Vendemmia 2021 in Lombardia Franciacorta e Oltrepo pavese aprono le danze
Taglio delle rese in Oltrepò pavese per l’Igt Provincia di Pavia Pinot Nero e Pinot Grigio. Regione Lombardia ha approvato la delibera con cui si prevede di regolamentare la raccolta delle uve provenienti dai due vitigni mediante la riduzione di resa massima di uva per ettaro.
A partire dalla vendemmia 2022 è stabilito un massimo di 17 tonnellate ad ettaro, sia per il Pinot nero che per il Pinot grigio idoneo all’Igt Provincia di Pavia con specificazione di vitigno. La precedente normativa prevedeva un massimale di 20 tonnellate. «Un provvedimento atteso da mesi», commenta l’assessore regionale lombardo all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi, Fabio Rolfi.
Vogliamo che le bottiglie dell’Oltrepò pavese abbiano il giusto valore – aggiunge – sia per la redditività degli agricoltori che per le ricadute in termini di immagine su un intero territorio vitivinicolo, dove viene prodotto il 40% del vino lombardo».
Il provvedimento è stato trasmesso al Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, all’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf) – Ufficio di Milano, all’organismo di controllo Valoritalia, al Consorzio tutela vini Oltrepò Pavese e alle Organizzazioni di categoria che hanno approvato la proposta di riduzione delle rese di Pinot Nero e Pinot Grigio Igt Provincia di Pavia.
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Conegliano Valdobbiadene blocco rivendicazioni fino al 2023 e riduzione delle rese
Riduzione della resa, stoccaggio, misure sui vini da taglio, blocco della rivendicazione dei nuovi vigneti e immissione al consumo dal 1° gennaio 2022 dell’annata 2021. Queste le decisioni varate dall’assemblea dei soci del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg, riunitasi ieri a Pieve di Soligo. All’ordine del giorno le tematiche relative alla vendemmia 2020.
In particolare, è stata ridotta a 120 quintali ettaro la resa in vigneto per tutte le tipologie Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg, oltre al supero di campagna del 20% (totale resa ettaro massimo 144 q.li). Lo stoccaggio previsto è di 20 q.li/ha per le tipologie base di Glera e Pinot – Chardonnay atti al taglio e di 10 q.li/ha per la tipologia Rive, per le superfici iscritte all’albo regionale delle vigne e per i prodotti della Denominazione certificati biologico.
Quanto ai vini 2020 atti al taglio (Pinot, Chardonnay) potranno essere utilizzati “per le sole operazioni di taglio con Glera o glera con complementari (verdiso, bianchetta, perera) dell’annata 2020 o successive”, riferisce il Consorzio.
Capitolo centrale il blocco delle rivendicazioni per la campagna vitivinicola 2020/2021 e per le due campagne successive, ovvero fino al 2022/2023, per la Denominazione Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg “per tutti i produttori che nella campagna vitivinicola 2019/2020 hanno rivendicato tale Denominazione”.
“Per coloro invece che si sono avvalsi di rivendicazioni diverse nella campagna vitivinicola 2019-2020 – spiega il Consorzio di Tutela – qualora venisse confermata per la vendemmia 2020 una rivendicazione diversa dal Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg, scatterà il divieto della rivendicazione della Denominazione Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg per le due campagne successive dalla attuale (2020/2021)”.
Le decisioni dell’assemblea riguardano anche l’immissione al consumo dell’annata 2021 dal 1° gennaio 2022, “fermo restando quanto previsto dal disciplinare per le tipologie Rive e Rifermentato sui lieviti”. Misura che dovrà tradursi in una modifica del disciplinare di produzione del Conegliano Valdobbiadene Prosecco.
“Le misure che abbiamo presentato ieri agli associati – spiega il presidente del Consorzio, Innocente Nardi – sono frutto di un’attenta analisi dell’attuale andamento della Denominazione e dei possibili scenari dei prossimi anni nel mondo del vino, soprattutto con riferimento alla Denominazione”.
Sono misure volte a consolidare il valore della Denominazione ed il suo posizionamento sul mercato, a beneficio dei produttori e di tutto il territorio. Queste scelte vanno valutate con una visione d’insieme della Denominazione e non con riguardo al singolo particolare”.
All’incontro hanno preso parte, oltre al presidente del Consorzio, anche il professor Eugenio Pomarici ed il professor Vasco Boatto del Cirve di Conegliano, che hanno esposto i risultati dello studio sull’andamento del mercato vinicolo nazionale ed internazionale ed evidenziato l’importanza strategica del mantenimento del posizionamento della Denominazione sul mercato stesso.
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Fivi Iva al 10 sul vino divide i vignaioli. Tutti i no allipotesi dalla Sicilia al Trentino
È un coro di no quello che arriva dalla “base” di Fivi in merito all’ipotesi di riduzione dell’Iva sul vino al 10%, rispetto all’attuale 22%. La proposta di passare dall’aliquota ordinaria a quella semplificata fino al 31 dicembre 2023 è contenuta in una lettera indirizzata a Roma dalla Federazione italiana vignaioli indipendenti, all’attenzione dei ministri Bellanova e Gualtieri. La missiva, firmata dalla presidente Matilde Poggi, è tuttavia al centro di un acceso dibattito tra gli associati Fivi, dalla Sicilia al Trentino.
Oltre al ribasso dell’imposta sul valore aggiunto, non convince la richiesta di poter emettere la fattura all’incasso, al posto che al momento della consegna o della spedizione del vino. Un’ipotesi che rischia di generare “zone d’ombra nei rapporti con l’Horeca”. In altre parole del “nero“, come sostiene qualche produttore.
Il più duro nei confronti di Fivi è il vignaiolo toscano Edoardo Ventimiglia, tra i più attivi della neocostituita Rete#ilvinononsiferma: “L’associazione di cui faccio parte non mi può mettere le mani in tasca in un momento così delicato – attacca il titolare di Sassotondo – o pensare che un ddt possa assumere valore legale in caso di mancati pagamenti o di necessità di credito bancario: senza una regolare fattura emessa prima o al momento della consegna e della spedizione, la merce è ancora in carico al vignaiolo”.
La riduzione al 10% dell’Iva, pensata per risollevare il settore, non avrebbe inoltre alcun risvolto sui consumatori, in quanto i vini sarebbero a scaffale allo stesso prezzo. Non è chiaro, poi, quali compensazioni dovrebbero essere utilizzate per evitare perdite ai vignaioli.
Il dibattito sulla fiscalità è corretto, ma va affrontato in un contesto più organico e allargato. Meglio sarebbe intervenire, allora, con accordi strutturali sulla scontistica a scaffale, tangibili dal pubblico”.
Fa eco Luigi De Sanctis, vignaiolo Fivi del Lazio: “Avrei consultato dei tributaristi, dei commercialisti, o comunque degli esperti in materia fiscale prima di mettere sul tavolo dei ministri Bellanova e Gualtieri una proposta di riduzione dell’aliquota Iva sul vino, in un momento così delicato per il nostro Paese”.
Con questa proposta non si risolve nulla, anzi ci si perde su un argomento molto scivoloso. Sarebbe stato meglio continuare a insistere sul problema dello stoccaggio: chi produce vini di qualità sa quanto il tempo sia utile per i corretti affinamenti e quanto invece deleteria l’ipotesi della distillazione.
La mancanza di spazi invoglia a vendere il vino prima del necessario. Con l’Horeca ferma, le annate rischiano di sommarsi in cantina e un aiuto dal Governo su questo fronte sarebbe davvero auspicabile”.
Anche la vignaiola siciliana Marilena Barbera esprime diverse perplessità sulla lettera di Fivi: “L’iniziativa è lodevolissima – commenta – perché mira a favorire la ripresa dei consumi e dell’Horeca, ma non si può dire altrettanto delle argomentazioni. Con la riduzione dell’aliquota al 10%, i vignaioli si troverebbero a perdere anzi dei soldi, senza benefici reali né per loro né per il resto della filiera, compreso il consumatore”.
In un momento in cui l’Italia fa appello al Mes perché non ha più soldi per pagare la cassa integrazione e le Regioni non hanno abbastanza liquidità per comprare le mascherine utili a contrastare Coronavirus, come si può ipotizzare una riduzione del prelievo fiscale?
Mettere mano oggi al meccanismo, comporterebbe conseguenze gravissime sull’Iva complessiva percepita dallo Stato alla fine del processo produttivo, ovvero al momento del consumo”.
“Il destinatario dell’abbassamento dell’aliquota – aggiunge Marilena Barbera – è il ristoratore e l’enotecario: la proposta non prevede alcun beneficio per il cliente finale, che si troverebbe a pagare la stessa Iva prevista oggi sui suoi acquisti, sia in enoteca, sia al ristorante. Molto più sensato proporre degli sconti agli operatori per organizzare assieme eventi e degustazioni, anche se questo non risolve del tutto i problemi”.
Una proposta simile è stata annunciata ieri da Regione Lombardia, che si prepara a mettere sul piatto un bando da 3 milioni di euro per rilanciare i consumi, dal mese di giugno. Gli operatori Horeca saranno incentivati all’acquisto di vini lombardi, grazie a uno sconto del 10% in cambio dell’allestimento di vetrine che promuovano il vino – e più in generale l’agroalimentare – Made in Lombardia.
Ancora più a nord, è il vignaiolo trentino Francesco De Vigili, una delle voci più giovani e autorevoli del mondo del vino italiano, ad avanzare dubbi sulla lettera di Fivi. “Si tratta di una ipotesi che non condivido e che, nel merito, non ha alcun senso: pare quasi una boutade“, chiosa dalla capitale del Teroldego, Mezzolombardo (TN).
“La riduzione dell’Iva dal 22% al 10% – precisa De Vigili – toglierebbe liquidità alle cantine in un momento già di per sé critico, per via del lockdown dell’Horeca. Sarebbe più utile l’esenzione dell’Iva sugli acquisiti dei beni”.
Tra le perplessità, anche quelle di Walter Massa: “Per quanto riguarda la mia azienda, e le aziende a regime ordinario, l’Iva non è un costo, semplicemente una partita di giro. Per le aziende a regime speciale è una fonte speculativa, voluta da certe centrali di potere per umiliare l’agricoltore e l’agricoltura italiana“.
Il vignaiolo di Monleale aggiunge: “Per la ristorazione compra al 22% ed emette ricevute fiscali al 10%, ognuno può trarre le sue considerazioni. Per il consumatore finale più l’aliquota è bassa e meglio è. Per lo Stato, con tutto quello che in un momento come questo c’è da fare , sostenere, meno so cambia e più introiti si possono avere è meglio è. Per le associazioni che vanno chiedendo questo, spero si siano appoggiate ad un pool di grandi economisti e fiscalisti, oppure è meglio che si affidino ai servizi sociali, non occuparsi di cose sociali”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Ridurre i solfiti nel vino grazie al calcolo della shelf life progetto Simposio del Soave
L’ultima frontiera della riduzione dei solfiti nel vino arriva da Soave. Si chiama “Simposio” lo studio finanziato da Regione Veneto che vede protagonista il Consorzio di Soave e i Dipartimenti di Biotecnologie e di Informatica dell’Università di Verona. Grazie allo “Sviluppo di una architettura portatile per l’implementazione di modelli previsionali della shelf-life del vino Soave”, sarà possibile prevedere la capacità di resistenza agli stress della conservazione e del trasporto del nettare, gestendo meglio l’impiego della solforosa in cantina.
“Simposio – spiega il Consorzio – si propone di creare un sistema di classificazione della shelf-life dei vini Soave basato su analisi elettrochimiche e colorimetriche facilmente implementabili in cantina, abbinando a tali approcci soluzioni IoT (Internet of Things) e tecniche di intelligenza artificiale (IA) per lo sviluppo del modello predittivo”.
Parole difficili che hanno, in realtà, un significato molto semplice: il sistema “Simposio” sarà in grado di supportare gli enologi durante le varie fasi della vinificazione, allo scopo di ottenere vini più “sani”, grazie a un migliore impiego dei “conservanti” del vino: i tanto temuti “solfiti“, ovvero l’anidride solforosa (SO2).
“Il Consorzio del Soave – spiega Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio del Soave – si conferma uno dei più attenti all’innovazione. In questo momento stiamo seguendo una decina di progetti assieme alle Università venete, da Venezia, a Padova, a Verona, rivolti sia alla viticoltura sostenibile, che alla tutela del paesaggio e all’innovazione nel settore enologico. Stiamo lavorando in sinergia con le nostre imprese, rispondendo alle sfide che devono affrontare ogni giorno. I risultati saranno quindi condivisi e messi a disposizione, perché diventino un patrimonio di tutti”.
A Soave, del resto, si parla di longevità dei vini bianchi già dai primi anni Duemila, con la manifestazione “Tutti i colori del bianco”. Il nuovo strumento sarà utile a capire quali caratteristiche rendono il Soave uno dei vini bianchi italiani più adatti all’affinamento in bottiglia. Sarà utile, inoltre, all’ulteriore valorizzazione dei 33 cru, riconosciuti nei giorni scorsi dall’Unione europea.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
In alto i calici per la vendemmia 2016 in Valpolicella, in dirittura di partenza. Ma qualcuno storce il naso. L’ufficialità è arrivata ieri. Accogliendo le richieste del Consorzio di tutela vini Valpolicella, la Regione Veneto ha ridotto anche per l’anno in corso la percentuale della resa delle uve da mettere a riposo per la produzione del Recioto della Valpolicella e dell’Amarone. Rispetto ai disciplinari di produzione delle due Docg, che individuano nel 65% il quantitativo massimo di uva da mettere a riposo, pari a 7,8 tonnellate per ettaro, i quantitativi per l’attuale vendemmia non dovranno superare le 4,80 tonnellate per ettaro, pari a 19,20 ettolitri di vino finito per ettaro.
“Si tratta di una decisione assunta in considerazione della situazione congiunturale spiega l’assessore all’Agricoltura della Regione Veneto Giuseppe Pan (nella foto, al centro) e tenuto conto delle disponibilità dei vini attualmente in fase maturazione. Con questa operazione di contenimento del quantitativo delle uve da destinare all’appassimento nella misura massima del 40%, si intende assicurare anche per il futuro redditività ai produttori vitivinicoli attraverso una maggiore stabilità dell’offerta delle due Docg. Nel contempo, la Regione Veneto impegna il Consorzio di tutela a predisporre con tempestività l’analisi dei meccanismi produttivi, recependo così le indicazione delle organizzazioni professionali di categoria appositamente convocate a Verona”.
Il decreto regionale affida ad Avepa, l’Agenzia veneta per i pagamenti in agricoltura, il compito di “garantire la compilazione della dichiarazione unificata e la coerenza tra il potenziale produttivo di ciascun produttore, così come risulta nello schedario viticolo veneto”. Ad assicurare che le decisioni regionali saranno puntualmente applicate “vigileranno l’Ufficio di Susegana dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf) e la Società italiana per la qualità e la rintracciabilità degli alimenti spa (Siquria), oltre naturalmente al Consorzio tutela vini Valpolicella.
LE PROTESTE NELLA CLASSICA
E’ vinialsupermercato.it a raccogliere, in Veneto, le proteste dei piccoli viticoltori della Valpolicella Classica. “Le cantine della Valpolicella Classica registrano il problema inverso rispetto a quello addotto dal Consorzio per giustificare l’ennesima riduzione delle quantità di uve da mettere a riposo per Recioto e Amarone. Praticamente nessuno di noi ha dell’Amarone invenduto e dunque non si capisce perché dobbiamo sottostare a questa misura, che taglierà ulteriormente le gambe all’economia dei piccoli produttori, per difendere gli interessi dei grandi gruppi e delle cantine sociali della zona allargata. Di certo sappiamo che neppure la cantina sociale della zona Classica (Negrar) ha dell’Amarone invenduto. E i prezzi, qui da noi, non sono certo al ribasso”. “Il problema di fondo – continuano i viticoltori – è far capire ai consumatori finali che esistono diversi tipi di Amarone: nella zona classica abbiamo da sempre valori aggiunti in termini di stile e qualità. Nonostante ciò, non siamo abbastanza rappresentati numericamente nel Consorzio per far valere le nostre ragioni”.
LA PROPOSTA SHOCK
La soluzione proposta dai viticoltori è shock. “Sta diventando sempre più concreta la volontà di una scissione dei produttori della Classica dal Consorzio della Valpolicella, con la creazione di un altro ente che si prenda cura, alla stessa maniera, di tutti: piccoli e grandi”. Il nuovo Consorzio, o distretto, sull’esempio di quanto avvenuto in Oltrepò Pavese con la creazione del Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese, guarderebbe gli interessi delle aziende dei Comuni di Fumane, Marano di Valpolicella, Negrar, San Pietro in Cariano e Sant’Ambrogio di Valpolicella, che producono Valpolicella classico, Valpolicella classico superiore, Valpolicella Ripasso classico, Valpolicella Ripasso classico superiore, Amarone della Valpolicella classico e Recioto della Valpolicella classico.
PAROLA AL CONSORZIO
“La richiesta della riduzione della percentuale di cernita delle uve da mettere a riposo dal 65% al 40%, condivisa con le associazioni di categoria – sottolinea Christian Marchesini, presidente del Consorzio Tutela Vini Valpolicella – è stata una scelta dolorosa, ma necessaria per evitare l’inflazione dell’offerta di Amarone e salvaguardare il Valpolicella che è il vino che più racconta il territorio”. La richiesta, “basata sui numeri della denominazione e sulla congiuntura di mercato”, ha terminato il suo iter ed è stata definitivamente approvata dalla Regione Veneto con il Decreto n. 18 del 14 settembre 2016 pubblicato sul sito della Regione Veneto. “Per il 2016 sono attesi 140 mila ettolitri di Amarone – conclude Marchesini – contro i 100 mila venduti in media negli ultimi 5 anni e, inoltre, si registra un aumento dell’imbottigliato del 5%, mentre il Ripasso sta subendo una flessione sui mercati in particolare del Nord Europa per la concorrenza di altri vini da appassimento”.
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Davide contro Golia, “ciak si gira”. In Veneto. Alle porte della vendemmia 2016, la regione vinicola più produttiva d’Italia è in subbuglio. L’ennesima riduzione della percentuale delle uve da mettere a riposo per Amarone e Recioto, paventata dal Consorzio di Tutela Vini della Valpolicella e ormai in via di ufficializzazione, rischia di generare una scissione da parte dei produttori della zona Classica.
E a Verona, in occasione dell’evento clou del programma di Soave Versus, andato in scena ieri al Palazzo del Gran Guardia, serpeggia il malumore tra i piccoli produttori. Costretti “a mantenere bassi i prezzi dei loro vini per l’esistenza di un ‘cartello’ che limita, di fatto, la concorrenza leale”.
Parole forti quelle che volano in Valpolicella e a Soave. Confermate da diversi produttori, che preferiscono mantenere l’anonimato. Ma andiamo con ordine. “Con un’annata come questa che si preannuncia eccezionale – evidenziano alcuni vignaioli della Valpolicella, sentiti in esclusiva da vinialsupermercato.it – la riduzione delle rese delle uve ci colpisce ancora di più. Tutti si aspettavano dal Consorzio di Tutela Vini della Valpolicella un aumento della percentuale di uve da mettere a riposo per Amarone e Recioto, proprio per l’abbondanza e la qualità che registreremo in vendemmia. Invece ci ritroveremo con l’ennesima diminuzione. E alla domanda: perché? Ci hanno risposto che ci sono numerose cantine con Amarone in abbondanza, invenduto. Una decisione presa dunque per mantenere in equilibrio il rapporto tra domanda e offerta in Valpolicella”.
Peccato che, come sottolinea ancora il gruppo di produttori, “le cantine della Valpolicella Classica registrano il problema inverso”. “Praticamente nessuno di noi ha dell’Amarone invenduto e dunque non si capisce perché dobbiamo sottostare a questa misura, che taglierà ulteriormente le gambe all’economia dei piccoli produttori, per difendere gli interessi dei grandi gruppi e delle cantine sociali della zona allargata. Di certo sappiamo che neppure la cantina sociale della zona Classica (Negrar) ha dell’Amarone invenduto: figurarsi i piccoli produttori. E i prezzi, qui da noi, non sono certo al ribasso”.
“Il problema di fondo – continuano i viticoltori – è far capire ai consumatori finali che esistono diversi tipi di Amarone: nella zona classica abbiamo da sempre valori aggiunti in termini di stile e qualità. Nonostante ciò, non siamo abbastanza rappresentati numericamente nel Consorzio per far valere le nostre ragioni. L’unica soluzione, dunque, sarebbe quella di una scissione dal Consorzio della Valpolicella, con la creazione di un altro ente che si prenda cura, alla stessa maniera, di tutti: piccoli e grandi”.
Il nuovo Consorzio, o distretto, sull’esempio di quanto avvenuto in Oltrepò Pavese con la creazione del Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese, guarderebbe gli interessi delle aziende dei Comuni di Fumane, Marano di Valpolicella, Negrar, San Pietro in Cariano e Sant’Ambrogio di Valpolicella, che producono Valpolicella classico, Valpolicella classico superiore, Valpolicella Ripasso classico, Valpolicella Ripasso classico superiore, Amarone della Valpolicella classico e Recioto della Valpolicella classico.
PIU’ QUALITA’ CHE PREZZO A SOAVE
Non si parla di secessione, invece, tra i produttori di Soave intervenuti al grande evento al Palazzo della Gran Guardia di Verona. Ma monta il malumore. A far traboccare il vaso, di stand in stand, è la nostra domanda sul prezzo delle singole bottiglie presentate in degustazione. Costi davvero irrisori per la qualità espressa da alcuni Soave Classico o Superiore. Una situazione invitante per la grande distribuzione organizzata (Gdo), che arriva a proporre ai vignaioli una media di 1,30 euro a bottiglia. Prezzo che sullo scaffale, a margini e Iva applicati, lieviterebbe comunque a soli 3,50 euro, per il cliente finale.
Davvero troppo poco per dei Soave che prevedono raccolte vendemmiali tardive, appassimenti in cassetta di percentuali d’uva e, in alcuni casi, anche brevi passaggi in legno. “Il perché è semplice – spiegano uno dopo l’altro i vignaioli intervistati – e va ricercato nel fatto che a comandare sui prezzi nella zona del Soave sono poche cantine, che dettano legge per tutti. Bisogna essere abbastanza potenti per poter contrastare queste aziende e provare, per esempio, a proporre sul mercato vini innovativi, diversi: perché in quel caso, qualcuno si sentirebbe scavalcato, vedendosi ‘derubato’ di fette di mercato. Il Soave, nel mondo, è stato bistrattato e proposto all’estero con prezzi assurdi, anche inferiori all’euro, nei supermercati. La crisi non basta a giustificare tutto ciò”.
I produttori di Soave interpellati denunciano poi la sussistenza di un “conflitto d’interessi nelle alte leve del vino di Soave”. Il presidente del Consorzio, Arturo Stocchetti, è anche il presidente dell’Unione Consorzi Vini Veneti Doc e Docg (U.Vi.Ve, che sul proprio sito web omette l’organigramma). Arturo Stocchetti, inoltre, è presidente di Cantina Castello (eccolo, questa volta, in foto in home page assieme alla famiglia). Uno dei soci di Stocchetti in Cantina Castello ricoprirebbe infine un ruolo di primo piano nella cantina sociale di Soave.
Una stoccata all’assessore all’Agricoltura della Regione Veneto, Giuseppe Pan, arriva invece – sempre in occasione di Soave Versus 2016 – da parte di Paolo Menapace, presidente della Strada del Vino Soave: “Benissimo promuovere il territorio di Soave, ma la Regione dovrebbe elargire contributi speciali a chi reimpianta la pergola, vero e proprio simbolo della viticoltura tradizionale locale, rinunciando alla spalliera”.
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