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Vendite vino italiano al supermercato: Stati Uniti, Germania e Regno Unito in timida ripresa

Vendite vino italiano al supermercato Stati Uniti, Germania e Regno Unito in timida ripresa
Le vendite di vino italiano nei supermercati di Stati Uniti, Germania e Regno Unito virano timidamente in territorio positivo: +0,4% nei volumi (era a -0,2% nel semestre), per un valore totale di oltre 3,3 miliardi di euro. Nel complesso, nei tre Paesi scende a volume la domanda tendenziale degli sparkling tricolori (-2%) mentre salgono dell’1,2% i fermi (2,15 miliardi di euro), per un totale di 3,4 milioni di ettolitri pari a 452 milioni di bottiglie da 0,75/litri. È quanto emerge dalle elaborazioni dell’Osservatorio Uiv su base Nielsen-IQ relative ai primi 9 mesi dell’anno nella Grande distribuzione dei 3 principali Paesi buyer.

Il rendimento stazionario si riscontra in tutti i mercati, tra alti e bassi a seconda delle tipologie. Tra le buone notizie, la crescita volumica degli spumanti negli Usa (+3,7%) e quella del mercato dei vini fermi in Germania e Uk (attorno al +4%), grazie anche a sensibili miglioramenti di Primitivo, Montepulciano e Nero d’Avola. Per contro, nel primo mercato al mondo soffrono i fermi del Belpaese (-6,6%), mentre le variazioni degli spumanti in Uk e Germania sono negative e si attestano rispettivamente a -5,9% e a -1,4%. Il computo finale segna Uk stabile (+0,1%), Germania in terreno positivo (+3,9) e Usa ancora in calo (-3,5%).

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Sprint Esselunga, Ipercoop da sogno: i vini in promo da non perdere al supermercato

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Esteri - News & Wine

Calano i consumi di vino (fermo) in Germania

I consumi di vino pro capite in Germania sono calati tra il 2021 e il 2022. Nel periodo preso sotto esame (agosto 2021 – luglio 2022), i tedeschi hanno bevuto circa una bottiglia di vino in meno a testa, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un dato che spiega anche il calo delle vendite e dei volumi dei vini italiani nella Gdo tedesca, certificato dall’Osservatorio del Vino Uiv-Vinitaly, con Chianti, Lambrusco, Montepulciano d’Abruzzo tra le denominazioni del Bel Paese più penalizzate.

Come riporta l’Istituto Tedesco del Vino (DWI), l’attuale analisi del consumo di vino mostra un volume di 19,9 litri di vino consumati pro capite in Germania negli ultimi 12 mesi. Rispetto all’anno precedente, ciò corrisponde a una diminuzione di 0,8 litri di vino (4%) per persona e per anno. Il consumo pro capite di vino spumante è rimasto costante nello stesso periodo, con un volume di 3,2 litri.

Oltre agli acquisti di vino al dettaglio (retail-Gdo), l’ultima l’analisi del consumo di vino pro capite in Germania comprende anche le vendite Horeca. Il calcolo si basa su 16,7 milioni di ettolitri di vino e 2,7 milioni di ettolitri di spumante consumati in Germania.

Convertito per la popolazione totale tedesca, che è cresciuta di quasi un milione di persone a 84,1 milioni di abitanti rispetto all’anno precedente, si ottiene un consumo di vino pro capite di 23,1 litri di vino e spumante all’anno. Secondo il DWI, le novità relative al consumo di vino in Germania possono essere attribuite al cambiamento demografico e ai cambiamenti nel comportamento dei consumatori.

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“Buonina” la prima per i vini a volantino: esordio 2023 a singhiozzi al supermercato

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Gli Editoriali news news ed eventi

Coldiretti Avellino insiste: «Il futuro dei vini dell’Irpinia è l’Autogrill»

EDITORIALE – Se potevamo avere dubbi sul livello di conoscenza del retail di Francesco Acampora, presidente di Coldiretti Avellino, oggi non li abbiamo più. Puff. Dissipati sino all’ultimo, grazie (ahilui) a un post pubblicato a sua firma sulla pagina Facebook della federazione campana.

Ufficiale, insomma, che il massimo rappresentante provinciale del più importante sindacato italiano non sappia di cosa parla, quando grida allo scandalo per «l’assenza dei vini dell’Irpinia dalle 6 stazioni autostradali Autogrill» che attraversano l’avellinese,  lungo la A16 Napoli-Canosa.

Acampora fa di più. Nel disperato quanto assurdo tentativo di captatio benevolentiae, utile forse ad allargare la platea di tesserati di Coldiretti Avellino, descrive infatti Autogrill come l’ideale «vetrina del territorio irpino», sostenendo che «un’azione di marketing territoriale non può prescindere dalle principali direttrici autostradali».

E ancora: «Le stazioni di sosta sono spazi di promozione, che devono accogliere i visitatori e condurli alla scoperta delle eccellenze produttive e dei percorsi culturali. Ma per incontrare la domanda, occorre strutturare l’offerta e l’Irpinia può avere uno spazio dedicato alle eccellenze, così come già accade in altre regioni».

Nel post apparso su Facebook, Acampora peggiora le cose fingendo (voglio sperare) di non capire che le pretese di Coldiretti Avellino sono assurde non perché Autogrill sia un canale da snobbare, bensì perché è curioso che Coldiretti faccia da megafono alle realtà industriali presenti nel tessuto produttivo del vino irpino.

Le cantine che producono grandi volumi sono le uniche in grado di sostenere il target Autogrill, i suoi listini prezzi, l’organizzazione richiesta, assieme alla capacità di stoccaggio. Aspetti da coniugare – condicio sine qua non – alla notorietà del brand aziendale, per poter aspirare ad entrare nelle mire della Spa di Rozzano (MI).

Per darsi un tono, Acampora cita prima Platone e poi Kant. Ma farebbe bene – prima – a rileggere le proprie dichiarazioni e uscire allo scoperto: la proposta di Coldiretti Avellino è talmente lontana dalla realtà da sembrare appunto assurda, campata in aria. Nonché pretestuosa e imbarazzante per la stessa Coldiretti nazionale.

A meno che codesto sindacato non stia combattendo una battaglia per conto degli unici “brand irpini” che potrebbero essere interessati a vendere in Autogrill (Feudi di San Gregorio e Mastroberardino, per citarne due su tutti, tra l’altro già presenti in Gdo e quasi sicuramente in grado di “cavarsela da soli”) le dichiarazioni di Francesco Acampora risultano prive di qualsivoglia beneficio per la causa dello sbandierato «brand Irpinia».

Lo dimostra, se non altro, il fatto che l’assurda risposta pubblicata su Facebook ci è stata segnalata da tre piccole cantine irpine, che hanno perfettamente compreso il senso della nostra critica e sorriso – ancora una volta – di fronte alla presa di posizione del presidente di Coldiretti Avellino, piena zeppa di fraintendimenti (speriamo voluti) e/o segnale di un’oggettiva impreparazione sull’argomento retail.

L’assurda battaglia di Coldiretti Avellino contro Autogrill: «Vini Irpini assenti»

Ricordo all’esimio number one Acampora che Autogrill è un’insegna del tutto assimilabile, per logiche operative e “mentalità” del buyer, alla Grande distribuzione organizzata, la Gdo.

Se il mondo dei supermercati può agire differenziando l’assortimento a livello locale, referenziando cioè i vini di piccoli produttori del circondario a prescindere dalla sede centrale, il colosso milanese ha invece bisogno esclusivo di “brand”: cantine già affermate e strutturate a livello nazionale e internazionale, adatte al pubblico (soprattutto straniero) che popola (distrattamente, tra una pisciata e una Rustichella) le stazioni di servizio.

Basta farsi un giro negli Autogrill per notare la presenza di Denominazioni e cantine degnissime, ma di impronta “industriale” (si passi il termine): Terre del Barolo per il Barolo, Sartori (in rotta con Autogrill, secondo rumors di WineMag.it) per l’Amarone della Valpolicella, Chiarli per il Lambrusco, Piccini per Chianti e Brunello, Berlucchi e Ferrari per Franciacorta e Trento Doc, Spinelli per il Montepulciano d’Abruzzo, e così via.

Quello di Autogrill è ancora visto come uno “scaffale” dequalificante per il vino, ancor più dei banchi della Grande distribuzione. Non da me, sia chiaro, come invece si vuol far credere, bensì da una vasta platea di winelovers e professionisti del settore, che vedono (anacronisticamente) il canale moderno come il Diavolo e l’Horeca come l’acqua santa. Il suo sforzo forsennato e la sua battaglia contro Autogrill, dunque, a chi giova?

Davvero tutta l’Irpinia del vino, brand che – come altri in Italia, da nord a sud – deve fare ancora molto per imporsi nel panorama nazionale e internazionale, vuole focalizzarsi su un canale connotato da grandi numeri (i volumi variano dalle 30 alle 50 mila bottiglie medie per referenza all’anno) e forte pressione promozionale, ritenendolo veicolo «imprescindibile per un buon marketing territoriale»?

Davvero Acampora non sa che i formati di vino più venduti lungo le autostrade sono i bipack o i tris (confezionati dai produttori stessi, a dimostrazione della necessità di una struttura organizzativa imponente in cantina, che caratterizza tutto tranne che le realtà artigianali abbracciate da Coldiretti, almeno altrove) a prezzi che si aggirano attorno ai 10 euro?

Davvero Coldiretti Avellino considera Autogrill la priorità e la panacea del brand del vino avellinese? Se così fosse, la questione, oltre che ridicola, sarebbe pure grave per le prospettive dei tanti, straordinari vignaioli presenti in Irpinia che credono di poter investire nelle strategie di Acampora & Co.

Non dimentichi, poi, che una realtà famigliare come l’irpina Terre di Petrara è stata premiata proprio da WineMag.it Miglior Cantina dell’anno 2021) a dimostrazione della vicinanza della nostra testata alle cantine irpine: un premio guadagnato “sul campo”, in seguito a una serrata degustazione alla cieca nell’ambito della nostra annuale Guida Top 100 migliori vini italiani.

Dice bene una cosa, però, l’esimio esponente del sindacato campano: «Certi fenomeni sono il termometro con cui si misurano le dinamiche di un comparto». Le «dinamiche» di Coldiretti Avellino, per l’appunto, paiono ormai chiare: puntare il dito contro un Sole finto e invitare gli altri a guardarlo, accecandoli di una promessa vana. Lo faccia pure, caro presidente. Ma non mi chieda di fare lo stesso o di applaudire. Cin, cin.

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Vini al super e pandemia: torna di moda il bottiglione e crescono i vini di fascia alta

“Vecchio bottiglione, quanto tempo è passato. Quanti ricordi fai rivivere tu, quante canzoni…”.  Avesse avuto una colonna sonora, quella dell’incontro “Vino e grande distribuzione di fronte al cambiamento” avrebbe suonato, più o meno, così. A dire che sulla tavola degli italiani torna di moda il bottiglione da 1,5 litri, ancor più di quanto crescano i vini di fascia alta, è una ricerca condotta da Iri sugli acquisti di vini al super – ovvero nel canale Gdo – nei primi 10 mesi del 2020.

Un focus sui riflessi dell’emergenza Covid-19 sui consumi di vino “pop” e non solo nel Bel paese, in un periodo segnato da misure restrittive che hanno coinvolto quasi esclusivamente l’Horeca, lambendo solo di striscio alcune insegne del retail, in alcune regioni (vedi il clamoroso caso della Lombardia).

Inevitabile, dunque, la crescita della Gdo. Ma fino a che punto? A rispondere, durante l’incontro digital organizzato nell’ambito di Wine2WineVinitaly 2020, è stato Virgilio Romano, Business Insight Director di Iri.

La crescita rispetto al 2019 è stata del 5,3% per il vino fermo e del 10,4% per gli spumanti. In leggera crescita i prezzi medi registrati a scaffale nei primi 10 mesi del 2020: +1,4%. La crescita maggiore del segmento si è registrata nel primo semestre, che non a caso è coinciso con il primo lockdown da Coronavirus.

A luglio, agosto e settembre, il trend si è riallineato non solo al 2019, ma agli anni precedenti. La seconda ondata di positivi al Covid-19, a ottobre è coinciso col nuovo balzo in avanti del vino al supermercato, rispetto all’anno precedente. Curva del virus e Horeca ridotto all’osso, insomma, hanno inciso sulle performance enologiche della Grande distribuzione.

Il dato complessivo recisa un + 6,9% a valore + 5,3% a volume, nei primi 10 mesi del 2020. Nei mesi di marzo, aprile, maggio e giugno, gli italiani hanno acquistato 20 milioni di litri in più rispetto a 2019 in Gdo.

Cifre sbalorditive anche per gli spumanti, tra croce e delizia: le bollicine italiane vendute dai retailer, sempre secondo la ricerca Iri, sono riuscite a ribaltare il dato negativo (2 milioni di litri in meno) del periodo pasquale (meno aggregazione, meno feste in famiglia, meno brindisi a causa di Covid-19 e relativi Dpcm) e sarebbero in corsa per il record assoluto di consumi in questo 2020.

Curiosa anche la crescita del libero servizio piccolo, ovvero dell’acquisto a scaffale in punti vendita di superficie compresa tra i 100 e i 400 metri quadrati: questo il “cluster” che è cresciuto di più, grazie alla presenza di numerosi punti vendita nei centri urbani, facilmente raggiungibili anche a fronte delle misure restrittive.

Il libero servizio piccolo, grazie alla pandemia cresce del 3,2% da inizio anno. Quanto alle categorie merceologiche, sono i vini da tavola quelli che hanno registrato l’incremento maggiore delle vendite. Al contempo, le prime cinque categorie prezzo (a partire dal top di gamma) sono quelle che hanno perso di più.

Crescono in misura maggiore – e questa è una buona notizia per il potenziale ingresso in Gdo di vini sino ad ora riservati esclusivamente all’Horeca dalle cantine italiane – i vini tra i 3 e i 10 euro, quelli cioè nella pancia dell’assortimento di un supermercato medio.

Alto trend positivo quello della marca del distributore (Mdd), ovvero la Private label. Le insegne che vi hanno investito negli ultimi anni (Coop e Gruppo Selex, per citarne due) hanno registrato durante i primi 10 mesi del 2020 la crescita più alta assoluta: + 8,7% vino e + 10,8% gli spumanti. Tra i formati, a colpire è la crescita del bottiglione: + 29,6% il formato da 1,50 litri, in calo vertiginoso negli ultimi 10 anni.

La ricerca presentata da Virgilio Romano ha messo in luce anche l’aumento delle vendite online. Lo studio condotto da Iri con l’Università Cattolica di Milano ha dimostrato che il 52,1% degli acquisti sul canale è stato compiuto per la prima volta assoluta da molti utenti durante la pandemia.

Tra questi, la metà continuerà a fare acquisti online. L’e-commerce pesava nel 2019 lo 0,6% delle vendite di vino: nei primi dieci mesi del 2020 vale l’1,1%. Un dato che le imprese del settore più attente non possono più mettere sotto lo zerbino. Se non altro in un ottica di diversificazione, resa ancora più necessaria dalle chiusure dell’Horeca, a livello internazionale.

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Coop e la Bonarda di Canneto a 1,99 euro a volantino. Il giorno dopo dello scandalo

EDITORIALE – Se la fortuna è cieca, la promo si vede benissimo. Parte oggi, in pompa magna, il nuovo volantino Coop Lombardia. In prima pagina c’è la Bonarda di Cantina di Canneto. A 1,99 euro (sconto 50%). Relativamente nulla di strano. Se non fosse che ieri, nell’ambito dell’Operazione Dioniso, carabinieri e guardia di finanza non abbiano arrestato il presidente della cooperativa dell’Oltrepò pavese, Alberto Carini e la sua segretaria Carla Colombi.

Con loro, agli arresti, gli enologi Aldo VencoMassimo Caprioli, nonché il mediatore Claudio Rampini. Per i viticoltori-conferitori della cantina Cesare ForlinoDavide Orlandi, l’obbligo di firma. L’accusa, a vario titolo, è di associazione a delinquere finalizzata alla frode e all’emissione di fatture fittizie.

Le indagini, coordinate dal Procuratore aggiunto Mario Venditti e dal Sostituto Procuratore Paolo Mazza, hanno dimostrato come Cantina di Canneto abbia messo in commercio “vino contraffatto per quantità, qualità e origine”, spacciandolo per Doc e Igt.

Ciò non significa che la Bonarda in promozione a 1,99 euro nei supermercati Coop Lombardia sia “taroccata“. Ma la triste coincidenza, per chi crede in Dio o negli astri – o quantomeno a Bacco-Dioniso – può insegnare qualcosa anche alla Grande distribuzione. E avere strascichi positivi su tutto il comparto.

Può insegnare, per esempio, che investimenti concreti delle catene Gdo nella cultura del vino possono alzare lo scontrino medio della corsia del vino, trainata sino ad oggi dalla sola leva promozionale.

Può insegnare che un sommelier, o comunque un professionista del settore che guidi i consumatori in corsia – o attraverso strumenti alternativi, perché no digitali? – può condurre il cliente del supermercato verso un acquisto consapevole e ragionato, senza perdere di vista il rapporto qualità prezzo ineluttabilmente richiesto al retail.

Può insegnare che una Bonarda in promo a 1,99 euro può essere considerata – a torto o a ragione – un insulto ad un territorio e ai vignaioli. E che, dunque, la leva promozionale e il prezzo devono smettere di essere l’unico argomento dei buyer, al momento di stringere accordi con questa o quella cantina.

Ma soprattutto, la figura barbina di una Bonarda marchiata dall’ennesimo scandalo, che fa mostra di sé sulla prima pagina del volantino Coop Lombardia il giorno dopo degli arresti, deve far ragionare sull’opportunità di investire in una ricerca più approfondita delle vere eccellenze dell’Oltrepò pavese.

Un territorio ricco di opportunità “qualità prezzo”. Purché si abbia voglia – e questo punto anche la decenza – di cercarle. La speranza, insomma, è che la sfortuna del volantino Coop del day after si tramuti in modo nuovo di guardare all’Oltrepò (anche) da parte di tutta la Grande distribuzione organizzata. Iniziamo da qui. Cin, cin.

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Tutte le bollicine di Natale della Gdo: Esselunga Trento, Iper Prosecco. Auchan su Rocca dei Forti

Il Prosecco “chic”. Viene presentato così, in una massiccia campagna pubblicitaria, il Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Sanvito e Maset, bollicina veneta del marchio privato “Grandi Vigne” di Iper, La Grande i. E i punti vendita della catena Iper Montebello Spa si vestono a festa per l’occasione.

Enormi manifesti ricoprono in questi giorni le facciate principali, mostrando la bottiglia, due flute, e un piatto di gamberi. Quindici giorni di tempo per approfittare della promozione, valida fino al 31 dicembre, che vede il Prosecco Grandi Vigne ribassato del 35%: da 7,95 euro a 4,99 euro (6,66 euro al litro). Troppo per un Prosecco? O troppo poco? Noi che l’abbiamo assaggiato vi diciamo che – in linea generale – è un buon prodotto: fatevi scivolare addosso la botta di solforosa iniziale (quel tipico sentore di zolfo che caratterizza al naso l’utilizzo dei solfiti, i ‘conservanti’ del vino) e lasciate un attimo lì il calice, prima di iniziare a bere. Perlage mediamente fine e persistente che in bocca si tramuta in una bolla presente e piacevole, poco aggressiva, su tinte di mela verde.

E poi c’è chi punta decisamente più in basso. Come Carrefour, che propone a volantino il Prosecco Doc Campo del Passo a 2,99 euro, rispetto all’iniziale 5,99 euro (-50% netto). Da Esselunga, il Prosecco Superiore di Valdobbiadene Docg è quello dei Produttori di Valdobbiadene, sugli scaffali dello storico retailer milanese a 4,61 euro (40% di sconto sul prezzo pieno di 7,69 euro). Spazio anche alla Franciacorta, con la Cuvée Imperiale di Berlucchi ‘tagliata’ a 7,99 euro. A vestire la maglia delle bollicine trentine l’ottima Cesarini Sforza, con lo Spumante Metodo Classico Millesimato a 6,83 euro, rispetto gli iniziali 11,39: roba da mettersene in cantina (come minimo) un cartone.

Sull’altra faccia della falce e del carrello ecco Coop, che batte tutti con il “Sottocosto” e sceglie Ferrari per la tavola di Natale degli italiani. Il Metodo Classico Brut astucciato della nota casa vinicola di Trento è in promozione fino al 24 dicembre a 7,58 euro, con un ribasso del 30% rispetto agli iniziali 10,83 euro.

Conad, a volantino, riporta tutti in Veneto. Con il suo 40% di sconto sul Prosecco Superiore Docg Valdobbiadene Astoria (3,90 euro), ma soprattutto con il top di gamma veneta Cartizze Oro Valdo (8 euro). La risposta della Franciacorta al Trento Doc di Ferrari in promo nei supermercati Coop è affidata al Metodo Classico Contadi Castaldi, a casa vostra per “soli” (citiamo appunto il volantino) 12,90 euro.

Auchan, in pieno stile francese declinato al Natale 2016 (vedi Prosecco al Carrefour) punta tutto sulla base della base con Rocca dei Forti, forte anche della spinta che, come ogni anno sotto Natale, arriva dalla campagna pubblicitaria televisiva del gruppo di Serra San Quirico, Ancona: appena 1,99 euro per portarsi a casa la bollicina.

Non mancano però offerte interessanti sull’asse Trento-Verona: fino alla Vigilia di Natale, Cesarini Sforza a 7,99 euro (1,16 euro in più rispetto alla promozione di Esselunga) e Prosecco Superiore di Valdobbiadene Docg Brut Scudo Verde Val D’Oca a 4,99 euro, in risposta al Grandi Vigne di Iper, La grande i.

Curiosa la scelta di Lidl, che preferisce privilegiare vini rossi fermi e importanti come l’Amarone della Valpolicella (taglio prezzo di 3 euro dal costo iniziale di 15,99 euro) e il Bolgheri Doc Toscana (da 11,99 a 8,99 euro), bianchi come il Pinot Griglio Veneto Igt (ribasso di un euro, per un prezzo al pubblico di 3,99 euro) e birra artigianale (in questo caso la promo è un 3×2: 2,98 euro al posto di 4,47). [sg_popup id=”1″ event=”onload”][/sg_popup]

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Furti nei supermercati italiani: vini e liquori in testa alla classifica

Circa l’1,01% del fatturato dei supermercati che operano in Italia si volatilizza in furti. Generando il 70% delle “differenze inventariali” riscontrate dalle catene della Gdo in sede di inventario fiscale. Di questi furti, il 45% sarebbe operato da parte dei clienti e il 23% da dipendenti disonesti. A completare l’amara torta sono errori amministrativi, che si assestano al 19%, e le frodi dei fornitori per un 13%. Sono questi i dati di un rapporto con la quale Coldiretti disegna l’Italia dei lestofanti da supermercato. Un fenomeno che ha a che vedere con la crisi, ma fino a un certo punto. Dagli scaffali sono spariti prodotti per un valore complessivo di 2,95 miliardi in Italia nel 2015, con gli alimentari e le bevande che si classificano come gli obiettivi prescelti. Ad essere presi di mira sono principalmente prodotti di piccole dimensioni e facili da nascondere, sulla base del Barometro Mondiale dei Furti nel Retail. Anche se si evidenzia per l’Italia uno storico calo del 5% dovuto all’effetto congiunto della leggera ripresa economica e del rafforzamento dei sistemi di controllo, la categoria merceologica maggiormente colpita sono vini e liquori, seguiti da formaggi come Grana Padano e Parmigiano Reggiano e la carne fresca o trasformata. Sono peraltro i formati già tagliati e confezionati quelli più “apprezzati”. A seguire gli accessori moda, calzature ed abbigliamento sportivo, i prodotti per il benessere e la salute come lamette da barba, cosmetici e profumi. Non rimane esente l’alta tecnologia, segmento in cui i prodotti più a rischio sono accessori per cellulari, Iphone, smartphone, Ipad e tablet. Infine nel bricolage gli attrezzi elettrici, le batterie ed i cavi sono in cima alla classifica dei prodotti più rubati.

Il furto di prodotti alimentari nei supermercati – evidenzia la Coldiretti – è favorito dal fatto che “la maggior parte dei prodotti esposti non è protetta”. Molto spesso soltanto le bottiglie di vini e spumanti di maggior pregio ad avere una valvola antifurto simile a quella dei capi di abbigliamento nei grandi magazzini, anche se i commercianti stanno sempre più rivolgendo la loro attenzione allo sviluppo di nuove tecnologie per la sicurezza delle merci. In Italia si stima che la spesa complessiva per la prevenzione e la difesa dei furti effettuata dai supermercati sia pari a 2,42 miliardi, un valore molto vicino a quello del danno subito di 2,95 miliardi. L’Italia tuttavia non è tra i Paesi più colpiti dai furti che sono ancora più rilevanti nell’America Latina che ha registrato la percentuale più alta pari a 1,55%, seguita da Nord America (1,27%), Asia Pacifico (1,17%) ed Europa (1,05%) in coda. I Paesi che presentano le percentuali più alte, come evidenzia sempre Coldiretti, sono in particolare il Messico (1,68%), i Paesi Bassi (1,48%) e la Finlandia (1,38%), mentre le nazioni che hanno registrato i tassi più bassi sono Norvegia (0,75%), Svizzera (0,76%) e Francia (0,81%).

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