“Pensare che la Gdo permetta di ‘reggere bene l’urto‘ è un commento totalmente inadeguato al ruolo che l’egregio presidente Sig. Patton riveste e, soprattutto, rappresentativo di un interesse particolare di poche aziende, che fondano sulla Grande distribuzione organizzata il proprio core business”.
Così Francesco De Vigili (nella foto), presidente dell’Associazione Teroldego (R)Evolution, in una lettera indirizzata al numero uno del Consorzio vini del Trentino e all’assessore all’Agricoltura della provincia autonoma di Trento, Giulia Zanotelli.
Al centro delle polemiche una frase riportata dalla stampa locale e attribuita a Pietro Patton, relativa al buon andamento del vino trentino nel segmento della Gdo, ovvero il mondo dei supermercati, a fronte del lockdown.
“Quanto dichiarato – attacca De Vigili – altro non è che lo specchio di una drammatica realtà trentina. Se questa, stando a quanto emerso dalla stampa, vive grazie alla Grande Distribuzione, probabilmente è l’occasione per porsi qualche interrogativo su ciò che il nostro territorio si propone di vendere e su come vuole vendersi”.
“Sventolare bandiere di vittoria solo perché in momenti di crisi i vini venduti a basso prezzo nella Gdo siano un paracadute alla crisi economica che ci aspetta, è del tutto inappropriato. Non è di queste situazioni che deve vivere il sistema vitivinicolo trentino, ma di prosperità in situazioni ordinarie”, continua Francesco De Vigili.
Da qui l’invito, già avanzato nei giorni scorsi dai Vignaioli del Trentino, ad una “immediata presa di posizione sul contenimento delle rese per la corrente annata agraria, ritenuta per noi della Doc Teroldego Rotaliano in massimo 130 quintali per ettaro”.
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“Teroldego Evolution” per i romantici. “Teroldego Revolution” per chi ama metterci del pepe. Di certo, un modo per controbattere alla “involution” di un territorio che “declassa a vino sfuso il 50% delle uve potenzialmente Doc” e si presta morfologicamente alla produzione industriale: il Trentino della Piana Rotaliana, dove 9 cantine hanno unito le forze per proporre un Teroldego di qualità. Degno della Docg.
Se ne parla per davvero, dalle parti di Mezzocorona (TN). Eppure, l’idea di assurgere il vino simbolo del territorio alla Denominazione di origine controllata e garantita, non vede concordi neppure le aziende della Teroldego Evolution-Revolution. Almeno alle condizioni prospettate dal Consorzio Tutela Vini del Trentino.
“Non c’è ancora nulla di certo – spiega a WineMag.it il presidente del gruppo di viticoltori, Francesco De Vigili – ma pare che l’idea sia quella di proporre una Docg del Teroldego con rese di 80 quintali per ettaro. Una cifra che pare oggettivamente una forzatura, considerando tutti gli attori in gioco”.
La proposta delle 9 cantine della Teroldego Evolution-Revolution (De Vescovi Ulzbach, De Vigili, Marco Donati, Dorigati, Endrizzi, Foradori, Gaierhof, Martinelli e Zeni) come precisa ancora De Vigili, verterebbe piuttosto sui 90 quintali.
O, piuttosto, su un ritorno alle origini, anche senza Docg, per iniziare un percorso di “Evoluzione”-“Rivoluzione”: 130 quintali per ettaro, “come nel sensato disciplinare degli anni Settanta, poi rivisto e modificato al rialzo fino a quota 170 quintali, che finiscono per alimentare lo sfuso e danneggiare l’immagine del Teroldego Rotaliano“.
“La revisione del disciplinare dalla Doc – commenta Francesco De Vigili – è per noi una priorità nel 2020. In quel contesto ci piacerebbe parlare anche di zonazione, dal momento che si tratta di un’area circoscritta a soli 440 ettari, ma con differenze abissali a livello di microclima e terreno, capaci di dar vita a vini diversi dal medesimo vitigno”.
La porzione di Piana Rotaliana in cui è consentita la produzione di Teroldego Rotaliano è quella compresa nei comuni di Mezzolombardo, Mezzocorona e nella frazione di Grumo del comune di San Michele all’Adige, tutti in provincia di Trento. Due i “grandi cru”: “Pasquari” ed “Enti chiari“.
Una conoide di origine glaciale, contenuta tra due monti e sferzata da un lato dalle correnti fredde del valico della Rocchetta, provenienti dall’Adamello e dal Brenta; dall’altro dal vento mite noto come “Ora del Garda“.
Che un tempo la Piana Rotaliana fosse occupata dalla morena di un ghiacciaio lo dicono le strisce longitudinali ben visibili sui monti, a varie altezze: il segno della pressione del ghiaccio sulla roccia, che ha lasciato “tacche” indelebili. Il resto lo ha fatto il fiume Noce schiantandosi nell’Adige, alle porte di San Michele.
I sedimenti, più o meno argillosi, calcarei e granitici, sono stati appianati dall’uomo sin dai tempi dei Celti e dei Reti, ben prima che il “Teroldego” diventasse noto come “Tiroler gold“, ovvero “l’Oro del Tirolo”.
Secondo alcune ricostruzioni locali, il nome del vitigno trentino deriverebbe piuttosto dalle “Teroldeghe“, ovvero gli appezzamenti di terreno riservati storicamente alla coltivazione del Teroldego. Di certo, la prima citazione risale a un rogito notarile del 1490. Storicità, autenticità e tradizione di un autoctono che merita grande rispetto.
LA TEROLDEGO EVOLUTION-REVOLUTION IN 9 ETICHETTE
Teroldego Rotaliano Doc 2018, De Vigili: 89/100
Rubino intenso, unghia violacea, impenetrabile. Floreale fresco di viola, frutta matura, prugna, lampone, mora, marasca. Spezia piena, calda come la cannella, pepe nero accennato. Ottima corrispondenza gusto olfattiva, tannino elegante, morbido, setoso. Gran freschezza e salinità, che accompagna fino al lungo fine-sorso.
Teroldego Rotaliano Doc 2018, Dorigati: 89/100 Varietale in grande spolvero ma, a differenza del precedente campione, la vinificazione in legno di rovere ammorbidisce il sorso e gli conferisce una leggera nota tostata. Non manca la speziatura, sempre calda e leggera. Vino che si potrebbe definire in stile Beaujolais, per il frutto, l’eleganza, la freschezza.
Teroldego Vigneti delle Dolomiti Igt 2017 “Morei”, Foradori: 92/100
Vinificato in anfora a contatto sulle bucce, poi cemento. Varietale esploso al naso: frutti di bosco, balsamicità mentolata, leggera spezia come la curcuma, intrigante. In bocca più verticale di quanto faccia presupporre il naso. Freschissimo, ritorni fruttati e tannino vivo. Un vino di prospettiva, che allunga su frutto, menta e spezia. Necessario dargli tempo nel calice, affinché si esprima al meglio.
Teroldego Rotaliano Doc 2017 “Lealbere”, Zeni: 85/100
Colore più trasparente degli altri e corredo più “leggero”. Frutta molto matura, prugna disidratata, mela cotogna, marasca, carruba, confettura di fragola. In bocca corrispondente, con chiusura vagamente amara.
Teroldego Rotaliano Doc 2016 “Leoncorno”: 92/100
Naso splendido, che porta per certi versi in Francia, a Bordeaux, o in Toscana, a Bolgheri. Immensa concentrazione, menta, stecco di liquirizia. In bocca entra dritto, per poi ammorbidirsi e tornare nuovamente sulle durezze, con una nota salina e un tannino molto elegante. Vino che gioca una partita a sé, nel contesto della batteria della Evolution-Revolution. Un nettare decisamente gastronomico, che chiama il piatto.
Teroldego Rotaliano Doc Superiore 2016, Gaierhof: 87/100
Vino semplice ma ben fatto, connotato dalla precisione del frutto e da una speziatura leggera, al naso. Bella freschezza al palato, che dialoga bene con la parte fruttata, conferendo un buon equilibrio. Bell’allungo fresco.
Teroldego Rotaliano Doc 2016 “Sangue di drago”, Az. Agr. Marco Donati: 94/100
Frutta giustamente matura, legno in sottofondo a completare e incomplessire il corredo, senza prevalere. Composta di mirtillo, menta, brace leggerissima. Un naso molto complesso in cui fa la sua comparsa l’agrume, ma anche una vena talcata. In bocca straordinariamente beverino, fresco, su frutta, cannella, arancia candita. Chiude su note di fondo di caffè, tostatura e caramella mou, molto ben integrate col frutto.
Teroldego Rotaliano Doc 2016, De Vescovi Ulzbach: 87/100
Il naso più “mediterraneo” di tutti, tra spezia, mirto, liquirizia e chiodo di garofano che giocano sulla linea della frutta matura e su un accenno di pietra bagnata. Bella freschezza al palato. Chiusura ancora una volta equilibrata, tra minerale e frutto.
Teroldego Rotaliano Doc 2015, Martinelli: 91/100
Gran bel naso, ben oltre il frutto nero, più che rosso. La nota freschissima e balsamica della mentuccia, lo stecco di liquirizia, l’accenno minerale, lo rendono intrigante e distintivo. In bocca una gran pulizia, che sfocia in una chiusura altrettanto precisa, tra la spezia e il sale. Vino più che mai beverino e godibile, grazie all’ottima freschezza. Un Teroldego che ha ancora tanto da dire, in prospettiva.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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