02

Vigna Casi, Poggiarso e Camboi: i Cru di Castello di Meleto nel Chianti Classico

«Non abbiamo 142 ettari vitati, ma 142 volte un ettaro», dice Michele Contartese, direttore generale di Castello di Meleto, nel raccontare il “Progetto Cru“. La zonazione dei vigneti ha consentito di suddividere le proprietà della tenuta di Gaiole in Chianti in cinque sottozone. Diverse per clima, pendenze, esposizione, composizione dei suoli e altimetria.

Tre i Cru individuati, in grado di dare vita ad altrettanti vini da singola vigna: Chianti Classico Gran Selezione Docg “Vigna Casi” 2017, Chianti Classico Gran Selezione Docg “Poggiarso” 2017 e Toscana Rosso Igt “Camboi” 2018.

CHIANTI CLASSICO GRAN SELEZIONE DOCG “VIGNA CASI” 2017
Solo Sangiovese per questo Gran Selezione che nasce in un vigneto, posto a circa 450 m sul livello del mare, suddiviso in Casi Sopra, coltivato ad alberello, e Casi Sotto, coltivato a Guyot, il cui terreno è composto da arenaria e galestro.

Parte del vino sosta per 27 mesi in botti di rovere di Slavonia da 30 hl, la restante parte in botte di rovere francese da 50 hl. Rosso rubino luminoso risulta subito intenso ed invitante al naso.

Note importanti di frutta rossa matura, ciliegia, frutti di bosco e prugna in prevalenza, cui si affiancano sentori caldi di spezie. In bocca è avvolgente, fresco e succoso con tannini compatti, ben presenti ma vellutati.

CHIANTI CLASSICO GRAN SELEZIONE DOCG “POGGIARSO” 2017
La vigna Poggiarso racconta di sé già dal nome. Il “poggio” (collina), posto a 500 m slm, è definito “arso” per via dei terreni rocciosi composti da alberese, argilla e galestro nonché per la sua esposizione a sud che ne determina le grandi escursioni termiche fra giorno e notte.

Lo scheletro roccioso della collina, tanto resistente da aver costretto ad utilizzare la dinamite per realizzare i primi scassi, dà vita ad un Sangiovese austero. Elevato per 27 mesi in botti di rovere francese da 50 hl, Poggiarso si presenta di color porpora con riflessi granati.

Piccoli frutti rossi maturi, viola ed una vena speziata dominano l’esperienza olfattiva che si completa con una netta nota di grafite, a tratti quasi sulfurea. In bocca non delude.

L’ingresso del sorso è affilato e preciso, più verticale di Vigna Casi e per certi aspetti più “rustico”. I tannini sono vivi e vivaci ma non invasivi e non disturbano durante la lunga persistenza che ripercorre tutte le note sentite al naso.

TOSCANA ROSSO IGT “CAMBOI” 2018
La vigna è situata nella sottozona fresca e ventilata caratterizzata da suoli argillosi un tempo adibita a pascolo, da cui il nome Camboi: “campo dei buoi”. Malvasia Nera del Chianti in purezza, varietà storicamente usata nel blend del Chianti Classico che l’azienda ha voluto recuperare in purezza per questo vino.

Rosso rubino molto carico con riflessi violacei conquista con profumi tipici del vitigno. Note floreali, soprattutto violetta, e un chiaro profumo di piccoli frutti rossi maturi.

Un leggero sentore d’incenso lo rende ancora più intrigante. In bocca la buona acidità, la morbidezza ed i tannini vivi ben si bilanciano fra loro dando vita ad un sorso equilibrato e gastronomico.

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Giovan Battista Basile è il nuovo Presidente del Consorzio Tutela Vini Montecucco

È Giovan Battista Basile il nuovo Presidente del Consorzio Tutela Vini Montecucco. Napoletano “naturalizzato” maremmano, Basile si trasferisce con la famiglia a Cinigiano (GR) alla fine degli anni ’90, nel cuore del Montecucco, proprio nel momento in cui la Denominazione muoveva i primissimi passi nel mondo dell’enologia italiana. Qui acquisisce un terreno incolto per avviare, da zero, quella che oggi è la sua Azienda Agricola Biologica.

Laureato in legge, non ha mai praticato la professione di avvocato, poiché, proprio dopo gli studi, si è innamorato di questa terra che lui stesso ama definire «selvaggia e ancora tutta da scoprire», capace di regalare espressioni uniche sia nella proposta enologica sia in quella turistica.

«Sono estremamente lieto della fiducia accordatami dai Consiglieri e raccolgo con entusiasmo la responsabilità di questa Denominazione che porto nel cuore – dichiara il neoeletto Presidente Basile – Sono soprattutto onorato di raccogliere un’eredità importante lasciata da Claudio Tipa che ringrazio sentitamente per aver creduto e per continuare a credere nella nostra Denominazione, per averla fatta crescere, per averci aiutato a portarla nel mondo e, non ultimo, per essere stato dal 2006 un vero e proprio faro per tutti noi produttori».

«I nostri obiettivi – prosegue Basile – sono molto chiari ed in linea con il precedente mandato, ma lavoreremo soprattutto per rafforzare il senso di collegialità e di partecipazione. Il nuovo Consiglio si troverà ad affrontare un momento congiunturale difficilissimo, per il comparto in generale e per la nostra filiera in particolare, che dialoga quasi esclusivamente con il canale horeca e che è in trepida attesa di una ripartenza, frenata purtroppo dai ritardi della campagna vaccinale».

«Sarà certamente un mandato che io ed il nuovo Consiglio svolgeremo con grande attenzione e cautela – aggiunge il neopresidente – impegnandoci a fidelizzare maggiormente il mercato domestico e il consumatore italiano, soprattutto quello locale e aumentando l’impegno nelle attività Pr tradizionali e digital, ma anche sfruttando momenti di confronto online con i professionisti del settore e i media internazionali, fino a quando non torneremo, si spera presto, al ‘faccia a faccia’ con il pubblico».

Gli asset fondamentali del Consorzio restano senz’altro la sostenibilità, elemento caratterizzante della Doc e Docg che registra circa il 70% di produzione biologica, l’unicità del Sangiovese – il re della Denominazione, dalla personalità ben distinguibile e di livello e potenziale molto elevati – e, non ultimo, il territorio del Montecucco e il suo marchio collettivo.

«Sono questi i punti di forza che ci permetteranno di consolidare il trend positivo registrato negli ultimi anni e di rafforzare ulteriormente la nostra presenza nei mercati mondiali, a partire dall’Italia», conclude il Presidente.

Il cambio al vertice è stato deliberato ieri sera a seguito del Consiglio di Amministrazione, che dà il benvenuto anche ai nuovi membri Giorgio Patrizi di Tenuta Piani Rossi, Giampiero Pazzaglia di Collemassari, Claudio Vigni di Società Agricola Maciarine e Marco Salustri dell’Azienda Salustri, mentre riconferma Patrizia Chiari di Tenuta L’Impostino, Marco Innocenti di Peteglia, Daniele Rosellini di Agricola Campinuovi e Leonardo Sodi di Azienda Agricola Parmoleto.

Vanno invece a formare il nuovo Collegio Sindacale Gionni Guerrieri, alla Presidenza, Stefano Alessandri dell’Azienda Agricola Rigomoro e Silvio Mendini di Podere Montale.

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Vini di Romagna: Albana superstar della vendemmia 2020. Produzione in calo

Il Consorzio Vini di Romagna ha presentato ieri i dati sulla vendemmia 2020, definita fra le più belle di sempre per la Docg, le 5 Dop, e le 4 Igt che, insieme, raggiungono il 60% dei vigneti dell’intera Emilia Romagna. A brillare, su tutte, è la stella dell’Albana, che sarà in grado di regalare grandi vini.

Più in generale, nell’anno segnato dall’emergenza Covid-19, la regione fa i conti con una flessione del 7,5% rispetto agli imbottigliamenti del 2019. Il prezzo dell’uva, stando alle rilevazioni dell’ente vini, «non ha invece subito contrazioni».

Il Romagna Sangiovese Doc si conferma la Denominazione numericamente più importante, con una superficie totale coltivata di 6235 ettari: nel 2020 ne sono stati prodotti 86.310,  pari a 11,5 milioni di bottiglie, in leggero ridimensionamento rispetto all’ottima annata 2019.

Per il Romagna Sangiovese Doc con MGA (Menzione Geografica Aggiuntiva, ai vertici della piramide della Denominazione), prodotti 3.256 hl (il 4% della produzione romagnola), pari a 434.133 bottiglie. La crescita è significativa ed è giustificata dalle richieste di mercato crescenti.

La produzione di Riserva è di un milione e quattrocentomila bottiglie, in linea agli anni precedenti. Stesso discorso per la tipologia Superiore, che si attesta intorno ai 3 milioni e settecentomila bottiglie.

Buone notizie anche per l’Albana Docg (818 ettari): 5.673 ettolitri nel 2020, pari a 756.400 bottiglie, di cui 230 mila di Albana dolce e 487 mila in versione secca, in crescita. Il Passito, come evidenzia il Consorzio Vini, «continua ad essere estremamente apprezzato anche all’estero».

Il Romagna Trebbiano Doc, allevato su una superficie totale di 14170 ettari, si assesta invece sugli 8.678 ettolitri nel 2020, pari a 1,2 milioni di bottiglie. Significativi anche i dati del Rubicone Igt, che sfiora i 92 milioni di bottiglie, e gli ultimi arrivati del 2020: il Romagna Doc Spumante (bianco e rosato), raggiunge quota 292 mila bottiglie.

Cosa aspettarsi dai vini della vendemmia 2020? Dopo un inverno mediamente freddo e discretamente piovoso in dicembre, la primavera ha visto un alternarsi di giorni di pioggia, con forti gelate tra fine marzo e inizio aprile. La differenziazione a fiore è stata non elevata e il germogliamento anticipato.

Temperature basse fino a fine giugno, con il vero caldo che si è presentato solamente a fine luglio. Al momento della raccolta, mediamente anticipata soprattutto per i bianchi, si sono riscontrate forti contrazioni delle produzioni – diversamente da quanto prometteva la primavera – dovute soprattutto alla siccità abbinata al forte vento di libeccio nell’ultima parte dell’estate.

Per questo motivo, la vendemmia 2020 viene definita dal Consorzio «buona e giusta», con produzioni quantitativamente scarse rispetto alla media ma con uve molto sane e di qualità ottima. I bianchi hanno sofferto per il grande caldo di agosto, che ha sviluppato un corredo aromatico leggermente sottotono. Fa eccezione l’Albana, che con la sua rusticità ed acidità spiccata ha saputo resistere alle traversie.

Per i vitigni rossi c’è stata una forte accelerata nella maturazione dei vinaccioli e dei tannini prima di arrivare alle gradazioni zuccherine desiderate, portando a raccogliere uve mature, senza appassimenti evidenti, ma solo qualche caso di lieve sovra maturazione.

Se è vero che le produzioni hanno subito una discreta flessione rispetto al 2019, la qualità dei vini promette di sorprendere: l’annata 2020 si dispone a farsi ricordare «fra le più belle di sempre per la Romagna».

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degustati da noi vini#02

Podere Scheggiolla: quando il Chianti Classico (e il Sangiovese) è filosofia

Capita, di rado in verità, di scoprire vini che paiono libri. Li versi nel calice. E sembrano sussurrarti all’orecchio una storia. Un aneddoto segreto, che si svela piano. Sarà forse per quel nome a metà tra la realtà e la fantasia, ma è l’effetto che fanno i Chianti Classico e il Sangiovese di Podere Scheggiolla. Manuali di una filosofia che fa del distacco dal giudizio tecnico il motivo – supremo, altissimo, rivoluzionario – per cercare la perfezione artigianale.

E come ogni antico manuale che si rispetti, non può mancare il bigino. “LP01 Esordio” è il vino che racconta, in poche righe (pardon, “sorsi”), l’evoluzione dell’approccio alla viticoltura di Luciano Pagni e Maria Rosaria Guarini, giunti nel 2000 sui dolci colli toscani di Castelnuovo Berardenga (SI).

Un’etichetta che «nasce da un’urgenza ribelle». Quella di «liberare il nostro vino dal confine dei confronti». «Per noi, enoici amanti del vino – spiega la coppia – ‘LP01’ è il legame con chi lo sceglie, per raccontarci l’emozione». «Si astenga chi ricerca il virtuosismo tecnico e il giudizio supremo», il premuroso avvertimento.

Abbiamo ascoltato la natura imparando ad usare le sue parole e la sua sintassi, ascoltato la forza e le vibrazioni di una terra madre roboante e generosa e, infine, condiviso questa attesa. La condivisione avviene ogni giorno, con chi arriva qui, in questo ‘piccolo stivale’ nello stivale. Con chi beve brindando alla vita. Con chi riconosce questo percorso bevendo nel silenzio il nostro vino e ascoltando».

Una “filosofia” che prende vita tra le 7500 viti di Podere Scheggiolla, nome che deriva dall’omonimo torrente che scroscia poco lontano dalla tenuta, situata a 300 metri sul livello del mare. Radici ben solide le loro, aggrappate a una terra ricca di scheletro, tanto cara all’uva quanto all’ulivo.

«Forse i “grandi progetti”, saggiamente interpretati, aiutano a salvare i nostri cuori, ma in genere i risultati importanti si ottengono con la pazienza delle piccole cose, – sostengono Luciano Pagni e Maria Rosaria Guarini – percorrendo sentieri che passano per il “bello”. Per arrivare ad un obbiettivo, magari senza nemmeno dichiararlo, si deve però cominciare ascoltando. E abbiamo ascoltato». Ecco, forse, perché certi vini sanno di libri.

LA DEGUSTAZIONE

Rosso Toscana Igt 2018 “Lelle”, Podere Scheggiolla: 91/100
La vinificazione in solo acciaio chiarisce l’obiettivo, ancor prima di stappare la bottiglia. Un’esplosione di fiori e frutto, tannino elegantissimo. Beva agile, generosa, quasi “pericolosa”.

Toscana Igt 2015 “LP01 Esordio”, Podere Scheggiolla: 95/100
Il rosso impenetrabile preannuncia tanto la generosità del nettare, quanto la necessità (quasi una preghiera, annegata ma presente sul fondo di quel colore scuro) di saperlo attendere. Un vino che chiede tempo, ma che è in grado di ripagare ogni centesimo di secondo a chi si accosta alla degustazione senza fretta.

Trae in inganno con un naso subito intenso di frutta, che solo l’ossigenazione rende ricco e variegato. Stesso discorso vale per un palato abbondante in ingresso, più per il peso che per l’estensione. Dargli qualche giro di lancetta è un esercizio che ne sgranchisce l’opulenza, riequilibrando il nettare a suon di freschezza e complessità.

Chianti classico Docg Riserva 2012, Podere Scheggiolla: 93/100
Rubino luminoso. Naso ampio, generoso, fresco, balsamico. Si spazia da una ciliegia grondante di succo al muschio, dalla castagna cotta al fungo fresco. Frutti di bosco, ribes, fragolina, marasca, ma anche l’agrume rosso maturo. Una nota ferrosa, sanguigna, unita alla viola mammola.

L’ossigenazione ancora una volta è una preziosa alleata, che libera risvolti umami. Ingresso di bocca denso ma teso, con allungo immediato sul frutto e sul balsamico. Tannino setoso ma presente, in una chiusura dominata dal frutto e dalla spezia, in particolare da ritorni di marasca e pepe nero.

Chianti classico Docg 2013 Gran Selezione, Podere Scheggiolla: 96/100
Si tratta di un cru di solo Sangiovese, frutto di 3 mila viti presenti in una vigna di 1 ettaro e mezzo. Un Chianti classico Gran Selezione che si distingue per opulenza, struttura e concentrazione degli aromi.

Il tutto senza la minima sbavatura e nel segno della consueta precisione, vero tratto distintivo di Podere Scheggiolla. Sorprende, infine, per la prontezza di beva complessiva, data dall’equilibrio perfetto tra le componenti, nonché per le ottime prospettive di ulteriore affinamento, più che mai positivo.

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Sangiovese in Ungheria: azione legale del Consorzio del Brunello di Montalcino

Da una parte un vignaiolo ungherese, innamorato del Brunello di Montalcino tanto da piantare Sangiovese, chiamare un suo vino “Tabunello” e commercializzarlo sul sito web brunello.hu, da lui fondato. Dall’altra il potente Consorzio che tutela il noto vino rosso della Toscana, intenzionato a difendere il nome della Docg al cospetto del rischio di italian sounding. Sono gli ingredienti, in salsa legale, del caso internazionale che si è chiuso nei giorni scorsi tra le due controparti. Con un lieto fine.

Secondo quanto appreso in esclusiva da WineMag.it, il produttore ungherese Csaba Török ha provveduto nelle scorse ore a cancellare definitivamente il portale incriminato e ad eliminare qualsiasi riferimento alla Denominazione italiana in accostamento al Sangiovese Grosso presente nel suo parco vigneti.

Sulla base dell’accordo, la cantina 2HA Szőlőbirtok és Pincészet potrà tuttavia continuare a produrre l’etichetta “Tabunello”, molto nota in Ungheria per essere prodotta con la stessa uva del Brunello di Montalcino, allevata però nella regione Badacsony, a nord del lago Balaton.

È proprio qui, 150 chilometri a est dalla capitale Budapest, che si trovano i due ettari e mezzo di vigneti della cantina ungherese fondata da Csaba Török, che conta sulla consulenza dell’enologo italiano Alfredo Tocchini.

Non certo un colosso. Sono infatti appena 15 mila le bottiglie che 2HA produce ogni anno, con i 3 mila esemplari di “Tabunello” al vertice della piramide qualitativa. Un vino in vendita anche all’estero, a circa 25 euro (in Italia disponibile su vinoungherese.it).

Nessuno ha lavorato quanto il sottoscritto, negli ultimi 10 anni, per far conoscere il Sangiovese in Ungheria – commenta Török nel ricevere in cantina WineMag.it – così come tanti altri vini italiani.

Ho trascorso ore ed ore ad apprendere la storia della viticoltura italiana e delle sue grandi cantine, impiegando parecchie energie nel trasmettere questa mia passione ai miei connazionali: sommelier, giornalisti, esperti e appassionati”.

Proprio per questo, il vignaiolo ungherese si dice “colto di sorpresa” dalle lettere del Consorzio di Tutela del Brunello di Montalcino, rappresentato da uno studio legale di fama internazionale come Tonon – Lo Vetro & Partners. Una vera e propria istituzione nel campo del Diritto civile, del Lavoro e Industriale, con sedi a Milano, Roma, New York, La Paz e Buenos Aires.

Gli avvocati Danilo Tonon, Andrea Kordi, Francesca Parato e Marta Lauria hanno avuto la meglio in via conciliativa. “È inimmaginabile il numero di consigli che ho dato in questi anni, qui in Ungheria, a professionisti e non solo, intenzionati ad assaggiare vini italiani e visitare cantine italiane”.

“Posso definirmi senza dubbio un ambasciatore del vino toscano in Ungheria e per questo sono un po’ deluso dall’azione legale intrapresa nei miei confronti”, si lascia scappare il vignaiolo, mentre mostra a WineMag.it le piante di Sangiovese che crescono rigogliose dal 2003 sulla pittoresca collina di Hegymagas, letteralmente “Montagna alta”.

Csaba Török avrà comunque modo di consolarsi. Il Consorzio di Tutela del Brunello lo ha invitato a visitare Montalcino e la Toscana. Dal canto suo, il vignaiolo ungherese si è reso disponibile a organizzare un tour del Balaton, con i rappresentanti dell’ente italiano. Con cosa si brinderà all’incontro? Un buon rosso, magari d’annata, è in testa alle previsioni dei bookmakers.

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Montecucco: una buona vendemmia per l’annata 2020

A circa dieci giorni dall’inizio della vendemmia del Sangiovese, tra i viticoltori del Montecucco si respira grande ottimismo. Un’uva scalpitante quella che attende di essere raccolta nei vigneti di produzione della Doc e Docg amiatina, nell’anno della peggiore emergenza sanitaria ed economica dell’ultimo secolo, che avrà sì messo in ginocchio il mercato, ma che non ha scalfito il ciclo della vite.

Sul fronte quantitativo però – a causa soprattutto delle scarse piogge estive – questa stagione produttiva osserva una flessione del 10-15% circa rispetto al 2019, che è stata a tutti gli effetti un’annata da record per la Denominazione che portò nelle vasche oltre 22 mila quintali di uva. L’andamento stagionale nel territorio del Montecucco è stato comunque abbastanza equilibrato.

“Abbiamo iniziato la campagna produttiva con una primavera regolare, senza siccità né piogge eccessive o gelate che abbiano potuto compromettere il germogliamento – commenta il Presidente del Consorzio di Tutela Claudio Tipa – seguita poi da un’estate con poca pioggia, aspetto che nel Sangiovese ha certamente tirato fuori tannini e profumi importanti, garantendo anche perfetta sanità del frutto, ma che ha penalizzato il profilo quantitativo”.

“Dopo le piogge di inizio settembre – prosegue – anche i parametri di vendemmia si stanno riequilibrando, contribuendo ad allungare il ciclo vegetativo e ad aumentare leggermente il volume del grappolo. Il calo delle temperature conseguente a queste piogge ha permesso la completa maturazione delle bucce e quindi ci permetterà di dilatare un po’ i tempi di vendemmia”.

Al via in questi giorni invece la raccolta del Vermentino che, grazie alle alte temperature di luglio e agosto, presenta una perfetta maturazione aromatica della buccia. Anche in questo caso la pioggia di inizio settembre ha ritardato il ciclo vegetativo e allungato lievemente i tempi di vendemmia, per permettere ai profumi di tornare a livello ottimale.

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Approfondimenti

Inizia la vendemmia della Vernaccia di San Gimignano

Inizia la vendemmia della Vernaccia di San Gimignano in buona parte del territorio, solo alcuni produttori preferiscono aspettare ancora una settimana per esposizione o scelta produttiva. Se il tempo si manterrà buono, in tre settimane si chiuderà la raccolta.

L’andamento stagionale è stato ottimale e tutte le fasi vegetative sono iniziate nella norma, molto buona la cacciata dei germogli e la fioritura così come allegagione e invaiatura, nessuno stress idrico, nessun evento meteorologico traumatico. Vigne bellissime e uve perfette figlie anche di un’anno in cui, a causa del lockdown, i produttori non hanno potuto dedicarsi ai soliti impegni commerciali, dalle fiere e agli eventi promozionali, ma solo alla cura della campagna.

La vendemmia della Vernaccia di San Gimignano parte con circa una settimana di anticipo rispetto al 2019. Ottimo lo stato sanitario delle uve, buona la quantità solo leggermente inferiore a quella dello scorso anno, il clima caldo, asciutto e ventilato di luglio e agosto ha permesso una perfetta maturazione, aiutata anche dalle piogge di fine agosto, mentre le notti fresche hanno preservato l’acidità.

Le premesse quindi ci sono tutte perché quella del 2020 si prospetti come un’ottima annata. Anche dal punto di vista meteorologico la raccolta è baciata dal sole, ma restano le preoccupazioni che poco hanno a che fare con la vendemmia e molto con la situazione creatasi con la pandemia, il conseguente lockdown e il crollo delle vendite, anche se continua la lenta ripresa degli imbottigliamenti, che nei primi otto mesi dell’anno registrano un calo tutto sommato contenuto, dell’8% rispetto al 2019.

Terminata la raccolta della Vernaccia sarà la volta delle uve rosse: anche il Sangiovese promette molto bene, ma è ancora presto per sbilanciarsi, il mese di settembre sarà decisivo per la qualità e quantità del vino che verrà.

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degustati da noi vini#02

Colline Pescaresi Rosato Igp 2016 “Plenus Rosa Rosae”, Marina Palusci

Un vino rosato fuori dagli schemi per numero di vitigni assemblati, ben 7, che regala un sorso di grande freschezza, ampio e persistente, nonostante i quattro anni trascorsi dal suo imbottigliamento. Sotto la lente di ingrandimento di WineMag.it l’annata 2016 del Colline Pescaresi Igp Rosato “Plenus Rosa Rosae” prodotto dall’azienda Marina Palusci.

Una tipologia di vino, quella dei rosati, che negli ultimi anni sta vivendo un trend positivo di crescita, che incontra sempre più il favore dei consumatori grazie alla facilità di abbinamento e alla fresca beva. Caratteristiche ritrovate anche in questo calice.

LA DEGUSTAZIONE
Dall’assemblaggio dei 7 vitigni nasce un vino di un colore rosa piuttosto scarico, ma di buona consistenza. Il naso è dominato al primo impatto da chiari sentori fruttati di fragoline di bosco e ciliegie, per poi virare su sentori più floreali, intensi e nitidi, con un filo di fumè in sottofondo.

In bocca è ampio, avvolgente, fresco e in perfetto equilibrio grazie all’ottima struttura e alla buona acidità. A tratti al palato ricorda la tessitura e l’austerità del Montepulciano d’Abruzzo ma mantiene una sua identità, con un finale che ricorda la rosa.

Davvero versatile negli abbinamenti in cucina. Plenus Rosa Rosae si accosta bene a fritture di pesce o a pizze gourmet. Si tratta infatti di un rosato che ben sostiene piatti anche mediamente strutturati, grazie alla sua ampiezza e alla sua persistenza.

LA VINIFICAZIONE
Questo particolare rosato di Marina Palusci è prodotto con uve Montepulciano d’Abruzzo, Sangiovese, Malvasia, Pecorino, Lambrusco Salamino, Trebbiano e Moscato Rosa. La fermentazione avviene in maniera spontanea, con lieviti indigeni presenti naturalmente sulle bucce.

Le uve raccolte, diraspate e pressate, vengono messe in serbatoi di acciaio dove sostano fermentando per circa 18 giorni. Segue un periodo sulle proprie fecce di circa 10 mesi. Prima dell’immissione in commercio, il Colline Pescaresi Igp “Plenus Rosa Rosae” affina 6 mesi in bottiglia, imbottigliato con tappo a vite.

L’azienda Marina Palusci si trova a Pianella sulle dolci colline dell’entroterra pescarese ed è capitanata da Massimiliano D’Addario, un giovane dalle idee chiare e vincenti. Produce principalmente olio extravergine di oliva di grande qualità (12 tipi) in regime di agricoltura biologica e biodinamica.

Dal 2008 l’azienda ha avviato anche la produzione di vini, in un raggio di vigneti che si estendono complessivamente per circa 2 chilometri. Otto appezzamenti allevati principalmente a Montepulciano, Passerina e Pecorino dai quali nascono vini non filtrati, non stabilizzati e senza nessun additivo chimico in cantina.

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Grandine sui vigneti nelle Marche: Vittorini di Nico Speranza ha perso tutto (VIDEO)

“Va beh, dai. Ci dedicheremo a qualcos’altro”. È il commento di uno sconvolto Nico Speranza, nel video che testimonia la devastazione causata dalla grandine che si è abbattuta sul vigneto di Monsampietro Morico, in provincia di Fermo, nelle Marche. Il fatto risale alla notte tra martedì 19 e mercoledì 20 maggio. Nel giro di 10 minuti, i tralci di Sangiovese e Montepulciano dell’Azienda agricola Vittorini sono stati spazzati via da una furia di ghiaccio, pioggia e vento.

“Le Marche hanno sempre avuto un clima mite – spiega Nico Speranza a WineMag.it – queste cose non si sono mai verificate. Non siamo in zone di agricoltura eroica, per cui sono ancora più scioccato. Gli anziani del posto non hanno mai provato una cosa del genere”.

“Ma è così – aggiunge sconsolato il vignaiolo Fivi – c’è e ci sarà la volontà di andare avanti, consapevoli che la natura si rigenera. Ci metterà un po’ di tempo, certo. Perderemo un paio di stagioni su alcune varietà, utili a ripristinare la situazione vegetativa precedente. Ma poi tutto comincerà di nuovo”.

Il vortice depressionario che ha sferzato il centro Italia, sfogandosi in particolare sulle Marche, non ha risparmiato neppure il vigneto di Sant’Elpidio Morico, dove Nico Speranza alleva Pecorino, Trebbiano e Traminer dell’Azienda agricola Vittorini: 4 ettari complessivi raccolti in eredità dal nonno, nel 2005.

Ha riportato danni pari al 100% anche il vigneto di Montelparo, sempre sulle colline fermane. Tralci e frutti in piena allegagione delle varietà Pecorino e Sangiovese sono stati completamente distrutte dalla grandine.

Una catastrofe che ha coinvolto dunque tutti i terreni di Speranza, dislocati tra i 286 e i 500 metri sul livello del mare, impiantati tra il 2004 e il 2012, con rese molto basse. Si seguito i contatti per aiutare il vignaiolo marchigiano ad affrontare il futuro, acquistando i suoi vini direttamente, oppure tramite il distributore di Verona.

Mail: info@vittorini.it
Cell. +39 347 9246531
Mail: info@soavino.com
Tel. +39 045 6190199

 

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Vini al supermercato

Vignaioli Fivi al supermercato: Romagna Doc Sangiovese Predappio 2018 “Notturno”, Drei Donà

(5 / 5) Non solo il Mercato di Piacenza o le fiere del vino. Alcuni vignaioli Fivi (Federazione italiana vignaioli indipendenti) scelgono il supermercato come canale di vendita per le loro etichette. È il caso di Drei Donà e del suo Romagna Doc Sangiovese Predappio 2018 “Notturno”, disponibile in alcuni supermercati Conad. Un’etichetta dall’ottimo rapporto qualità prezzo, che si aggiudica il massimo dei “cestelli” a disposizione (5 su 5) nella speciale scala di valutazione di Vinialsuper.

LA DEGUSTAZIONE
Il Romagna Doc Sangiovese Predappio 2018 “Notturno” di Drei Donà si presenta nel calice del tipico colore rosso rubino intenso, con tinte violacee. Al naso preziosi richiami di frutta rossa, uniti ad accenni erbacei, mentolati. Perfetta la corrispondenza al gusto.

“Notturno” si dimostra un concentrato di frutta e spezie, che ben si bilanciano in un sorso preciso, elegante, fresco. Un vino rosso che si contraddistingue per la piacevolezza della beva, non per questo banale.

Perfetto a tutto pasto, accompagna piatti di salumi, primi e secondi a base di carne. Non ultimo, si tratta di un vino già godibile al momento, ma con la carta d’identità in regola per affinare in bottiglia per i prossimi 3-5 anni.

LA VINIFICAZIONE

Sangiovese al 95%, completato da un 5% di Cabernet Franc. Questa la base ampelografica del Notturno di Drei Donà. Le piante affondano le radici in un terreno di medio impasto, argilloso-limoso, con una presenza di sabbia che si aggira attorno al 3-4%.

I vigneti dedicati alla produzione di questo Romagna Doc Sangiovese Predappio 2018 si estendono per 11,25 ettari e registrano una resa media di 82 quintali (61 ettolitri). La vendemmia delle uve del Notturno avviene generalmente in occasione della seconda o terza decade di settembre.

La vinificazione prevede la fermentazione in vasche di acciaio inox, per un periodo variabile tra i 10 ed i 14 giorni, ad una temperatura controllata tra i 28° e i 30°, con rimontaggi giornalieri. Anche la fermentazione malolattica ha luogo in acciaio inox.

Fondamentale il successivo periodo di affinamento per il Sangiovese Notturno, che avviene in grandi fusti di rovere per circa 7-8 mesi, “al fine di conferirgli quel piacevole equilibrio frutto-legno”, spiega il produttore.

Prezzo: 9,50 euro
Acquistabile presso: Conad

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degustati da noi vini#02

Marche Rosato Igp 2018 “Ophirosa”, Vini Firmanum

Produrre rosato è come cucinare: ti accorgi subito chi lo fa con amore. E chi tanto per fare. Il calice che si riempie del Rosato Igp 2018 “Ophirosa” di Vini Firmanum esprime appieno il concetto. Un vino dalla dignità propria, ottenuto nella zona di Fermo, nelle Marche, da uve Sangiovese e Ciliegiolo. Aggiungi il prezzo di appena 5 euro (in cantina) e la ricetta è servita: buon appetito.

LA DEGUSTAZIONE
Il Marche Rosato Igp 2018 “Ophirosa” si presenta di una tonalità che si avvicina al cerasuolo. Ottima corrispondenza tra le note avvertibili al naso e quelle che, poi, connotano il sorso. Un vino facile da bere, tutto sul frutto (melograno, ribes, lampone, fragolina) che sfodera una chiusura salina preziosa, capace di chiamare irresistibilmente il sorso successivo.

Sorprende per la precisione delle note fruttate e per l’intatta freschezza, anche quando la temperatura si alza di uno o due gradi nel calice, rispetto a quella consona per il servizio dei vini rosati (10-12°). Ottima a tutto pasto, questa etichetta di Firmanum si lascia gustare ancor meglio assieme a un brodetto o a un crudo di pesce.

LA VINIFICAZIONE
Un rosato non convenzionale, “Ophirosa”, sin dalle uve con le quale è stato ottenuto. Si tratta infatti di Sangiovese e Ciliegiolo che affondano le radici in terreni di medio impasto, esposti a Sud-Est, a 300 metri sul livello del mare Adriatico.

Le uve, raccolte a mano, vengono pressate in maniera soffice e poi vinificate senza buccia. La fermentazione avviene in acciaio, a temperatura controllata, per preservare tutti gli aromi primari. Anche la maturazione ha luogo in Inox.

“Ophirosa” è solo una delle etichette della “fenice” Vini Firmanum. La cantina, oggi privata, sorge infatti dalle ceneri dell’ex Aziende viticole associate dei Colli Fermani di Montottone, nei pressi di Fermo, nelle Marche: una cooperativa che è arrivata a contare circa 400 soci nel corso della propria storia.

La rinascita che si è concretizzata nel 2011, riducendo del 70% la produzione e dando avvio ai primi imbottigliamenti. La produzione si assesta oggi sulle 70 mila bottiglie annue su tre linee, distribuite nell’Horeca (è il caso di “Ophirosa”) e in Gdo. Prosegue, in parallelo, la produzione di vino sfuso dalle uve di alcuni ex soci.

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Sequerciani e i vini senza maschere di Ruedi Gerber

Se avesse amato le maschere più della realtà, Ruedi Gerber avrebbe scelto di vivere di solo teatro, documentari e lungometraggi. Come quello sulla vita di Anna Halprin, la pioniera della danza moderna. O Basmati Blues, commedia romantica con Brie Larson e Utkarsh Ambudkar. Bella Bollywood. Ma è Gavorrano, paradiso minerario alle porte di Grosseto, che ha acceso la miccia al cuore del regista svizzero, patron della cantina Sequerciani.

A 54 anni suonati, nel 2010, il ciak alla nuova avventura, in Toscana. Così diversa e lontana, eppure così simile al cinema, nel fine ultimo di regalare emozioni. Il set diventa il vigneto, con le varietà autoctone Pugnitello, Foglia Tonda e Ciliegiolo. Il microfono, il calice. Il linguaggio, il vino. Ma non uno qualunque.

Nell’imperterrita ricerca artistica, quasi in contraddizione coi canoni della recitazione – le maschere, i ruoli e le trame prestabilite da mettere in scena – Gerber si circonda di professionisti amanti della naturalità. Terreno fertile per il Gruppo Matura, che affianca il regista di Berna con l’enologa Laura Zuddas – allieva di Attilio Pagli – e l’agronomo Stefano Bartolomei.

“L’idea – spiega Paolo Menichetti, ex Castello Banfi, oggi direttore generale di Sequerciani – è quella di regalare vini in grado di emozionare attraverso la massima espressione dell’uva, del territorio e del microclima”. Vini di terroir, insomma, ottenuti dalla vinificazione in purezza degli autoctoni.

“Siamo tutto tranne che talebani del vino naturale e del metabisolfito – precisa Menichetti – con la certificazione Demeter a garanzia di un approccio biodinamico alla viticoltura, in cui crediamo molto, ma senza estremismi”.

Dodici gli ettari che Ruedi Gerber ha fatto impiantare nel 2010, dopo il colpo di fulmine a Gavorrano. Quarantamila bottiglie complessive, con l’obiettivo di raggiungere le 60 mila nei prossimi anni. La tenuta, infatti, è ben più estesa: 100 ettari, di cui il 50% coperti da boschi.

Sequerciani affianca così la produzione di vino a quella di olio – mille piante, tra cui spicca la presenza della rara cultivar Lazzero di Prata, tipica delle Colline Metallifere – miele, cereali e grani antichi, per la pasta e le farine.

LA DEGUSTAZIONE

Toscana Igt Vermentino 2019, Sequerciani: 89/100
Vermentino e un tocco di Ansonica (15%) a far profumare (e sapere) ancor più di mare questo bianco della cantina di Ruedi Gerber. In bottiglia da poco, deve ancora stiracchiarsi per levarsi di dosso la stanchezza della vinificazione. Ma quelli belli son tali pure senza trucco, appena svegli.

Un bianco (non filtrato) materico, polposo, salino, che chiama l’estate e non disdegna affatto il piatto. Vendemmiate a mano, le uve vengono fermentate con i soli lieviti indigeni. La vinificazione e l’affinamento avvengono sur lies, in vasche di cemento e acciaio. Niente solfiti aggiunti.

Toscana Igt 2018 “Libello”, Sequerciani: 86/100
Sangiovese e Ciliegiolo, in parti uguali. Si tratta del piacevole entry level della cantina di Gavorrano. Tutto frutto e dalla gran beva e freschezza, sfodera un tannino molto ben integrato che ha il merito di tenere il sorso vivo in bocca, frenando la scorrevolezza dell’alcol e del frutto maturo.

Le uve, vendemmiate separatamente, vengono raccolte a mano e vinificate con una tecnica che si ispira alla macerazione carbonica. Il breve affinamento in vasche di cemento e giare di terracotta anticipa l’imbottigliamento, senza filtrazione né aggiunta di solfiti.

Toscana Igt 2018 Ciliegiolo, Sequerciani: 88/100
Ha bisogno di tempo e di “ossigeno” per esprimersi al meglio, nel calice. Poi è un’esplosione di frutto e freschezza, che raccontano una fase giovanile molto promettente. Vino di gran gastronomicità a tavola, regge bene i primi piatti (anche elaborati) a base di ragù e selvaggina.

Col tempo, c’è da scommetterci, guadagnerà terreno in termini di eleganza. Il Ciliegiolo, vendemmiato e selezionato a mano, viene fermentato grazie ai soli lieviti indigeni. Le uve vengono vinificate e affinate in vasche di cemento.

Toscana Igt 2018 Foglia Tonda, Sequerciani: 92/100
Tra le prime cantine a credere nella riscoperta e nella valorizzazione del Foglia Tonda c’è proprio Sequerciani. Oggi, il direttore generale Paolo Menichetti, lo definisce senza mezzi termini “il vino del futuro“, su cui l’azienda è “pronta a scommettere, visto il successo crescente che è in grado di riscuotere”.

Genotipo del Sangiovese, è un vitigno molto delicato in vigna. Soffre tutto: il caldo, il freddo, la pioggia, il sole. Per questo motivo fu abbandonato. Produrre un grande Foglia Tonda è l’impresa meglio riuscita a Sequerciani.

Nel calice si veste di un rosso più carico e impenetrabile rispetto a quello del Ciliegiolo, tendente al viola profondo. Scuro anche il frutto, al naso. Maturo ma di gran compostezza. Prugna su tutto, ma anche mora, cui si accostano caldi accenni di marasca, uniti a venatura pepata leggera.

Ha bisogno di tempo per liberare una nota netta di rosmarino, ben distinto nel quadro tipicamente mediterraneo. Perfetta la corrispondenza gusto olfattiva. Un vino di buon corpo, che non rinuncia però alla freschezza e all’agilità della beva. Il sorso è pieno e la venatura salina sul finale chiama il sorso successivo.

Un vino importante, certamente di prospettiva. Le uve vengono selezionate a mano e fermentate coi soli lieviti indigeni presenti sulla buccia. La vinificazione, secondo i dettami di Ruedi Gerber e dello staff enologico, avviene in vasche di cemento.

Dopo una breve macerazione, il vino viene affinato nove mesi in giare di terracotta di Impruneta e in minima parte in barrique di rovere francese. Anche in questo caso, niente solfiti aggiunti né filtrazione.

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***DISCLAIMER*** L’articolo è frutto di un pranzo-degustazione organizzato per la stampa dalla cantina e dal relativo ufficio stampa. I commenti espressi sono comunque frutto della completa autonomia di giudizio della nostra testata, nel rispetto assoluto dei nostri lettori

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Vini al supermercato

Rosso di Montalcino Doc 2013 “Villa Poggio Salvi”, Soc. Agr. Poggio Salvi

(5 / 5) Una “vecchia” annata a scaffale, che si rivela un grande assaggio. Sotto la lente di Vinialsuper, il Rosso di Montalcino Doc 2013 di Villa Poggio Salvi. Un’etichetta dall’ottimo rapporto qualità prezzo, presente nei supermercati Il Gigante. diffusi nel Nord Italia. Una vera e propria “chicca”, prodotta in sole 18 mila bottiglie.

LA DEGUSTAZIONE
Splendido il colore con cui si presenta il vino nel calice. Un rosso rubino intenso e luminoso, di per sé invitante: la prova – ancor prima dell’assaggio – che il vino ha retto bene nel tempo, anche se conservato al supermercato (non credete a chi vi dice che questo non avviene).

Convince anche l’analisi olfattiva. Un rosso di Montalcino molto profumato, quello di Poggio Salvi. Al bouquet floreale, con richiami netti alla rosa, si affiancano richiami netti di frutta rossa polposa, a perfetta maturazione.

Non mancano echi leggermente speziati e ricordi di macchia mediterranea. Perfetta la corrispondenza gusto olfattiva, rinvigorita da una buona freschezza e da un tannino presente, ma molto elegante. Al corredo si aggiunge una vena salina che contribuisce a rendere la beva instancabile. Buona la persistenza.

Il Rosso di Montalcino 2013 di Poggio Salvi è perfetto per accompagnare pasti a base di carne rossa e bianca. Accompagna bene dai primi ai formaggi semistagionati, passando per secondi importanti come gli arrosti. Importante la temperatura di servizio, compresa fra i 16 e i 18 gradi per un consumo ottimale.

LA VINIFICAZIONE
Si tratta di un’etichetta ottenuta da uve Sangiovese grosso, le stesse utilizzate per la produzione del Brunello. L’età dei vigneti varia dai 5 ai 20 anni, a un’altitudine di 350-500 metri, con esposizione Sud-Ovest. La forma di allevamento è il cordone speronato, con densità d’impianto di 5 mila piante per ettaro.

La vendemmia, nel 2013, ha avuto inizio nella prima decade di settembre ed è stata condotta a mano, in cassette. La vinificazione è avvenuta in vasche di acciaio termo-condizionate, a 28-30 gradi. Si è protratta per 12-14 giorni. Fondamentali le continue follature del cappello, grazie a un sistema automatico a pistoni.

Il futuro Rosso di Montalcino Villa Poggio Salvi è maturato 12 mesi in botti di rovere di Slavonia da 30, 60 e 100 ettolitri. L’affinamento in bottiglia è risultato di minimo 2 mesi, prima della commercializzazione.

Quanto all’andamento stagionale, il 2013 è stato un anno molto particolare dal punto di vista climatico. Inverno con temperature nella media, primavera piovosa, estate con pochi picchi di caldo e molte piogge fino a metà agosto.

Settembre perfetto che ha portato ad un annata molto interessante, con uve di ottima struttura e belle acidità. La raccolta è avvenuta con 10 giorni di ritardo rispetto alle medie degli ultimi anni.

Prezzo pieno: 12,90 euro
Acquistabile presso: Il Gigante

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Tenuta Ridolfi e il “brand” Montalcino: l’avventura di Valter Peretti in Toscana

MONTALCINO – Poteva fare il dandy col Prosecco, mettendo il piede fuori di casa. Ma voleva “un territorio puro”. Lontano dalle mode, dai disciplinari dettati dal mercato. Un “brand del vino italiano ancora spendibile”. Con queste premesse non potevano che incontrarsi Giuseppe Valter Peretti e Montalcino. Tenuta Ridolfi, acquistata nel 2011 dal noto imprenditore veneto, titolare della “Conceria Cristina” di Montebello vicentino (VI), è per lui “molto più di una questione di business”.

È il sogno che ha voluto cucirsi addosso. Iniziando a ritagliarne i contorni da più lontano. Proprio come farebbe un sarto. Nel 1992 Peretti sbarca a Larciano, in provincia di Pistoia. Ulivi e qualche ettaro di vigna da Chianti servono a prendere le misure al Brunello. Di lì a 20 anni, “zac”. Il percorso si compie.

A Montalcino, Peretti conosce Gianni Maccari (nella foto sopra) attuale factotum di Tenuta Ridolfi. Uno a cui dare in mano le chiavi del sogno, viste le precedenti collaborazioni con aziende del calibro di Poggio di Sotto, uno dei gioielli di ColleMassari Wine Estates.

Ingenti investimenti sul fronte della tecnologia, sia in vigneto sia in cantina, consentono a Ridolfi di entrare nell’olimpo dei grandi di Montalcino. Oggi la tenuta di Località Mercatali conta 21 ettari, tutti certificati biologici: 13,4 a Brunello di Montalcino, 1 ettaro a Rosso di Montalcino e il resto a Chianti, per ora non prodotto.

Tra le novità introdotte in seguito all’acquisizione dei terreni, un’attenzione green per la produzione, grazie al solo utilizzo di rame e zolfo e di tecniche come la confusione sessuale per contrastare la tignola e il sovescio per riequilibrare la fertilità del terreno.

Pratiche imitate in seguito dalle aziende circostanti Tenuta Ridolfi, tanto da creare un polmone verde nell’areale nord est di Montalcino. L’ottima materia prima, vendemmiata a mano, viene condotta in cantina e selezionata acino per acino, grazie a sofisticati macchinari dotati di selettori ottici.

Diverse le tipologie di legno presenti nella bottaia, che presto sarà ampliata per far spazio a numerose barrique. Una parte integrante della visione del Brunello di Giuseppe Valter Peretti e necessarie, in particolare, per la produzione del “Donna Rebecca”, l’unicum della cantina.

LA DEGUSTAZIONE

Vino Spumante Rosé Brut, Tenuta Ridolfi: 90/100
Numeri in crescita di anno in anno per il Metodo Martinotti (Charmat) di casa Ridolfi. Quest’anno saranno 12 mila le bottiglie, duemila in più della vendemmia 2018, in degustazione. Aumentano anche i mesi di autoclave, da una base iniziale di tre, nel 2016, fino ai 6 dello spumante 2019, in commercio dal prossimo anno.

Uno sparkling ottenuto da uve Sangiovese in purezza, raccolte tramite diradamento delle vigne del Brunello e del Rosso. Molto profumato al naso, tra fiori freschi e frutta rossa, convince ancor più al palato con le sue note precise ed invitanti di ciliegia, lamponi e fragoline.

Non manca una leggera vena minerale, che racconta la presenza di calcare e fossili nei terreni della tenuta. Un Brut da 10 grammi litri di residuo, perfettamente integrati nel sorso. La prova provata che il Sangiovese si può spumantizzare con ottimi risultati (in questo caso in un’azienda di Ravenna, la CPS), come stanno facendo ormai diverse aziende toscane.

Rosso di Montalcino Doc 2016, Tenuta Ridolfi: 93/100
Vino in stato di grazia, specie in una batteria di Brunelli da annata certamente non semplice, come la 2014. Un vino giocato su finezza ed eleganza, col vitigno in prima linea. Rosso rubino di buona luminosità e trasparenza, alla vista.

Al naso molto tipico e fragrante. Ha bisogno di qualche minuto per liberare completamente tutto il ventaglio di profumi: alle note nette di ciliegia e lampone si accostano ricordi di macchia mediterranea, balsamicità, liquirizia e una leggera vena speziata.

Anche in bocca questo Rosso guadagna consistenza e carattere col passare dei minuti. I precisi e croccanti sentori di frutta rossa si legano a una gran freschezza che rende il sorso dinamico, piacevole e di ottima lunghezza.

Brunello di Montalcino Docg 2014, Tenuta Ridolfi: 92/100
Trentasei mesi in botti di rovere di Slavonia da 25 a 35 ettolitri, più un 3% della massa che affina in barrique. Prima della commercializzazione, minimo 12 mesi di riposo in bottiglia. Vino importante e corposo, come nelle attese.

Le lunghe macerazioni e i continui rimontaggi del mosto in acciaio regalano un’estrazione esemplare dei primari del Sangiovese. La leggera ma presente nota vanigliata, specie in chiusura, imbriglia croccantezza del frutto e mineralità, regalando un sorso incentrato su equilibrio e piacevolezza.

Brunello di Montalcuno Docg 2014 “Donna Rebecca”, Tenuta Ridolfi: 91/100
Vino tecnicamente ineccepibile, nel solco dello stile chiesto da Giuseppe Valter Peretti al winemaker Gianni Maccari. Si tratta della “chicca” di Tenuta Ridolfi, prodotta nel 2014 in sole 1.800 bottiglie, in pieno stile borgognone. Un vino pensato per elevare, all’ennesima potenza, l’internazionalità del Sangiovese toscano.

La vinificazione avviene interamente in barrique della Tonnellerie Baron, con fermentazione e macerazione della durata di 90 giorni a temperatura controllata di 26 gradi. Fondamentali i batonnage giornalieri, tramite rotazione dei piccoli contenitori di legno, come vuole la tradizione borgognotta.

Ne risulta un Brunello fuori dagli schemi della Denominazione. Morbidezza e note conferite dal legno dominano un sorso che mostra comunque una buona spalla acida, capace di garantire freschezza ed equilibrio alla beva. Il sorso è suadente, setoso e spiccatamente femminile.

Brunello di Montalcino Docg Riserva 2016, Tenuta Ridolfi: 95/100
Assaggio da botte e non può che essere così, dal momento che il vino sarà in commercio non prima di gennaio 2021, per via del disciplinare di produzione che impone cinque anni di affinamento per la Riserva, uno in più del tradizionale Brunello.

Strepitose le attese: frutto, materia, tannino estremamente elegante e legame col territorio all’ennesima potenza. Il vino che, al momento, sembra esprimere più di tutti le potenzialità di Tenuta Ridolfi a Montalcino.

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