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Il successo (meritato) dei vini del Carnuntum, la più piccola zona vinicola dell’Austria

Vienna a ovest, Bratislava a est. Le Alpi da una parte, i Carpazi dall’altra, lungo la linea meridionale disegnata dal Danubio. La geopolitica attuale del Carnuntum fa ben comprendere come mai i Romani, tra il I e IV secolo d.C., stabilirono proprio qui, in Austria, uno dei loro centri militari e commerciali più importanti, con oltre 50 mila persone tra soldati e civili. Un’enormità, per l’epoca.

Mentre la presenza di due tra le capitali più vicine d’Europa – 68 Km, appena un’ora d’auto – continua a esercitare un valore rilevante, se non altro dal punto di vista del turismo – specie quello “lento”, che si muove in bicicletta – il Carnuntum si fa sempre più largo nella geografia del vino europeo e internazionale.

Lo fa non solo con la chiarezza (estrema) di un sistema di qualità piramidale, ma anche (e soprattutto) con vini identitari, capaci di penetrare i mercati e valorizzare specificità e cru (Ried) dei 906 ettari vitati complessivi (2.43 milioni di bottiglie l’anno, 86 mila delle quali top di gamma) che ne fanno la più piccola zona vinicola dell’Austria.

Vigne come Göttlesbrunn, Arbesthal, Höflein, Petronell e Prellenkirchen costituiscono la punta di diamante della DacDistrictus Austriae Controllatus, il corrispettivo della Doc italiana – istituita solo nel 2019 in 6 Comuni compresi tra i distretti di Bruck an der Leitha e Schwechat. Una Denominazione giovane, insomma. Ma con le idee chiarissime.

Chiara è la suddivisione del Carnuntum in tre subregioni: Leithagebirge, Arbesthaler Hügelland e Hainburger Berge, identificate principalmente sulla base della composizione del suolo. Si va da quelli pesanti, con prevalenza di argilla e presenza di loess, a quelli più leggeri, ghiaiosi, sabbiosi e calcarei.

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Le varietà consentite, in pieno accordo con il marketing “origin-based” studiato dai piani alti dell’Austrian Wine Marketing Board (Awmb), sono quelle tradizionali della zona. Per i bianchi Chardonnay, Weissburgunder (Pinot Bianco) e Grüner Veltliner. Per i rossi Zweigelt e Blaufränkisch.

Uve in purezza (100%) per i vini monovarietali della Carnuntum Dac, mentre gli “uvaggi” possono contare fino a un massimo di un terzo delle varietà da Qualitätswein consentite in Austria, come Sauvignon Blanc, Cabernet Sauvignon o Merlot.

Ma ciò che rende unica questa piccola regione vinicola austriaca è il Rubin Carnuntum, tipologia presente ben prima dell’istituzione ufficiale della Dac. Si tratta di un rosso prodotto con sole uve Zweigelt da 48 delle 131 cantine locali. Per imbottigliarlo come tale occorre il parere positivo di almeno l’80% dei produttori, che si riuniscono ogni anno a tale scopo, prima dell’immissione in commercio.

Un vino giovane, fresco, di facile beva, che conserva la grinta tipica del vitigno, nonostante maturazione e caratteristiche pedoclimatiche regalino tannini piuttosto setosi. Segni particolari del Rubin? È esattamente la tipologia di rosso “agile” che cerca il mercato al giorno d’oggi. L’apripista per i vini top di gamma.

Un successo parso chiaro anche alla prova del calice di “Explore Carnatum“, l’evento digitale andato in scena dal 22 al 26 marzo 2021, utile a mettere in contatto i vigneron della zona con i buyer e la stampa internazionale.

Ben 2.154 i vini spediti in bottiglie “mignon” in 21 Paesi del mondo, tra cui l’Italia rappresentata da WineMag.it. Un evento utile a sopperire alla cancellazione di appuntamenti cruciali per il vino austriaco, come la ProWein di Düsseldorf e il VieVinum di Vienna, considerabile il “Vinitaly austriaco”.

Nell’arco del primo anno dall’istituzione della Dac Carnuntum – spiega il presidente Robert Payr – siamo stati in grado di esportare il 23% dei vini, il che dimostra la bontà dell’implementazione del sistema di origine. La tendenza, peraltro, è chiaramente in aumento».

Anche se, tra gioventù e pandemia, è presto per tirare le somme, i mercati più importanti per il Carnuntum si sono rivelati Germania, Svizzera, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Danimarca. Altri, tra cui Russia, Regno Unito, Polonia, Repubblica Ceca, Finlandia e Svezia, sono stati approcciati grazie all’evento digitale di marzo.

I vini del Carnuntum – continua Payr – sono tipicamente venduti nei ristoranti austriaci, quindi la pandemia ha enormi conseguenze su noi produttori. Tuttavia, già a maggio 2020 sono state avviate degustazioni ed eventi online per i consumatori, aprendo un nuovo canale di comunicazione e distribuzione».

«La nostra regione vinicola, sia con gli eventi online per i consumatori, sia con la fiera online “Explore Carnuntum” – conclude il presidente del locale Consorzio – ha mostrato un forte senso di comunità e cooperazione che si spera aiutino l’immagine complessiva e la distribuzione dei vini, anche in tempi migliori».

EXPLORE CARNUNTUM, LA DEGUSTAZIONE

LE CANTINE

  • WEINGUT ARTNER
  • WEINGUT GOTTSCHULY-GRASSL
  • WEINGUT PAYR

I VINI DI WEINGUT ARTNER

Carnuntum Dac Ried Kirchberg Höflein Grüner Veltliner 2019: 85/100
Frutta esotica, limone, tocco di pepe e cardamomo. Bianco dal corpo medio, bella pienezza del frutto e freschezza, prima dell’allungo salino. Vino che abbina larghezza a verticalità. Buona prospettiva di evoluzione.

Carnuntum Dac Rubin Carnuntum Zweigelt 2019: 87/100
Bel colore, viola luminoso. Bel frutto di bosco e tensione al palato. Un vino essenziale, a cui non manca nulla, facile da abbinare alla cucina, a tutto pasto. Tannino fitto, ma fine. Tocco di legno in chiusura, affumicato, caffè, caramella mou, che andrà certamente a integrarsi meglio col frutto, nei prossimi mesi.

Carnuntum Dac Höflein rot Cuvée Barrique 2018: 88/100
Bel colore profondo, dall’unghia luminosa. Vino che, al naso, lascia grande spazio alle note fruttate, come ciliegia e prugna, mature ma composte, così come a ricordi fumé. Al palato una perfetta corrispondenza e a un tannino addomesticato, elegante. Grande gastronomicità, per un nettare pieno e corposo, che non stanca.

Carnuntum Dac Ried Steinäcker 1ÖTW Höflein (single vineyard) 2018: 89/100
Zweigelt in purezza su suoli ricchi di loess. Tanto fiore nel calice, violetta e frutto finissimo, tra il bosco e la ciliegia selvatica. Pregevoli note affumicate, conferite dall’affinamento in legno, per nulla invasivo. Al palato una gran bella freschezza, oltre alla riconferma (attesissima) della precisione del frutto. Un altro vino perfetto per la cucina, in crescendo di elaborazione del piatto, rispetto ai precedenti.

Carnuntum Dac Ried Kirchweingarten 1ÖTW Höflein 2018: 92/100
Il vino della vigna posta vicino alla chiesa del paese, come suggerisce il nome: Blaufränkisch in purezza. Il frutto appare più maturo rispetto agli altri vini di Artner in degustazione, ma conserva compostezza e precisione. Maggiore anche l’apporto dei terziari in un nettare che abbina concentrazione e succosità a essenziali note “pietrose”, minerali, e che si chiude su un bell’allungo secco. Pregevole l’evoluzione nel calice, con l’ossigenazione che lascia spazio a liquirizia e note di erbe mediterranee.

Carnuntum Dac Ried Aubühl 1ÖTW Höflein 2018: 94/100
Vino piuttosto nuovo per la cantina, la 2017 è stata la prima vendemmia del cru. Primo naso su un letto di frutta di bosco di gran precisione e croccantezza, da cui emergono chiari lampone e fragolina di bosco. Il frutto più succoso della batteria, abbinato alla più compatta versione dei tannini, pur eleganti. Vino esemplare, di gran prospettiva.


I VINI DI WEINGUT GOTTSCHULY-GRASSL

Carnuntum Dac Chardonnay 2019: 86/100

Chardonnay molto profumato. Tanto esotico e tanto citrico, agrume. Al palato buon ritorno delle note esotiche tropicali, molto precise. Buon vino, molto ben fatto, piacevole, beverino. Chiude anche su un leggero verde, da buccia di lime. 12.5%.

Göttlesbrunn Carnuntum Dac Chardonnay Weißburgunder 2019: 85/100
Esposizione Sud-Sud Est, molta clay e sabbia e parzialmente loess. Foresta alle spalle del villaggio Gottlesbrunn. Qui si ottengono juicy wines. Marriage beetween Pinot Blanc e Chardonnay. Pinot Blanc 6 mesi su fine lees in steal e small oak. On skin anche lo Chardo. Fermetazione spontanea. Vino più in punta di piedi, erbe e yellow fruit. Vendemmia non calda come le altre. Bella tensione di fatto, vino che si regge sull’equilibrio tra freschezza e un frutto non esplosivo. Alcol molto integrato.

Rubin Carnuntum Dac Zweigelt 2019: 88/100
Al naso molta spezia e un’impronta mediterranea, oltre al consueto frutto. Terziari piacevoli, attorno al cioccolato e al caffè. Al palato buona corrispondenza e un’estrema succosità e precisione delle note fruttate. Vino dalla beva instancabile, tannini presenti ma soffici a supportare l’anima juicy.

Lower Austria Merlot 2017 “Rotundo”: 87/100
Si cambia vendemmia e uva, passando a un Merlot 100%, perfettamente acclimatato da queste parti. Bel colore e naso che si muove sinuoso, come suggerisce il nome, su note morbide di frutta matura. Così il palato, che chiude su frutto e ritorni di spezia e terziari dolci, piuttosto preponderanti.

Lower Austria 2017 Cuvée G3: 92/100
Zweigelt, Merlot, Syrah si dividono equamente l’uvaggio. Bel colore rubino, mediamente trasparente. Al naso combinazione assoluta tra le note tipiche dei vitigni. Lo Zweigelt con la ciliegia, il Merlot con la prugna e il Syrah con le spezie. Un vino che abbina carattere e agilità di beva assoluta, grazie anche ad eleganti tannini.

Carnuntum Zweigelt 2018 Ried Aubühl 1ÖTW Höflein: 93/100
Il single vineyard di Gottschuly-Grassl si presenta nel calice di un rubino brillante. Vino connotato da ricordi di ciliegia, tabacco e un tocco di spezia nera. Tannini fini e salinità conferiscono al nettare una bella coperta su cui stendere il frutto più succoso della batteria. Terziari, verde e spezie in chiusura: cioccolato, radice di liquirizia, tocco di rabarbaro. Gran prospettiva in divenire.


I VINI DI WEINGUT PAYR

Carnuntum Dac 2020 Grüner Veltliner Löss Bio: 88/100

Vino non certo giocato sull’esplosività del frutto, bensì sull’eleganza, tocco leggero anche di pepe bianco. Agrumi in grande spolvero, vino che affetta come una lama il palato, godibilissimo, supportato da freschezza e salinità.

Carnuntum Dac 2020 Chardonnay Lehm Bio: 85/100
Super frutto, vino piuttosto “grasso” ma fresco. Al naso bei richiami agrumati che si ritrovano anche in chiusura. Ananas, tropicale, in centro e al sipario. Chiusura asciutta, nonostante grassezza.

Lower Austria Sauvignon Blanc Selection Bio: 89/100
Sorprendente risultato per questo Sauvignon in purezza che non gode della denominazione locale, ma è prodotto con uve raccolte interamente in zona. Molto mature le note esotiche a polpa gialla, ben abbinate a freschi richiami di agrumi. Ottima corrispondenza naso bocca, che abbina larghezza e verticalità in maniera esemplare. Ottima anche la persistenza. Vino molto diverso dai Sauvignon tesi e “duri” della Stiria austriaca, ma comunque ben rappresentativo.

Rubin Carnuntum Dac Selection Zweigelt 2019: 89/100
Splendido frutto anche qui, ma vino molto teso. Tannino accompagna il sorso, senza fare il protagonista, anzi, ben avvezzo nella parte del contraltare al succo (ciliegia), da buona spalla teatrale. Alcol (13.5%) perfettamente integrato. Freschezza molto netta, tanto quanto la vena juicy. L’affinamento in legno a conferire un po’ più di complessità, anche al palato.

Carnuntum Dac 2017 Ried Steinäcker 1 ÖTW Zweigelt Höflein: 94/100
Single vineyard. Molta pienezza del frutto e una tostatura del legno più accentuata rispetto al precedente. La stessa ciliegia, ma ancor più concentrata e piena. Il tannino è meno maturo, ma comunque elegante e di assoluta prospettiva: la posizione del vigneto parla chiaro, più al fresco rispetto ad altri nella zona. Vino caratterizzato da una bevibilità estrema, con chiusura freschissima e vena salina a chiamare, irresistibilmente, il sorso successivo.

Carnuntum Dac 2017 Ried Spitzerbeg 1 ÖTW Blaufränkisch Prellenkirchen: 95/100
Vino manifesto della denominazione, l’ennesimo caratterizzato da un naso precissimo (oltre al frutto, fiori di viola e spezia) una beva agilissima, tutto frutto croccante, succoso e freschezza. Un’etichetta di assoluta prospettiva, che racconta – oltre al territorio – la grande stima di Robert Payr per i produttori piemontesi di Nebbiolo e Barolo.

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news ed eventi

“Autoctono si nasce”: i migliori vini dell’evento Go Wine

L’Associazione Go Wine ha iniziato la stagione 2017 dei suoi eventi a Milano, con il tradizionale appuntamento “Autoctono si nasce”, presso l’Hotel Michelangelo, dedicato al vasto mondo dei vitigni autoctoni italiani, un patrimonio da salvaguardare e da valorizzare.

Erano presenti in degustazioni i vini prodotti da uve autoctone di quaranta cantine da quasi tutta Italia (grandi assenti Toscana e Alto Adige), oltre a una selezione dalla Bottega del vino di Dogliani, dalla Cantina Comunale dei vini Crota d’Caloss, dal Consorzio di tutela e promozione dell’Ovada Docg, dall’Associazione Produttori del Ruché di Castagnole Monferrato. Infine una “enoteca”, a completare il panorama dei vini in degustazione.

I vitigni presenti spaziavano da quelli più famosi e blasonati, come il Nebbiolo, l’Aglianico, il Barbera e il Verdicchio, a quelli molto rari e quasi sconosciuti, uno su tutti la Gamba di Pernice o Gambarossa. Per quanto riguarda le cantine, presenti tutte piccole realtà, ricche di passione e amore verso il proprio lavoro e il proprio territorio. La qualità media degli assaggi è stata valida, con alcuni picchi davvero molto interessanti e altri semplicemente curiosi.

Grande piacevolezza e bevibilità per il tris di proposte di Baglio Aimone da Petrosino (TP): il Sicilia D.O.C. Argalia 2015 (Grillo 100%, solo acciaio), dai profumi freschi di agrumi ed erbe aromatiche, confermati in bocca e corroborati da una freschezza gustativa e sapidità, grazie ai terreni carsici, che chiamano ulteriori sorsi; il Sicilia D.O.C. Ferraù 2015 (Zibibbo 85% e Grillo 15%, solo acciaio), molto aromatico, dove spiccano note di frutta dolce a pasta bianca e uva bianca da tavola, con una bocca avvolgente ed equilibrata e ottima persistenza.

Infine l’Iratu, spumante extra-dry da uve Grillo in purezza vendemmiate 30 giorni prima della piena maturazione e prodotto con Metodo Charmat prolungato per quasi due mesi, dotato di profumi agrumati e minerali, mentre la bocca colpisce per la cremosità della bollicina e per la sua avvolgenza, con il residuo zuccherino ben calibrato.

Un salto in Emilia, precisamente nei Colli Bolognesi, per degustare un vitigno già conosciuto dai Romani e citato nelle opere di Plinio il Vecchio nel I secolo d.C.: il Pignoletto, noto quasi esclusivamente per la produzione di semplici vini frizzanti da pasto, ma che se vinificato con la massima attenzione e cura dona prodotti ricchi di complessità e qualità.

Maranesi da Zola Predosa (BO) conferma la difficoltà di superare l’idea del consumatore medio, tanto da trovare il più ampio riscontro di vendite fuori confine, dove il consumatore non è ancorato al pregiudizio che lo annovera tra i vini di modesta qualità. La sua versione Colli Bolognesi Pignoletto Classico D.O.C.G. 2015 Ferma (Pignoletto 100%, solo acciaio) ci dimostra quanto scritto sopra, grazie a profumi fragranti di mela e pesca bianca, biancospino, agrumi e un tappeto di erbe aromatiche, con bocca come da tradizione fresca e soprattutto sapida, con grande bevibilità e persistenza.

La Cantina Trexenta da Senorbi (CA) è l’unica rappresentante della Sardegna, ma ne tiene alta la bandiera, grazie in particolare a due prodotti di grande interesse. Il Vermentino di Sardegna D.O.C. Contissa 2015 (Vermentino 100%, solo acciaio) spicca per profumi freschi e piacevoli tipici di questa uva e soprattutto per una sapidità letteralmente vibrante, che garantisce una bevibilità eccezionale. Il Cannnonau di Sardegna D.O.C. Baione 2013 (Cannonau 90% e 10% tra Bovale e Monica, 12 mesi in barriques) conquista per i suoi profumi suadenti ma non ruffiani di frutta rossa matura e un’ampia varietà di spezie e tostature, tutto confermato all’assaggio con un tannino presente ma elegante, freschezza e buona morbidezza, con un equilibrio che si perfezionerà negli anni.

Una citazione speciale merita Vigna Petrussa da Prepotto (UD) per la grande qualità complessiva e per la passione e il coraggio mostrati dalla Signora Hilde, simpatica, accogliente e innamorata di ciò che è molto più del suo lavoro. Grande attenzione verso gli autoctoni, tanto da voler espiantare tutto il Sauvignon per sostituirlo con la Ribolla Gialla: “Una piccola azienda come la mia ha il dovere di dedicarsi interamente, per quanto possibile, ai vitigni autoctoni”.

Tra le diverse etichette presentate spiccano 4 vini. Il Friuli Colli Orientali Friulano D.O.C. 2015 (Friulano 100%, 7 mesi in botte grande) si fa apprezzare per le sue piacevolissime note di frutta e fiori freschi e uno sfondo vegetale e minerale delicato; il sorso è ricco di struttura e bevibilità, grazie a una inaspettata morbidezza che da equilibrio alla forza dell’acidità e della sapidità. Il Friuli Colli Orientali Schioppettino di Prepotto D.O.C. 2013 (Schioppettino, chiamato anche Ribolla Nera, 100%, 2 anni in botte grande) stupisce per un corredo aromatico dolce e avvolgente di prugna e frutti di bosco maturi, con un inebriante mix di spezie; bocca con tannino preciso e per nulla invadente, con bella morbidezza e durezze che rendono il sorso facile nonostante la struttura.

Infine due passiti meravigliosi: il Venezia Giulia I.G.T. Desiderio 2014 (blend di Friulano, Riesling Renano, Malvasia Istriana e Picolit, più di un anno in barriques), con sentori di miele millefiori, frutta gialla sia macerata che candita, fiori di acacia, chiodi di garofano e cioccolata bianca, con bocca suadente, fresca e con infinita persistenza e il Picolit D.O.C.G. 2013 (Picolit 100%, 18 mesi in barriques), con profumi di erbe aromatiche, fiori gialli, riso soffiato, frutta esotica e sfondo di tabacco, con una bocca meravigliosamente tesa ed equilibrata. Grande esperienza gustativa e umana. Merita una visita in cantina.

Un vitigno che si conferma degno di grande attenzione è la Tintilia, uva a bacca scura tipica del Molise. Claudio Cipressi da San Felice del Molise (CB), che conferma come l’abbondante nevicata di questi giorni sia fondamentale per la viticoltura, ne ha fatto una ragione di vita e si dedica a questo vitigno con grande attenzione, producendo ben 4 etichette davvero interessanti.

La sua filosofia comprende la pazienza di aspettare la giusta evoluzione dei vini a base Tintillia, poiché reputati troppo scontrosi in gioventù. Si comincia con il Tintilia del Molise D.O.P. Settevigne 2012 (Tintilia 100%, 2 anni in acciaio), da uve coltivate su terreno calcareo, con un colore rosso rubino molto profondo, al naso note fruttate e floreali fresche su sfondo speziato e una bocca con tannino presente ma non invadente e una piacevolissima freschezza che invoglia ad ulteriori assaggi.

Si continua con il Tintilia del Molise D.O.P. Macchiarossa 2012 (Tintilia 100%, 3 anni in acciaio), da uve coltivate su terreno argilloso, con note leggermente più evolute tra le quali spicca una splendida prugna sangue di drago e un sorso meno fresco, ma dotato di maggiore struttura. Si sale ulteriormente di corposità e complessità con il Tintilia del Molise D.O.P. Tintilia 66 2011 (Tintilia 100%, 3 anni in tonneaux), da terreni argillosi, dai profumi speziati e tostati, con note di liquirizia e pepe, con frutta rossa macerata, bocca importante, strutturata ed elegante, con lunga persistenza.

Chiude i rossi il Molise Rosso D.O.P. Macchianera 2011 (Montepulciano 85%, 18 mesi in barriques, e Tintilia 15%, solo acciaio), con riconoscimenti fruttati e floreali evoluti ed eleganti e un inebriante tappeto di erbe aromatiche e officinali, con un sorso tannico e strutturato, dalla lunga prospettiva di vita. Rossi che possono permettersi un lungo riposo in cantina. Da segnalare anche una bella Terre degli Osci I.G.P. Voira Falanghina 2015 (Falanghina 100%, solo acciaio), dalla bellissima florealità al naso e freschezza in bocca.

Per concludere, tre vitigni piemontesi: uno famosissimo, il Nebbiolo, uno in via di affermazione, l’Albarossa e uno sconosciuto ai più, il Gamba di Pernice o Gambarossa. Il Nebbiolo lo incontriamo nel Lessona D.O.C. Tanzo 2010 (Nebbiolo 100%, scelta più unica che rara in questa denominazione, 2 anni in botti grandi) di Pietro Cassina da Lessona (BI), vino che spicca per una balsamicità mentolata talmente importante da pizzicare gli occhi se si soffia dentro al calice, confermata anche in bocca, con un tannino presente ma ben cesellato, grande freschezza e lunghissima persistenza.

L’Albarossa è un vitigno creato dal Professore Giovanni Dalmasso negli anni ’30, mediante l’impollinazione della Barbera da parte del Nebbiolo, non quello più famoso, ma quello di Dronero, conosciuto come Chatus. La vinificazione inizia solo nei primi anni del nuovo millennio e ora comincia ad affermarsi come vitigno dal quale produrre vini degni di nota. L’azienda Poggio Ridente da Cocconato (AT) propone la versione Piemonte D.O.C. Albarossa del Marusè 2014 (Albarossa 100%, 12 mesi in barriques), con un bellissimo rosso porpora molto intenso, tipico del Barbera, con sentori di piacevole vinosità, frutta rossa appena matura, violetta, tocchi balsamici e vegetali, con una bocca carnosa, tannino e struttura tipici del Nebbiolo. Davvero un bel bere.

La Gamba di Pernice, storicamente anche chiamata Gambarossa, deve il suo nome dai raspi rossi dei grappoli maturi ed è il vitigno storico presente a Calosso (AT). L’autorizzazione per la coltivazione è arrivata solo nel 2007 e nel 2011 è nata la D.O.C. Calosso, nella quale si producono solo vini con Gamba di Pernice in purezza. “La storia e il mercato di questo vino sono ancora tutte da costruire”, afferma il rappresentante della Cantina Comunale dei vini Crota d’Caloss.

Il Calosso D.O.C. La Pernice 2014 (100% Gamba di Pernice, solo acciaio) di La Canova si presenta rosso rubino di bella intensità, con riconoscimenti balsamici, di piccoli frutti di bosco e di rosa canina; in bocca la struttura è media, con un tannino fine, buon equilibrio e discreta persistenza. Un vino ideale da pasto. Bisognerà aspettare qualche anno per dare giudizi più precisi, vista la giovane età di questa Denominazione. Per intanto un applauso al coraggio di questi produttori.

Il binomio vitigni autoctoni e piccoli produttori è davvero degno di rilievo, confermando il fatto che la nostra Italia deve sempre porre più attenzione e valorizzare il suo ricchissimo patrimonio ampelografico e che le piccole realtà sono una risorsa inestimabile della nostra vitivinicoltura.

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Food Lifestyle & Travel

Eatstory, a Pompei il menu degli antichi romani

Per la prima volta nell’area archeologica di Pompei arriva il cibo degli antichi romani per far conoscere ai visitatori da tutto il mondo il legame che unisce la storia dell’Italia al proprio patrimonio enogastronomico. L’inaugurazione dell’iniziativa è fissata per sabato 5 novembre dalle ore 9.30 presso il Quadriportico Teatro Pompei con la presenza di Luigi Curatoli, Direttore Generale grande progetto Pompei, di Massimo Osanna, Soprintendente della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia, di Dario Franceschini, Ministro Beni Culturali Roberto Moncalvo, Presidente Coldiretti. E’ prevista la degustazione del menu Pompeiano (gustum, primae mensae e secundae mensae) preparato secondo le ricette e consumato secondo le modalità del passato nel contesto storico originale.

Una opportunità unica al mondo per l’Italia dove cultura e cibo sono le principali leve di attrazione turistica strategiche per il rilancio dell’economia e dell’occupazione nel mezzogiorno ed in tutta Italia, come dimostra il dossier Coldiretti presentato nell’occasione. “Eatstory – da noi il cibo ha una storia” è il titolo del progetto realizzato dalla Coldiretti nell’area archeologica di Pompei che consentirà di fare rivivere ai visitatori degli scavi atmosfere e sensazioni del passato, ma anche l’opportunità di apprendere e partecipare direttamente ad attività di coltivazione, trasformazione e conservazione dei prodotti locali. A conclusione di tale percorso è prevista la degustazione di pietanze o l’acquisto di prodotti preparati secondo le tecniche in uso all’epoca dell’eruzione.

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