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“La fillossera della vite è tornata, complotto dei vivaisti”. La smentita dei ricercatori del Crea di Conegliano

La fillossera delle vite è tornata“, si legge in rete. Sono i ricercatori del Crea Ve di Conegliano a chiarire i contorni di una “voce di corridoio” che sta generando il panico tra i viticoltori meno esperti. Tra le ipotesi più curiose, quella di un “complotto dei vivaisti“, accusati di immettere sul mercato barbatelle non più non in grado di combattere la fillossera della vite, l’insetto fitofago della famiglia Phylloxeridae responsabile – nell’Ottocento – della moria dell’80% delle viti presenti in Europa.

L’intervista esclusiva di WineMag.it a Riccardo Velasco (nella foto), direttore del Centro di Ricerca Viticoltura ed Enologia – Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria di Conegliano e alla ricercatrice Crea Ve Vally Forte (nella foto, sotto) dissipa una volta per tutte le nubi sull’argomento.

  • Il “ritorno” della fillossera: è mai sparita davvero, almeno per quanto riguarda gli attacchi all’apparato fogliare? Oggi, infatti, pare manifestarsi con particolare recrudescenza che le caratteristiche “bolle” o “borse” di colore giallo sulle foglie, in cui l’insetto depone le uova

La fillossera è stata sconfitta con interventi di tipo agronomico, grazie a portainnesti di origine americana che permettono l’interruzione del ciclo vitale dell’insetto nella radice, tuttavia nelle foglie dei portainnesti non sono rare le galle di filllossera. Su foglia di Vitis vinifera le galle sono comparse già negli anni ’80 e si sono sempre sporadicamente manifestate, ma segnalazioni recenti consigliano di seguire con interesse l’evoluzione di questo patogeno.

  • Il Crea Ve sta studiando il fenomeno?

Non è stato fatto alcuno studio approfondito su fillossera dal Crea negli ultimi 15 anni, ma segnalazioni frequenti (soprattutto negli ultimi 5-7 anni) arrivano da viticoltori che in estate rinvengono i sintomi su vigneti in provincia di Treviso, pur non rilevando danni alla produzione, danni che invece si sono presentati sporadicamente in provincia di Vicenza.

  • Qual è la reale pericolosità degli attacchi sull’apparato fogliare: cosa causano alla pianta? 

Su alcuni vitigni (Merlot e Sangiovese, studi condotti in Toscana, Nencioni et al., 2018) è stato riscontrato un abbassamento della fotosintesi e conseguente riduzione di grado zuccherino, antociani e polifenoli. In questo studio viene osservato che tali danni sono correlabili ad una maggiore diffusione della fillossera

  • Zone/tipologie di vigneto più colpite. L’idea è che attacchi i vigneti a condizione biologica e gli areali in cui le temperature medie risultano più alte, così come i livelli di umidità: commento 

Le tipologie di vigneto colpite sono in relazione ai ‘fattori di rischio’ finora individuati:

  1. Cambiamento climatico: temperature invernali miti e estive fresche favoriscono una maggiore sopravvivenza invernale e maggior numero di generazioni estive
  2. Presenza di viti americane in vigneti abbandonati, fossati, siepi, che si trovano ai bordi di vigneti coltivati
  3. Uso di insetticidi più selettivi, non più ad ampio spettro
  4. Gestione meno attenta dei ricacci dei portinnesti
  5. Uso di portinnesti più sensibili
  6. Selezione di ibridi derivanti da viti americane sensibili

Non riteniamo che ci sia maggiore rischio di diffusione in vigneti biologici, ma piuttosto che la gestione sia probabilmente più complessa e richieda maggiore attenzione, come peraltro si constata anche per altri patogeni

  • La nuova ‘esplosione’ del fenomeno, documentata dalla preoccupazione dilagante tra i viticoltori italiani, può essere dovuta ai cambiamenti climatici?

In parte, è possibile.

  • Le cause della recrudescenza vengono spiegate con una sorta di “complotto dei vivaisti”. Un commento a tale affermazione

Escludiamo e aborriamo teorie complottiste. Anzi, a ben vedere, ci sono problematiche legate a patogeni che sono spesso più gravi in vivaio, dove si hanno le prime segnalazioni e le prime ricerche di nuovi metodi di difesa.

  • Qualcun altro sostiene che la fillossera sia “diventata resistente”

“Resistente” non è il termine esatto. La difesa dalla fillossera è stata una intuizione del prof. Jules Emile Planchon, che intorno al 1880 rilevò la resistenza alla fillossera di alcune viti americane. Da lì partì la campagna di innesti che salvò la vite europea.

Dopo 140 anni, in parte l’evoluzione del patogeno, in parte le condizioni ambientali che sono cambiate (climatiche, agronomiche, ecc) hanno favorito la diffusione di nuovi ceppi (si tratta di evoluzione naturale), che forse sono più aggressivi.

  • Come prevenirla? Ci sono antagonisti naturali?

Ci sono studi in corso sull’uso di batteri, funghi, nematodi che richiedono un affinamento prima di essere proposti. Attualmente sono state osservate in America alcune specie di insetti (ditteri e coccinellidi) antagonisti della fillossera su galle fogliari.

Ci sono anche studi specifici sull’uso di nematodi (una specie in particolare ha dato buoni risultati su piastra, ma ci sono problematiche da risolvere per il suo utilizzo in pieno campo), oppure di funghi (sono in fase di sperimentazione tre specie da distribuire a terra). Una lotta biologica che richiede tempo per essere dimostrata nella sua validità.

  • Esistono portainnesti più o meno resistenti? Il dibattito sembra aperto anche su questo fronte, su cui regna una gran confusione

La convivenza del patogeno con le viti americane ha promosso una elevata tolleranza dei portainnesti che hanno condotto alla soluzione del problema, alla fine del 1800. Per quanto riguarda studi più recenti, già negli anni ’60 è stato individuato un certo grado di maggiore tolleranza (più tollerante la V. Labrusca rispetto alla V. Riparia)

Più recentemente il dibattito si è riaperto perché è stata considerata anche l’aggressività dei diversi biotipi di fillossera. La relazione fra i due fattori potrebbe aiutarci a capire meglio la situazione che riscontriamo attualmente in certi vigneti e a migliorare anche la ricerca di nuovi ibridi.

  • Esistono programmi di studio specifici in Italia? Nel resto d’Europa e del mondo?

Non siamo a conoscenza di veri e propri programmi di studio. Singole ricerche di piccoli gruppi sono verosimilmente in corso, ma non a nostra conoscenza.

  • La preoccupazione crescente sul tema “fillossera” ha un senso o è immotivata?

Riteniamo che, allo stato attuale, in Italia non siano diffusi seri danni causati da fillossera, o comunque non siano documentati. Ma è altresì importante approfondire la situazione e incentivare gli studi in questo ambito, al fine di non ritrovarsi impreparati in caso di annate difficili, in cui il problema potrebbe risultare un’emergenza, come spesso accade.

Danni particolarmente gravi sono stati segnalati intorno al 2015, con vigneti nella provincia di Vicenza in cui la produzione stessa è notevolmente diminuita a causa delle galle presenti sulle foglie.

Mancano però studi esaustivi su queste manifestazioni, anche gravi, che si evidenziano soltanto in certe annate e solo in certi vigneti. Nella nostra collezione di Susegana si può osservare una certa sensibilità varietale legata alla Vitis vinifera, ma sono tuttavia rilevamenti recenti e non abbiamo ancora approfondito le analisi.

  • La posizione della nota ricercatrice Astrid Forneck è chiara: stiamo davvero sottovalutando il fenomeno? 

Non conosciamo una “posizione” di Astrid Forneck in proposito, ma da brava studiosa qual è e dai suoi lavori più recenti, compreso il sequenziamento del genoma dell’insetto da cui si è perfino capita l’origine geografica da cui poi la fillossera si è espansa in America e in tutto il mondo – lungo le rive del fiume Mississipi – si intuisce l’allarme che la scienziata vuole trasmettere al mondo vitivinicolo, perché non si trovi impreparato a fronte di un inasprimento della patogenicità, legata anche all’evoluzione genetica del patogeno.

Il principio è sacrosanto. La scienza deve provare a prevenire i problemi oltre ad aiutare a risolverli, per cui ben vengano studi approfonditi in proposito. Tuttavia non allarmiamoci eccessivamente: giusto mantenere elevata l’attenzione e sviluppare anche nuovi ibridi più tolleranti all’insetto, sfruttando ed esaltando le difese già presenti nel genoma della vite selvatica.

  • Secondo recenti studi, il biotipo G sarebbe in grado di compiere l’intero olociclo su vite europea: è corretto? Esistono studi e rilevazioni sulla sua presenza ed effettiva diffusione di questo specifico aggruppamento?

Ci sono osservazioni riportate dalla stessa Forneck relative alla presenza di foglie con galle in piante infestate da fillossera biotipo G, ma studi in proposito sono ancora in corso. Ripetiamo il concetto: non è corretto fare allarmismo, ma è giusto mantenere alta l’attenzione. Astrid è una buona amica, non mancheranno certo le possibili interazioni in sviluppi futuri.

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Piwi: quattro nuove varietà nel registro nazionale. Presto avranno un nome

Novità dal mondo dei Piwi italiani, direttamente da una delle regioni più all’avanguardia da questo punto di vista: il Trentino. Quattro nuove varietà di vite tolleranti alle più importanti patologie fungine, oidio e peronospora, sono state iscritte nel Registro nazionale delle varietà di vite e sono pronte per essere coltivate in tutta Italia, dopo il necessario periodo di osservazione nelle diverse regioni.

L’importante risultato si deve alla selezione effettuata dalla Fondazione Edmund Mach. È di questi giorni, infatti, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di “F22P9”, “F22P10”, “F23P65”, “F26P92”, nate dai genitori Vitis vinifera e varietà portatrici di geni di resistenza naturali.

“Il materiale – spiegano i ricercatori – frutto di 12 anni di paziente e costante attività incrocio nell’ambito del programma di miglioramento genetico della vite, sarà presto messo a disposizione degli operatori dal Consorzio Innovazione Vite, che gestirà il brevetto delle varietà. Ed ora questi incroci, identificati con semplici sigle, sono in attesa di ricevere un nome”.

Accanto a queste 4 varietà il Consorzio Civit ha ottenuto l’iscrizione di un’altra variet, il Pinot Regina, dall’Istituto di Pècs in Ungheria. Inserito anche il portinnesto Georgikon 28 che mostra una buona tolleranza alla siccità e al calcare.

Le varietà Piwi sono state scelte dai ricercatori tra oltre 700 piante ottenute per seme, selezionate per i caratteri di tolleranza alla peronospora e oidio e per la qualità a più riprese e in diversi ambienti. Ora sono in fase di selezione altre varietà “candidate” all’iscrizione provenienti da oltre 20 mila semenzali, di cui ben 250 sono in costante osservazione.

LE CARATTERISTICHE DEI NUOVI PIWI
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Le varietà a bacca rossa F22P9 (Incrocio Teroldego x Merzling) e F22P10 (Incrocio Teroldego x Merzling) presentano caratteristiche di buona tolleranza nei confronti dei funghi peronospora e oidio, ma presentano anche un buon contenuto in antociani, con livelli di diglucosidi inferiore ai limiti legali ammessi nei vini, e polifenoli totali ed un ottimo rapporto zuccheri-acidi.

Dalle loro uve si ottengono vini con buona corposità e consistenza e con un buon contenuto in tannini e aromi a gradevole nota floreale-fruttata. Le varietà Piwi a bacca bianca F23P65  – incrocio Merzling x FR993-60, selezionata per le sue caratteristiche di acidità e pH adatte alla produzione di basi e vini spumanti – e F26P92 (incrocio Nosiola x Bianca) si caratterizzano per il diverso e complesso contenuto aromatico.

Si ottengono vini freschi leggermente aromatici che ricordano le erbe aromatiche con note di frutta secca, di medio corpo e buona sapidità. I vini ottenuti dalle quattro varietà Piwi sono stati prodotti nella cantina di microvinificazione afferente al Centro Trasferimento Tecnologico.

“Questo risultato ottenuto dai nostri ricercatori – spiega il presidente Mirco Maria Franco Cattani– è motivo di grande orgoglio per la Fem, perché contribuisce a sviluppare la selezione di nuove varietà, secondo natura, che migliorano la salubrità degli alimenti e dell’ambiente, anche grazie alla prevenzione dell’utilizzo di fitosanitari”.

“L’evoluzione di analoghi contributi scientifici potrà fornire ulteriore impulso al settore agricolo, migliorando ulteriormente la qualità degli alimenti, che sono sinonimo della tradizione agricola”, conclude Cattani.

Positivo anche il commento del presidente di Civit, Enrico Giovannini: “La soddisfazione è ancora maggiore, visto che questo risultato è stato ottenuto grazie all’impegno messo in campo da una squadra tutta trentina, il Consorzio dei vivaisti viticoli trentini assieme alla Fondazione Edmund Mach. Auspico, viste le ottime potenzialità, che queste varietà possano essere accolte con favore da parte del settore viticolo ed enologico”.

Il team di ricercatori che ha dato vita alle nuove varietà Piwi si compone di Marco Stefanini (coordinatore), Giulia Betta, Marco Calovi, Andrea Campestrin, Cristian Chiettini, Silvano Clementi, Monica Dalla Serra, Cinzia Dorigatti, Daniela Nicolini, Tiziano Tomasi, Silvia Vezzulli, Monica Visentin, Alessandra Zatelli, Luca Zulini. A questi vanno aggiunti altri ricercatori della Fondazione Mach che si sono prestati per specifiche parti necessarie all’iscrizione.

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Emergenza Coronavirus: dal resveratrolo dell’Aglianico un possibile rimedio

Aglianico, sì. E non a caso, dato che il nobile vitigno del Sud Italia è ricco di resveratrolo. È una ricerca pubblicata dalla rivista Nature e approfondita da due ricercatori a Napoli – Ettore Novellino e Alessandro Sanduzzi – a regalare una speranza in più contro Coronavirus (Covid-19). Nelle ultime ore è in corso una sperimentazione all’ospedale partenopeo Montaldi, che starebbe dando ottimi risultati su alcuni pazienti affetti da Tbc.

Si tratta di un estratto ottenuto dai vinaccioli dell’Aglianico, somministrato in forma di aerosol. L’idea si è concretizzata grazie allo studio condotto da Guangdi Li (Changsha University, Cina) ed Erik De Clercq (Katholieke Universiteit Leuven, Belgio).

La coppia di ricercatori, già attivi nella lotta all’Hiv, avrebbe riscontrato che il resveratrolo contribuisce a bloccare la replicazione virale dei Coronavirus, interferendo con la penetrazione cellulare e con alcune proteine della corona.

La notizia, pubblicata ieri dal quotidiano “Il Mattino” di Napoli – con enfasi più sul vino Taurasi che sul vitigno Aglianico, elemento riscontrabile anche su altre testate locali campane – è destinata a far discutere non solo per i risvolti della cura al resveratrolo sui pazienti affetti da Covid-19, ma anche per il polverone sollevato nelle scorse settimane da un comunicato stampa di Assoenologi, a firma del presidente Riccardo Cotarella.

Raggiunto telefonicamente da WineMag.it, il numero uno degli enologi ed enotecnici italiani commenta così la ricerca: “Lo studio è molto interessante e speriamo possa contribuire a risolvere l’emergenza in corso. D’altro canto attendiamo con fiducia che tutto questo finisca, per ottenere un chiarimento ufficiale dall’Ordine dei medici sull’argomento ‘salute e vino’, che non può essere oggetto di tira e molla”.

“Ad oggi – aggiunge Cotarella – siamo in possesso di decine e decine di ‘sentenze’ contrastanti: numerosi luminari asseriscono che il vino non è nocivo, ma altrettanti sostengono il contrario. Al momento opportuno chiederemo chiarimenti a chi di dovere, per rendere giustizia a chi lavora nel settore. Il vino, ma ancor più la salute, non possono essere strumentalizzati per mettersi in mostra, sostenendo tesi contrastanti”.

Molto discussa, in campo medico, anche la stessa funzione sull’organismo umano del resveratrolo, che rientra nell’elenco del Ministero della Salute alla voce “Altri nutrienti e altre sostanze ad effetto nutritivo o fisiologico”.

Secondo i ricercatori dell’istituto Humanitas di Rozzano (MI), “diverse sono le attività biologiche del resveratrolo, sebbene molte siano ancora da validare dal punto di vista scientifico: ha capacità antiossidanti e antinfiammatorie, risulta protettivo per i vasi sanguigni ed è in grado di stimolare una serie di processi coinvolti nella regolazione del ciclo cellulare e nella riparazione del Dna”.

Secondo alcuni studi, le persone che seguono una dieta ricca in resveratrolo sarebbero “meno esposte al rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari e cancro”. “In particolare – riferiscono gli esperti di Humanitas – la sua capacità antiossidante contribuirebbe alla protezione delle cellule dai danni causati dai radicali liberi e grazie a questa sua proprietà aiuterebbe a combattere l’invecchiamento della pelle”.

Non risultano claim approvati dall’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) specifici per i prodotti a base di resveratrolo. Ma l’indicazione del resveratrolo come rimedio contro l’invecchiamento della pelle “è stata rifiutata a causa dell’assenza di prove scientifiche sufficienti a giustificarla”. Le ultime ricerche sull’estratto di vinaccioli dell’Aglianico contro Coronavirua Covid-19 aprono nuovi capitoli su questo controverso fenolo.

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Flavonoidi e antociani: così il vino aiuta a non fare “cilecca”

Bere vino danneggia la salute? Un bicchiere al giorno è consigliabile? I dubbi sono tanti visto che si scopre tutto e il contrario di tutto. L’unica certezza è che tra Oms, enti, riviste, università, associazioni di settore, con cadenza regolare ci viene comunicato il risultato degli effetti sulla salute o sulla psiche del consumo di vino. Talvolta queste ricerche fanno sorridere. L’ultima parola spetta però ad alcuni ricercatori americani. Secondo alcuni ricercatori, come riporta “The American Journal of Clinical Nutrition”, a sua volta citato dalla rivista GQ, il consumo di vino inciderebbe sulla “riuscita” (o meno) delle prestazioni sessuali. Secondo questa ricerca, l’assunzione di vino e di frutti rossi, abbinata a regolare attività fisica, ridurrebbe del 21% il rischio della cosiddetta “cilecca”. Il merito di tutto ciò risiederebbe nei flavonoidi e negli antociani, elementi contenuti in diversi alimenti, ma in elevate concentrazioni del vino.

Sarà per questo che capita sempre più frequentemente di vedere donne nella corsia dei vini? Saranno forse in cerca di rimedi per i loro partner? “Il vino prepara i cuori e li rende più pronti alla passione”, scriveva Ovidio. Forse anche lui ci aveva visto lungo. Nel dubbio, continuiamo a bere il nostro bicchiere al giorno, ancora meglio se di un buon vino di cui trovate recensione sul nostro blog vinialsupermercato.it. Possibilmente andando a comprarlo a piedi. Così anche l’attività fisica è fatta.

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