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Romagna Doc Predappio: next generation Sangiovese

Romagna Doc Predappio next generation Sangiovese
Chi può “sfidare” il Sangiovese della Toscana? Ci hanno provato addirittura in Ungheria, con un vino chiamato “Tabunello” (no, non c’è scritto Brunello). A produrlo (tuttora) è un vignaiolo ungherese, Csaba Török, che coltiva poco più di due ettari a nord del Lago Balaton, poco lontano da Budapest.
Convincere il Consorzio Vini di Montalcino che si trattasse di una «scelta d’amore per il Sangiovese Grosso» è stata un’impresa fallimentare. Anche perché il sito web della cantina, denominata 2HA, era “brunello.hu”, ed è stato eliminato dopo una causa legale avviata dal Consorzio. Non si è arrivati neppure in Tribunale.

Come documentato qui da winemag.it, l’impressionante lista di avvocati internazionali messa in campo dall’ente toscano ha spento ogni velleità dell’appassionato vignaiolo Csaba Török. Che resta comunque, tutt’oggi, un grande fan del Brunello di Montalcino. Ma la battaglia per la “next generation Sangiovese“, capace di stare al passo della qualità di quelli toscani, non è finita. La nuova sfida per i produttori tradizionali non è più in Ungheria, ma si trova esattamente dall’altra parte della collina, in una sorta di revival delle guerre tra città e città che hanno costellato la storia della Toscana.

LA “NUOVA” ROMAGNA DEL SANGIOVESE

A sfidare il Sangiovese più famoso del mondo – quello toscano, per l’appunto – ci pensano i vicini di casa dell’Emilia Romagna. Il salto di qualità della regione del centro Italia è stato impressionante negli ultimi anni. E sta iniziando a dare i suoi primi frutti, in particolare, a Predappio. Il Comune di 6.200 abitanti della provincia di Forlì-Cesena è tra i più promettenti delle 16 Sottozone del Romagna Sangiovese Doc, create nel 2011 dal Consorzio Vini di Romagna.

Un’opportunità che Predappio – famosa per ospitare la casa natale di Benito Mussolini, oltre alla cripta di famiglia e a un numero ingente di edifici di grande pregio architettonico, alcuni dei quali ancora da riqualificare – sta cogliendo appieno, grazie alle ultime generazioni di viticoltori.

All’interno della sottozona, che si allunga longitudinalmente da nord-ovest a sud-est, dall’areale pianeggiante di Forlì al tortuoso entroterra di Galeata e Strada San Zeno, racchiusa tra le altre tre sottozone di Castrocaro, Bertinoro e Meldola, si producono vini molto diversi tra loro. Ma tutti in grado di mostrare le peculiarità di un’areale che ha le carte in regola per competere con la Toscana.

SANTANDREA: «PREDAPPIO TRA I PRIMI A CREDERE NELLE SOTTOZONE DEL SANGIOVESE»


«Predappio – sottolinea Ruenza Santandrea, presidente del Consorzio Vini di Romagna – è una delle zone che per prima ha manifestato interesse allo status di “sottozona” ed è tuttora una delle più vivaci. Nel futuro della regione c’è il racconto delle peculiarità del Sangiovese dell’entroterra, una zona poco raccontata e ancora poco conosciuta, che vogliamo rendere sempre più nota a turisti e a amanti del vino italiani ed internazionali. Il rigido disciplinare, con il 95% minimo di Sangiovese, aiuta a legare ancor più questa uva al territorio, sottolineando come in Romagna, da sempre, il Sangiovese venga vinificato in purezza, a differenza dei blend più comuni in Toscana».

I Romagna Doc Sangiovese di Predappio, promossi dall’Associazione Terre di Predappio (nella foto sopra i produttori aderenti) risultano più corpulenti e larghi nella zona nord-orientale, per poi tendersi sempre più come la corda di un arco man, mano che ci si avvicina alla dorsale dei monti Appennini. Qui, esattamente “al di là della Toscana”, nascono caratterizzati da venature ancora più minerali e speziate. Cambiano i vini perché cambiano i suoli. E il Sangiovese di Romagna si dimostra, come tutti i più grandi vitigni del mondo, capace di leggere all’ennesima potenza le peculiarità microclimatiche e pedologiche, in una parola del “terroir”.

ROMAGNA DOC SANGIOVESE: I SUOLI DELLA SOTTOZONA PREDAPPIO

All’interno della stessa Predappio possono essere infatti identificati almeno quattro differenti conformazioni di suolo, che tagliano la sottozona da nord a sud, in maniera piuttosto verticale. Spostandosi dalla zona costiera verso gli Appennini, si trovano i Terrazzi di Fondovalle composti da sabbie, ghiaie e argille alluvionali (Olocene) al caratteristico “Spungone“, nome con il quale in Romagna si definiscono le sabbie cementate con vene di calcare arenaceo poroso (Pliocene medio). Il cuore di Predappio è costituito da arenarie tenere, ovvero marne arenacee (Tortoniano).

Di grande interesse, sempre in quest’area, la formazione gessoso-solfifera dei sedimenti evaporitici (Messiniano). Infine, appena al di là della Toscana – o appena al di qua della Romagna, a seconda dei punti di vista – ecco le arenarie a strati che danno vita a una sorta di effetto torta millefoglie (epoca del Tortoniano e del Serralunghiano).

Una geografia, quella delle 16 “Sottozone del Romagna Sangiovese Doc” che stravolge l’immaginario collettivo della Romagna, considerata da molti una terra “piatta”, contraddistinta da forme di coltivazione intensiva, a un passo dalla costiera del mare Adriatico. Nulla di più sbagliato. Il territorio di Predappio è un crocevia di curve che si aprono su paesaggi collinari incantati, in cui regna la biodiversità. Spesso i vigneti, che si spingono fin oltre i 400 metri di altitudine, sono affiancati da oliveti e boschi.

ROMAGNA DOC SANGIOVESE PREDAPPIO: I VINI DA NON PERDERE

E se c’è una cantina su tutte che può mostrare quanto variegato sia il territorio di questa fetta di Italia, quella è l’Azienda agricola Pandolfa, che destina i vigneti “di quota” alla produzione dei vini della linea Noelia Ricci. Il nome rende onore alla donna che, tra le prime, diede impulso alla viticoltura a Predappio, costruendo negli anni Settanta una cantina nei sotterranei della Pandolfa, villa del Settecento situata a Fiumana (FC), nella zona nord-orientale della sottozona. Oggi l’azienda si è dotata di un polo produttivo a sé stante, ai piedi della collina dominata da Villa Pandolfa, ed gestita da Marco Cirese e dalla moglie Alice Gargiullo.

Si raggiunge la vetta, a circa 350 metri sul livello del mare, solo a bordo di un fuoristrada. Qui il territorio pianeggiante lascia spazio a ripidi vigneti e a un pianoro di Sangiovese ad alberello, fortemente voluto da Marco Cirese. L’uva giova di un’escursione termica importante e i vini Noelia Ricci si riconoscono a vista, dal colore meno scuro e dalle note che delineano un Sangiovese d’Appennino. Lo stesso stile che contraddistingue i due vini prodotti dalla giovane Chiara Condello, tra le viticoltrici italiane più dinamiche oggi presenti nel variegato mondo del Sangiovese. Una star emergente, capace di regalare un Predappio 2020 che abbina pienezza del succo e verticalità minerale, con la delicatezza del petalo di viola e di un tannino fitto ma finissimo.

LA SVOLTA GIOVANE DEL SANGIOVESE DI ROMAGNA

Altro giovane da non perdere, in zona, è Pietro Piccolo-Brunelli, che con il suo “Cesco” 2020 da Sangiovese allevato a 350-400 metri sul livello del mare, suggerisce accostamenti concettuali con la stilistica dei grandi Pinot Nero internazionali: eleganza è la parola d’ordine assoluta. Per trovare una mineralità quasi vulcanica, certamente sulfurea, il riferimento è Fattoria Nicolucci: il “Tre Rocche” 2020 di Alessandro Nicolucci fa da degno contraltare alla Riserva “Vigna del Generale”, con ricordi umami a giocare attorno a un succo polposo e ai ricordi di erbe aromatiche.

Tra le cantine da non perdere nell’annata della svolta (la 2020, per l’appunto) utili a comprendere quanto reali siano le chance di Predappio nella “Next generation Sangiovese”, ci sono poi Drei Donà di Ida ed Enrico Drei Donà, con il loro caldo e polposo “Notturno”; Stefano Berti, con l’intrigante e slanciato “Ravaldo”; Rocca Le Caminate di Antonio Fabbri, con il suo “Sbargoleto”, sapido e goloso.

E ancora: Cantina La Fornace delle famiglie Pazzi e Valentini, con il saporito e ben estratto “Cassiano”; Francesco Zanetti Protonotari Campi di Villa i Raggi, col suo “Colmano di Predappio”, che nel suo essere ancora contratto mostra tutta la longevità del Sangiovese di Predappio. E Filippo Sabbatini con “Mezzacosta”, tutto frutto rosso e fiori. La Toscana è avvisata.

LOCANDA APPENNINO: OVVERO DOVE MANGIARE (E DORMIRE) A PREDAPPIO

Locanda Appennino (via Strada Nuova, 48) è la location da scegliere ad occhi chiusi come base per la scoperta del territorio di Predappio e del Romagna Doc Sangiovese. Un immobile del 1958 completamente ristrutturato dal titolare, Jacopo Valli, imprenditore che vanta numerosi locali di successo anche all’estero. Locanda Appennino è il frutto della passione per la ristorazione e l’ospitalità di un gruppo di professionisti del settore, che lavorano in grande sinergia per regalare agli ospiti un’esperienza a 360 gradi.

Alla base del progetto c’è il ristorante, che sotto la direzione dello chef Alan Bravaccini offre – ça va sans dire – una cucina tradizionale romagnola con prodotti stagionali e selezionati del territorio. Gettonatissimo anche il “reparto” pizzeria, con forno a legna. La cantina della Locanda, curata dal sommelier Roberto Celli, è il vero cuore pulsante del locale, con ampia scelta di vini delle migliori realtà locali (e non solo).

La panoramica sul Sangiovese romagnolo, in primis su quello di Predappio, è davvero profonda. Non mancano ovviamente le denominazioni italiane ed estere più ricercate, tra cui lo Champagne. Cinque le camere di Locanda Appenino, ognuna pensata per far rivivere un «angolo di casa».

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Approfondimenti

Esordio a Vinitaly per il Romagna Doc Famoso di Mercato Saraceno


Per la prima volta a Vinitaly il Famoso di Mercato Saraceno nella sua nuova “veste” di vino Doc. Il bianco aromatico autoctono della Valle del Savio si presenterà con una nuova etichetta. A
seguito del Decreto del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali il Famoso, classificato sino allo scorso anno nel cesenate all’interno della Igt Rubicone, è stato introdotto nella Doc Romagna con la specifica menzione Mercato Saraceno.

Un provvedimento molto atteso sul territorio, che consacra il legame speciale esistente tra l’omonimo comune mercatese e questo vino, la cui originalità è stata riconosciuta dal Polo di Tebano attraverso analisi del Dna. Un’uva riscoperta alla fine degli anni Ottanta da Elio Montalti, nelle prebenda della parrocchia di Montesasso.

TORNA IN AUGE IL FAMOSO DI MERCATO SARACENO

Veniva utilizzato per la produzione di vino grazie ai suoi profumi intensi. Da alcuni anni il Famoso di Mercato Saraceno è tornato in produzione grazie alla disponibilità e alla collaborazione della famiglia Montalti, che ha consentito alle cantine di Mercato Saraceno di recuperare le piante originali.

Il terroir mercatese con i suoi particolari suoli, oltre alla notevole escursione termica, è in grado di conferire grande freschezza e mineralità al vino, bilanciando la parte aromatica tipica del vitigno e dando vita a un sorso piacevole. L’appuntamento con il primo Romagna Doc Famoso di Mercato Saraceno è al Padiglione 1 (Emilia Romagna) allo stand C8-D14.

[Photo credits: Tenuta Casali – Mercato Saraceno]

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Vini al supermercato

Romagna Doc Trebbiano, Vigneti Romio: l’ultimo arrivato in casa Caviro

Romagna Doc Trebbiano Vigneti Romio è la nuova referenza dell’omonima collezione di Caviro, ideata per celebrare il patrimonio vitivinicolo romagnolo attraverso i vini Doc più caratteristici.

La linea, come spiega il gruppo di Forlì, è destinata al canale della grande distribuzione , ovvero il mondo dei supermercati. Vuole essere «espressione della Romagna più autentica, intesa non solo come luogo ad alta vocazione vinicola, ma anche come uno stile di vita».

LA WEB-SERIE CON PAOLO CEVOLI

Come tutte le referenze di Vigneti Romio, la bottiglia racconta un tratto distintivo della cultura romagnola attraverso la sua raffigurazione in etichetta, per mano di un’artista del territorio.

Tra i principali archetipi della tradizione di Romagna – il Sognatore, il Romantico, il Leggendario, lo Spensierato, l’Audace – c’è la figura dell’Audace, il soggetto del nuovo episodio di “Ti verso una storia”.

La web-serie, nuovo progetto di comunicazione digitale prodotto da Caviro, vede l’attore romagnolo Paolo Cevoli nella veste di storyteller e gli stereotipi delle etichette della collezione nel ruolo di protagonisti.

Nel nuovo appuntamento, Cevoli conduce lo spettatore in un’officina meccanica, cornice di una storia in cui rock, motori e sentimenti si intrecciano. Un racconto in cui si alternano grandi passioni, aspirazioni e legami autentici che sorprendono lo spettatore sul finale per la loro spontaneità.

È così che l’uomo dei motori, dopo aver intrapreso un viaggio solitario, si rivela nella sua natura più romantica e fa ritorno a casa dove ad attenderlo c’è l’abbraccio della sua musicista. Lo stesso Romagna Doc Trebbiano, grande classico del territorio, diviene un simbolo del legame alla vita e alla terra.

LA LINEA VIGNETI ROMIO

Alla vista si presenta con un colore giallo paglierino deciso e riflessi tendenti al verde. Al naso rivela profumi floreali delicati e persistenti dove prevalgono fresche note di mela seguite da fiori d’acacia.

Sentori familiari e riconoscibili che riportano alla memoria sensazioni conosciute e mai sopite, confortanti e accoglienti, come il sapore di casa. Primo vino della linea Vigneti Romio è stato il Romagna Doc Sangiovese Superiore Riserva, vino iconico della tradizione enologica del territorio.

È stata poi la volta del Romagna Novebolle Doc Spumante Bianco, referenza nata dalla riscoperta e reinterpretazione della tradizione spumantistica romagnola di inizio ‘900, con l’approccio contemporaneo dei viticoltori più esperti della zona.

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Vini al supermercato

Vignaioli Fivi al supermercato: Romagna Doc Sangiovese Predappio 2018 “Notturno”, Drei Donà

(5 / 5) Non solo il Mercato di Piacenza o le fiere del vino. Alcuni vignaioli Fivi (Federazione italiana vignaioli indipendenti) scelgono il supermercato come canale di vendita per le loro etichette. È il caso di Drei Donà e del suo Romagna Doc Sangiovese Predappio 2018 “Notturno”, disponibile in alcuni supermercati Conad. Un’etichetta dall’ottimo rapporto qualità prezzo, che si aggiudica il massimo dei “cestelli” a disposizione (5 su 5) nella speciale scala di valutazione di Vinialsuper.

LA DEGUSTAZIONE
Il Romagna Doc Sangiovese Predappio 2018 “Notturno” di Drei Donà si presenta nel calice del tipico colore rosso rubino intenso, con tinte violacee. Al naso preziosi richiami di frutta rossa, uniti ad accenni erbacei, mentolati. Perfetta la corrispondenza al gusto.

“Notturno” si dimostra un concentrato di frutta e spezie, che ben si bilanciano in un sorso preciso, elegante, fresco. Un vino rosso che si contraddistingue per la piacevolezza della beva, non per questo banale.

Perfetto a tutto pasto, accompagna piatti di salumi, primi e secondi a base di carne. Non ultimo, si tratta di un vino già godibile al momento, ma con la carta d’identità in regola per affinare in bottiglia per i prossimi 3-5 anni.

LA VINIFICAZIONE

Sangiovese al 95%, completato da un 5% di Cabernet Franc. Questa la base ampelografica del Notturno di Drei Donà. Le piante affondano le radici in un terreno di medio impasto, argilloso-limoso, con una presenza di sabbia che si aggira attorno al 3-4%.

I vigneti dedicati alla produzione di questo Romagna Doc Sangiovese Predappio 2018 si estendono per 11,25 ettari e registrano una resa media di 82 quintali (61 ettolitri). La vendemmia delle uve del Notturno avviene generalmente in occasione della seconda o terza decade di settembre.

La vinificazione prevede la fermentazione in vasche di acciaio inox, per un periodo variabile tra i 10 ed i 14 giorni, ad una temperatura controllata tra i 28° e i 30°, con rimontaggi giornalieri. Anche la fermentazione malolattica ha luogo in acciaio inox.

Fondamentale il successivo periodo di affinamento per il Sangiovese Notturno, che avviene in grandi fusti di rovere per circa 7-8 mesi, “al fine di conferirgli quel piacevole equilibrio frutto-legno”, spiega il produttore.

Prezzo: 9,50 euro
Acquistabile presso: Conad

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degustati da noi Food Lifestyle & Travel news news ed eventi vini#02

Sette vini della Romagna da scoprire, nelle Terre dello Spungone


Bertinoro, Predappio, Meldola, Castrocaro Terme e Terra del Sole. Centri nevralgici della “Romagna da mangiare” e “da bere”. Con la loro gastronomia e i loro vini “lenti”. Così lontani dalla frenesia della Riviera. Eppure così vicini al mare, semplicemente perché ce l’hanno dentro. O, meglio, sotto. Si chiama “Spungone” la formazione rocciosa composta da conchiglie e fossili presente nei vigneti situati fra il torrente Marzeno, nel Comune di Brisighella (RA), e Capocolle, frazione di Bertinoro (FC).

La parola d’ordine, nel calice, è “mineralità“. Una qualità dibattuta tra gli esperti, a colpi di ricerche e contro ricerche, più o meno scientifiche, volte a identificarne l’essenza. Fatto sta che i vini delle “Terre dello Spungone” risultano spesso rispondenti alla percezione di pietra bagnata e “zolfo”.

L’autoctona Albana – prima Docg a bacca bianca d’Italia, nel 1987 – e il rosso Sangiovese, presente con alcuni biotipi come quello di Predappio, sono accomunati anche da un’acidità piuttosto marcata. Caratteristiche legate proprio alla presenza di questa formazione, di natura calcarea.

In alcuni punti, lo spungone riaffiora dal terreno come uno scoglio. In altri si mescola alla terra, ormai polveroso, rivelando la sua natura friabile. Sopra a veri e propri “atolli” di spungone sorgono alcune tra le rocche più belle d’Italia.

Spettacolare, oltre alla nota Rocca di Bertinoro (sede del Museo Interreligioso), la Fortezza di Castrocaro, patrimonio comunale e “casa museo” allestita e gestita dallo studioso Elio Caruso. All’interno, ci si può immergere tra le pareti verticali di spungone: un’area che sarà inaugurate a breve, diventando accessibile al pubblico.

Eppure sono solo 7 mila i visitatori che ogni anno scelgono come meta la Fortezza di Castrocaro, a fronte dei 40 mila attesi dopo la ristrutturazione, avvenuta nei primi anni Duemila. “L’idea di dare lavoro ad alcuni giovani del posto è naufragata”, ammette Caruso.

Un progetto di valorizzazione che non è stato abbandonato, nel rispetto di un edificio costruito prima dell’anno Mille e ultimato in circa 700 anni. Un’eternità. C’è ancora tempo, insomma, prima di dare per persa la battaglia col turismo, dopo anni di incuria che hanno risparmiato una buona parte dell’imponente fortificazione.

A dare fiducia è l’imminente aggiunta del Comune sparso di Castrocaro Terme e Terre del Sole tra le tappe della Via Romea Germanica, tra i più suggestivi pellegrinaggi d’Europa, pensato alla fine del 1200 dall’Abate Alberto del Monastero Benedettino della Santa Vergine Maria di Stade, in Germania, che lo descrive in un’opera.

Ad annunciarlo è Vanessa Petruzzi, Tourism promotion Sales manager dell’ente romagnolo, che potrà così contare presto su un’altra gemma, da affiancare allo stabilimento termale oggetto di un imponente ampliamento e ammodernamento, proprio negli ultimi mesi.

Nelle “Terre dello Spungone”, vino, gastronomia e benessere fanno rima anche con la mobilità sostenibile, legata alla bicicletta. Lo sa bene Luigi Barillari. Col suo “Bike To” (www.biketo.it) si percorre in sella alle e-bike, le biciclette con la pedalata assistita, il Parco fluviale “Giovanni Falcone” di Castrocaro, lungo le sponde del Montone.

I quattro chilometri e mezzo di sentiero – “quasi tutto in pianura”, rassicura la guida – sono una perla per chi ama la natura. Per i più temerari la possibilità di raggiungere Forlì, proseguendo per altri 10 chilometri. In progetto per il futuro il collegamento del Parco fluviale di Castrocaro con Cervia, vera e propria porta verso Venezia.

Stratificata anche l’offerta della ristorazione nelle “Terre dello Spungone”. Per gli appassionati del buon vino o per chi è a caccia del selfie da incorniciare, magari al tramonto, la scelta non può che ricadere sul “balcone della Romagna” di Ca’ de Be, nel cuore di Bertinoro.

Il ristorante è accessibile dalla piazza che ospita la Colonna delle Anella, sede delle celebrazioni del Rito dell’Accoglienza, vera e propria parola d’ordine in tutta la regione del centro Italia.

E Ca’ de Be è solo uno dei progetti di “accoglienza enogastronomica” di Simone Rosetti, owner e sommelier di questo vero e proprio “place to be” romagnolo, per la cura della materia prima (farina da grano locale per la piadina e verdure dell’orto privato) oltre che per la location romantica, simbolica e rigenerante.

Stuzzicante e al limite del provocatorio, sempre a Bertinoro, la cucina dello chef Edoardo Zamagni a “La Svineria“, l’enoristorante di Lorenzo Rossi, ai piedi della salita che porta alla piazza principale del paese.

Ottima anche qui la materia prima, non sempre locale ma di certo selezionatissima. La affianca una carta dei vini di tutto rispetto, che spazia dalle vere e proprie eccellenze romagnole (con attenzione alle cantine di Bertinoro) a quelle nazionali, con particolare predilezione per i rossi della Toscana e del Piemonte.

Un tentativo, quello del giovane imprenditore e dell’altrettanto giovane chef, di alzare l’asticella in una Bertinoro che vive ancora di piatti (e impiattamenti) tradizionali e tradizionalisti. Un tocco di modernità distintiva, tutt’altro che pacchiana. Un “esperimento” da incoraggiare.

Più casereccia, ma proprio per questo meritevole di essere testata, la cucina della Vecia Cantena d’la Prè, a Predappio: tappa fondamentale dopo la visita alla casa di Mussolini, costruita appunto con lo spungone, e agli edifici che trasudano Razionalismo.

Qui il must – oltre alla visita delle cantine storiche che si dipanano nei sotterranei – è l’assaggio del Formaggio della Solfatara di Predappio Alta, destinato a diventare quantomeno De.Co. (Denominazione comunale).

A prepararne tra i 5 e i 6 quintali ogni anno è la Pro Loco locale, che si occupa dell’affinamento delle forme da 1,2 chilogrammi, nella cava di zolfo ormai in disuso a Predappio Alta.

La stessa solfatara ogni anno, sin dal 1982, diventa teatro di uno dei presepi più grandi della Romagna. Un altro motivo di attrattiva turistica, dal momento che i presepisti chiamati all’allestimento godono di grande fama. Il presepe 2019 sarà a cura di Andrea Fontana, artista “autoctono”, originario di Lugo di Romagna (RA).

Arte che diventa intrattenimento, sempre nelle “Terre dello Spungone”, a Meldola. Il paesino, caratterizzato dal bel Loggiato Aldobrandini, di epoca rinascimentale, sembra indicare la via per il Teatro Dragoni. Trecento posti a sedere e un loggione da 30 posti, spesso occupati con facilità, grazie a spettacoli dialettali e a una stagione che ha visto, negli anni, salire sul palco interpreti come Gaber.

Accanto al teatro, lungo la salita che conduce alla Rocca di Meldola, l’Arena Hesperia, costruita nel XIX secolo e oggi sede del Museo del Baco da seta “Ciro Ronchi”: “Le filande erano fiorenti e numerose – spiega il direttore Luciano Ravaglioli – e Meldola è l’unico Comune che vanta una razza di baco, che porta lo stesso nome, come testimonia la Stazione Bacologia di Padova”.

Sempre a Meldola, da non perdere il Museo dell’Ecologia diretto dallo studioso Giancarlo Tedaldi nella Chiesa sconsacrata della Madonna del Sasso. Un percorso ideale nella Romagna della biodiversità, con interessanti reperti storici e la presenza di animali imbalsamati, testimoni fedeli della fauna locale.

SETTE VINI DA NON PERDERE NELLE “TERRE DELLO SPUNGONE”


Romagna Doc Sangiovese Superiore Riserva 2016 Predappio di Predappio “Vigna del Generale”, Fattoria Nicolucci: 94/100

In assoluto il miglior Sangiovese degustato in tre giorni di tour nelle “Terre dello Spungone”. Un vino, questo di Alessandro Nicolucci (10 ettari totali per 90 mila bottiglie complessive) che ha tutto per competere a livello nazionale e internazionale con i grandi rossi.

Colore rosso rubino carico, mediamente trasparente. Frutto di grandissima precisione, con ricordi particolari di ribes, lampone. Accenni di inchiostro, riscontrabili anche in grandi Sangiovesi toscani, e richiami all’arancia sanguinella, succosa, matura. Leggera speziatura nera.

Al palato, oltre alla perfetta corrispondenza, il cru di Nicolucci rivela gran complessità, grazie a un utilizzo maestoso del legno e a una freschezza rigenerante. Tannino elegantissimo ma presente coi suoi rintocchi sabbiosi. Poi liquirizia e un accenno leggero di cuoio. In chiusura le erbe aromatiche e una vena sapidità che chiama il sorso successivo.

Romagna Doc Sangiovese Riserva Bertinoro 2014 “P. Honorii”, Tenuta La Viola: 92/100
Splendida esecuzione di Sangiovese romagnolo in un’annata non semplice. Una di quelle in cui i vignaioli hanno però occasione di dimostrare di che pasta sono fatti. Sorprendente l’equilibrato tra la componente fresca e la totale ed assoluta godibilità succosa del frutto, a sua volta colto nella sua piena ma perfetta maturità, senza la minima sbavatura.

Leggerissimo accenno selvatico che porta ancora una volta il confronto su toni alti, coi vicini della Toscana. Non manca il cuoio. Sempre al naso, la balsamicità data mentuccia e macchia mediterranea.

Corrispondenza perfetta per un palato che gode di una gran freschezza, di un tannino elegante e di prospettiva, che si diverte a fare da contraltare a un frutto di gran concentrazione. Lungo e fresco anche il finale, su accenni di macchia mediterranea e iodio.

Romagna Doc Sangiovese Superiore 2017 “Il Prugnolo”, Tenuta Villa Trentola: 91/100
Austero, “territoriale”, ha bisogno di tempo per aprirsi. Concederglielo è un dovere, perché poi lo fa benissimo e diventa uno splendore. Mora, ma ancor più lampone, oltre ad accenni precisi all’arancia sanguinella. In bocca, più che sul frutto, è un Sangiovese giocato sulle durezze, spiegate da un tannino elegante, che parla di prospettive future ottime. Non ne risente al momento la bevibilità, che non potrà che divenire sempre più agile col passare dei mesi.

Romagna Doc Sangiovese Predappio 2017 “Notturno”, Drei Donà: 90/100
Classico rubino mediamente trasparente. Frutto rosso di gran precisione: ribes e fragoline di bosco. Naso che gioca soprattutto su una gran profondità, su note di erbe aromatiche, timo, mentuccia e accenni di spezia nera.

In bocca una gran concentrazione e un tannino che, pur essendo ancora in fase di integrazione, si mostra in cravatta, su note di cioccolato. Corrispondente al palato, dove convince per la grandissima freschezza e parla ancora di una buona prospettiva futura.

Romagna Doc Sangiovese Superiore 2017 “Girapoggio”, Bissoni: 88/100
Avete presente l’estate e quella voglia che ogni tanto t’assale di versarti un rosso fresco “da frigorifero”, che sappia dissetare e, al contempo, far sorridere dalla gioia? Eccolo.

“Girapoggio” è il classico vino che gioca con lo spazio: largo, per la componente data della frutta matura (lampone nettissimo, succoso), ma al contempo profondo al naso, con richiami di macchia mediterranea e spezia.

In bocca l’ingresso è morbido, ancora una volta largo, “piacione” e “femminile” per certi suoi versi sinuosi. Splendido appunto se servito con qualche grado in meno rispetto a quelli canonici per il vino rosso da uve Sangiovese.

Romagna Albana Docg 2018 “Frangipane”, Tenuta La Viola: 87/100
Giallo paglierino acceso. Biancospino netto, salvia, ma naso in generale non esplosivo o particolarmente generoso. La componente fruttata ricorda il melone giallo, giustamente maturo.

Il nettare poi si scalda e dà il meglio di sé. In bocca gran bella freschezza e verticalità. Chiusura che la alleggerisce, senza snaturarla, sempre sul frutto giustamente maturo (pesca gialla). Chiusura asciutta, pulita.

Pagadebit di Romagna Doc 2018 “San Pascasio”, Campodelsole: 86/100
Buona prova sulla Denominazione Pagadebit di questo colosso da 700 mila bottiglie che opera principalmente nella Grande distribuzione, con catene come Esselunga. Il Pagabebit di Campodelsole piace per la sua estrema godibilità, specie alla corretta temperatura di servizio. Il classico vino capace di chiamare il sorso successivo, in maniera “compulsiva”: semplice, beverino ma non banale. Ben fatto.

Giallo paglierino leggermente velato e naso di biancospino, con predominanza minerale. Accenni di nocciola tostata. La componente fruttata si decide su trame esotiche. In bocca sorprende per la gran sapidità e freschezza: caratteristiche che riescono a compensare molto bene (e a riequilibrare) la maturità “morbida” del frutto.

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degustati da noi news vini#02

Bolé Novebolle, Metodo classico da Viognier e Piwi: a CerviaINbolla frizzano le novità

CERVIA – Dal Romagna Doc Spumante Bolé Novebolle, allo spumante Metodo Classico base Viognier, passando per i vitigni resistenti (Piwi). Un mare di novità e conferme a CerviaINbolla 2018. Tutti attorno a calici ribollenti, per un evento che si è rivelato più mondano che tecnico, legato dunque al piacere di condividere il nettare di Bacco senza troppe formalità.

Ben organizzato nella suggestiva location degli storici Magazzini del sale di Cervia, l’appuntamento ha visto una buona affluenza di persone che hanno potuto assaggiare eccellenze spumantistiche da 10 denominazioni diverse. Oltre alle specialità gastronomiche custodite nei vari food corner.

Piccoli produttori ed etichette meno note ad affiancare nomi rinomati delle bollicine italiane. Presenti in degustazione a CerviaINbolla 2018 non solo spumanti, ma anche alcuni vini fermi.

I MIGLIORI ASSAGGI
Conferme – e non poteva essere altrimenti – per gli spumanti di montagna. Ferrari (presente con la linea Maximum), Letrari (Brut e Brut Rosè) e Arunda (Pralien e Brut Rosè) non deludono le aspettative confermandosi produttori d’eccellenza, a partire dalle linee base.

Anche la Franciacorta si dimostra in linea con le aspettative. Antica Fratta, Villa Franciacorta, Quadra presentano prodotti senza sbavature.

Stesso discorso per l’Oltrepò pavese – ben rappresentato da Monsupello e Calatroni – e per il Veneto, dove Ruggeri sbanca la concorrenza del Prosecco col suo Valdobbiadene Superiore Docg Giustino B., vecchia conoscenza per i lettori di vinialsuper.

Interessante l’assaggio di Bolé Novebolle Romagna Doc Spumante, prodotto dalla joint venture Caviro-Cevico. Un metodo Martinotti (30 giorni) composto da un 95% di Trebbiano e un 5% di Famoso, 9 g/l di dosaggio.

Floreale e fruttato, con un tocco di frutta esotica, in bocca risulta facile e morbido pur conservando una certa vena di acidità. Un sorso piacevole e poco impegnativo, quasi sbarazzino.

Dicevamo, piacevoli scoperte. Prima fra tutte è Solatio di Tenuta la Pennita. Metodo Classico millesimo 2013, 38 mesi sui lieviti. Solo 2 mila bottiglie: 100% Viognier da meno di 2,5 ettari di vigna.

Un produzione tanto piccola da non essere neppure a catalogo aziendale. Giunto ormai alla quarta vendemmia, questo brut seduce con gentilezza. Naso intenso ma non invadente. La crosta di pane è presente, ma non sovrasta le piacevoli note fruttate.

Albicocca, pesca gialla e prugna bianca mature che si sposano a note fresche di scorze d’agrumi ed una leggera nota speziata. In bocca entra morbido per poi crescere in acidità e sapidità.

Restano impressi nella mente i due prodotti presentati da LieseleHof, cantina altoatesina già incontrata da vinialsuper durante il Merano Wine Festival 2017 e segnalata tra i migliori assaggi. Vino del passo è un bianco fermo da vitigno Piwi Solaris.

Molto complesso, avvolge il naso con note floreali, note di frutta esotica come ananas e litchi ma anche frutti bianchi come pesca, note morbide di miele ed una leggera spezia (pepe bianco). Strutturato, minerale, persistente e con una chiusura leggermente amaricante.

LieseleHof Brut è invece uno spumante metodo ancestrale con sboccatura (“metodo LieseleHof” come ci tiene a specificare la cantina, visto il lavoro di perfezionamento della tecnica). Vitigno Piwi Souvignier gris, 30 mesi sui lieviti. Fresco la naso. Lime, mela renetta, pesca gialla, lievito. In bocca è morbido e setoso con finale elegante.

Interessante la proposta di Azienda Agricola Randi. Quattro vini, due bianchi da uve Famoso (Rambela Bianca e Ramba) e due rosati da uve Longanesi (Bruson Rosè Brut e Rosa per Fred).

Rambela Bianca è un vino fresco ed immediato, frutti a polpa bianca ed agrumi al naso, secco e morbido, con chiusura amarognola del sorso. Ramba è un metodo ancestrale, velato e con buon perlage che accoglie con profumi di mela verde e macchia mediterranea. Piacevolmente fresco al sorso ha nella buona persistenza la stessa vena amaricante di Rambela Bianca.

Bruson Rosè Brut avvolge in naso con piccoli frutti rossi ed accarezza il palato con un bolla non invasiva, ma è Rosa per Fred a sorprendere. Metodo ancestrale senza sboccatura si presenta di colore carico, quasi rubino, e velato.

Naso pulito ed inteso, quasi balsamico, ricco di frutti rossi maturi ed erbe aromatiche. Sorso pieno, secco, fresco e leggermente tannico. piacevolissima persistenza. Elegante e fine l’ormai noto Pertinello Brut Blanc de Noir 2014 da uve Sangiovese.

Vincente anche il trittico presentato da Azienda agricola Nevio Scala, noto per il suo trascorso di successo nel mondo del calcio italiano. Tre vini da Garganega in purezza con raccolta e lavorazione differente ed utilizzo di lieviti indigeni.

Gargante, rifermentato in bottiglia, è fresco e bevernio con bella nota fruttata. Diletto (fermentazione in acciaio) è altrettanto fruttato con una evidente spalla agrumata. Contame è invece un macerato dai profumi più vicini alla frutta surmatura che coinvolge in bocca per la sua grande sapidità.

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Romagna Doc Spumante: se ne parla a Faenza

FAENZA –Bollicine e territorio: la Romagna si muove e chiama l’Unione Europea”. Questo il titolo dell’incontro alla Fiera di Faenza domani, lunedì 26 febbraio, alle 20.30.

La serata chiama a raccolta tutto il mondo vitivinicolo della Romagna con particolare riferimento ai produttori di sparkling wine.

Secondo i dati del Consorzio Vini di Romagna lo scorso anno sono stati imbottigliati 5,4 milioni di bottiglie di vini frizzanti Igt con indicazioni romagnole, 900 mila di spumanti sempre Igt, inferiori sono stati i numeri per i vini a denominazione di origine controllata (Doc Romagna): 12mila bottiglie frizzanti, e 38mila spumanti.

Il trend pare destinato a crescere ancora di più, all’orizzonte poi c’è l’aggiornamento della Romagna Doc Spumante. Un progetto (criticato da associazioni come Fivi, la Federazione italiana Vignaioli indipendenti) che nasce “dall’esigenza di traguardare la viticoltura romagnola nei prossimi 20 anni, cercando di generare valore aggiunto attraverso una qualificazione dei disciplinari”.

Sempre secondo il Consorzio, lo spumante Romagna Doc favorirebbe “un forte impegno nell’innalzamento qualitativo delle produzioni e un altrettanto forte impegno nella capacità di intercettare i trend ed i mercati, nazionali ed esteri, maggiormente remunerativi per i produttori”.

Un pensiero rivolto sopratutto alle varietà autoctone, con la seconda fase che dovrà essere dedicata al Sangiovese di collina. Il progetto è promosso dal Consorzio Vini di Romagna con tutti i produttori impegnati a livello di Consiglio di amministrazione, commissioni tecniche e valorizzazione, in stretta sinergia con il coordinamento vino di Alleanza Cooperative Agroalimentari.

Non è un caso, appunto, che all’incontro a Faenza prendano parte i principali protagonisti del mondo vitivinicolo della Romagna e non solo: Paolo De Castro (nella foto) Vice presidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, Stefano Bonaccini Presidente della Regione Emilia Romagna, Simona Caselli Assessore regionale all’Agricoltura.

Al convegno “Bollicine e territorio: la Romagna si muove e chiama l’Unione Europea” parteciperanno anche Ruenza Santandrea Coordinatrice settore vino Alleanza Cooperative Agroalimentare, Carlo Dalmonte Presidente Caviro, Marco Nannetti Presidente Terre Cevico, Giordano Zinzani del Consorzio Vini di Romagna, Mauro Sirri delle Cantine Celli di Bertinoro. Coordina la serata Antonio Farnè, caporedattore del Tg3 Emilia Romagna.

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Sangiovese e Albana: nozze d’oro per le Doc di Romagna

BOLOGNA – Il 2017 enologico della Romagna sarà ricordato anche per un importante triplo anniversario: 50 anni della Doc del “Romagna Sangiovese” e del “Romagna Albana” e i 30 anni della Docg “Albana”.

Un traguardo importante per i due vitigni più rappresentativi della tradizione enologica romagnola, che è stato l’oggetto nei giorni scorsi di un evento conviviale organizzato dal Consorzio Vini di Romagna, in collaborazione con l’Enoteca Regionale Emilia Romagna.

All’evento, ospitato all’azienda Palazzona di Maggio di Ozzano dell’Emilia (BO), hanno partecipato i rappresentanti di tutti i Consorzi di Tutela emiliano romagnoli e numerosi produttori.

“Aver ottenuto e poi migliorato le Denominazioni d’Origine per i nostri vini – ha sottolineato Giordano Zinzani, presidente con Consorzio Vini di Romagna – è stato una leva importantissima perché l’enologia della Romagna, e della Regione tutta grazie alle altre Doc, cambiasse notevolmente le proprie abitudini e crescesse gradualmente in qualità”.

“Le denominazioni – ha aggiunto Zinzani – hanno aiutato a migliorare la conduzione dei vigneti e in cantina e, a distanza di 50 anni, sono evidenti le differenze rispetto ad allora. Oggi vantiamo un’enologia più moderna, più vocata all’esportazione e che, pur mantenendo le radici salde alla tradizione e al territorio, si evolve in modo costante”.

Il Consorzio vini di Romagna è stato costituito nel 1962 col nome di “Consorzio per la difesa dei vini tipici romagnoli e denominazione d’origine” anche se, a quell’epoca, la regione non aveva ancora vini a denominazione d’origine.

La prima Doc arrivò 5 anni dopo, nel luglio 1967, ed ha riconosciuto il Sangiovese di Romagna come il quindicesimo vino in Italia a ottenere la denominazione e primo in Emilia Romagna.

Sempre nello stesso mese dello stesso anno, a distanza di qualche giorno, fu riconosciuta la Doc l’Albana di Romagna. Dopo 20 anni, nel 1987, l’Albana di Romagna ha poi ottenuto la Docg, prima denominazione controllata e garantita per un vino bianco in Italia.

Nel 2011, anche per una maggior tutela dei prodotti, sono state poi unificate le varie denominazioni sotto quella unica di Romagna Doc per dare un’identità al patrimonio vinicolo locale e si sono aggiunte anche le menzioni geografiche con 12 sottozone.

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