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Angeli e demoni: vino vs energy drink

angeli e demoni vino vs energy drink Per rilanciare i consumi di vino serve un patto tra produttori, Consorzi e Gdo caso red bull esselunga
EDITORIALE – La grande distribuzione organizzata (Gdo) ha sempre avuto un ruolo strategico nel panorama enogastronomico italiano, rappresentando un ponte tra i produttori e il grande pubblico. Eppure, il settore del vino sembra essere stato relegato a un ruolo secondario nei piani delle principali insegne, che preferiscono inseguire – con facilità tanto disarmante quanto anti-culturale – trend commerciali di dubbia utilità sociale. L’ultimo è quello degli energy drink. Bevande con alto contenuto di caffeina e zuccheri che promettono, in tv, di «mettere le ali». E, al supermercato, col benestare scellerato di buyer e dirigenti d’azienda, di offrire «energia per la giornata» in momenti come «guida, lavoro, tempo libero, sport, studio» e, udite bene, «festa». Un’indicazione gravissima, che potrebbe indurre i consumatori a pensare si tratti di qualcosa di assimilabile, o addirittura sostituibile, a una medicina o ad un integratore.

VINO VS ENERGY DRINK: SERVE UNA SVOLTA, ANCHE A SCAFFALE

Non finisce qui. La testata promozionale di Red Bull, con la cartellonistica appena descritta – testi e grafiche ovviamente scelti da Red Bull, ma a cui Esselunga ha dato il benestare – è stata allestita proprio accanto alla testata dedicata in continuativo ai vini spumanti. Questa, però, sprovvista di qualsiasi “call to action“, limitandosi alla scritta «Champagne – Spumanti». D’altro canto, qualsiasi invito a “stappare” vino sarebbe condannato da qualche sentenza di qualche Tribunale di periferia, che potrebbe rifarsi direttamente alle ultime indicazioni di Bruxelles e dei burocrati che stanno provando a cancellare – a suon di etichette e controversi studi scientifici – ogni traccia della funzione sociale e culturale della viticoltura e del vino, in Italia e in Europa. Il tutto senza preoccuparsi minimamente di distinguere tra “consumo consapevole” e “abuso” di alcolici: due mondi diametralmente opposti.

La questione è tanto economica quanto culturale. Mentre il consumo di vino diminuisce, specie tra le nuove generazioni, la promozione sfrenata di energy drink – spesso destinati a un pubblico molto giovane – continua senza sosta, nonostante i comprovati rischi per la salute associati a questi prodotti. Elevati livelli di caffeina, zuccheri e altri stimolanti chimici sono consumati senza alcuna regolamentazione stringente, spesso anche dai minorenni. Questo avviene nel silenzio generale delle istituzioni e della gran parte dei media, foraggiati dalla pubblicità dei colossi che producono queste bevande. Mentre il vino, anche in quantità moderate, è spesso oggetto di stigmatizzazione.

SERVE UN CAMBIO DI PARADIGMA: IL VINO NON È SOLO SOLO UN PRODOTTO

Ma la Gdo potrebbe cambiare questo scenario, trasformandosi da semplice piattaforma commerciale a promotrice di cultura e tradizione. Il vino non è solo un prodotto. È una narrazione di territori, persone e storie. La grande distribuzione ha gli strumenti – e la capillarità – necessarie per riportarlo al centro delle tavole delle famiglie italiane. Stimolando un consumo responsabile e consapevole. Per farlo, però, è necessario un cambio di paradigma: non più semplicemente assecondare le mode di mercato, ma investire in progetti che promuovano il valore del vino, là dove la gente fa la spesa.

Questo potrebbe avvenire attraverso una stretta alleanza tra produttori di vino e le insegne della Gdo. Immagino corner dedicati al vino in ogni punto vendita, con informazioni sui territori di provenienza e sulle cantine, ancor più che sulle caratteristiche organolettiche dei prodotti. Quanto bello sarebbe poter trasformare qualche angolo dei nostri supermercati in “musei” di cultura enologica, in cui spiegare le peculiarità delle regioni vinicole, a rotazione, da Nord a Sud.

FIDELIZZAZIONE E CULTURA: IL VINO UNISCE, NON DIVIDE

Un progetto simile, con investimenti mirati di Consorzi e istituzioni del mondo del vino, non sarebbe solo un atto di responsabilità sociale, ma anche una grande opportunità commerciale per la Gdo. Il vino, di fatto, è un prodotto che stimola la fidelizzazione. Il cliente che sceglie una buona bottiglia, comprendendone l’origine, tornerà per ricomprarla, o per esplorare nuove frontiere. E con lui tornerà l’interesse per la cultura gastronomica, con cui contagiare amici e parenti. L’alleanza tra produttori di vino e Gdo potrebbe rappresentare una risposta concreta e ambiziosa a queste sfide.

È il momento di agire e di abbattere una volta per tutte le limitanti barriere che ancora esistono, in Italia più che altrove, tra il segmento Gdo e l’Horeca. E serve agire in fretta, prima che il vino italiano venga ulteriormente relegato ai margini del mercato, mentre prodotti ben più discutibili – come gli energy drink – continuano a prosperare senza freni. La Gdo ha la forza e i mezzi per fare la differenza ed è ora che se ne assuma la responsabilità. Per il bene del vino, della cultura e del futuro dei nostri vigneti.

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Effetti consumo vino e alcol sulla salute: una ricerca americana cambia tutto

Il dibattito negli Stati Uniti sul legame tra consumo di alcol e salute si arricchisce di nuovi elementi grazie al rapporto “Review of Evidence on Alcohol and Health” della National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine (NASEM), uno dei più autorevoli organi scientifici statunitensi. Il risultato è una revisione completa delle evidenze scientifiche sugli effetti del consumo di alcol sulla salute. Questo studio, tra i più importanti nel panorama scientifico internazionale, fornisce una revisione approfondita delle evidenze disponibili sugli effetti del consumo di alcol, distinguendo in modo chiaro tra consumo moderato e abuso.

Il rapporto evidenzia come un consumo moderato di alcol possa essere associato a benefici cardiovascolari e a una riduzione del rischio di mortalità generale. Tuttavia, conferma anche un aumento del rischio di tumore al seno e sottolinea la necessità di ulteriori ricerche per approfondire il legame con altre patologie oncologiche. Il rapporto completo è disponibile al seguente link.

«BEN OLTRE L’ALLARMISMO DELL’OMS»

Questa revisione introduce una prospettiva più articolata rispetto alle posizioni più allarmistiche adottate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dal Surgeon General USA, evidenziando con maggiore chiarezza la distinzione tra consumo moderato e abuso di alcol. Il rapporto NASEM ribadisce, inoltre, l’importanza di condurre ulteriori studi per approfondire il legame tra consumo moderato di alcol e il rischio di specifiche patologie, al fine di colmare le attuali lacune conoscitive. Le evidenze emergenti potranno contribuire a definire raccomandazioni più dettagliate e mirate nelle future Dietary Guidelines for Americans, supportando lo sviluppo di politiche di salute pubblica fondate su dati scientifici aggiornati e rigorosi.

GIACOSA (IRVAS): «ANALISI SCIENTIFICA EQUILIBRATA»

A commentare il rapporto è il professor Attilio Giacosa, presidente di IRVAS, l’Istituto per la Ricerca su Vino, Alimentazione e Salute, nato per promuovere e facilitare la diffusione della conoscenza e dell’informazione di temi riguardanti la dieta mediterranea e il consumo moderato e consapevole di vino, in rapporto ad una corretta alimentazione, alla salute e al benessere della popolazione, salvaguardando e valorizzando la cultura del territorio. «Il rapporto della National Academies of Sciences – sottolinea Giacosa – propone un’analisi scientifica più equilibrata sul consumo di alcol, distinguendo in modo chiaro tra consumo moderato e abuso. I principali rischi per la salute emergono infatti in relazione a un consumo eccessivo e prolungato.

Allo stesso tempo, il rapporto evidenzia la necessità di approfondire ulteriormente i potenziali rischi associati al consumo moderato, in particolare per alcune patologie oncologiche. «Le politiche di salute pubblica – aggiunge Attilio Giacosa – devono riflettere questa complessità, promuovendo un’informazione chiara e completa che consenta ai cittadini di compiere scelte consapevoli e responsabili. Se da un lato la ricerca scientifica deve continuare a indagare i possibili rischi legati al consumo moderato di alcol, dall’altro è essenziale evitare di demonizzare comportamenti che, se inseriti in uno stile di vita sano ed equilibrato, possono non comportare effetti negativi. Serve equilibrio e responsabilità, tanto nella comunicazione quanto nell’elaborazione delle politiche di salute pubblica». IRVAS NASEM

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Alcol dannoso per la salute, come le sigarette: l’Irlanda tira dritto


L’Irlanda tira dritto nella sua decisione di equiparare l’alcol, vino compreso, alle sigarette. Ieri il governo di Dublino ha notificato all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) la bozza di regolamento della legge irlandese sulla salute pubblica (Ireland’s Public Health / Alcohol Act 2018) che stabilisce le regole per l’etichettatura delle bevande alcoliche, compreso l’uso di avvertenze sanitarie (health warnings). Il tutto nonostante la forte opposizione di diversi Paesi europei, tra cui Italia, Francia e Spagna, che giudicano le misure «incompatibili con il diritto dell’Unione europea». La procedura dell’OMC è l’ultimo passo procedurale prima che l’Irlanda possa adottare la legislazione.

«L’Irlanda – commenta Ignacio Sánchez Recarte, segretario generale del CEEV Comité Européen des Entreprises Vins – ha deciso di non cambiare una sola virgola della bozza notificata all’OMC, nonostante il fatto che ben 13 Stati membri (Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia e Spagna) abbiano espresso commenti critici sul disegno di legge irlandese durante il processo di consultazione dell’Ue nell’ambito della procedura TBT. Ci si potrebbe chiedere a cosa serva la procedura di consultazione TRIS!».

LEGGE SULL’ALCOL: IRLANDA CONTRO 13 STATI MEMBRI

La bozza di regolamento irlandese è chiaramente incompatibile con il diritto dell’UE e persino le autorità irlandesi lo hanno riconosciuto, con umorismo, durante un evento sul cancro organizzato dalla Presidenza svedese il 1° febbraio. Anche winemag.it dimostra come il Drinks Calculator – strumento ufficiale del governo irlandese – consideri il consumo moderato di alcol non dannoso e addirittura favorevole alla salute.

Vino ed Health Warnings in Irlanda: così il cane si morde la coda su consumo e abuso di alcolici

«Di recente siamo stati sottoposti a un processo di valutazione da parte dell’UE perché chiaramente ciò che stavamo facendo violava in qualche modo il mercato unico. […] Siamo molto grati e in qualche modo sorpresi che la nostra proposta abbia superato con successo il processo di valutazione dell’UE. In qualche modo sorpresi è un eufemismo», ha spiegato il rappresentante irlandese. La legislazione armonizzata e il mercato unico dell’UE sono due delle più grandi conquiste dell’Unione europea e dei principali vantaggi per le imprese e i cittadini dell’UE.

«Sono la pietra miliare della sostenibilità economica delle aziende vinicole dell’UE – ricorda Ceev – il 99% delle quali è costituito da piccole e microimprese che non possono affrontare regimi di etichettatura diversi in ogni singolo Stato membro. Le parti interessate, gli Stati membri dell’UE e la stessa Irlanda sono consapevoli che la bozza di regolamento mette a rischio il mercato unico dell’UE. Tutti, tranne la Commissione europea».

IL SILENZIO DELLA COMMISSIONE EUROPEA

Un terzo degli Stati membri dell’UE ha esortato la Commissione, attraverso una lettera comune inviata qualche giorno fa, a impegnarsi in «discussioni approfondite con le autorità irlandesi al fine di evitare barriere commerciali e mantenere l’uniformità e la fluidità del mercato unico, garantendo al contempo un’adeguata informazione ai consumatori».

Ma in questo caso, denuncia il Comité Européen des Entreprises Vins, la Commissione «non ha dimostrato alcuna volontà di agire in difesa dei Trattati UE, del mercato unico e della propria legislazione comunitaria».

«È giunto il momento – attacca ancora Ignacio Sánchez Recarte – che i partner internazionali a livello di OMC sollevino nuovamente le loro preoccupazioni in merito alla proposta irlandese. L’Irlanda li ascolterà o rimarrà sorda come lo è stata ai commenti dei partner dell’UE? Ho forti dubbi su qualsiasi reazione. In assenza di un’azione da parte della Commissione europea, si può fare ben poco. Credo che solo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea sia in grado di difendere l’UE in questa fase».

PALLINI (FEDERVINI): «APPORCCIO DEMONIZZANTE DELL’IRLANDA»

Per un’Europa immobile, un’Italia che inizia a fare nuovamente la voce grossa. Ad intervenire sull’argomento è Micaela Pallini, presidente di Federvini, che fa appello al Governo italiano: «Dopo avere guidato la battaglia in Europa invitiamo il Governo Meloni a fare altrettanto al livello di OMC, creando una coalizione di Paesi a sostegno delle nostre posizioni».

«La proposta irlandese – attacca Pallini – è basata su un approccio demonizzante delle bevande alcoliche, con indicazioni sanitarie che non distinguono tra consumo moderato e abuso. Non a caso questa proposta, presentata alla Commissione Europea nei mesi scorsi, ha ricevuto il parere contrario di ben 13 Stati Membri».

«Purtroppo – continua Pallini – l’immobilismo della Commissione Europea ha di fatto creato un via libera alla normativa irlandese che oggi, come ultimo ostacolo, deve superare solo le eventuali riserve dell’organizzazione che gestisce il commercio mondiale. L’Irlanda ha deciso di non modificare una sola virgola della bozza notificata all’OMC, nonostante la forte contrarietà di molti Paesi».

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Vino ed Health Warnings in Irlanda: così il cane si morde la coda su consumo e abuso di alcolici


EDITORIALE – Al netto delle polemiche delle ultime ore sembra incredibile, ma anche in Irlanda si ammette che l’abuso di alcol è diverso dal consumo moderato di alcolici. A dispetto delle generiche avvertenze sanitarie (gli Health Warnings) che il governo irlandese vorrebbe apporre sulle retro etichette di qualsiasi bevanda alcolica, compreso il vino, il portale istituzionale di riferimento sull’alcol in Irlanda fa una netta distinzione tra abuso e consumo.

Un dettaglio non di secondo piano, perché è proprio su questo punto che si concentra la rivolta dell’industria del vino italiano contro il «pericoloso precedente» e «l’effetto cascata» che potrebbe innescare il provvedimento di Dublino, in altri Paesi europei. Senza contare le ripercussioni sul libero scambio delle merci nell’Ue.

CONSUMO O ABUSO? DRINKS CALCULATOR SBUGIARDA LE AVVERTENZE GENERICHE

Basta collegarsi al “Drinks Calculator” del portale askaboutalcohol.ie, sito che risponde all’Health Service Executive (HSE), organizzazione che ha il compito di gestire tutti i servizi sanitari pubblici in Irlanda, sotto l’egida diretta del Ministero della Salute, per rendersi conto che il “consumo moderato di alcolici” è contemplato tra le risposte.

Ho provato ad inserire dei dati e questo è stato il risultato: «You are under the recommended weekly low-risk alcohol guidelines. Low-risk drinking reduces the risk of alcohol-related problems». Tradotto: «Sei al di sotto delle linee guida settimanali raccomandate per il consumo di alcol a basso rischio. Il consumo di alcol a basso rischio riduce il rischio di problemi legati all’alcol».

«CONSUMO DI ALCOL A BASSO RISCHIO» E «BENEFICI A LUNGO TERMINE»

A differenza delle avvertenze sanitarie che il governo irlandese vorrebbe apporre in maniera sistematica su tutte le bottiglie di alcolici, equiparandoli sostanzialmente alle sigarette, il “Drinks Calculator” ammette che esiste una correlazione tra abuso e patologia. E, dunque, una differenza tra consumo (moderato) e abuso. Ma la risposta del “Calcolatore di bevute” del portale che risponde al Ministero della Salute irlandese si spinge oltre.

Sulla base dei dati da me inseriti, ricorda che: «Bere entro le linee guida settimanali raccomandate per l’alcol a basso rischio ha benefici a lungo termine. I benefici includono la riduzione del rischio di pressione alta e ictus, depressione, ansia. Sette tipi di cancro, malattie del fegato, molte altre patologie legate all’alcol».

Una risposta che fa a pugni con gran parte delle «Health warnings» allo studio in Irlanda (potrebbero entrate in vigore entro 3 anni) e che, anzi, fa il paio coi princìpi della Dieta Mediterranea, Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità da ormai 13 anni. Eccone solo alcune: «Bere alcolici aumenta il rischio di sviluppare tumori»; «Bere alcolici causa tumori al fegato»; «C’è un collegamento diretto tra consumo di alcolici e tumori mortali». Insomma, prima di allarmare l’Europa, sarebbe bene che in Irlanda si facesse la pace. Tra burocrati e medici. Prosit.

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Forum Mondiale delle Cooperative Vitivinicole: «Il vino non è dannoso per la salute»


Il vino «non va equiparato alle altre bevande alcoliche e non va demonizzato». Perché è un «alimento alla base della dieta mediterranea da più di 8 mila anni, prodotto partendo da un solo ingrediente, l’uva». E «non viene realizzato tramite una ricetta come invece accade per la birra e i super alcolici». Sono questi i concetti sostenuti dal sistema vino internazionale riunito da ieri in Romagna nell’ambito del Forum Mondiale delle Cooperative Vitivinicole organizzato da Caviro, alla presidenza del gruppo per il 2022.

«A causa di un approccio semplicistico e non supportato da dati – ha evidenziato Carlo Dalmonte, presidente di Caviro – in Europa, ma anche in numerosi altri Paesi del mondo, si sta delineando una scuola di pensiero che accusa anche il vino di essere dannoso per la salute al pari delle altre bevande alcoliche. Questo minaccia la sopravvivenza di un settore che affonda le radici nella nostra cultura e nella nostra storia e che sostiene la biodiversità e l’economia di molti Paesi».

I rappresentanti delle principali cantine sociali di Italia, Spagna, Francia, Uruguay, Cile, Argentina, Portogallo e Brasile hanno quindi deciso di unire le forze e coinvolgere nel dibattito esponenti del mondo scientifico e politico internazionale. Lo hanno fatto nell’ambito della due giorni organizzata in Romagna e continueranno a farlo nei prossimi mesi con azioni di sensibilizzazione dell’opinione pubblica.

CONSUMO DI ALCOL E ALCOLISMO VANNO DISTINTI

«Dagli studi che ho fatto nel corso di tutta la mia vita posso dire che bere vino con moderazione è salutare e fa vivere più a lungo. L’eccesso nel consumo di alcol è dannoso», ha detto Attilio Giacosa, Direttore Scientifico del Dipartimento di Gastroenterologia del Gruppo Sanitario Policlinico di Monza intervenuto al Forum.

Il riferimento è agli studi che ne analizzano il processo biotecnologico di fermentazione e dal quale si ricavano nutrienti (antocianine, polifenoli, procianidine, resveratrolo) «importanti per il buon funzionamento dell’organismo umano».

La motivazione alla base del movimento politico contro l’alcol c’è il problema dell’alcolismo che affligge, in modo particolare, i paesi anglosassoni. Per combattere l’abuso di alcol in molti Stati, anche del Sud America, si è introdotta una politica di «tolleranza zero» che ha coinvolto non solo i produttori di birra e superalcolici ma anche quelli di vino.

LUIGI MOIO: «IL VINO È MONO INGREDIENTE»

«Bisogna distinguere il vino dalle altre bevande alcoliche – ha spiegato Luigi Moio, Presidente dell’Oiv, Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino – nonostante ci sia, ovviamente, una presenza di alcol anche nel vino. Il vino è un prodotto mono ingrediente, tutti i componenti necessari per produrlo sono all’interno del grappolo d’uva, e l’alcol si forma naturalmente durante la fermentazione e circa l’85-86% del contenuto del vino è acqua.

Il vino si sta imponendo come fenomeno mondiale in quanto modello di diversità. Tra l’altro, il vino consumato durante i pasti, a piccoli sorsi e in modo responsabile e corretto, non crea i problemi soprattutto legati ai superalcolici.

Inoltre il suo grado di acidità, l’alta presenza di acqua e di tannini, contribuiscono a ripulire la bocca conferendo ulteriore sapore al cibo. Occorre però distinguere l’abuso dal consumo responsabile».

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“Il vino nuoce alla salute” in etichetta? Un italiano su 4 smetterebbe di bere

Quasi un italiano su quattro (23%) smetterebbe di bere vino o ne consumerebbe meno se in etichetta trovasse scritte allarmistiche come quelle apposte sui pacchetti di sigarette. Qualcosa che suonerebbe incredibilmente come: “Il vino nuoce alla salute”. È quanto emerge da un sondaggio on line di Coldiretti.

I risultati sono stati divulgati in occasione dell’incontro sul nuovo Piano Ue per la salute che divide l’Europa a tavola a Bruxelles da Coldiretti, Filiera Italia, Eat Europe e Farm Europe con la collaborazione dei gruppi parlamentari europei PPE, S&D e Renew Europe.

«È del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità ed a più bassa gradazione come la birra e il vino – dichiara il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – che in Italia è diventato l’emblema di uno stile di vita “lento”, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol».

Le nuove politiche rischiano di colpire ingiustamente componenti fondamentali del Made in Italy agroalimentare che è l’unico settore che è cresciuto all’estero nonostante la pandemia raggiungendo il valor record di 46,1 miliardi nel 2020».

La Commissione Ue potrebbe introdurre allarmi per la salute nelle etichette delle bevande alcoliche come per le sigarette nell’ambito dell’attività di prevenzione del nuovo “Piano d’azione per migliorare la salute dei cittadini europei” ed eliminare il vino e la birra dai programmi di promozione dei prodotti agroalimentari.

«Una scelta che – precisa la Coldiretti – colpirebbe anche le carni rosse e quelle trasformate, che vengono associate ai rischi di tumore, per favorire il passaggio a diete vegetali».

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Fipe contro Speranza per le chiusure di bar e ristoranti: «Offensive e senza preavviso»

Dura reazione di Fipe Confcommercio sulle nuove ordinanze del Ministro della Salute, Roberto Speranza. «Situazione inaccettabile e offensiva», tuona di fatto la Federazione italiana pubblici esercizi.

«Con pochissime ore di preavviso, bar e ristoranti di Toscana, Liguria, Abruzzo e provincia autonoma di Trento apprendono del provvedimento che blocca le loro attività», sottolinea Fipe.

Turni di lavoro già organizzati per migliaia di lavoratori e decine di migliaia di clienti prenotati appesi a decisioni ufficializzate a poche ore dalla scadenza, a testimonianza dell’assoluta mancanza di attenzione e rispetto verso chi, con fatica, cerca di resistere ad una crisi senza precedenti».

«A questo si devono aggiungere decine di milioni di euro di prodotti alimentari già acquistati che finiranno nella spazzatura. Inaccettabile ufficializzare i provvedimenti con una manciata di ore di preavviso – conclude la Federazione italiana pubblici esercizi – come peraltro segnalato dai governatori delle regioni interessate tra cui Toti, che ha fatto nel pomeriggio un’istanza al ministro Speranza per far partire l’ordinanza da lunedì 15 febbraio». (foto LaPresse)

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“Un bicchiere di vino è salvifico per la salute”: lo dicono gli psicologi

“Un bicchiere di vino è salvifico per la salute, può servire anche a controllare i problemi di obesità, frenando l’accumulo di grassi nel fegato e nell’organismo, trattenendo la glicemia bassa presente nel sangue, aiutando anche coloro che hanno un alto livello di colesterolo“.

È quanto emerge da una ricerca realizzata dall’associazione “Donne e qualità della vita”, guidata dalla dottoressa Serenella Salomoni in collaborazione con il movimento “Io sto con il made in Italy”, presieduto da Klaus Davi.

“Al di là delle ipotesi scientifiche sulle sue qualità prettamente ‘curative’, tutte da dimostrare, resta il fatto che il vino abbia una fondamentale funzione terapeutica a livello psicologico, oltre ad essere un fenomenale alimentatore di positività e di ottimismo, importantissimi in una fase così delicata”, rivela Davi in una nota, facendo riferimento al periodo di lockdown e quarantena dovuto a Coronavirus.

Lo studio, realizzato su 625 italiani, uomini e donne tra i 25 e 65 anni, ha mostrato come “il vino continua a essere un toccasana importantissimo per il fisico e per la mente”. Per il 65% del campione “favorisce l’aggregazione o, in questo particolare periodo, le relazioni interpersonali, con degustazioni virtuali per esempio”.

Per un il 55% degli intervistati “agevola e incoraggia il dialogo, molto importante in un momento così delicato dove molti potrebbero chiudersi in se stessi”. Inoltre “stempera le angosce (42%), incentiva il buonumore e la rilassatezza (39%) smussa, al contrario, l’aggressività (33%)”.

Sempre secondo la ricerca di “Donne e qualità della vita” e del movimento “Io sto con il made in Italy”, il consumo di un bicchiere di vino in queste fasi di isolamento “serve anche ad alimentare la creatività (58%), stimola la concentrazione (48%), contrasta le crisi depressive (45%), trasmette una visione più positiva del futuro (38%) ed è di ottima compagnia per le chiacchierate virtuali con gli amici online (29%)”.

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Emergenza Coronavirus: dal resveratrolo dell’Aglianico un possibile rimedio

Aglianico, sì. E non a caso, dato che il nobile vitigno del Sud Italia è ricco di resveratrolo. È una ricerca pubblicata dalla rivista Nature e approfondita da due ricercatori a Napoli – Ettore Novellino e Alessandro Sanduzzi – a regalare una speranza in più contro Coronavirus (Covid-19). Nelle ultime ore è in corso una sperimentazione all’ospedale partenopeo Montaldi, che starebbe dando ottimi risultati su alcuni pazienti affetti da Tbc.

Si tratta di un estratto ottenuto dai vinaccioli dell’Aglianico, somministrato in forma di aerosol. L’idea si è concretizzata grazie allo studio condotto da Guangdi Li (Changsha University, Cina) ed Erik De Clercq (Katholieke Universiteit Leuven, Belgio).

La coppia di ricercatori, già attivi nella lotta all’Hiv, avrebbe riscontrato che il resveratrolo contribuisce a bloccare la replicazione virale dei Coronavirus, interferendo con la penetrazione cellulare e con alcune proteine della corona.

La notizia, pubblicata ieri dal quotidiano “Il Mattino” di Napoli – con enfasi più sul vino Taurasi che sul vitigno Aglianico, elemento riscontrabile anche su altre testate locali campane – è destinata a far discutere non solo per i risvolti della cura al resveratrolo sui pazienti affetti da Covid-19, ma anche per il polverone sollevato nelle scorse settimane da un comunicato stampa di Assoenologi, a firma del presidente Riccardo Cotarella.

Raggiunto telefonicamente da WineMag.it, il numero uno degli enologi ed enotecnici italiani commenta così la ricerca: “Lo studio è molto interessante e speriamo possa contribuire a risolvere l’emergenza in corso. D’altro canto attendiamo con fiducia che tutto questo finisca, per ottenere un chiarimento ufficiale dall’Ordine dei medici sull’argomento ‘salute e vino’, che non può essere oggetto di tira e molla”.

“Ad oggi – aggiunge Cotarella – siamo in possesso di decine e decine di ‘sentenze’ contrastanti: numerosi luminari asseriscono che il vino non è nocivo, ma altrettanti sostengono il contrario. Al momento opportuno chiederemo chiarimenti a chi di dovere, per rendere giustizia a chi lavora nel settore. Il vino, ma ancor più la salute, non possono essere strumentalizzati per mettersi in mostra, sostenendo tesi contrastanti”.

Molto discussa, in campo medico, anche la stessa funzione sull’organismo umano del resveratrolo, che rientra nell’elenco del Ministero della Salute alla voce “Altri nutrienti e altre sostanze ad effetto nutritivo o fisiologico”.

Secondo i ricercatori dell’istituto Humanitas di Rozzano (MI), “diverse sono le attività biologiche del resveratrolo, sebbene molte siano ancora da validare dal punto di vista scientifico: ha capacità antiossidanti e antinfiammatorie, risulta protettivo per i vasi sanguigni ed è in grado di stimolare una serie di processi coinvolti nella regolazione del ciclo cellulare e nella riparazione del Dna”.

Secondo alcuni studi, le persone che seguono una dieta ricca in resveratrolo sarebbero “meno esposte al rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari e cancro”. “In particolare – riferiscono gli esperti di Humanitas – la sua capacità antiossidante contribuirebbe alla protezione delle cellule dai danni causati dai radicali liberi e grazie a questa sua proprietà aiuterebbe a combattere l’invecchiamento della pelle”.

Non risultano claim approvati dall’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) specifici per i prodotti a base di resveratrolo. Ma l’indicazione del resveratrolo come rimedio contro l’invecchiamento della pelle “è stata rifiutata a causa dell’assenza di prove scientifiche sufficienti a giustificarla”. Le ultime ricerche sull’estratto di vinaccioli dell’Aglianico contro Coronavirua Covid-19 aprono nuovi capitoli su questo controverso fenolo.

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Lazio: sequestrato un milione di litri di vino sfuso e in bottiglia contraffatto

Oltre un milione di litri di “vino” sfuso e in bottiglia, per un valore commerciale di oltre un milione di euro. È l’ammontare del sequestro avvenuto in una cantina clandestina e in un altro sito produttivo. In azione nelle ultime 24 ore nel Lazio l’Icqrf sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Tivoli guidata da Francesco Menditto. “Una rilevante operazione a tutela dei consumatori e della qualità del vino italiano“, riferisce il Ministero.

All’opera trenta ispettori dell’Icqrf Lazio. Sono stati rinvenuti e sequestrati anche prodotti per la sofisticazione del vino come aromi sintetici, starter di fermentazione, nutrienti, coloranti. Coadiuvanti “non pericolosi per la salute”, che configurano tuttavia la truffa.

Nel corso dell’operazione sono scattati i sigilli per attrezzature e cisterne utilizzate per l’attività di produzione illecita di vino. L’operazione ha avuto successo anche grazie l’intensa attività analitica svolta dai laboratori dell’Icqrf, che hanno riscontrato nei campioni prelevati nel corso delle indagini la presenza di zuccheri estranei all’uva e di acqua aggiunta.

Qui l’aggiornamento

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Consorzio Grana Padano, strigliata a crudisti e vegani: “Mode legate alla psiche”

“Categorie di pensiero più radicate nella psicologia che nella scienza alimentare e frutto di temporaneità modaiola, che ritengo non saranno proiettate credibilmente e in modo duraturo nel futuro”.

Dichiarazioni che lasciano il segno quelle rivolte “ai crudisti, ai vegani, ai freegan e ai fruttariani” da Stefano Berni, direttore generale Consorzio Grana Padano.

Parole forti sul palco di Rimini, che il 21 agosto ha ospitato il convegno ”Cibo e salute: dai superfood ai vegani, dal biologico allo street food”.

LE DICHIARAZIONI
“Oggi – ha dichiarato Berni – al cibo non si chiede solo di essere buono, ma di essere soprattutto sano e sostenibile. Il consumatore deve essere informato con lealtà e trasparenza rispetto a cosa mette nel carrello della spesa, o a ciò che ordina al ristorante. Ecco perché risulta indispensabile accelerare il percorso che porta alla trasparenza assoluta sulle etichette dei prodotti e sui materiali o sugli strumenti di comunicazione utilizzati per descriverli”.

“In un certo senso – ha continuato Berni – il biologico, quando non frutto di millanterie importate, ha da tempo intrapreso questo percorso. Una strada certamente più costosa ma solida e credibile, che è percepita come completa ed equilibrata. Credo però non sia la stessa cosa per tutte quelle tendenze radicali e assai meno equilibrate di cui si sente parlare in questo tempo”.

“L’EMERGENZA FAST FOOD”
“C’è inoltre una nuova emergenza – ha aggiunto Berni – legata alla velocità e alla riduzione del tempo da dedicare all’alimentazione, oltreché alla sempre minor preparazione casalinga dei pasti . Infatti, nel 2016 il 35% della spesa dedicata all’alimentazione è avvenuta fuori casa presso la ristorazione di ogni livello dove, inevitabilmente, la scelta degli ingredienti è molto subita dagli avventori. Questo comporta, purtroppo, che spesso siano proposti prodotti similari a quelli DOP o IGP che svolgono lo stesso servizio, non si vedono e costano molto meno”.

Sempre secondo Berni, “esiste un solo denominatore comune condivisibile dai consumatori, che parla la lingua della genuinità, della salubrità e della qualità”. “Tutto il resto – ha concluso il direttore generale del Consorzio Grana Padano – è finto e non porta vantaggi né al mercato né soprattutto a chi quotidianamente da fiducia ai produttori italiani acquistando prodotti che crede originali ma che invece sono camuffati ad arte”.

Al meeting sono intervenuti anche Enrico Corali (presidente Ismea), Pompeo Farchioni (presidente e amministratore di Farchioni Olii Spa), Roberto Moncalvo (presidente di Coldiretti), Giancarlo Paola (amministratore Delegato di Gmf – Gruppo Unicomm).

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Vini al supermercato

Catarratto Terre Siciliane Igt 2015, Fazio

(3,5 / 5) Il classico vino dell’estate, made in Sicilia. Non impegnativo, ma capace comunque di soddisfare chi ci si accosta. E’ il Catarratto Terre Siciliane Igt 2015 Fazio, casa vinicola in Erice.

Nome particolare per questo vitigno a bacca bianca originario della provincia di Trapani, che ricorda quanto sia “abbondante” la produttività delle singole viti. Un’abbondanza benevola, dal momento che gli acini sono ricchi di acidi ferulici, dalle note proprietà antiossidanti.

LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, il Catarratto Terre Siciliane Igt Fazio si presenta di un giallo paglierino non particolarmente carico, ma dai riflessi di colore verdolino. Al naso i tipici sentori di fiori bianchi e frutta fresca, che spazia dalla pesca all’esotico.

Al palato il meglio di questo prodotto: la buona intensità e finezza delle note fruttate già riscontrate al naso, si esprime nel quadro di un’acidità spiccata, che conferisce grande e piacevole freschezza alla beva, assieme a una buona sapidità. Un vino d’estate, appunto.

Corretto consumarlo come aperitivo, anche se il Catarratto Fazio ambisce (giustamente) ad accompagnare piatti di pesce e crostacei, con cui certo non sfigura. L’ennesimo prodotto dall’ottimo rapporto qualità prezzo che possiamo reperire sugli scaffali dei supermercati italiani.

LA VINIFICAZIONE
La zona di produzione delle uve è quella occidentale della Sicilia, nel territorio collinare a Nord della provincia di Trapani. I vigneti crescono a un’altezza compresa tra i 400 e i 450 metri sul livello del mare. Dopo la raccolta e la diraspatura, le uve vengono sottoposte a una macerazione a freddo, con le bucce a contatto con il mosto.

Segue una pressatura soffice degli acini e una fermentazione a temperatura controllata, compresa tra i 14 e i 16 gradi. Prima della commercializzazione, il Catarratto Terre Siciliane Igt affina in vetro per 4 mesi circa. Fazio è ormai una realtà ben consolidata nel mondo della grande distribuzione organizzata italiana.

Tra i prodotti top di gamma, molti hanno ricevuto riconoscimenti, anche a livello internazionale. Premi che si sommano al merito d’aver contribuito in maniera determinante al riconoscimento della Doc Erice in Sicilia. Contesto nel quale Fazio opera ormai da quattro generazioni.

Prezzo: 6,49 euro
Acquistato presso: Il Gigante

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Glifosate vietato in Italia dal Ministero: proteste dei viticoltori nel Sannio

Arriva a sorpresa in Italia, dopo il dietrofront di metà maggio dell’Organizzazione mondiale della sanità, il divieto di utilizzo del Glifosate e dei prodotti contenenti sostanza attiva. A decorrere dal 22 agosto 2016, entrerà in vigore la “revoca di autorizzazioni all’immissione in commercio” e la “modifica delle condizioni d’impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosate in attuazione del regolamento di esecuzione (UE) 2016/1313 della Commissione del 1° agosto 2016”. La Rai aveva dedicato una puntata della trasmissione Presa Diretta alla preoccupazione degli abitanti delle zone vinicole del Prosecco. Sul banco degli imputati era finito proprio l’utilizzo del Glifosate e di altri prodotti fitosanitari “potenzialmente dannosi per la salute”. E nel Sannio, come riportato da vinialsupermercato.it il 27 marzo 2016, la drastica limitazione dell’utilizzo di fitofarmaci e Glifosate prevista dalle ordinanze di alcuni Comuni rischiavano, secondo Salvatore Falato, presidente dell’Associazione Strada dei Vini e dei Prodotti Tipici Sanniti, “di mettere a rischio la raccolta delle uve in occasione della vendemmia 2016”. Falato non si oppone al divieto di utilizzo del glifosate, erbicida del quale non si conoscono ancora con certezza i possibili danni in termini di salute umana e ambientale. Non condivide, piuttosto, “il modo in cui è stato fatto il divieto nelle ordinanze e la generalizzazione dell’utilizzo del Glifosate con fitofarmaci”. “Con le particolari limitazioni previste dalle ordinanze – evidenziava Falato – c’è il rischio di compromettere seriamente il lavoro nei vigneti necessario alla produzione di uve e di vini, anche per le colture biologiche, con seri danni economici per i produttori già dalla prossima campagna vitivinicola”.  Tra i Comuni coinvolti proprio Castelvenere, ma anche Guardia Sanframondi e Casalduni, tutte zone a vocazione vitivinicola.

Il 12 agosto, l’ufficiale presa di posizione del Ministero della Salute. Che, “ritenuto di dover procedere alla revoca dei prodotti fitosanitari contenenti Glifosate con il coformulante Ammina di sego polietossilata (n. CAS 61791- 26-2”, ha decretato “a decorrere dal 22 agosto 2016 la revoca dell’impiego nelle aree frequentate dalla popolazione o dai gruppi vulnerabili quali parchi, giardini, campi sportivi e aree ricreative, cortili e aree verdi all’interno di plessi scolastici, aree gioco per bambini e aree adiacenti alle strutture sanitarie; revoca dell’impiego in pre raccolta al solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura; inserimento nella sezione delle prescrizioni supplementari dell’etichetta in caso di impieghi non agricoli, della seguente frase: ‘divieto, ai fini della protezione delle acque sotterranee, dell’uso non agricolo su suoli contenenti una percentuale di sabbia superiore all’80%; aree vulnerabili e zone di rispetto'”. Il decreto stabilisce inoltre la “revoca dell’autorizzazione all’immissione in commercio e all’impiego dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva Glifosate ed il coformulante Ammina di sego polietossilata”.

Eppure, il rapporto del Panel of Experts on Pesticide Residues in Food and the Environment, commissionato dall’Oms, sembrava dare ragione a chi sosteneva che il Glifosate non fosse pericoloso per la salute. “È improbabile  – recita il documento – che l’assunzione di Glifosato attraverso la dieta sia cancerogena per l’uomo. La grande maggioranza delle prove scientifiche indica che la somministrazione di Glifosato e di prodotti derivati a dosi fino a 2000 milligrammi per chilo di peso per via orale, la più rilevante per l’esposizione con la dieta, non è associata ad effetti genotossici nella stragrande maggioranza degli studi condotti su mammiferi”.

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