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Denny De Vito e il Classese dell’Oltrepò: il Metodo classico Pavese al cinema


denny de vito classese. Mille dubbi e una certezza assoluta. Per l’Oltrepò pavese che, ieri pomeriggio, ha scelto il nome Classese per rilanciare il Metodo classico Docg da uve Pinot Nero, oggi è un risveglio “da vigilia di Natale”. Nel toto-nomi da affibbiare solo e solamente alle bollicine Docg, quello prescelto dall’assemblea del Consorzio ha già un ambasciatore d’eccezione. Sua maestà Denny De Vito. In una scena centrale di Ops! È già Natale – A Sudden Case of Christmas, remake di Improvvisamente Natale diretto da Peter Chelsom, l’attore e regista statunitense, di chiare origini italiani, imbraccia una magnum di Classese di Quaquarini. E la stappa, per celebrare la (presunta) notizia dell’arrivo di un altro bebè in famiglia. Non importa se la trama svelerà un’altra storia. La Magnum di Classese esplode. E la spuma schizza sul volto dei protagonisti, seduti a tavola. Una scena che, oggi, brilla negli occhi di Umberto Quaquarini, patron della cantina-gioiello di Canneto Pavese che ha deciso di cedere quel nome al Consorzio. «Per il bene del territorio».

UMBERTO QUAQUARINI: «HO DONATO IL CLASSESE, UN PEZZO DI FAMIGLIA, ALL’OLTREPÒ»

«Il nome Classese – spiega il vignaiolo a Winemag – è storico per lo spumante dell’Oltrepò pavese. Negli ultimi anni, tuttavia, siamo rimasti solo in due ad utilizzarlo: noi dell’Azienda agricola biologica Francesco Quaquarini e l’azienda Monterucco della famiglia Valenti. Un nome bellissimo, secondo me, che è sempre piaciuto anche a mio padre. Negli anni abbiamo proposto molte volte al Consorzio Oltrepò di utilizzarlo come nome collettivo degli spumanti Metodo classico Docg da uve Pinot Nero, come brand collettivo, ma ci hanno sempre detto di no. Le ultime ricerche affidate dal Consorzio ad enti esterni, per trovare un nuovo nome con cui chiamare la Docg, non hanno convinto. E così, prima con l’ex direttore Carlo Veronese e poi con il benestare dell’attuale direttore Riccardo Binda, abbiamo trovato la quadra».

Quaquarini e Monterucco hanno così ceduto al Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese il “marchio”. Il gruppo di aziende oltrepadane guidato dal presidente Fabiano Giorgi ha poi ceduto, a sua volta gratuitamente, il nome al Consorzio. Classese è diventato così il nome assunto ieri pomeriggio dall’assemblea dei soci del Consorzio per lo spumante Metodo classico base Pinot Nero dell’Oltrepò pavese. «Non volevo diventasse una transizione economica a nessun livello – garantisce Umberto Quaquarini a Winemag – bensì una cosa per tutti. Classese è un nome nato liberamente e tale deve rimanere. L’unica cosa che ho chiesto è fosse strettamente legato alle sole bollicine metodo classico da Pinot Nero, ovvero alla gemma del nostro territorio. E così è stato. Qualcuno, invece, proponeva di poterlo usare anche per il Vsq o per gli spumanti con lo Chardonnay». denny de vito classese.

DUBBI (FUGATI) SULL’APPROVAZIONE DEL NOME CLASSESE DA PARTE DEL MINISTERO

«Oggi mi sento un po’ strano – ammette Quaquarini, evidentemente commosso – perché è come se avessi “ceduto” qualcosa di famigliare, a cui ero molto legato, insieme a mio padre. In realtà, se ci penso bene, ho donato a tutti i produttori un nome che diventerà ancora più importante e conosciuto. Simbolo degli spumanti metodo classico di qualità dell’Oltrepò pavese, solo da uve Pinot Nero. I produttori pavesi hanno così un nome unitario, così come altri grandi territori dediti alla produzione di spumanti come Franciacorta, Alta Langa e Trento Doc». Del resto, il Classese di Quaquarini resta una chicca. Prodotto al massimo in 15 mila bottiglie annue, è ottenuto da solo due vigneti selezionatissimi. In commercio c’è l’annata 2016, che lascerà spazio al millesimo 2017 a Vinitaly 2025.

«Il nome Classese – assicura il produttore – rimane in testa facilmente. È facile da ricordare e da pronunciare, anche se non abbiamo particolare evidenze all’estero, vendendolo poco fuori dai confini italiani».y de vito classese.      Quanto alla possibile censura del nome da parte del Ministero, che potrebbe bloccare l’iter di approvazione del provvedimento, il Consorzio guidato da Francesca Seralvo si è già mosso per trovare garanzie legali. «Anni fa – rivela Umberto Quaquarini – il Ministero dell’Agricoltura aveva bocciato il nome Classese perché era troppo uguale a “metodo classico” e creava confusione. Il Consorzio fece ricorso e lo perse, ma nessuno portò avanti la discussione. Già con Carlo Veronese, negli anni scorsi, l’argomento fu ripreso in mano. Il nuovo direttore Riccardo Binda assicura di aver già effettuato i controlli legali necessari, per assicurarsi che nessuno possa bloccare più questo nome».

IL CONSORZIO: LA FAMIGLIA QUAQUARINI HA GARANTITO LA CONTINUITÀ DEL CLASSESE

«La continuità commerciale del Classese – conferma Riccardo Binda – è stata garantita dalla caparbietà della famiglia Quaquarini nel tenerlo vivo negli anni. Sul nome non ci sono dubbi. Il Ministero aveva dato un parere contrario, nel 1991, perché ammiccava a “metodo classico”, ma il Classese è ora esclusivamente Metodo classico! La certezza, quando si fanno modifiche di nomi di denominazione, non c’è mai. Ma niente, in questo momento, può dare più garanzie di Classese. Ed era l’unica scelta praticabile – conclude il direttore del Consorzio -. Tutte le altre sono boutade lanciate da chi non ha ben chiari tutti i meccanismi del sistema delle Doc». Mal che vada, uno squillo a Denny De Vito. E via.

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Bonarda (pardon, “Red Bolla”) o Pinot Nero? Retroscena dell’infinita guerra d’Oltrepò


EDITORIALE –
Bonarda o Metodo classico? Sangue di Giuda o Pinot Nero? La scelta dei vini da promuovere
è al centro del dibattito del Consorzio Oltrepò Pavese, che si ritrova a dover affrontare nel 2025 l’ennesimo ribaltone. Nove cantine, tra cui diversi imbottigliatori e aziende con ingenti interessi nel mondo del Bonarda e di altre tipologie di vini locali – quasi tutte caratterizzate da grandi volumi e prezzi aggressivi sugli scaffali dei supermercati – hanno deciso di uscire dal Consorzio a fine 2024. Non a caso, tra le recriminazioni (ufficiali) fornite dalle nove aziende dimissionarie, l’enfasi maggiore viene data alla presunta mancanza di «proporzionalità tra contributi versati e promozione delle singole denominazioni». «Ormai da mesi – denunciano le 9 cantine uscite dal Consorzio – è stata azzerata quella su prodotti ritenuti “minori”, ma che in realtà sono quelli su cui oggi vive l’intero territorio».

Per accorgersi che al centro del dibattito ci sia soprattutto la Bonarda, apparentemente “accantonata”, di recente, da un Consorzio che – sotto la guida della presidente Francesca Seralvo e del direttore Riccardo Binda – sembra invece voler puntare più sul Pinot Nero (in primis Metodo classico, ma anche rosso fermo), basta analizzare le ultime mosse della precedente gestione dell’ente. Il duo Gilda Fugazza – Carlo Veronese, espressione vicina al mondo degli imbottigliatori oltrepadani (ovvero alla gran parte delle aziende oggi dimissionarie) aveva dato il via a una massiccia operazione di marketing sulla Bonarda, con numerosi post social e affissione di manifesti pubblicitari in città come Milano.

BONARDA, ALIAS “RED BOLLA”: UNA CAMPAGNA… DIMENTICABILE

Toni piuttosto discutibili quelli scelti, a suo tempo, per promuovere la Bonarda. Sul profilo Instagram del Consorzio Oltrepò, accompagnate da immagini e grafiche finanziate da un contributo Masaf, appaiono frasi come: «Equilibrismo enologico: quando l’amore per la Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc raggiunge nuovi livelli!»; «Chi ha detto che il multitasking è difficile? Ecco a voi l’arte della ‘Bonarda balancing‘!»; «Dalle campagne pavesi con furore, la Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc merita un selfie anche quando scollina su Milano»; o ancora: «Ogni volta che entro in un locale, incrocio le dita… nella speranza di trovare la mia adorata Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc», che sembrano non aver fatto molta presa, se si considerano le recenti recriminazioni dei dimissionari, già preoccupati dalla “distrazione” di fondi su altre denominazioni.

I (TANTI) VOLTI (ED INTERESSI) DELLA BONARDA

Da notare che all’epoca (era il 2023) nessuna piccola azienda del Consorzio si era opposta (almeno ufficialmente) a una così massiccia promozione di una denominazione sulla quale si concentrano principalmente interessi di imbottigliatori e grandi cantine. Vero, poi, che il territorio è ormai storicamente diviso anche sulla Bonarda: da un lato quella “di massa”, di aziende come Losito e Guarini (tra le dimissionarie, che più volte l’ha proposta in Gdo a prezzi promozionali davvero stracciati). E dall’altra la “Bonarda dei produttori”, nota anche come “Bonarda perfetta” realizzata per “statuto” – dell’ormai silente “Distretto dei vini di qualità” dell’Oltrepò pavese – da aziende di filiera, con uve Croatina in purezza e rese contenute rispetto ai limiti stabiliti dal disciplinare. Qualcosa, insomma, che non può essere sintetizzato, anzi – diciamola tutta – “sbeffeggiato” dall’assurdo claim “Red Bolla”, affibbiato dalla precedente gestione del Consorzio Oltrepò alla Bonarda, in stile “Milanese imbruttito”.

LO SCONTRO POLITICO: A CHI GIOVA?

Ma ci sono anche altri aspetti da sottolineare e analizzare, rispetto al tempismo dell’uscita di nove aziende dall’ente oltrepadano. La recente elezione di Michele Zanardo a presidente del Comitato nazionale vini Dop e Igp è una di queste. Si tratta infatti di una figura molto vicina all’Oltrepò pavese. Zanardo è enologo di Bosco del Sasso, la cantina dell’Oltrepò fondata e guidata da Manuela Elsa Centinaio, sorella del vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio. L’esponente della Lega, pavese di nascita, è da mesi protagonista di uno scontro diretto sui social con il Ceo e figlio del presidente di Terre d’Oltrepò, Umberto Callegari – membro del Cda del Consorzio – che non risparmia critiche feroci al gruppo guidato da Matteo Salvini, definendolo pubblicamente un «troglodita».

Con gli imbottigliatori fuori dai giochi del Consorzio, la centralità della cooperativa di Santa Maria della Versa negli equilibri dell’ente è ancora più evidente. E così lo sono le responsabilità della famiglia Callegari nei confronti di tutti i soci della cooperativa (che di recente si è dotata di una Spa, non senza polemiche). Lo scontro con il senatore Centinaio, che dal fronte politico si sposta su quello dirigenziale, toccando uno dei “nervi scoperti” oltrepadani, è una delle chiavi di lettura del futuro del territorio. Da considerare che, nel suo nuovo ruolo, Michele Zanardo sarà chiamato a “vidimare” – tra gli altri – le modifiche al disciplinare del Metodo classico base Pinot Nero dell’Oltrepò pavese: un altro motivo del contendere tra dimissionari e attuale Cda dell’ente di Torrazza Coste. Ammesso (e concesso) il ruolo super partes del numero uno del Comitato Vini, a chi giova uno scontro politico così acceso?

RIVOLUZIONE O AUTOGOL: L’OLTREPÒ DEI “PICCOLI” PUÒ FUNZIONARE?

Neppure troppo sullo sfondo c’è però una gigantesca opportunità per il Consorzio. Francesca Seralvo e l’ex Bolgheri Riccardo Binda, decisi a tirare dritto e a «governare l’ente anche senza erga omnes» sulla maggior parte delle denominazioni (i conti esatti si faranno a giugno 2025), potrebbero ritrovarsi a capo di uno dei pochi Consorzi del vino italiano realmente guidati da aziende di filiera. Un organismo “modello Fivi”, che da anni tenta di promuovere una modifica dei meccanismi di rappresentatività dei Consorzi del vino italiano.

In altre parole, quello che si sta profilando nel pavese è un Consorzio (per lo più) a “conduzione famigliare”, in cui le piccole e medie aziende hanno la meglio sugli imbottigliatori nelle logiche di promozione, come quelle che vedono appunto “contrapposto” Bonarda e Metodo classico. Ma anche, e soprattutto, nella stesura dei disciplinari di produzione, nella programmazione. E nella necessaria identificazione di una piramide della qualità ben definita, che oggi manca ai vini dell’Oltrepò. Alla finestra, tra l’altro, gli ultimi arrivati: i siciliani di Ermes, che hanno acquistato Cantina di Canneto e che hanno già dato parecchio filo da torcere al tessuto cooperativo locale, in occasione della vendemmia 2024 (la prima nel pavese).

IL PESO DELLA STORIA: BERLUCCHI TRA GLI “AGHI DELLA BILANCIA” IN OLTREPÒ

«Non ci sentiamo più rappresentati da un Consorzio che sta inoltre cercando in tutti i modi di modificare lo Statuto con lo scopo di accentrare i poteri decisionali al Cda», denunciano non a caso le cantine dimissionarie. Nel silenzio, più di nove aziende sono pronte a rimpiazzare – non quantitativamente, ma più che mai qualitativamente – quelle fuoriuscite. E si tratta proprio di piccole medie aziende di filiera, tra cui spicca il nome – pesantissimo – di Vigne Olcru: la cantina oltrepadana fortemente voluta dalla famiglia Ziliani (Berlucchi), profonda conoscitrice delle dinamiche pavesi e nuovo, prestigioso protagonista di un territorio che, sino ad oggi, con le “scelte a metà” – quelle alla Tancredi nel Gattopardo – ha raccolto poco, anzi nulla rispetto al proprio potenziale. Perché non è detto che “piccolo è bello”. Ma che fascino provarci, se non hai (quasi) nulla da perdere.

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Botti di fine anno al Consorzio Oltrepò: escono nove cantine, addio erga omnes?


Sono veri e propri botti di fine anno quelli in corso al Consorzio Oltrepò pavese. Nove cantine hanno deciso recedere dall’ente guidato da marzo 2024 dalla presidente Francesca Seralvo e dal direttore Riccardo Binda. Le conseguenze sono gravissime. Il Consorzio Oltrepò pavese, secondo i calcoli dei dimissionari, avrebbe perso l’erga omnes su tutte le denominazioni tutelate tranne la Docg, ovvero il Metodo classico ottenuto in maggioranza da uve Pinot Nero. Addio quindi alla tutela di importanti Doc come Bonarda dell’Oltrepò pavese, Barbera, Riesling, Pinot Grigio, Croatina e Moscato, fondamentali per la stessa sussistenza della viticoltura alle porte di Pavia, già messa a grave rischio dal clima e dalla bassa reddittività per ettaro.

Il comunicato ufficiale delle nove aziende è atteso per domani. Ma circolano già i nomi dei dimissionari, confermati a Winemag dal responsabile di una cantine che hanno presentato ufficialmente il recesso al Consorzio. Si tratta di Azienda agricola Luciano Brega, Vinicola Decordi, Agricola Defilippi Fabbio, Losito e Guarini, Azienda agricola Maggi Francesco (Marco Maggi), Mondonico Azienda vitivinicola di Gilda Fugazza, Azienda agricola Orlandi Marco, Prago Vini e Spumanti (alias Azienda Agricola Prago Testori Giuseppe & Fratelli), Società agricola Vercesi Nando e Maurizio.

CONSORZIO OLTREPÒ NEL CAOS: IL FRONTE IMBOTTIGLIATORI SI ALLARGA AI VINIFICATORI

Per alcune aziende, rappresentanti del mondo degli imbottigliatori, si tratta di un ulteriore passo contro l’attuale Consorzio, dopo le dimissioni dal Cda di luglio 2024. Sembra essersi defilato dal gruppo dei cinque imbottigliatori dimissionari solo Pierpaolo Vanzini, che – forse per strategia – ha deciso di non recedere dal Consorzio con la propria azienda, l’Azienda vitivinicola Vanzini. Non sorprende, invece, l’uscita di Gilda Fugazza, ex presidente del Consorzio tutela Vini Oltrepò pavese, silurata dalla base dell’ente proprio in occasione delle elezioni di marzo 2024, insieme al direttore Carlo Veronese. Nel gruppo di aziende che hanno comunicato il recesso, a sorpresa, anche la Maggi Francesco guidata oggi dall’ex presidente del  Consorzio Club del Buttafuoco Storico, Marco Maggi. Il fronte degli imbottigliatori si è dunque definitivamente allargato ad aziende che rappresentano la categoria vinificatori.

ERGA OMNES: COS’È E COSA RISCHIA CONSORZIO OLTREPÒ CON USCITA NOVE CANTINE 

Se in occasione delle dimissioni degli imbottigliatori la presidente Francesco Seralvo aveva risposto a muso duro, procedendo alla surroga dei dimissionari con altrettanti nuovi consiglieri, la recente uscita delle nove aziende potrebbe avere conseguenze sull’intero corso del mandato. Per garantire l’erga omnes, funzione principale dei Consorzi del vino italiano secondo l’ordinamento, l’ente deve dimostrare di rappresentare una quota minima della produzione pari ad almeno il 40/66% – a seconda dei casi specifici – dei viticoltori, vinificatori e imbottigliatori coinvolti nelle singole denominazioni.

Nel dettaglio, l’erga omnes dei Consorzi del vino italiano è un principio giuridico introdotto per rafforzare il ruolo dei Consorzi nella tutela e promozione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini italiani Doc, Docg e Igt. Si traduce dal latino come “nei confronti di tutti” e si riferisce alla capacità di un consorzio di estendere alcune delle sue attività e decisioni non solo ai propri membri, ma anche a tutti i produttori che operano nell’ambito della denominazione protetta.

Attraverso il principio erga omnes, i consorzi riconosciuti dal Ministero, come quello dell’Oltrepò pavese, possono applicare determinate decisioni e regolamenti (previsti dalla legge) a tutti i produttori di quella denominazione, anche se non sono membri del consorzio. È una deroga al principio di libertà associativa, disciplinata dal Decreto Legislativo n. 61/2010 e successive modifiche. Il riconoscimento del principio erga omnes avviene previa verifica da parte del Ministero dell’Agricoltura (MASAF), che assicura che il consorzio rappresenti una quota significativa della filiera produttiva della denominazione.

OLTREPÒ PAVESE: QUALI CONSEGUENZE CON EVENTUALE PERDITA DELL’ERGA OMNES?

Con l’eventuale perdita dell’erga omnes, il Consorzio Vini Oltrepò pavese perderebbe non solo la propria funzione di tutela e promozione delle denominazioni, ma non potrà più proporre modifiche ai disciplinari e gestire eventuali regolamenti produttivi. Per garantire la competitività e l’unità del settore, è cruciale che il Consorzio guidato da Francesca Seralvo cerchi di recuperare il riconoscimento o trovi nuove strategie per collaborare con tutti i produttori, associati e non.Senza l’erga omnes, il consorzio rappresenterà solo i suoi associati. Questo limita la capacità di coordinare e gestire le politiche produttive e promozionali per l’intera denominazione.

Ma c’è di più. Solo gli associati sarebbero tenuti a contribuire economicamente alla sussistenza del Consorzio, versando la propria quota annuale di “iscrizione”. Questo ridurrebbe le risorse finanziarie dell’ente, limitando le attività di promozione, tutela e controllo dei vini dell’Oltrepò pavese. Ricadute gravissime graverebbero anche sul fronte dell’anti-contraffazione, con la tutela delle denominazioni che hanno perso l’erga omnes consortile affidata esclusivamente ad organi pubblici come l’Icqrf. Non è da escludere, dunque, che il recesso delle nove aziende possa portare a nuove elezioni al Consorzio Vini Oltrepò pavese nel 2025. Al tempo stesso, il Consorzio potrebbe decidere di proseguire senza erga omnes. Allargando la platea degli associati a nuove cantine.

QUI LA REPLICA DEL CONSORZIO

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Peronospora, soci e Cda in fuga: trema Terre d’Oltrepò


Trema Terre d’Oltrepò, a poche settimane dall’inizio della vendemmia 2024. Due membri del Cda, l’agronomo Alessandro Fiamberti e il viticoltore Giulio Romanini, hanno dato le dimissioni nelle scorse ore. Spaventa anche la peronospora, che secondo dati raccolti in Oltrepò pavese starebbe falcidiando la zona, limitando di parecchio la capacità produttiva di molti vigneti. Dall’inizio dell’anno, inoltre, decine di soci conferitori – una sessantina – avrebbero chiesto di liberarsi dal vincolo che li lega alla cooperativa di Casteggio – con sedi a Broni e Santa Maria della Versa – a quanto pare senza averne pienamente diritto. Poche le disdette andate effettivamente a buon fine, mentre lo scorso anno – giugno 2023 – la cantina aveva già perso una sessantina di soci.

CDA TERRE D’OLTREPÒ: DIMISSIONI DI DUE CONSIGLIERI

Le acque, insomma, rimangono molto turbolente a Terre d’Oltrepò, nonostante la presentazione di un piano industriale che avrebbe dovuto rilanciare l’azienda e dare fiducia a soci e investitori. I due consiglieri dimissionari non intendono comunque rilasciare dichiarazioni alla stampa in merito alla propria decisione. Alessandro Fiamberti risponde al telefono con un «no comment», mentre Giulio Romanini è irraggiungibile. In un recente comunicato, il Ceo Umberto Callegari, che dirige la cantina sotto l’ala del padre presidente, Lorenzo Callegari, il Cda si era scagliato contro la precedente gestione, con parole molto pesanti che potrebbero aver scatenato reazioni a catena.

IL COMMENTO DI TERRE D’OLTREPÒ

“Terre d’Oltrepò – commenta il direttore generale – rassicura tutti i propri stakeholder che l’azienda è in una posizione finanziaria estremamente solida, sostenuta da un piano industriale robusto e da un’esecuzione operativa che rispetta pienamente le aspettative prefissate. È importante sottolineare che Tdo si è prontamente attivata per affrontare l’emergenza climatica e fitosanitaria, collaborando attivamente sul punto con l’Assessore Beduschi e con Regione Lombardia. Questo dimostra l’impegno proattivo e il ruolo di leadership di Terre d’Oltrepò nel settore».

«Per quanto riguarda l’uscita dei consiglieri Romanini e Fiamberti – continua Callegari – si desidera esprimere il ringraziamento dell’azienda e dei soci per l’impegno e la dedizione dimostrati nell’ultimo anno. Tali dimissioni sono attribuibili esclusivamente a motivazioni personali e non riflettono in alcun modo la stabilità e la solidità della nostra azienda. Vogliamo inoltre chiarire che non esiste alcun esodo di Soci; la nostra azienda continua a operare con il pieno supporto e la fiducia di tutti i membri del nostro team. Rinnoviamo il nostro impegno verso i soci e auguriamo a tutti buon lavoro, ringraziandoli per la continua fiducia e collaborazione».

CONSORZIO VINI OLTREPÒ: VIA VERONESE, ARRIVA BINDA MA…

L’uscita dei due consiglieri è solo l’ultimo segnale dell’irritazione di alcune cantine oltrepadane, stuzzicate dal recente sbarco in Oltrepò del colosso siciliano Cantine Ermes, che a marzo 2024 ha finalizzato l’acquisto all’asta della Cantina Sociale di Canneto pavese (a proposito: ai soci sarà liquidato il 27,6% del credito). Venti bollenti anche nei corridoi del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese, che ha da poco salutato il direttore Carlo Veronese, pur tardando ad annunciare il suo sostituto. Come già pubblicato da winemag.it lo scorso 4 giugno, si tratta di Riccardo Binda, che potrebbe essere ufficializzato all’inizio del mese di settembre nonostante le resistenze di Bolgheri, Consorzio toscano dal quale Binda – originario di Voghera, in provincia di Pavia – proviene.

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Nuovo direttore Consorzio Oltrepò pavese: arriva Riccardo Binda da Bolgheri?


È giallo sul nome del nuovo direttore del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese. Riccardo Binda avrebbe accettato l’incarico da oltre una settimana. L’annuncio ufficiale da parte dell’ente di Torrazza Coste (Pavia) tarda però ad arrivare. Lo stesso vale per la smentita del direttore (potenzialmente) uscente, Carlo Veronese, che preferisce non rilasciare commenti, tanto sul suo presente quanto sul suo futuro. Secondo verificate indiscrezioni raccolte da winemag.it, l’arrivo del nuovo direttore Riccardo Binda e l’annuncio ufficiale del suo nuovo incarico di direttore del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese sarebbero in bilico per via delle resistenze del Consorzio Bolgheri e Bolgheri Sassicaia, dal quale proviene.

BINDA IN OLTREPÒ? BOLGHERI NON MOLLA

L’ente toscano presieduto da Albiera Antinori non vorrebbe privarsi di Binda, che ricopre il ruolo di direttore dal gennaio 2014 ma che ha origini oltrepadane, per l’esattezza di Voghera. Da qui il giallo sul nuovo direttore del Consorzio Oltrepò pavese, dopo le rivoluzionarie elezioni dello scorso marzo che hanno portato all’elezione della nuova presidente Francesca Seralvo (Tenuta Mazzolino). Una scelta che ha fatto vacillare – sin dalle prime ore – la possibile riconferma del direttore Carlo Veronese, uomo ritenuto da molti vicino alla corrente che ha sostenuto – senza successo – il terzo mandato della presidente uscente Gilda Fugazza, considerata la figura più apprezzata dal mondo degli imbottigliatori operanti in Oltrepò.

LE SFIDE DI RICCARDO BINDA IN OLTREPÒ PAVESE

Di certo, per Riccardo Binda, l’avventura in Oltrepò pavese costituirebbe una sfida professionale dalle tinte completamente differenti rispetto a quelle di Bolgheri e Sassicaia. Non solo dal punto di vista della percezione delle denominazioni a livello di marketing nazionale e internazionale, ma anche del valore medio di mercato effettivo della produzione, sostenuta nel pavese da molti meno brand blasonati e da cantine che operano in assenza di una chiara piramide della qualità, ancora tutta da costruire nel pavese. Altro nodo che attenderebbe il nuovo direttore Riccardo Binda è quella dell’export dei vini dell’Oltrepò pavese, per via del peso meno rilevante della produzione oltrepadana rispetto a quella di Bolgheri e Sassicaia. Elementi che portano l’ennesimo “giallo pavese” ad infittirsi. Giorno dopo giorno.

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Bolgheri e Sassicaia: ecco la mappa vigneti 2021

FOTONOTIZIA – È scaricabile sul sito ufficiale del Consorzio di Tutela la nuova mappa dei vigneti di Bolgheri e Sassicaia. «Mi fa piacere condividere la nuova mappa dei nostri vigneti a seguito del censimento viticolo generale fatto quest’estate», ha annunciato il direttore Riccardo Binda.

Per quanto riguarda la mappa in 3D, l’ultima versione disponibile risale al 2019. Si tratta del risultato della collaborazione del Consorzio Tutela Bolgheri e Sassicaia con Alessandro Masnaghetti, sulla base del censimento fatto tra il 2017 e il 2018. L’ente toscano sta al momento valutando di aggiornare al 2021 anche la versione 3D.

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