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Sangiovese in Ungheria: azione legale del Consorzio del Brunello di Montalcino

Da una parte un vignaiolo ungherese, innamorato del Brunello di Montalcino tanto da piantare Sangiovese, chiamare un suo vino “Tabunello” e commercializzarlo sul sito web brunello.hu, da lui fondato. Dall’altra il potente Consorzio che tutela il noto vino rosso della Toscana, intenzionato a difendere il nome della Docg al cospetto del rischio di italian sounding. Sono gli ingredienti, in salsa legale, del caso internazionale che si è chiuso nei giorni scorsi tra le due controparti. Con un lieto fine.

Secondo quanto appreso in esclusiva da WineMag.it, il produttore ungherese Csaba Török ha provveduto nelle scorse ore a cancellare definitivamente il portale incriminato e ad eliminare qualsiasi riferimento alla Denominazione italiana in accostamento al Sangiovese Grosso presente nel suo parco vigneti.

Sulla base dell’accordo, la cantina 2HA Szőlőbirtok és Pincészet potrà tuttavia continuare a produrre l’etichetta “Tabunello”, molto nota in Ungheria per essere prodotta con la stessa uva del Brunello di Montalcino, allevata però nella regione Badacsony, a nord del lago Balaton.

È proprio qui, 150 chilometri a est dalla capitale Budapest, che si trovano i due ettari e mezzo di vigneti della cantina ungherese fondata da Csaba Török, che conta sulla consulenza dell’enologo italiano Alfredo Tocchini.

Non certo un colosso. Sono infatti appena 15 mila le bottiglie che 2HA produce ogni anno, con i 3 mila esemplari di “Tabunello” al vertice della piramide qualitativa. Un vino in vendita anche all’estero, a circa 25 euro (in Italia disponibile su vinoungherese.it).

Nessuno ha lavorato quanto il sottoscritto, negli ultimi 10 anni, per far conoscere il Sangiovese in Ungheria – commenta Török nel ricevere in cantina WineMag.it – così come tanti altri vini italiani.

Ho trascorso ore ed ore ad apprendere la storia della viticoltura italiana e delle sue grandi cantine, impiegando parecchie energie nel trasmettere questa mia passione ai miei connazionali: sommelier, giornalisti, esperti e appassionati”.

Proprio per questo, il vignaiolo ungherese si dice “colto di sorpresa” dalle lettere del Consorzio di Tutela del Brunello di Montalcino, rappresentato da uno studio legale di fama internazionale come Tonon – Lo Vetro & Partners. Una vera e propria istituzione nel campo del Diritto civile, del Lavoro e Industriale, con sedi a Milano, Roma, New York, La Paz e Buenos Aires.

Gli avvocati Danilo Tonon, Andrea Kordi, Francesca Parato e Marta Lauria hanno avuto la meglio in via conciliativa. “È inimmaginabile il numero di consigli che ho dato in questi anni, qui in Ungheria, a professionisti e non solo, intenzionati ad assaggiare vini italiani e visitare cantine italiane”.

“Posso definirmi senza dubbio un ambasciatore del vino toscano in Ungheria e per questo sono un po’ deluso dall’azione legale intrapresa nei miei confronti”, si lascia scappare il vignaiolo, mentre mostra a WineMag.it le piante di Sangiovese che crescono rigogliose dal 2003 sulla pittoresca collina di Hegymagas, letteralmente “Montagna alta”.

Csaba Török avrà comunque modo di consolarsi. Il Consorzio di Tutela del Brunello lo ha invitato a visitare Montalcino e la Toscana. Dal canto suo, il vignaiolo ungherese si è reso disponibile a organizzare un tour del Balaton, con i rappresentanti dell’ente italiano. Con cosa si brinderà all’incontro? Un buon rosso, magari d’annata, è in testa alle previsioni dei bookmakers.

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Montecucco: la bomboniera della Toscana. Dieci vini per conoscerla (e amarla)


MILANO –
Carta e penna. Si scrive la lista della spesa del vino della “nuova” Toscana. Una bomboniera, ancora tutta da scoprire. Chi è a caccia del rapporto “qualità prezzo” nella regione non può più fare a meno dello “scaffale” della Doc Montecucco.

Lo ha confermato la trasferta milanese di 15 produttori, in degustazione lunedì 25 al Westin Palace Hotel. Un evento organizzato dal Consorzio Tutela Vini Montecucco, in collaborazione con l’Associazione italiana sommelier meneghina.

Sono sette i Comuni della Doc, che si concentra principalmente sul Sangiovese Grosso (non a caso Docg dal 2011) e su vitigni internazionali come Cabernet e Syrah. La parte del leone della bacca bianca spetta al Vermentino, che in verità non convince come quello della Costa Tosacana.

La vocazione naturale del Montecucco è per i rossi, come conferma la possibilità di produrre anche Brunello e Morellino di Scansano, almeno su una parte dell’areale della Doc. Un territorio che produce vini di qualità, perfetti per la ristorazione e per il consumatore a caccia di etichette degne della grande tradizione vitivinicola Toscana, senza per questo svenarsi.

Quanto durerà? Per molto tempo ancora, si spera. Il “sistema Montecucco“, tra l’altro, è riuscito a trovare il proprio equilibrio e la propria dimensione a scaffale senza snaturarsi, o sfruttare intensivamente il territorio.

Come ha evidenziato il caporedattore centrale del Corriere della Sera, Luciano Ferraro, conduttore di una masterclass sui vini di Montecucco, “la Denominazione ha da sempre una grande sensibilità ambientale, come dimostra il 70% della produzione certificata biologica”.

“Avventurandosi nei territori del Montecucco non è difficile imbattersi in scorci di natura incontaminata – ha aggiunto Ferraro – in cui la coltura della vite si inserisce in maniera armonica col resto delle attività agricole e di allevamento”.

I MIGLIORI ASSAGGI DI MONTECUCCO DOCG E DOC
Una Denominazione sana, dunque. Lo ha dimostrato ampiamente il banco di degustazione al Westin Palace di Milano. Molte aziende, tra l’altro, si trovano al cambio generazionale. La propensione all’estero, anche grazie alle nuove “leve” sta facendo conoscere Montecucco fuori dai confini toscani.

Ad oggi, il 60% della produzione finisce all’estero, con Usa e Germania sul podio. Le 67 aziende produttrici del Consorzio raggruppano poco più di 500 ettari di vigneto su una superficie vitata di circa 800 ettari:  poco più 1,2 milioni di bottiglie su una produzione complessiva di 1,8 milioni l’anno.

Montecucco Sangiovese Docg Riserva 2015, Otto Ettari: 91/100
L’azienda più interessante della Denominazione, se non altro in termini di prospettiva. Prima vendemmia nel 2015 e già una Riserva di Sangiovese commovente: 5 mila bottiglie in totale su una produzione di 40 mila.

Si tratta di un “cru”, dotato di un gran bel corpo, struttura, sapidità. Pregevole e lunga la chiusura, su tinte speziate. Il tutto dopo un naso che anticipa la gran precisione del sorso, su note fruttate e richiami di liquirizia.

A firmare questa etichetta è un giovane enologo di cui conviene appuntarsi il nome: Jacopo Vagaggini. Formatosi alla Faculté d’Oenologie de Bordeaux, si sentirà parlare molto di lui in futuro. Scommettiamo?

Montecucco Sangiovese Docg 2015, Le Maciarine: 90/100
Gran freschezza e mineralità: questo il filo conduttore dei vini de Le Maciarine. Dopo l’ottima prova del Montecucco Doc 2013, lascia ancora più il segno il Sangiovese 2015 con i suoi tannini vivi, ammansiti da un anno in tonneaux di rovere francese.

Montecucco Sangiovese Docg Riserva 2015, Campi Nuovi: 90/100
Il vino che riesce più di qualsiasi altro in degustazione a Milano a far comprendere le potenzialità internazionali della piccola Doc toscana, senza perdere per questo tipicità. Un vino bandiera del Montecucco. Ottima anche la vendemmia 2013 di questa Riserva, di cui restano appena 700 bottiglie.

Montecucco Sangiovese Riserva Docg 2011 “Viandante”, Tenuta L’Impostino: 89/100
Gran frutto e bevibilità per questa Riserva che mostra le ottime capacità di affinamento “in vetro” del Sangiovese di Montecucco. Un sorso connotato ancora da una gran freschezza, che costituisce la spina dorsale del “Viandante”.

Montecucco Rosso Doc 2015 “Albatreto”, Pierini e Brugi: 89/100
Una vera e propria “chicca” questo Sangiovese impreziosito da un sapientissimo tocco di Syrah. E’ il vino più interessante portato Milano da un piccolo produttore: 4 ettari, 10 mila bottiglie complessive, produzione bio certificata.

Frutto, spezia, richiami alla macchia mediterranea corrispondenti tra naso e palato, che chiude su un tannino vivo, di prospettiva. Splendido, sempre di questa cantina, anche il Montecucco Doc Riserva 2013 “Sugherettaio”.

Montecucco Sangiovese Docg 2016, Montenero: 88/100
Vinificazione in cemento, affinamento in rovere francese e 9 mesi di bottiglia per questo cru da vigne di 40 anni, che affondano le radici a 400 metri sul livello del mare. Si tratta di un clone particolare di Sangiovese, con grappoli più piccoli rispetto a quelli classici.

Messo da poco sul mercato, già racconta una bella storia fatta di frutti di bosco, al naso. Al palato, oltre al frutto, si evidenziano richiami erbacei di macchia mediterranea, una mineralità salina e un tannino di prospettiva. Legno che deve ancora integrarsi al meglio. Vino (e cantina) da tenere in grande considerazione per il futuro.

Montecucco Sangiovese Docg Riserva 2012 “SottoCasa”, Poderi Firenze: 88/100
Sua maestà la bevibilità, espressa al meglio in questo calice di Poderi Firenze, che della freschezza del sorso fa il proprio credo. Terreni alcalini e scelta della botte di rovere di Slavonia da 40 ettolitri sono i segreti di Matteo Meloncelli, per domare i tannini del Sangiovese senza banalizzare il calice.

Montecucco Doc Vermentino 2016 “Irisse”, ColleMassari: 87/100
Quando stai per gettare la spugna sui bianchi di Montecucco, ecco la luce. Un Vermentino impreziosito da un 15% di Grechetto, vendemmia 2016. Bel frutto, salinità e utilizzo sapiente del legno per un vino di grande gastronomicità.

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