In occasione della vendemmia 2024, i vigneti del Centro-Loira hanno affrontato sfide climatiche straordinarie, tra piogge costanti che hanno favorito la peronospora, ma anche gelate e grandinate. Tuttavia, grazie al sole di agosto e alle escursioni termiche, il “millesimo” è promettente. Lo riferisce il Bureau Interprofessionnel des Vins du Centre-Loire. Fabrice Doucet, direttore ed enologo consulente del Servizio interprofessionale di consulenza agronomica, enologica e analisi del Centro (SIVAC), si spinge oltre: «A memoria d’uomo, l’annata 2024 non ha precedenti. Tra la pioggia, che non ha dato tregua ai viticoltori durante la primavera e l’inizio dell’estate, il gelo e la grandine, i vigneti del Centro-Loira non sono stati risparmiati».
I VINI 2024 DEL CENTRO LOIRA
La speranza di una buona annata però persiste, grazie al sole di agosto e ad un’escursione termica tra la mattina e la giornata che favorisce la maturazione delle uve. La vendemmia 2024 in Centro Loira risulta posticipata rispetto agli anni precedenti. Nonostante il forte impatto della peronospora, che ha ridotto i raccolti, si prevede un ritorno a vini dal profilo più classico, freschi e fruttati, segnando un’eccezione rispetto ai millesimi recenti, che hanno dato mosti e vini più densi e zuccherini. Le previsioni del Bureau Interprofessionnel des Vins du Centre-Loire riguardano pregiate denominazioni francesi, rinomate in tutto il mondo, come Sancerre, Pouilly-Fumé, Menetou-Salon, Quincy, Reuilly, Coteaux du Giennois, Châteaumeillant, Pouilly-sur-Loire, Côtes de la Charité e Coteaux de Tannay.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Si scrive “Walter Massa”, si legge “Timorasso”. Anzi: oggi, più che mai, “Derthona”. Ma cosa succederebbe se il re del vino dei Colli Tortonesi decidesse di gettare la spugna?
La notizia shock in esclusiva al microfono di vinialsupermercato.it: “Non ci sto più dentro e nel 2018 cambio lavoro. Faccio ancora due vendemmie. Poi la mia azienda andrà avanti coi miei nipoti o con qualcun altro. Ma non vi dico che lavoro farò! Dico solo che devo prendere tanti voti per cambiare lavoro”.
Fermi tutti. Seduti. Un sorso d’acqua. Fatto? Bene. Flashback. Sulla terrazza di piazza Casponi 10, a Monleale, quartier generale alessandrino del vignaiolo che ha avuto il merito di rilanciare il Timorasso in Piemonte e nel mondo, sono da poco passate le 17.30 di domenica 19 giugno.
Un pubblico di appassionati di vino affolla la casa del guru in occasione di Quatar Pass per Timurass, la (riuscitissima) quarta tappa del tour organizzato da Slow Food Piemonte – Cantine a Nord Ovest. Strappiamo letteralmente Massa dalla ressa. E ci facciamo concedere un’intervista. Parliamo del rapporto tra vino e grande distribuzione. Un argomento su cui il re dei Colli Tortonesi mostra un’inaspettata apertura.
“Il mio è un progetto ambizioso e quindi cerco di stare sui canoni, come li definiscono quelli che hanno studiato, dell’horeca. Però il vino è un prodotto per il quotidiano, da sempre. E quindi va messo alla portata di tutti: va distribuito in maniera diligente e rispettosa. Ci sono dei supermercati che hanno fatto investimenti diligenti sul vino e io li rispetto tantissimo. Poi, finché riesco e se riesco, cerco di starne fuori. Ma apprezzo davvero chi ha fatto grandi sforzi per rendere alla portata di tutti i vini agricoli e i vini di qualità”.
“Siamo tutti uguali, la carne è debole. Quando vendi, quando tiri, quando sei di moda – ammette Massa – fai il fenomeno e magari ti permetti di dare il vino solo a chi te lo paga anticipato, alle grandi enoteche, ai ristoranti stellati. Poi, appena comincia a mancarti qualcosa o a entrarti in società qualcuno che preme per il fatturato e per il business, paventando la possibilità che l’azienda possa altrimenti chiudere, ti fermi un attimo e ti rendi conto che forse bisogna dire basta alla filosofia. E di filosofi siamo tanti, nel vino, in Italia”.
“Il vino – prosegue Walter Massa – deve essere sempre il seguito di un pensiero. Un pensiero che va sostenuto. Questo si ottiene solo con delle scelte e io ho fatto le mie: cerco di differenziare i prodotti, di tenerli sotto controllo… Poi sarà sempre la legge della domanda e dell’offerta, la legge degli uomini, la legge della fortuna a prevalere su tutto. Io penso di essere più che la mia fortuna, la fortuna di un territorio. Qui ho trovato tanti colleghi con cui ho un bel feeling e con cui sto cercando di recuperare un gap storico. A Savona, dieci anni fa, pensavano che a Tortona neppure si facesse il vino. Oggi, che si fa il vino a Tortona, lo sanno i salotti buoni che ci sono a Hong Kong, piuttosto che a Tokio, piuttosto che a New York o nel nord Europa”.
LA SVOLTA Proprio per questo, secondo Massa, è arrivato il momento di svoltare. Di cambiare prospettiva. “Adesso – evidenzia – dobbiamo anche pensare a un Timorasso, anzi meglio a un Derthona, per tutti. Io ho fatto il Petit Derthona copiando dal Petit Chablis, perché voglio difendere al massimo il Timorasso”.
“Non voglio che il Timorasso sfuso sia alla mercé di gente che col vino centra come io centro con gli aeroplani. Come? Imbottigliandolo io, fino all’ultima goccia. Pensate che un Lugana sfuso vale 4,50 euro al litro, quando una Barbera del mio vicino di casa un euro al litro: questa è pazzia, è una cosa vergognosa. Non per il Lugana, ma per il Barbera”.
“Il Gavi sfuso – sottolinea Massa – vale 3 euro al litro! E io non voglio che il Derthona sfuso esista! Perché noi del Derthona siamo tutte aziende con un know how in cantina per imbottigliare il vino e vogliamo far sì che, se il Derthona a casa mia esce a 10 euro, il Petit Derthona esca dalla mia cantina a 6 euro. E il consumatore, sugli scaffali, trovi il Petit a 7-8 euro, e il Derthona a 15-16 euro”.
Un’apertura alla Gdo? “Non nel mio caso – precisa Massa – perché il Petit Derthona è l’ultimo prodotto a cui io penso. Quando ho fatto tutte le selezioni per i cru e per il Derthona, quello che avanza diventa Petit Derthona. Lo dichiaro al mio distributore e mi auguro che lo gestisca come tale. Dobbiamo smetterla di fare i commercianti falsi, noi del vino”.
“Se finisco il mio vino e lo vado a comprare dal mio vicino – aggiunge Massa – finisce la filosofia, la poesia del vignaiolo indipendente. Il vignaiolo è indipendente quando può mandare tutti a cagare e andare al mare, la terza domenica di giugno. Non star qui a mendicare o a dare a retta a tutti. Lo faccio volentieri, ma il vignaoiolo indipendente è tale quando dice che va nella vigna e ci va davvero! Io vado in cantina, vado in vigna, vado in giro a raccontare fiabe ma, soprattutto, sono sempre in prima linea come uomo. La cosa è semplice: o siamo contadini, o siamo commercianti. Questo è quello che detesto del pianeta vino in Italia. La mia partita è fare il versus: versus Borgogna, versus Reno, versus Sancerre, versus Verdicchio, versus San Gimignano, versus Collio, versus Gavi. Io voglio che il Derthona entri nell’olimpo dei grandi bianchi del mondo”.
IN VINO POLITICA Massa ha voglia di parlare e ci incalza con risposte sempre più piccate. Risposte che fanno solo lontanamente presagire un finale shock. “Come fondatore della Fivi (Federazione italiana vignaioli indipendenti, ndr) – continua il re dei Colli Tortonesi – assieme ad altri 300 grandi uomini italiani, alcuni grandi vignaioli e alcuni grandi del vino, ho dovuto fare esattamente come De Gasperi e Togliatti: per tenerci lontana la Russia abbiamo dovuto parlarci e inventare una Democrazia Cristiana che avesse dentro tutti. Dai latifondisti agli operai, dai cattolici ai partigiani. Dagli ex partigiani, ai fumatori e agli astemi! Quindi nella Fivi, per adesso, troviamo tutto quello che in Italia si chiama ‘Azienda agricola’, che comprende anche chi può fatturare il 49% del totale. E’ una cosa che, col cuore, definirei vergognosa. Ma con il cervello non posso che giudicare quale passaggio indispensabile. Adesso metteremo delle regole un po’ più rigide”.
“Io sono al quarto mandato – continua Massa – e al secondo da vice presidente. Il patto è quello di stringere le maglie. Perché io voglio lavorare per i grandi, non per i grossi. E i grandi sono anche quelli che hanno due ettari di vigna e fanno mangiare una famiglia intera, la loro. Facendo al contempo grande l’Italia intera nel mondo. Perché l’Italia la fa bella Salvatore Ferrandes, a Pantelleria, come la fa bella Anselmet o Lo Triolet, o Zidarich, o Dirupi. In Valle D’Aosta, nel Carso o in Valtellina. Ho messo in croce l’Italia, come piace a me metterla in croce”.
Ma è quando si parla di e-commerce che Walter Massa non ci vede più: “Se ti cercano, ti comprano, ti vogliono, perché nascondersi? Io, intanto, sto con chi, in Inghilterra, vuole uscire dalla Ue. Perché mandare il vino nella Ue è un lavoro, mandare il vino a Singapore, in Giappone, in Russia, in Norvegia è un gioco? Ti vessano, dicendoti che devi fare una bolla solo per far mangiare qualche essere dannoso all’economia e al Pil italiano. Per me il lavoro non è solo un diritto, ma soprattutto un’opportunità. E, quindi, noi dobbiamo far sì che il vino in Europa giri liberamente”.
“Disfiamo questa Europa – attacca Walter Massa – è ora di dire basta. O, piuttosto, rimettiamola a posto. Tutte queste barriere, tutta questa burocrazia, non è altro che una presa per il culo per mandare i D’Alema della situazione a prendere uno stipendio”. Fine del flashback. A questo punto Massa vuota il sacco. E fa presagire come Montecitorio (nome di un vigneto Massa) e Anarchia Costituzionale (nome di un suo vino), possano essere molto più di un messaggio subliminale.
“Di certo dico subito che non andrò con i Cinque Stelle – precisa il vignaiolo – anche se per Roma faccio il tifo per Virginia Raggi e non certo per Orfini. I partiti istituzionali vanno messi al loro posto, lasciando i bastardi, i falliti e quelli in via di fallimento a casa, al posto di farsi salvare come sempre dalla politica”. Il mondo del vino trema. E forse, da oggi, anche quello della politica. Situazione meteo: uragani su Roma, provenienza Piemonte.
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